Meraviglie d'Italia
Sicilia
  
 
  
  

 

Sicilia Nord Occidentale

Esattamente come due dei suoi piatti simbolo, la pasta con le sarde e la caponata, Palermo è una città agrodolce, frutto di contaminazioni di popoli e culture diversi, tra loro anche contrastanti. E perciò spiazzante sulle prime, avvolgente solo un secondo dopo, incancellabile appena lasciata. Kalsa, Albergheria, Martorana, Vucciria, Zisa: sono sufficienti i suoni della toponomastica a suscitare entusiasmo e curiosità. La vita pulsa tra i vicoli sgarrupati e le strade lustre, negli slarghi e nei cortili dei palazzi e dichiara senza indugi che siamo nel cuore del Mediterraneo, immersi in un crogiuolo multietnico inestricabile, in cui antica e nuova immigrazione gettano carboni ardenti nella caldaia sempre accesa della città “splendida” (così la battezzarono i primi colonizzatori fenici).

DALLA METROPOLI ALLE ISOLE - Prima ancora di affrontare il suo immenso patrimonio artistico, forse non c’è modo migliore per fare la conoscenza di Palermo che lanciarsi nelle contrattazioni dei mercati di strada, partecipare a una festa in una dimora nobiliare o a un concerto in un locale alternativo, spingersi nelle anonime periferie a caccia di tesori preziosi. O semplicemente passeggiare nel suo cuore, lasciandosi accarezzare da un’aria di rinnovato splendore. Per lungo tempo trascurata, alla città antica i palermitani hanno voltato le spalle, ma da quando se ne sono orgogliosamente riappropriati, l’hanno resa viva, una capitale culturale del Mediterraneo.

A questo punto, sono le tessere scintillanti d’oro dei mosaici e le arcate intrecciate a tracciare il percorso, che dal palazzo dei Normanni conduce fino alla collina di Monreale, spingendosi poi fino a Cefalù. Oppure è la linea della costa a guidare, inseguendo la scia delle ferie estive dei palermitani a Mondello e nel golfo di Castellammare, col suo castello piazzato in mezzo alle acque. A Scopello tutto si blocca, non solo lo sguardo impressionato di fronte a tanta bellezza, ma anche la strada, che si inchina all’incanto dello Zingaro, dove la natura è regina assoluta. Qui la costa è alta e movimentata e per trovarne una più bassa bisogna superare il promontorio roccioso su cui si adagia Trapani, che scruta il mare dalle mura di Tramontana. Capo Boeo marca il limite occidentale della Sicilia, una fetta d’isola indissolubilmente legata al mare. Le saline compongono con i mulini a vento dei quadretti indimenticabili e insieme alla pesca del tonno sono il suo tratto distintivo: pescosissimo, il Canale di Sicilia era un tempo regno incontrastato dei rais delle tonnare, oggi delle flotte di pescherecci. Poche braccia di mare ed ecco materializzarsi le Egadi, Favignana, Levanzo e Marettimo: le tre isole sorelle hanno trattenuto alcuni tratti simili alla terra madre e ne hanno sviluppati autonomamente altri decisamente invoglianti.

UN PONTE TRA LE GENTI - Nell’entroterra, una campagna in cui la vite ha trovato la sua terra d’elezione sin dai tempi più remoti e dove le vecchie case padronali sono state riconvertite in bagli incantevoli che producono pregiato Marsala. L’Africa è a portata di mano (appena ottanta miglia nautiche separano Mazara del Vallo da capo Bon in Tunisia) e lo si avverte nei nomi della città, nei profumi e nei suoni che vi si ascoltano. I mercanti navigatori fenici vi giunsero, infatti, abbastanza agevolmente e sull’isola di Mozia, in un incantevole scenario lagunare, fondarono una città emporio di tutto rispetto, dotata perfino di un bacino artificiale per le imbarcazioni da riparare. La porzione nord-occidentale dell’isola fu poi terra degli Elimi, una popolazione forse di origine peninsulare, forse orientale, che a Erice, ma soprattutto a Segesta, ha lasciato testimonianze straordinarie, e che nel IV secolo a.C. era già scomparsa, incalzata da altri popoli, in quel flusso continuo e inarginabile che è la storia. Conviene forse congedarsi dalla Sicilia occidentale con un saluto al Satiro danzante, ripescato da un peschereccio mazarese e custodito in quella città: l’energia che sprigiona rappresenta il simbolo stesso di questa terra.

Sicilia Sud-Orientale

“Se tu potessi vedere codesti monti, [...] e quel mare ceruleo, immenso, che luccica laggiù, lontan lontano, e tutti quei villaggi che si arrampicano sul pendìo dei monti, che sono grandi e sembrano piccini accanto alla maestà del nostro vecchio Mongibello! Se vedessi come è bello da vicino il nostro Etna! Dal Belvedere del convento si vedeva come un gran monte isolato, colla cima sempre coperta di neve; adesso io conto le vette di tutti codesti monticelli che gli fanno corona, scorgo le sue valli profonde, le sue pendici boschive, la sua vetta superba, su cui la neve, diramandosi per burroni, disegna immensi solchi bruni”, scrive il catanese Giovanni Verga in Storia di una Capinera (1894), dando del gigante di fuoco un’immagine quasi idilliaca, ammantata di affetto, in così stridente contrasto con la distruzione presentata in L’agonia di un villaggio (1887): “le pompe d’incendio tornavano indietro di gran trotto, col fracasso di carri d’artiglieria; e in alto, dirimpetto, il vulcano tenebroso, dietro un gran tendone di cenere, lanciava in aria, con un rombo sotterraneo, getti di fiamme alti cinquecento metri”.

Non si può tacere dell’Etna quando si guarda all’Oriente siciliano. L’imponente montagna nera dilava, bianca di neve, punteggiata dai mille colori della flora della boscaglia, si impone sul territorio circostante, lo disegna e lo scolpisce, oggi come migliaia di anni fa. Domina il territorio e le genti che lo abitano, presenza rassicurante e terribile al tempo stesso, colpisce i sensi ed eccita la fantasia. In una parola: il sublime, compagno costante in questo viaggio nell’isola.

TRA SACRO E PROFANO - Sicilia terra antichissima, attraversata da torrenti governati da divinità fluviali, scossa dai colpi del martello nella fucina vulcanica dei Ciclopi. A Siracusa, tra la fonte Ciane e la fonte Aretusa, vi è il passaggio per gli Inferi che Ade usò per avere Proserpina tutta per sé e trasformarla nella propria regina: e sarà proprio Aretusa a placare l’ira di Cerere rivelandole dove fosse scomparsa la figlia. Gli dèi vivono dunque sull’isola sin da tempi più remoti, poiché l’uomo la abita da migliaia e migliaia di anni. E dopo il tempo dei miti e dei templi dalle severe facciate greco-romane, che con Aretusa consegnò a questa terra le leggende di Polifemo, Aci, Simeto o figure storiche fondamentali - il filosofo Empedocle e il geniale Archimede -, il cristianesimo portò santi e martiri, come la catanese Agata e Lucia protettrice di Siracusa, ai quali dedicare nuovi luoghi di culto, sfarzose chiese e cattedrali. Spesso ricostruite sublimando una tragedia, il terremoto del 1693 che colpì con tremenda violenza specialmente la Valle di Noto, in meravigliose e frizzanti eccentricità barocche, le quali splendono nella luce del sole che si riflette sulla pietra, modulandosi negli arzigogoli che il Settecento ha lasciato in eredità. Costantemente in bilico tra sacro e profano, si portano in processione i reliquiari delle sante e si fa spazio a troupe cinematografiche e televisive che trovano in questi luoghi location e scenari ideali, dal viscontiano La terra trema (1948) a II commissario Montalbano (dal 1999).

VOCAZIONE AGRICOLA E GASTRONOMICA - “Il viandante che andava lungo il biviere di Lentini, steso come un pezzo di mare morto, e le stoppe riarse della Piana di Catania, e gli aranci sempre verdi di Francofonte [...] sotto il cielo fosco dal caldo [...]nell’immensa campagna [...] e passando vicino a una fattoria grande quanto un paese, coi magazzini che sembrano chiese [...]”: è sempre Verga, nella sua novella La Roba (1880), a farci immaginare la ricchezza dei prodotti agricoli di queste terre, celebrata fin dai tempi più antichi assieme al mare pescoso, già capace di alimentare le grandi tonnare di Marzamemi, Avola o Vendicari, oggi veri e suggestivi monumenti dell’archeologia industriale. Materie prime di qualità superba che trionfano in tavola, altra esperienza irrinunciabile, sensoriale e culturale, per chi giunga in questo angolo di Sicilia.

Sicilia Nord-Orientale

Giungemmo all’isola Eolia dove viveva Eolo, figlio di Ippota, caro agli dei immortali. E un’isola che naviga in mare, alta e nuda è la costa, e tutt’intorno si erge una muraglia di bronzo, indistruttibile.” Omero usa queste parole, nel X libro dell’Odissea, per descrivere l’isola cui approda l’eroe del poema dopo l’accecamento di Polifemo e dopo aver dunque subito la rabbia di Poseidone, che fa naufragare Ulisse insieme al suo equipaggio. L’Eolo di cui parla Omero è una divinità e custodisce in un otre di pelle la maggior parte dei venti; in questo i vari miti differiscono: nella versione di Diodoro Siculo il re non possiede alcun potere sovrannaturale, ma sa leggere perfettamente il fumo dei vulcani ed è talmente bravo nella navigazione da riuscire a piegare i venti al suo volere. 

Le Sette Perle dell’Arcipelago sono fatte di aria, acqua, terra e fuoco in egual misura, e tuttavia rivelano un carattere profondamente diverso. Lipari, la più grande, la più popolata e la prima a essere abitata, è il centro in cui (grazie anche al Museo archeologico) è racchiusa la maggior parte della storia, dell’arte e della cultura dell’Arcipelago. Più aspre e selvagge sono Vulcano e Stromboli, dove la presenza e la centralità dei vulcani è inequivocabile; Panarea, un piccolo arcipelago a sé stante, strizza maggiormente l’occhio al turismo raffinato e d’élite; la verde Salina, scelta da Troisi per girare parte del suo ultimo capolavoro, Il postino (1994), è più adatta agli amanti della tranquillità, mentre chi anela a dimenticarsi del tempo in cui viviamo ritrova nelle due isole più occidentali dell’Arcipelago, Alicudi e Filicudi, il luogo perfetto in cui sostare, perché lì l’arrivo della modernità è stato posticipato il più possibile e non ha intaccato tradizioni secolari.

DAL GRAND TOUR ALLA VARA - Il caso gioca spesso un ruolo fondamentale nelle vicende umane, e la storia di Taormina lo dimostra ancora una volta: a lungo dimenticata, venne scoperta appieno solo quando fu costruita la strada che seguiva la costa per unire Messina a Catania, diventando una tappa nell’itinerario del Grand Tour e da lì salendo alla ribalta internazionale. 

La vista offerta dal Teatro greco sull’Etna e sul mare lasciò incantato anche Goethe, e grazie ai danarosi mecenati stranieri il centro del Messinese da crisalide che era si tramutò nella splendida farfalla dei nostri giorni, senza però smarrire la propria anima né dilapidare le ricchezze di cui è circondata. E invece purtroppo perduta per sempre quella “nobile capitale della Sicilia” che era un tempo Messina: lo spirito indomito della città si manifesta però più forte che mai nella Basilica di Santa Maria Assunta, in grado di resistere ai numerosi colpi inferti dal destino, e nello spettacolo della Vara, il carro da otto tonnellate che durante la processione agostana viene trainato per le vie del centro da un migliaio di fedeli.

LE MERAVIGLIE DEL MESSINESE - Se la provincia di Messina è tra le più visitate d’Italia non è solo merito delle Eolie e di Taormina. Il fascino dell’Arcipelago e dell’antica Tauromenion non può anzi far passare in secondo piano le altre bellezze della zona. Le Gole dell’Alcantara sono un canyon naturale le cui pareti ospitano tanti capolavori quanti una vera e propria galleria d’arte: a creare queste sculture sopraffine sono state le acque del fiume omonimo, raffreddando la lava di un’eruzione avvenuta millenni fa. 

La mano dell’uomo non ha nulla a che vedere nemmeno con le enigmatiche Rocche dell’Argimusco, modellate dalla pioggia e dal vento fino a risultare una sorta di risposta siciliana alla più celebre Stonehenge. Peloritani e Nebrodi, oltre a suggestivi borghi medievali, nascondono boschi con piante ultracentenarie e il Monte Scuderi, da cui si possono ammirare le Eolie, la costa calabra e l’Etna in un colpo solo, e nelle cui viscere, secondo la leggenda, giace un prezioso tesoro. Il panorama che si può godere da Tindari non è da meno, se è vero che arrivò a commuovere Salvatore Quasimodo ispirando una delle sue poesie più intense; né si possono dimenticare, tra i numerosi gioielli della Sicilia nordorientale, Milazzo e la sua fortezza mai espugnata, forse anche per merito dell’enigmatico scarabeo disegnato sulle sue mura.

Sicilia Sud-Occidentale

"Tornava ad ogni estate; poi piu raramente. E ad ogni ritorno la sua fantasia si inzuppava dei fatti grotteschi e pietosi che vi accadevano e che familiari ed amici gli raccontavano: e andavano a infoltire, ad affollare, quelli che nella sua memoria prepotentemente vivevano. Fino alla seconda guerra mondiale Girgenti era quella della sua infanzia, con personaggi che l’amore di sé, parossistico, ipertrofico, spingeva ai confini della follia: lucidi notomizzatori dei propri sentimenti e dei propri guai, presi fino al delirio dalla passione del ‘ragionare’ ancor più che da quella per la donna e per la roba, intenti a difendere ossessivamente il loro apparire dal loro essere, di fronte agli altri e a volte di fronte a se stessi - o improvvisamente vocati a sciogliersi dalle apparenze, ad eleggersi ‘uomini soli’, ‘creature’ nel flusso deliavita. Personaggi in cerca d’autore” (Leonardo Sciascia, Alfabeto pirandelliano, 1989). 

L’Agrigentino, forse per le sue origini che affondano nel mito, è straordinariamente fecondo dal punto di vista creativo. Non solo è un luogo geograficamente definito, ma è una terra densa di riferimenti culturali e mitologici che hanno da sempre fornito materia per la narrazione e ispirato pagine memorabili della letteratura mondiale. In un territorio di pochi chilometri quadrati, infatti, ritroviamo la Girgenti di Luigi Pirandello, la Donnafugata di Giuseppe Tornasi di Lampedusa, la Regalpietra di Leonardo Sciascia e le Vigata e Montelusa di Andrea Camilleri. Ma si incontra anche Eraclea Minoa, dove trovò rifugio Dedalo e perse la vita Minosse, o Selinunte, terra dei Lotofagi incontrati da Ulisse. Le rovine degli antichi templi hanno ispirato e sono state descritte dai viaggiatori del Grand Tour, come Goethe, ma pochi di loro si sono spinti oltre i panorami di rovine che narrano di un passato in cui popolazioni di diverse origini si univano e convivevano pacificamente.  

L'ISOLA DEGLI SCRITTORI - La Sicilia è una regione dove la cultura prospera sin dall’antichità, e che ancora oggi continua a dare i natali a scrittori di straordinario livello. Fin dalle epoche più antiche la sua tradizione letteraria annovera grandi nomi, e vede una grande fioritura - che non accenna a scemare - in particolare a partire dal XIX secolo.

Una delle ragioni sicuramente risiede nel legame viscerale che questi autori hanno stretto con la terra natale, che diventa di fatto protagonista delle loro opere, con tutte le sfumature dolorose e appassionate di una relazione così profonda. Ci sono premi Nobel come Salvatore Quasimodo (1901-1968) e Luigi Pirandello (1867- 1936), prolifico novellista, romanziere e autore teatrale che ha raccontato il conflitto tra apparenza e realtà, vita e forma, e Giuseppe Tornasi di Lampedusa (1896-1957), narratore della fine di un’epoca, autore di quel Gattopardo che fu la prima opera in Italia a superare le 100.000 copie vendute, e da cui il regista Luchino Visconti (1906-1976) trasse nel 1963 la celebre trasposizione cinematografica, ma se ne possono citare numerosi altri.

Non solo i veristi, Luigi Capuana (1839- 1915), Giovanni Verga (1840-1922) e Federico De Roberto (1861-1927), che hanno aderito a una narrativa attenta ai problemi umani e sociali, del tutto dedita a una rappresentazione impersonale e fedele della realtà; ma anche grandi autori come Elio Vittorini (1908-1966), conosciuto specialmente per il suo capolavoro Conversazione in Sicilia, del 1941, e che nel 1959 fondò con Italo Calvino la rivista “Il Menabò”.

Nell’Olimpo degli autori spicca Leonardo Sciascia (1921-1989), dallo spirito libero e anticonformista: profondamente legato alla sua terra scrive veri e propri atti di accusa, mosso da un vivo impegno civile e politico. Fra le sue opere più importanti II giorno della civetta (1960), L’Onorevole (1965) e Candido, ovvero un sogno fatto in Sicilia (1977). Deve all’influenza di Pirandello l’umorismo e la difficoltà di pervenire a una conclusione che i suoi protagonisti incontrano: la realtà non sempre è osservabile in maniera obiettiva, e spesso è un insieme inestricabile di verità e menzogna. 

La sua scrittura è una sapiente unione di finzione e documento storico, poiché sfrutta gli stilemi del romanzo poliziesco per denunciare la cultura dell’illegalità endemica nella società del paese (“io credo nei siciliani che parlano poco, nei siciliani che non si agitano, nei siciliani che si rodono dentro e soffrono: i poveri che ci salutano con un gesto stanco, come da una lontananza di secoli; e il colonnello Carini sempre così silenzioso e lontano, impastato di malinconia e di noia ma ad ogni momento pronto all’azione: un uomo che pare non abbia molte speranze, eppure è il cuore stesso della speranza, la silenziosa fragile speranza dei siciliani migliori... una speranza, vorrei dire, che teme se stessa, che ha paura delle parole ed ha invece vicina e famigliare la morte- Questo popolo ha bisogno di essere conosciuto ed amato in ciò che tace, nelle parole che nutre nel cuore e non dice...”: Il Quarantotto, 1958).

Ancora nel genere poliziesco spicca Andrea Camilleri, scrittore e sceneggiatore televisivo, padre del personaggio del commissario Salvo Montalbano. È stato uno scrittore prolifico, autore di oltre cento opere tradotte in almeno trenta lingue, di cui ha venduto più di dieci milioni di copie. Caratteristica significativa dei suoi romanzi è l’uso di un particolare linguaggio commisto di italiano e siciliano, unito a un’eccezionale capacità di costruzione di scene dal ritmo vivace, eredità del lungo lavoro per il teatro e il cinema.

Il lavoro sulla lingua, comune a tutti gli scrittori siciliani - indimenticabili, tra tante, le prove di Vincenzo Consolo (1933-2012), Gesualdo Bufalino (1920- 1996) e Stefano d’Arrigo (1919-1992) -, parte dal problema che chi vuole essere compreso da tutti non può esprimersi esclusivamente in siciliano: Camilleri ha risolto la questione adottando un linguaggio equilibrato dove i termini dialettali hanno la stessa qualità e significanza di quelli italiani, rielaborando la struttura in lingua italiana, cui mescola termini tratti dai vari dialetti siciliani comunemente parlati.

Luigi Pirandello morì a Roma il 10 dicembre 1936, il corpo fu cremato e le ceneri sepolte al cimitero del Verano. A guerra finita il sindaco di Agrigento ottenne il permesso di poterle traslare al Caos, la casa di famiglia del grande drammaturgo. I resti furono così posti in un vaso greco del V secolo a.C., acquistato anni prima dal padre, e caricati su un aereo militare americano. Quando uno dei passeggeri capì cosa conteneva quella cassa di legno trasportata con tanta cura esclamò: “Ah, il famoso Pirandello! Mi ricordo che nel suo testamento Pirandello aveva chiesto di spargere le sue ceneri al vento. Non vorrei che il destino decidesse di accontentarlo proprio oggi, magari per cause accidentali”... e i piloti statunitensi, di origine forse siciliana, rinunciarono alla spedizione. Dopo due giorni di viaggio in treno, il prezioso carico arrivò finalmente a destinazione. Ma non era finita: per poter essere benedette, le ceneri dovevano essere tolte dal vaso e messe in un contenitore “meno pagano”. Si iniziò allora l’ennesima traslazione, ma il contenitore prescelto si rivelò troppo piccolo: avanzava “un etto di Premio Nobel della letteratura”. Che fare? L’addetto “si trovava di fronte a una responsabilità che lo esponeva al giudizio del mondo e della storia... Decise per il meglio. Avvolse le ceneri che gli avanzavano nel foglio di giornale [...] e cercò un luogo particolarmente significativo. Quando credette di averlo individuato, cercò le parole adatte a un momento solenne. Ma prima che riuscisse a trovarle, un vento si levò e le ceneri volarono via senza aspettare altro. Fu così che l’estremo desiderio di Pirandello (‘...E il mio corpo, appena arso, sia lasciato disperdere; perché niente, neppure la cenere, vorrei avanzasse di me’) venne esaudito almeno in parte”. La vicenda è raccontata in un bellissimo racconto di Roberto Alajmo, Le ceneri di Pirandello (2008), da cui sono tratte le citazioni.

NELLE ACQUE DEL MEDITERRANEO - Le forze ctonie hanno fatto emergere isole dai profili selvaggi, ma che hanno saputo accogliere l’uomo e le creature viventi con grande generosità. La Sicilia è terra vulcanica, il suo territorio è stato plasmato eruzione dopo eruzione, e ancora oggi la profondità terrestre non trova requie.

Ci sono vulcani quiescenti, come a Pantelleria, che non solo recano i segni della passata attività, come gli antichi coni, ma anche fenomeni secondari come le maccalube, vulcanelli di fango nei pressi dei quali sgorgano acque termali ricche di minerali benefici. Qui l’ultima eruzione risale al 1891, ed è rimasta sommersa. Sempre sommersa è l’Isola Ferdinandea, al largo delle coste di Sciacca, circondata da tanti altri coni sottomarini mai emersi in superficie, per i quali si può parlare di un campo vulcanico molto ricco e attivo. La natura del terreno, caratterizzato da numerosi minerali, fa sì che le coste e le acque siano denotate da un’eterogeneità ambientale non ancora totalmente studiata.

ISOLE SULL'ORIZZONTE - Sebbene la distanza dall’Italia continentale sia considerevole, il piccolo Arcipelago delle Pelagie rappresenta un elemento chiave all’interno della nostra geografia. Possiamo considerarlo la porta meridionale dell’Italia; Erodoto (484-425 circa a.C.) le definì le “isole d’alto mare” per la loro posizione isolata nelle acque tra l’Europa e l’Africa, per cui storicamente sono state luogo di sosta e rifornimento delle navi fenicie, greche, romane, saracene e dei Crociati. Lampedusa e Linosa sono divenute roccaforti militari, con postazioni di artiglieria leggera e contraerea. La loro reale vocazione è però pacifica, come ci ricorda “O’ Scià”, la manifestazione artistica più importante di tutto l’Arcipelago, diventata negli anni una grande kermesse musicale di solidarietà. Parola che in lampedusano significa “fiato”, “vita mia”, coinvolge rappresentanti noti della scena musicale internazionale allo scopo di far ricordare alla società il dramma dell’immigrazione clandestina da un singolare palcoscenico: la spiaggia della Guitgia, con gli spettatori seduti nell’insolita platea della battigia.

Entroterra

Un'infinita varietà di panorami e paesaggi, che non prevedono tuttavia il mare, quanto l'estendersi a perdita d'occhio dei campi, verdi o riarsi dal sole, delle colline e delle alture che segnano la spina dorsale appenninica, e sui quali vigila da non troppo lontano la sagoma possente dell'Etna. E' questa forse una Sicilia meno cartolinesca e più vera, cuore non solo geografico dell'Isola.

A Enna, il capoluogo più alto d'Italia, dalla sommità della tetragona (in realtà ottagona) Torre di Federico II, quando non si sia ovattati nella nebbia, lo sguardo spazia sui dintorni, su una natura talvolta aspra ma più spesso rigogliosa e ben governata, che non a caso ha ambientato qui, sul Lago di Pergusa, il mito della bella figlia di Demetra, Proserpina/Persefone. Mentre intrecciava ghirlande di fiori sulle sue sponde, la giovane fu trascinata negli Inferi da Ade l'oscuro, per divenire sua sposa. La disperazione della madre venne però accolta da Zeus, che ristabilì una propria giustizia: per sei mesi Proserpina avrebbe vissuto con la madre, per altrettanti con il marito, simboleggiando così la regolarità dell'avvicendarsi delle stagioni e dei raccolti. Il centro della Sicilia tuttavia, come ebbero ad annotare Vitaliano Brancati o Matteo Collura, fu anche per lunghi secoli il regno del latifondo, del feudo, e di una tradizione di sfruttamento della natura e degli uomini che ha lasciato tracce e conseguenze profonde, da non dimenticare, su queste terre.

CASTELLI E MINORANZE LOMBARDE - La fecondità dei campi, unita all'inaccessibilità di molti abitati, sorti su speroni rocciosi strategicamente incombenti sui dintorni, resero questa zona centrale della Sicilia una terra di contese inevitabili per chi volesse controllare e dominare l'Isola. In epoca remota fu il fiume Salso - o Imera Meridionale, che discende dalle Madonie e scorre in provincia di Enna - a segnare una linea di confine tra il territorio dei Siculi e quello dei Sicani, all'alba dell'arrivo dei primi coloni greci. Fu più tardi la volta degli Arabi, che tra VIII e IX secolo soppiantarono i Bizantini dalla pessima fama, di sfruttatori ed esattori di tasse, decisamente poco amati. I Saraceni lasciarono ovunque tracce profonde, nella lingua - tanti i toponimi che preservano il termine qual'at, "castello" - o nell'agricoltura, introducendo nuove tecniche e nuove sementi. 

Nel 1059 però il papa confermò il suo benestare agli Altavilla, Roberto il Guiscardo e Ruggero, che nel 1061 sbarcarono a Messina: iniziava la conquista normanna della Sicilia, che numerosi scontri d'arme portò a questi paesi dell'interno. Fu Ruggero, primo conte di Sicilia, a promuovere la cristianizzazione tramite l'afflusso di coloni dal Nord. Di qui "la Lombardia siciliana, i paesi lombardi della Sicilia..... Città molto belle sono Aidone, Piazza Armerina, Nicosia: e sono quelle in cui è avvenuto un coagulo di gruppo etnici lombardi. Ma sono belle anche Enna, Caltagirone che segna il suo municipio con lo stemma di Genova....", un'eredità che Leonardo Sciascia ricorda e che ancora oggi risuona nei dialetti, come quello della splendida Piazza Armerina, cosiddetti gallo-italici.

    

Regione e provincie

Isole Egadi - Favignana, Levanzo, Marettimo, Maraone, Formica, Galera, Galeotta, Preveto, Fariglione, Isole dello Stagnone - Trapani

Isole Eolie - Lipari, Salina, Vulcano, Stromboli, Filicudi, Alicudi, Panarea -  Messina

Isole Pelagie - Lampedusa, Linosa, Lampione, Isola dei Conigli, Scoglio del Sacramento - Agrigento

Appennino Siculo

Etna

Agrigento e Valle dei Templi

Caltabellotta (Borgo)

Eraclea Minoa

Naro (Borgo)

Palma di Montechiaro (Borgo)

Porto Empedocle - Punta Secca 

Realmonte e Scala dei Turchi 

Ribera (Borgo)

Riserva Naturale Orientata di Torre Salsa

Sambuca di Sicilia (Borgo)

Sciacca

Caltanisetta

Gela 

Mazzarino (Borgo)

Mussomeli (Borgo) 

Niscemi (Borgo)

Sutera (Borgo)

Catania

Aci Castello (Borgo)

Aci Trezza (Borgo)

Acireale

Bronte (Borgo)

Caltagirone

Castiglione di Sicilia (Borgo)

Maniace (Borgo)

Militello Val di Catania (Borgo)

Nicolosi

Oasi del Simeto

Randazzo (Borgo)

Sutera (Borgo)

Zafferana Etnea (Borgo)

Enna

Calascibetta (Borgo)

Gagliano Castelferrato (Borgo)

Leonforte (Borgo)

Morgantina

Piazza Armerina

Pietraperzia (Borgo)

Regalbuto e Lago Pozzillo (Borgo)

Sperlinga (Borgo)

Troina (Borgo)

Messina

Capo d'Orlando

Caronia (Borgo)

Castelmola (Borgo)

Castroreale (Borgo)

Forza d'Angro (Borgo)

Gole dell'Alcantara

Milazzo (Borgo)

Mistretta (Borgo)

Montalbano Elicona e Altopiano dell'Argimusco (Borgo)

Naxos

Novara di Sicilia (Borgo)

Patti

San Marco d'Alunzio (Borgo)

Sant'Agata di Militello (Borgo)

Savoca (Borgo)

Taormina

Tindari

Palermo

Bagheria

Castelbuono (Borgo)

Cefalù (Borgo)

Gangi (Borgo)

Geraci Siculo (Borgo)

Imera

Mondello

Monreale

Petralia Soprana (Borgo)

Solunto

Ustica

Ragusa

Castello di Donnafugata

Cava d'Ispica

Modica (Borgo)

Monterosso Almo (Borgo)

Scicli (Borgo)

Siracusa e Necropoli di Pantalica

Area marina protetta Plemmirio

Augusta

Avola

Buscemi (Borgo)

Ferla (Borgo)

Marzamemi (Borgo)

Noto (Borgo)

Riserva di Vendicari (Noto)

Villa del Tellaro (Noto)

Palazzolo Acreide (Borgo)

Portopalo e Isola di Capo Passero

Necropoli di Pantalica (Sortino)

Trapani

Alcamo

Calatafimi

Castellammare del Golfo (Borgo)

Castelvetrano

Erice (Borgo)

Gibellina

Marsala

Mazara del Vallo (Borgo)

Mozia (Marsala)

Pantelleria

Riserva dello Zingaro (San Vito Lo Capo)

Salemi (Borgo)

San Vito lo Capo

Scopello (Borgo)

Segesta (Calatafimi)

Selinunte (Castelvetrano)