Cava d'Ispica
(Ragusa)
    
  

 

Il calcareo tavolato ibleo è fittamente inciso da una miriade di valli e profonde gole, alcune aperte altre con pareti a picco, che in questa zona si chiamano "cave".

La più suggestiva ed interessante delle numerose cave della Sicilia Orientale è sicuramente quella di Ispica, sia per i paesaggi pittoreschi e selvaggi, sia per le molteplici tracce dei vari stadi evolutivi dell'uomo attraverso i secoli, dall'eneolitico fino a tempi molto vicini a noi.

Cava d'Ispica è una stretta vallata che si estende per circa 13 Km. nel territorio dei comuni di Modica, Ispica e Rosolini. La Cava è solcata da un ruscello, in questi ultimi anni quasi sempre in secca, chiamato Pernamazzoni nel corso superiore e nell'inferiore Busaitone. La morfologia della Cava, a forma di gola, il tenero calcare, la posizione facilmente difendibile, la vicinanza del mare hanno contribuito a rendere questo luogo stupendo e selvaggio uno dei maggiori complessi rupestri della Sicilia. I primi abitanti della valle di cui si ha notizia furono i Siculi. Essi vivevano in capanne ed utilizzavano grotticelle artificiali "a forno" per seppellirvi i morti. 

Tra il III ed il IV secolo d.C, in piena età bizantina, molti cristiani e monaci si rifugiarono nelle grotte della Cava per sottrarsi alle persecuzioni. I nuovi abitanti scavarono dei piccoli santuari, o riadattarono a tale scopo ambienti già esistenti, decorandoli con immagini sacre. Dopo il terribile terremoto del 1693, gran parte della popolazione si trasferì nella nuova città, Ispica, costruita nelle vicinanze, e per la Cava iniziò la lunga decadenza che non ne ha, però, cancellato lo straordinario fascino. 

Nella Cava sono presenti vari tipi di abitazione, risalenti ad un periodo compreso tra il neolitico ed il medioevo, il cui aspetto originario è stato mutato, a volte, da riadattamenti e trasformazioni. Alcune abitazioni mostrano tracce della permanenza di abitanti fino agli inizi del nostro secolo, tanto che le grotte più vicine ai centri abitati sono ancora oggi utilizzate come stalle, garage, cantine, depositi. Tutta la valle è un susseguirsi di "villaggi" trogloditici, dì dimore isolate e di grandi complessi residenziali, veri condomini ante-litteram scavati nella roccia, a più ripiani, come il "Castello", detto "Palazzieddu", munito di corridoi, camminamenti e scale ricavati nella viva roccia, fori ed intacchi per funi o scale in legno che consentivano l'accesso ai piani superiori. Le uniche tracce di pittura, purtroppo notevolmente deteriorate, sono nei numerosi oratori rupestri e sacelli ipogeici.

Nella Cava vi sono anche numerose necropoli (sia sicule, caratterizzate da tombe a forno con anticella e volta a cupola o piatta, sia bizantine) e catacombe cristiane, ad arcosolio semplice e polisomo, a "tegurium" o a baldacchino. Nella parte nord della Cava, dalle pareti dolci ed adatte all'insediamento umano, sono più numerose le tracce di abitazioni (villaggi a capanna), le grotte, abitate dall'VIII secolo fino agli inizi del '900, le necropoli e gli oratori ipogeici. 

Nella parte sud, dalle pareti alte e ripide, prevalgono le postazioni difensive come il "Fortilitium", impressionante roccaforte naturale costituita da una colonna di calcare duro chiamata "Forza" che esercitava una vera e propria funzione di sbarramento e di difesa dell'ingresso della Cava. 

L'itinerario ideale per scoprire le meraviglie di questa Cava parte dalla contrada Baravitalla, a nord, dove l'incisione valliva comincia appena ad insinuarsi nell'altipiano calcareo. L'attrattiva più affascinante di questa zona è la necropoli del villaggio, ricavata nei piccoli costoni calcarei del poggio. Le tombe sono tutte a forno, di varie di­mensioni, con volta a cupola o piatta a seconda degli strati di calcare. Quella che suscita viva ammirazione per la singolarità e per la decorazione prospettica è una piccola tomba nei pressi della masseria, ricavata nella parete di un modesto strato calcareo. La sua bellezza è dovuta soprattutto alla decorazione a finti pilastri, dieci in tutto, che sono stati ricavati ai lati dell'apertura di forma quadrangolare e di piccole dimensioni.

Oltrepassata la strada che, mediante un ponte, supera la Cava, in mezzo ai prati, ai rovi e agli asparagi si incontra il primo oratorio ipogeico, la Grotta dei Santi, detta così per la lunga teoria di santi e profeti, dai caratteristici nimbi gialli, affrescati lungo le pareti dalle comunità cristiano-bizantine che qui trovarono rifugio. 

Ritornati sulla strada si può raggiungere la diruta chiesa di San Pancrati. In origine la chiesetta era una piccola basilica bizantina triabsidata, oggi si possono ammirare soltanto i ruderi dei muri esterni, di parte delle tre absidi, tracce del pavimento in calcare e in cocciopesto. Nell'area sottostante la chiesa si può visitare la semplice Grotta della Signora, al centro di un modesto strato calcareo, dalla caratteristica volta a cupolette. 

Poco più in basso si trova un grande complesso di grotte scavate in un modesto poggio chiamato "Cuozzo". Le grotte furono utilizzate come luoghi sacri, catacombe ed abitazioni. Tra gli esempi più rappresentativi il santuario di San Nicola o della Madonna, le famosissime catacombe della "Larderia", i complessi abitativi disposti su più piani noti con il nome di Grotte Giardina. 

Il santuario di San Nicola presenta, nella parete di destra, una nicchia che accentua la somiglianza con un tempio. Alle pareti sono visibili lacerti di affreschi che, un tempo, dovevano ricoprire per intero il sacello. In una figura, con barba, tunica, pallio e la scritta N(I)(C)OL(A)US sopra la testa, si identifica San Nicola. Delicato il pannello pittorico della "Madonna con il Bambino" in cui la Madonna porge la guancia al Bambino al quale, purtroppo, manca il volto. La "Lar­deria" è uno dei più grandi cimiteri ipogeici della Sicilia. 

La catacomba, risalente al IV-V sec. d.C., ha due ingressi, tre gallerie ricche di loculi, arcosoli semplici e polisomi, numerosissime tombe a "tegurium" e tombe terragne nelle quali è quasi impossibile non imbattersi, complice l'oscurità dell'ambiente. Nella galleria centrale, lunga circa trenta metri e larga fino a tre metri, è scolpito un cavallino acefalo dal quale deriva il nome del mulino della zona. Proseguendo lungo il sentiero che aggira a mezza costa il "Cuozzu", si giunge ad un viottolo che, salendo sulla sinistra tra fichi selvatici ed erbe aromatiche, conduce ad altri complessi trogloditici di grande interesse storico e naturalistico. Il primo di questi, che si presenta sulla sinistra dopo il "Palazzieddu", è denominato Grotte di S. Maria.

La grande caverna a due piani dovette essere in origine un oratorio. Il luogo sacro vero e proprio era, quasi certamente, il piano superiore al quale sì accede mediante una scaletta elicoidale ricavata nella viva roccia e dove si trovano le uniche tracce di pitture murali e frammenti di scritte.

Risalendo lungo il sentiero, si incontrano due sepolcreti cristiani, denominati "Il Camposanto", collegati ad uno più piccolo. Il complesso, databile al IV-V sec. d.C. grazie ad un simbolo cristiano inciso sulla parete di uno dei sepolcri, presenta numerose fosse terragne, loculi sovrapposti e un gran numero di sarcofagi scavati iella roccia.

Percorrendo il viottolo fino a tornare sul sentiero principale, si perviene alle "Rutti Caruti", un complesso di grotte che, a causa del crollo della parete frontale, mostrano come in uno spaccato ambienti sovrapposti su più livelli. Sono visibili resti di scale, buche di accesso ai piani superiori, oggi dimora di passeri e rondini, fosse per l'acqua e per i fuochi, che hanno annerito buona parte delle pareti del piano inferiore.

Sul poggio opposto, si può visitare il "Salnitro", uno dei complessi più famosi ed affascinanti, che presenta sepolcri, dimore sovrapposte in parte crollate e la caratteristica "Spezeria", ritenuta una sorta di farmacia. L'ambiente principale è costituito da una grande sala a pianta quadrangolare, recante lungo uno dei lati tre absidi irregolari ma ben tagliate e disegnate rispetto alle altre della stessa Cava, e da un sedile continuo. La presenza di incavi, che sembrano scaffali, lungo le pareti e di due buche nel pavimento calcareo, che sembrano mortai, hanno fatto pensare che il luogo fosse adibito a farmacia. Ma, grazie al raffronto con ambienti simili, è stata avanzata l'ipotesi che, nonostante l'assenza di affreschi sacri, il sito fosse un luogo di culto. 

Altri luoghi da visitare sono due dei complessi più belli della Cava, il Castello e il Convento.

Il famoso Castello, che si suppone sia stato la dimora del potente signore del luogo, ha sempre suscitato un particolare interesse per la sua inaccessibilità e per l'aspetto di vero e proprio fortilizio. Il complesso è stato sicuramente abitato fino ai primi decenni del '900, come si denota da rifacimenti e riadattamenti alquanto moderni. La singolarità del Castello sta soprattutto nella inconsueta disposizione dei suoi quattro piani, collegati fra loro da scale interne ancora visibili, con incavi per l'arrampicata, o da scale esterne, il cui crollo ha messo allo scoperto gli ultimi pianii. Gli ambienti sono quasi tutti di forma rettangolare o quadrati con nicchie alle pareti e presentano gli incavi delle porte e dello finestre e gli intacchi per i palchetti e per i letti. Quasi tutti gli ambienti prendono luce e si dipartono da un lungo corridoio che si sviluppa lungo la parete esterna e perpendicolarmente al tunnel che unisce i vari piani. 

In contrada Scalepiane si può visitare il Convento, posto in un luogo quasi inaccessibile. Sia per la tradizione sia per alcuni studiosi, nel sito era insediato un convento che si sviluppava su almeno quattro piani. Il crollo di gran parte della fronte contribuisce ad accrescere il fascino del complesso. Nella parte più bassa si trova l'antico sacello di Santa Alessandra costituito da due ambienti separati. Nel primo si distinguono, dentro una cornice bruna, i resti di un affresco che probabilmente raffigurava la Santa; il secondo, di dimensioni inferiori, presenta un pavimento roccioso nel quale si trova una buca circolare per la raccolta dell'acqua. Quest'acqua ricca di zolfo, oggi come un tempo, è ritenuta miracolosa per guarire le malattie della pelle. La tradizione narra che, per ottenere l'effetto desiderato, occorra lasciare sul posto un indumento personale; è per questa ragione che nella grotta, detta "a rutta a rugna" (cioè grotta della rogna), si trovano mucchi di biancheria.

Per esplorare la restante parte della valle, si può procedere, per diversi chilometri, sui sentieri già percorsi in un contesto selvaggio e pressoché incontaminato, oppure si può partire dalla parte meridionale della Cava, da Ispica. La cosa migliore è iniziare la visita dal Parco della Forza, uno dei complessi più interessanti di tutta la Cava. Uscendo da Ispica, dalla parte della chiesa dei Carmelitani lungo la cosiddetta "Barriera" tutta a curve strette, si offre alla vista lo sperone di roccia dove sorgeva la fortezza naturale del Fortilitium. I lati della strada sono disseminati di grotte che un tempo facevano parte della antica Ispicae Fundus, successivamente sono state trasformate in palmenti ed oleifici ed oggi sono adibite ad officine, garage e cantine. L'area del Parco è ricca di antichi monumenti, come il Centoscale, e di altri relativamente più recenti, come il Palazzo Marchionale, la chiesa dell'Annunziata e annesso monastero.

Il Centoscale, una delle strutture più antiche di tutto il complesso, è costituito da un tunnel a sezione rettangolare scavato nel vivo calcare che, a partire dal piano della Forza, si interna nelle viscere della roccia fino ad una profondità di oltre 50 metri sotto il livello del fiume. I duecento e più gradini, intagliati nel piano inclinato della roccia, sono intervallati da piazzole di sosta che, tramite piccoli corridoi laterali, portano ad alcune feritoie aperte sul lato della Cava che servivano sia per smaltire il materiale di scavo sia come prese d'aria. Alla base ed all'altezza della falda freatica vi sono gallerie perpendicolari al piano inclinato che consentivano l'approvvigionamento d'acqua durante qualsiasi stagione, probabilmente l'opera venne realizzata per garantire il rifornimento di acqua anche durante i periodi di assedio o di difficoltà. 

Proseguendo la passeggiata lungo il lato ovest del Parco, si notano i torrioni di guardia del Fortilitium. Famose, sul lato orientale, le rovine di quello che fu uno dei più muniti castelli della zona nel quale si riconoscono due fasi di interventi "architettonici" relativamente recenti, una è dovuta ad Antonio Caruso (inizi secolo XV), l'altra alla famiglia Statella (inizi secolo XVI). Naturalmente il castello, prima di queste due fasi, possedeva già le mura e le strutture difensive, infatti, quando entrò a far parte dei possedimenti del Cabrerà, era già citato come castello.

Nella parte più alta della Forza sorgeva il Palazzo Marchionale. I numerosi resti lasciano intuire l'originaria configurazione e rendono bene l'idea di una cittadella fortificata, difesa dalle pareti naturali e dall'opera dell'uomo, nel cui cuore era sistemata la casa del conte, il vero centro direzionale di tutta la Forza. Si riconoscono una grande corte acciottolata che immetteva in una più piccola, sempre acciottolata, resa più vivace da disegni geometrici ottenuti con lastre di calcare; ambienti da lavoro tra cui una cucina con granai a fossa; una scaletta che forse portava ad una torre. Nella parte più meridionale sono stati portati alla luce ambienti con pavimenti ben curati, ottenuti alternando pietra calcarea con mattonelle di pietra asfaltica a spina di pesce, forse stanze di rappresentanza nel cui muro esterno si notano i resti di una grande finestra. 

Attaccata al Palazzo Marchionale era la chiesa dell'Annunziata, una delle più belle di tutta la Cava, che terminava proprio sullo sperone orientale della valle. Il tempio, a croce latina, presentava sette altari molto ricchi; sull'altare maggiore trovava posto la tavola dell'"Annunciazione", un'opera del Cardellino oggi esposta nella sacrestia della nuova chiesa dell'Annunziata ad Ispica. Il pavimento della chiesa era adibito a sepolture, come si deduce dalla numerose fosse riportate alla luce. Alcune delle lastre tombali sono esposte in un piccolo Antiquarium ricavato in una grotta del Parco. 

Al Palazzo Marchionale era collegata, tramite una serie di gradini scavati nel calcare, la cosiddetta Scuderia, una vasta grotta chiusa sul davanti da un muro a secco che lasciava aperto un piccolo ingresso. Sulla parete destra è ricavata, nel vivo calcare, una lunga mangiatoia con anelli al muro per legarvi le bestie. Nel pavimento, invece, è stato ricavato, mediante canalette, un buon sistema per lo smaltimento dei liquami animali. Molte, nei pressi della Scuderia, le grotte che fungevano da magazzini, officine ed alloggi per i soldati e gli abitanti della Forza. In una di queste grotte, adibita ad Antiquarium, oltre alle lastre tombali della chiesa, si conservano resti di vasi, piatti, ceramiche, selci del periodo preistorico, fibule, monete ed altri reperti rinvenuti nell'area della Forza.

Dal Parco della Forza si può scendere nel fondovalle per vedere i resti dell'antica Ispicae Fundus.

L'abitato di Ispicae Fundus si estendeva dal grande masso franato all'attuale bevaio al centro della valle, nei pressi del "volto di Gesù" scolpito su una parete della Cava. La via principale era costituita dal fondovalle, lastricato con grandi basole di calcare. Il monumento più importante di questa zona è la chiesa di Santa Maria della Cava, ricavata in una enorme grotta chiusa nella parte anteriore da una parete dove è praticato l'ingresso sovrastato da una grande finestra. Sulla fronte spiccano lapidi di marmo che ricordano avvenimenti legati alla storia della chiesa. Una piccola selva di giganteschi noci e di agrumi nasconde l'antico tempio alla vista del passante.

La chiesa, di certo il più antico monumento sacro della Cava, secondo la tradizione risale ai primi secoli del Cristianesimo ed è legata in particolare a Sant'llarione. Attualmente si presenta come un'ampia grotta alle cui pareti sono ancora visibili tracce di affreschi. Dietro i resti dell'antico altare, su cui è posta una statua del Santo, si può vedere la piccola cella del primitivo santuario, scavata nella roccia, nella quale è affrescata una "Madonna con Bambino", oggi appena visibile. Inoltrandosi verso l'interno della Cava, si nota un grande masso, precipitato dalle pareti sovrastanti, che ingombra il passo. Alla sua sinistra, sull'alta parete (circa 80 mt.), è scolpito un grande volto che raffigura Gesù nel momento dello spasimo della morte. Questa enorme immagine è stata venerata per molti secoli dagli abitanti della Cava, tanto che era uso mettere nello spazio della bocca una lampada perenne.

Proseguendo lungo il fondovalle, si può osservare, sulla destra, un complesso di grotte in gran parte franate, sulla sinistra, invece, si possono visitare le Grotte di Lintana. Esse sono caratterizzate da una grande spaccatura nella parete all'interno della quale sono state ricavate numerose grotte ben tagliate, quasi della stessa dimensione e vicine le une alle altre, che si suppone fossero delle cellette.

Riprendendo il cammino, si incontrano sulla destra i resti di un antico mulino ad acqua superati i quali si perviene alla Grotta di Sant'llarione, a circa un chilometro dal santuario. Nei pressi del ponte del mulino si apre un sentiero che, mediante una serie di gradini, la cosiddetta Scala Hylarionis, porta alla Grotta dell'Eremita. Durante la salita si arriva ad un modesto spiazzo dove è intaccata per terra una rozza croce e dal quale si gode un magnifico panorama della valle fino all'abitato di Ispica. La grotta, quasi a picco sulla valle e di difficile accesso, ha un'apertura rettangolare ben disegnata presso la quale sono visibili gli incavi per i pali usati, probabilmente, per la chiusura notturna. Al suo interno, di piccole dimensioni, si trovano molte nicchie. Verso le ultime propaggini della Cava (raggiungibili in auto) si trova la Catacomba di San Marco che, assieme ad altri piccoli ipogei, si apre sul fianco sinistro della valle alla base di uno strato calcareo di modeste dimensioni. 

La Catacomba ha una lunghezza superiore ai 40 m.; sulle sue pareti si aprono centinaia di locul. Nella vasta camera sepolcrale principale, posta alla fine del corridoio, tre lucernari di forma rotonda, che si aprono sul soffitto, permettono l'ingresso di fiotti di luce che conferiscono all'ambiente una luminosità quasi irreale. In questa grande camera sono stati ricavati anche dei sepolcri a "tegurium" e, al centro, un gruppo di tombe a sarcofago.

Lungo il corridoio centrale, ma anche ai lati della grande camera, si aprono degli arcosoli polisomi, contigui e paralleli al corridoio, in numero variabile da due fino a più di dieci.