Nicolosi
(Catania)

 

 

Il paese sorge alle pendici dell'Etna, a sud del Vulcano attivo più alto d'Europa, tra vari coni piroclastici, i più importanti dei quali sono i Monti Rossi e la collina di Mompileri. Il territorio comunale si estende fino alla sommità dell'edificio vulcanico. Ospita la sede del Parco dell'Etna.

Per la sua strategica e baricentrica posizione tra il mare ed il vulcano, Nicolosi rappresenta storicamente la "Porta dell'Etna" e così viene spesso anche identificato.

Deve probabilmente il suo nome al monastero benedettino di San Nicolò, situato nel suo territorio fin dal 1359.

Il luogo scelto fu quello dove era già esistente dal XII secolo un ospizio (hospitalem) per i monaci infermi, che aveva ospitato NEL 1341 la regina Eleonora d'Angiò che ivi spirò il 9 agosto di quell'anno.

Per tutto il periodo che precedette la conquista normanna (1061-1091), il territorio su cui in seguito sarebbe sorto il paese, era occupato da boschi. Ruggero I, conquistata la Sicilia dopo averne tolto il dominio agli Arabi, divise il territorio in feudi, che affidò in custodia sia ai soldati, che lo avevano sostenuto nell'impresa, sia alla Chiesa ed in modo particolare all'Ordine dei Benedettini. In questo modo egli ed i suoi successori poterono sfruttare con l'agricoltura il territorio e, nello stesso tempo, poterono controllare l'economia di tutta l'isola.

Nel 1092 la città di Catania ed i territori etnei furono affidati all'abate bretone Angerio da Sant'Eufemia. La parte del territorio etneo, su cui doveva in seguito sorgere e svilupparsi Nicolosi, fu affidata (non se ne conosce la data esatta) alla custodia e alla baronia di un certo Letho. Le pendici dell'Etna cominciarono a popolarsi di tanti monasteri, come quello di Santa Maria la Scala, di Santa Maria di Novaluce, di San Leone di Pannacchio, di Santa Maria di Licodia e di Santa Maria di Maniace.

Il monastero di San Leone fu il primo, fra questi, ad essere costruito nel 1136 per volontà di Enrico del Vastoconte di Policastro e principe di Paternò. Egli aveva sposato la figlia di Ruggero I, Flandina d'Altavilla, che gli portò in dote il feudo di Paternò. Nel 1156, mentre era re di Sicilia Guglielmo il Malo (1154-1166), il figlio del conte Enrico, Simone di Policastro, stabilì che il territorio affidato alla baronia del Lheto, passasse sotto la custodia del monastero di San Leone. Nel 1205 il monastero venne unito a quello di Santa Maria di Licodia, il quale, anche se era stato costruito nel 1143, era diventato sede abbaziale.

Questa situazione rimase tale fino al 25 luglio del 1359, quando - siamo ormai sotto la dominazione spagnola - Marziale, vescovo di Catania, con un documento denominato "Privilegio di Marziale" stabilì ciò che era stata volontà di Federico II d'Aragona e cioè che, presso la sede dell'Hospitalem di San Nicolò, si costruisse un vero e proprio monastero, dipendente anch'esso, come quello di San Leone, da Santa Maria di Licodia.

Benché già prima di tale data attorno all'ospizio si fossero insediate famiglie di pastori e di contadini, esse non costituivano ancora un vero casale. Dopo la sua costruzione, il monastero divenne a poco a poco prospero, ricco e importante così da superare quello da cui dipendeva e da diventare esso stesso sede abbaziale. Con questa trasformazione si rese necessaria una concentrazione stabile di personale. Le prime case si svilupparono quindi attorno al monastero: il borgo si divideva in tre quartieri; il meridionale denominato la Guardia, il settentrionale o del Piano e il centrale o della Chiesa.

Grazie al prestigio dei monaci benedettini, nonostante le frequenti traversie legate alla vicinanza del vulcano che frequentemente minacciava e devastava il paese con eruzioni e terremoti, sono documentate visite di personaggi illustri come la regina Eleonora (1358-1382) moglie di Federico II di Aragona ed in seguito della regina Bianca di Navarra che nel monastero lungamente soggiornò. Pare che proprio la presenza a Nicolosi della regina Bianca, nel frattempo diventata reggente vicaria del Regno di Sicilia, contribuì a tenere la popolazione unita nel corso della distruttiva eruzione del 1408.

Nel 1447 il borgo di Nicolosi fu infeudato dal principe di Paternò che lo amministrava per mezzo dei suoi procuratori residenti a Malpasso. Più tardi gli abitanti ottennero dal principe di avere un'amministrazione propria, pur restando dipendenti da Malpasso per gli affari di giustizia ed altro.

Nel marzo 1536 scoppiò una violenta eruzione vulcanica che distrusse parte delle campagne di Nicolosi e di Mompilieri. La lava seppellì il monastero di San Leone e le fertilissime terre vicine. Del monastero oggi non è rimasto altro che il ricordo del nome, tramandatosi nel tempo, e che fa chiamare quelle contrade terre di Santu Liu.

Anche il monastero di San Nicolò fu danneggiato. La lava toccò la cisterna a quattro bocche, che serviva nei periodi di siccità e parte del caseggiato. I monaci per ricordare l'evento affissero una lapide, sulla quale si legge: Ai 20 di marzo exit lo foco di la Muntagna. Appena un anno dopo, l'11 maggio del 1537, vi fu un'altra disastrosa eruzione. Le eruzioni del 1536 e del 1537 ed il successivo terremoto del 1542, oltre che continui attacchi di briganti, spinsero i monaci di San Nicolò ad abbandonare il monastero.

Nel 1558 ottennero dai loro superiori di Montecassino il permesso di costruire un loro monastero a Catania e quello di Nicolosi fu abbandonato.

Nel 1601 Nicolosi ottenne comunque la dignità sacramentale e quindi l'autonomia nella sfera spirituale da Mompilieri. Gli abitanti nel frattempo avevano ricostruito l'abitato in una zona più bassa, dove fu anche edificata la prima chiesa madre dedicata all'Immacolata, che fu successivamente sepolta dalle sabbie eruttive dell'eruzione dell'Etna del 1669 ed oggi si trova sotto gli edifici all'incrocio tra via Martiri d'Ungheria e via Catania.

L'eruzione, una delle più disastrose che le genti dell'Etna ricordino, ebbe inizio l'8 marzo con terremoti continui, prima lievi poi via via sempre più forti. La zona sismica interessava il territorio di Nicolosi, Pedara, TrecastagniMalpasso. I nicolositi preferirono rimanere all'aperto nella zona chiamata "Falliche" ad ovest del paese. Entro la giornata del 13 marzo era già stata distrutta Mompilieri e raggiunto il territorio di Mascalucia mentre sulla fenditura i piroclasti, anche di grandi dimensioni, avevano costruito l'impalcatura dei coni gemelli detti dagli abitanti "Monti della ruina" e in seguito chiamati Monti Rossi. L'eruzione cessò l'11 luglio 1669 dopo avere di fatto cancellato il paese; a nord ovest dei Monti Rossi si formò la Grotta delle Palombe, scoperta da Mario Gemmellaro nel 1823.

Poiché la popolazione locale rifiutava strenuamente il trasferimento nel nuovo centro di Fenicia Moncada assieme agli abitanti della vicina Malpasso, oggi Belpasso, la caparbietà dei nicolositi fu premiata con l'ottenimento dal principe di Campofranco (vicario del re spagnolo) del permesso di ricostruire il paese sul sito originario intorno al 1670-1680 e nel 1676 veniva accordata l'autonomia amministrativa mentre nel 1681, con 844 abitanti, Nicolosi poteva finalmente costituirsi in comunità autonoma. Fu quindi rapidamente sistemata, con licenza del vescovo Bonadies, la Chiesetta della Madonna delle Grazie, l'unica a non aver subito danni, e qui furono portati, il 18 agosto 1671 i Sacramenti della chiesa matrice (sotto il titolo dello Spirito Santo) della quale erano rimasti in piedi pochi muri.

Sia la chiesa madre che quella delle Anime del Purgatorio furono ricostruite nello stesso luogo e con parte del materiale precedente, mentre alla prima metà del '700 risale la costruzione della Chiesa di S. Maria delle Grazie, di quella della Madonna del Carmelo nonché di quella di San Giuseppe. Solo nel XIX secolo vennero edificate le chiese di S. Francesco di Paola, e la cappella dei ss. Cosma e Damiano. Si costruisce anche un collegio femminile ("collegio pel bel sesso, sotto il titolo di S.M. della Grazia").

L'Etna intanto il 26 aprile 1766 con un'altra eruzione, responsabile della formazione dell'apparato eruttivo dei Monti Calcarazzi, minacciò da vicino il paese, con danni ingenti al patrimonio boschivo. Cessato il pericolo, gli abitanti eressero i Tre altarelli. Sotto le tre arcate erano dipinte le immagini della Madonna delle Grazie, di S. Antonio di Padova e di S. Antonio Abate protettori del paese.

Nel 1812 il Regno di Napoli dichiarò decaduto il regime feudale. Iniziava un secolo di grandi innovazioni anche per Nicolosi.

Mario Gemmellaro, uno dei figli più illustri della piccola comunità, promosse ad inizio secolo una serie di opere pubbliche (nuove vie campestri, piazze, cisterne e l'installazione di un sistema di parafulmini sulle cime montuose che circondano la cittadina) e l'istruzione, introducendo nel 1821 le scuole lancasteriane prima che fossero istituite a Catania. Con la costruzione ad oltre 2.900 m di quota sull'Etna della "Casa degli Inglesi" (o di Gemmellaro) apriva e tracciava la strada per le future osservazioni sistematiche dell'Etna.

Il taglio dell'asse dell'odierna Via Etnea determinò negli anni trenta del secolo una rotazione nello sviluppo del paese e costituì una fondamentale svolta sia dal punto di vista urbanistico che economico. La via, ardentemente voluta da don Alvaro Paternò Castello, principe di Manganelli, Intendente della Val di Catania, fu dallo stesso progettata ed articolata in cinque tratti: il primo portava dal quartiere della Barriera del Bosco di Catania fino a Gravina di Catania il secondo da Gravina a Mascalucia, il terzo da Mascalucia a S. Rocco, il quarto da S. Rocco a Massannunziata ed il quinto da Massannunziata a Nicolosi. Speranza del principe di Manganelli era quella di prolungare la via ben oltre Nicolosi, fino all'Etna e precisamente alla Grotta del Monte Colombaro o Grotta degli Inglesi, con lungimirante volontà di dare un vigoroso impulso dal punto di vista turistico.

Una lapide commemorativa, ancora oggi affissa su uno dei due obelischi posti alla partenza della strada presso Barriera del Bosco, ricorda i lavori di realizzazione nel 1835. Una lapide simile doveva essere apposta su un monumento piramidale che segnasse la fine della strada stessa, all'ingresso del villaggio di Nicolosi presso il cimitero, ma a causa di problemi strutturali non risolti, furti e per gli alti costi, questo non fu mai realizzato ed oggi resta solo un cumulo di pietra lavica e la lapide quasi illeggibile per l'incuria.

Nonostante l'Etna terrorizzasse gli abitanti di tanto in tanto con scosse di terremoto più o meno lievi, dopo l'eruzione del 1766 poche altre eruzioni avevano minacciato molto da vicino il paese ed anche questo aveva contribuito ad un generale miglioramento economico.

Quando, il 17 marzo 1861 Nicolosi divenne comune del Regno d'Italia poteva finalmente definirsi "grosso villaggio". Sicuramente vi erano due alberghi, come riferisce J.J.E. Reclus in La Sicilia e l'eruzione dell'Etna nel 1865, divenuti in seguito tre ed apprezzati per la pulizia e per le comodità che vi si trovavano.

Nel 1886 il paese venne nuovamente minacciato da una colata lavica. Fu ordinato anche lo sgombero del paese, ma il braccio di lava si fermò a soli 100 m dalle prime costruzioni, e il 13 giugno (giorno del S. Patrono del paese, S. Antonio di Padova e della Pentecoste) gli abitanti ritornarono alle loro case. L'anno dopo venne restaurata la chiesa madre, distrutta dai terremoti. Come ringraziamento venne costruita la Cappella di Sant'Agata che ricorda il luogo in cui il beato cardinale G. B. Dusmet il 24 maggio aveva portato in processione il velo della patrona di Catania esortandola a salvare il paese e, benché la colata fosse in un tratto in discesa, il magma lavico si era arrestato immediatamente. Tra i testimoni dell'evento, il poeta catanese Giovanni Verga che poco dopo diede alle stampe la novella "L'agonia di un villaggio", ambientata proprio a Nicolosi durante l'eruzione.

Negli anni trenta del Novecento il paese ricevette un importante slancio turistico con l'inaugurazione della Via Ferdinandea che ne fa di fatto la Porta dell'Etna.

Agli anni cinquanta risale l'opera forse più importante: arrivava l'acqua potabile direttamente nelle case.

Gli ultimi decenni hanno visto una radicale trasformazione del paese che a poco a poco ha cambiato fisionomia; a ciò ha contribuito la realizzazione di opere nuove: l'operazione di sostituzione edilizia dei vecchi con nuovi fabbricati ed il processo di riempimento degli spazi non ancora edificati.

Dall'immediato dopoguerra, inoltre, i pendii sud-orientali dell'Etna sono diventati meta di villeggiatura estiva della popolazione catanese, che vi ha costruito le seconde case dalle linee architettoniche moderne e dai colori vivaci che mal si inseriscono nel paesaggio naturale ed agrario della montagna.

Durante i 131 giorni dell'eruzione dell'Etna del 1983 la stazione turistica di Nicolosi a quota 1910 m sul vulcano, venne pesantemente danneggiata dalle colate che con varie sovrapposizioni distrussero la funivia dell'Etna, impianti sportivi, vari ristoranti ed attività commerciali oltre che lunghi tratti della S.P. 92 per l'Etna nel tratto tra il paese ed il Rifugio Sapienza. Il centro stesso fu minacciato dal fronte lavico arrivato sotto quota 1100 m tra Monte San Leo e Monte Rinazzi. Nota anche per il primo tentativo al mondo di deviazione per mezzo di esplosivo della colata, questa produsse circa 100 milioni di metri cubi di materiale lavico.

Lo stretto legame tra il paese ed il vulcano che lo domina spiega il motto che troviamo contornato da ramoscelli di ginestra, il primo fiore della lava, sullo stemma ed il gonfalone municipale comunale: "SUBRIDENS OCELLUS CIVITAS FERVIDO MONTIS IGNE FACTA" (cittadina resa dal fervido fuoco del monte una gemma splendente).

Monastero di San Nicolò l'Arena

L'antico Monastero di San Nicola l'Arena, a pochi chilometri dal paese, fu edificato come ricovero per monaci infermi dei vicini monasteri di Santa Maria di Licodia e Monastero di San Leone del colle Pannacchio nei pressi di Malpasso, accanto ad una antichissima cappella rupestre anteriore alla fondazione del Monastero e che sorgeva in quel luogo per una spontanea formazione arenosa. In seguito alla nascita di alcuni cenobi vicini, l'allora Vescovo di Catania, Marziale, ordinò la costruzione del Monastero presso l'antico ospizio. Fu Federico II d'Aragona a volerne la costruzione in un posto "tanto bello e salubre".

Il Monastero divenne sede principale dei cenobi e prese il nome di San Nicolò la Rena per la devozione dei monaci al Santo e per la caratteristica terra sabbiosa (rena) che ricopriva la zona.

Il predominio del Monastero nicolosita sugli altri del territorio è databile intorno al 1359. Attorno al Monastero di sviluppò, probabilmente durante il XIV secolo, il borgo di Nicolosi. La comunità benedettina attirò una concentrazione stabile di persone impegnate in attività agricole e pastorali, i quali costruirono le loro case vicino al monastero, dando vita ad un vero e proprio borgo rurale che prese il nome di Nicolosi. L'ingresso dell'edificio era costituito da un piccolo portico, in parte ora distrutto, sulle cui pareti si potevano ammirare bellissimi affreschi. Un lungo sentiero, una volta fiancheggiato da mura merlate, portava al recinto del monastero al quale si accedeva attraverso un nobile arco barocco di pietra bianca, sulla cui chiave era scolpito lo stemma dell'edificio: tre pale sormontate da una stella caudata.

Sul portone d'ingresso principale campeggiava lo stemma dell'ordine benedettino, un libro con il motto "ORA ET LABORA".

Sopra si apriva il balcone a terrazza sul quale si affacciava l'appartamento dell'abate ed il lato meridionale del cortile era occupato, in parte, dal muro difensivo, oggi ricoperto di edera. A lato una cisterna a quattro bocche indispensabile nei periodi si siccità.

Quando il Monastero divenne Abbazia, qui si creò un austero centro di vita monastica in cui soggiornavano anche ospiti illustri appartenenti ai nobili casali dell'epoca quali la stessa regina Eleonora d'Angiò e viaggiatori desiderosi di avventurarsi nell'ascesa al cratere. Tra questi il poeta e critico inglese Samuel Taylor Coleridge, il biologo e naturalista emiliano, Lazzaro Spallanzani, il viaggiatore inglese Thomas Watkins, il romanziere e drammaturgo francese Alexandre Dumas nonchè il Re d'Italia e principe di Piemonte Umberto di Savoia che, all'alba del 2 luglio 1862, compì l'ascensione al vulcano insieme ai fratelli Amedeo Duca d'Aosta e Oddone duca di Monferrato.

Colpiti ed impauriti dal susseguirsi di eventi vulcanici del 1536-1537 e dai pericoli derivanti dalle incursioni predatorie di numerose bande di briganti i monaci nel 1545 chiesero il trasferimento a Catania dove fondarono in breve tempo il nuovo monastero di San Nicolò l'Arena. Da quel momento il monastero si avviò verso una progressiva decadenza, mentre lo sviluppo di Nicolosi continuò, nonostante il susseguirsi delle calamità naturali.

Il suo definitivo degrado avvenne con la soppressione degli ordini  religiosi, quando passò al Pubblico Demanio dello Stato per essere venduto ai privati. Fino a qualche anno fa restavano i ruderi, carichi di memorie del passato. Dal marzo del 2005 l'antico monastero etneo ristrutturato ospita la sede dell'Ente Parco dell'Etna.

Dal Monastero dei Benedettini di San Martino alle Scale (Palermo), come era nella mente e nel cuore dei Nicolositi, è nato il risveglio.

Da qui è giunto il piccolo gruppo dei Benedettini che, pur con diversa ubicazione del nuovo Monastero hanno fatto in modo che il 25 settembre 1994 fosse posta la prima pietra e, a due anni di distanza, il Monastero è stato edificato, in estrema semplicità.

L'inaugurazione è avvenuta il 25 settembre 1996 ed i Monaci Benedettini che vi vivono hanno riportato un clima di religiosità nuovo e profondo come il loro motto: ORA ET LABORA.

Chiesa Madre

Intitolata allo Spirito Santo, in stile barocco, presenta una navata unica e pianta a doppia croce latina, e tipica facciata rettangolare dalle spigolature in pietra lavica. 

Costruita su progetto del Vaccarini nella prima metà del '700 dopo gli eventi catastrofici del 1669 ed i successivi del 1693 che avevano praticamente distrutto la precedente costruzione che sorgeva tangente all'antica via di comunicazione con Belpasso e Pedara, incuneandosi nella grande curva che la strada doveva allora formare, custodisce all'interno pregevoli opere d'arte, tra cui un magnifico crocifisso ligneo del XVI secolo ed un coro ligneo del XVII sec. sormontato dai bassorilievi in gesso, opere di V. Torre, raffiguranti l' Ultima Cena. 

Sicuramente la chiesa doveva avere un aspetto simile alle altre "chiese nere" del territorio etneo, così definite per l'uso notevole della pietra lavica nelle decorazioni e nei cornicioni ma poi il prospetto cambiò alla fine dell'800 secondo il gusto della moda ottocentesca in arenaria bianca. 

Il campanile, invece, non ha subito modifiche rispetto al 1721 probabile data di costruzione. Si osserva che il campanile non costituisce parte integrante del prospetto ma si erge accanto in piena autonomia architettonica: presenta un doppio basamento in pietra lavica ed è attorniato a diverse altezze da tre cornicioni che segnano lo spazio rispettivamente dell'orologio, delle campane e della guglia. 

All'inizio della Quaresima, nella chiesa madre l'altare viene nascosto da una Tela che viene fatta cadere il giorno della S. Pasqua. 

La Tela databile al 1846 è stata cucita dalle “Pie Donne” di Nicolosi, è in lino ed ha una altezza di oltre venti metri nonché una larghezza di circa otto. È stata dipinta da Giuseppe De Stefani e rappresenta la Deposizione dalla Croce con colori dal turchese al blu oltremare.  

Chiesa S. Maria delle Grazie

Sin dal XVI sec. esisteva, nel luogo ove oggi sorge la Chiesa parrocchiale Santa Maria delle Grazie, una chiesetta, poco più grande di una cappella. Essa era dedicata alla Madonna di tutte le Grazie e fu l'unica a non subire danni negli eventi del 1669, tanto che, proprio qui, furono portati e conservati i paramenti sacri ed il S.S. Sacramento dalla chiesa madre. 

Della chiesetta originaria non rimane oggi che il sito, in quanto alla fine del secolo scorso la stessa fu completamente demolita, sacrificandola alla costruzione dell'attuale Chiesa (ciò è deprecabile perché essa costituiva l'unica testimonianza dei fabbricati anteriori al 1669). 

Lo schema planimetrico è, forse, da attribuire a maestranze locali e si caratterizza, come la Chiesa di S. Giuseppe, per la luminosità interna. Nella Chiesa si conserva una pregevole statua lignea settecentesca della Madonna delle Grazie e soprattutto, di particolare importanza, la statua lignea di S. Antonio Abate. Tale statua, policroma, databile, considerate le caratteristiche intrinseche ed estrinseche, alla prima metà del 1600, è un'autentica opera d'arte. Il Santo, dal volto scuro e scavato ad indicare le sue origini africane e le assidue privazioni, è seduto e maestosamente rivestito da vesti abaziali, contrariamente a come usava realmente. Si differenzia quindi notevolmente da quanto l'iconografia sacra ci offre riguardo allo stesso personaggio, di particolare rilievo quello dedicato a San Biagio, con un quadro rappresentante il martirio del Santo, da collocarsi nella produzione del tardo Seicento o del primo Settecento, ed altrettanto significativo l'altare dedicato al Cristo alla Colonna, ove è posta una statua in legno precedente il 1669.  

Luoghi d'interesse

Chiesa Anime del Purgatorio

Chiesa San Francesco  

Chiesa della Madonna del Carmelo - La Chiesa della Madonna del Carmelo (o Chiesa della Madonna del Carmine) è una Chiesa ubicata nella parte antica del paese e si innalza al culmine di una bella scalinata. Edificata nel 1724, venne intitolata alla Madonna del Carmelo

Chiesa di S. Giuseppe - Secondo alcune fonti, che considerano gli aspetti delle linee strutturali simili alla chiesa madre, l'architetto potrebbe essere il Vaccarini o un suo allievo, uno dei tanti che operarono a Catania dopo l'eruzione del 1669 ed il terremoto del 1693.

È certo comunque che le maestranze locali vollero nella Chiesa riproporre povertà, semplicità e luminosità, usando materiali poco pregiati ed infatti solo successivamente fu modificata la struttura interna grazie a donazioni dei devoti. Al suo interno si possono ammirare diverse tele risalenti alla fine del 1700 ed alcuni arredi sacri provenienti dal Monastero di S. Nicola.

Museo della civiltà contadina - Dedicato alle arti, usi e costumi degli abitanti appartenenti alla civiltà contadina del luogo. È possibile ammirare gli ambienti in cui si svolgevano le attività contadine. Il museo offre testimonianze del lavoro e della vita nelle campagne siciliane tra Ottocento e Novecento.

Etna - Nicolosi è una tappa quasi obbligata per tutti i turisti che vogliano raggiungere e visitare l'Etna, il più grande ed attivo vulcano d'Europa. Sono presenti piste da sci per gli sport invernali, una funivia panoramica fino a quota 2500 m ed è possibile arrivare fino alla bocca del cratere vulcanico, accompagnati dalle guide autorizzate. Con una cabinovia, 1 seggiovia, 3 skilift fino alla quota di 2.505 metri s.l.m. Nicolosi vanta la stazione sciistica più a sud d'Italia.

Sentiero della Regina (Eleonora D'Angiò) - Percorso sito tra gli alberi e le rocce vulcaniche di circa 2,5km con una pendenza massima di 52m che si snoda dall'antico monastero al moderno monastero benedettino "G. B. Dusmet" situato in prossimità dei Monti Rossi. Il sentiero mostra una parte dell'antica strada che Eleonora D'Angiò, regina di Trinacria, percorreva dalla sua residenza estiva di Malpasso (oggi Belpasso) fino al vecchio monastero dove soggiornava e pregava insieme ai monaci benedettini.  

I Tre Altarelli

Altarino Sant'Agata

Altarino S. Antonio Abate alla Sciara

Monastero Benedettino G. B. Dusmet

Monumento a Goethe

Museo vulcanologico dell'Etna

Pineta di Nicolosi

Monti Rossi

Funivia dell'Etna

Crateri Silvestri del Monte Etna