Pietraperzia (Borgo)
(Enna)  

   

Pietraperzia, piccolo comune in provincia di Enna, con i suoi appena 7000 abitanti, è un antichissimo borgo ricco di storia, di cultura e di tradizioni. Piccolo borgo medievale dalla storia millenaria, abitato da sicani, siculi, greci, romani che hanno lasciato segni del loro passaggio. L'epoca aurea per Pietraperzia però è stata quella del sedicesimo secolo quando i Barresi,  baroni della città, assursero prima alla dignità di marchesi con Matteo III Barresi, fondatore di Barrafranca (1529), e poi di principi con Pietro Barresi (1564).  

Il toponimo Pietraperzìa, pronunciato con l'accento sulla vocale i, deriva forse dal francese pierre percée, «pietra forata», a sua volta calco d'un nome arabo, attestato nel geografo Edrisi e significante appunto «sasso forato».  

Originariamente, Pietraperzia venne abitata dai sicani che da lì controllavano tutta la vallata prospiciente dell'Himera meridionale, oggi fiume Salso. La località, trovandosi su un'altura e affacciandosi verso Sabucina e verso Capodarso, risultava difendibile e strategica sotto molti aspetti. Successivamente, con l'arrivo dei Siculi, verso fine del II millennio a.C., i Sicani dovettero abbandonare Pietraperzia e trasferirsi al di là del fiume Himera meridionale. I Siculi, arrivati intorno al XII-XI sec. a.C. erano giunti in Sicilia dal centro Italia, attraverso la Bruzia ed erano più progrediti e meglio organizzati rispetto ai Sicani. Avevano un passato epico e glorioso fatto di mare, agricoltura, guerre e città che loro stessi fondavano ovunque si spostavano. I Siculi sapevano coltivare il grano ed erano devoti al culto di Demetra, dea delle messi.

Secondo alcuni, Pietraperzia potrebbe essere coincidente con l'antica Petra, citata da Cicerone nelle Verrine e deve ai Romani il suo nome. Per sua storia e la sua evoluzione furono importanti e significativi i Normanni, guidati dalla nobile famiglia Barresi. Abbo Barresi, il capostipite della famiglia Barresi, edificò il Castello Normanno di Pietraperzia.

Lo scultore Antonello Gagini realizzò nel 1523 per la famiglia Barresi i sarcofagi marmorei custoditi nella navata sinistra della chiesa di Santa Maria Maggiore di Pietraperzia e nel 1527 alcuni preziosi manufatti marmorei per il Castello, oggi in via di degrado.

Palazzo del Municipio

Ex convento dei Domenicani (1520), lo stabile, la cui architettura è di composizione gotica, dopo l’espropriazione da parte del governo, fu ristrutturato e ceduto in affitto al “Circolo dei Galantuomini”, un’associazione della borghesia locale sorta dopo il 1870 con lo scopo di garantire i privilegi borghesi dalle rivendicazioni dei contadini e degli artigiani. 

Divenuto simbolo della borghesia imperante, durante la rivolta dei fasci siciliani (1890), l’edificio venne dato alle fiamme e tutti gli arredi andarono perduti. Ristrutturato nuovamente, oggi l’ex convento dei Domenicani è adibito ad ufficio Anagrafe del municipi.

Teatro comunale Regina Margherita

Si trova in piazza Vittorio Emanuele e presenta una bella e armoniosa facciata stile risorgimentale, la cui costruzione venne avviata nel 1927. Le sculture dei mensoloni, dei portali e dei mascheroni furono eseguite dallo scultore Matteo Di Natale. Il teatro, durante, l’ultima guerra, a causa dei bombardamenti subì gravissimi danni. Nel 1946 venne riadattato a sala cinematografica.

Chiesa madre di Santa Maria Maggiore

La chiesa venne edificata nella seconda metà del 1500 ma non fu mai definitivamente completata. Cinquecentesca, sorge sull'area dove sorgeva una chiesa normanna che Matteo Barresi, marchese di Pietraperzia, fece abbattere nel 1530, per costruirne un'altra che incorporò alla precedente. La costruzione non fu mai finita. 

La chiesa è a croce latina non sporgente e le sue tre navate sono a botte, con archi a pieno centro poggianti su pilastri con cappelle laterali. Il soffitto è a botte, arricchito di cassettoni in stucco con rosoni e fogliami. L'interno è molto curato nelle decorazioni parietali e vi è un imponente colonnato. 

ChiesaSantaMaria Cripta.jpg (283622 byte)Nella navata di sinistra c’è un sarcofago in marmo, di forma ovale posto sul dorso di leoni, che racchiude le spoglie mortali di Dorotea Barresi. Tra la porta centrale e quelle laterali sono situati altri due sarcofaghi: uno con le spoglie di Pietro Barresi, l'altro le spoglie della moglie Laura. 

Nella sacrestia si possono ammirare alcuni resti architettonici della precedente parrocchia, di stile romanico del XII sec.

Sotto la Matrice nella parte destra vi è la Caterva, che in origine era la cripta della vecchia parrocchia risalente al periodo greco-bizantino. Vi si ammira un prezioso crocifisso di stile greco, in oro zecchino.

Chiesa della Caterva o Cateva

Si possono notare alcuni muri dell’antica chiesa cinquecentesca che formavano la parte absidale. La chiesa trecentesca era stata fatta abbattere dal marchese don Matteo Barrese, verso il 1500 per costruirvi sulla stessa area una nuova chiesa, resasi anche questa pericolante nel 1799 venne abbattuta e costruita la presente. Purtroppo della chiesa trecentesca non si è salvato nulla.

L’attuale chiesa, dovette essere la cripta della chiesa cinquecentesca, e le due torri esterne erano le torri campanarie e dell’orologio che fu fatto abbattere nel 1899

All’interno della chiesa si possono ammirare sulla volta gli stucchi dorati dell’antica chiesa. Originariamente questa cripta era chiamata delle “anime sante” e si venera ancora un crocifisso di stile bizantino. 

Il 7 febbraio 1992, il crocifisso venne rubato, ed abbandonato vicino ad un cassonetto dei rifiuti nel quartiere Terruccia, dove il parroco don Viola lo recuperò.

Chiesa di Santa Maria di Gesù

La chiesa esisteva in dimensioni ridotte rispetto alle attuali, molto prima della venuta dei Minori nel 1635 con il titolo di Santa Maria dell'Itria. I frati minori la ampliarono intitolandola a Santa Maria del Gesù. Si conserva ancora l'antichissima immagine dipinta sulla lavagna in ardesia attualmente custodita in sacrestia. 

I frati Minori, stabilitisi a Pietraperzia ampliarono la chiesa affidando i lavori al muri-fabbro locale Luca Valera che la edificò nella forma attuale a una navata con volta a botte. 

Da allora la chiesa assunse il nome di S. Maria del Gesù probabilmente per il fatto che la stessa era annessa al Convento francescano di S. Maria del Gesù. 

Oggi è anche sede della confraternita del Preziosissimo Sangue e dell'antica e suggestiva celebrazione di l'Ancuntru che si svolge a mezzogiorno nel giorno di Pasqua al centro della Piazza principale del paese, dopo quell'esitazione che porta i due personaggi ad andare uno incontro all'altro ed indietreggiare per tre volte.

Chiesa di San Domenico e del Rosario

croce greca, risalente al XV secolo. La chiesa, edificata tra 1400 e il 1500 per volere della famiglia Barresi, venne dapprima dedicata alla Madonna Annunziata e, successivamente, dopo essere stata affidata ai padri domenicani, venne dedicata alla Madonna del Rosario. Di notevole interesse architettonico-monumentale sono la struttura e gli interni che presentano un altare centrale e due altari nei rami laterali più la volta ad arco. La chiesa è tra le più antiche del paese poiché anteriore al ‘500.

 Nel 1521 Matteo Barresi vi fece costruire accanto, il Convento di San Domenico, che, dopo il 1866 divenne il Municipio della città. Ai Padri Domenicani si deve la commissione della statua della Madonna del Rosario, ora custodita nella chiesa della Madonna delle Grazie. Al suo interno è sepolta la nobildonna Leandra Sant’Angelo.

Chiesa di San Rocco

ChiesaSanRocco.jpg (232504 byte)La chiesa fu dedicata a San Rocco dopo il 1624 quando in preda alla carestia e alla peste la popolazione si rivolse al santo ricevendone la grazia. San Rocco in quell’occasione fu proclamato patrone di Pietraperzia, al posto di San Nicolò di Bari

All’interno è possibile ammirare una tela dell’Immacolata con San Rocco, e San Sebastiano, d’autore ignoto; alcune statue lignee, come quella di San Rocco, dell’Immacolata, San Sebastiano ed un crocifisso.

Chiesa e convento del Carmine

La chiesa mariana annessa al convento, anticamente era chiamata del Soccorso e apparteneva ai carmelitani che vennero ad abitare il convento e vi rimasero fino all’anno 1667. Sull'altare della chiesa è posto un grande quadro raffigurante la Madonna del Soccorso. L’altare è dedicato alla Vergine. La chiesa, che a Pietraperzia è intitolata al Santo Carmine, un tempo era dedicata alla Madonna del Soccorso e ha origini molto antiche. 

Il nome è stato imposto dal popolo pietrino perché fu affidata ai Carmelitani e perché ogni mercoledì della settimana vi si celebrava un culto speciale dedicato alla Madonna del Carmelo. In questa chiesa si conservano una statua di Maria SS. del Soccorso, in legno, una di S. Biagio, pure in legno, opera d’artigianato locale, tre pale: la Madonna del Soccorso secolo XVI, S. Biagio, S. Rocco, S. Agostino e l’Incoronazione della Vergine e S. Liborio, oltre a un prezioso crocifisso ligneo del 1300. Le tele sono tutte d’autore ignoto del 1700. 

La chiesa a Pietraperzia oggi è nota perché vi si conserva il crocefisso portato in processione il Venerdì Santo. Trattasi di una croce alta più di 8 metri che viene portata fuori al tramonto, affinchè i fedeli possano annodarvi fasce di tela bianca lunghe oltre 30 metri e, sorreggendole, accompagnare la sacra processione. Di grande suggestione è l'effetto notturno dei lini che, alla luce delle fiaccole, sembrano illuminarsi di un candore soprannaturale, sospeso sul quale il Cristo pare librarsi miracolosamente.

 

Santuario della Madonna della Cava  

Molto sentita è la devozione dei pietrini nei confronti della Madonna della Cava, ubicata poco distante nell'omonima contrada di campagna. Si racconta che la contrada Cava prese nome dal leggendario ritrovamento in una cava dell’immagine della Madonna (dipinta su una lastra di pietra arenaria), da parte di un muto trapanese, prima del 1223

Nell’istante del ritrovamento il muto riacquistò la parola lodando ad alta voce Maria. In questa circostanza s’invitano parenti, amici e conoscenti perché vadano ad onorare la Madonna. Il sabato mattina, con la presenza di una delle bande musicali della città, ci si avvia in processione verso il santuario rurale, ponendo alla testa della processione il palio della Madonna. Giunti al santuario, si celebra una solenne liturgia eucaristica. La manifestazione di fede si conclude con una processione per alcune vie dell’abitato.

Pietraperzia custodisce una leggenda che riguarda il Santuario della Madonna della Cava, situato nell’omonima contrada di campagna. Si dice infatti che la chiesa sia nata sul luogo in cui nel 1223 un giovane pastorello muto ha rinvenuto, in una grotta, l’effige della Vergine apposto sulla pietra. Appena ebbe la visione, il pastore riacquistò la parola e corse ad avvisare la cittadinanza di Pietraperzia e i sacerdoti: tutti cercarono di prelevare in qualche modo il miracoloso dipinto, ma ad ogni sforzo l’effige si rompeva, ricomponendosi subito dopo. Fu il segno divino che l’immagine della Madonna doveva rimanere in quel luogo, dove difatti in seguito fu eretto il santuario.   

Palazzo del Governatore

Questo monumentale palazzo stile rinascimentale sorge in piazza del Carmine e vi si possono ammirare una grandissima balconata d’angolo sorretta da mensoloni in pietra arenaria come i portali, con sculture antropomorfe e fogliami. Non se ne conosce la data d’erezione e tanto meno l’architetto, ma è dato pensare essere opera di maestranze locali. 

Al Palazzo del Governatore, nome con cui è conosciuto il monumentale edificio, si accede dal lato ovest. L’androne era formato con colonne; che ancora si ammirano nelle pareti. 

La scala, che porta sopra, è molto bella, e nella seconda rampa s’apre ad un cortiletto a destra da cui prende luce, tramite graziose colonnine. 

Il portale d’ingresso è quattrocentesco. Gli stipiti, l’architrave e la soglia, in pietra scura, danno un aspetto severo e di bell’effetto architettonico. 

L’anticamera, come le molte altre stanze, sono pavimentate in cotto smaltato, forse della stessa epoca. In questo palazzo sedevano il Capitano di Giustizia, il Governatore ed altri notabili, per curare gli interessi del popolo e del principe. 

Uscendo dal Palazzo del Governatore, sulla destra si può ancora ammirare l’avanzo di un arco; fa pensare che fosse la porta di recinzione delle mura medievali del castello.  

Palazzo della Principessa Deliella

Progettato dall’architetto Ernesto Basile, oggi sede della Cassa Rurale ed Artigiana fondata nel 1908. Questo edificio in pietra arenaria rossa e uno dei più belli palazzi di Pietraperzia.

 Lo stile è neoclassico, a differenza di quelli disegnati in stile liberty dal Basile, ha bei balconi, sorretti da massicci mensoloni ornati, così come le finestre, da graziosi timpani che ben s’armonizzano con tutta la facciata.

Castello Barresi - Branciforte

La costruzione del castello Barresi di Pietraperzia è da far risalire all’arrivo dei normanni in Sicilia, fu infatti un milite francese di nome Abbo I Barresi sub feudatario degli Aleramici che ne avviò la costruzione. Il castello fu edificato su alta rocca che domina la valle dell’Imera già in passato occupata da insediamenti che vanno dall’età preistorica a quella araba. Duranti gli anni dei Vespri Siciliani nel 1282 i Barresi si allearono con gli aragonesi contro gli angioini, tuttavia nel 1295 rifiutarono l’alleanza per schierarsi con i francesi. A seguito di questo tradimento il castello subì una prima parziale distruzione da parte delle truppe del re Federico II d’Aragona.

Con la fine della guerra dei novant’anni il castello fu espropriato ai Barresi e fu dato ai De Verga per finire al demanio nel 1298; solo nel 1320 la famiglia originaria lo riottenne. Durante gli anni del demanio il castello era parzialmente caduto in rovina, Abbo IV Barresi, nuovo proprietario, iniziò un completo restauro con la costruzione di un grande torrione quadrangolare. Nel XV sec. il castello subì ulteriori modifiche e ampliamenti con la costruzione di una cinta muraria più grande e più robusta munita di torri angolari e circolari. Fu quindi Giovanni Antonio Barresi a voler trasformare alla fine del XV sec. il castello in una lussuosa residenza per sé e la moglie. I lavori si protrassero fino al 1526 con l’aggiunta di nuove fabbriche e un sistema di grotte. Importante fu l’aggiunta di un cortile interno e l’ampliamento degli ambienti interni che si narra raggiungessero il numero considerevole di 365 stanze. Ciò rese il castello come una delle più grandi e ricche residenze di Sicilia.

Il castello fu anche epicentro di cultura e arte, gli stessi Barresi si applicavano nello studio dell’astronomia e della musica. Pietro Barresi fu uno degli ultimi rappresentanti della famiglia proprietaria del maniero egli partecipò alla battaglia di Lepanto nel 1571 contro i Turchi. Dopo il 1571 i Barresi non vi abitarono più e il castello fu utilizzato come residenza di governatori e capitani e ciò portò ad un progressivo decadimento e ad una grave crisi sociale dell’interno borgo.

Intorno alla metà del ‘700 divenne anche luogo del noto brigante Testalonga che successivamente fu catturato e impiccato a Mussomeli.

Il lento declino proseguì nei successivi due secoli, molte fabbriche diroccarono mentre il nucleo centrale resistette tanto che Donna Caterina Branciforti ne abitava un appartamento al piano nobile sopra la cappella.

Tra gli ultimi utilizzi fu anche quella di carcere durante il periodo borbonico fino al 1906. I prigionieri erano detenuti in condizioni disumane all’interno dei sotterranei.

Successivamente fu utilizzato come lazzaretto per l’epidemia di vaiolo.

Per tutto il secolo ‘900 le fabbriche rimanenti furono adoperate come cava per le costruzioni delle vicine abitazioni danneggiando ulteriormente le strutture superstiti.  

Da alcuni documenti s'è potuto rivelare che il perimetro del castello originariamente racchiudeva un'area di circa 20 000 m². Le mura avevano uno sviluppo di metri 1.130 ed erano alte in alcuni punti, oltre 4 metri. Lungo di essi si elevavano diverse torri e bastioni di cui non è rimasta traccia, ad eccezione dei resti della Corona del Re, della Torre Quadrangolare dell'ingresso (andata distrutta per far posto al serbatoio dell'acqua potabile nel 1938). 

Si dice che "la lunghezza del castello era di palmi 452 (m. 120), l'altezza era di palmi 122 (m. 29,56) senza contarvi lo spessore delle mura". Ballari dice che l'area del castello era di m² 12,600, cosa in verità assai più verosimile alla realtà. 

Si narra che il Castello di Pietraperzia contasse ben 365 camere, tante quanti sono i giorni dell’anno: pare poi che le stanze fossero distribuite su quattro piani (quattro come le stagioni) e che dalle eleganti mura merlate del castello svettassero 12 torri, tante quante sono i mesi.

Come quasi ogni castello nel mondo, anche quello di Pietraperzia ha la sua triste leggenda, che viene collocata all’incirca nel corso del regno di Federico II di Svevia (dunque tra il 1194 e il 1250).

I racconti narrano che un giorno tre fanciulle decisero di introdursi nelle segrete del Castello, con la speranza di trovare un tesoro o comunque qualche oggetto di valore. Essendo le prigioni molto ampie ed estese, le donne portarono con loro una candela ciascuna e uno spago: questo filo le avrebbe permesso di intrufolarsi nel buio delle segrete senza perdersi.

Le fanciulle diedero vita a una sorta di processione di luce e per un po’ le cose procedettero lisce: ad un tratto però una delle donne fu distratta da un luccichio in un angolo buio e la candela che recava in mano incendiò lo spago che la legava alle altre donne. Senza più il loro “filo d’Arianna”, le tre fanciulle rimasero nelle segrete del Castello Barresio senza poterne più uscire: essere a conoscenza di questa leggenda, rende i ruderi di questo castello dal grandioso passato ancora più sinistri, pensando magari alle anime disperate di quelle donne sepolte vive nei sotterranei.  

Siti archeologici

Esistono insediamenti umani da oltre 5 000 anni, documentati da ben 50 siti preistorici sparsi per il suo territorio. Tra gli insediamenti risalenti ad epoca antichissima, riveste particolare importanza quello esistente in località Cuddaru d'Crastu (Tornabé-Mercato d'Arrigo), una fortezza in parte intagliata nella pietra che ha restituito ceramiche della Cultura di Castelluccio.

La piramide sicana o di Cerumbelle è una piramide di 12 metri con struttura a gradoni probabilmente costruita per adorare divinità solari. Si pensa risalga al neolitico e che sia stata modificata nel medioevo, ma non vi sono scavi archeologici sufficienti per avere certezze.

In contrada Balati si trova un divano di pietra forse collegato alla vicina piramide.