Gangi (Borgo)
(Palermo)

 

 

   

Tra i borghi più poetici che introducono alla Madonie, Gangi si adagia sulla cima del Monte Marone, in spettacolare posizione panoramica a circa 1000 metri di altezza.

Nel territorio di Gangi i ritrovamenti più antichi risalgono alla età del bronzo antica, nell'epoca caratterizzata dalla cultura di Castelluccio, come testimoniato da necropoli costituite da tombe a grotticella rinvenute nel sito di Serra del Vento e nelle contrade Regiovanni e Zappaiello, a circa dieci chilometri dall'attuale centro abitato. A lungo fu identificata con la leggendaria città cretese di Engyon. Accreditati eruditi, studiosi di ieri e di oggi collocano Engio proprio dalle parti di Gangi (località di Gangivecchio o di Monte Alburchia). 

Alcune evidenze archeologiche appaiono confermare ciò. Un'accreditata storiografia, di lunga data, scrive della distruzione del paese avvenuta nel 1299 per opera di Federico III durante la guerra dei Vespri. Fu ricostruita su un monte vicino: il Marone. I primi documenti storiografici attestano l'esistenza di Gangi (allora ubicata nel sito originario di contrada Gangivecchio) nel XII secolo. Fu poi compresa nei possedimenti della contea di Geraci: nel 1195 Enrico VI di Svevia, che nell'anno precedente aveva sottomesso la Sicilia e ne era stato incoronato re, assegnò alla famiglia de Craon, nella persona della contessa Guerrera, le divise pertinenti alla contea, i cui confini furono definiti includendo il territorio di Gangi. Dal XIII secolo la contea di Geraci passò sotto la dominazione dei nobili Ventimiglia.

Dalla fine del XV secolo, Gangi, come il resto della Sicilia ormai parte dell'Impero spagnolo, fu soggetta all'Inquisizione. Qui fu torturato e giustiziato il priore dei benedettini di Gangivecchio.

A metà del XVI secolo i censimenti e i riveli indicano un numero di circa 4 000 abitanti, un migliaio di abitazioni e altrettanti nuclei familiari. Nel 1572 circa fu fondata la compagnia dei Bianchi che accoglieva gli elementi socialmente ed economicamente più in vista della società gangitana.

Nel 1625 un esponente della famiglia Graffeo Maniaci, acquistò dai Ventimiglia il territorio di Gangi, ottenendo nel 1629 il titolo di Principe di Gangi per concessione di Filippo IV di Spagna. Il titolo rimase ai Graffeo fino al 1652, quando passò per dote matrimoniale al principe di Valguarnera, la cui casata conservò il titolo fino al XIX secolo. Nel Settecento furono fondate delle Accademie. La più nota fu quella degli Industriosi interna al mondo massonico. Fu costruita la Chiesa della Badia annessa al monastero delle benedettine su progetto di don Cataldo La Punzina arciprete della Chiesa di San Nicolò. Dal punto di vista socioeconomico si comincia a diffondere l'enfiteusi riguardante anche alcune terre della chiesa.

Il 1º gennaio 1926 il prefetto Cesare Mori compì quella che probabilmente fu la sua più famosa azione, e cioè quello che viene ricordato come l'assedio di Gangi, roccaforte di numerosi gruppi criminali. Con numerosi uomini dei Carabinieri e della polizia fece rastrellare il paese casa per casa, arrestando banditi, mafiosi e latitanti vari. I metodi attuati durante quest'azione furono particolarmente duri e Mori non esitò a usare donne e bambini come ostaggi per costringere i malavitosi ad arrendersi.

Visitare il borgo

Gangi, piccolo paese che sorge su di un promontorio è diventato famoso in tutto il mondo dopo la nomina a borgo più bello d’Italia. Tra i più rinomati e attesi eventi dell’Isola, l’allestimento del meraviglioso presepe vivente, che attira migliaia di turisti.

È un piccolo gioiello ricco di testimonianze storiche e di tradizioni che trova le sue origini nella mitica città di Engyon, che, secondo leggenda, fu fondata dai Cretesi vicino alla fonte d’acqua omonima.

Poco fuori dall’abitato, costruito nel folto reticolato di trazzere limitrofe, ecco il Santuario dello Spirito Santo che porta con sé la leggenda della miracolosa effige del Padre Eterno dipinta su un masso ritrovata da un contadino, oggi posta all’interno di una nicchia dell’edificio in stile barocco. Addentrandosi per le vie del paese la Torre dei Ventimiglia, famiglia signorile nota in epoca medievale, costruita in diverse fasi a causa dei continui cedimenti strutturali che, si racconta, provocassero le ire del Conte Ventimiglia. Leggenda a parte, la torre presenta uno stile raffinato: è suddivisa in tre ordini e sormontata da un orologio settecentesco, inglobato alla Chiesa di San Nicolò, il duomo di Gangi. Questa chiesa, voluta dai Cavalieri Gerosolimitani, ospita le opere dello Zoppo di Gangi, noto artista locale e autore di molte altre opere sparse nei paesi vicini. L’identità dello Zoppo rimane ancora oggi misteriosa.

Da scoprire i due palazzi nobiliari: Palazzo Sgadari, che prende il nome da una delle famiglie più importanti del paese, oggi custodisce le sale del Museo Archeologico, ricco di reperti ritrovati in zona, la Pinacoteca Gianbecchina, il Museo delle Armi e infine il Museo Etnoantropologico, piccolo gioiello che espone oggetti del ciclo del pane e della pastorizia parte integrante dell’economia del borgo.

L’altro palazzo è il vicino Palazzo Bongiorno: ed ecco la nobiltà architettonica settecentesca di Gangi in tutto il suo splendore estetico! Residenza della famiglia Bongiorno, il palazzo fu un importante centro di cultura. Il suo aspetto è contraddittorio: l’esterno è ruvido, grezzo, realizzato in pietra viva, con balconi in ferro battuto, l’interno invece è un vero e proprio tripudio di soffitti, pareti stuccate e affrescate secondo lo stile barocco e neoclassico.

Arrivando alla sommità dell’abitato ecco elevarsi il Castello nato come residenza dei Signori Ventimiglia ed esempio di architettura tardo medievale.

Molti i cibi da provare durante le varie festività. A Pasqua è consuetudine consumare u fasciddatu, tipo di pane il cui impasto è realizzato con acqua, semola, lievito naturale e lievito di birra: la forma a cerchio decorata di 45/50 cm è lavorata manualmente e raggiunge il peso di 2 Kg. Per la festa di S. Isidoro è d’obbligo l’assaggio del latte appena munto e dei taralli, dolci tipici gangitani, fatti con uova, zucchero e farina. A Natale la tradizione impone la cucchia, un dolce in pasta frolla ripieno di mandorle, uva passa e fichi secchi.

In autunno, in occasione della vendemmia si consumano i mastazzola, dolci di zucchero, farina e mosto bollito. Nel periodo dei fichidindia vengono consumati i mastacuttè, dolci di farina, zucchero e succo di fichidindia.  

Duomo di San Nicola di Bari

Il duomo di San Nicola di Bari è il principale luogo di culto ubicato nella piazza San Nicola di Bari nel centro storico di Gangi.

Opinioni in controtendenza definiscono la costruzione intitolata a San Nicolò di Bari fin dalle origini, unica parrocchia e chiesa madre del borgo in epoca normanna.

I simboli araldici (guerriero sulla torre) riconducibile ai Ventimiglia, il grifone alla famiglia Graffeo, le tre stelle dei Bongiorno, quelli degli esponenti della contea e marchesato di Geraci rimandano a nuclei e rami genealogici che in Sicilia affondano le loro radici alla riconquista normanna.

Tuttavia, in assenza di fonti documentali certe e riscontri oggettivi attendibili l'ipotesi delle origini sotto il regno degli Altavilla non trova fondamento.Infatti, l'arabo-normanna Maqara, in realtà Beqara (dall'arabo beqqar, cioè "vaccaro", "bovaro", secondo l'interpretazione di Amari)non sorgeva sul Marone , sito dell'odierna Gangi, ma in altro luogo (per molti, è l'interpretazione più accreditata, contrada Vaccara-Casalini nei pressi di Sperlinga e Nicosia, in alternativa in una montagnola prospiciente Gangi, c.da Balate). Sul Marone, infatti, non è mai esistita una Maqara-Gangi normanna [M. Siragusa, "La storia di Gangi", Palermo,Bompietro-Locati, 500 g, 2017].

Nel 1429 la Torre dei Ventimiglia, divenne in breve campanile adiacente al tempio: il pinnaculum. La costruzione era indicata come "ecclesie sancti Nicolai maiori ecclesie di terre". Un pinnacolo gotico è documentato in luogo della primitiva cupola.

La pinnata - porticato coperto al piano terra che si sviluppava lungo il fianco meridionale della chiesa - costruita a ridosso di San Nicolò costituiva il cuore commerciale e politico del borgo insieme al castello trecentesco. Il consiglio cittadino, si riuniva proprio sotto la pinnata, e prima di allora, all'interno della chiesa come attestavano documenti conservati presso il locale archivio storico comunale.

L'edificio è documentato ad una sola navata, più corta e più stretta di quella odierna, intersecata da transetto con cappellone del presbiterio e bracci dotati di absidi circolari. Esternamente presentava il prospetto a capanna, col tetto a due falde sorretto da capriate lignee.

Secondo il contratto d'opera datato 27 settembre 1654 il Magister Lucas Morina oriundus Terre Militelli et habitator Civitatis Nicoxie fu autore del portale cieco, impropriamente detto di San Sebastiano, manufatto collocato sul prospetto in corrispondenza della navata sinistra.

È probabile che la piccola edicola marmorea - e con essa il culto di San Sebastiano - abbia avuto origine dopo la grave epidemia di peste che nel 1422 sconvolse gran parte della Sicilia.

Con gli adeguamenti post-conciliari assunse impianto basilicale a tre navate con pianta a croce latina, subendo l'allargamento verso la piazza e un allungamento lungo l'asse longitudinale che la portò a inglobare la possente e vetusta torre, divenuta così parte integrante dei fabbricati. La cupola sulla crociera risulta documentata intorno al 1680.

Seguiranno continui rinnovamenti architettonici, in gran parte sotto la direzione dell'architetto gangitano Gandolfo Felice Bongiorno:

- 1736 - 1737, riconfigurazione del coro con un apparato decorativo in stucco, ornamenti al presente non più esistenti;

- 1738 - 1740, installazione del nuovo organo affidato al palermitano Michele Andronico.

Riconsacrazione alla presenza delle maggiori autorità del tempo (il vescovo di Cefalù Domenico Valguarnera, i principi Valguarnera, l'arciprete La Punzina.

- 1748 - 1750, realizzazione della nuova sagrestia, sopra il nuovo bastione dietro il transetto destro;

- 1758, decorazione a fresco dell'Oratorio del Santissimo Sacramento e dei Cappuccinelli, opera del pittore palermitano Crispino Riggio;

- 1773 - 1779, si annoverano nuovi interventi che comportarono il rifacimento della cupola, compito affidato a mastro Francesco Lo Cascio, a mastro Nunzio Pirrone da Tusa e al gangitano Mariano Castello, sotto la direzione di Gandolfo Felice Bongiorno.

La primitiva cupola settecentesca maiolicata fu sostituita - per ragioni statiche - dall'attuale cupola rivestita in lamine di piombo e rame.

ESTERNO

- Torre dei Ventimiglia oggi campanile.

- Nella controfacciata è realizzata la cantoria con organo.

INTERNO

Navata destra

L'ambiente è contraddistinto da profondi vani che costituisco delle vere e proprie cappelle chiuse su tre lati.

- Prima campata.

- Seconda campata

- Terza campata

- Quarta campata

-Quinta campata  

Navata sinistra

L'ambiente è contraddistinto da altari o nicchie parietali realizzate in arcate.

- Prima campata

- Seconda campata: Cappella di San Francesco d'Assisi. Nella nicchia è custodita la statua raffigurante San Francesco d'Assisi.

- Terza campata

- Quarta campata: Cappella delle Anime PurgantiMaria libera anime purganti, dipinto attribuito a Crispino Riggio, opera realizzata nel 1731.

Pulpito ligneo addossato alla colonna.

- Quinta campata: Cappella di San Sebastiano. Nella nicchia è custodita la statua raffigurante San Sebastiano.

TRANSETTO

- Absidiola destra: Cappella della Madonna del Rosario. Al centro la statua marmorea raffigurante la Madonna del Rosario. A sinistra San Domenico di Guzmán, a destra San Vincenzo Ferreri, statue lignee, opere di Filippo Quattrocchi, realizzate nel 1797.

Braccio destro.

- Absidiola sinistra: Cappella del Santissimo Sacramento.

Braccio sinistro.

PRESBITERIO - Gradinata a due rampe con balaustra in marmo realizzata dal marmoraro catanese Lorenzo Viola, morto a Gangi e molto verosimilmente sepolto in duomo. Sulla parete destra del cappellone è collocata il Giudizio Universale, olio su tela, opera probabilmente commissionata dopo lo scoppio della peste del 1624, a perenne monito alla popolazione per il pericolo scampato - al pittore Giuseppe Salerno, uno dei due Zoppo di Gangi. Alle pareti dell'abside gli stalli del coro ligneo, opera di Filippo Quattrocchi.

La statua raffigurante San Nicola di Bari, fu realizzata da Scipione Li Volsi nel 1661.

SACRESTIA

- Madonna delle Grazie, Giuseppe Salerno. Sacrestia, opera proveniente dalla Cappella di Sant'Antonio di Padova.

- Con la chiusura dell'antica pinnata fu realizzato un nuovo dammuso (un corpo di fabbrica voltato) dietro il battistero, odierna sede dell'Archivio Storico Comunale.

TORRE - Torre dei Ventimiglia e dei Cavalieri di Malta, fin alla seconda metà del XIX secolo recava i simboli dell'Ordine monastico cavalleresco dei Gerosolimitani.

Risalente al periodo della signoria dei Conti di Geraci. Basamento con funzione di porta urbica, costituito da un quadriportico con fornici ogivali passanti, coperto da una volta a crociera con costoloni (XIII secolo). Primo livello con due bifore per facciata databili al XIV secolo. Secondo livello con tre monofore databili al XV secolo. Il terzo piano fu sopraelevato nel '700 quando il parroco del tempo consentì all'amministrazione comunale di sopraelevare la torre per installarvi un orologio pubblico. I lavori non furono mai portati a termine a causa di una minaccia di crollo che si era manifestata, cessato il pericolo, un orologio sarebbe comunque stato collocato, nel 1758, senza quadranti ma con delle campane segnatempo.

Nel 2005 la torre è stata sottoposta ad un corposo intervento di restauro voluto dal comune di Gangi e sostenuto dalla provincia regionale di Palermo.  

ORATORIO DEL SANTISSIMO SACRAMENTO  - Oratorio del Santissimo Sacramento con affreschi del 1758.

CRIPTA - Nel sottosuolo del duomo è presente una cripta contenente numerose mummie di ecclesiastici e di alcuni laici, che i gangitani chiamano a fossa di parrini (la fossa dei preti). L'usanza di imbalsamare i preti fu in vigore tra il 1725 e il 1872.

Altri edifici religiosi

SANTUARIO DELLO SPIRITO SANTO - L’origine del Santuario è molto antica. Vuole la leggenda che qui esistesse un’edicola intitolata allo Spirito Santo, nella quale era collocato un masso nella cui incavatura era stata dipinta l’immagine dell’Eterno Padre con una colomba sul petto.

Durante la lotta iconoclasta questo dipinto venne sepolto sottoterra e per molto tempo rimase ignorato, finchè un contadino sordomuto, scavando un pozzo, rinvenne il masso. Si accorse con sorpresa della figura e notò che da una lesione al sopracciglio gocciolava sangue.

Stupito della scoperta corse verso l’abitato lasciando meravigliati i cittadini che lo sentirono parlare. Successivamente accorsero sul luogo e per consiglio del parroco e delle autorità decisero di trasportare il sacro masso dentro l’abitato servendosi di buoi, ma gli animali non riuscirono a smuoverlo.

Nacque così l’idea di erigere un tempio sul posto con l’aiuto di tutto il popolo.

La storia indica invece che qui esisteva un’edicola con un dipinto del Cristo Pantocratore simile a quello di Cefalù ( rinvenuto nel 1985).

Successivamente venne costruita una chiesetta dedicata a Santa Caterina d’Alessandria inglobando l’edicola che divenne il catino absidale della chiesa.

Solamente nel 1576 la piccola chiesa subì una trasformazione architettonica e l’assunzione del titolo dello Spirito Santo. Nel corso del Settecento altri interventi portarono alla definizione della chiesa e, nell’Ottocento, alla realizzazione della cappella laterale dedicata alla Madonna della Provvidenza.Dipinto dello Spirito Santo

All’interno della chiesa vi sono affreschi di Crispino Riggio e di Tommaso Pollace.

Ben presto la chiesa divenne luogo di devozione e di pellegrinaggio e ancora oggi si celebra una festa molto partecipata nel giorno successivo alla festività di Pentecoste.

Attualmente la chiesa dello Spirito Santo è Santuario Giubilare.

ABBAZIA DI GANGI VECCHIO - Sorse nel 1363 come monastero benedettino di Santa Maria di Gangi Vecchio su un insediamento fortificato di epoca romana evolutosi in età tardo antica. Nel 1413 al monastero viene concesso il titolo di abbazia. Per almeno due secoli l'abbazia fu la realtà monastica benedettina più importante della Sicilia centro-settentrionale. Nel XVI secolo la struttura venne ristrutturata con una nuova facciata e furono realizzati diversi affreschi dal pittore Pietro de Bellio. Abbandonato dai monaci nel XVII secolo, diventò in epoca successiva residenza privata.

CHIESA DI SANTA MARIA DI GESU' - Lungo il versante sud-est di Monte Marone, verso la parte inferiore del centro abitato, è ubicata la Chiesa di S.Maria di Gesù, con prospetto rivolto ad ovest sul piazzale omonimo, limitato a monte dalla quadrata mole della torre campanaria.

Sulla facciata di prospetto si ammira l’ampio portale, riccamente ornato in bassorilievi e, portante sul fastigio, un altrorilievo della Madonna coronata da due angeli.

Sulla chiave dell’arco alcuni numeri fanno pensare alla data di realizzazione del portale (1655), comunque posteriore alla fondazione della chiesache risale al XV secolo. L’interno consta di una sola navata con due cappelle laterali.

La volta e le pareti sono decorate con semplicit&agrave. Sull’altare maggiore, in legno, sono collocati una bella statua della Madonna con Bambino ed un piccolo Crocifisso, ambedue del Quattrocchi.

Negli altari delle due cappelline: a destra è la statua in legno, pure del Quattrocchi, rappresentante S.Vito, ed a sinistra quella di S.Rocco.

Nella navata a destra, troviamo il capolavoro dell’arte scultorea del Quattrocchi: “L’Annunciazione di Maria Vergine”, opera perfetta per finezza di lineamenti, per naturalezza di espressione e per colorito, sia dell’Angelo che della Vergine genuflessa.

Qui ha sede l’Arciconfraternita, intitolata a Maria SS. Annunziata, instituita con decreto del Cardinal Caprara di Messina in data 28 luglio 1797

CHIESA DEL SANTISSIMO SALVATORE - La chiesa sorse nel XVII secolo su un edificio intitolato a San Filippo, e fu oggetto di ristrutturazione nei secoli successivi. All'interno sono custodite alcune opere tra cui il dipinto Spasimo di Sicilia di Giuseppe Salerno, datato 1612, le statue dell'Angelo Custode (1812) e di San Filippo Apostolo (1813) opera dello scultore Filippo Quattrocchi. Gli affreschi della volta sono opera di Salvatore Lo Caro, eseguiti nel 1810.

CHIESA DI SAN PIETRO O DELLA BADIA - Costruita nel XIV secolo, nacque come oratorio di San Pietro a uso dei monaci benedettini e in seguito delle monache di clausura. Nel XVIII secolo, per opera dell'arciprete don Cataldo La Punzina, l'edificio fu ricostruito dalle fondamenta. Nel 1728 su proposta ed espressa richiesta delle locali benedettine fu progettata dall'arciprete La Punzina la costruzione dell'odierna chiesa della Badia (secondo una recente scoperta d'archivio di Mario Siragusa datata 2011). Alla fine degli anni venti del Settecento incominciarono i relativi lavori. Sulla volta sono presenti affreschi allegorici, raffiguranti Fede, Carità e Giustizia, realizzati da Joseph Crestadoro nel 1796.

CHIESA DELLA MADONNA DELLA CATENA - Sorta tra il XIV e il XV secolo, prende il nome da un evento ritenuto miracoloso avvenuto a Palermo nel 1392, rappresentato in bassorilievo presente all'interno, sul piedistallo della statua in marmo dedicata alla Madonna. Nel 1647 venne ultimato il portale in pietra.

CHIESA DI SAN CATALDO - La chiesa è sita a sud-est, sul declivio del Marone, quasi al termine del Corso G.F.Vitale.
Essa risale alla prima metà del secolo XIV, come rilevasi da alcuni documenti. La facciata di prospetto dà sulla piazzetta omonima ed è ornata di portale, su cui è incisa la data di restauro dello stesso, 1884.

Dall’angolo anteriore sinistro del tempio, si eleva il quadrato campanile, dalla cui base si innalza una guglia conica a piastrelle smaltate.

L’interno comprende una navata mediana, più ampia, con cupolino, e due piccole navate laterali. La volta presenta un complesso decorativo artistico con tre affreschi sulla navata centrale, raffiguranti: S. Cataldo in atto di rendere la vista ad un cieco, la Gloria del Santo, ed il terzo miracolo della resurrezione dell’operaio opera del pittore palermitano Tommaso Pollaci del 1819.

La volta che copre il presbiterio presenta invece un affresco del pittore Crispino Riggio datato alla metà del Settecento.

Sull’altare maggiore s’ammira una bella statua del 1598 del Santo Vescovo di Taranto, patrono di Gangi. All’interno della chiesa sono opere di Giuseppe Salerno (Il miracolo dei Diecimila Martiri, 1619) e di Filippo Quattrocchi (Madonna degli Agonizzanti) ed una belissima statua in marmo di scuola gaginiana, rappresentante S.Cataldo.

CHIESA DI SAN PAOLO - Edificata nel XV secolo come oratorio di San Paolo, fu ristrutturata nel 1812, come documentato dalla data incisa sull'altare, assumendo l'attuale struttura a tre navate. Degno di nota è il sistema di serliane che sostiene la navata centrale.

CHIESA E CONVENTO DEI CAPPUCCINI - Il Convento dei Cappuccini e la Chiesa di Santa Maria degli Angeli edificati dal 1695 al 1710 sono siti ai piedi dell’abitato sul versante meridionale di Monte Marone, sopra la Via Nazionale e formano un unico, grandioso edifizio quadrangolare.

Il fabbricato si compone di quattro ali, di cui la Chiesa occupa quella a nord-ovest. Questa è a pianta rettangolare, a due navate, coperte da volte a botte con lunette. Una vera profusione di lavori in legno con intarsio ne costituisce l’ornamento principale, opera tutta di frati, che non vi risparmiarono nè tempo nè fatica. 

Il capolavoro dell’arte del barocco lo troviamo sull’altar maggiore, formato da un altissimo postergale e dalla “sacra custodia”.

Quest’ultima è di forma conica, decorata all’intorno da diversi ordini architettonici, sovrapposti l’uno all’altro, tutti in unico stile, con colonnine tortili per due terzi della loro altezza e per un terzo decorato con finissimi bassorilievi; statuette, angioletti in rilievo e serafini con altri svariatissimi ornamenti adornano la pregevole custodia lignea.

Nel mezzo del postergale in legno è attaccata una grandissima tela, dipinta da frate Umile da Messina, del 1644. Al di sopra di questa tela, sono altri tre quadretti, compresi nello stesso giuoco di cornici: nel mezzo è la figura dell’Eterno Padre.
Di particolare interesse è un piccolo ma pregevole museo di reliquie cappuccine ricavato nella vecchia cripta della chiesa, al quale si accede dall’antico chiostro del convento.

Palazzo Sgadari

Tra i più belli ed antichi palazzi del paese, l’ottocentesco palazzo Sgadari, già edificio privato appartenente all’omonima famiglia gangitana, oggi è di proprietà del Comune di Gangi che nel 1995 ha creato nel pian terreno un Museo Civico, nel quale sono conservati dei reperti archeologici ritrovati sul vicino monte Albuchia e a Gangi Vecchio.

Distribuito su quattro sale, il museo è diviso in due settori: didattico e topografico. Il nome di Gangi compare da sempre nella letteratura archeologica per essere stato connesso all’antica Engyon, la mitica città di fondazione cretese citata da Diodoro Siculo e famosa nell’antichità per il tempio e il culto delle Dee Madri.

Nonostante all’interno del centro urbano non sia stato mai segnalato alcun rinvenimento archeologico, esiste, tuttavia nel circondario, un ricco ed inesplorato patrimonio di testimonianze antiche che legittima l’inserimento di Gangi nelle carte archeologiche e merita senza dubbio l’interesse che, finalmente, negli ultimi anni gli è stato attribuito.

I rinvenimenti che vanno dall’epoca arcaica all’età paleocristiana vedono nei casi più importanti reperti che vengono datati tra il VII ed il VI sec. a.C. Gli altri due piani del palazzo presentano: al primo la Pinacoteca Gianbecchina, che dal 2001 ospita le opere donate dal grande Maestro siciliano, autore del “Ciclo del Pane”, al Comune di Gangi; e al secondo il Museo delle armi, anche questo sorto in seguito ad una donazione da parte del maestro Giuseppe Franco al Comune di Gangi (2007).

Palazzo Bongiorno

Il Palazzo Bongiorno, poi Li Destri, è un edificio del secolo XVIII, sito nel centro di Gangi, tra il Corso Umberto a nord e la Salita Matrice a sud, nei pressi della Piazza del Popolo.

Il palazzo venne edificato per volontà del barone Francesco Benedetto Bongiorno, a partire dai primi anni '40 del Settecento.

Ruggiero Di Castiglione scrive che nella seconda metà del Settecento, numerosi liberi muratori erano attivi in centri e consessi siciliani, tra cui l'Accademia degli Industriosi di Gangi, fondata dal barone Francesco Benedetto Bongiorno, la quale si riuniva proprio a Palazzo Bongiorno. 

Nel primo giorno di ciascun mese (fatta eccezione per i periodi di ferie e di villeggiatura), gli accademici industriosi (con a capo Gandolfo Felice Bongiorno, principe dell'Accademia, protetti dall'arcivescovo giansenista di Messina Gabriello Maria Di Blasi) svolgevano la loro propaganda filogiansenistica (mediante accademie aperte a tutta la cittadinanza), in base a un calendario liturgico accademico (pubblicato in Rime degli Accademici Industriosi del 1769). 

Giuseppe Fedele Vitale era segretario dell'Accademia degli Industriosi di Gangi, accademico etneo sin dai tempi dei suoi studi in medicina a Catania, oltre che accademico ereino, del buongusto e arcade.

L'Accademia dei Pastori Etnei era un noto centro di reclutamento di massoni e di divulgazione del pensiero latomico, e cioè massonico, che si riuniva a Catania, presso il palazzo nobiliare del "fratello" Ignazio Paternò Castello che l'aveva fondata. Si trattava della casa frequentata da Giuseppe Fedele Vitale, durante il suo soggiorno a Catania. Le finalità e il linguaggio massonico sono ben presenti a Palazzo Bongiorno.

La decorazione del piano nobile del palazzo venne affidata al pittore romano Gaspare Fumagalli (aiutato da Pietro Martorana), attivo a Palermo intorno alla metà del XVIII secolo, che realizzò gli affreschi fra il 1756 e il 1759. Come risulta da un documento notarile dell'epoca, fu lo stesso barone Francesco Benedetto Bongiorno a concertare con Fumagalli le icone dei dipinti degli affreschi. 

Il palazzo divenne sede della “Accademia degli Industriosi" di Gangi (Accademia Enguina), derivata dall'Accademia degli Sprovveduti dopo il 1748 e prima del 1758, anno di pubblicazione a stampa, a Palermo, della prima opera degli Accademici Industriosi, scritta In lode di Monsignor Fra D. Tommaso Moncada, de' principi di Calvaruso, arcivescovo di Messina e protettore forestiero dell'accademia gangitana. Il principe di Calvaruso risulta essere stato maestro venerabile della loggia Moncada (così chiamata proprio in onore della famiglia Moncada dei principi di Calvaruso), fondata a Napoli dal principe Raimondo di Sangro (primo sorvegliante Larnage), che contava al pie' di lista una trentina di fratelli, militari, sacerdoti, frati e negozianti stranieri, alcuni dei quali designati come calvinisti, e cioè eretici.

Nel 1967 il Comune di Gangi acquisisce l'immobile. Nei primi anni degli anni ottanta si svolgono alcuni lavori di restauro e di consolidamento. Un ulteriore intervento si è da poco ultimato ed ha riguardato l'ala nord. Oggi, il palazzo è sede del Consiglio Comunale e di altri uffici.  

Castello di Gangi

Il castello di Gangi sorge fra la fine del XIII e i primi decenni del XIV secolo ad opera di Enrico Ventimiglia e viene completato probabilmente dal nipote Francesco I Ventimigliaconte di Geraci e signore di Gangi. Il castello non fu dimora abituale per i Ventimiglia, che preferirono quello di Geraci e quello di Castelbuono. L'edificio, molto simile a quello di Castelbuono, appartenne alla famiglia Ventimiglia sino al 1625, anno in cui passò in possesso della famiglia Graffeo e qualche anno dopo alla famiglia Valguarnera.

Nel corso del Seicento, l'antico maniero subì numerose trasformazioni, tali da renderlo più un palazzo che un castello. Sede dei Principi di Gangi, venne abitato dai Graffeo e saltuariamente dai Valguarnera in periodo estivo, sino a metà Settecento. Successivamente l'edificio rimase in stato di abbandono e venne utilizzato come carcere e poi come scuola, finché non venne acquistato dalla famiglia Milletarì, che tuttora lo utilizza come abitazione privata: parte dell'antico castello è anche proprietà della famiglia Ventimiglia di Monteforte, discendenti dall'antico casato madonita. L'edificio, sito nell'alto di una cresta che da più di 1000 m di quota sovrasta l'abitato e domina le due valli del torrente Rainò.

Il castello, o meglio, l'ala che ne rimane presenta fondamentalmente invariato il suo impianto trecentesco, ma la stessa cosa non può dirsi della facciata che, volta a sud-ovest sulla piazza Valguarnera, si eleva con due piani. L'ampio fronte contenuto fra due torri, apparentemente di epoche differenti, è scandito da due ordini di aperture, con robusto portale bugnato a piano terra, a sua volta sormontato dall'unico balcone del prospetto): l'impianto della facciata, così come lo scalone interno che conduce ai piani superiori, furono opera della famiglia Graffeo a metà del Seicento. Dalla parte opposta, coerentemente alle sue funzioni difensive, si affaccia sullo strapiombo settentrionale del monte Marone.  

Torre dei Ventimiglia

E’ una struttura architettonica di stile gotico-normanno. Sul lato orientale è attaccata alla facciata di prospetto della Chiesa Madre della quale costituisce la torre campanaria .

In origine fu l’antica torre feudale dei Ventimiglia fatta costruire, secondo alcune fonti di archivio, da Francesco I nel 1337.

Nel 1530 fu assegnata ai Cavalieri di Malta, nel 1560, quando la parrocchia si trasferì dalla chiesa della Catena a quella di S. Sebastiano (presso la Chiesa Madre) fu trasformata in torre campanaria.

La torre è di forma quadrata, a tre livelli, sostenuta da quattro pilastri, formanti un portico.

Nei due piani inferiori ammiriamo delle finestre ogivali bifore e monofore. Il terzo piano fu sopraelevato nel ‘700 quando il parroco del tempo consentì all’Amministrazione Comunale di sopraelevare la torre per porvi un orologio pubblico. 

I lavori non furono mai portati a termine a causa di una minaccia di crollo che si era manifestata, cessato il pericolo, un orologio sarebbe comunque stato collocato, nel 1758, senza quadranti ma con delle campane segnatempo.

Nel 2005 la torre è stata sottoposta ad un corposo intervento di restauro voluto dal Comune di Gangi e sostenuto dalla Provincia Regionale di Palermo.

Attualmente la torre ospita al primo livello una installazione fissa di Presepe artigianale realizzato da un artista locale, è visitabile e procura non poche suggestioni agli avventori.

Torre cilindrica

Poco distante dall'area che ospita il convento dei Cappuccini, la torre viene detta anche “saracena”. Di origine medioevale, ha le caratteristiche di una torre per il controllo del territorio. Sono ancora oggi visibili l'arco di accesso e le merlature.

Castello di Regiovanni

L'edificio, oggi fabbricato rurale, si trova a pochi chilometri a sud del centro abitato, addossato a una cresta rocciosa, alla quale è direttamente collegato: alcuni ambienti sono scavati nella stessa struttura rupestre. La fortezza fu in epoca medioevale oggetto di diversi assedi nel contesto delle ribellioni contro gli aragonesi.