Tra
i borghi più poetici che introducono alla Madonie, Gangi si adagia
sulla cima del Monte Marone, in spettacolare posizione panoramica a
circa 1000 metri di altezza.
Nel
territorio di Gangi i ritrovamenti più antichi risalgono alla età
del bronzo antica, nell'epoca caratterizzata dalla cultura
di Castelluccio, come testimoniato da necropoli costituite da tombe
a grotticella rinvenute nel sito di Serra del Vento e nelle
contrade Regiovanni e Zappaiello, a circa dieci chilometri dall'attuale
centro abitato. A lungo fu identificata con la leggendaria città
cretese di Engyon.
Accreditati eruditi, studiosi di ieri e di oggi collocano Engio proprio
dalle parti di Gangi (località di Gangivecchio o di Monte
Alburchia).
Alcune
evidenze archeologiche appaiono confermare ciò. Un'accreditata
storiografia, di lunga data, scrive della distruzione del paese avvenuta
nel 1299 per opera di Federico III durante la guerra
dei Vespri. Fu ricostruita su un monte vicino: il Marone. I primi
documenti storiografici attestano l'esistenza di Gangi (allora ubicata
nel sito originario di contrada Gangivecchio) nel XII secolo. Fu poi
compresa nei possedimenti della contea
di Geraci: nel 1195 Enrico
VI di Svevia, che nell'anno precedente aveva sottomesso la
Sicilia e ne era stato incoronato re, assegnò alla famiglia de Craon,
nella persona della contessa Guerrera, le divise pertinenti
alla contea, i cui confini furono definiti includendo il territorio di
Gangi. Dal XIII secolo la contea di Geraci passò sotto la
dominazione dei nobili Ventimiglia.
Dalla
fine del XV secolo, Gangi, come il resto della Sicilia ormai parte dell'Impero
spagnolo, fu soggetta all'Inquisizione.
Qui fu torturato e giustiziato il priore dei benedettini di
Gangivecchio.
A
metà del XVI secolo i censimenti e i riveli indicano un
numero di circa 4 000 abitanti, un migliaio di abitazioni e
altrettanti nuclei familiari. Nel 1572 circa fu fondata la
compagnia dei Bianchi che accoglieva gli elementi socialmente ed
economicamente più in vista della società gangitana.
Nel 1625 un
esponente della famiglia Graffeo Maniaci,
acquistò dai Ventimiglia il territorio di Gangi, ottenendo nel 1629 il
titolo di Principe di Gangi per concessione di Filippo
IV di Spagna. Il titolo rimase ai Graffeo fino al 1652,
quando passò per dote matrimoniale al principe di Valguarnera,
la cui casata conservò il titolo fino al XIX secolo. Nel Settecento
furono fondate delle Accademie. La più nota fu quella degli Industriosi
interna al mondo massonico. Fu costruita la Chiesa della Badia annessa
al monastero delle benedettine su progetto di don Cataldo La Punzina
arciprete della Chiesa di San Nicolò. Dal punto di vista socioeconomico
si comincia a diffondere l'enfiteusi riguardante anche alcune terre
della chiesa.
Il
1º gennaio 1926 il
prefetto Cesare
Mori compì quella che probabilmente fu la sua più famosa
azione, e cioè quello che viene ricordato come l'assedio di Gangi,
roccaforte di numerosi gruppi criminali. Con numerosi uomini dei Carabinieri e
della polizia fece
rastrellare il paese casa per casa, arrestando banditi, mafiosi e
latitanti vari. I metodi attuati durante quest'azione furono
particolarmente duri e Mori non esitò a usare donne e bambini come
ostaggi per costringere i malavitosi ad arrendersi.
Visitare
il borgo
Gangi,
piccolo paese che sorge su di un promontorio è diventato famoso in
tutto il mondo dopo la nomina a borgo
più bello d’Italia. Tra i più rinomati e attesi eventi
dell’Isola, l’allestimento del meraviglioso presepe
vivente, che attira migliaia di turisti.
È
un piccolo gioiello ricco di testimonianze storiche e di tradizioni che
trova le sue origini nella mitica città di Engyon, che, secondo
leggenda, fu fondata dai Cretesi vicino alla fonte d’acqua omonima.
Poco
fuori dall’abitato, costruito nel folto reticolato di trazzere
limitrofe, ecco il Santuario dello Spirito Santo che
porta con sé la leggenda della miracolosa effige del Padre Eterno
dipinta su un masso ritrovata da un contadino, oggi posta all’interno
di una nicchia dell’edificio in stile barocco. Addentrandosi per le
vie del paese la Torre dei Ventimiglia, famiglia signorile
nota in epoca medievale, costruita in diverse fasi a causa dei continui
cedimenti strutturali che, si racconta, provocassero le ire del Conte
Ventimiglia. Leggenda a parte, la torre presenta uno stile raffinato: è
suddivisa in tre ordini e sormontata da un orologio settecentesco,
inglobato alla Chiesa di San Nicolò, il duomo di
Gangi. Questa chiesa, voluta dai Cavalieri Gerosolimitani, ospita le
opere dello Zoppo di Gangi, noto artista locale e autore di molte
altre opere sparse nei paesi vicini. L’identità dello Zoppo rimane
ancora oggi misteriosa.
Da
scoprire i due palazzi nobiliari: Palazzo
Sgadari, che prende il nome da una delle famiglie più
importanti del paese, oggi custodisce le sale del Museo
Archeologico, ricco di reperti ritrovati in zona, la Pinacoteca
Gianbecchina, il Museo delle Armi e infine il Museo
Etnoantropologico, piccolo gioiello che espone oggetti del ciclo del
pane e della pastorizia parte integrante dell’economia del borgo.
L’altro
palazzo è il vicino Palazzo
Bongiorno: ed ecco la nobiltà architettonica settecentesca
di Gangi in tutto il suo splendore estetico! Residenza della famiglia
Bongiorno, il palazzo fu un importante centro di cultura. Il suo aspetto
è contraddittorio: l’esterno è ruvido, grezzo, realizzato in pietra
viva, con balconi in ferro battuto, l’interno invece è un vero e
proprio tripudio di soffitti, pareti stuccate e affrescate secondo lo
stile barocco e neoclassico.
Arrivando
alla sommità dell’abitato ecco elevarsi il Castello nato
come residenza dei Signori Ventimiglia ed esempio di architettura tardo
medievale.
Molti
i cibi da provare durante le varie festività. A Pasqua è
consuetudine consumare u fasciddatu, tipo di pane il cui
impasto è realizzato con acqua, semola, lievito naturale e lievito di
birra: la forma a cerchio decorata di 45/50 cm è lavorata manualmente e
raggiunge il peso di 2 Kg. Per la festa di S. Isidoro è
d’obbligo l’assaggio del latte appena munto e dei taralli,
dolci tipici gangitani, fatti con uova, zucchero e farina. A Natale la
tradizione impone la cucchia, un dolce in pasta frolla ripieno di
mandorle, uva passa e fichi secchi.
In
autunno, in occasione della vendemmia si consumano i mastazzola,
dolci di zucchero, farina e mosto bollito. Nel periodo dei fichidindia
vengono consumati i mastacuttè, dolci di farina, zucchero e succo
di fichidindia.
Duomo
di San Nicola di Bari
Il duomo
di San Nicola di Bari è il principale luogo di culto ubicato nella
piazza San Nicola di Bari nel centro storico di Gangi.
Opinioni
in controtendenza definiscono la costruzione intitolata a San Nicolò di
Bari fin dalle origini, unica parrocchia e chiesa madre del
borgo in epoca normanna.
I
simboli araldici (guerriero sulla torre) riconducibile ai Ventimiglia,
il grifone alla
famiglia Graffeo, le tre stelle dei Bongiorno,
quelli degli esponenti della contea e marchesato di Geraci rimandano
a nuclei e rami genealogici che in Sicilia affondano le loro radici alla riconquista
normanna.
Tuttavia,
in assenza di fonti documentali certe e riscontri oggettivi attendibili
l'ipotesi delle origini sotto il regno degli Altavilla non
trova fondamento.Infatti, l'arabo-normanna Maqara, in realtà Beqara
(dall'arabo beqqar, cioè "vaccaro", "bovaro",
secondo l'interpretazione di Amari)non sorgeva sul Marone , sito
dell'odierna Gangi, ma in altro luogo (per molti, è l'interpretazione
più accreditata, contrada Vaccara-Casalini nei pressi di Sperlinga e
Nicosia, in alternativa in una montagnola prospiciente Gangi, c.da
Balate). Sul Marone, infatti, non è mai esistita una Maqara-Gangi
normanna [M. Siragusa, "La storia di Gangi",
Palermo,Bompietro-Locati, 500 g, 2017].
Nel
1429 la Torre dei Ventimiglia, divenne in breve campanile adiacente al
tempio: il pinnaculum.
La costruzione era indicata come "ecclesie sancti Nicolai maiori
ecclesie di terre". Un pinnacolo gotico è
documentato in luogo della primitiva cupola.
La pinnata -
porticato coperto al piano terra che si sviluppava lungo il fianco
meridionale della chiesa - costruita a ridosso di San Nicolò costituiva
il cuore commerciale e politico del borgo insieme al castello
trecentesco. Il consiglio cittadino, si riuniva proprio sotto la
pinnata, e prima di allora, all'interno della chiesa come attestavano
documenti conservati presso il locale archivio storico comunale.
L'edificio
è documentato ad una sola navata, più corta e più stretta di quella
odierna, intersecata da transetto con cappellone del
presbiterio e bracci dotati di absidi circolari. Esternamente presentava
il prospetto a capanna, col tetto a due falde sorretto da capriate
lignee.
Secondo
il contratto d'opera datato 27 settembre 1654 il Magister Lucas
Morina oriundus Terre Militelli et habitator Civitatis Nicoxie fu
autore del portale cieco, impropriamente detto di San
Sebastiano, manufatto collocato sul prospetto in corrispondenza
della navata sinistra.
È
probabile che la piccola edicola marmorea - e con essa il culto di San
Sebastiano - abbia avuto origine dopo la grave epidemia di peste che nel
1422 sconvolse gran parte della Sicilia.
Con
gli adeguamenti post-conciliari assunse impianto basilicale a
tre navate con pianta a croce latina, subendo l'allargamento verso
la piazza e un allungamento lungo l'asse longitudinale che la portò a
inglobare la possente e vetusta torre, divenuta così parte integrante
dei fabbricati. La cupola sulla crociera risulta
documentata intorno al 1680.
Seguiranno
continui rinnovamenti architettonici, in gran parte sotto la direzione
dell'architetto gangitano Gandolfo Felice Bongiorno:
-
1736 - 1737, riconfigurazione del coro con un
apparato decorativo in stucco, ornamenti al presente non più esistenti;
-
1738 - 1740,
installazione del nuovo organo affidato al palermitano Michele
Andronico.
Riconsacrazione
alla presenza delle maggiori autorità del tempo (il vescovo di
Cefalù Domenico Valguarnera, i principi Valguarnera, l'arciprete
La Punzina.
-
1748 - 1750,
realizzazione della nuova sagrestia, sopra il nuovo bastione dietro il
transetto destro;
-
1758, decorazione a
fresco dell'Oratorio del Santissimo Sacramento e dei Cappuccinelli,
opera del pittore palermitano Crispino Riggio;
-
1773 - 1779,
si annoverano nuovi interventi che comportarono il rifacimento della
cupola, compito affidato a mastro Francesco Lo Cascio, a mastro Nunzio
Pirrone da Tusa e al gangitano Mariano Castello, sotto la direzione di
Gandolfo Felice Bongiorno.
La
primitiva cupola settecentesca maiolicata fu sostituita - per ragioni
statiche - dall'attuale cupola rivestita in lamine di piombo e rame.
ESTERNO
-
Torre dei Ventimiglia oggi campanile.
-
Nella controfacciata è realizzata la cantoria con
organo.
INTERNO
Navata
destra
L'ambiente
è contraddistinto da profondi vani che costituisco delle vere e proprie
cappelle chiuse su tre lati.
-
Prima campata.
-
Seconda campata
-
Terza campata
-
Quarta campata
-Quinta
campata
Navata
sinistra
L'ambiente
è contraddistinto da altari o nicchie parietali realizzate in arcate.
-
Prima campata
-
Seconda campata: Cappella di San Francesco d'Assisi. Nella
nicchia è custodita la statua raffigurante San Francesco
d'Assisi.
-
Terza campata
-
Quarta campata: Cappella delle Anime Purganti. Maria
libera anime purganti, dipinto attribuito a Crispino Riggio,
opera realizzata nel 1731.
Pulpito ligneo
addossato alla colonna.
-
Quinta campata: Cappella di San Sebastiano. Nella nicchia è
custodita la statua raffigurante San
Sebastiano.

TRANSETTO
-
Absidiola destra: Cappella della Madonna del Rosario. Al
centro la statua marmorea raffigurante la Madonna del Rosario.
A sinistra San
Domenico di Guzmán,
a destra San
Vincenzo Ferreri,
statue lignee, opere di Filippo Quattrocchi, realizzate nel 1797.
Braccio
destro.
-
Absidiola sinistra: Cappella del Santissimo Sacramento.
Braccio
sinistro.
PRESBITERIO
- Gradinata a due
rampe con balaustra in marmo realizzata dal marmoraro catanese
Lorenzo Viola, morto a Gangi e molto verosimilmente sepolto in duomo.
Sulla parete destra del cappellone è collocata il Giudizio
Universale, olio su tela, opera probabilmente commissionata dopo lo
scoppio della peste del 1624, a perenne monito alla popolazione per il
pericolo scampato - al pittore Giuseppe Salerno, uno dei due Zoppo
di Gangi. Alle
pareti dell'abside gli stalli del coro ligneo, opera di Filippo
Quattrocchi.
La
statua raffigurante San Nicola di Bari, fu realizzata da Scipione
Li Volsi nel 1661.
SACRESTIA
-
Madonna delle Grazie, Giuseppe
Salerno. Sacrestia, opera proveniente dalla Cappella di
Sant'Antonio di Padova.
-
Con la chiusura dell'antica pinnata fu realizzato un nuovo dammuso (un
corpo di fabbrica voltato) dietro il battistero, odierna sede
dell'Archivio Storico Comunale.

TORRE
- Torre
dei Ventimiglia e dei Cavalieri di Malta, fin alla seconda metà del XIX
secolo recava i simboli dell'Ordine monastico cavalleresco dei
Gerosolimitani.
Risalente
al periodo della signoria dei Conti di Geraci. Basamento con
funzione di porta urbica, costituito da un quadriportico con fornici
ogivali passanti, coperto da una volta a crociera con costoloni (XIII
secolo). Primo livello con due bifore per facciata databili al XIV
secolo. Secondo livello con tre monofore databili al XV secolo. Il
terzo piano fu sopraelevato nel '700 quando il parroco del tempo consentì
all'amministrazione comunale di sopraelevare la torre per installarvi un
orologio pubblico. I lavori non furono mai portati a termine a causa di
una minaccia di crollo che si era manifestata, cessato il pericolo, un
orologio sarebbe comunque stato collocato, nel 1758, senza quadranti ma
con delle campane segnatempo.
Nel
2005 la torre è stata sottoposta ad un corposo intervento di restauro
voluto dal comune di Gangi e sostenuto dalla provincia regionale di
Palermo.
ORATORIO
DEL SANTISSIMO SACRAMENTO - Oratorio
del Santissimo Sacramento con affreschi del 1758.
CRIPTA
- Nel
sottosuolo del duomo è presente una cripta contenente numerose mummie
di ecclesiastici e di alcuni laici, che i gangitani chiamano a
fossa di parrini (la fossa dei preti). L'usanza di imbalsamare
i preti fu in vigore tra il 1725 e il 1872.
Altri
edifici religiosi
SANTUARIO
DELLO SPIRITO SANTO - L’origine
del Santuario è molto antica. Vuole la leggenda che qui esistesse
un’edicola intitolata allo Spirito Santo, nella quale era collocato un
masso nella cui incavatura era stata dipinta l’immagine dell’Eterno
Padre con una colomba sul petto.
Durante
la lotta iconoclasta questo dipinto venne sepolto sottoterra e per molto
tempo rimase ignorato, finchè un contadino sordomuto, scavando un
pozzo, rinvenne il masso. Si accorse con sorpresa della figura e notò
che da una lesione al sopracciglio gocciolava sangue.
Stupito
della scoperta corse verso l’abitato lasciando meravigliati i
cittadini che lo sentirono parlare. Successivamente accorsero sul luogo
e per consiglio del parroco e delle autorità decisero di trasportare il
sacro masso dentro l’abitato servendosi di buoi, ma gli animali non
riuscirono a smuoverlo.
Nacque
così l’idea di erigere un tempio sul posto con l’aiuto di tutto il
popolo.
La
storia indica invece che qui esisteva un’edicola con un dipinto del
Cristo Pantocratore simile a quello di Cefalù ( rinvenuto nel 1985).
Successivamente
venne costruita una chiesetta dedicata a Santa Caterina d’Alessandria
inglobando l’edicola che divenne il catino absidale della chiesa.
Solamente
nel 1576 la piccola chiesa subì una trasformazione architettonica e
l’assunzione del titolo dello Spirito Santo. Nel corso del Settecento
altri interventi portarono alla definizione della chiesa e,
nell’Ottocento, alla realizzazione della cappella laterale dedicata
alla Madonna della Provvidenza.Dipinto dello Spirito Santo
All’interno
della chiesa vi sono affreschi di Crispino Riggio e di Tommaso Pollace.
Ben
presto la chiesa divenne luogo di devozione e di pellegrinaggio e ancora
oggi si celebra una festa molto partecipata nel giorno successivo alla
festività di Pentecoste.
Attualmente
la chiesa dello Spirito Santo è Santuario Giubilare.
ABBAZIA
DI GANGI VECCHIO - Sorse
nel 1363 come monastero benedettino di Santa Maria di Gangi Vecchio su
un insediamento fortificato di epoca
romana evolutosi
in età
tardo antica. Nel
1413 al monastero viene concesso il titolo di abbazia. Per almeno due
secoli l'abbazia fu la realtà monastica benedettina più importante
della Sicilia centro-settentrionale.
Nel XVI secolo la struttura venne ristrutturata con una nuova facciata e
furono realizzati diversi affreschi dal pittore Pietro de Bellio.
Abbandonato dai monaci nel XVII secolo, diventò in epoca successiva
residenza privata.
CHIESA
DI SANTA MARIA DI GESU' - Lungo
il versante sud-est di Monte Marone, verso la parte inferiore del centro
abitato, è ubicata la Chiesa di S.Maria di Gesù, con prospetto rivolto
ad ovest sul piazzale omonimo, limitato a monte dalla quadrata mole
della torre campanaria.
Sulla
facciata di prospetto si ammira l’ampio portale, riccamente ornato in
bassorilievi e, portante sul fastigio, un altrorilievo della Madonna
coronata da due angeli.
Sulla
chiave dell’arco alcuni numeri fanno pensare alla data di
realizzazione del portale (1655), comunque posteriore alla fondazione
della chiesache risale al XV secolo. L’interno consta di una sola
navata con due cappelle laterali.
La
volta e le pareti sono decorate con semplicità. Sull’altare
maggiore, in legno, sono collocati una bella statua della Madonna con
Bambino ed un piccolo Crocifisso, ambedue del Quattrocchi.
Negli
altari delle due cappelline: a destra è la statua in legno, pure del
Quattrocchi, rappresentante S.Vito, ed a sinistra quella di S.Rocco.
Nella
navata a destra, troviamo il capolavoro dell’arte scultorea del
Quattrocchi: “L’Annunciazione di Maria Vergine”, opera perfetta
per finezza di lineamenti, per naturalezza di espressione e per
colorito, sia dell’Angelo che della Vergine genuflessa.
Qui
ha sede l’Arciconfraternita, intitolata a Maria SS. Annunziata,
instituita con decreto del Cardinal Caprara di Messina in data 28 luglio
1797
CHIESA
DEL SANTISSIMO SALVATORE - La
chiesa sorse nel XVII secolo su un edificio intitolato a San Filippo, e
fu oggetto di ristrutturazione nei secoli successivi. All'interno sono
custodite alcune opere tra cui il dipinto Spasimo di Sicilia di Giuseppe
Salerno, datato
1612, le statue dell'Angelo Custode (1812) e di San
Filippo Apostolo (1813) opera dello scultore Filippo
Quattrocchi. Gli
affreschi della volta sono opera di Salvatore Lo Caro, eseguiti nel
1810.
CHIESA
DI SAN PIETRO O DELLA BADIA -
Costruita nel XIV secolo, nacque come oratorio di San Pietro a uso dei
monaci benedettini e in seguito delle monache di clausura. Nel XVIII
secolo, per opera dell'arciprete don Cataldo La Punzina, l'edificio fu
ricostruito dalle fondamenta. Nel 1728 su proposta ed espressa richiesta
delle locali benedettine fu progettata dall'arciprete La Punzina la
costruzione dell'odierna chiesa della Badia (secondo una recente
scoperta d'archivio di Mario Siragusa datata 2011). Alla fine degli anni
venti del Settecento incominciarono i relativi lavori. Sulla volta sono
presenti affreschi allegorici, raffiguranti Fede, Carità e Giustizia,
realizzati da Joseph
Crestadoro nel
1796.
CHIESA
DELLA MADONNA DELLA CATENA - Sorta
tra il XIV e il XV secolo, prende il nome da un evento ritenuto
miracoloso avvenuto a Palermo nel 1392, rappresentato in bassorilievo
presente all'interno, sul piedistallo della statua in marmo dedicata
alla Madonna. Nel 1647 venne ultimato il portale in pietra.
CHIESA
DI SAN CATALDO - La
chiesa è sita a sud-est, sul declivio del Marone, quasi al termine del
Corso G.F.Vitale.
Essa risale alla prima metà del secolo XIV, come rilevasi da alcuni
documenti. La facciata di prospetto dà sulla piazzetta omonima ed è
ornata di portale, su cui è incisa la data di restauro dello stesso,
1884.
Dall’angolo
anteriore sinistro del tempio, si eleva il quadrato campanile, dalla cui
base si innalza una guglia conica a piastrelle smaltate.
L’interno
comprende una navata mediana, più ampia, con cupolino, e due piccole
navate laterali. La volta presenta un complesso decorativo artistico con
tre affreschi sulla navata centrale, raffiguranti: S. Cataldo in atto di
rendere la vista ad un cieco, la Gloria del Santo, ed il terzo miracolo
della resurrezione dell’operaio opera del pittore palermitano Tommaso
Pollaci del 1819.
La
volta che copre il presbiterio presenta invece un affresco del pittore
Crispino Riggio datato alla metà del Settecento.
Sull’altare
maggiore s’ammira una bella statua del 1598 del Santo Vescovo di
Taranto, patrono di Gangi. All’interno della chiesa sono opere di
Giuseppe Salerno (Il miracolo dei Diecimila Martiri, 1619) e di Filippo
Quattrocchi (Madonna degli Agonizzanti) ed una belissima statua in marmo
di scuola gaginiana, rappresentante S.Cataldo.
CHIESA
DI SAN PAOLO - Edificata
nel XV secolo come oratorio di San Paolo, fu ristrutturata nel 1812,
come documentato dalla data incisa sull'altare, assumendo l'attuale
struttura a tre navate. Degno di nota è il sistema di serliane che
sostiene la navata centrale.
CHIESA
E CONVENTO DEI CAPPUCCINI - Il
Convento dei Cappuccini e la Chiesa di Santa Maria degli Angeli
edificati dal 1695 al 1710 sono siti ai piedi dell’abitato sul
versante meridionale di Monte Marone, sopra la Via Nazionale e formano
un unico, grandioso edifizio quadrangolare.
Il
fabbricato si compone di quattro ali, di cui la Chiesa occupa quella a
nord-ovest. Questa è a pianta rettangolare, a due navate, coperte da
volte a botte con lunette. Una vera profusione di lavori in legno con
intarsio ne costituisce l’ornamento principale, opera tutta di frati,
che non vi risparmiarono nè tempo nè fatica.
Il capolavoro dell’arte
del barocco lo troviamo sull’altar maggiore, formato da un altissimo
postergale e dalla “sacra custodia”.
Quest’ultima
è di forma conica, decorata all’intorno da diversi ordini
architettonici, sovrapposti l’uno all’altro, tutti in unico stile,
con colonnine tortili per due terzi della loro altezza e per un terzo
decorato con finissimi bassorilievi; statuette, angioletti in rilievo e
serafini con altri svariatissimi ornamenti adornano la pregevole
custodia lignea.
Nel
mezzo del postergale in legno è attaccata una grandissima tela, dipinta
da frate Umile da Messina, del 1644. Al di sopra di questa tela, sono
altri tre quadretti, compresi nello stesso giuoco di cornici: nel mezzo
è la figura dell’Eterno Padre.
Di particolare interesse è un piccolo ma pregevole museo di reliquie
cappuccine ricavato nella vecchia cripta della chiesa, al quale si
accede dall’antico chiostro del convento.
Palazzo
Sgadari
Tra
i più belli ed antichi palazzi del paese, l’ottocentesco palazzo
Sgadari, già edificio privato appartenente all’omonima famiglia
gangitana, oggi è di proprietà del Comune di Gangi che nel 1995 ha
creato nel pian terreno un Museo Civico, nel quale sono conservati dei
reperti archeologici ritrovati sul vicino monte Albuchia e a Gangi
Vecchio.
Distribuito
su quattro sale, il museo è diviso in due settori: didattico e
topografico. Il nome di Gangi compare da sempre nella letteratura
archeologica per essere stato connesso all’antica Engyon, la mitica
città di fondazione cretese citata da Diodoro Siculo e famosa
nell’antichità per il tempio e il culto delle Dee Madri.
Nonostante
all’interno del centro urbano non sia stato mai segnalato alcun
rinvenimento archeologico, esiste, tuttavia nel circondario, un ricco ed
inesplorato patrimonio di testimonianze antiche che legittima
l’inserimento di Gangi nelle carte archeologiche e merita senza dubbio
l’interesse che, finalmente, negli ultimi anni gli è stato
attribuito.
I
rinvenimenti che vanno dall’epoca arcaica all’età paleocristiana
vedono nei casi più importanti reperti che vengono datati tra il VII ed
il VI sec. a.C. Gli altri due piani del palazzo presentano: al primo la
Pinacoteca Gianbecchina, che dal 2001 ospita le opere donate dal grande
Maestro siciliano, autore del “Ciclo del Pane”, al Comune di Gangi;
e al secondo il Museo delle armi, anche questo sorto in seguito ad una
donazione da parte del maestro Giuseppe Franco al Comune di Gangi
(2007).
Palazzo
Bongiorno
Il Palazzo
Bongiorno, poi Li Destri, è un edificio del secolo XVIII, sito nel
centro di Gangi,
tra il Corso
Umberto a nord
e la Salita
Matrice a sud,
nei pressi della Piazza del Popolo.
Il
palazzo venne edificato per volontà del barone Francesco Benedetto
Bongiorno, a partire dai primi anni '40 del Settecento.
Ruggiero
Di Castiglione scrive che nella seconda metà del Settecento, numerosi
liberi muratori erano attivi in centri e consessi siciliani, tra cui
l'Accademia degli Industriosi di Gangi,
fondata dal barone Francesco Benedetto Bongiorno, la
quale si riuniva proprio a Palazzo Bongiorno.
Nel primo giorno di
ciascun mese (fatta eccezione per i periodi di ferie e di
villeggiatura), gli accademici industriosi (con a capo Gandolfo Felice
Bongiorno, principe dell'Accademia, protetti dall'arcivescovo
giansenista di Messina Gabriello Maria Di Blasi) svolgevano la loro
propaganda filogiansenistica (mediante accademie aperte a tutta la
cittadinanza), in base a un calendario liturgico accademico (pubblicato
in Rime degli Accademici Industriosi del 1769).
Giuseppe Fedele Vitale
era segretario dell'Accademia degli Industriosi di Gangi, accademico
etneo sin dai tempi dei suoi studi in medicina a Catania, oltre che
accademico ereino, del buongusto e arcade.
L'Accademia dei Pastori Etnei
era un noto centro di reclutamento di massoni e di divulgazione del
pensiero latomico, e cioè massonico, che si riuniva a Catania, presso
il palazzo nobiliare del "fratello" Ignazio Paternò Castello
che l'aveva fondata. Si trattava della casa frequentata da Giuseppe
Fedele Vitale, durante il suo soggiorno a Catania. Le finalità e il
linguaggio massonico sono ben presenti a Palazzo Bongiorno.
La
decorazione del piano nobile del palazzo venne affidata al pittore
romano Gaspare
Fumagalli (aiutato
da Pietro
Martorana), attivo
a Palermo intorno
alla metà del XVIII
secolo, che realizzò
gli affreschi fra
il 1756 e il 1759.
Come risulta da un documento notarile dell'epoca, fu lo stesso barone
Francesco Benedetto Bongiorno a concertare con
Fumagalli le icone dei dipinti degli affreschi.
Il palazzo divenne sede
della “Accademia degli Industriosi" di Gangi (Accademia Enguina),
derivata dall'Accademia degli Sprovveduti dopo il 1748 e
prima del 1758, anno di pubblicazione a stampa, a Palermo, della prima
opera degli Accademici Industriosi, scritta In
lode di Monsignor Fra D. Tommaso Moncada, de' principi di
Calvaruso, arcivescovo
di Messina e
protettore forestiero dell'accademia gangitana. Il principe di Calvaruso
risulta essere stato maestro venerabile della loggia Moncada (così
chiamata proprio in onore della famiglia
Moncada dei
principi di Calvaruso), fondata
a Napoli dal
principe Raimondo
di Sangro (primo
sorvegliante Larnage), che contava al pie' di lista una trentina di
fratelli, militari, sacerdoti, frati e negozianti stranieri, alcuni dei
quali designati come calvinisti,
e cioè eretici.
Nel
1967 il Comune di Gangi acquisisce l'immobile. Nei primi anni degli anni
ottanta si svolgono alcuni lavori di restauro e di consolidamento. Un
ulteriore intervento si è da poco ultimato ed ha riguardato l'ala nord.
Oggi, il palazzo è sede del Consiglio Comunale e di altri uffici.
Castello
di Gangi

Il castello
di Gangi sorge fra la fine del XIII e i primi decenni del XIV
secolo ad opera di Enrico
Ventimiglia e
viene completato probabilmente dal nipote Francesco
I Ventimiglia, conte
di Geraci e
signore di Gangi.
Il castello non fu dimora abituale per i Ventimiglia,
che preferirono quello
di Geraci e quello
di Castelbuono.
L'edificio, molto simile a quello di Castelbuono,
appartenne alla famiglia
Ventimiglia sino
al 1625, anno in cui passò in possesso della famiglia Graffeo e
qualche anno dopo alla famiglia
Valguarnera.
Nel
corso del Seicento, l'antico maniero subì numerose trasformazioni, tali
da renderlo più un palazzo che un castello. Sede dei Principi
di Gangi, venne
abitato dai Graffeo e saltuariamente dai Valguarnera in
periodo estivo, sino a metà Settecento. Successivamente l'edificio
rimase in stato di abbandono e venne utilizzato come carcere e poi come
scuola, finché non venne acquistato dalla famiglia Milletarì, che
tuttora lo utilizza come abitazione privata: parte dell'antico castello
è anche proprietà della famiglia Ventimiglia di Monteforte,
discendenti dall'antico casato madonita. L'edificio, sito nell'alto di
una cresta che da più di 1000 m di quota sovrasta l'abitato e
domina le due valli del torrente Rainò.
Il
castello, o meglio, l'ala che ne rimane presenta fondamentalmente
invariato il suo impianto trecentesco, ma la stessa cosa non può dirsi
della facciata che, volta a sud-ovest sulla piazza Valguarnera, si eleva
con due piani. L'ampio fronte contenuto fra due torri, apparentemente di
epoche differenti, è scandito da due ordini di aperture, con robusto
portale bugnato a
piano terra, a sua volta sormontato dall'unico balcone del prospetto):
l'impianto della facciata, così come lo scalone interno che conduce ai
piani superiori, furono opera della famiglia Graffeo a metà del
Seicento. Dalla parte opposta, coerentemente alle sue funzioni
difensive, si affaccia sullo strapiombo settentrionale del monte
Marone.
Torre
dei Ventimiglia
E’
una struttura architettonica di stile gotico-normanno. Sul lato
orientale è attaccata alla facciata di prospetto della Chiesa Madre
della quale costituisce la torre campanaria .
In
origine fu l’antica torre feudale dei Ventimiglia fatta costruire,
secondo alcune fonti di archivio, da Francesco I nel 1337.
Nel
1530 fu assegnata ai Cavalieri di Malta, nel 1560, quando la parrocchia
si trasferì dalla chiesa della Catena a quella di S. Sebastiano (presso
la Chiesa Madre) fu trasformata in torre campanaria.
La
torre è di forma quadrata, a tre livelli, sostenuta da quattro
pilastri, formanti un portico.
Nei
due piani inferiori ammiriamo delle finestre ogivali bifore e monofore.
Il terzo piano fu sopraelevato nel ‘700 quando il parroco del tempo
consentì all’Amministrazione Comunale di sopraelevare la torre per
porvi un orologio pubblico.
I lavori non furono mai portati a termine a
causa di una minaccia di crollo che si era manifestata, cessato il
pericolo, un orologio sarebbe comunque stato collocato, nel 1758, senza
quadranti ma con delle campane segnatempo.
Nel
2005 la torre è stata sottoposta ad un corposo intervento di restauro
voluto dal Comune di Gangi e sostenuto dalla Provincia Regionale di
Palermo.
Attualmente
la torre ospita al primo livello una installazione fissa di Presepe
artigianale realizzato da un artista locale, è visitabile e procura non
poche suggestioni agli avventori.
Torre
cilindrica
Poco
distante dall'area che ospita il convento dei Cappuccini, la torre viene
detta anche “saracena”. Di origine medioevale, ha le caratteristiche
di una torre per il controllo del territorio. Sono ancora oggi visibili
l'arco di accesso e le merlature.
Castello
di Regiovanni
L'edificio,
oggi fabbricato rurale, si trova a pochi chilometri a sud del centro
abitato, addossato a una cresta rocciosa, alla quale è direttamente
collegato: alcuni ambienti sono scavati nella stessa struttura rupestre.
La fortezza fu in epoca medioevale oggetto di diversi assedi nel
contesto delle ribellioni contro gli aragonesi.
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