Salemi,
situato nel cuore della Val
di Mazara, è una città medievale, di importante rilievo
urbanistico, e sorge in posizione equidistante rispetto ai maggiori centri
del territorio.
Ubicata
tra le colline coltivate a vigneti e uliveti, si raccoglie intorno al
castello dal cui terrazzo merlato della torre circolare è possibile
scorgere un vastissimo panorama sulla Sicilia occidentale
fino al mare.
La
cittadina è inclusa nel club dei borghi
più belli d'Italia, l'associazione dei piccoli centri
italiani che si distinguono per la grande rilevanza artistica, culturale e
storica, per l'armonia del tessuto urbano, la vivibilità e i servizi ai
cittadini.
Situata
sulle pendici del Monte delle Rose tra il fiume Mazaro e
il fiume Grande, Salemi è posta sul sito dell'antica città elima di
Halyciae.
Alicia
è stata teatro delle continue guerre tra Selinunte e Segesta.
Successivamente subì una forte immigrazione cartaginese.
Nel 272
a.C., conquistata dai romani venne
dichiarata città libera ed esente da tributi per volontaria
sottomissione. Nel V
secolo, come il resto della Sicilia,
fu saccheggiata dai vandali.
Nel 535,
fu conquistata dai greci
bizantini. Nell'827 venne
occupata dai musulmani.
Nel 1077,
e quindi in età normanna la
cittadina conobbe un notevole sviluppo: il centro urbanistico andò
strutturandosi conformemente all'odierna configurazione. In tale periodo
venne edificato il Castello.
Nel 1194,
seguirono le dominazioni degli Svevi.
Nel 1266,
alla morte di Federico
II, ebbe inizio il periodo
Angioino, che ridusse la popolazione in miseria. Nel 1283 Pietro
III d'Aragona creò milites nella città di Salemi i
nobili Pompeo di Vallone, Rumbao Sanclemente, Giovanni Lancillotto e
Pietro Muccicarnicio. Nel 1296, Federico
III di Sicilia declassò Salemi a città feudale, ma nel 1392 ottenne
il più favorevole status di città demaniale.
Nel 1441,
e precisamente l'11 dicembre, nel castello di Salemi si formò una
confederazione costituita da Salemi, Trapani,
Mazara, Monte
San Giuliano e dai baroni di Castelvetrano e
di Partanna,
che si impegnava alla difesa, sostenendone le spese, della regina Bianca e
della Real casa
di Aragona. Salemi venne, quindi, maggiormente fortificata e
presidiata contro le incursioni dei pirati barbareschi.
Nel 1735,
con l'incoronazione di Carlo
III di Spagna a Re
della Sicilia, avvenuta il 30 giugno, ebbe inizio la dominazione
borbonica.
Nel 1860 Giuseppe
Garibaldi, dopo essere sbarcato a Marsala,
si diresse alla volta di Salemi dove, il 14 maggio, venne accolto con
grande entusiasmo dalla popolazione. Grazie all'aiuto del barone Giuseppe
Triolo di Sant'Anna di Alcamo, che si era a lui unito con una banda di picciotti assunse
la dittatura,
cioè il governo, in nome di Vittorio
Emanuele II, futuro re
d'Italia. Nella Piazza del municipio, denominata
"Dittatura" in ricorrenza dell'evento, una lapide ricorda che in
quella data Giuseppe Garibaldi arrivò a Salemi dichiarandosi dittatore
del Regno
delle Due Sicilie “Siciliani! Io vi ho guidato una schiera
di prodi accorsi all'eroico grido della Sicilia, resto delle battaglie
lombarde. Noi siamo con voi! Non chiediamo altro che la liberazione della
nostra terra. Tutti uniti, l'opera sarà facile e breve. All'armi
dunque!”.
In
quell'occasione, il 14 maggio 1860, l'Eroe dei Due Mondi issò, da sé,
sulla cima della torre cilindrica del castello normanno-svevo la bandiera
tricolore proclamando Salemi "capitale d'Italia", titolo
che mantenne per un giorno.
Il
25 aprile del 1982, in occasione della celebrazione del centenario della
morte di Garibaldi, a Salemi si rappresentò simbolicamente e con la
partecipazione del Presidente
del Consiglio Bettino
Craxi il percorso compiuto dal generale, condottiero e
patriota italiano.
L'11
maggio 2010, in occasione dei festeggiamenti per il 150º
anniversario dell'Unità d'Italia, il Presidente
della Repubblica Giorgio
Napolitano visitò Salemi, Calatafimi e
Marsala.
Il
1º dicembre 1889 re Umberto
I, in segno di affetto nei confronti del fratello Amedeo
di Savoia e della sua seconda moglie Maria
Letizia Bonaparte, conferì al neonato nipote Umberto il
titolo di “Conte di Salemi”.
Il
titolo ricordava l’impresa dei Mille con la quale - proprio a Salemi -
ebbe inizio il processo di unificazione del Paese.
In
quella occasione, lo stesso Umberto I dispose che il Presidente
del Consiglio Francesco
Crispi desse esecuzione alle sue reali volontà. La risposta
della Presidenza del Consiglio non si fece attendere, anche perché da
molto tempo si era tentato di concedere alla città di Salemi un concreto
riconoscimento per il significativo contributo dato a Garibaldi e ai picciotti nel
percorso per l’Unità d’Italia. Fu così che il 15 dicembre 1889 il
Consiglio dei Ministri, vista l’approvazione del Parlamento, diede
esecuzione alle decisioni del Re di conferire al proprio nipote Umberto il
titolo di “Conte di Salemi”. Questi, tuttavia, morì di influenza
spagnola nel 1918 senza avere figli e conseguentemente il
titolo fu estinto.
Il
titolo, il 28 dicembre 2019, è stato onorificamente conferito
(all'interno di Casa Savoia, privo di valore legale per la Repubblica
Italiana) a Luisa Giovanna Bianca Agata Gavina Maria di Savoia,
secondogenita di Emanuele
Filiberto di Savoia e Clotilde
Courau, nata a Ginevra il
16 agosto 2006.
Le
catastrofi e il terremoto del 1968 - La
città di Salemi ha subito, nel corso della sua storia, diverse calamità
naturali. Nel 1270, il paese fu colpito da un'epidemia di peste propagata
da alcuni soldati che tornavano da una spedizione in Tunisia.
Per cercare di debellare il morbo furono bruciate e distrutte diverse
abitazioni. Da questo evento ebbe origine la richiesta avanzata dal
popolo, di avere un proprio santo protettore del paese: San
Nicola di Bari. Nel 1542,
un'invasione di cavallette provocò
gravi danni alle coltivazioni agricole e una grave carestia. Molti
cittadini invocarono l'intercessione di San
Biagio (vedi cavadduzzi di San Biagio). Nel 1740,
una frana si riversò sul convento dei Padri del Terz'ordine
Francescano sul monte delle Rose oltre che sul convento dei frati
cappuccini.
Nel 1968,
nella notte tra il 14 e il 15 gennaio, la città fu gravemente colpita da
un forte terremoto che
rase al suolo molti comuni di un'area, giornalisticamente, individuata
nella Valle
del Belice. In concomitanza del terremoto, Salemi donò a Gibellina dei
terreni pianeggianti, sui quali fu successivamente costruita la città di
“Gibellina nuova”. A seguito dell'evento sismico le autorità
politiche salemitane e gli architetti chiamati a progettare e ridisegnare
la struttura del comune optarono per la ricostruzione del paese secondo
uno stile nuovo. Per tali motivi lo sviluppo urbanistico ha portato a un
decentramento verso la parte a valle della collina che è stata chiamata
appunto, “Paese nuovo” e che ora rappresenta insieme con i
"Cappuccini" una delle aree e dei quartieri con maggiore densità
abitativa. Il centro storico è caratterizzato da uno schema di impianto
arabeggiante, con vicoli ciechi molto articolati, che portano a cortili
sempre più segregati e scale particolarmente ripide su strapiombi.
A
seguito del sisma, l'abitato nella zona centrale, sebbene non fu del tutto
disgregato, rimase per diversi anni abbandonato in virtù dei pochi
interventi di restauro e di una scelta che hanno preferito decentrare i
nuovi abitati in altri quartieri. La struttura, tuttavia, mantenne la
monumentale ortogonalità del complesso costituito dal Collegio dei
Gesuiti e da un denso corollario di dimore patrizie e di numerose chiese
(oltre 20). In posizione elevata e strategicamente dominante sorge il
Castello, eretto o quantomeno rimaneggiato da Federico
II di Svevia nel XIII
secolo, sulla base di un'antica fortezza greco-romana poi
utilizzata dagli arabi e dai normanni, a pianta trapezoidale con tre
torri, due quadrangolari e una a pianta circolare. Inoltre il Castello era
circondato da una doppia cinta muraria. Non esiste più nessuna traccia di
tali mura ma esiste la memoria di almeno cinque delle porte che
consentivano l'accesso alla città e di almeno tre torri di guardia ad
essi sovrapposti. Gli ingressi di cui si hanno notizia erano: "Porta
Gibli", "Porta Santa Maria", "Porta Aquila",
" Porta Quercia", e "Porta Corleone". Le torri di
guardia invece erano quella adattata a campanile dell'ex Chiesa Madre, e
quella trasformata in campanile della Chiesa di Sant'Antonino. Di una
terza torre si ha notizia in seguito a dei lavori nel quartiere della
Giudecca, e di cui non rimane traccia alcuna.
Sul
sito dove sorgeva l'antica chiesa madre medievale dedicata alla Madonna
degli Angeli e verosimilmente insistente su una moschea e
su un tempio di Venere,
nel 1615 ebbe
inizio la costruzione del Duomo, su progetto dell'architetto palermitano
Mariano Smiriglio e completato nel 1761,
almeno per quanto riguarda il corpo longitudinale, giacché proprio da
questa data ebbero inizio i lavori di ampliamento della vecchia abside. Il
terremoto del 1968 non provocò che il crollo di parte di una navata
laterale, l'incuria delle autorità civili ed ecclesiastiche del tempo lo
ridussero a un imponente rudere. In parte recuperato, con un progetto
d'intervento dell'architetto portoghese Álvaro
Siza, suscitano ora particolare attrazione i resti dell'antica
"Madrice" antistanti alla piazza Alicia sulla quale si affaccia
anche il castello. Nel corso del convegno internazionale denominato Piazze
d'Europa, piazze per l'Europa la piazza Alicia è stata inclusa tra i 60
buoni esempi di realizzazione, progettazione e riqualificazione
urbanistica al mondo.
Visitare
il borgo

Salemi
si eleva su una collina, a 442 metri di altezza, alle pendici del Monte
delle Rose circondata dalle vigne e dagli uliveti della Valle del Belice.
Il ricco patrimonio artistico, la storia e la cultura di questo borgo
arabo-medievale, gli hanno permesso nel 2016 di essere inserito nel Club
dei Borghi
più belli d’Italia.
Castello
Normanno Svevo
Nella
parte alta sorge il Castello normanno-svevo con tre torri, una
cilindrica e due a base quadrata.
Fatto
costruire da Ruggero
il normanno intorno al 1077,
su preesistenti fortificazioni greco-romano. A quel periodo risale
l'iscrizione religiosa I.C.N.C.R.I. Il geografo El
Edrisi ne scrive già nel XII secolo. Fu rimaneggiato da Federico
II di Svevia nel XIII secolo.
A
partire dall'epoca di Manfredi
di Sicilia la castellania di Salemi appartenne
alla nobile famiglia Bruno, secondo alcuni storici originaria di Firenze,
secondo altri catalana.
Dal 1282 fu
castellano Pedro de Sanclemente, cavaliere catalano capostipite della
nobile famiglia Sanclemente,
ramo siciliano dei Santcliment di Barcellona.
Costui partecipò alle guerre
del Vespro al fianco di Pietro
III d'Aragona e venne ricompensato dal monarca con la
castellania salemitana e i due feudi di Gibilichaleph e
Gibiluasili.
Nel 1300 la
Castellana di Salemi venne nuovamente confermata alla famiglia Bruno,
nella persona di Giovanni, da parte di Federico
III di Sicilia. Pietro, primogenito di Giovani, fu primo signore di
Canetici in sua famiglia e ottenne la convalida a castellano alla morte
del padre nel 1344.
Sposò Luigia de Sanclemente e trasmise la castellania alla sua
discendenza, che la conservò almeno sino alla prima metà del XVI
secolo.
L'11
dicembre 1441 nel
castello di Salemi si formò una confederazione costituita da Salemi,
Trapani, Mazara, Monte San Giuliano, Castelvetrano e Partanna, che si
impegnava alla difesa della regina Bianca
d'Aragona.
Nel 1789 fu
adibito a carcere, e il 14 maggio 1860 da
questo castello Garibaldi issò
(sulla torre tonda) la bandiera tricolore, proclamando Salemi “capitale
d’Italia” e la dittatura
garibaldina. Dal 1934 divenne
biblioteca comunale.
Danneggiato
dal terremoto
del Belice del 1968, fu chiuso 35 anni per restauri e lavori di
consolidamento da parte della Regione
Siciliana, e riaperto nel 2002.
I lavori sono stati completati definitivamente nel 2010.
Il
castello ha un impianto abbastanza unitario, poco rimaneggiato dopo
l'epoca normanno-sveva. L'edificio ha un impianto leggermente ruotato in
direzione nord-est/sud-ovest. Possiede tre torri angolari, una cilindrica
(ovest) e due quadre (est, sud) mentre una quarta torre (quadra?)
esistente nell'angolo nord è probabilmente crollata nel secolo XVII.
Nessuna delle torri quadre supera in altezza il terrazzo sommitale del
torrione cilindrico, ancora oggi il punto più alto della città.
Oggi
è sede museale e vi si svolgono concerti e convegni.
Piazza
Alicia
Nel
centro storico di Salemi tra strette vie,
ripide scalinate, cortili e vicoletti è possibile ammirare la suggestiva
Piazza Alicia, dove si affacciano il Castello e i resti del Duomo, case e
palazzi costruiti con la pietra detta campanella, circa 25 chiese, il
quartiere islamico chiamato Rabato e l’ebraico della Giudecca.

Duomo
di San Nicola di Bari
I
ruderi dell’antico Duomo di Salemi sono una delle principali attrazioni
di Salemi, città del Libero Consorzio Comunale di Trapani, nella Sicilia
occidentale.
Situati
nel centro storico del borgo medievale, nei pressi del Castello
Normanno, i resti di questa Chiesa danno vita a un vero e proprio
museo a cielo aperto: per scoprirne la storia, bisogna risalire al XVII
secolo, quando nel 1615 furono intrapresi i lavori per la costruzione
dell’allora Chiesa Madre del borgo. Più di un secolo dopo, nel 1761,
veniva finalmente posata l’ultima pietra di questo edificio sacro.
La
Chiesa, consacrata a San Nicola di Bari, tuttavia, fu parzialmente
distrutta dal terremoto del 1968 che sconvolse la Valle del Belice,
facendo crollare il tetto e devastando le pareti dell'edificio. In
seguito, l’antico Duomo di Salemi non fu ricostruito, ma lasciato nelle
stesse condizioni causate dal sisma, a memoria del tragico evento, ma
anche a testimonianza della rinascita del borgo circostante.
Da
grande Chiesa quindi, il Duomo di Salemi si è trasformato in punto di
ritrovo, dove oggi si incontrano i giovani della città.
In
origine, l’antico Duomo di Salemi era una Chiesa a croce latina, con
transetto e tre navate, decorata in stile tardo rinascimentale. Imponente
e semplice al tempo stesso, custodiva sculture, altari e dipinti sacri,
tutte opere di artisti come Bernardo Restelli, Mariano Smiriglio e
Cristoforo Milanti, quest’ultimo appartenente a una famiglia di artisti
trapanesi provenienti da Marsala.
Le
opere che furono salvate dalla distruzione del sisma, come la tela
raffigurante la Madonna degli Angeli del 1604, sono oggi conservate
presso il Museo Civico.
Chi
arriva davanti all’antico Duomo di Salemi, si appresta a visitare un
museo a cielo aperto, infatti dell’intero edificio sono rimaste
soprattutto le colonne, la zona absidale e alcuni brevi tratti delle mura
in mattoni che cingevano le tre navate.
Avvicinandosi
alle nicchie rimaste intatte, è ancora possibile ammirare i meravigliosi
marmi degli altari, alcune sculture e i capitelli delle colonne, che
provocano nei visitatori un senso di ammirazione misto a stupore, una
volta conosciuta la storia di questo affascinante monumento del passato.
Chiesa
Madre
Intorno
al 1596 giunsero a Salemi due missionari Padri Gesuiti, Padre Erasmo Patti
e Padre Pietro Filippazzi. Nel '600, per la Compagnia di Gesù, la
missione popolare era indispensabile per evangelizzare, i Gesuiti
applicavano alle loro missioni uno schema penitenziale, e le curavano nei
particolari.
Il
Cremona ci tramanda che tutto il popolo salemitano rimase molto toccato
per la missione di questi due Gesuiti, così commosso che si adoperò per
rendere possibile la fondazione di un Collegio dei Gesuiti nella loro Città.
Nel
1628 altri Padre Gesuiti, Padre Gaspare Paraninfo e il Venerabile Padre
Luigi la Nuza, conosciuti in tutta la Sicilia per il loro impegno
missionario, celebrarono altre missioni nella Città. Nello stesso anno
muore il Sig. Giuseppe Gangi che lasciò tutti i suoi beni per la
fondazione del Collegio, tra cui il palazzo che sorgeva dove
successivamente venne costruita la Chiesa. La costruzione dell'opera però
non poteva essere realizzata per mancanza di fondi.
Nel
1629 venne affidato al Gesuita Padre Girolamo La Rocca, insieme ad altri
Padri Gesuiti, di continuare il servizio evangelico e scolastico presso la
Chiesa di S. Bartolomeo. Qui i Padri predicavano, confessavano e
alloggiavano.
Nel
frattempo i fondi per la costruzione del Collegio crescevano, grazie ai
beni lasciati dalla Sig.ra Melchiona Cappasanta. Nel 1642 muore la
Baronessa D' Arcodaci, Raffaella Tagliavia, moglie del Barone Antonio di
Caro, la quale lasciò tutti i suoi beni (30.000 scudi in baronie) per la
costruzione del Collegio con l'impegno di fondarvi le scuole di Teologia e
Filosofia.
Quando
fu possibile avviare i lavori e dopo il permesso avuto dal Generale
Preposito, Padre Nunzio Vitelleschi, si celebrò la posa della prima
pietra su cui fu incisa l'iscrizione di S. Ignazio di Loyola. A gettare la
prima pietra furono Padre Francesco Piccolomini e Padre Giovanni Paolo
Oliva, in visita in Sicilia, che successivamente saranno Generali della
Compagnia. Il Cremona ci tramanda che la cerimonia fu solenne, alla
presenza dei nobili della Città e di tutto il popolo.
Nel
1659 il Barone di Giardinello Tommaso Clemenza, il quale era proprietario
del terreno su cui doveva essere costruito il Collegio e la Chiesa, volle
contribuire all'opera donando 30.000 scudi.
Il
Sig. Giuseppe Gangi, la Baronessa Raffaella Tagliavia e il Barone Tommaso
Clemenza furono coloro che finanziarono l'opera e resero possibile la
costruzione del Collegio e della Chiesa.
Il
Collegio dei Gesuiti - Il Collegio dei Gesuiti rimane l'opera
architettonica più grande di Salemi. Costituito di due cortili, il
maggiore per la scuola e per altre opere pubbliche, di forma
quadrangolare, un tempo circondato da un portico con colonne di ordine
toscano e archi con volte. Il Baviera ci informa che dopo la cacciata dei
Gesuiti (metà del '800) questo portico venne demolito. Il secondo cortile
era più stretto e a forma rettangolare, affianco alla chiesa serviva per
i Padri Gesuiti. Durante gli anni '90, quando nel Collegio avevano sede le
scuole i cortili venivano chiamati: "maschile" quello maggiore
che veniva usato dai ragazzi e "femminile" il secondo, usato
dalle ragazze.
In
questo Collegio il popolo salemitano e dei paesi vicini venne istruito ed
educato. Avevano sede le scuole inferiori, di Filosofia e Teologia Morale
e Teologia Scolastica. Fino a pochi anni fa il Collegio continuava ad
essere sede della Scuola Media ed Elementare.
Vi
risiedevano anche delle Congregazioni, tra quelli minori ricordiamo quella
dei Borgesi, chiamata degli Arvali. In questo periodo storico (XVI - XVII
sec.) le Congregazioni avevano lo scopo di insegnare i principi
evangelici, si impegnavano in opere di carità e assicuravano l'assistenza
durante la morte (funerale e messe 12 messe in suffragio) e la sepoltura (
nella Chiesa di S. Francesco ). La Congregazione dell'Immacolata aveva un
suo oratorio all'interno del Collegio, ornato con stucchi e belle pitture
dove ci si riuniva nelle solennità della Vergine e nelle domeniche
mattina. Alla Congregazione venne affidata la costruzione della Chiesa di
S. Ciro, nel feudo di Carbinarusa di proprietà dei Gesuiti, di celebrare
la festa nell'ultima Domenica di Agosto e di celebrare le Sante Messe
festive dal mese di Maggio sino ad Agosto. Questa Congregazione era legata
alla Congregazione dell' Annunziata del Collegio dei Gesuiti di
Roma.
Un'altra
importante Congregazione era quella del SS. Crocifisso, detta Segreta,
fondata nel 1662 da Padre Filippo Zappia di Caltagiorne (morto a Trapani
in fama di santità), anch'essa legata all'Annunziata del Collegio di
Roma.
Il
Cremona ci dice che questa Congregazione era una delle più importanti in
tutto il regno di Sicilia. Questa Congregazione fabbricò, nella parte
bassa del Collegio, delle celle dove si svolgevano gli esercizi di S.
Ignazio. La zona degli esercizi poteva ospitare 10 persone, possedeva un
proprio refettorio, una cucina, una libreria, una stanza di
penitenza.

La
Congregazione del SS. Crocifisso grazie al Padre Silvio Ludovico Minimi di
Perugia riuscì ad affermarsi e ad divenire celebre in Salemi. Ne potevano
farne parte 30 uomini con un periodo di noviziato. Celebre era l'oratorio
che poteva contenere 100 persone, si venerava un crocifisso (1664) del
celebre scultore Milanti di Trapani. L'altare era ornato con arabeschi di
legname e d'oro fino, 12 grandi tele ad olio che raffiguravano alcuni
Santi importanti per la loro penitenza, la volta era dipinta dal pittore
Francesco Ferrasiti Bolognese. Era tradizione per quel tempo portare in
processione questo Crocifisso durante i periodo di calamità e siccità.
Il
Cremona ci racconta che questa Congregazione era importante per la
predicazione degli Esercizi Spirituali di S. Ignazio, e per il culto
Eucaristico (festa del Corpus Domini e accompagnamento del Santissimo agli
infermi).
Altra
Congregazione di questo Collegio era quella del Ritiro, poi chiamata
Lauretana (Vergine di Loreto). Venne fondata nel 1686 con la licenza di
Padre Girolamo Forti. Vi si teneva il noviziato per poi poter entrare
nella Congregazione del SS. Crocifisso (detta Segreta). Nel 1705 venne
costruito l'Oratorio con la riproduzione della Casa di Loreto e la
Congregazione sposto la sua precedente sede (una stanza del Collegio) in
questa. Il progetto di costruire all'interno del Collegio la riproduzione
della Casa di Loreto fu ad opera di Padre Ludovico Minimi che, a proprie
spese, contribuì alla realizzazione del luogo sacro. Fu proprio Padre
Ludovico Minimi a stilare la regola per la Congregazione e a renderla
autonoma dalla Congregazione Segreta.
L'8
Settembre 1705 con solennità venne aperta al pubblico la Casa Santa di
Loreto alla presenza del Vescovo Mons. Bartolomeo Castelli, il quale in
quel periodo amministrava in Salemi la visita apostolica. Il Cremona ci
racconta che partecipò una grande folla, le Sante Comunione che furono
date arrivarono a 15.000. Ogni anno l'8 Settembre un gran numero di fedeli
anche dei paesi vicini viene a rendere omaggio alla Vergine in questo
luogo sacro. La Casa Santa di Loreto veniva aperta in tutte le feste
mariane e per le calamità.
Nel
1715 arrivo da Roma l'intero corpo del martire Vittoriano che venne
collocato sotto l'altare della Casa Santa di Loreto. Attorno all'effige
della Vergine di Loreto, inizialmente collocata in una nicchia di marmo,
furono collocati diverse reliquie di Santi all'interno di arabeschi di
legno decorati con foglie d'oro. Sotto l'altare, oltre alle reliquie di S.
Vittoriano, ne furono collocate altre.
Oggi,
sotto l'amministrazione Sgarbi, tutto il complesso del Collegio è in
restauro, le scuole sono state spostate alla sede centrale per dare spazio
a diversi musei. Il Collegio oggi è sede del Palazzo dei Musei, oltre al
Museo di Arte Sacra che conserva tele e statue delle diverse chiese
distrutte dal sisma, è sede del Museo della Mafia inaugurato alla
presenza del Presidente della Repubblica Giorgio Napoletano, del museo dei
Paesaggi, del Museo del Risorgimento e presto anche del Museo Archeologico
con i resti e oggetti di epoca preistorica ritrovati nel territorio
salemitano.
La
Chiesa - Accanto al Collego venne costruita una prima chiesa la quale
nella notte del 1697 venne distrutta. In questa antica chiesa si
conservava una immagine della Vergine dipinta su un quadrato di rame. Il
Cremona ci racconta che in questa chiesa il Venerabile Padre la Nuza venne
rapito in estasi mentre predicava dal pulpito, e Padre Giuseppe Salamone
parlò alla Vergine Maria.
La
costruzione della nuova chiesa avvenne nel 1699 quando era vicerettore del
Collegio Padre Giuseppe Roberti. Come si è detto prima, all'apertura dei
lavori partecipò tutto il popolo con grande solennità. La chiesa venne
dedicata a S. Ignazio di Loyola il 20 Settembre del 1705 dal Vescovo Mons.
Bartolomeo Castelli, suo primo rettore fu Padre Niccolò Vesco.
Nello
stesso 1699 la chiesa era ultimata, mancava solo l'abside centrale e le
cappelle laterali. La spesa per terminare la Chiesa fu abbastanza
considerevole che si dovette vendere il feudo di Besa, lasciato dalla
Baronessa D'Arcodaci Raffaella Tagliavia. Nel 1755, durante il rettorato
di Padre Giuseppe Tipa, fu ultimato l'abside e le cappelle laterali e
nell'anno 1757 si aprì definitivamente al pubblico con un solenne
triduo.

Descrizione
- La facciata della Chiesa è di considerevole bellezza, la più bella di
Salemi. In stile barocco, simile a quella della Chiesa dei Gesuiti a Roma,
il portone centrale è affiancato da due doppie colonne tortili in pietra,
decorate con fasci di uva e frutta. Sopra il grosso portone centrale una
lastra in pietra decorata con la scritta "I H S". Ai lati
troviamo due altre porte di media grandezza con sopra una nicchia vuota di
pietra decorata, forse inizialmente progettate per accogliere una
statua.
Nella
parte superiore troviamo un'ampia finestra, sempre in pietra decorata,
sormontata da uno stemma con l'iscrizione "M". Questa parte alta
è affiancata da grosse pietre a forma di spirale con sopra grossi vasi di
pietra decorati. Il tetto è a spiovente.
Il
campanile invece è addossato a destra della chiesa. Di pietra decorata
accoglie tre campane. Nella parete destra esterna, a centro, troviamo
un'altra porta di media grandezza, invece la parete sinistra esterna dà
nel cortile interno del Collegio. Entrambi le pareti, nella parte alta
della volta centrale, hanno 4 ampie finestre.
La
chiesa è a tre navate, divise da 3 colonne intere e da due a metà
addossate alle pareti, a fusto liscio di ordine toscano. Nel transetto
abbiamo due cappelle: a destra quella di S. Francesco Saverio. Troviamo
una tela del Santo di autore ignoto del sec. XVIII, la macchina d' altare
in legno con decorazioni di colore verde (essendo restaurato ha perso i
colori originali), la mensa è in marmo decorato. Al centro un mezzo busto
del Santo con un medaglione che un tempo custodiva la reliquia. Il tutto
è sormontato da una decorazione in stucco bianco con decorazioni dorate
nei bordi.
Nella
parte sinistra del transetto abbiamo la cappella più importante, quello
di San Ignazio di Loyola. Una tela del santo di ottima fattura, di autore
ignoto del sec. XVIII. La macchina d'altare in legno con decorazioni di
colore verde, la mensa in marmo decorato. Al centro un mezzo busto del
Santo con un medaglione che un tempo custodiva la reliquia. Il tutto è
sormontato da una grande decorazione in stucco bianco e con decorazioni
dorate nei bordi.
Nell'abside
invece originariamente (fino a qualche anno fa) avevamo una grossa tela di
autore ignoto del XVIII sec. che raffigurava il trionfo del Nome di Gesù
tra i santi Gesuiti. Oggi al posto della tela abbiamo il Crocifisso
dell'antica Madrice, la tela invece è custodita nei magazzini della
Chiesa. La macchina d'altare è in cipresso con decorazioni di colore
verde e azzurro e doro. Esso è stata dedicato con la bolla di Benedetto
XIV. L'antica mensa è in marmo decorato. Il tabernacolo è chiuso da una
porta in argento sbalzato dove è raffigurato il sacrificio di Isacco, ed
è affiancato dalle statue dei Santi Pietro e Paolo. Sopra la macchina di
legno troviamo 6 candelieri.
Ai
lati dell'abside oggi abbiamo 4 tele: a destra del crocifisso una tela che
proviene dall'antica Madrice (dall'altare del SS. Sacramento), ad opera di
Ignazio Di Miceli del sec. XIX. Essa raffigura l'oblazione di Melchisedek;
a sinistra del crocifisso un'altra tela di stessa provenienza e dello
stesso autore che raffigura l'Ultima Cena. Nella pareti laterali oggi
abbiamo, a destra una tela di autore ignoto del XVIII sec., forse
proveniente dalla Chiesa di S. Stefano. Conservata nei magazzini del
Comune l'Arciprete Don Salvatore Cipri ha deciso di collocarla in questa
chiesa. Essa raffigura l'Immacolata Concezione con sopra la SS. Trinità.
Nella parete sinistra una tela di ottima fattura proveniente dalla Chiesa
di S. Chiara, di autore ignoto del sec. XVII. Essa riproduce la copia
della deposizione del Rubens, nel trittico conservato nella Cattedrale di
Anversa. Anch'essa conservata nel deposito del Comune, pur essendo
rovinata riesce ad trasmettere il suo fascino.
Al
centro dell'abside troviamo l'Altare in pietra "campanedda"
lavorata con decorazione floreali e rivestito da 4 pannelli d'argento
sbalzato. Opera dello scalpellino Antonino Scalisi di Salemi e degli
argentieri Amato di Palermo. L'altare è stato solennemente dedicato il 5
dicembre del 2009. Sotto di esso sono state collocate le reliquie dei
santi: S. Tommaso Becket, S. Nicola di Bari, S. Ignazio, S. Rita da
Cascia, S. Pio da Pietrelcina.
L'Altare
Maggiore è rialzato da 2 gradini. Oggi, sotto l' arcipretura di Don
Salvatore Cipri, ha assunto una nuova sistemazione liturgica, con il nuovo
altare, l'ambone (collocato nella parte destra) ricavato da un antico
pulpito della Chiesa della Concezione, la sede (collocata nella parte
sinistra) ricavata da una antica sede della Chiesa di S. Chiara, il fonte
battesimale (un'antica acqua santiera del XVI sec. proveniente dall'antica
Madrice) e il candelabro del cero pasquale (ricavato da una antico
candelabro, un tempo collocato affianco la macchina d'altare), entrambi
collocati affianco l'ambone.
Nelle
pareti del transetto, laterali all'abside, troviamo due tele del Patrono
S. Nicola, dell'artista Ignazio Di Miceli del sec. XIX, proveniente
dall'antica Madrice collocate nell'altare di S. Nicola: a destra la tela
del Patrocinio di S. Nicola, a sinistra quella del miracolo della
resurrezione dei tre bambini. Sotto queste rispettive tele abbiamo due
porte, a destra quella dello studio del Parroco (ex magazzino), a sinistra
quella della sacrestia.
La
sacrestia consta di due ampie stanze, il corridoio d'ingresso oggi
conserva i ritratti di alcuni Arcipreti, collocati in ordine nelle pareti.
Nella prima stanza abbiamo invece due grossi armadi in legno, addossati
alla parete (negli anni 80 il pavimento fu rialzato e la base su cui
poggiavano è stata eliminata), al centro un grosso e antico tavolo,
troviamo anche un'antica crocifissione (XV - XVI sec.) dipinta su tavola
(il crocifisso, Maria e S. Giovanni), sotto un antico tavolo con sopra un
tabernacolo. Di fronte alla crocifissione abbiamo un antico cassettone con
decorazioni veneziane, con sopra una statua dell'immacolata e due
reliquari lignei a forma di coppa. Le pareti invece sono riempite di tele
che raffigurano Santi e la Vergine. Al centro pende un lampadario
(proveniente della sacrestia dell'antica Madrice). Per accedere all'altra
stanza, la porta è affiancata da due piccoli altari con al centro un
crocifisso. Questa stanza invece, contiene come la prima, due armadi in
legno addossati alla parete, le pareti invece sono coperte da ritratti di
Salemitani Vescovi o di notevole importanza. In una parete troviamo una
macchina d'altare con un quadro della Madonna del Rosario (fino agli anni
'80 collocato in Chiesa).
Nella
navata centrale abbiamo uno stupendo organo ligneo del XVIII sec. decorato
con stucchi di colore rosso, blu, e oro. Esso è collocato al centro delle
colonne sinistre. Nella colonna d'angolo della parte sinistra abbiamo un
pulpito ligneo, anch'esso decorato con foglie d'oro.
Le
cappelle laterali invece sono distribuiti nelle rispettive navate
laterali. Nella navata laterale destra abbiamo: nella prima una grossa
tela dell'Annunciazione attribuita all'artista Pietro Bonaccorso. La
macchina d'altare è in legno e di semplice fattura, la mensa è decorata
con un pannello di marmo, una ringhiera in ferro chiude la cappella.
Nella
seconda cappella un tempo avevamo una macchina lignea con un quadro
di media grandezza che raffigurava la Madonna della Medaglia Miracolosa e
sopra di esso una tela che raffigurava S. Rosalia. Il Cremona ci racconta
che questo altare era della Famiglia Lo Vesco, il quale aveva la propria
sepoltura sotto di essa. Nella precedente Chiesa questa cappella doveva
essere l'altare centrale, poi con la costruzione della nuova chiesa venne
spostata. Un tempo in essa avevamo un piccolo quadro del martire S. Ciro,
oggi conservato in sacrestia. La macchina d'altare è in legno, la mensa
è decorata con una pannello di marmo. Una ringhiera di ferro chiude la
cappella. Il Cremona ci racconta che questo altare era conosciuto come
l'altare di S. Rosalia. Oggi invece è diventata la cappella del Patrono
S. Nicola, la macchina lignea con la tela e la stessa tela di S. Rosalia
sono state smontate per dare spazio alla statua processionale di S.
Nicola. A seguire questa cappella abbiamo la porta laterale. Nella 4
cappella, invece, un tempo avevamo una macchina lignea con dentro una
statua di cera dell'Addolorata, e sotto, sino al 900, dovevamo trovare
un'urna con le reliquie della santa martire S. Venera (oggi non esiste più
l'urna ma le reliquie sono conservate in sacrestia). Una balaustra in
legno delimita la cappella. Oggi questa è la cappella dell'Immacolata e
conserva la statua della Vergine Maria.
Nella
navata laterale sinistra abbiamo: nella prima cappella una macchina lignea
con un quadro dell'Annunciata e sopra di essa una tela di S. Anna,
proveniente dalla chiesa omonima, per questa tela la cappella è chiamata
di S. Anna. La macchina d'altare è in legno e di semplice fattura, la
mensa è decorata con un pannello di marmo. Una balaustra in legno chiude
la cappella.
Nella
seconda invece abbiamo una macchina lignea finemente decorata con foglie
d'oro e foglie azzurre con al centro una tela della Madonna del Lume,
tutta la macchina d'altare e la mensa è di fine marmo intagliato, la
stessa balaustra (rispetto a quelle degli altri altari) è in marmo
decorato.
Nella
terza cappella un tempo avevamo una tela dell'artista Pietro Bonaccorso
che raffigurava S. Francesco Borgia (oggi custodita nei magazzini della
Chiesa), oggi invece è divenuta la cappella di S. Giuseppe, con al centro
la statua del Santo (provenient dalla omonima Chiesa), nelle pareti
laterali (essendo più profondo rispetto le altre) abbiamo due quadri che
raffigurano rispettivamente, il Cuore di Gesù e il Cuore di Maria.
La
quinta Cappella invece è del SS. Crocifisso, la macchina d'altare è
decorata con arabeschi dorati e con reliquari di cipresso che custodiscono
diverse reliquie di Santi tra cui quelle dei Santi Cosma e Damiano, S.
Francesco D'Assisi, e tanti altri. Le pareti dell'altare sono riempite da
altri reliquari in legno con diverse reliquie. L'altare, ci dice il
Cremona, apparteneva alla famiglia Roberti la quale ha sotto di esso la
propria sepoltura (un tempo, davanti alla cappella, doveva esserci la
lapide sepolcrale). Il crocifisso ligneo al centro è di ottima fattura,
forse dello scultore trapanese Milanti, affianco ad esso troviamo le
statue lignee e dorate della Vergine Addolorata e di S. Giovanni, opere di
Pietro Orlando. La mensa è decorata con un pannello di marmo, una
balaustra in marmo chiude la cappella. In questa cappella ancora sono
visibili le antiche decorazione dorate che dovevano ricoprire l'intera
Chiesa.
La
volta della navata centrale è decorata con lunette e medaglioni in stucco
bianco, quelle delle navate laterali sono a botte. L'intere pareti sono
decorate con medaglioni e lunette di stucchi bianchi. La decorazione
interna è delicata e semplice, non esagerata e non troppo fastosa, pur
essendo in un'epoca dove il barocco è fondamentalmente sontuoso. La parte
alta dell'abside invece è anch'essa con decorazioni in stucco bianco, con
al centro lo stemma dei Gesuiti (I H S) decorato in uno scudo con attorno
bandiere e lance. La volta centrale invece è una falsa cupola decorata
anch'essa con stucchi bianca da dove pende un lampadario. La parete di
ingresso invece, nella navata centrale abbiamo decorazioni con stucchi
bianchi, sopra il portone centrale lo stemma della Vergine (M) in stucco
bianco. Le pareti d'ingresso delle navate centrali sono riempite da
medaglioni in stucco bianco con all'interno delle iscrizioni: nella parte
destra l'iscrizione tratta della dedicazione a S. Ignazio, nella parte
sinistra l'iscrizione tratta della dedicazione e apertura della Chiesa.
Oggi con gli ultimi restauri sono state aggiunte alcune decorazioni di
colore rosa nelle pareti laterali della chiesa.
Il
pavimento della Chiesa un tempo era ricoperto da mattoni in marmo
rosso e bianco, con gli ultimi restauri (anni '90) invece abbiamo mattoni
in marmo bianco e grigio. L'intera Chiesa è rialzata, essendo costruita
in una zona in discesa, l'ingresso esterno infatti è costituito da una
scalinata in pietra.
Dopo
il sisma del '68 l'antica Madrice è stata demolita e questa Chiesa è
divenuta sede della Chiesa Madre, essendo la chiesa più grande e bella
della Città. Soltanto in questi ultimi anni, con l'Arcipretura di Don
Salvatore Cipri, ha avuto una sua sistemazione interna, l'area liturgica
con il nuovo Altare e Ambone, le cappelle al Patrono S. Nicola e
all'Immacolata, le quali giacevano "posteggiate" accanto
all'altare maggiore, la collocazione del Crocifisso dell'antica Madrice,
nell'altare Maggiore, al posto della tela originaria che pur essendo
originaria non esprimeva il significato liturgico dell'altare maggiore.
Infine la revisione della sacrestia e la creazione di uno studio del
Parroco.
La
"Casa Santa di Loreto" a Salemi - All'interno del
Collegio dei Gesuti, esiste una perfetta riproduzione della "Casa
Santa" che si trova a Loreto. La particolarità stà nel fatto che in
tutta la Sicilia non esiste un' opera d'arte simile a questa. Nell'altare
maggiore, è custodita un'immagine della Madonna nera. Un padre gesuita,
di questo nostro collegio, P. Silvio Ludovico Minimi era talmente devoto
alla Madonna di Loreto che volle riprodurre alla perfezione, nel recinto
del Collegio, la casa santa di Loreto fondando la Confraternita Lauretana.
Il progetto venne affidato a Giovanni Biagio Amico, architetto trapanese,
l'opera venne consacrata l'8 settembre 1705 con grande concorso di popolo,
venuto anche dai paesi vicini. Fino a tutto l' 800 questa chiesetta era
meta di pellegrinaggio, soprattutto nella vigilia e nel giorno della
festa, l'8 settembre, e il 10 dicembre, in memoria della traslazione della
casa da Nazaret a Loreto.
La
"Casa santa" che si trova a Loreto è lunga 48 palmi, larga 18,
alta 26. Le mura grosse due palmi e mezzo, fatte di pietra di colore
castagnino, listata a modo di mattoni grossi e disuguali. Ad occidente ha
una finestra alta 4 palmi e mezzo e larga 4. A tramontana aveva una porta
alta 10 palmi e larga 6 con un architrave di abete. La muraglia orientale
aveva sul tetto un'apertura del camino. Il tetto di dentro era rivestito
con mattoni a modo di schacchiera, di colire azzuro con istelle dorate. Il
tetto era sostenuto da 2 travi, in una parete l'evangelista Luca dipinse
il crocifisso, 4 chiodi e la Vergine addolorata con S. Giovanni.
Altri
edifici religiosi
La
Chiesa di San Clemente - La più piccola chiesa di Salemi è
la Chiesa di San Clemente, meglio conosciuta come Chiesa di
Sant’Annedda. La sua particolarità sono le pareti decorate con 14 tele
del 1700 che riproducono scene di vita di Maria e di Gesù. Sotto
l’altare sono custodite le spoglie del santo.
Chiesa
di Sant'Antonio da Padova
Chiesa
di Sant'Agostino
Basilica
paleocristiana di San
Miceli, sorta su vestigia greche e romane del IV e VI
secolo, riportata alla luce nel 1893 dell'archeologo Antonio
Salinas
Chiesa
di San Bartolomeo
Chiesa
di San Biagio
Chiesa
del Carmine
Chiesa
di Santo Stefano
Ex
Chiesa del Rosario
Chiesa
della Misericordia
Chiesa
Santa Maria degli Angeli
Chiesa
Immacolata Concezione
Chiesa
San Giuseppe
Chiesa
San Giovanni
Chiesa
San Francesco di Paola
Chiesa
San Francesco d'Assisi
Chiesa
Santa Maria della Catena
Chiesa
dei Gesuiti e i Musei - Dopo il terremoto la nuova chiesa madre
è diventata la Chiesa dei Gesuiti con una bella facciata in
stile barocco. Al suo interno conserva il crocifisso dell’antica matrice
e un magnifico organo ligneo del 1700.
L’annesso convento è sede del Polo
Museale di Salemi comprendente il Museo del Risorgimento, il Museo
della Mafia e il Museo Civico che, oltre a custodire varie
opere d’arte salvate dalle chiese andate distrutte, comprende anche una
sezione archeologica. Una cappella ospita la riproduzione della Casa Santa
di Loreto risalente nel 1705.
Tradizioni
e folclore
San
Nicola di Bari - La
leggenda lega la scelta del Santo Protettore ad un triste evento. Le
soldatesche di Carlo d’Angiò, di ritorno dalla spedizione di Tunisi,
sbarcate a Trapani, divulgarono il morbo della peste per tutto il
territorio circostante e soprattutto in quello di Salemi che nel 1270
venne distrutta. Si narra, sempre che la peste ebbe fine per intercessione
della Vergine del Rosario, portata in processione dai pochi salemitani
superstiti, da Calatafimi e collocata nella Chiesa in Piazza Alicia.
Salemi, passata nel frattempo alla casa
Aragonese, fu ricostruita, ma i salemitani per timore di un altro
flagello nel 1290 avanzarono a papa
Nicolò IV la richiesta di un Santo patrono e protettore,
così come ne godevano già alcune città del regno quali Siracusa,
Catania e Palermo.
Ma
il Santo Padre (al secolo Girolamo
Masci che, giova ricordare, aveva assunto proprio il nome di
Nicolò) decise che dovessero essere gli stessi abitanti a scegliere il
loro protettore. Per non dar luogo ad inopportune preferenze i salemitani
decisero di tirare a sorte il nome del santo. Scrissero su pezzetti di
carta i nomi di molti santi, li deposero in una piccola scatola e decisero
che il primo estratto sarebbe stato quello del loro Patrono. Ma dopo la
prima estrazione uscì il nome di San
Nicola di Bari. Non riscontrando alcun legame con il Santo si optò
per una seconda estrazione. Ma anche in tal caso l'estratto fu nuovamente
San Nicola. L'estrazione, venne rieseguita per la terza volta e
"miracolosamente" venne riconfermato il Vescovo di Mira, che,
pertanto, fu accolto gioiosamente dalla popolazione.
Si
narra, altresì, che per intercessione del Santo insieme con la Madonna,
San Biagio e San Francesco il paese di Salemi fu salvato dal colera che
Dio voleva scagliarvi nel corso del 1740. Nella centralissima piazza della
Libertà per ringraziare il Santo di avere protetto la città dal
terremoto del 1794 fu
innalzata una statua. Nel 1987,
in occasione del IX centenario della traslazione delle reliquie del santo
da Myra a
Bari, nel corso di un pellegrinaggio del popolo salemitano a Bari, dopo la
S. Messa celebrata dal vice parroco della città sulla tomba di S. Nicola,
come dono al Patrono i salemitani offrirono un olio profumato
e versate alcune gocce sul marmo della tomba venne completamente
assorbito, suscitando l'episodio devoto stupore tra gli astanti.
Quell'ampolla è custodita nel tesoro della Basilica di Bari come segno
della venerazione al Santo che continua a esistere dopo 7 secoli dalla sua
proclamazione a Patrono di Salemi.

La
tessitura e la pietra campanedda - Fra
le tradizioni tipiche più fiorenti mantenute occorre ricordare la
tessitura dei tappeti al telaio, il ricamo e la lavorazione della pietra
"campanedda" ricavata dalle cave del territorio e utilizzata per
i decori delle case e scolpita dagli artigiani locali.
I
Giardinieri - Maschera
salemitana - u Giardinieri: indossa il costume del Burgisi
cioè pantaloni
alla zuava, giacca e gilè tutti di velluto marrone, stivali neri,
una camicia bianca e al collo un fazzoletto rosso. In testa un cappello
adornato di fiori di carta crestata multicolori dal quale nella parte
posteriore scendono delle frange sempre di carta multicolori, alla spalle
porta un contenitore detta "sachina". Tramite un attrezzo
estensibile nei giorni di carnevale elargisce prodotti da giardino
mandarini alle ragazze simpatiche o cetrioli e carote a quelle
antipatiche. Nulla si sa delle sue origini. altre maschere siciliane che
adoperano la "Scaletta" erano u scalittaru palermitano
e "a vecchia" di San Fratello menzionati dal Pitrè.
Le
feste e la Città dei pani - La
festa delle Cene di San Giuseppe si celebra il 19 marzo. In tale
occasione vengono allestiti altari votivi dette "cene"
costituiti da una struttura in legno, ricoperta di foglie d'alloro e
mirto, e addobbata con arance e limoni piccoli pani ricamati
detti cuddureddi e realizzati artigianalmente dalle donne del
paese raffiguranti animali, piante e utensili da lavoro. Nell'occasione si
producono i famosi dolci di San Giuseppe, i sfinci.
Altri pani votivi sono i cuddureddi di sant'Antonio Abate,
i cavadduzzi di San Biagio. Gli abitanti si rivolsero a questo
santo nel 1465,
per salvare i raccolti da un'invasione di cavallette, e
i cuddureddi che rappresentano la gola.
Altri
pani sacri sono il Bastone e i cucciddati confezionati il 2
aprile, nel giorno dedicato a San
Francesco di Paola, i Pani di sant'Antonio da Padova, i Panelli di
san Nicolò da Tolentino, i pani di santa Elisabetta d'Ungheria.
Inoltre u peri di voi (il piede di bue) confezionato con la
prima farina del nuovo raccolto, i Manuzzi, in occasione della
commemorazione dei defunti del 2 novembre, u carcocciulu il
carciofo per le feste natalizie. Per tali ragioni Salemi è definita
la Città dei pani che si possono ammirare presso il Museo del
Pane Rituale.
In
onore del santo patrono della città, san Nicola di Bari, si
svolge Lu fistinu di San Nicola. La festa ricorre il 6 dicembre anche
se anticamente veniva celebrata anche il 9 maggio, data della traslazione
delle reliquie del santo e ultima domenica di maggio in cui si celebrava
il patrocinio. L'8 dicembre si celebra la solennità dell'Immacolata
Concezione della Beata Vergine Maria, festeggiata e onorata a
Salemi come protettrice della città sin dal 1740, data nella quale il suo
simulacro ligneo fu donato da don Gioacchino Genco, parroco di Resuttana,
ai salemitani suoi concittadini. Nell'ultima domenica di agosto nel rione
dei Cappuccini si celebra la Madonna della Confusione (ovvero del
turbamento, del dolore per la morte del figlio).
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