Salemi (Borgo)
(Trapani)

 

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Salemi, situato nel cuore della Val di Mazara, è una città medievale, di importante rilievo urbanistico, e sorge in posizione equidistante rispetto ai maggiori centri del territorio.

Ubicata tra le colline coltivate a vigneti e uliveti, si raccoglie intorno al castello dal cui terrazzo merlato della torre circolare è possibile scorgere un vastissimo panorama sulla Sicilia occidentale fino al mare.

La cittadina è inclusa nel club dei borghi più belli d'Italia, l'associazione dei piccoli centri italiani che si distinguono per la grande rilevanza artistica, culturale e storica, per l'armonia del tessuto urbano, la vivibilità e i servizi ai cittadini.

Situata sulle pendici del Monte delle Rose tra il fiume Mazaro e il fiume Grande, Salemi è posta sul sito dell'antica città elima di Halyciae.

Alicia è stata teatro delle continue guerre tra Selinunte e Segesta. Successivamente subì una forte immigrazione cartaginese. Nel 272 a.C., conquistata dai romani venne dichiarata città libera ed esente da tributi per volontaria sottomissione. Nel V secolo, come il resto della Sicilia, fu saccheggiata dai vandali. Nel 535, fu conquistata dai greci bizantini. Nell'827 venne occupata dai musulmani. Nel 1077, e quindi in età normanna la cittadina conobbe un notevole sviluppo: il centro urbanistico andò strutturandosi conformemente all'odierna configurazione. In tale periodo venne edificato il Castello.

Nel 1194, seguirono le dominazioni degli Svevi. Nel 1266, alla morte di Federico II, ebbe inizio il periodo Angioino, che ridusse la popolazione in miseria. Nel 1283 Pietro III d'Aragona creò milites nella città di Salemi i nobili Pompeo di Vallone, Rumbao Sanclemente, Giovanni Lancillotto e Pietro Muccicarnicio. Nel 1296Federico III di Sicilia declassò Salemi a città feudale, ma nel 1392 ottenne il più favorevole status di città demaniale.

Nel 1441, e precisamente l'11 dicembre, nel castello di Salemi si formò una confederazione costituita da Salemi, Trapani, Mazara, Monte San Giuliano e dai baroni di Castelvetrano e di Partanna, che si impegnava alla difesa, sostenendone le spese, della regina Bianca e della Real casa di Aragona. Salemi venne, quindi, maggiormente fortificata e presidiata contro le incursioni dei pirati barbareschi.

Nel 1735, con l'incoronazione di Carlo III di Spagna a Re della Sicilia, avvenuta il 30 giugno, ebbe inizio la dominazione borbonica.

Nel 1860 Giuseppe Garibaldi, dopo essere sbarcato a Marsala, si diresse alla volta di Salemi dove, il 14 maggio, venne accolto con grande entusiasmo dalla popolazione. Grazie all'aiuto del barone Giuseppe Triolo di Sant'Anna di Alcamo, che si era a lui unito con una banda di picciotti assunse la dittatura, cioè il governo, in nome di Vittorio Emanuele II, futuro re d'Italia. Nella Piazza del municipio, denominata "Dittatura" in ricorrenza dell'evento, una lapide ricorda che in quella data Giuseppe Garibaldi arrivò a Salemi dichiarandosi dittatore del Regno delle Due Sicilie “Siciliani! Io vi ho guidato una schiera di prodi accorsi all'eroico grido della Sicilia, resto delle battaglie lombarde. Noi siamo con voi! Non chiediamo altro che la liberazione della nostra terra. Tutti uniti, l'opera sarà facile e breve. All'armi dunque!”.

In quell'occasione, il 14 maggio 1860, l'Eroe dei Due Mondi issò, da sé, sulla cima della torre cilindrica del castello normanno-svevo la bandiera tricolore proclamando Salemi "capitale d'Italia", titolo che mantenne per un giorno.

Il 25 aprile del 1982, in occasione della celebrazione del centenario della morte di Garibaldi, a Salemi si rappresentò simbolicamente e con la partecipazione del Presidente del Consiglio Bettino Craxi il percorso compiuto dal generale, condottiero e patriota italiano.

L'11 maggio 2010, in occasione dei festeggiamenti per il 150º anniversario dell'Unità d'Italia, il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano visitò Salemi, Calatafimi e Marsala.

Il 1º dicembre 1889 re Umberto I, in segno di affetto nei confronti del fratello Amedeo di Savoia e della sua seconda moglie Maria Letizia Bonaparte, conferì al neonato nipote Umberto il titolo di “Conte di Salemi”.

Il titolo ricordava l’impresa dei Mille con la quale - proprio a Salemi - ebbe inizio il processo di unificazione del Paese.

In quella occasione, lo stesso Umberto I dispose che il Presidente del Consiglio Francesco Crispi desse esecuzione alle sue reali volontà. La risposta della Presidenza del Consiglio non si fece attendere, anche perché da molto tempo si era tentato di concedere alla città di Salemi un concreto riconoscimento per il significativo contributo dato a Garibaldi e ai picciotti nel percorso per l’Unità d’Italia. Fu così che il 15 dicembre 1889 il Consiglio dei Ministri, vista l’approvazione del Parlamento, diede esecuzione alle decisioni del Re di conferire al proprio nipote Umberto il titolo di “Conte di Salemi”. Questi, tuttavia, morì di influenza spagnola nel 1918 senza avere figli e conseguentemente il titolo fu estinto.

Il titolo, il 28 dicembre 2019, è stato onorificamente conferito (all'interno di Casa Savoia, privo di valore legale per la Repubblica Italiana) a Luisa Giovanna Bianca Agata Gavina Maria di Savoia, secondogenita di Emanuele Filiberto di Savoia e Clotilde Courau, nata a Ginevra il 16 agosto 2006.

Le catastrofi e il terremoto del 1968 - La città di Salemi ha subito, nel corso della sua storia, diverse calamità naturali. Nel 1270, il paese fu colpito da un'epidemia di peste propagata da alcuni soldati che tornavano da una spedizione in Tunisia. Per cercare di debellare il morbo furono bruciate e distrutte diverse abitazioni. Da questo evento ebbe origine la richiesta avanzata dal popolo, di avere un proprio santo protettore del paese: San Nicola di Bari. Nel 1542, un'invasione di cavallette provocò gravi danni alle coltivazioni agricole e una grave carestia. Molti cittadini invocarono l'intercessione di San Biagio (vedi cavadduzzi di San Biagio). Nel 1740, una frana si riversò sul convento dei Padri del Terz'ordine Francescano sul monte delle Rose oltre che sul convento dei frati cappuccini.

Nel 1968, nella notte tra il 14 e il 15 gennaio, la città fu gravemente colpita da un forte terremoto che rase al suolo molti comuni di un'area, giornalisticamente, individuata nella Valle del Belice. In concomitanza del terremoto, Salemi donò a Gibellina dei terreni pianeggianti, sui quali fu successivamente costruita la città di “Gibellina nuova”. A seguito dell'evento sismico le autorità politiche salemitane e gli architetti chiamati a progettare e ridisegnare la struttura del comune optarono per la ricostruzione del paese secondo uno stile nuovo. Per tali motivi lo sviluppo urbanistico ha portato a un decentramento verso la parte a valle della collina che è stata chiamata appunto, “Paese nuovo” e che ora rappresenta insieme con i "Cappuccini" una delle aree e dei quartieri con maggiore densità abitativa. Il centro storico è caratterizzato da uno schema di impianto arabeggiante, con vicoli ciechi molto articolati, che portano a cortili sempre più segregati e scale particolarmente ripide su strapiombi.

A seguito del sisma, l'abitato nella zona centrale, sebbene non fu del tutto disgregato, rimase per diversi anni abbandonato in virtù dei pochi interventi di restauro e di una scelta che hanno preferito decentrare i nuovi abitati in altri quartieri. La struttura, tuttavia, mantenne la monumentale ortogonalità del complesso costituito dal Collegio dei Gesuiti e da un denso corollario di dimore patrizie e di numerose chiese (oltre 20). In posizione elevata e strategicamente dominante sorge il Castello, eretto o quantomeno rimaneggiato da Federico II di Svevia nel XIII secolo, sulla base di un'antica fortezza greco-romana poi utilizzata dagli arabi e dai normanni, a pianta trapezoidale con tre torri, due quadrangolari e una a pianta circolare. Inoltre il Castello era circondato da una doppia cinta muraria. Non esiste più nessuna traccia di tali mura ma esiste la memoria di almeno cinque delle porte che consentivano l'accesso alla città e di almeno tre torri di guardia ad essi sovrapposti. Gli ingressi di cui si hanno notizia erano: "Porta Gibli", "Porta Santa Maria", "Porta Aquila", " Porta Quercia", e "Porta Corleone". Le torri di guardia invece erano quella adattata a campanile dell'ex Chiesa Madre, e quella trasformata in campanile della Chiesa di Sant'Antonino. Di una terza torre si ha notizia in seguito a dei lavori nel quartiere della Giudecca, e di cui non rimane traccia alcuna.

Sul sito dove sorgeva l'antica chiesa madre medievale dedicata alla Madonna degli Angeli e verosimilmente insistente su una moschea e su un tempio di Venere, nel 1615 ebbe inizio la costruzione del Duomo, su progetto dell'architetto palermitano Mariano Smiriglio e completato nel 1761, almeno per quanto riguarda il corpo longitudinale, giacché proprio da questa data ebbero inizio i lavori di ampliamento della vecchia abside. Il terremoto del 1968 non provocò che il crollo di parte di una navata laterale, l'incuria delle autorità civili ed ecclesiastiche del tempo lo ridussero a un imponente rudere. In parte recuperato, con un progetto d'intervento dell'architetto portoghese Álvaro Siza, suscitano ora particolare attrazione i resti dell'antica "Madrice" antistanti alla piazza Alicia sulla quale si affaccia anche il castello. Nel corso del convegno internazionale denominato Piazze d'Europa, piazze per l'Europa la piazza Alicia è stata inclusa tra i 60 buoni esempi di realizzazione, progettazione e riqualificazione urbanistica al mondo.

Visitare il borgo

Salemi si eleva su una collina, a 442 metri di altezza, alle pendici del Monte delle Rose circondata dalle vigne e dagli uliveti della Valle del Belice. Il ricco patrimonio artistico, la storia e la cultura di questo borgo arabo-medievale, gli hanno permesso nel 2016 di essere inserito nel Club dei Borghi più belli d’Italia.

Castello Normanno Svevo

Nella parte alta sorge il Castello normanno-svevo con tre torri, una cilindrica e due a base quadrata.

Fatto costruire da Ruggero il normanno intorno al 1077, su preesistenti fortificazioni greco-romano. A quel periodo risale l'iscrizione religiosa I.C.N.C.R.I. Il geografo El Edrisi ne scrive già nel XII secolo. Fu rimaneggiato da Federico II di Svevia nel XIII secolo.

A partire dall'epoca di Manfredi di Sicilia la castellania di Salemi appartenne alla nobile famiglia Bruno, secondo alcuni storici originaria di Firenze, secondo altri catalana.

Dal 1282 fu castellano Pedro de Sanclemente, cavaliere catalano capostipite della nobile famiglia Sanclemente, ramo siciliano dei Santcliment di Barcellona. Costui partecipò alle guerre del Vespro al fianco di Pietro III d'Aragona e venne ricompensato dal monarca con la castellania salemitana e i due feudi di Gibilichaleph e Gibiluasili.

Nel 1300 la Castellana di Salemi venne nuovamente confermata alla famiglia Bruno, nella persona di Giovanni, da parte di Federico III di Sicilia. Pietro, primogenito di Giovani, fu primo signore di Canetici in sua famiglia e ottenne la convalida a castellano alla morte del padre nel 1344. Sposò Luigia de Sanclemente e trasmise la castellania alla sua discendenza, che la conservò almeno sino alla prima metà del XVI secolo.

L'11 dicembre 1441 nel castello di Salemi si formò una confederazione costituita da Salemi, Trapani, Mazara, Monte San Giuliano, Castelvetrano e Partanna, che si impegnava alla difesa della regina Bianca d'Aragona.

Nel 1789 fu adibito a carcere, e il 14 maggio 1860 da questo castello Garibaldi issò (sulla torre tonda) la bandiera tricolore, proclamando Salemi “capitale d’Italia” e la dittatura garibaldina. Dal 1934 divenne biblioteca comunale.

Danneggiato dal terremoto del Belice del 1968, fu chiuso 35 anni per restauri e lavori di consolidamento da parte della Regione Siciliana, e riaperto nel 2002. I lavori sono stati completati definitivamente nel 2010.

Il castello ha un impianto abbastanza unitario, poco rimaneggiato dopo l'epoca normanno-sveva. L'edificio ha un impianto leggermente ruotato in direzione nord-est/sud-ovest. Possiede tre torri angolari, una cilindrica (ovest) e due quadre (est, sud) mentre una quarta torre (quadra?) esistente nell'angolo nord è probabilmente crollata nel secolo XVII. Nessuna delle torri quadre supera in altezza il terrazzo sommitale del torrione cilindrico, ancora oggi il punto più alto della città.

Oggi è sede museale e vi si svolgono concerti e convegni.  

Piazza Alicia

Nel centro storico di Salemi tra strette vie, ripide scalinate, cortili e vicoletti è possibile ammirare la suggestiva Piazza Alicia, dove si affacciano il Castello e i resti del Duomo, case e palazzi costruiti con la pietra detta campanella, circa 25 chiese, il quartiere islamico chiamato Rabato e l’ebraico della Giudecca.

Duomo di San Nicola di Bari

I ruderi dell’antico Duomo di Salemi sono una delle principali attrazioni di Salemi, città del Libero Consorzio Comunale di Trapani, nella Sicilia occidentale.

Situati nel centro storico del borgo medievale, nei pressi del Castello Normanno, i resti di questa Chiesa danno vita a un vero e proprio museo a cielo aperto: per scoprirne la storia, bisogna risalire al XVII secolo, quando nel 1615 furono intrapresi i lavori per la costruzione dell’allora Chiesa Madre del borgo. Più di un secolo dopo, nel 1761, veniva finalmente posata l’ultima pietra di questo edificio sacro.

La Chiesa, consacrata a San Nicola di Bari, tuttavia, fu parzialmente distrutta dal terremoto del 1968 che sconvolse la Valle del Belice, facendo crollare il tetto e devastando le pareti dell'edificio. In seguito, l’antico Duomo di Salemi non fu ricostruito, ma lasciato nelle stesse condizioni causate dal sisma, a memoria del tragico evento, ma anche a testimonianza della rinascita del borgo circostante.

Da grande Chiesa quindi, il Duomo di Salemi si è trasformato in punto di ritrovo, dove oggi si incontrano i giovani della città.

Duomo.jpg (175977 byte)In origine, l’antico Duomo di Salemi era una Chiesa a croce latina, con transetto e tre navate, decorata in stile tardo rinascimentale. Imponente e semplice al tempo stesso, custodiva sculture, altari e dipinti sacri, tutte opere di artisti come Bernardo Restelli, Mariano Smiriglio e Cristoforo Milanti, quest’ultimo appartenente a una famiglia di artisti trapanesi provenienti da Marsala.

Le opere che furono salvate dalla distruzione del sisma, come la tela raffigurante la Madonna degli Angeli del 1604, sono oggi conservate presso il Museo Civico.

Chi arriva davanti all’antico Duomo di Salemi, si appresta a visitare un museo a cielo aperto, infatti dell’intero edificio sono rimaste soprattutto le colonne, la zona absidale e alcuni brevi tratti delle mura in mattoni che cingevano le tre navate.

Avvicinandosi alle nicchie rimaste intatte, è ancora possibile ammirare i meravigliosi marmi degli altari, alcune sculture e i capitelli delle colonne, che provocano nei visitatori un senso di ammirazione misto a stupore, una volta conosciuta la storia di questo affascinante monumento del passato.

Chiesa Madre

Intorno al 1596 giunsero a Salemi due missionari Padri Gesuiti, Padre Erasmo Patti e Padre Pietro Filippazzi. Nel '600, per la Compagnia di Gesù, la missione popolare era indispensabile per evangelizzare, i Gesuiti applicavano alle loro missioni uno schema penitenziale, e le curavano nei particolari. 

Il Cremona ci tramanda che tutto il popolo salemitano rimase molto toccato per la missione di questi due Gesuiti, così commosso che si adoperò per rendere possibile la fondazione di un Collegio dei Gesuiti nella loro Città. 

Nel 1628 altri Padre Gesuiti, Padre Gaspare Paraninfo e il Venerabile Padre Luigi la Nuza, conosciuti in tutta la Sicilia per il loro impegno missionario, celebrarono altre missioni nella Città. Nello stesso anno muore il Sig. Giuseppe Gangi che lasciò tutti i suoi beni per la fondazione del Collegio, tra cui il palazzo che sorgeva dove successivamente venne costruita la Chiesa. La costruzione dell'opera però non poteva essere realizzata per mancanza di fondi. 

Nel 1629 venne affidato al Gesuita Padre Girolamo La Rocca, insieme ad altri Padri Gesuiti, di continuare il servizio evangelico e scolastico presso la Chiesa di S. Bartolomeo. Qui i Padri predicavano, confessavano e alloggiavano. 

Nel frattempo i fondi per la costruzione del Collegio crescevano, grazie ai beni lasciati dalla Sig.ra Melchiona Cappasanta. Nel 1642 muore la Baronessa D' Arcodaci, Raffaella Tagliavia, moglie del Barone Antonio di Caro, la quale lasciò tutti i suoi beni (30.000 scudi in baronie) per la costruzione del Collegio con l'impegno di fondarvi le scuole di Teologia e Filosofia. 

Quando fu possibile avviare i lavori e dopo il permesso avuto dal Generale Preposito, Padre Nunzio Vitelleschi, si celebrò la posa della prima pietra su cui fu incisa l'iscrizione di S. Ignazio di Loyola. A gettare la prima pietra furono Padre Francesco Piccolomini e Padre Giovanni Paolo Oliva, in visita in Sicilia, che successivamente saranno Generali della Compagnia. Il Cremona ci tramanda che la cerimonia fu solenne, alla presenza dei nobili della Città e di tutto il popolo. 

Nel 1659 il Barone di Giardinello Tommaso Clemenza, il quale era proprietario del terreno su cui doveva essere costruito il Collegio e la Chiesa, volle contribuire all'opera donando 30.000 scudi. 

Il Sig. Giuseppe Gangi, la Baronessa Raffaella Tagliavia e il Barone Tommaso Clemenza furono coloro che finanziarono l'opera e resero possibile la costruzione del Collegio e della Chiesa. 

Il Collegio dei Gesuiti - Il Collegio dei Gesuiti rimane l'opera architettonica più grande di Salemi. Costituito di due cortili, il maggiore per la scuola e per altre opere pubbliche, di forma quadrangolare, un tempo circondato da un portico con colonne di ordine toscano e archi con volte. Il Baviera ci informa che dopo la cacciata dei Gesuiti (metà del '800) questo portico venne demolito. Il secondo cortile era più stretto e a forma rettangolare, affianco alla chiesa serviva per i Padri Gesuiti. Durante gli anni '90, quando nel Collegio avevano sede le scuole i cortili venivano chiamati: "maschile" quello maggiore che veniva usato dai ragazzi e "femminile" il secondo, usato dalle ragazze. 

In questo Collegio il popolo salemitano e dei paesi vicini venne istruito ed educato. Avevano sede le scuole inferiori, di Filosofia e Teologia Morale e Teologia Scolastica. Fino a pochi anni fa il Collegio continuava ad essere sede della Scuola Media ed Elementare.

Vi risiedevano anche delle Congregazioni, tra quelli minori ricordiamo quella dei Borgesi, chiamata degli Arvali. In questo periodo storico (XVI - XVII sec.) le Congregazioni avevano lo scopo di insegnare i principi evangelici, si impegnavano in opere di carità e assicuravano l'assistenza durante la morte (funerale e messe 12 messe in suffragio) e la sepoltura ( nella Chiesa di S. Francesco ). La Congregazione dell'Immacolata aveva un suo oratorio all'interno del Collegio, ornato con stucchi e belle pitture dove ci si riuniva nelle solennità della Vergine e nelle domeniche mattina. Alla Congregazione venne affidata la costruzione della Chiesa di S. Ciro, nel feudo di Carbinarusa di proprietà dei Gesuiti, di celebrare la festa nell'ultima Domenica di Agosto e di celebrare le Sante Messe festive dal mese di Maggio sino ad Agosto. Questa Congregazione era legata alla Congregazione dell' Annunziata del Collegio dei Gesuiti di Roma. 

Un'altra importante Congregazione era quella del SS. Crocifisso, detta Segreta, fondata nel 1662 da Padre Filippo Zappia di Caltagiorne (morto a Trapani in fama di santità), anch'essa legata all'Annunziata del Collegio di Roma. 

Il Cremona ci dice che questa Congregazione era una delle più importanti in tutto il regno di Sicilia. Questa Congregazione fabbricò, nella parte bassa del Collegio, delle celle dove si svolgevano gli esercizi di S. Ignazio. La zona degli esercizi poteva ospitare 10 persone, possedeva un proprio refettorio, una cucina, una libreria, una stanza di penitenza. 

La Congregazione del SS. Crocifisso grazie al Padre Silvio Ludovico Minimi di Perugia riuscì ad affermarsi e ad divenire celebre in Salemi. Ne potevano farne parte 30 uomini con un periodo di noviziato. Celebre era l'oratorio che poteva contenere 100 persone, si venerava un crocifisso (1664) del celebre scultore Milanti di Trapani. L'altare era ornato con arabeschi di legname e d'oro fino, 12 grandi tele ad olio che raffiguravano alcuni Santi importanti per la loro penitenza, la volta era dipinta dal pittore Francesco Ferrasiti Bolognese. Era tradizione per quel tempo portare in processione questo Crocifisso durante i periodo di calamità e siccità. 

Il Cremona ci racconta che questa Congregazione era importante per la predicazione degli Esercizi Spirituali di S. Ignazio, e per il culto Eucaristico (festa del Corpus Domini e accompagnamento del Santissimo agli infermi). 

Altra Congregazione di questo Collegio era quella del Ritiro, poi chiamata Lauretana (Vergine di Loreto). Venne fondata nel 1686 con la licenza di Padre Girolamo Forti. Vi si teneva il noviziato per poi poter entrare nella Congregazione del SS. Crocifisso (detta Segreta). Nel 1705 venne costruito l'Oratorio con la riproduzione della Casa di Loreto e la Congregazione sposto la sua precedente sede (una stanza del Collegio) in questa. Il progetto di costruire all'interno del Collegio la riproduzione della Casa di Loreto fu ad opera di Padre Ludovico Minimi che, a proprie spese, contribuì alla realizzazione del luogo sacro. Fu proprio Padre Ludovico Minimi a stilare la regola per la Congregazione e a renderla autonoma dalla Congregazione Segreta. 

L'8 Settembre 1705 con solennità venne aperta al pubblico la Casa Santa di Loreto alla presenza del Vescovo Mons. Bartolomeo Castelli, il quale in quel periodo amministrava in Salemi la visita apostolica. Il Cremona ci racconta che partecipò una grande folla, le Sante Comunione che furono date arrivarono a 15.000. Ogni anno l'8 Settembre un gran numero di fedeli anche dei paesi vicini viene a rendere omaggio alla Vergine in questo luogo sacro. La Casa Santa di Loreto veniva aperta in tutte le feste mariane e per le calamità. 

Nel 1715 arrivo da Roma l'intero corpo del martire Vittoriano che venne collocato sotto l'altare della Casa Santa di Loreto. Attorno all'effige della Vergine di Loreto, inizialmente collocata in una nicchia di marmo, furono collocati diverse reliquie di Santi all'interno di arabeschi di legno decorati con foglie d'oro. Sotto l'altare, oltre alle reliquie di S. Vittoriano, ne furono collocate altre. 

Oggi, sotto l'amministrazione Sgarbi, tutto il complesso del Collegio è in restauro, le scuole sono state spostate alla sede centrale per dare spazio a diversi musei. Il Collegio oggi è sede del Palazzo dei Musei, oltre al Museo di Arte Sacra che conserva tele e statue delle diverse chiese distrutte dal sisma, è sede del Museo della Mafia inaugurato alla presenza del Presidente della Repubblica Giorgio Napoletano, del museo dei Paesaggi, del Museo del Risorgimento e presto anche del Museo Archeologico con i resti e oggetti di epoca preistorica ritrovati nel territorio salemitano. 

La Chiesa - Accanto al Collego venne costruita una prima chiesa la quale nella notte del 1697 venne distrutta. In questa antica chiesa si conservava una immagine della Vergine dipinta su un quadrato di rame. Il Cremona ci racconta che in questa chiesa il Venerabile Padre la Nuza venne rapito in estasi mentre predicava dal pulpito, e Padre Giuseppe Salamone parlò alla Vergine Maria.

La costruzione della nuova chiesa avvenne nel 1699 quando era vicerettore del Collegio Padre Giuseppe Roberti. Come si è detto prima, all'apertura dei lavori partecipò tutto il popolo con grande solennità. La chiesa venne dedicata a S. Ignazio di Loyola il 20 Settembre del 1705 dal Vescovo Mons. Bartolomeo Castelli, suo primo rettore fu Padre Niccolò Vesco. 

Nello stesso 1699 la chiesa era ultimata, mancava solo l'abside centrale e le cappelle laterali. La spesa per terminare la Chiesa fu abbastanza considerevole che si dovette vendere il feudo di Besa, lasciato dalla Baronessa D'Arcodaci Raffaella Tagliavia. Nel 1755, durante il rettorato di Padre Giuseppe Tipa, fu ultimato l'abside e le cappelle laterali e nell'anno 1757 si aprì definitivamente al pubblico con un solenne triduo. 

Descrizione - La facciata della Chiesa è di considerevole bellezza, la più bella di Salemi. In stile barocco, simile a quella della Chiesa dei Gesuiti a Roma, il portone centrale è affiancato da due doppie colonne tortili in pietra, decorate con fasci di uva e frutta. Sopra il grosso portone centrale una lastra in pietra decorata con la scritta "I H S". Ai lati troviamo due altre porte di media grandezza con sopra una nicchia vuota di pietra decorata, forse inizialmente progettate per accogliere una statua. 

Nella parte superiore troviamo un'ampia finestra, sempre in pietra decorata, sormontata da uno stemma con l'iscrizione "M". Questa parte alta è affiancata da grosse pietre a forma di spirale con sopra grossi vasi di pietra decorati. Il tetto è a spiovente. 

Il campanile invece è addossato a destra della chiesa. Di pietra decorata accoglie tre campane. Nella parete destra esterna, a centro, troviamo un'altra porta di media grandezza, invece la parete sinistra esterna dà nel cortile interno del Collegio. Entrambi le pareti, nella parte alta della volta centrale, hanno 4 ampie finestre. 

La chiesa è a tre navate, divise da 3 colonne intere e da due a metà addossate alle pareti, a fusto liscio di ordine toscano. Nel transetto abbiamo due cappelle: a destra quella di S. Francesco Saverio. Troviamo una tela del Santo di autore ignoto del sec. XVIII, la macchina d' altare in legno con decorazioni di colore verde (essendo restaurato ha perso i colori originali), la mensa è in marmo decorato. Al centro un mezzo busto del Santo con un medaglione che un tempo custodiva la reliquia. Il tutto è sormontato da una decorazione in stucco bianco con decorazioni dorate nei bordi. 

Nella parte sinistra del transetto abbiamo la cappella più importante, quello di San Ignazio di Loyola. Una tela del santo di ottima fattura, di autore ignoto del sec. XVIII. La macchina d'altare in legno con decorazioni di colore verde, la mensa in marmo decorato. Al centro un mezzo busto del Santo con un medaglione che un tempo custodiva la reliquia. Il tutto è sormontato da una grande decorazione in stucco bianco e con decorazioni dorate nei bordi. 

Nell'abside invece originariamente (fino a qualche anno fa) avevamo una grossa tela di autore ignoto del XVIII sec. che raffigurava il trionfo del Nome di Gesù tra i santi Gesuiti. Oggi al posto della tela abbiamo il Crocifisso dell'antica Madrice, la tela invece è custodita nei magazzini della Chiesa. La macchina d'altare è in cipresso con decorazioni di colore verde e azzurro e doro. Esso è stata dedicato con la bolla di Benedetto XIV. L'antica mensa è in marmo decorato. Il tabernacolo è chiuso da una porta in argento sbalzato dove è raffigurato il sacrificio di Isacco, ed è affiancato dalle statue dei Santi Pietro e Paolo. Sopra la macchina di legno troviamo 6 candelieri. 

Ai lati dell'abside oggi abbiamo 4 tele: a destra del crocifisso una tela che proviene dall'antica Madrice (dall'altare del SS. Sacramento), ad opera di Ignazio Di Miceli del sec. XIX. Essa raffigura l'oblazione di Melchisedek; a sinistra del crocifisso un'altra tela di stessa provenienza e dello stesso autore che raffigura l'Ultima Cena. Nella pareti laterali oggi abbiamo, a destra una tela di autore ignoto del XVIII sec., forse proveniente dalla Chiesa di S. Stefano. Conservata nei magazzini del Comune l'Arciprete Don Salvatore Cipri ha deciso di collocarla in questa chiesa. Essa raffigura l'Immacolata Concezione con sopra la SS. Trinità. Nella parete sinistra una tela di ottima fattura proveniente dalla Chiesa di S. Chiara, di autore ignoto del sec. XVII. Essa riproduce la copia della deposizione del Rubens, nel trittico conservato nella Cattedrale di Anversa. Anch'essa conservata nel deposito del Comune, pur essendo rovinata riesce ad trasmettere il suo fascino. 

Al centro dell'abside troviamo l'Altare in pietra "campanedda" lavorata con decorazione floreali e rivestito da 4 pannelli d'argento sbalzato. Opera dello scalpellino Antonino Scalisi di Salemi e degli argentieri Amato di Palermo. L'altare è stato solennemente dedicato il 5 dicembre del 2009. Sotto di esso sono state collocate le reliquie dei santi: S. Tommaso Becket, S. Nicola di Bari, S. Ignazio, S. Rita da Cascia, S. Pio da Pietrelcina. 

L'Altare Maggiore è rialzato da 2 gradini. Oggi, sotto l' arcipretura di Don Salvatore Cipri, ha assunto una nuova sistemazione liturgica, con il nuovo altare, l'ambone (collocato nella parte destra) ricavato da un antico pulpito della Chiesa della Concezione, la sede (collocata nella parte sinistra) ricavata da una antica sede della Chiesa di S. Chiara, il fonte battesimale (un'antica acqua santiera del XVI sec. proveniente dall'antica Madrice) e il candelabro del cero pasquale (ricavato da una antico candelabro, un tempo collocato affianco la macchina d'altare), entrambi collocati affianco l'ambone. 

Nelle pareti del transetto, laterali all'abside, troviamo due tele del Patrono S. Nicola, dell'artista Ignazio Di Miceli del sec. XIX, proveniente dall'antica Madrice collocate nell'altare di S. Nicola: a destra la tela del Patrocinio di S. Nicola, a sinistra quella del miracolo della resurrezione dei tre bambini. Sotto queste rispettive tele abbiamo due porte, a destra quella dello studio del Parroco (ex magazzino), a sinistra quella della sacrestia. 

La sacrestia consta di due ampie stanze, il corridoio d'ingresso oggi conserva i ritratti di alcuni Arcipreti, collocati in ordine nelle pareti. Nella prima stanza abbiamo invece due grossi armadi in legno, addossati alla parete (negli anni 80 il pavimento fu rialzato e la base su cui poggiavano è stata eliminata), al centro un grosso e antico tavolo, troviamo anche un'antica crocifissione (XV - XVI sec.) dipinta su tavola (il crocifisso, Maria e S. Giovanni), sotto un antico tavolo con sopra un tabernacolo. Di fronte alla crocifissione abbiamo un antico cassettone con decorazioni veneziane, con sopra una statua dell'immacolata e due reliquari lignei a forma di coppa. Le pareti invece sono riempite di tele che raffigurano Santi e la Vergine. Al centro pende un lampadario (proveniente della sacrestia dell'antica Madrice). Per accedere all'altra stanza, la porta è affiancata da due piccoli altari con al centro un crocifisso. Questa stanza invece, contiene come la prima, due armadi in legno addossati alla parete, le pareti invece sono coperte da ritratti di Salemitani Vescovi o di notevole importanza. In una parete troviamo una macchina d'altare con un quadro della Madonna del Rosario (fino agli anni '80 collocato in Chiesa). 

Nella navata centrale abbiamo uno stupendo organo ligneo del XVIII sec. decorato con stucchi di colore rosso, blu, e oro. Esso è collocato al centro delle colonne sinistre. Nella colonna d'angolo della parte sinistra abbiamo un pulpito ligneo, anch'esso decorato con foglie d'oro. 

Le cappelle laterali invece sono distribuiti nelle rispettive navate laterali. Nella navata laterale destra abbiamo: nella prima una grossa tela dell'Annunciazione attribuita all'artista Pietro Bonaccorso. La macchina d'altare è in legno e di semplice fattura, la mensa è decorata con un pannello di marmo, una ringhiera in ferro chiude la cappella. 

Nella seconda cappella un tempo avevamo una macchina lignea con un quadro di media grandezza che raffigurava la Madonna della Medaglia Miracolosa e sopra di esso una tela che raffigurava S. Rosalia. Il Cremona ci racconta che questo altare era della Famiglia Lo Vesco, il quale aveva la propria sepoltura sotto di essa. Nella precedente Chiesa questa cappella doveva essere l'altare centrale, poi con la costruzione della nuova chiesa venne spostata. Un tempo in essa avevamo un piccolo quadro del martire S. Ciro, oggi conservato in sacrestia. La macchina d'altare è in legno, la mensa è decorata con una pannello di marmo. Una ringhiera di ferro chiude la cappella. Il Cremona ci racconta che questo altare era conosciuto come l'altare di S. Rosalia. Oggi invece è diventata la cappella del Patrono S. Nicola, la macchina lignea con la tela e la stessa tela di S. Rosalia sono state smontate per dare spazio alla statua processionale di S. Nicola. A seguire questa cappella abbiamo la porta laterale. Nella 4 cappella, invece, un tempo avevamo una macchina lignea con dentro una statua di cera dell'Addolorata, e sotto, sino al 900, dovevamo trovare un'urna con le reliquie della santa martire S. Venera (oggi non esiste più l'urna ma le reliquie sono conservate in sacrestia). Una balaustra in legno delimita la cappella. Oggi questa è la cappella dell'Immacolata e conserva la statua della Vergine Maria. 

Nella navata laterale sinistra abbiamo: nella prima cappella una macchina lignea con un quadro dell'Annunciata e sopra di essa una tela di S. Anna, proveniente dalla chiesa omonima, per questa tela la cappella è chiamata di S. Anna. La macchina d'altare è in legno e di semplice fattura, la mensa è decorata con un pannello di marmo. Una balaustra in legno chiude la cappella. 

Nella seconda invece abbiamo una macchina lignea finemente decorata con foglie d'oro e foglie azzurre con al centro una tela della Madonna del Lume, tutta la macchina d'altare e la mensa è di fine marmo intagliato, la stessa balaustra (rispetto a quelle degli altri altari) è in marmo decorato. 

Nella terza cappella un tempo avevamo una tela dell'artista Pietro Bonaccorso che raffigurava S. Francesco Borgia (oggi custodita nei magazzini della Chiesa), oggi invece è divenuta la cappella di S. Giuseppe, con al centro la statua del Santo (provenient dalla omonima Chiesa), nelle pareti laterali (essendo più profondo rispetto le altre) abbiamo due quadri che raffigurano rispettivamente, il Cuore di Gesù e il Cuore di Maria. 

La quinta Cappella invece è del SS. Crocifisso, la macchina d'altare è decorata con arabeschi dorati e con reliquari di cipresso che custodiscono diverse reliquie di Santi tra cui quelle dei Santi Cosma e Damiano, S. Francesco D'Assisi, e tanti altri. Le pareti dell'altare sono riempite da altri reliquari in legno con diverse reliquie. L'altare, ci dice il Cremona, apparteneva alla famiglia Roberti la quale ha sotto di esso la propria sepoltura (un tempo, davanti alla cappella, doveva esserci la lapide sepolcrale). Il crocifisso ligneo al centro è di ottima fattura, forse dello scultore trapanese Milanti, affianco ad esso troviamo le statue lignee e dorate della Vergine Addolorata e di S. Giovanni, opere di Pietro Orlando. La mensa è decorata con un pannello di marmo, una balaustra in marmo chiude la cappella. In questa cappella ancora sono visibili le antiche decorazione dorate che dovevano ricoprire l'intera Chiesa. 

La volta della navata centrale è decorata con lunette e medaglioni in stucco bianco, quelle delle navate laterali sono a botte. L'intere pareti sono decorate con medaglioni e lunette di stucchi bianchi. La decorazione interna è delicata e semplice, non esagerata e non troppo fastosa, pur essendo in un'epoca dove il barocco è fondamentalmente sontuoso. La parte alta dell'abside invece è anch'essa con decorazioni in stucco bianco, con al centro lo stemma dei Gesuiti (I H S) decorato in uno scudo con attorno bandiere e lance. La volta centrale invece è una falsa cupola decorata anch'essa con stucchi bianca da dove pende un lampadario. La parete di ingresso invece, nella navata centrale abbiamo decorazioni con stucchi bianchi, sopra il portone centrale lo stemma della Vergine (M) in stucco bianco. Le pareti d'ingresso delle navate centrali sono riempite da medaglioni in stucco bianco con all'interno delle iscrizioni: nella parte destra l'iscrizione tratta della dedicazione a S. Ignazio, nella parte sinistra l'iscrizione tratta della dedicazione e apertura della Chiesa. Oggi con gli ultimi restauri sono state aggiunte alcune decorazioni di colore rosa nelle pareti laterali della chiesa. 

Il pavimento della Chiesa un tempo era ricoperto da mattoni in marmo rosso e bianco, con gli ultimi restauri (anni '90) invece abbiamo mattoni in marmo bianco e grigio. L'intera Chiesa è rialzata, essendo costruita in una zona in discesa, l'ingresso esterno infatti è costituito da una scalinata in pietra. 

Dopo il sisma del '68 l'antica Madrice è stata demolita e questa Chiesa è divenuta sede della Chiesa Madre, essendo la chiesa più grande e bella della Città. Soltanto in questi ultimi anni, con l'Arcipretura di Don Salvatore Cipri, ha avuto una sua sistemazione interna, l'area liturgica con il nuovo Altare e Ambone, le cappelle al Patrono S. Nicola e all'Immacolata, le quali giacevano "posteggiate" accanto all'altare maggiore, la collocazione del Crocifisso dell'antica Madrice, nell'altare Maggiore, al posto della tela originaria che pur essendo originaria non esprimeva il significato liturgico dell'altare maggiore. Infine la revisione della sacrestia e la creazione di uno studio del Parroco.

La "Casa Santa di Loreto" a Salemi - All'interno del Collegio dei Gesuti, esiste una perfetta riproduzione della "Casa Santa" che si trova a Loreto. La particolarità stà nel fatto che in tutta la Sicilia non esiste un' opera d'arte simile a questa. Nell'altare maggiore, è custodita un'immagine della Madonna nera. Un padre gesuita, di questo nostro collegio, P. Silvio Ludovico Minimi era talmente devoto alla Madonna di Loreto che volle riprodurre alla perfezione, nel recinto del Collegio, la casa santa di Loreto fondando la Confraternita Lauretana. Il progetto venne affidato a Giovanni Biagio Amico, architetto trapanese, l'opera venne consacrata l'8 settembre 1705 con grande concorso di popolo, venuto anche dai paesi vicini. Fino a tutto l' 800 questa chiesetta era meta di  pellegrinaggio, soprattutto nella vigilia e nel giorno della festa, l'8 settembre, e il 10 dicembre, in memoria della traslazione della casa da Nazaret a Loreto. 

La "Casa santa" che si trova a Loreto è lunga 48 palmi, larga 18, alta 26. Le mura grosse due palmi e mezzo, fatte di pietra di colore castagnino, listata a modo di mattoni grossi e disuguali. Ad occidente ha una finestra alta 4 palmi e mezzo e larga 4. A tramontana aveva una porta alta 10 palmi e larga 6 con un architrave di abete. La muraglia orientale aveva sul tetto un'apertura del camino. Il tetto di dentro era rivestito con mattoni a modo di schacchiera, di colire azzuro con istelle dorate. Il tetto era sostenuto da 2 travi, in una parete l'evangelista Luca dipinse il crocifisso, 4 chiodi e la Vergine addolorata con S. Giovanni.

Altri edifici religiosi

La Chiesa di San Clemente - La più piccola chiesa di Salemi è la Chiesa di San Clemente, meglio conosciuta come Chiesa di Sant’Annedda. La sua particolarità sono le pareti decorate con 14 tele del 1700 che riproducono scene di vita di Maria e di Gesù. Sotto l’altare sono custodite le spoglie del santo.

Chiesa di Sant'Antonio da Padova

Chiesa di Sant'Agostino

Basilica paleocristiana di San Miceli, sorta su vestigia greche e romane del IV e VI secolo, riportata alla luce nel 1893 dell'archeologo Antonio Salinas

Chiesa di San Bartolomeo

Chiesa di San Biagio

Chiesa del Carmine

Chiesa di Santo Stefano

Ex Chiesa del Rosario

Chiesa della Misericordia

Chiesa Santa Maria degli Angeli

Chiesa Immacolata Concezione

Chiesa San Giuseppe

Chiesa San Giovanni

Chiesa San Francesco di Paola

Chiesa San Francesco d'Assisi

Chiesa Santa Maria della Catena

Chiesa dei Gesuiti e i Musei - Dopo il terremoto la nuova chiesa madre è diventata la Chiesa dei Gesuiti con una bella facciata in stile barocco. Al suo interno conserva il crocifisso dell’antica matrice e un magnifico organo ligneo del 1700. 

L’annesso convento è sede del Polo Museale di Salemi comprendente il Museo del Risorgimento, il Museo della Mafia e il Museo Civico che, oltre a custodire varie opere d’arte salvate dalle chiese andate distrutte, comprende anche una sezione archeologica. Una cappella ospita la riproduzione della Casa Santa di Loreto risalente nel 1705.

Tradizioni e folclore

San Nicola di Bari - La leggenda lega la scelta del Santo Protettore ad un triste evento. Le soldatesche di Carlo d’Angiò, di ritorno dalla spedizione di Tunisi, sbarcate a Trapani, divulgarono il morbo della peste per tutto il territorio circostante e soprattutto in quello di Salemi che nel 1270 venne distrutta. Si narra, sempre che la peste ebbe fine per intercessione della Vergine del Rosario, portata in processione dai pochi salemitani superstiti, da Calatafimi e collocata nella Chiesa in Piazza Alicia. Salemi, passata nel frattempo alla casa Aragonese, fu ricostruita, ma i salemitani per timore di un altro flagello nel 1290 avanzarono a papa Nicolò IV la richiesta di un Santo patrono e protettore, così come ne godevano già alcune città del regno quali Siracusa, Catania e Palermo.

Ma il Santo Padre (al secolo Girolamo Masci che, giova ricordare, aveva assunto proprio il nome di Nicolò) decise che dovessero essere gli stessi abitanti a scegliere il loro protettore. Per non dar luogo ad inopportune preferenze i salemitani decisero di tirare a sorte il nome del santo. Scrissero su pezzetti di carta i nomi di molti santi, li deposero in una piccola scatola e decisero che il primo estratto sarebbe stato quello del loro Patrono. Ma dopo la prima estrazione uscì il nome di San Nicola di Bari. Non riscontrando alcun legame con il Santo si optò per una seconda estrazione. Ma anche in tal caso l'estratto fu nuovamente San Nicola. L'estrazione, venne rieseguita per la terza volta e "miracolosamente" venne riconfermato il Vescovo di Mira, che, pertanto, fu accolto gioiosamente dalla popolazione.

Si narra, altresì, che per intercessione del Santo insieme con la Madonna, San Biagio e San Francesco il paese di Salemi fu salvato dal colera che Dio voleva scagliarvi nel corso del 1740. Nella centralissima piazza della Libertà per ringraziare il Santo di avere protetto la città dal terremoto del 1794 fu innalzata una statua. Nel 1987, in occasione del IX centenario della traslazione delle reliquie del santo da Myra a Bari, nel corso di un pellegrinaggio del popolo salemitano a Bari, dopo la S. Messa celebrata dal vice parroco della città sulla tomba di S. Nicola, come dono al Patrono i salemitani offrirono un olio profumato e versate alcune gocce sul marmo della tomba venne completamente assorbito, suscitando l'episodio devoto stupore tra gli astanti. Quell'ampolla è custodita nel tesoro della Basilica di Bari come segno della venerazione al Santo che continua a esistere dopo 7 secoli dalla sua proclamazione a Patrono di Salemi.

La tessitura e la pietra campanedda - Fra le tradizioni tipiche più fiorenti mantenute occorre ricordare la tessitura dei tappeti al telaio, il ricamo e la lavorazione della pietra "campanedda" ricavata dalle cave del territorio e utilizzata per i decori delle case e scolpita dagli artigiani locali.

I Giardinieri - Maschera salemitana - u Giardinieri: indossa il costume del Burgisi cioè pantaloni alla zuava, giacca e gilè tutti di velluto marrone, stivali neri, una camicia bianca e al collo un fazzoletto rosso. In testa un cappello adornato di fiori di carta crestata multicolori dal quale nella parte posteriore scendono delle frange sempre di carta multicolori, alla spalle porta un contenitore detta "sachina". Tramite un attrezzo estensibile nei giorni di carnevale elargisce prodotti da giardino mandarini alle ragazze simpatiche o cetrioli e carote a quelle antipatiche. Nulla si sa delle sue origini. altre maschere siciliane che adoperano la "Scaletta" erano u scalittaru palermitano e "a vecchia" di San Fratello menzionati dal Pitrè.

Le feste e la Città dei pani - La festa delle Cene di San Giuseppe si celebra il 19 marzo. In tale occasione vengono allestiti altari votivi dette "cene" costituiti da una struttura in legno, ricoperta di foglie d'alloro e mirto, e addobbata con arance e limoni piccoli pani ricamati detti cuddureddi e realizzati artigianalmente dalle donne del paese raffiguranti animali, piante e utensili da lavoro. Nell'occasione si producono i famosi dolci di San Giuseppe, i sfinci. Altri pani votivi sono i cuddureddi di sant'Antonio Abate, i cavadduzzi di San Biagio. Gli abitanti si rivolsero a questo santo nel 1465, per salvare i raccolti da un'invasione di cavallette, e i cuddureddi che rappresentano la gola.

Altri pani sacri sono il Bastone e i cucciddati confezionati il 2 aprile, nel giorno dedicato a San Francesco di Paola, i Pani di sant'Antonio da Padova, i Panelli di san Nicolò da Tolentino, i pani di santa Elisabetta d'Ungheria. Inoltre u peri di voi (il piede di bue) confezionato con la prima farina del nuovo raccolto, i Manuzzi, in occasione della commemorazione dei defunti del 2 novembre, u carcocciulu il carciofo per le feste natalizie. Per tali ragioni Salemi è definita la Città dei pani che si possono ammirare presso il Museo del Pane Rituale.

In onore del santo patrono della città, san Nicola di Bari, si svolge Lu fistinu di San Nicola. La festa ricorre il 6 dicembre anche se anticamente veniva celebrata anche il 9 maggio, data della traslazione delle reliquie del santo e ultima domenica di maggio in cui si celebrava il patrocinio. L'8 dicembre si celebra la solennità dell'Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria, festeggiata e onorata a Salemi come protettrice della città sin dal 1740, data nella quale il suo simulacro ligneo fu donato da don Gioacchino Genco, parroco di Resuttana, ai salemitani suoi concittadini. Nell'ultima domenica di agosto nel rione dei Cappuccini si celebra la Madonna della Confusione (ovvero del turbamento, del dolore per la morte del figlio).