È
senza dubbio uno dei borghi più belli e affascinanti d'Italia, un piccolo
paese la cui storia è stata segnata dall'attività della pesca. È un
paradiso di pietra e colore, da scoprire con lentezza per ammirarne gli
scorci più belli.
A
dominare la piccola città dalle abitazioni in pietra è la sua tonnara,
risalente ai tempi degli arabi. Fu rimaneggiata nel corso degli anni dal
principe di Villadorata che fece realizzare l’intero borgo intorno alla
tonnara.
Oggi
Marzamemi è ancora guardata a vista dalla sua tonnara, anche se non è più
attiva. I suoi pescatori usano ancora barche colorate, ma la vocazione del
paese è diventata turistica. La piazza principale e le vie del paese si
affollano di tavoli all'aperto a primavera e in estate, eppure Marzamemi
resta un posto autentico: "il luogo dell'anima, il profondo Sud
d'Italia, la Magna Grecia" per citare Salvadores. In questo borgo
sono state girate alcune scene del film "Sud" di Gabriele
Salvatores.
L'origine
del nome Marzamemi è controversa: secondo alcuni deriverebbe dalle parole
arabe marsa ('porto', 'rada', 'baia') e memi ('piccolo'), mentre secondo il
glottologo netino Corrado
Avolio, nel suo Saggio di
toponomastica siciliana, il toponimo deriverebbe dall'arabo marsà al-hamāma,
cioè 'baia delle tortore', "per l'abbondante passo di questi uccelli,
in primavera". Simone Sultano, parroco di Pachino tra il 1885 e il
1944, rileva invece come alcuni lo fecero erroneamente derivare da marza e
memi, 'pidocchio', perché le madri solevano dire questa parola ricercando i
parassiti tra i capelli dei figli. Antonino Terranova, infine, nel volume
Pachum Pachynos Pachino, storie e leggende da Pachino a Capopassero, cita
anche un'altra tesi, secondo la quale "Memi" sarebbe riferito a Eufemio,
l'ex comandante della flotta bizantina il quale, ribellatosi all'imperatore Michele
II l'Amoriano, passò dalla parte
degli Arabi e con loro incominciò la conquista dell'isola. Marzamemi
significherebbe dunque 'porto di Eufemio'.
Il
borgo è nato attorno all'approdo, poi divenuto porto da pesca, e si è
sviluppato grazie a quest'ultima attività, molto praticata ancor oggi,
dotandosi anche di una Tonnara,
tra le più importanti della Sicilia. La tonnara
di Marzamemi risale al tempo
della dominazione spagnola in Sicilia nel 1600 sotto il regno di Filippo IV.
Nel 14/02/1655 venne venduta al barone Simone Calascibetta di Piazza
Armerina.
Nel
1752
furono ultimate la costruzione del palazzo, della chiesa della tonnara,
dedicata alla Beata Maria Vergine di Monte Carmelo, e delle casette dei
marinai per opera dei baroni Calascibetta. Anche la nascita della vicina
Pachino (1760), voluta dagli Starrabba, aveva impresso un nuovo impulso a
Marzamemi, con la costruzione dei magazzini che si trovano lungo la via
principale e che servivano per custodire sia le botti di vino, da spedire
poi via mare in Liguria e in Francia, sia le oltre trecentomila tonnellate
di sale, prodotte dalle due saline di Morghella e Marzamemi. Verso la fine
dell’800 Antonio Starrabba, marchese Di Rudinì, che fu per due volte
presidente del consiglio dei ministri, fece costruire un grande palmento,
mentre i Villadorata realizzarono un mulino a vapore, che fu poi convertito
in distilleria.
Nel
1843 moriva senza eredi Salvatore Calascibetta e la tonnara fu ereditata
dalla nipote Giovanna Antonia Calascibetta. I debiti accumulati dal 1795
comportarono vari contenziosi giuridici. Tale occasione permise, dunque, a
Corrado Nicolaci principe di Villadorata - già gabelloto di tonnara - di
rilevare a poco a poco la maggioranza dei 24 carati dell'impianto, che
fruttava 14.000 onze. Con il passaggio della tonnara dai Calascibetta ai
Nicolaci, avvenuta solo nella seconda metà dell'Ottocento, ha inizio la
"storia contemporanea" di Marzamemi. Il borgo marinaro, in quel
momento, non era ancora ben collegato con i vicini centri abitati. Fu così
che l'Intendenza borbonica fece costruire la rotabile Marzamemi-Pachino
(1847-1853), con l'auspicio di far progredire il commercio marittimo. Il
nuovo asse, infatti, migliorò il collegamento con l'area portuale favorendo
così il rilancio dell'economia, che ebbe ricadute con la costruzione del
Porto Fossa (1855).
Nel
1912
fu costruito a Marzamemi uno stabilimento di lavorazione del tonno
salato e in seguito del tonno sottolio. La pesca della tonnara
fu abbondante fino al dopoguerra. A Marzamemi si effettuavano due mattanze
ogni giorno: una al mattino e una nel primo pomeriggio. La camperia era lo
stabilimento conserviero addossato alla loggia ed al palazzo del Principe, i
ruderi del quale, delimitati dalla Via Jonica, dalla via Marzamemi e dalla
via Letizia, sono riconoscibili per l'alto fumaiolo quadrilatero (ora a
rischio di crollo). In origine i fumaioli erano due, ma il più maestoso
crollò il 12 giugno del 1943, pochi giorni prima dello sbarco alleato,
quando la tonnara venne mitragliata, con morti e feriti, dall'aviazione
inglese.
Lo
stabilimento nell’ultimo periodo funzionava per conto dell'industria per
la conservazione del pesce di Angelo Parodi di Genova. Addetti alla
lavorazione erano specialisti genovesi (come per le altre tonnare della
zona) come genovese ne era il direttore, per il quale nell'ambito dello
stabilimento stesso fu costruito un alloggio al primo piano. Le scatolette
di diverse dimensioni, prodotte a Marzamemi, venivano commercializzate con
il marchio di fabbrica "AP Angelo Parodi Genova - Tonno all'olio puro
di oliva - Lavorazione sul posto di pesca”. Lo stabilimento, che chiuse
nel 1926 per mancanza di materia prima, risorse nel 1937 per opera della
nobile signorina Preziosa dei Baroni Bruno di Belmonte di Ispica. Per un
lungo periodo tutto il pescato della tonnara toccava in esclusiva ai
siracusani Cappuccio. Dopo la morte di Ottavio Nicolaci, nessuno dei
Villadorata soggiornò nel palazzo e la tonnara chiuse definitivamente nel
1969 (fonte testo citato di Salvo Sorbello).
Nel
secondo dopoguerra è stata costruita nella piazza, per volere di papa Pio
XI, una nuova chiesa, dedicata a san Francesco di Paola, con un rosone di
stile romanico nel prospetto.
Nel
1959 un pescatore del luogo, Alfonso Barone, scoprì casualmente a circa un
chilometro dalla costa di Marzamemi il relitto di un'antica nave mercantile bizantina,
presumibilmente risalente al VI secolo durante il regno di Giustiniano
I, naufragata mentre trasportava
elementi architettonici e decorativi prefabbricati per la costruzione di una
chiesa. Il sito fu oggetto di ricerche da parte dell'archeologo tedesco Gerhard
Kapitän e di Pier Nicola
Gargallo.
La
notte tra il 27 e 28 ottobre 2007, durante una tempesta, naufragò al largo
di Contrada Cittadella e Vendicari un gommone con a bordo 37 migranti
egiziani e palestinesi. Nei giorni seguenti furono rinvenuti sulla spiaggia
di Vendicari i corpi di 17 persone annegate.
Dal
porto di Marzamemi, in passato, partivano anche navi che trasportavano
grandi quantità di vino prodotto localmente verso i diversi porti della
penisola. Il vino veniva trasportato anche da treni merci verso varie
località estere, essendo stata Marzamemi fornita di stazione
ferroviaria.
Fino
al 31 dicembre del 1985,
era raggiungibile anche tramite i treni viaggiatori della ferrovia
che da Siracusa e Noto,
costeggiando il territorio della Riserva
naturale orientata Oasi Faunistica di Vendicari,
raggiunge Pachino.
Ulteriore
fonte di sviluppo è la pesca e la lavorazione di prodotti ittici: famosa è,
ad esempio, la bottarga
di tonno
rosso, lavorata usando
artigianalmente antichi sistemi di essiccazione derivati dalla cultura
arabo-fenicia.
Marzamemi
possiede una bella spiaggia,
nella zona della Spinazza: negli ultimi anni, ha puntato sul turismo,
offrendo la possibilità di numerosi approdi attrezzati per imbarcazioni da
diporto. In estate, la popolazione aumenta notevolmente, grazie anche agli
insediamenti residenziali sorti nei pressi del borgo antico.
Nel
primo lunedì di agosto dopo il Ferragosto, si festeggia san Francesco
di Paola, con una processione di
barche, cuccagna a mare e una regata.

Tonnara
La tonnara
di Marzamemi era la più rilevante della Sicilia
orientale, come rilevano gli studiosi Fabio Salerno e Salvo Sorbello,
che hanno riportato nei loro libri i dati relativi al pescato delle
diciassette tonnare che
erano attive lungo la costa orientale della Sicilia.
Anzi per il D’Amico: questa è la Tonnara migliore di ritorno del
Regno ed isola di Sicilia, (…) facendo delle ubbertosissime pescagioni. Già
nel 1558 lo storico Tommaso
Fazello scriveva di Marzamemi come di "un ridotto di navi.
Il mare abonda quivi di tonni e d'altri pesci marini, tutti buoni a
mangiare".
Nella
tonnara di Marzamemi si
effettuavano due mattanze ogni giorno: una al mattino ed una nel primo
pomeriggio.
Il
nucleo della tonnara è costituito dalla piazza Regina Margherita e dal
palazzo padronale, fatto costruire nel 1752 dai Calascibetta e gestito poi
dai Nicolaci, gabelloti di tonnara, secondo qualcuno discendenti da un
ammiraglio Nicolajev o Nicolaus, di origine anglo-russa, secondo altri,
invece, eredi di un rais della tonnara di Pizzo Calabro. I lavori iniziarono
nel 1746, su iniziativa dei baroni Calascibetta e furono guidati dai mastri
Matteo Corso e Pasquale Alì.
Il
palazzo è in pietra arenaria e sul portale è raffigurato lo stemma della
famiglia Nicolaci; sulla parte superiore della facciata sono collocati
cinque canali di scarico dell’acqua piovana, a forma di mensole terminanti
con visi umani.
Sempre
nella piazza si trova la chiesetta vecchia della tonnara, costruita in
pietra arenaria, con una facciata semplice ma elegante, dove svettano da una
parte un piccolo campanile e dall'altro un arco. La chiesa aveva tre altari:
al centro quello della Madonna di Pompei, ai due lati quelli di S. Antonio
di Padova e di S. Francesco
di Paola, patrono di Marzamemi e custodiva anche un artistico dipinto
raffigurante la Madonna del Carmelo.
Ancora
visibili il cortile arabo e le casuzze dei pescatori che attorniano piazza
Regina Margherita, tra cui la casa del forno e la casa del razionale.
Accanto al palazzo venne costruito nel 1912 lo stabilimento per la salagione
del tonno e poi per la lavorazione sott’olio.

Concessa
il 14 febbraio del 1655, con investitura della Regia Corte ad un barone
spagnolo, nei primi anni di attività la tonnara non veniva calata ogni
anno, bensì ad anni alterni, perché non si riuscivano a smaltire tutti i
tonni pescati, che, in gran parte, venivano salati e conservati in botti di
legno. Solo dalla seconda metà del Settecento venne calata annualmente. Le
tonnare di Marzamemi e Vindicari furono acquistate da Simone Calascibetta
(nobile di Piazza Armerina e giudice a Palermo) “dal Regio Fisco il 14
febbraio del 1655, insieme con quelle di Fiume di Noto e Santa Bonagia per
una tenuissima somma.”, come riporta il Memoriale delli Giurati di Noto a
S.M., risalente probabilmente al 1747. La vendita puro e franco allodio, con
i relativi titoli di barone, avvenne per novemila onze. Il nuovo padrone era
esente dall’obbligo del servizio militare e trasmetteva i privilegi agli
eredi. In quel periodo la Spagna, dopo gli ingenti costi sopportati per la
Guerra dei Trent’anni, aveva un urgente bisogno di cospicui capitali e le
vendite di tonnare e di titoli nobiliari furono tra le misure attuate per
reperire, in tempi brevi, nuove e consistenti entrate economiche.
La
tonnara di Marzamemi,
che mediamente pescava circa 2000 tonni all’anno, con delle punte di
2.655, 4.372, 2.735 e 3.233 rispettivamente negli anni 1902, 1904, 1905 e
1911, ad iniziare dal 1922 cominciò ad avere una lenta ma inesorabile
diminuzione di pesca, tanto che nel 1926 fu deciso di chiudere lo
stabilimento conserviero, in quanto le poche centinaia di tonni pescati
venivano avviati unicamente ai mercati ittici che potevano ora essere
celermente raggiunti per l'impulso preso dalla motorizzazione e per
l'apparizione di alcune fabbriche di ghiaccio nel siracusano. Lo
stabilimento conserviero aveva funzionato per conto dell'industria Angelo
Parodi di Genova: addetti alla lavorazione erano specialisti genovesi come
ligure ne era il direttore. Le scatolette che venivano prodotte avevano come
marchio di fabbrica "AP Angelo Parodi Genova - Tonno all'olio puro di
oliva - Lavorazione sul posto di pesca”. Lo stabilimento conserviero
rinacque nel 1937, ma solo per un anno, per opera della nobile signorina
Preziosa, dei baroni Bruno di Belmonte di Ispica; questa volta, però, per
la lavorazione del pesce azzurro, che veniva sbarcato da numerosi
pescherecci palermitani, che sfruttavano la pescosissima secca di Pachino,
distante da Marzamemi circa otto miglia.
Dopo
il 1922, la tonnara rimase attiva fino al 1943, esattamente fino al 12
giugno di quell’anno, quando fu mitragliata, con morti e feriti,
dall'Aviazione Inglese pochi giorni prima dello sbarco alleato. Riprese a
funzionare l'anno successivo, con risultati sempre modesti (qualche paio di
centinaia di tonni pescati) e la sua attività si protrasse fino al 1969,
anno in cui chiuse definitivamente. Di recente, a seguito dell'aumento
delle quote di tonno rosso, è stata proposta la riattivazione delle tonnare
di Favignana e di Marzamemi.

Agosto
2019
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