Area Marina Protetta del Plemmirio
(Siracusa)
  

   

Siracusa è città di antiche tradizioni marinare, polo culturale mediterraneo e terra dominata da storia e natura. Plemmirio, cantato da Virgilio, è il promontorio sulla costa siracusana che ha dato il nome all’Area Marina Protetta presso i luoghi di penisola Maddalena – Capo Murro di Porco .

Siracusa e il Plemmirio, oltre a quello naturalistico, custodiscono un altro impareggiabile tesoro non meno prezioso rappresentato dagli elementi testimoniali – materiali e immateriali – della storia dell’uomo di questo territorio: tradizioni, mosaici, ceramiche, chiese rupestri, masserie, torri, palmenti mulini, per non parlare dell’immenso patrimonio sommerso custodito nelle silenziose profondità del mare.

Vero e proprio crocevia del Mediterraneo, fin dalla preistoria, Siracusa è stata lo scenario che ha visto succedersi e fondersi popoli di civiltà diverse che hanno lasciato la loro indelebile impronta in tanti settori dell’attività umana.

Questo tratto di costa ha rappresentato il crocevia di storie e culture millenarie come è testimoniato dalla concentrazione, in solo sei chilometri di costa, di testimonianze umane dalla preistoria fino ai giorni nostri. 

- La “Grotta Pellegrina” e stata sede di lunghi studi che hanno permesso di identificare la stessa come luogo di rifugio dell’uomo preistorico.

- A punta della Mola è osservabile una necropoli dell’età del bronzo con tracce del villaggio annesso.

- Lungo la costa esistono ben sei latomie (cave estrattive di età greca) a testimonianza ulteriore che in quest’area sorgeva l’antico quartiere sub-urbano del Plemmyrion oggi scomparso.

- A Punta della Mola e Capo Murro di Porco si snodano anche estesi complessi di tunnel sotterranei usati come contraerea nella seconda guerra mondiale.

- Nella zona della Grotta Pellegrina si trovano due interessanti cisterne per l’acqua piovana probabilmente risalenti al secolo XIX, testimonianza di antiche colture.  

Lo stretto legame tra risorse naturalistiche e risorse culturali si traduce in una formidabile offerta turistica molto diversificata con conseguenti nuove e importanti opportunità per lo sviluppo sostenibile del sistema economico siracusano.

Nella storia questo territorio ha da sempre avuto una destinazione agricola, la città non si è mai estesa nel tempo in questa direzione poiché si doveva attraversare la zona detta dei Pantanelli, malsana e paludosa, per cui la Maddalena è stata utilizzata come zona da raggiungere via mare.

Tra la metà dell’ottocento e gli inizi del novecento la borghesia siracusana costruisce qui le dimore di “villeggiatura”, come testimoniano le ville di campagna di famiglie benestanti sorte nel secolo scorso; per alcune di queste esistono dei vincoli in quanto rappresentano esempi di una forma storica di architettura che ha toccato il territorio ma con un eleganza non invasiva conservandone l’aspetto di paesaggio ottocentesco e come tali sono degne di tutela.

La vocazione agricola di questo sito è dimostrata, poi, da alcuni toponimi e dalla presenza di numerose masserie: quest’area è famosa per la produzione di vino e del rinomato moscato di Siracusa. Le ultime masserie, qualche coltura pregiata e la tonnara sono espressione di valori umani e territoriali impiantate su tradizioni secolari.

La penisola della Maddalena, toponimo derivato da una chiesetta dedicata alla Maddalena, o, come più comunemente designata, contrada Isola, antico Plemmyrion cantato da Virgilio, costituisce il limite meridionale del porto grande di Siracusa su cui si affaccia con una veduta suggestiva e strategica. Come Ortigia, nel cuore della città di Siracusa, anche il Plemmirio fu interessato da insediamenti indigeni raggruppati qui in villaggi capannicoli della media e tarda età del bronzo. Nel tempo questi insediamenti sono stati oggetto di ricerche archeologiche di cui il Cavallari e l’Orsi ne furono i primi scavatori, fornendo un dettagliato quadro culturale. Agli insediamenti corrispondevano le necropoli come testimoniano gli scavi di Paolo Orsi che hanno evidenziato due nuclei di tombe a grotticella l’uno nei pressi dell’insenatura di Massoliveri, l’altro lungo la costa meridionale di Capo Murro di Porco: si tratta di tombe con accesso a pozzetto che hanno restituito corredi funerari importanti contenenti anche oggetti di importazione egea, inquadrabili nell’ambito della cultura di Thapsos (XV-XIV sec. a.C.). Tombe, talvolta utilizzate anche in epoche successive, sono state scavate anche sui costoni di roccia calcarea della dorsale della penisola che degradano a nord e a sud sul mare. Nel V sec. a.C. il Plemmirio e il porto di Siracusa furono il teatro sanguinoso di azioni di guerra fra Siracusani e Ateniesi. Tucidide (libri VI-VII), ipotizza sul riuso delle tombe, che gli Ateniesi, che al tempo dell’assedio occuparono il Plemmirio, anziché gettare in mare i cadaveri (ciò era grave delitto), seppellirono i caduti nelle tombe più antiche che già esistevano.

In tempi remoti questo territorio è stato interessato da “insediamenti produttivi” la presenza di profonde carraie con varie direzioni sul banco roccioso è la testimonianza di una viabilità antica di età preistorica mantenuta in epoche successive e collegata allo sfruttamento di cave di pietra da cui è derivato il materiale utilizzato per antiche costruzioni siracusane come gli edifici templari come il tempio di Apollo (inizi VI sec. a.C.), quello di Minerva (inizi IV sec. a.C.) e in tempi moderni dopo il terremoto del 1693, la facciata della Cattedrale sita in p.zza Duomo.

La Penisola Maddalena con la sua propaggine sul mare aperto nella parte Sud dell’imboccatura del Porto Grande di Siracusa, costituiva, soprattutto per la navigazione antica, un pericolo non indifferente. Se a questo aggiungiamo il pericolo delle secche, un tempo più affioranti, e delle variabili meteomarine, tipiche di quest’area, risulta chiara la potenzialità di rinvenire, lungo questi fondali, reperti archeologici di tutte le epoche, considerando anche il grande ruolo che la città di Siracusa ha avuto dall’epoca greca in poi quale crocevia dei traffici nel Mar Mediterraneo. Non è casuale dunque che gran parte delle segnalazioni circa l’avvistamento di reperti archeologici subacquei nelle acque siracusane e la maggior parte delle ricerche si siano concentrate lungo il perimetro di questa imponente penisola le cui condizioni geomorfologiche e la tipologia e morfologia dei fondali influiscono direttamente sulla distribuzione e sullo stato di conservazione dei relitti.

La composizione delle rocce della penisola è essenzialmente calcarea e presenta a livello geomorfologico una notevole varietà di ambienti, dovuti in gran parte ai movimenti tettonici e ai processi di erosione marina.

La linea di costa scende a picco sul mare, per gran parte dell’estensione della penisola.

Piccole linee di spiaggia, falesie, grotte di abrasione, insenature frastagliate, archi sottomarini, crepe, anfratti, canyon contribuiscono a rendere il paesaggio – sia quello subaereo che, a maggior ragione,  quello sottomarino – quanto mai ricco  e diversificato, offrendo una notevole varietà di habitat per gli organismi che popolano le acque antistanti.

La notevole diversità di habitat che caratterizza l’area in questione crea a sua volta le premesse per l’insediamento di un ricco patrimonio biologico, oggi tutelato attraverso l’istituzione dell’AMP.

La “Penisola Maddalena” è il risultato dell’attività tettonica dell’area a causa della quale si è isolato e sollevato un blocco che ha un andamento NW-SE.

Questo elemento tettonico è riconosciuto in letteratura come “horst”. Si tratta di un piccolo altopiano che dalla quota massima di 54 m degrada verso mare sia ad oriente che ad occidente ora in maniera blanda attraverso dei terrazzi marini di età Plio-Pleistocenica, ora attraverso scarpate marine della stessa età dovute a fenomeni eustatici o di bradisismo del mare. Si deve proprio a quest’ultimo lo sprofondamento del fondale marino da zero a centinaia di metri in un breve tratto di mare antistante la costa. L’intensa attività tettonica, inoltre, ha prodotto notevoli fenditure particolarmente in prossimità di Capo Murro di Porco, dove il frangersi delle onde per effetto idropneumatico determina a terra spettacolari spruzzi d’acqua simili ai “geyser”. I fondali dell’area in esame presentano una conformazione a gradini che, nel versante sud e sud-ovest, degradano piuttosto lentamente raggiungendo una profondità di circa 30 m a notevole distanza dalla linea di costa; mentre nel versante est il declivio è molto accentuato e si raggiungono profondità di 40-50 metri a poche decine di metri dalla costa.

Il versante nord-ovest invece, è caratterizzato da fondali sabbiosi che degradano dolcemente verso il Porto Grande di Siracusa.

ARCHEOLOGIA E PAESAGGIO UMANO - La costa orientale della penisola Maddalena più conosciuta ai Siracusani con il nome di “Isola”, è da sempre interessata, data la vicinanza con la città di Siracusa, ad interventi umani determinati da diverse motivazioni che dimostrano intimo rapporto tra questo lembo di costa siracusana e la pentapoli greca. Basti pensare che in solo sei chilometri di costa (considerando solo l’area sottoposta a vincolo) si concentrano testimonianze umane dalla preistoria sino ai giorni nostri.

La “Grotta Pellegrina” e stata sede di lunghi studi che hanno permesso di identificare la stessa come luogo di rifugio dell’uomo preistorico. A punta della Mola esiste una necropoli dell’età del bronzo con tracce del villaggio annesso. Lungo la costa esistono ben sei latomie (cave estrattive di età greca) a testimonianza ulteriore che in quest’area sorgeva l’antico quartiere sub-urbano del Plemmyriom oggi scomparso. 

A Punta della Mola e Capo Murro di Porco esistono anche estesi complessi di tunnel sotterranei usati come contraerea nella seconda guerra mondiale. Nella zona della Grotta Pellegrina si trovano due interessanti cisterne per l’acqua piovana probabilmente risalenti al secolo XIX, testimonianza di antiche colture.

A far da cornice a tutto questo ci sono chilometri di antichi muretti a secco della migliore tradizione iblea. Poco fuori l’area vincolata segnaliamo alcune meravigliose masserie e ville residenziali in completo stato di abbandono, come la villa del Barone Beneventano del Bosco.

La storia delle ricerche archeologiche nello specchio d’acqua che circonda l’Area Marina Protetta del Plemmirio annovera tra i suoi più importanti momenti, le campagne di scavo realizzate dall’Università inglese di Bristol negli anni 80, sotto la direzione di Parker, le esplorazioni eseguite da Kapitän negli anni sessanta e quelle più sistematiche che hanno impegnato la Cooperativa “Acquarius”, diretta dalla dott.ssa Freschi, dal 1986 al 1989.

Tra i risultati più interessanti possiamo annoverare la localizzazione dei resti del cosiddetto Plemmyrion A, probabilmente ubicabile nei pressi di Punta del Gigante, il rinvenimento di un gruppo di bronzi, ora custoditi al museo di Siracusa, i resti di un relitto, identificato come Plemmyrion B, costituito da numerosi frammenti di anfore, appartenenti nella quasi totalità ai tipi Africana IIA e Africana I, con una sola anfora mauretana, databili tra il 180 e il 250 d.C. e anche frammenti di anfore bizantine di cui si ipotizza l’appartenenza a relitti diversi naufragati nello stesso sito e i cui resti si sono mischiati. E ancora i resti di un altro relitto, identificato come Plemmyrion C, di età greca, costituito da numerosi frammenti di ceramica riconducibili ai tipi Corinzia A e B, databili tra la fine del VI e gli inizi del V secolo a.C.

Grazie ad uno studio dell’A.M.P., tutti i siti interessati dalle evidenze archeologiche sono stati rivisitati e i reperti, individuati e schedati, sono stati georeferenziati e inseriti all’interno del sistema informativo territoriale dell’Area Marina Protetta del Plemmirio.

FLORA E FAUNA - La morfologia dei fondali e della costa intera del Plemmirio si presenta assai variegata e ciò fa sì che anche il paesaggio sottomarino risulti quanto mai vario e suggestivo. Estese praterie della Fanerogama marina, Posidonia oceanica, vengono qua e là interrotte da chiazze più o meno vaste di sabbia spazzata dal ritmico moto delle onde. Grotte, ammassi rocciosi, canali, corridoi e tutte le altre peculiarità strutturali dell’ambiente sottomarino, formano un paesaggio multiforme, luogo ideale per una grande varietà di associazioni biologiche.

Questa estrema varietà di habitat e la conseguente presenza di comunità animali e vegetali molto varie, fa sì che diventi assai difficile la semplice descrizione della flora e fauna che popola questo ricco mare di Siracusa: tappeti di alghe multicolori, interrotte dai luminosi Madreporari, sassi e substrati colonizzati da alghe e altri invertebrati, formano un ambiente paragonabile per bellezza ai paesaggi tropicali.

Complessivamente però possiamo affermare che il sistema litorale del Plemmirio mostra spiccate caratteristiche di tipicità mediterranea, nel quale la zona di confine tra terra e mare è caratterizzata dalla presenza di particolari biocostruzioni denominate trottoir o “marciapiedi a vermeti” ad opera di alghe calcaree del genere Lithophyllium nei cui spazi ed incavi si annidano altre alghe e animali sessili tra cui Anellidi (vermi marini) e Balanidi (piccoli crostacei ancorati alle rocce).

Tappezzano i substrati rocciosi della zona costiera superiore alghe del genere Cystoseira e altre alghe brune come la coda di pavone, la Dictyota dichotoma e la Ectocarpus siliculosus. Le alghe verdi si trovano sia a questo livello che a profondità maggiore dove si possono incontrare i caratteristici e delicati ombrelli di mare, sulle rocce a strapiombo protette dal sole prosperano Udothea desfontaini, che vegeta fino a 20 metri di profondità, e la moneta di mare, ma anche Ulva lactuca, Cladophora proliphera ed altre ancora.

Le alghe rosse sono presenti fino a 130 metri di profondità e nelle grotte dalle cui pareti si protendono anche le colonie rosa della Retepora cellulosa e i rametti rosso splendente del “falso corallo” Myriozoum truncatum accanto a estensioni di polipi giallo oro del madreporario Leptosammia pruvoti. 

Gli organismi bentonici, sia fissi che mobili, variano a seconda del tipo di fondale. Nelle zone sabbioso-fangose abbondano animali scavatori come Anellidi Policheti, Molluschi, presenti con una enorme varietà di specie, piccoli Pesci, soprattutto bavose e ghiozzi, specializzati nel mimetismo con l’ambiente di fondo. I fondali a massi, alla base delle pareti rocciose, costituiscono zone di passaggio verso fondali fangosi e sabbiosi. Fra i massi attecchiscono i rizomi della Posidonia oceanica che insieme a Zostera marina, più abbondante in condizioni di fondo fangoso, dà luogo a vere e proprie praterie sottomarine fino alla profondità di 30-40 metri.

Sulle foglie e sui rizomi di queste piante trovano rifugio e nutrimento Polipi Idroidi, Briozoi, Ascidie, Spugne, Policheti e Alghe epifitiche. Qui inoltre vivono Attinie, Crostacei, Molluschi Gasteropodi, Stelle e Ricci di mare tipici del mediterraneo come Paracentrotus lividus e Arbacia lixula e Pesci come Syngnathus acus (pesce ago) e l’Hippocampus guttulatus (cavalluccio marino), la Muraena helena (murena).ed altri organismi ancora. A partire dai 3 metri di profondità interessante è la presenza di Pinna nobilis, la nacchera, mollusco protetto le cui valve  possono raggiungere gli 80 cm di lunghezza.

Intorno alla complessità biologica della zona litorale del Plemmirio che costituisce il loro ambiente di elezione, vive un’insospettabile quantità di Pesci dai meravigliosi colori e forme, tra cui alcune specie di Serranidi come la cernia bruna, gli sciarrani a Siracusa dette “precchie di mare”, la donzella pavonina, localmente detta  pesce cavaliere, le castagnole, le castagnole rosse e, ancora, i saraghi, l’occhiata, la donzella, il pesce pappagallo e gli scofani. La costa del Plemmirio è popolata anche da Pesci di dimensioni maggiori molto più veloci ed elusivi pertanto più difficili da osservare proprio perché vivono in spazi acquei più vasti, così è possibile osservare cefali, spigole, dentici, orate, corvine e altre ancora.

Partendo dalla linea di costa, sulla terraferma, la vegetazione naturale può essere suddivisa in fasce parallele, ciascuna delle quali corrisponde ad una diversa situazione ecologica. La zona di battigia è caratterizzata da condizioni ambientali proibitive per qualsiasi forma di vita vegetale.

Su rocce, latomie costiere e falesie, continuamente spruzzate di acqua marina vivono specie rupicole e pioniere come la Salicornia glauca, piccola perenne legnosa commestibile dalle foglie piccolissime e dai fusti filiformi ricchi di acqua e di sale; e diverse specie del genere Limonium. Man mano che ci si allontana dalla costa la salinità diminuisce e favorisce lo sviluppo del Timo arbustivo, Palma Nana e Spinaporci. Una delle specie più interessanti è proprio la Spinaporci, cespuglio emisferico ramosissimo e spinoso a distribuzione mediterraneo-orientale che trova nella Sicilia Sud Orientale il suo areale di distribuzione più occidentale.

Anche il Timo arbustivo è specie particolarmente presente nella costa Nord della penisola. Altre specie che caratterizzano l’associazione sono la Spazzaforno, la Ginestra Spinosa, il Camedrio Femmina, l’Ononide, il Thè Siciliano, il Salvione e l’Asparago Pungente.

In autunno spiccano le fioriture della Scilla Marittima, dello Zafferano e dell’endemico Giaggiolo Bulboso.

Spostandosi ulteriormente verso l’interno si incontra la vegetazione più evoluta dell’Area marina, la Macchia Mediterranea, composta da specie dotate di foglie dalla superficie dura e lucida per meglio respingere i raggi solari e limitare la perdita d’acqua.

A questo gruppo appartengono il Lentisco, l’Ogliastro, il Carrubo, il Mirto e la Palma Nana, presenti e rigogliose a Capo Murro di Porco.

Lungo l’area costiera del Plemmirio da Punta della Mola a punta Milocca vive una ricca fauna di Vertebrati e Invertebrati, una vera e propria isola naturale dove si possono incontrare la Volpe, la Donnola, il Coniglio Selvatico, il Ramarro il Gongilo Ocellato, il Biacco del Carbonaio e l’endemica Lucertola Siciliana.

MARE - Nonostante la vicinanza con Siracusa il mare della Penisola Maddalena offre ancora all’appassionato e allo studioso numerose sorprese biologiche e fondali stupendi.

Da capo Castelluccio a Punta Tavernara, il fondale si mantiene basso ed uniforme per diverse centinaia di metri, poi scende improvvisamente a quote più elevate. Da Punta Tavernara a Capo Murro di Porco, invece, già sottocosta si incontrano fondali di oltre 30-40 metri.

Dove esiste il cambio improvviso di pendenza, ci sono molte grotte sommerse ricche di vita bentonica e nectonica con coralli solitari, spugne, briozoi, cicale di mare, nudibranchi e moltissime specie di pesci. Nei fondali più bassi è possibile incontrare vaste praterie di Posidonia con giganteschi esemplari di Pinna nobilis, la conchiglia più grande del Mediterraneo. Ancora più su dominano, soprattutto vicino la costa, i coralli coloniali come l’Astroides calycularis dal colore rosso intenso che ci ricordano come il nostro Ionio sia un mare con spiccate caratteristiche tropicali. Lungo la battigia è facile imbattersi in interessantissime biocostruzioni (Trottoir) simili a barriere coralline in miniatura. Le ultime cernie sopravvissute all’intensa caccia hanno ormai abbandonato i bassi fondali e si sono rifugiate a profondità più elevate.

Capo Murro di Porco per le sue Caratteristiche geografiche e per la particolarità dei suoi fondali è un luogo eccezionale per l’osservazione dei grandi pesci pelagici come tonni, ricciole, squali e dei mammiferi marini come delfini, balene e capodogli. A tal proposito ricordiamo che nel giugno del 2004 sono stati avvistati in quest’area sei esemplari di balenottera comune e Megattere.

La fascia bentonica, antistante la summenzionata area marina, risulta ricca di numerosissime biodiversità esistenti nel mediterraneo, grazie a non indifferenti fattori naturali di varia origine, come la natura geomorfologica dei fondali che hanno favorito l’insediamento di numerosi molluschi bivalvi, indispensabili nella catena alimentare sottomarina, oltre all’apporto nutrizionale biologico derivante dalla confluenza di alcuni fiumi e torrenti che riversano le loro ricche acque nell’area in questione. Tutto ciò ha permesso lo sviluppo di numerosissime specie di fauna mediterranea quali: Sparidi, Labridi, Serranidi, Blennidi ecc. Abbondano, inoltre, gli invertebrati quali: Acrani, Tunicati, Echinodermi, Cefalopodi, Nudibranchi, Briozoi, oltre a diverse specie di alghe e fanerogame marine, fra cui la Posidonia Oceanica.

L’ubicazione geografica e la particolare morfologia della zona costiera e dei suoi fondali marini, rendono unica, sotto altri e numerosi aspetti, il Capo in questione; infatti, è possibile riscontrare grotte emerse e sommerse, cavità, sifoni e, a distanza di circa 300 metri dalla costa, il fondale degrada velocemente in profondità.

Ma la varietà e la ricchezza della fauna marina di Capo Murro di Porco, non è l’unica ragione per cui esiste la fruizione regolamentata; è noto, infatti, che i fondali dell’area marina interessata sono ricchissimi di importanti e numerosi reperti archeologici di varie epoche e civiltà. Si evince, dalla storia, che Siracusa era un’importante meta di scambi commerciali del mediterraneo, il suo porto era tappa d’obbligo, nelle rotte navali delle antichità e, di conseguenza, i naufragi erano numerosi. In quest’area sono stati recuperati, nel corso degli anni, numerosi reperti custoditi nel museo Paolo Orsi di Siracusa.

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