Messina

 

Messina venne fondata dai Greci secondo Eusebio di Cesarea nel 757 a.C., con il nome di Zancle che in siculo significa Falce. tale data però risulta fortemente in contrasto con quanto detto da Tucidide che, pur tacendone la data di fondazione, la indica di origine calcidese e cumana. Essendo la fondazione di Cuma, da cui provenivano gli ecisti, del 750 a.C., appare evidente l'inaffidabilità dello storico latino. Conquistata dal tiranno di Reghion, Anassilao, viene occupata da genti messene e per questo appellata Messenia. Subisce le vicende della spedizione ateniese in Sicilia e in seguito alla terza guerra greco-punica viene distrutta e spopolata per la vendetta di Imilcone a seguito della battaglia di Mozia (397).

Romani la conquistarono nel 264 a.C. e, dopo la caduta dell'Impero romano d'Occidente, fu prima in possesso dei Bizantini e quindi degli Arabi. Vive il suo massimo splendore con i normanni. Nella sua antichissima storia fu più volte Capitale della Sicilia.

Nel 1060 venne conquistata dai Normanni. Sotto i domini svevo angioino aragonese, raggiunse grande prosperità divenendo capitale del Regno di Sicilia assieme a Palermo (il Regno di Sicilia comprese per lunghi periodi anche tutta l'Italia meridionale) e, grazie al suo porto, uno tra i primissimi centri commerciali e tra le più grandi, fiorenti ed importanti città del mar Mediterraneo.

Fu per lunghi secoli la città siciliana più ricca, seconda nel Mezzogiorno d'Italia solo a Napoli. Nel 1674 si ribellò alla Spagna e ne subì successivamente la repressione. Fu toccata da un grave terremoto nel 1783. Entrò a far parte del Regno d'Italia dopo la spedizione dei Mille garibaldina, anche se la cittadella cadde solo il 12 marzo 1861.

Nel 1908 subì le distruzioni di un altro terribile terremoto e ancora dei bombardamenti della seconda guerra mondiale.  

L'omonimo stretto compare già nell'Odissea di Omero come luogo di dimora dei mostri marini Scilla e Cariddi.

I ritrovamenti archeologici attestano la presenza di un villaggio dell'età del bronzo. Sullo stesso sito venne fondata intorno al 730 a.C. una tra le prime colonie greche della Sicilia. Alla colonia venne dato un nome di origine sicula, Zancle (con il significato di "falce", in riferimento alla forma del braccio sabbioso di San Raineri, che chiude il grande porto naturale), che conferma la presenza delle popolazioni indigene.

Secondo lo storico greco Tucidide i coloni provenivano dalla colonia calcidiese di Cuma in Magna Grecia (guidati da Periere) e dalla stessa madrepatria di Calcide nell'isola greca d'Eubea (condotti da Cratemene), madrepatria anche della stessa Cuma. Secondo il geografo latino Strabone i coloni erano originari da Naxos, la prima colonia calcidese nell'isola. La città sorse vicino al lembo nordorientale dell'isola, in posizione strategica di primissima importanza. Poco dopo, i calcidiesi fondarono un'altra colonia sulla sponda opposta dello stretto, Reghion, oggi Reggio Calabria, ottenendo così il controllo dell'importantissimo braccio di mare.

Dopo la conquista persiana della Ionia si aggiunsero altri coloni, provenienti dall'isola di Samo e da altre località della regione. Agli inizi del V secolo a.C. i Samii furono scacciati da Anassilatiranno di Reggio, che tenne il dominio su entrambe le sponde dello stretto e diede alla città il nome di Messanion, dalla patria originaria dei suoi avi, la Messenia, in Grecia. Dopo la morte del tiranno, nel 461 a.C., entrambe le città ne cacciarono i figli.

Nel 396 a.C. venne distrutta dai cartaginesi, guidati da Imilcone, ma il tiranno di Siracusa Dionisio la ricostruì e la ripopolò con nuovi coloni. Fu liberata dal dominio siracusano da Timoleonte e successivamente riconquistata da Agatocle. Nel 288 a.C. vi si insediarono i mercenari Mamertini, di stirpe sabellica.

I Mamertini, in lotta con Ierone II di Siracusa, chiamarono in aiuto i Romani e provocarono lo scoppio della prima guerra punica tra Roma e Cartagine.

Consegnata dai Mamertini ai Romani nel 264 a.C., ottenne dopo la fine della guerra lo status di civitas libera et foederata (città libera ed alleata, formalmente indipendente), unica in Sicilia insieme a Tauromenium (Taormina). Il nome greco Messanion fu tradotto in latino come Messana.

Durante l'età repubblicana subì ancora attacchi durante le guerre servili (102 a.C. Cicerone, nelle orazioni contro Verre, la definì civitas maxima et locupletissima (città grandissima e ricchissima). Pompeo attaccò nel 49 a.C. la flotta cesariana che si riparava nel porto della città. Successivamente divenne una delle principali basi di Sesto Pompeo, che vi sconfisse la flotta di Ottaviano e venne in seguito saccheggiata dalle truppe di Lepido. In seguito divenne probabilmente municipio. Delle vicende della città in epoca imperiale non sappiamo quasi nulla. Secondo la tradizione, San Paolo approdò sulla costa ionica della città e vi predicò il Vangelo.

Dopo la divisione dell'impero romano fece parte dell'Impero bizantino governata però da magistrati propri chiamati "Stratigoti".

Dopo una valorosa resistenza, Messina fu conquistata nell'843 dagli Arabi, sotto i quali subì un periodo di decadenza. Con la caduta di Rometta, ultima roccaforte dei Bizantini, nel 965 tutta la Sicilia era stata occupata e sottomessa agli Arabi. In quegli anni si costituì la Sacra Milizia dei Verdi per difendere il SS Sacramento portato agli infermi o in processione. Furono proprio nobiluomini messinesi a sollecitare l'intervento dei Normanni contro gli Arabi. Nel 1061, con la conquista di Messina da parte del Gran Conte Ruggero D'Altavilla, iniziò la riconquista cristiana della Sicilia.

Sotto il dominio normanno la città si riprese economicamente e demograficamente e godette di un lunghissimo periodo di opulenza, che la vide patria di importanti personaggi (come il grande pittore quattrocentesco Antonello da Messina). Da questo periodo ininterrottamente Messina esercitò il ruolo di metropoli della Sicilia orientale e della Calabria, punto di riferimento sotto gli aspetti economico, politico, militare, culturale, artistico e religioso sia per le città della vicina Calabria che per tutte quelle della Sicilia orientale.

La città, sin dall'epoca normanna, ottenne numerosi privilegi dai Re di Sicilia, che esaltarono il ruolo già rilevantissimo del suo porto, facendola divenire capitale economica della Sicilia e la fecero, al pari di Palermo, capitale del Regno. Messina fu dotata di una Zecca e di un arsenale e fu fondato il monastero Basiliano del S. S Salvatore, centro di cultura greco-bizantina, di cui restano importanti codici, come anche il monastero basiliano di San Filippo il Grande . Risalgono a questo periodo molti importanti monumenti: il Duomo (che poi subì molte modifiche), la SS Annunziata (detta poi dei Catalani), S. Maria di Mili S. Pietro, S. Maria della Valle (detta la Badiazza). Vi era un poi palazzo reale con quattro torri.  

Nel 1189, il re inglese Riccardo Cuor di Leone, mentre si recava in Terrasanta per la terza crociata, si fermò a Messina per recuperare la dote della propria sorella Giovanna d'Inghilterragià sposa del re Guglielmo II di Sicilia. I contrasti con il re Tancredi indussero Riccardo a occupare la città insediandosi nel castello di Matagrifone dal quale dominava e spadroneggiava in città. Dopo quasi un anno Riccardo raggiunse un accordo sia con Tancredi che con uno dei suoi stessi compagni di Crociata, il re Filippo Augusto di Francia; l'accordo comprendeva la rinuncia di Riccardo a sposarsi con la sorella di Filippo, Alice, così da poter sposare la principessa Berengaria di Navarra.

Durante il periodo svevo, per concessione di Federico II, i Cavalieri Teutonici ebbero facoltà di costruire un loro Gran Priorato con ospedale e chiese, per avere sicura base per le imprese in Terrasanta; sorse così la chiesa di S. Maria Alemanna (o degli Alemanni), in stile gotico.

A seguito della rivolta dei Vespri siciliani contro gli Angioini, nell'estate del 1282, Messina fu posta sotto assedio da Carlo d'Angiò, consapevole che non avrebbe mai potuto avanzare all'interno della Sicilia se non dopo aver espugnato la città sullo stretto. L'assedio durò fino a tutto il mese di settembre, ma la città, strenuamente difesa da Alaimo da Lentini, non fu espugnata. Messina, nell'immediatezza dell'insurrezione, era già stata sede della Communitas Siciliae, un parlamento di città della Sicilia che avevano espresso un'aspirazione autonomistica, naufragata prestissimo di fronte al precipitare degli eventi bellici: i siciliani offrirono così la corona di Sicilia a Pietro III d'Aragona, marito di Costanza di Hohenstaufen, figlia del defunto Re Manfredi di Svevia, trasformando l'insurrezione in un conflitto politico fra siciliani e Aragonesi da un lato e gli Angioini, il Papato, il Regno di Francia e le varie fazioni guelfe dall'altra. Il 26 settembre 1282, Re Carlo, sconfitto, fece ritorno a Napoli.  

Durante il dominio aragonese il territorio di Messina ospitava colonie di pisani, veneziani e genovesi e una fiorente comunità di ebrei. Inoltre la città aveva relazioni con toscani, marchigiani e liguri, ma anche con marsigliesi e catalani.

Nel 1347, nei primi giorni di ottobre, nel porto di Messina arrivarono delle navi genovesi provenienti da Caffa (oggi chiamata Teodosia) nel Mar Nero. Poco tempo dopo l'arrivo delle navi, in città si manifestò un'epidemia: i malati presentavano rigonfiamenti di colore nero sotto le ascelle e all'inguine, con perdita di sangue e presenza di pus; le emorragie interne provocavano dolori lancinanti e portavano alla morte in pochi giorni, se non nel giro di ventiquattro ore. Il morbo era la famigerata peste nera o peste bubbonica. Quando i messinesi capirono che il contagio era da ricondursi all'arrivo delle navi genovesi, queste ultime vennero scacciate al largo, ma ormai l'infezione era dilagante e in poco tempo si sarebbe diffusa in tutta Europa con effetti devastanti fino al 1350. La peste nera del 1347 è quella ricordata da Giovanni Boccaccio nel Decameron.

Nel 1492, all'età di 22 anni, Pietro Bembo chiese al padre il permesso di potersi recare a Messina alla famosa scuola di Costantino Lascaris, che veniva ritenuto il migliore dei grecisti dell'epoca; il Bembo rimarrà nella città dello stretto fino al 1494.

Messina, dopo l'impresa di Tunisi (1535), accolse l'Imperatore Carlo V con onori trionfali nella zona che fu poi denominata Porta Imperiale. La città era, con il baluardo avanzato Malta, la principale base strategica nel centro del Mediterraneo contro l'espansione ottomana e la pirateria barbaresca. L'economia della città era caratterizzata dal grande sviluppo dell'industria serica e dal porto franco. L'imperatore volle che fosse ampliata la cinta muraria e negli anni successivi furono costruiti il forte Gonzaga (dal nome del viceré dell'epoca), il forte S. Salvatore nella zona falcata e un nuovo arsenale.

Nel 1548Ignazio de Loyola fondò a Messina il primo Collegio dei Gesuiti al mondo, prototipo di tutti gli altri collegi di insegnamento che i Gesuiti fonderanno con successo nel mondo, facendo dell'insegnamento il carattere distintivo dell'Ordine. Il Collegium in seguito si trasformò nel Messanense Studium Generale, ossia l'Università di Messina. Tra gli uomini di cultura messinesi è da ricordare in particolare Francesco Maurolico (1494-1575) letterato e scienziato, con interessi in vari settori del sapere e della vita cittadina.

Nel 1571 dal porto di Messina partì la flotta cristiana, al comando di Don Giovanni D'Austria, che sconfisse i Turchi nella Battaglia di Lepanto, e Messina accolse la flotta al rientro dalla vittoriosa spedizione. Nella battaglia i messinesi, a bordo delle loro navi, furono comandati da fra Pietro Giustiniani da Messina dell'ordine dei Cavalieri di Malta. Tra i comandanti primeggiarono il conte di Condojanni, Vincenzo Marullo e il barone di UcriaPietro Marquett de Guevara, entrambi peloritani. Tra le persone ferite sbarcate dalla flotta c'era Miguel de Cervantes (Miguel Saavedra de Cervantes), che rimase ricoverato nel Grande Ospedale della città per diversi mesi a causa della ferita riportata, alla mano sinistra, in battaglia.

Messina raggiunse, nella prima metà del '600, il periodo di massimo splendore economico, tanto da poter essere annoverata tra le dieci più grandi ed importanti città d'Europa. Allo stesso tempo crebbe il suo ruolo culturale, caratterizzato in particolare da feconde relazioni con Roma. Nel 1638 l'Università di Messina fondò l'Hortus Messanensis, il più antico orto botanico della Sicilia, e chiamò Pietro Castelli, da Roma, per realizzarlo. Castelli utilizzò un innovativo ed originale sistema di classificazione delle piante, anticipando la disposizione riconoscibile in un moderno orto botanico: le piante furono distinte in quattordici classi nell'Hortus, e quindi riunite in quattro hortuli. Pietro Castelli fu sostituito da Marcello Malpighi, fondatore dell'istologia e dell'anatomia vegetale. Marcello Malpighi condusse, gran parte delle sue osservazioni scientifiche sulle piante dell'Hortus Messanensis, poi pubblicate nelle sue opere Anatomes Plantarum Idea e Anatome Plantarum. Un altro illustre cittadino che si formò nell'Urbe e (dopo un temporaneo ritorno) vi si stabilì definitivamente fu Agostino Scilla, valente pittore e fondatore della moderna paleontologia.

Nel 1674Messina si ribellò alla Spagna ma, non potendo sostenere da sola tale contrapposizione, chiese la protezione del re francese Luigi XIV, riuscendo così a mantenersi indipendente dall'impero spagnolo, anche se con gravissime difficoltà. I ribelli erano chiamati Malvizzi, i filo-spagnoli Merli.  

Nel 1678, con la firma della pace di Nimega tra Francia e Spagna, la città fu abbandonata a sé stessa dai Francesi e subì una crudele riconquista spagnola. Rioccupata, Messina fu dichiara morta civilmente e privata di tutti i privilegi storici goduti sin dai tempi di Roma; fu abolita la Zecca, chiusa l'Università, abolito il Senato cittadino, il cui palazzo fu distrutto, cospargendo di sale l'area in cui sorgeva in segno di disprezzo; fu fatto calpestare ai cavalli l'Orto botanico e fu sciolto l'ordine militare nobiliare dei Cavalieri della Stella; si confiscarono e si trasferirono in Spagna alcune opere d'arte e soprattutto i preziosi documenti in pergamena contenenti le memorie storiche della città. Inoltre venne costruita una imprendibile fortezza pentagonale nella zona portuale, al Realcittadella, per tenere sotto stretto controllo militare la città. La riconquista spagnola concluse uno dei periodi più floridi della storia della città. Molti cittadini furono banditi; tra questi lo scienziato e docente universitario Giovan Antonio Borelli, condannato a morte in contumacia.

Una nuova epidemia di peste nel 1743, varie carestie (1746,1747,1760) e il terremoto del 5 febbraio 1783, inflissero due nuovi durissimi colpi alla città dello Stretto. I lavori di ricostruzione, pur con gli interventi garantiti dal sovrano Ferdinando IV di Borbone, quali l'esenzione ventennale dalle imposte e lo stato di porto franco, durarono a lungo; la città fu edificata ancora una volta alla vecchia maniera, dimenticando la triste lezione impartita dal sisma.  

Dopo il Congresso di Vienna anche a Messina si diffuse la Carboneria. Venivano pubblicati diversi giornali che trattavano argomenti letterari, scientifici, artistici, ma anche esprimevano l'aspirazione alla libertà; vi collaboravano Giuseppe La Farina, Carmelo Allegra ecc. Fu Messina, con i moti del 1º settembre del 1847, nella zona di piazza Duomo, ad iniziare il Risorgimento Italiano; vi furono morti e feriti ma la rivolta fu subito repressa. Seguirono processi e condanne ma fu giustiziato solo il calzolaio Giuseppe Sciva, di 27 anni, il 2 ottobre 1847. Nel 1848, nuovamente ribellatasi ai Borbone di Napoli, Messina subì per otto mesi pesanti bombardamenti da parte dei cannoni della sua stessa cittadella, in mano all'Esercito delle Due Sicilie e dovette ancora una volta capitolare alle truppe comandate dal generale Filangeri che la flotta borbonica riuscì a sbarcare. Questi bombardamenti procurarono al re Ferdinando II di Borbone il soprannome di Re Bomba. I messinesi si difesero con grande eroismo, ma alla fine dovettero cedere. Alcuni giovani, detti Camiciotti (cioè in camicia), per non arrendersi si gettarono col tricolore nel pozzo del convento della Maddalena.

Nel 1848, durante i moti risorgimentali di Messina, il medico chirurgo Ferdinando Palasciano nato a Capua ed ufficiale dell'Esercito delle Due Sicilie, si adoperò per prestare soccorso sanitario anche ai nemici nonostante fosse stato minacciato di fucilazione dal generale Carlo Filangieri. Questa esperienza esposta nelle sue successive dichiarazioni al Congresso Internazionale  dell'Accademia Pontaniana di Napoli del 1861 ebbe una vasta risonanza in Europa e fu alla base della Convenzione di Ginevra del 1864 che dette vita alla Croce Rossa.

Il 27 luglio 1860 i Garibaldini, vittoriosi a Milazzo, entrarono in città, anche se i soldati borbonici resistettero nella cittadella fino alla primavera dell'anno successivo (cadde il 12 marzo 1861). Dopo qualche mese Messina ricevette la visita di Vittorio Emanuele II, ma l'unificazione d'Italia portò alla soppressione di prerogative fiscali e commerciali locali, nella restaurazione delle quali la città sperava.

Nel 1866 Giuseppe Mazzini venne eletto alla Camera dei deputati nel collegio elettorale di Messina. La Camera dei deputati annullò il voto dei messinesi con 181 voti contro 107, motivando l'annullamento con la condanna a morte di Mazzini per i moti genovesi del 1858. Il Collegio elettorale chiamato ad esprimersi nuovamente rielesse per la seconda volta come suo deputato, che il 7 febbraio 1867 rinunciò comunque alla carica.

Nel 1884 Ilya Ilyich Mechnikov, anche noto come Elia Metchnikoff, scoprì a Messina, dove si era trasferito da qualche anno proveniente dalla Russia, la fagocitosi, cioè il processo di ingestione da parte della cellula di particelle di grandi dimensioni, che fa parte anche dei meccanismi di difesa dei vertebrati contro l'infezione batterica. Per tale scoperta Mechnikov fu insignito nel 1908 del Premio Nobel per la Medicina e la Fisiologia.

Dalla seconda metà dell'Ottocento e nei primi del Novecento a Messina erano fiorenti sia le attività economiche che la cultura. Vi erano illustri letterati, musicisti, giuristi; all'Università insegnarono famosi docenti, tra cui Giovanni PascoliEttore CiccottiVittorio Emanuele OrlandoGaetano Salvemini.

Messina fu gravemente danneggiata dal terribile terremoto del 28 dicembre 1908, che uccise circa 70.000 dei suoi abitanti e distrusse il 90% degli edifici, tra cui la celebre Palazzata. Essa ricevette aiuti da tutta l'Italia e da paesi esteri e fu successivamente ricostruita sullo stesso sito con un nuovo razionale impianto urbanistico progettato dall'ingegnere Luigi Borzì. Fu nuovamente danneggiata dai bombardamenti angloamericani del 1943, che causarono migliaia di morti. Per la tenacia nel resistere alle catastrofi e nel rinascere ancora una volta, la città fu decorata con una medaglia d'oro al valor militare ed una al valor civile.

Dal primo al tre giugno 1955, mentre era Ministro degli esteri il messinese Gaetano Martino, la città ospitò la Conferenza di Messina, passo fondamentale e decisivo che avrebbe portato alla costituzione dell'Euratom e della CEE (Comunità Economica Europea), diventata in seguito Unione europea.  

Nell'ottobre 2009 la zona sud della città è colpita da un'alluvione. I centri più colpiti sono stati Scaletta Marina, nel comune di Scaletta Zanclea e diverse località del comune di MessinaGiampilieri SuperioreGiampilieri MarinaAltoliaMolinoSanto Stefano di BrigaBriga Superiore e Pezzolo. Alla fine si conteranno 37 vittime e centinaia di sfollati.  

Fontana di Orione

La fontana di Orione, collocata in Piazza Duomo, è una fontana monumentale realizzata da Giovanni Angelo Montorsoli (1507-1563) allievo di Michelangelo, risalente al 1553 ed eseguita in collaborazione con Domenico Vanello, è collocata in piazza Duomo.

“La più bella fontana del Cinquecento europeo”, è stata definita dallo storico d'arte Bernard Berenson, ed infatti è un'opera di una bellezza non comune, di grande significato e di forte impatto emozionale.

Fu voluta dal Senato messinese nel 1547 a scopo celebrativo, con l'idea di fissare nella memoria la realizzazione del primo acquedotto cittadino che sfruttava convogliando le acque dei torrenti Camaro e Bordonaro, iniziato nel 1530 ed ultimato nel 1547 su progetto dell'architetto taorminese Francesco La Cameola.

Con il permesso di Papa Paolo III fu demolita la medievale chiesa di San Lorenzo Martire per essere riedificata in posizione lievemente traslata la rinascimentale chiesa di San Lorenzo Martire, progetto affidato al medesimo Montorsoli. La fontana fronteggiava il prospetto del nuovo luogo di culto, edificio che rovinò col terremoto della Calabria meridionale del 1783.

Lo scultore fiorentino Montorsoli accettò l'incarico, e giunse a Messina insieme all'allievo Martino Montanini. Venne nominato capomastro scultore di fontane e incaricato di erigere in piazza del Duomo una fontana che rappresentasse Orione: mitico fondatore della città di Messina, gigante dalla sua triplice paternità generato dall'orina di Giove, Nettuno e Mercurio. 

Per la realizzazione, Montorsoli chiese che giungessero marmi da Carrara e impiegò numerosi scultori locali che collaborarono attivamente, realizzando in poco tempo - a detta del Vasari - la fontana.

La fontana presenta una struttura piramidale: in alto Orione con ai piedi il suo cane Sirio. Sotto 4 puttini che cavalcano delfini dalle cui bocche esce acqua che si riversa nella tazza sottostante. Seguono 4 naiadi e 4 tritoni in vasche sempre più grandi. Poi una grande vasca dodecagonale con 4 statue raffiguranti i fiumi Nilo, Tevere, Ebro, Camaro e otto bassorilievi con rappresentazioni di miti relativi alle trasformazioni in presenza dell'elemento acqua, tutti tratti dalle Metamorfosi d’Ovidio. Alla creazione di questa complessa iconografia neoplatonico-alchemica collaborò quasi certamente lo scienziato-umanista Francesco Maurolico, che compose anche i distici latini incisi sotto le quattro statue delle divinità fluviali. Si finisce con 4 piccole vasche e 8 mostri acquatici in pietra nera.

L'opera fu apprezzata al punto che il Senato messinese decise di commissionare allo scultore una seconda fontana, oggi conosciuta come fontana del Nettuno.

Fontana del Nettuno

La fontana del Nettuno è la seconda fontana realizzata a Messina da Giovanni Angelo Montorsoli (scultore toscano e stretto collaboratore di Michelangelo), dopo la nota fontana di Orione, commissionata dal Senato cittadino.

La prima opera fu talmente gradita da conferire un secondo incarico al Montorsoli, così la fontana del Nettuno fu completata nel 1557 e originariamente collocata di fronte alla Palazzata sulle banchine del porto, nei pressi del Municipio, con le spalle rivolte al mare, probabilmente per simboleggiare il dio Nettuno che offre la ricchezza del suo mare alla città. Secondo altra tradizione popolare, legata alla storia di lu Gialanti Pisci, per sbeffeggiare le popolazioni calabresi, a cui volgeva le spalle.

Nel 1757 fu posta su un lato la statua di Carlo III di Borbone - opera di Giuseppe Buceti - e, nel 1832, fu aggiunta la statua di Francesco I - opera dei messinesi fratelli Subba. Queste ultime sculture in bronzo furono poi fuse, per farne proiettili, durante la rivoluzione del 1848. Durante quel medesimo anno, in conseguenza dei bombardamenti borbonici, furono danneggiati il Nettuno e la Scilla. La statua di Scilla, danneggiata dai colpi di cannone, venne sostituita da una copia eseguita da Letterio Subba nel 1858; l'originale rimane custodita nel Museo regionale di Messina, così come già il Nettuno, la cui copia ottocentesca è un'eccellente riproduzione di Gregorio Zappalà, completata appena due anni prima, nel 1856.

L'originale della statua del Nettuno rimase sino al 1908 - anno del noto terremoto - all'interno della chiesa di Santa Maria degli Alemanni e, successivamente, spostata presso il Museo Regionale di Messina, dove ancora è custodita. Al contrario della fontana di Orione, che fu danneggiata dal terremoto, il complesso del Nettuno rimase pressoché integro.

Nel 1934 la fontana fu trasferita nell'attuale sito, poco più a nord, in piazza Unità d'Italia, per volere dell'allora prefetto Michele Adinolfi ad ornamento della piazza antistante il palazzo della Prefettura, e ruotata di 180 gradi rispetto al verso originario cosicché oggi è rivolta verso il mare. Opportuno appare evidenziare che la fontana del Nettuno era perfettamente allineata con le altre due opere importanti realizzate dal Montorsoli: la fontana di Orione e la Lanterna di San Ranieri (il faro del porto). Oggi non più.

Nell'attuale rimodulazione la struttura presenta un'ampia conca circolare ove si eleva una base a gradoni con i vertici tondeggianti. Un'ulteriore elevazione rettangolare reca 10 pannelli scolpiti raffiguranti intrecci di delfini su tridente e conchiglie, agli angoli smussati sono collocate vasche esterne decorate con leoni che raccolgono acqua da coppie di mascheroni. Il vascone contiene il basamento e il piedistallo centrale del monumento, ai lati le raffigurazioni di Scilla e Cariddi, i due mostri marini in sembianze femminili, a vertici del decoratissimo plinto quattro cavalli marini, quattro stemmi, otto mascheroni, conchiglie e, assisa sulla parte centrale accostata ad un delfino, l'imponente statua del Nettuno con tridente impugnato con la mano sinistra e il braccio destro proteso nell'atto di dominare e placare il mare.  

L'intero complesso monumentale del Nettuno esprime con genialità creativa il potente stile michelangiolesco dell'autore. Il dio Nettuno, come appena sorto dalle acque, calmo e invincibile, brandisce il suo temibile tridente e tiene incatenate ai suoi piedi le mostruose Scilla e Cariddi; è un'allegoria della forza fisica e morale della Città che doma le avversità. La fontana è costellata di iscrizioni, tra le altre la firma dell'autore presente in un'iscrizione incisa sul bordo della vasca di forma ottagonale. Rappresenta il buon governo, ai lati del Nettuno in basso si trovano i due mostri sconfitti: Scilla e Cariddi. Per i progetti simbolici sono molto probabili i suggerimenti dallo scienziato, matematico e letterato abate Francesco Maurolico.

Delle tre più importanti e belle fontane monumentali dedicate a Nettuno, quella di Messina è la più antica perché completata nel 1557 rispetto ad il Nettuno del Giambologna a Bologna che è del 1563 - 1566 e al Nettuno di Bartolomeo Ammannati a Firenze del 1563 - 1577.

Fontana Senatoria

Leggendo i sette cartigli che adornano la coppa sappiamo che l’opera fu voluta e finanziata dal senato messinese prima del 1615. 

È collocata sul lato sud del Palazzo Municipale; si compone di una grande vasca circolare con al centro una stele che sostiene una grande tazza buccellata del 1619 a sua volta sormontata da una pigna, la grande vasca è sorretta da tre gradini e presenta sul bordo esterno sette targhe a rilievo, i nomi dei Senatori del tempo, Don Franciscus MarulloBernadus MoletiThomas Zuccarato, Marcellus CirinoVincentius De Celis e Franciscus De Judice

La sua collocazione originaria è sconosciuta, però fino al 1935 si trovava in Piazza Palazzo Reale (accanto alla Dogana), nel 1937 viene collocata in Via Consolato del mare accanto al municipio per la venuta a Messina di Benito Mussolini.

Fontana Falconieri

La fontana Falconieri è una fontana monumentale realizzata da Carlo Falconieri, oggi collocata in piazza Basicò, nelle vicinanze del Monte di Pietà ovvero al termine della direttrice che da piazza Antonello da Messina assume la denominazione di via Sant'Agostino nel centro storico di Messina.

Il nome è dovuto all'architetto che nel 1842 la progettò su incarico del Senato di Messina, in occasione del diciottesimo centenario dell'arrivo in città della Lettera consegnata dalla Madonna agli ambasciatori della Città.

La fontana fu commissionata e collocata in origine nella piazza Ottagona, infatti ne richiama la forma, oggi denominata piazza Filippo Juvarra. L'installazione fu inaugurata nel 1843.

Nel 1846 l'aggregato monumentale fu arricchito con l'aggiunta di altri quattro elementi con ornamenti in ghisa e altrettante piccole vasche di raccolta.

Scampata alla furia del terremoto del 1908, i manufatti disassemblati furono custoditi nel Museo regionale fino al 1957 per essere rimodulati nell'attuale sito di piazza Basicò.  

L'insieme richiama motivi decorativi del neorinascimento toscano con ornamenti classici (scanalature, volute e riccioli), riferimenti all'ambiente marino e alle stilizzazioni di elementi ispirati a vegetali tipici delle zone caldo - umide quali foglie di palma, loto, ninfeefustitralcipampini tra la profusione di foglie d'acanto realizzate in molteplici fogge.

In origine, la fontana posta su una piattaforma regolare formata da due gradini era costituita da una grande vasca vagamente ottagonale, il cui perimetro esterno è ottenuto dall'intersezione di una croce greca e dell'equivalente quadrato ruotato di 45°.

Al centro della vasca, su un basamento decorato a festoni con sviluppo analogo ai contorni esterni, sorge l'elevazione costituita da una stele quadrangolare, ornata da bassorilievi raffiguranti animali e decorazioni fitomorfe. Tali ornamenti richiamano alla memoria le grottesche, nella fattispecie realizzate in rilievo con temi speculari e simmetrici. 

La colonna sorregge due conche coassiali ovoidali decrescenti per capacità e grandezza verso l'alto, poste a livelli differenti e separate da un artistico fusto. In mezzo alla vaschetta superiore, fiorisce un ornamento formato da foglie a ricciolo disposte in forma piramidale e da conchiglie contrapposte al vertice. Dalle conchiglie sommitali sgorga il getto d'acqua apicale.

Quattro anni dopo la sua commissione, con un ulteriore intervento integrativo, sugli immaginari prolungamenti esterni degli assi mediani del quadrato intersecante, ovvero esternamente alle pareti di raccordo fra i bracci della croce regolare, furono installati quattro piedistalli e alle estremità esterne altrettante piccole vasche di raccolta. Sui ripiani poggiano ornamenti fusi in ferro ("Fonderia Oretea diretta da Michelini in Palermo 1846") raffiguranti animali mitologici dai corpi di sirenidi con teste rispettivamente di leone, d'uomo, di grifone e di delfino, quasi una sorta di rappresentazione degli esseri viventi suddivisi per habitat naturale: terra, cielomare con riferimento agli elementi primordiali terraariaacqua.

Quattro getti scaturivano alla base delle figure in metallo verosimilmente per garantire la fruizione, l'utilizzo e l'approvvigionamento da parte della cittadinanza. Quattro getti dipartono dalle sfaccettature del basamento centrale, altrettanti da ogni singola vasca che si riversano nel recipiente sottostante.

Quattro Fontane  

Le Quattro Fontane di Messina costituivano un apparato scenografico collocato nel quadrivio fra le cinquecentesche vie Austria e Cardines. Rispettivamente le odierne via I settembre e Bernardino de Cardenas y Portugal, duca di Maqueda.

Il quadrivio è ispirato ai fasti barocchi in epoca spagnola atti a celebrare la potenza del Regno di Sicilia e l'importanza delle città capitali dell'isola, magnificenza ravvisabile nei Quattro Canti di piazza Vigliena a Palermo, iniziati nel 1609 e completati nel 1620, nei Quattro Canti di Catania, nei Quattro Canti di Paternò, o le Quattro Fontane a Roma, accanto alla chiesa di San Carlino di Francesco Borromini.

Disegnate da Pietro Calcagni ispirato all'iconografia marina, omaggio alla felice posizione della città quale crocevia di rotte commerciali, alla posizione strategia per la difesa dell'intero bacino del Tirreno, all'amenità del territorio affacciato e declinato su due mari. I manufatti presentano raffigurazioni di delfinicavallucci mariniconchigliebuccinetritoni e mascheroni idrofori.

Ricalcano lo schema proposto a Palermo e Roma nella tacita e magniloquente, sfrenata e pomposa competizione che vede i maggiori centri di potere e cultura rivolti a dotare di poli architettonici e artistici magnificenti i propri ambienti cittadini. Alla realizzazione concorrono artisti italiani e siciliani, quest'ultimi forti delle esperienze artistiche acquisite presso le corti della penisola.

L'intero progetto è disegnato da Pietro Calcagni mentre l'esecuzione spetta:

1666Innocenzo Mangani realizza la prima fontana;

1714Ignazio Buceti sotto il regno di Casa Savoia completa il manufatto collocato all'angolo  corrispondente al cantone ove sorgeva la chiesa di San Giovanni Battista dei Fiorentini;

1742Antonino Amato completa due fonti per la ricorrenza del centenario della «Madonna della Lettera», una delle quali è posta ad angolo del palazzo dei duchi di Montagnareale.

I manufatti sono il frutto dell'accostamento di marmo bianco e rosa, quasi uguali per componenti e particolari, eccezione fatta per la "mano" del singolo scultore. La fonte scolpita dal Buceti presenta, al posto delle insegne imperiali spagnole, composte da uno stemma inserito nel corpo di un'aquila ad ali spiegate, elementi intermedi dei timpani a ricciolo delimitati delle insegne cittadine, l'emblema di Casa Savoia, ovvero lo scudo ovale coronato sostenuto da due leoni rampanti.

I mascheroni e le relative vasche alla base, furono tolti con delibera municipale del 25 luglio 1854, per ovviare ai danni provocati alle sovrastanti sculture dall'uso continuo che ne faceva la cittadinanza.

Danneggiate dal terremoto di Messina del 1908, i pezzi smontati furono temporaneamente ospitati nella chiesa di Santa Maria Alemanna, soltanto due furono riassemblate nello stesso sito, le altre sono oggi rimodulate sulla spianata antistante il Museo Regionale di Messina.

La fontana realizzata dal Buceti, fu restaurata nel 1959 dall'architetto Pietro Lojacono.

Fontana Bios

alla Passeggiata a Mare, realizzata dal pittore e scultore messinese Ranieri Wanderlingh. Inaugurata nel 2005 è stata donata alla città dal quotidiano Gazzetta del Sud. Raro esempio di arte moderna a Messina, l'opera si ispira alle forme originarie ed archetipiche della natura vivente. Simboleggia il maschile ed il femminile ed il ciclo della vita e dell'energia vitale rappresentato dall'acqua. 

Il sottotitolo dell'opera è :"la vita che sempre ricomincia". La collocazione sul lungomare è stata voluta dall'autore al fine di segnare l'importante confine fra spazio urbano e spazio naturale che caratterizza la città di Messina.

La fontana è lunga 18 metri, alta quasi 7, ed è composta da due elementi affusolati in cemento. Dal grande fuso posto sgorga l’acqua che, simbolicamente, giunge alla fontana sottostante, metafora del ciclo naturale, allusione al "maschile" e "femminile" della natura.

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