Messina venne
fondata dai Greci secondo Eusebio
di Cesarea nel 757
a.C., con il nome di Zancle che
in siculo significa Falce. tale data però risulta fortemente in contrasto
con quanto detto da Tucidide che,
pur tacendone la data di fondazione, la indica di origine calcidese e cumana.
Essendo la fondazione di Cuma, da cui provenivano gli ecisti, del 750
a.C., appare evidente l'inaffidabilità dello storico latino.
Conquistata dal tiranno di Reghion, Anassilao, viene occupata da genti
messene e per questo appellata Messenia. Subisce le vicende della spedizione
ateniese in Sicilia e in seguito alla terza guerra greco-punica viene
distrutta e spopolata per la vendetta di Imilcone a seguito della battaglia
di Mozia (397).
I Romani la
conquistarono nel 264
a.C. e, dopo la caduta
dell'Impero romano d'Occidente, fu prima in possesso dei Bizantini e
quindi degli Arabi.
Vive il suo massimo splendore con i normanni. Nella sua antichissima storia
fu più volte Capitale della Sicilia.
Nel 1060 venne
conquistata dai Normanni.
Sotto i domini svevo angioino aragonese,
raggiunse grande prosperità divenendo capitale del Regno
di Sicilia assieme a Palermo (il
Regno di Sicilia comprese per lunghi periodi anche tutta l'Italia
meridionale) e, grazie al suo porto, uno tra i primissimi centri commerciali
e tra le più grandi, fiorenti ed importanti città del mar
Mediterraneo.
Fu per
lunghi secoli la città siciliana più ricca, seconda nel Mezzogiorno
d'Italia solo a Napoli.
Nel 1674 si
ribellò alla Spagna e
ne subì successivamente la repressione. Fu toccata da un grave terremoto nel 1783.
Entrò a far parte del Regno
d'Italia dopo la spedizione
dei Mille garibaldina,
anche se la cittadella cadde solo il 12 marzo 1861.
Nel 1908 subì
le distruzioni di un altro terribile
terremoto e ancora dei bombardamenti della seconda
guerra mondiale.
L'omonimo stretto compare
già nell'Odissea di Omero come
luogo di dimora dei mostri marini Scilla e Cariddi.
I
ritrovamenti archeologici attestano
la presenza di un villaggio dell'età
del bronzo. Sullo stesso sito venne fondata intorno al 730
a.C. una tra le prime colonie
greche della Sicilia.
Alla colonia venne dato un nome di origine sicula, Zancle (con
il significato di "falce", in riferimento alla forma del braccio
sabbioso di San Raineri, che chiude il grande porto naturale),
che conferma la presenza delle popolazioni indigene.
Secondo lo
storico greco Tucidide i
coloni provenivano dalla colonia calcidiese di Cuma in Magna
Grecia (guidati da Periere)
e dalla stessa madrepatria di Calcide nell'isola
greca d'Eubea (condotti
da Cratemene),
madrepatria anche della stessa Cuma. Secondo il geografo latino Strabone i
coloni erano originari da Naxos,
la prima colonia calcidese nell'isola. La città sorse vicino al lembo
nordorientale dell'isola, in posizione strategica di primissima importanza.
Poco dopo, i calcidiesi fondarono un'altra colonia sulla sponda opposta
dello stretto, Reghion, oggi Reggio
Calabria, ottenendo così il controllo dell'importantissimo
braccio di mare.
Dopo la
conquista persiana della Ionia si
aggiunsero altri coloni, provenienti dall'isola
di Samo e da altre località della regione. Agli inizi del V
secolo a.C. i Samii furono scacciati da Anassila, tiranno di Reggio,
che tenne il dominio su entrambe le sponde dello stretto e diede alla città
il nome di Messanion, dalla patria originaria dei suoi avi, la Messenia,
in Grecia.
Dopo la morte del tiranno, nel 461
a.C., entrambe le città ne cacciarono i figli.
Nel 396
a.C. venne distrutta dai cartaginesi,
guidati da Imilcone,
ma il tiranno di Siracusa Dionisio la
ricostruì e la ripopolò con nuovi coloni. Fu liberata dal dominio
siracusano da Timoleonte e
successivamente riconquistata da Agatocle.
Nel 288
a.C. vi si insediarono i mercenari Mamertini,
di stirpe sabellica.
I
Mamertini, in lotta con Ierone
II di Siracusa, chiamarono in aiuto i Romani e
provocarono lo scoppio della prima
guerra punica tra Roma e Cartagine.

Consegnata
dai Mamertini ai
Romani nel 264
a.C., ottenne dopo la fine della guerra lo status di civitas
libera et foederata (città libera ed alleata, formalmente
indipendente), unica in Sicilia insieme a Tauromenium (Taormina).
Il nome greco Messanion fu tradotto in latino come Messana.
Durante l'età
repubblicana subì ancora attacchi durante le guerre
servili (102
a.C. Cicerone,
nelle orazioni
contro Verre, la definì civitas maxima et locupletissima (città
grandissima e ricchissima). Pompeo attaccò
nel 49
a.C. la flotta cesariana che
si riparava nel porto della città. Successivamente divenne una delle
principali basi di Sesto
Pompeo, che vi sconfisse la flotta di Ottaviano e
venne in seguito saccheggiata dalle truppe di Lepido.
In seguito divenne probabilmente municipio.
Delle vicende della città in epoca
imperiale non sappiamo quasi nulla.
Secondo la tradizione, San
Paolo approdò sulla costa ionica della città e vi predicò
il Vangelo.
Dopo la
divisione dell'impero romano fece parte dell'Impero
bizantino governata però da magistrati propri chiamati
"Stratigoti".
Dopo una
valorosa resistenza, Messina fu conquistata
nell'843 dagli Arabi, sotto i quali subì un periodo di
decadenza. Con la caduta di Rometta,
ultima roccaforte dei Bizantini, nel 965 tutta
la Sicilia era stata occupata
e sottomessa agli Arabi. In quegli anni si costituì la Sacra
Milizia dei Verdi per difendere il SS Sacramento portato agli infermi o in
processione. Furono proprio nobiluomini messinesi a sollecitare l'intervento
dei Normanni contro gli Arabi. Nel 1061,
con la conquista di Messina da parte del Gran Conte Ruggero
D'Altavilla, iniziò la riconquista cristiana della Sicilia.
Sotto il dominio
normanno la città si riprese economicamente e
demograficamente e godette di un lunghissimo periodo di opulenza, che la
vide patria di importanti personaggi (come il grande pittore quattrocentesco Antonello
da Messina).
Da questo periodo ininterrottamente Messina esercitò il ruolo di metropoli
della Sicilia orientale e della Calabria,
punto di riferimento sotto gli aspetti economico, politico, militare,
culturale, artistico e religioso sia per le città della vicina Calabria che
per tutte quelle della Sicilia orientale.
La città,
sin dall'epoca normanna, ottenne numerosi privilegi dai Re
di Sicilia, che esaltarono il ruolo già rilevantissimo del suo
porto, facendola divenire capitale economica della Sicilia e la fecero, al
pari di Palermo, capitale del Regno.
Messina fu dotata di una Zecca e di un arsenale e fu fondato il monastero
Basiliano del S. S Salvatore, centro di cultura greco-bizantina, di cui
restano importanti codici, come anche il monastero
basiliano di San Filippo il Grande . Risalgono a questo
periodo molti importanti monumenti: il Duomo (che poi subì molte
modifiche), la SS
Annunziata (detta poi dei Catalani), S.
Maria di Mili S. Pietro, S. Maria della Valle (detta la Badiazza).
Vi era un poi palazzo reale con quattro torri.
Nel 1189,
il re
inglese Riccardo
Cuor di Leone, mentre si recava in Terrasanta per
la terza
crociata, si fermò a Messina per recuperare la dote della
propria sorella Giovanna
d'Inghilterra, già
sposa del re Guglielmo
II di Sicilia. I contrasti con il re
Tancredi indussero Riccardo a occupare la città
insediandosi nel castello
di Matagrifone dal quale dominava e spadroneggiava in città.
Dopo quasi un anno Riccardo raggiunse un accordo sia con Tancredi che con
uno dei suoi stessi compagni di Crociata, il re Filippo
Augusto di Francia; l'accordo comprendeva la rinuncia di
Riccardo a sposarsi con la sorella di Filippo, Alice, così da poter sposare
la principessa Berengaria
di Navarra.
Durante il periodo
svevo, per concessione di Federico
II, i Cavalieri
Teutonici ebbero facoltà di costruire un loro Gran Priorato
con ospedale e chiese, per avere sicura base per le imprese in Terrasanta;
sorse così la chiesa di S. Maria Alemanna (o degli Alemanni), in stile
gotico.
A seguito
della rivolta dei Vespri
siciliani contro gli Angioini,
nell'estate del 1282,
Messina fu posta sotto assedio da Carlo
d'Angiò, consapevole che non avrebbe mai potuto avanzare
all'interno della Sicilia se non dopo aver espugnato la città sullo
stretto. L'assedio durò fino a tutto il mese di settembre, ma la città,
strenuamente difesa da Alaimo
da Lentini, non fu espugnata. Messina, nell'immediatezza
dell'insurrezione, era già stata sede della Communitas
Siciliae, un parlamento di città della Sicilia che avevano
espresso un'aspirazione
autonomistica, naufragata prestissimo di fronte al precipitare
degli eventi bellici: i siciliani offrirono così la corona di Sicilia a Pietro
III d'Aragona, marito di Costanza
di Hohenstaufen, figlia del defunto Re Manfredi
di Svevia, trasformando l'insurrezione in un conflitto politico
fra siciliani e Aragonesi da
un lato e gli Angioini,
il Papato,
il Regno
di Francia e le varie fazioni guelfe dall'altra. Il 26
settembre 1282, Re Carlo, sconfitto, fece ritorno a Napoli.
Durante il
dominio aragonese il territorio di Messina ospitava colonie di pisani,
veneziani e genovesi e una fiorente comunità di ebrei. Inoltre la città
aveva relazioni con toscani, marchigiani e liguri, ma anche con marsigliesi
e catalani.
Nel 1347,
nei primi giorni di ottobre, nel porto di Messina arrivarono delle navi
genovesi provenienti da Caffa (oggi
chiamata Teodosia) nel Mar
Nero. Poco tempo dopo l'arrivo delle navi, in città si manifestò
un'epidemia: i malati presentavano rigonfiamenti di colore nero sotto le
ascelle e all'inguine, con perdita di sangue e presenza di pus; le emorragie
interne provocavano dolori lancinanti e portavano alla morte in pochi
giorni, se non nel giro di ventiquattro ore. Il morbo era la famigerata peste
nera o peste
bubbonica. Quando i messinesi capirono che il contagio era da ricondursi all'arrivo
delle navi genovesi, queste ultime vennero scacciate al largo, ma ormai
l'infezione era dilagante e in poco tempo si sarebbe diffusa in tutta Europa con
effetti devastanti fino al 1350.
La peste nera del 1347 è
quella ricordata da Giovanni
Boccaccio nel Decameron.
Nel 1492,
all'età di 22 anni, Pietro
Bembo chiese al padre il permesso di potersi recare a
Messina alla famosa scuola di Costantino
Lascaris, che veniva ritenuto il migliore dei grecisti
dell'epoca; il Bembo rimarrà nella città dello stretto fino al 1494.

Messina,
dopo l'impresa
di Tunisi (1535), accolse l'Imperatore Carlo V con onori
trionfali nella zona che fu poi denominata Porta
Imperiale. La città era, con il baluardo avanzato Malta,
la principale base strategica nel centro del Mediterraneo contro
l'espansione ottomana e la pirateria barbaresca. L'economia della città era
caratterizzata dal grande sviluppo dell'industria serica e dal porto franco.
L'imperatore volle che fosse ampliata la cinta muraria e negli anni
successivi furono costruiti il forte
Gonzaga (dal nome del viceré dell'epoca), il forte
S. Salvatore nella zona falcata e un nuovo arsenale.
Nel 1548, Ignazio
de Loyola fondò a Messina il primo Collegio
dei Gesuiti al mondo, prototipo di tutti gli altri collegi di insegnamento che i Gesuiti fonderanno
con successo nel mondo, facendo dell'insegnamento il carattere distintivo
dell'Ordine.
Il Collegium in seguito si trasformò nel Messanense Studium
Generale, ossia l'Università
di Messina. Tra gli uomini di cultura messinesi è da ricordare
in particolare Francesco
Maurolico (1494-1575) letterato e scienziato, con interessi
in vari settori del sapere e della vita cittadina.
Nel 1571 dal porto
di Messina partì la flotta cristiana, al comando di Don
Giovanni D'Austria, che sconfisse i Turchi nella Battaglia
di Lepanto, e Messina accolse la flotta al rientro dalla
vittoriosa spedizione. Nella battaglia i messinesi, a bordo delle loro navi,
furono comandati da fra Pietro
Giustiniani da Messina dell'ordine dei Cavalieri di Malta.
Tra i comandanti primeggiarono il conte di Condojanni, Vincenzo
Marullo e il barone
di Ucria, Pietro
Marquett de Guevara, entrambi peloritani. Tra le persone ferite
sbarcate dalla flotta c'era Miguel
de Cervantes (Miguel Saavedra de Cervantes), che rimase
ricoverato nel Grande Ospedale della città per diversi mesi a causa della
ferita riportata, alla mano sinistra, in battaglia.
Messina
raggiunse, nella prima metà del '600,
il periodo di massimo splendore economico, tanto da poter essere annoverata
tra le dieci più grandi ed importanti città d'Europa. Allo stesso tempo
crebbe il suo ruolo culturale, caratterizzato in particolare da feconde
relazioni con Roma.
Nel 1638 l'Università
di Messina fondò l'Hortus Messanensis, il più
antico orto botanico della Sicilia, e chiamò Pietro
Castelli, da Roma, per realizzarlo. Castelli utilizzò un
innovativo ed originale sistema di classificazione delle piante, anticipando
la disposizione riconoscibile in un moderno orto botanico: le piante furono
distinte in quattordici classi nell'Hortus, e quindi riunite in quattro
hortuli. Pietro Castelli fu sostituito da Marcello
Malpighi, fondatore dell'istologia e dell'anatomia vegetale.
Marcello Malpighi condusse, gran parte delle sue osservazioni scientifiche
sulle piante dell'Hortus Messanensis, poi pubblicate nelle sue opere Anatomes
Plantarum Idea e Anatome Plantarum. Un altro illustre cittadino
che si formò nell'Urbe e (dopo un temporaneo ritorno) vi si stabilì
definitivamente fu Agostino
Scilla, valente pittore e fondatore della moderna paleontologia.
Nel 1674, Messina
si ribellò alla Spagna ma, non potendo sostenere da sola
tale contrapposizione, chiese la protezione del re francese Luigi
XIV, riuscendo così a mantenersi indipendente dall'impero
spagnolo, anche se con gravissime difficoltà. I ribelli erano chiamati
Malvizzi, i filo-spagnoli Merli.
Nel 1678,
con la firma della pace
di Nimega tra Francia e Spagna, la città fu abbandonata a sé
stessa dai Francesi e subì una crudele riconquista spagnola. Rioccupata,
Messina fu dichiara morta civilmente e privata di tutti i
privilegi storici goduti sin dai tempi di Roma;
fu abolita la Zecca, chiusa l'Università,
abolito il Senato
cittadino, il cui palazzo fu distrutto, cospargendo di sale
l'area in cui sorgeva in segno di disprezzo; fu fatto calpestare ai cavalli
l'Orto botanico e fu sciolto l'ordine militare nobiliare dei Cavalieri della
Stella; si confiscarono e si trasferirono in Spagna alcune opere d'arte e
soprattutto i preziosi documenti in pergamena contenenti le memorie storiche
della città. Inoltre venne costruita una imprendibile fortezza pentagonale
nella zona portuale, al Realcittadella,
per tenere sotto stretto controllo militare la città. La riconquista
spagnola concluse uno dei periodi più floridi della storia della città.
Molti cittadini furono banditi; tra questi lo scienziato e docente
universitario Giovan Antonio Borelli, condannato a morte in contumacia.
Una nuova
epidemia di peste nel 1743, varie carestie (1746,1747,1760) e il terremoto
del 5 febbraio 1783, inflissero due nuovi durissimi colpi alla
città dello Stretto. I lavori di ricostruzione, pur con gli interventi
garantiti dal sovrano Ferdinando
IV di Borbone, quali l'esenzione ventennale dalle imposte e lo
stato di porto franco, durarono a lungo; la città fu edificata ancora una
volta alla vecchia maniera, dimenticando la triste lezione impartita dal
sisma.
Dopo il
Congresso di Vienna anche a Messina si diffuse la Carboneria. Venivano
pubblicati diversi giornali che trattavano argomenti letterari, scientifici,
artistici, ma anche esprimevano l'aspirazione alla libertà; vi
collaboravano Giuseppe La Farina, Carmelo Allegra ecc. Fu Messina, con i
moti del 1º settembre del 1847,
nella zona di piazza Duomo, ad iniziare il Risorgimento Italiano;
vi furono morti e feriti ma la rivolta fu subito repressa. Seguirono
processi e condanne ma fu giustiziato solo il calzolaio Giuseppe Sciva, di
27 anni, il 2 ottobre 1847. Nel 1848,
nuovamente ribellatasi ai Borbone
di Napoli, Messina subì per otto mesi pesanti bombardamenti da
parte dei cannoni della sua stessa cittadella, in mano all'Esercito
delle Due Sicilie e dovette ancora una volta capitolare alle
truppe comandate dal generale Filangeri che la flotta borbonica riuscì a
sbarcare. Questi bombardamenti procurarono al re Ferdinando
II di Borbone il soprannome di Re Bomba. I messinesi si
difesero con grande eroismo, ma alla fine dovettero cedere. Alcuni giovani,
detti Camiciotti (cioè in camicia), per non arrendersi si gettarono col
tricolore nel pozzo del convento della Maddalena.

Nel 1848,
durante i moti risorgimentali di Messina, il medico chirurgo Ferdinando
Palasciano nato a Capua ed
ufficiale dell'Esercito
delle Due Sicilie, si adoperò per prestare soccorso sanitario
anche ai nemici nonostante fosse stato minacciato di fucilazione dal generale Carlo
Filangieri. Questa esperienza esposta nelle sue successive
dichiarazioni al Congresso Internazionale dell'Accademia Pontaniana di
Napoli del 1861 ebbe
una vasta risonanza in Europa e
fu alla base della Convenzione
di Ginevra del 1864 che
dette vita alla Croce
Rossa.
Il 27
luglio 1860 i Garibaldini,
vittoriosi a Milazzo,
entrarono in città, anche se i soldati borbonici resistettero nella
cittadella fino alla primavera dell'anno successivo (cadde il 12 marzo 1861).
Dopo qualche mese Messina ricevette la visita di Vittorio
Emanuele II, ma l'unificazione d'Italia portò alla soppressione
di prerogative fiscali e commerciali locali, nella restaurazione delle quali
la città sperava.
Nel 1866 Giuseppe
Mazzini venne eletto alla Camera
dei deputati nel collegio elettorale di Messina. La Camera
dei deputati annullò il voto dei messinesi con 181 voti contro 107,
motivando l'annullamento con la condanna a morte di Mazzini per i moti
genovesi del 1858.
Il Collegio elettorale chiamato ad esprimersi nuovamente rielesse per la
seconda volta come suo deputato, che il 7 febbraio 1867 rinunciò
comunque alla carica.
Nel 1884 Ilya
Ilyich Mechnikov, anche noto come Elia
Metchnikoff, scoprì a Messina, dove si era trasferito da qualche
anno proveniente dalla Russia,
la fagocitosi,
cioè il processo di ingestione da parte della cellula di particelle di
grandi dimensioni, che fa parte anche dei meccanismi di difesa dei
vertebrati contro l'infezione batterica. Per tale scoperta Mechnikov fu
insignito nel 1908 del Premio
Nobel per la Medicina e la Fisiologia.

Dalla
seconda metà dell'Ottocento e nei primi del Novecento a Messina erano
fiorenti sia le attività economiche che la cultura. Vi erano illustri
letterati, musicisti, giuristi; all'Università insegnarono famosi docenti,
tra cui Giovanni
Pascoli, Ettore
Ciccotti, Vittorio
Emanuele Orlando, Gaetano
Salvemini.
Messina fu
gravemente danneggiata dal terribile
terremoto del 28 dicembre 1908,
che uccise circa 70.000 dei suoi abitanti e distrusse il 90% degli edifici,
tra cui la celebre Palazzata. Essa ricevette aiuti da tutta l'Italia e da
paesi esteri e fu successivamente ricostruita sullo stesso sito con un nuovo
razionale impianto urbanistico progettato dall'ingegnere Luigi Borzì. Fu
nuovamente danneggiata dai bombardamenti angloamericani del 1943,
che causarono migliaia di morti. Per la tenacia nel resistere alle
catastrofi e nel rinascere ancora una volta, la città fu decorata con una medaglia
d'oro al valor militare ed una al valor
civile.
Dal primo
al tre giugno 1955,
mentre era Ministro degli esteri il messinese Gaetano
Martino, la città ospitò la Conferenza
di Messina, passo fondamentale e decisivo che avrebbe portato
alla costituzione dell'Euratom e
della CEE (Comunità
Economica Europea), diventata in seguito Unione
europea.
Nell'ottobre 2009 la
zona sud della città è colpita da un'alluvione. I centri più colpiti sono
stati Scaletta Marina, nel comune di Scaletta
Zanclea e diverse località del comune di Messina: Giampilieri
Superiore, Giampilieri
Marina, Altolia, Molino, Santo
Stefano di Briga, Briga
Superiore e Pezzolo.
Alla fine si conteranno 37 vittime e centinaia di sfollati.
Fontana
di Orione
La fontana
di Orione, collocata in Piazza Duomo, è una fontana monumentale
realizzata da Giovanni Angelo
Montorsoli (1507-1563) allievo di Michelangelo,
risalente al 1553 ed
eseguita in collaborazione con Domenico Vanello, è collocata in piazza
Duomo.
“La più
bella fontana del Cinquecento europeo”, è stata definita dallo storico
d'arte Bernard Berenson,
ed infatti è un'opera di una bellezza non comune, di grande significato e
di forte impatto emozionale.
Fu
voluta dal Senato messinese nel 1547 a
scopo celebrativo, con l'idea di fissare nella memoria la realizzazione del
primo acquedotto cittadino che sfruttava convogliando le acque dei torrenti
Camaro e Bordonaro,
iniziato nel 1530 ed ultimato nel 1547 su progetto dell'architetto
taorminese Francesco La Cameola.
Con il
permesso di Papa Paolo III fu
demolita la medievale chiesa di San Lorenzo Martire per essere riedificata
in posizione lievemente traslata la rinascimentale chiesa
di San Lorenzo Martire, progetto affidato al medesimo Montorsoli. La
fontana fronteggiava il prospetto del nuovo luogo di culto, edificio che
rovinò col terremoto della
Calabria meridionale del 1783.
Lo scultore
fiorentino Montorsoli accettò l'incarico, e giunse a Messina insieme
all'allievo Martino
Montanini. Venne nominato capomastro scultore di fontane e incaricato
di erigere in piazza del Duomo una fontana che rappresentasse Orione:
mitico fondatore della città di Messina, gigante dalla sua triplice
paternità generato dall'orina di Giove, Nettuno e Mercurio.
Per la
realizzazione, Montorsoli chiese che giungessero marmi da Carrara e impiegò
numerosi scultori locali che collaborarono attivamente, realizzando in poco
tempo - a detta del Vasari - la fontana.
La fontana
presenta una struttura piramidale: in alto Orione con
ai piedi il suo cane Sirio.
Sotto 4 puttini che cavalcano delfini dalle cui bocche esce acqua che si
riversa nella tazza sottostante. Seguono 4 naiadi e
4 tritoni in
vasche sempre più grandi. Poi una grande vasca dodecagonale con 4 statue
raffiguranti i fiumi Nilo, Tevere, Ebro, Camaro e otto bassorilievi con
rappresentazioni di miti relativi alle trasformazioni in presenza
dell'elemento acqua, tutti tratti dalle Metamorfosi d’Ovidio. Alla
creazione di questa complessa iconografia neoplatonico-alchemica collaborò
quasi certamente lo scienziato-umanista Francesco
Maurolico, che compose anche i distici latini incisi sotto le quattro
statue delle divinità fluviali. Si finisce con 4 piccole vasche e 8
mostri acquatici in pietra nera.
L'opera fu
apprezzata al punto che il Senato messinese decise di commissionare allo
scultore una seconda fontana, oggi conosciuta come fontana
del Nettuno.
Fontana
del Nettuno
La fontana
del Nettuno è la seconda fontana realizzata a Messina da Giovanni
Angelo Montorsoli (scultore toscano e stretto collaboratore di
Michelangelo), dopo la nota fontana
di Orione, commissionata dal Senato cittadino.
La prima
opera fu talmente gradita da conferire un secondo incarico al Montorsoli,
così la fontana del Nettuno fu completata nel 1557 e
originariamente collocata di fronte alla Palazzata sulle banchine del porto,
nei pressi del Municipio, con le spalle rivolte al mare, probabilmente per
simboleggiare il dio Nettuno che offre la ricchezza del suo mare alla città. Secondo
altra tradizione popolare, legata alla storia di lu Gialanti Pisci,
per sbeffeggiare le popolazioni calabresi, a cui volgeva le spalle.
Nel 1757 fu
posta su un lato la statua di Carlo
III di Borbone - opera di Giuseppe
Buceti - e, nel 1832, fu aggiunta la statua di Francesco I -
opera dei messinesi fratelli Subba. Queste ultime sculture in bronzo
furono poi fuse, per farne proiettili, durante la rivoluzione del 1848.
Durante quel medesimo anno, in conseguenza dei bombardamenti borbonici,
furono danneggiati il Nettuno e la Scilla. La statua di Scilla, danneggiata
dai colpi di cannone, venne sostituita da una copia eseguita da Letterio
Subba nel 1858; l'originale rimane custodita nel Museo
regionale di Messina, così come già il Nettuno, la cui copia
ottocentesca è un'eccellente riproduzione di Gregorio
Zappalà, completata appena due anni prima, nel 1856.
L'originale
della statua del Nettuno rimase sino al 1908 - anno del noto
terremoto - all'interno della chiesa
di Santa Maria degli Alemanni e, successivamente, spostata
presso il Museo Regionale di Messina, dove ancora è custodita. Al contrario
della fontana di Orione, che fu danneggiata dal terremoto, il complesso del
Nettuno rimase pressoché integro.
Nel 1934 la
fontana fu trasferita nell'attuale sito, poco più a nord, in piazza Unità
d'Italia, per volere dell'allora prefetto Michele Adinolfi ad ornamento
della piazza antistante il palazzo della Prefettura, e ruotata di 180 gradi
rispetto al verso originario cosicché oggi è rivolta verso il mare.
Opportuno appare evidenziare che la fontana del Nettuno era perfettamente
allineata con le altre due opere importanti realizzate dal Montorsoli: la
fontana di Orione e la Lanterna
di San Ranieri (il faro del porto). Oggi non più.

Nell'attuale
rimodulazione la struttura presenta un'ampia conca circolare ove si eleva
una base a gradoni con i vertici tondeggianti. Un'ulteriore elevazione
rettangolare reca 10 pannelli scolpiti raffiguranti intrecci di delfini su
tridente e conchiglie, agli angoli smussati sono collocate vasche esterne
decorate con leoni che raccolgono acqua da coppie di mascheroni. Il vascone
contiene il basamento e il piedistallo centrale del monumento, ai lati le
raffigurazioni di Scilla e Cariddi,
i due mostri marini in sembianze femminili, a vertici del decoratissimo plinto quattro
cavalli marini, quattro stemmi, otto mascheroni, conchiglie e, assisa sulla
parte centrale accostata ad un delfino, l'imponente statua del Nettuno con
tridente impugnato con la mano sinistra e il braccio destro proteso
nell'atto di dominare e placare il mare.
L'intero
complesso monumentale del Nettuno esprime con genialità creativa il potente
stile michelangiolesco dell'autore. Il
dio Nettuno, come appena sorto dalle acque, calmo e invincibile, brandisce
il suo temibile tridente e
tiene incatenate ai suoi piedi le mostruose Scilla e Cariddi;
è un'allegoria della
forza fisica e morale della Città che doma le avversità. La fontana è
costellata di iscrizioni, tra le altre la firma dell'autore presente in
un'iscrizione incisa sul bordo della vasca di forma ottagonale. Rappresenta
il buon governo, ai lati del Nettuno in basso si trovano i due mostri
sconfitti: Scilla e Cariddi.
Per i progetti simbolici sono molto probabili i suggerimenti dallo
scienziato, matematico e letterato abate Francesco
Maurolico.
Delle tre
più importanti e belle fontane monumentali dedicate a Nettuno,
quella di Messina è
la più antica perché completata nel 1557 rispetto
ad il Nettuno del Giambologna a Bologna che
è del 1563 - 1566 e al
Nettuno di Bartolomeo
Ammannati a Firenze del 1563 - 1577.
Fontana
Senatoria
Leggendo
i sette cartigli che adornano la coppa sappiamo che l’opera fu voluta e
finanziata dal senato messinese prima del 1615.
È
collocata sul lato sud del Palazzo Municipale; si compone di una grande
vasca circolare con al centro una stele che sostiene una grande tazza
buccellata del 1619 a
sua volta sormontata da una pigna, la grande vasca è sorretta da tre
gradini e presenta sul bordo esterno sette targhe a rilievo, i nomi dei
Senatori del tempo, Don
Franciscus Marullo, Bernadus
Moleti, Thomas
Zuccarato, Marcellus Cirino, Vincentius
De Celis e Franciscus
De Judice.
La sua
collocazione originaria è sconosciuta, però fino al 1935 si
trovava in Piazza Palazzo Reale (accanto alla Dogana), nel 1937 viene
collocata in Via Consolato del mare accanto al municipio per la venuta a
Messina di Benito Mussolini.
Fontana
Falconieri
La fontana
Falconieri è una fontana monumentale realizzata da Carlo
Falconieri, oggi collocata in piazza Basicò, nelle vicinanze del Monte
di Pietà ovvero al termine della direttrice che da piazza
Antonello da Messina assume la denominazione di via
Sant'Agostino nel centro storico di Messina.
Il nome è
dovuto all'architetto che nel 1842 la progettò su incarico del Senato
di Messina, in occasione del diciottesimo centenario dell'arrivo in
città della Lettera consegnata dalla Madonna agli ambasciatori della Città.
La fontana
fu commissionata e collocata in origine nella piazza Ottagona, infatti ne
richiama la forma, oggi denominata piazza Filippo Juvarra. L'installazione
fu inaugurata nel 1843.
Nel 1846
l'aggregato monumentale fu arricchito con l'aggiunta di altri quattro
elementi con ornamenti in ghisa e altrettante piccole vasche di raccolta.
Scampata
alla furia del terremoto del
1908, i manufatti disassemblati furono custoditi nel Museo
regionale fino al 1957 per essere rimodulati nell'attuale sito
di piazza Basicò.
L'insieme
richiama motivi decorativi del neorinascimento toscano con ornamenti
classici (scanalature, volute e riccioli), riferimenti all'ambiente marino e
alle stilizzazioni di elementi ispirati a vegetali tipici delle zone caldo -
umide quali foglie di palma, loto, ninfee, fusti, tralci, pampini tra
la profusione di foglie d'acanto realizzate
in molteplici fogge.
In origine,
la fontana posta su una piattaforma regolare formata da due gradini era
costituita da una grande vasca vagamente ottagonale, il cui perimetro
esterno è ottenuto dall'intersezione di una croce
greca e dell'equivalente quadrato ruotato di 45°.
Al centro
della vasca, su un basamento decorato a festoni con sviluppo analogo ai
contorni esterni, sorge l'elevazione costituita da una stele quadrangolare,
ornata da bassorilievi raffiguranti animali e decorazioni fitomorfe. Tali
ornamenti richiamano alla memoria le grottesche, nella fattispecie
realizzate in rilievo con temi speculari e simmetrici.
La colonna
sorregge due conche coassiali ovoidali decrescenti per capacità e grandezza
verso l'alto, poste a livelli differenti e separate da un artistico fusto.
In mezzo alla vaschetta superiore, fiorisce un ornamento formato da foglie a
ricciolo disposte in forma piramidale e da conchiglie contrapposte al
vertice. Dalle conchiglie sommitali
sgorga il getto d'acqua apicale.
Quattro
anni dopo la sua commissione, con un ulteriore intervento integrativo, sugli
immaginari prolungamenti esterni degli assi mediani del quadrato
intersecante, ovvero esternamente alle pareti di raccordo fra i bracci della
croce regolare, furono installati quattro piedistalli e alle estremità
esterne altrettante piccole vasche di raccolta. Sui ripiani poggiano
ornamenti fusi in ferro ("Fonderia Oretea diretta da Michelini in
Palermo 1846") raffiguranti animali mitologici dai corpi di sirenidi con
teste rispettivamente di leone,
d'uomo, di grifone e
di delfino,
quasi una sorta di rappresentazione degli esseri viventi suddivisi per
habitat naturale: terra, cielo, mare con
riferimento agli elementi primordiali terra, aria, acqua.
Quattro
getti scaturivano alla base delle figure in metallo verosimilmente per
garantire la fruizione, l'utilizzo e l'approvvigionamento da parte della
cittadinanza. Quattro getti dipartono dalle sfaccettature del basamento
centrale, altrettanti da ogni singola vasca che si riversano nel recipiente
sottostante.
Quattro
Fontane
Le Quattro
Fontane di Messina costituivano un apparato scenografico collocato nel
quadrivio fra le cinquecentesche vie Austria e Cardines. Rispettivamente
le odierne via I settembre e Bernardino de Cardenas y Portugal, duca di
Maqueda.
Il quadrivio è
ispirato ai fasti barocchi in epoca
spagnola atti a celebrare la potenza del Regno
di Sicilia e l'importanza delle città capitali dell'isola,
magnificenza ravvisabile nei Quattro
Canti di piazza
Vigliena a Palermo,
iniziati nel 1609 e completati nel 1620, nei Quattro
Canti di Catania,
nei Quattro Canti di Paternò,
o le Quattro Fontane a
Roma, accanto alla chiesa di
San Carlino di Francesco
Borromini.
Disegnate
da Pietro Calcagni ispirato
all'iconografia marina, omaggio alla felice posizione della città quale
crocevia di rotte commerciali, alla posizione strategia per la difesa
dell'intero bacino del Tirreno, all'amenità del territorio affacciato e
declinato su due mari. I manufatti presentano raffigurazioni di delfini, cavallucci
marini, conchiglie, buccine, tritoni e mascheroni idrofori.
Ricalcano
lo schema proposto a Palermo e Roma nella tacita e magniloquente, sfrenata e
pomposa competizione che vede i maggiori centri di potere e cultura rivolti
a dotare di poli architettonici e artistici magnificenti i propri ambienti
cittadini. Alla realizzazione concorrono artisti italiani e siciliani,
quest'ultimi forti delle esperienze artistiche acquisite presso le corti
della penisola.
L'intero progetto è disegnato da Pietro
Calcagni mentre l'esecuzione spetta:
1666, Innocenzo
Mangani realizza la prima fontana;
1714, Ignazio
Buceti sotto il regno di Casa
Savoia completa il manufatto collocato all'angolo
corrispondente al cantone ove sorgeva la chiesa
di San Giovanni Battista dei Fiorentini;
1742, Antonino
Amato completa due fonti per la ricorrenza del centenario della
«Madonna della Lettera», una delle quali è posta ad angolo del palazzo
dei duchi di Montagnareale.
I manufatti
sono il frutto dell'accostamento di marmo bianco e rosa, quasi uguali per
componenti e particolari, eccezione fatta per la "mano" del
singolo scultore. La fonte scolpita dal Buceti presenta, al posto delle
insegne imperiali spagnole, composte da uno stemma inserito nel corpo di
un'aquila ad ali spiegate, elementi intermedi dei timpani a
ricciolo delimitati delle insegne cittadine, l'emblema di Casa
Savoia, ovvero lo scudo ovale coronato sostenuto da due leoni
rampanti.
I
mascheroni e le relative vasche alla base, furono tolti con delibera
municipale del 25 luglio 1854, per ovviare ai danni provocati alle
sovrastanti sculture dall'uso continuo che ne faceva la cittadinanza.
Danneggiate
dal terremoto di Messina del
1908, i pezzi smontati furono temporaneamente ospitati nella chiesa
di Santa Maria Alemanna, soltanto due furono riassemblate nello
stesso sito, le altre sono oggi rimodulate sulla spianata antistante il Museo
Regionale di Messina.
La fontana
realizzata dal Buceti, fu restaurata nel 1959 dall'architetto Pietro
Lojacono.
Fontana
Bios
alla
Passeggiata a Mare, realizzata dal pittore e scultore messinese Ranieri
Wanderlingh. Inaugurata nel 2005 è stata donata alla città dal quotidiano
Gazzetta del Sud. Raro esempio di arte moderna a Messina, l'opera si ispira
alle forme originarie ed archetipiche della natura vivente. Simboleggia il
maschile ed il femminile ed il ciclo della vita e dell'energia vitale
rappresentato dall'acqua.
Il
sottotitolo dell'opera è :"la vita che sempre ricomincia".
La collocazione sul lungomare è stata voluta dall'autore al fine di segnare
l'importante confine fra spazio urbano e spazio naturale che caratterizza la
città di Messina.
La
fontana è lunga 18 metri, alta quasi 7, ed è composta da due elementi
affusolati in cemento. Dal grande fuso posto sgorga l’acqua che,
simbolicamente, giunge alla fontana sottostante, metafora del ciclo
naturale, allusione al "maschile" e "femminile" della
natura.
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