La
cittadina
fa
parte
del
circuito
dei borghi
più
belli
d'Italia e
dell'Associazione
Nazionale
Comuni
Virtuosi.
Dal
latino Ferula,
il
nome
fu
dato
dagli
abitanti
di
piazza
Armerina
che
vi
emigrarono
in
età
normanna.
All’origine
vi
è
forse
la
presenza
di
alberelli
di ferula
communis,
arbusto
diffuso
nei
Monti
Iblei
(noto
anche
come finocchiaccio,
in
siciliano ferra).
Altri
fanno
derivare
Ferla
dal
longobardo fara,
col
significato
di
“stirpe”
e,
in
senso
lato,
“paese”.
Il
nome
"Ferla"
compare
per
la
prima
volta
nelle
Decime
Ecclesiastiche
del
1275.
Ma
il
primo
vero
documento
è
costituito
dal
testamento
del
barone
Iohannes
de
Ferula,
datato
1292.
Da
questa
famiglia,
che
si
sarebbe
in
seguito
chiamata La
Ferla,
derivò
il
nome.
Il
toponimo
"Ferla"
per
quanto
antico
è
stato
adottato
nel Medioevo.
Il
borgo
si
formò
attorno
al
castello
ed
era
caratterizzato
da
un
complesso
di
case-grotta
e
da
un
intricato
sistema
di
vicoli
e
stradine.
Le
contrade
vicine
furono
probabilmente
abitate
in epoca
greca e romana; durante la tarda antichità e per tutta l'età
bizantina il
territorio
di
Ferla
fu
intensamente
abitato
da
comunità
dedite
all'agricoltura e
soprattutto
all'allevamento.
Tra
gli
abitati
più
interessanti
di
questo
periodo
storico
ricordiamo
l'abitato
di
Giarranauti
e
i
complessi
rupestri
di
San
Sisto
e
San
Martino.
Ad
epoca
paleocristiana
si
datano
alcuni
complessi
cimiteriali
noti
alla
comunità
scientifica
per
aver
restituito
alcune
epigrafi
sepolcrali
tra
cui
quella
del
diacono
"Dionisio".
Nulla
sappiamo
del
sito
del
Castel
di
Lega,
che
era
il
nome
dato
dai
Greci
(Tucidide)
al
primo
e
più
antico
centro
abitato.
La
presenza
di
una
comunità cristiana tra
il II e
il III
secolo d.C.,
il
rinvenimento
di
iscrizioni
sepolcrali
in greco all'interno
dei
complessi
cimiteriali
confermano
il
ripopolamento
di
tutto
il
territorio
alla
fine
del
mondo
antico.
La
guerra
gotica,
le
invasioni
vandaliche
e
verosimilmente
il
diffondersi
della
peste
causarono
viceversa
l'abbandono
dei
villaggi
e
il
ricostituirsi
della
"silva".
Per
comprendere
la
genesi
dell'attuale
abitato
di
Ferla
è
utile
ricordare
che
dentro
la
chiesa
di
San
Giacomo
e
di San
Sebastiano le
ricerche
di
profondità
hanno
messo
in
luce
alcune
sepolture
a
loggetta
che
confermano
l'esistenza
di
un'ampia
area
cimiteriale
coincidente
in
parte
con
l'attuale
piazzale.
Il
toponimo
"Rigoria"
secondo
l'autorevole
parere
di
alcuni
studiosi
richiama
infatti
lo
spazio
destinato
alle
sepolture
pubbliche.
Recenti
scoperte
archivistiche,
confluite
in
una
pubblicazione
di
Luigi
Lombardo
e
Pietro
La
Rocca,
hanno
portato
a
far
luce
sulla
primissima
storia
medievale
della
cittadina
di
Ferla,
sulle
sue
origini,
in
particolare
sull'origine
del
suo
nome.
Secondo
il
libro
dei
due
studiosi
fu
il nobilis
dominus Iohannes
de
Ferula, civis di Ragusa e
fedelissimo
dei Chiaramonte,
a
dare
il
nome
alla
città,
che
probabilmente
fondarono
nei
pressi
dell'antichissimo
sito
di
Liga.
Apprendiamo
la
notizia
dal
testamento
del
barone
di
Ferla,
(appunto)
Iohannes
de
Ferula,
rogato
nella
cittadina
iblea
in
data
10
dicembre
1292,
dove
Iohannes
dichiara
di
essere
barone
di
Ferla
e
di
tantissimi
altri feudi di
Sicilia,
in
particolare
nei
territori
di
Ragusa, Siracusa e Caccamo.
Egli
dice
anche
di
aver
fondato
il
monastero
e
la
chiesa
di San
Martino,
su
cui
ha
istituito
il
beneficio
di
Iuspatronatus,
detto
appunto
di
S.
Martino,
dove
si
trovano
sepolti
i
suoi
avi.
Egli
dispone
di
essere
sepolto,
congiuntamente
ai
suoi
avi,
nella
famosa
abbazia
di
Santa
Maria
dell'Arco
accanto
al
sepolcro
di
Isimbardo
Morengia
conte
di Noto.
Nomina
suo
erede
universale
e
signore
di
Ferla
il
figlio
Ruggero.
I
de
Ferula
(La
Ferla)
detennero
tra
alterne
vicende
la
signoria
di
Ferla
fino
al
1392,
quando
furono
dichiarati
ribelli
dai
Martini,
regnanti
catalani,
e
furono
da
questi
privati
di
tutti
i
beni.
Il
feudo
di
Ferla
passò
alla
famiglia Moncada
di
Paternò,
che
lo
detenne
per
diversi
secoli.
Nel 1625 divenne
marchesato
e
passò
a
Giuseppe
Rau
e
Grimaldi
da Noto.
I
diritti
baronali
si
estinsero
con
Francesco
Tarallo
Borgia.
Visitare
il
borgo

In
Sicilia,
Ferla è
un
piccolo
borgo
della
provincia
di Siracusa. Appartiene
al
circuito
dei
Borghi
più
Belli
d’Italia,
e
all’Associazione
Nazionale
Comuni
Virtuosi.
Ma,
soprattutto,
è
una
piccola
e
splendida
perla
della
Val
di
Noto.
Per
raggiungere
Ferla
è
necessario
attraversare
i
Monti
Iblei, coi
loro
campi
di
grano
e
i
loro
mandorli,
gli
ulivi
e
i
carrubi,
le
mucche
che
pascolano
e
i muretti
a
secco.
E,
una
volta
arrivati
al
paese,
superare
i
ruderi
dei
rioni
medievali
(utilizzati
a
mo’
di
stalle
o
trasformati
in
orti)
per
arrivare
al
quartiere
Carceri
Vecchie.
Da
qui,
antiche
stradine
conducono
ad
una
chiesa
bizantina
e
poi
ai
sepolcri
e
alle
grotte,
in
cui
si
respira
la Sicilia
d’altri
tempi:
ci
sono
piccole
costruzioni
dai
muri
diroccati
con
il
caratteristico
uscio
bucato
per
farvi
passare
il
gatto,
e
piccole
finestre
sulle
porte
per
vedere
senza
essere
visti.
Ma
non
è
solo
Carceri
Vecchie,
ad
aver
conservato
un
sapore
antico:
anche
i
quartieri
di
Castelverde
e
Calanconi
rimandano
al
passato.
Ma
c’è,
a
Ferla,
anche
una
via
speciale:
è
via
Vittorio
Emanuele,
la
via
sacra.
Si
chiama
così
perché
qui
sorgono
cinque
edifici
religiosi:
la
Chiesa
del
Carmine
dedicata
a
Santa
Maria
del
Carmelo
con
la
sua
facciata
settecentesca,
la
più
grande
chiesa
di
San
Sebastiano (al
cui
interno
è
possibile
ammirare
il Martirio
di
San
Sebastiano di
Giuseppe
Crestadoro
e
il
gruppo
scultoreo
ligneo
di
Michelangelo
Di
Giacomo),
la
Chiesa
Madre,
la
Chiesa
di
Sant'Antonio (la
più
bella,
con
la
facciata
barocca
fatta
di
tre
corpi
concavi)
e
–
infine
–
la
Chiesa
di
Santa
Maria,
che
fu
convento,
scuola
e
carcere.
Chiesa
di
San
Sebastiano
La basilica
di
San
Sebastiano è
un
luogo
di
culto
ubicato
nella
parte
meridionale
dell'omonima
piazza
San
Sebastiano
prossima
alla
chiesa
madre. Le
origini
della
chiesa
risalgono
al 1481,
quando
il
vescovo
di
Siracusa Dalmazio
Daniele concesse
l'autorizzazione
per
edificarla.
Il terremoto
del
1693 distrusse
completamente
il
tempio.
La
nuova
costruzione
riedificata
per
pia
devozione
dei
membri
della
Confraternita
di
San
Sebastiano fu
progettata
dall'architetto
-
scultore
Michelangelo
Di
Giacomo
da
Buccheri,
completata
nel
1741
in stile
barocco
ibleo.
Dopo
la
riedificazione
il
tempio
risultò
essere
più
imponente
del
precedente
al
punto
di
competere
con
l'erigenda chiesa
di
San
Giacomo,
compartendo
con
quest'ultima,
il
titolo
di chiesa
madre.
Chiusa
al
culto
nel
1979
per
attuare
dei
lavori
di
restauro
rivelatisi
disastrosi
poiché
è
stato
rovinato
l'interno
della
chiesa.
Il terremoto
di
Santa
Lucia del 1990 rese necessari lavori di consolidamento, che per intoppi
burocratici
si
sono
prolungati
fino
al
2005,
anno
in
cui
è
iniziato
il
restauro
vero
e
proprio.
La
chiesa
è
stata
riaperta
al
culto
il
18
Luglio
2015.
ESTERNO
-
L'imponente
facciata
-
campanile
in
conci
si
presenta
tripartita
per
mezzo
di paraste con capitelli
corinzi,
la
partizione
centrale
è
divisa
in
tre
ordini
orizzontali,
il
secondo
raccordato
al
primo
da
eleganti
volute
e
pinnacoli
con
sfera
collocati
sui
contrafforti.
Il
primo
ordine
è
caratterizzato
dai
tre
portali,
i
due
laterali
sono
inquadrati
da
pilastri
semplici
sormontati
da
timpani
ad
arco
spezzato
e
stemma
araldico
intermedio
scolpito
a
bassorilievo,
in
alto
finestrelle
rettangolari
con
colonnine.
Le
nervature
verticali
sono
costituite
da
coppie
di
paraste,
lievemente
aggettanti
quelle
centrali,
che
conferiscono
una
prospettiva
convessa
all'architettura,
sia
al
primo
che
al
secondo
livello.
Al
terzo
ordine
le
paraste
aggettanti
ai
lati
rendono
leggermente
concava
la
prospettiva
conferendo
profondità
alle
tre
monofore.
Il portale centrale
inquadrato
da
quattro
colonne
corinzie
poste
su
alti plinti,
con
fusto
inferiore
arabescato,
aggettanti
quelle
centrali.
Sull'articolato architrave,
unico
esempio
in
Sicilia
di
decorazione
scultorea
comprendente
una
scena
composta
da
figure
raffiguranti
il Martirio
di
San
Sebastiano.
Al
centro
la
nicchia
contenente
la
statua San
Sebastiano affiancata
dalle
statue
allegoriche
raffiguranti
la Fede e
la Speranza,
completano
l'animato
gruppo
scultoreo
due Mori in
atteggiamento
sottomesso,
quasi
schiacciati
da
volute
superiori,
e
due Centurioni.
Sulla
pietra
di
volta
dell'arco
completa
il
gruppo
uno
scudo
intermedio
raffigurante
un'aquila
con
le
ali
spiegate
recante
la
palma
e
le
frecce,
simbolo
del martirio,
e
un cartiglio recante
l'iscrizione
"SEB.
MARTYRI
DICATUM".
Sul
cornicione
è
scolpita
la
dicitura:
"QVID
MIRARIS
HOMO
TOT
CRVDOS
CORPORIS
ICTVS
VVLNERA
QVÆ
VIDE
OMNIA
FIXIT
AMOR
A.
D.
1741".
Il
secondo
ordine
superiore
è
caratterizzato
da
un
rosone
inquadrato
da
pilastrini
scanalati,
timpano
arcuato
con
iscrizione,
e
stemma
inferiore
coronato
recante
un
cuore
al
centro.
Sul
secondo
cornicione
è
scolpita
la
dicitura:
"PIA
DEVOTIONE
CONFRATRUM
S.
SEBASTIANI
...
EDIFICAT".
Il
terzo
ordine
comprende
la
cella
campanaria
comprendente
slanciate
monofore
sormontate
da
un
grande
timpano
aperto
di
tipo
spezzato
e
grande
stele
intermedia
con
simboli
(palma,
freccia,
corona),
sormontata
da
croce
apicale
in
ferro
battuto.
Ai
lati
sul cornicione marcapiano vasi
ornamentali
fiammati
di
forma
sferica.
Arricchiscono
l'intera
superficie
decorazioni
floreali
(festoni,
ghirlande,
foglie
d'acanto),
conchiglie,
putti,
volute,
iscrizioni,
e
figure
geometriche
scolpite
a
bassorilievo.
INTERNO
-
Impianto
ripartito
in
tre
navate
per
mezzo
di
pilastri,
apparato
decorativo
con
eleganti
stucchi
policromi
(attribuiti
alla
scuola
del
famoso
Maestro
Serpotta,
che
adornò
anche
la
vicina
Chiesa
di
Sant'Antonio
Abate),
degli
affreschi
e
delle
decorazioni
geometriche
scolpite
a
bassorilievo.
Navata
destra
-
Vano.
-
Prima
campata:
accesso
ambiente
corrispondente
alla
prima
campata
e
vano
destro.
-
Seconda
campata:
statua
dell'Addolorata.
-
Terza
campata:
la
parete
custodisce
il
dipinto
di Santa
Rosalia,
opera
attribuita
a Giuseppe
Crestadoro e
statua
di Gesù
Risorto.
-
Quarta
campata:
nicchia
con
statua
raffigurante
l'Ecce
Homo.
-
Quinta
campata:
nicchia
con
statua
raffigurante Sant'Antonio
di
Padova.
Accesso
vano.
Navata
sinistra
-
Vano.
-
Prima
campata.
-
Seconda
campata:
deposito
fercolo
con
cancellata.
Accesso
ambiente
corrispondente
prima
campata
e
vano
sinistro.
-
Terza
campata: Cappella
del
Santissimo
Crocifisso.
-
Pulpito ligneo
con
cupolino
sospeso
al
pilastro.
-
Quarta
campata:
nicchia
con
statua.
-
Quinta
campata:
sulla
parete
è
collocato
il
dipinto
raffigurante Gesù
Cristo
risorge
dall'avello.
Accesso
vano.
Absidiole
-
Arco
trionfale
con
stucchi.
-
Absidiola
destra: Cappella
dell'Immacolata
Concezione.
Nella
nicchia
sull'elevazione
è
collocata
la
statua
raffigurante
l'Immacolata
Concezione,
statua
lignea
del 1723 con
dorature.
Cancellata
in
ferro
battuto.
-
Absidiola
sinistra: Cappella
delle
Anime
Purganti.
Alla
parete
campeggia
il
dipinto
raffigurante
la Vergine e
le
Anime
Purganti,
l'ambiente
è
delimitato
da
cancellata
in
ferro
battuto.
Abside
-
Presbiterio rettangolare,
coro,
e
cornici
di
quadroni
mistilinei.
-
Dipinto
di Giuseppe
Crestadoro raffigurante
il Martirio
di
San
Sebastiano realizzato
nel
1789,
opera
inserita
in
una
monumentale
cornice
lignea.
-
Macchina
lignea.
Opere
-
1523, San
Sebastiano, statua
lignea
scolpita
in
legno
d'arancio,
manufatto
miracolosamente
scampato
alla
furia
distruttiva
del
terremoto
del
1693.
-
Reliquie
di
San
Giovanni
Battista,
San
Sebastiano,
Santa
Lucia
e
Santo
Stefano
Protomartire.
Chiesa
di
Sant'Antonio
Abate
La chiesa
di
Sant'Antonio
Abate è
un
luogo
di
culto
ubicato
in
via
Vittorio
Emanuele
nella
zona
denominata
i Quattro
Canti
di
Ferla.
Il
tempio
primitivo
era
ubicato
nella
parte
bassa
dell'abitato,
eretto
di
fronte
alla
chiesa
del
Carmine,
il terremoto
del
Val
di
Noto
del
1693 lo
distrusse
interamente.
La
ricostruzione
avvenne
nell'attuale
sito,
nel
cuore
del
nuovo
centro
abitato,
nel
settore
sud
-
ovest
dei
quattro
canti.
La
chiesa
fu
progettata
dal
frate
-
ingegnere
Michele
La
Ferla, esponente
della
scuola
di Rosario
Gagliardi,
con
elementi
architettonici
innovativi,
facciata
e
impianto
caratterizzati
dal
nascente
e
diffuso
stile barocco
ibleo con
vaghi
accenni
decorativi
d'impronta rococò.
La
costruzione
si
protrasse
per
oltre
mezzo
secolo.
In
seguito
al terremoto
del
1908 crollò
la
cupola
a
bulbo
e
rovinò
per
intero
il
corpo
della
torre
campanaria
sinistra,
coinvolgendo
parzialmente
la
porzione
di
prospetto
corrispondente.
Il
sisma
fu
avvertito
in
buona
parte
della
Sicilia
orientale,
provincia
di
Siracusa
compresa,
arrecando
danni
alle
strutture
dei
principali
monumenti.
Una
targa
marmorea
ne
attesta
l'appartenenza
al
novero
dei monumenti
nazionali di
particolare
pregio
storico
-
artistisco.
FACCIATA
-
L'esterno
contempla
una
sinuosa
e
articolata
facciata
in
stile barocco
ibleo costituita
da
tre
corpi
concavi
disposti
lungo
gli
assi
verticali,
su
quello
centrale
insiste
il
portale,
i
due
laterali
si
contraddistinguono
per
la
presenza
di
nicchie
in
ricche
cornici
e
altrettante
celle
campanarie.
La
tripartizione
dei
primi
due
ordini
è
effettuata
per
mezzo
di colonne
ioniche con capitelli
corinzi,
collocate
su
massicci plinti,
nella
partizione
centrale
il
movimento
e
la
prospettiva
concava
è
accentuata
da
coppie
di
colonne
disposte
ad emiciclo,
peculiarità
quest'ultima
che
caratterizza
sia
il
vano
del
portale,
sia
l'area
della
grande
nicchia
a
livello
intermedio.
Il
portale,
unico
varco
d'accesso
del
prospetto,
è
inserito
nella
concavità
centrale
fra
la
coppia
interna
di
colonne,
presenta
un
ornamento
superiore
a
cortina
sovrastato
da
timpano
ad
arco.
Tanto
i
vani
in
prospetto,
quanto
le
porzioni
di
catino
esterne,
ospitano
nicchie
contenute
in
ricche
cornici
adorne
di
volute,
conchiglie
nella
calotta,
sormontate
da
timpano
ad
arco
spezzato
e
coppia
di
putti
sulla
stele
intermedia.
Un
variegato cornicione - marcapiano dalla
articolata modanatura,
decorato
nella
trabeazione da
rilievi
raffiguranti
motivi
geometrici,
fitomorfi
e
antropomorfi,
separa
i
primi
due
ordini.
Al
centro
la
grande
nicchia
con
cornice,
sulla
superficie
interna
presenta
riquadri
e
spicchi,
in
alto
è
sormontata
da
timpano
ad
arco
spezzato.
Chiude
la
prospettiva
un
grande
timpano
concavo
sovrapposto
e
spezzato
sovrastato
da
due
imponenti
pinnacoli
a
coppa
o
vasi
fiammati
acroteriali.
Sulla
sommità
un
grande
pinnacolo
piramidale
recante
decorazioni
con
volute,
al
vertice
una
grande
croce
apicale
con
raggiera
in
ferro
battuto.
Ai
lati
due
grandi
volute
a
ricciolo
con
festoni.
Le
celle
campanarie
presentano
monofore
sui
lati,
quella
destra
è
ancora
completata
da
una
cupoletta
a
bulbo
squadrato
con
cuspide
e
vertici
smussati,
sul
corpo
del
tamburo
oculi
per
quadranti,
quello
in
corrispondenza
dell'ingresso
presenta
un
orologio
meccanico.
Il cornicione corrispondente
è
arricchito
da
due
pinnacoli
a
coppa.
Il
corpo
sinistro
gemello
è
rovinato
a
causa
del
terremoto
di
Messina
del
1908.
INTERNO
-
L'interno
presenta
un
impianto
a croce
greca di
33
metri
per
asse,
con
cappelle
radiali
-
tre
sui
bracci,
quattro
sfalsate
alle
precedenti
e
disposte
sulle
bisettrici.
Altre
due
cappelle
con
altrettanti
altari,
e
due
Oratori
completano
l'elenco
degli
ambienti
interni.
La crociera è
sormontata
da
una cupola ottagonale
decorata
internamente
con
la
raffigurazione
del Trionfo
di
Sant'Antonio
nei
quattro
continenti
della
Terra,
apparato
pittorico
costituito
da
un
sontuoso
affresco
realizzato
da Giuseppe
Crestadoro ripartito
in
quattro
spicchi
incorniciati
da
fregi
e
stucchi
policromi
attribuiti
ad
artista
orbitante
nella scuola
del
Serpotta,
ornamenti
plastici
raffiguranti
come
soggetti
principali
i Quattro
Evangelisti.
Gli
ambienti
dell'aula
presentano:
un
notevole
apparato
decorativo
in
stucco,
un
ricco
ciclo
pittorico
costituito
da
affreschi
e
dipinti
e
un
esemplare
ciclo
statuario
in
stucco
accompagnato
da
preziose
statue
lignee.
Sono
14
sculture
in
stucco
raffiguranti
allegorie
delle virtù
cardinali (Fortezza, Giustizia, Prudenza e Temperanza), virtù
morali e virtù
teologali (Carità, Fede e Speranza),
di
scuola
serpottiana.
Otto
di
esse
sono
collocate
nell'aula
sotto
la
cupola,
tre
coppie
delimitano
gli
altari
in
ogni
braccio.
Braccio
destro: Cappella
della
Madonna
degli
Agonizzanti.
L'ambiente
si
distingue
per
la
composizione
barocca
formata
da
un
timpano
spezzato
adorno
di
merlature,
recante
al
centro
la
figura
di Dio
Padre attorniato
da
un
gruppo
di
angeli.
Nell'edicola è
custodita
la
pala
d'altare
raffigurante
la Madonna
degli
Agonizzanti.
Braccio
sinistro: Cappella
di
Santa
Maria
Assunta.
Il
timpano
ad
arco
spezzato
ospita
un
gruppo
intermedio
in
stucco
raffigurante
la Gloria
del
Redentore tra
putti
osannanti
e
angeli
distesi
sulle
cimase.
Altare
con
dipinto
raffigurante
la Madonna
Assunta,
di
fattura
ignota.
La
nicchia
retrostante
custodisce
la
statua
lignea
della Madonna
Assunta.
ABSIDE
-
L'arco
trionfale
è
sovrastato
dalla
composizione
barocca
costituita
da
angeli
e
putti
che
reggono
un
grande
cartiglio,
l'iscrizione
recita:
"FECITO
TIBI
NOMEN:
GRANDE,
IVXSTA
NOMEN
MAGNORVM,
QVI
SVNT
IN
TERRA
(XI
Reg.,
Cap.
XII,
Num
IX°.)".
Altare
maggiore
in
marmo
policromi
formato
da
colonne
sormontate
da
timpano
ad
arco
spezzato,
in
corrispondenza
della
calotta
absidale
è
realizzata
una
raggiera
intermedia
con
colomba,
allegoria
dello Spirito
Santo,
angeli
sulle
cimase,
al
centro
un
putto
con
cartiglio.
Due
statue
delimitano
l'altare,
la
cui
pala
del 1777 raffigura Sant'Antonio
e
la
disputa
con
gli
ariani o Predica
di
Sant'Antonio,
dipinto
di Giuseppe
Crestadoro.
Nella
nicchia
retrostante
è
custodita
la
statua
lignea
di Sant'Antonio
Abate,
opera
del 1741,
ricoperta
in
foglia
d'oro.
-
Cappella
radiale
destra: Cappella
di
San
Michele
Arcangelo.
Altare
con
tabernacolo
marmoreo
a
tempietto,
dietro
il
dipinto
raffigurante
l'Arcangelo
Michele è
custodita
la
statua
lignea
del
capo
delle
milizie
celesti.
-
Cappella
radiale
sinistra: Cappella
del
Santissimo
Crocifisso.
Altare
con Crocifisso in
cartapesta
collocato
su
dipinto
raffigurante
la Vergine
Maria e San
Giovanni
Evangelista.
Manufatto
caratterizzato
da tabernacolo marmoreo
a
tempietto
colonnato
con
cupolino.
Ambienti
prossimi
all'ingresso:
-
Cappella
radiale
destra: Cappella
della
Resurrezione.
Altare
con
dipinto.
-
Cappella
radiale
sinistra: Cappella
della
Vergine.
Altare
con
dipinto.
OPERE
-
Sette
Arcangeli,
dipinto
documentato.
-
XVII
secolo, Fuga
in
Egitto,
dipinto
documentato,
opera
attribuita
al
pittore Pietro
Novelli.
Altri
edifici
religiosi
Chiesa
di
San
Giacomo
Chiesa
del
Carmelo
Chiesa
di Santa
Sofia
Chiesa
di
Santa
Maria
di
Gesù,
Convento
dei
Frati
Minori
Riformati
Chiesa
della
Madonna
delle
Grazie

Convento
dei
Frati
Minori
Cappuccini
-
La
presenza
dei frati
Cappuccini nel
piccolo
centro ibleo di
Ferla
risale
al
1579.
Il convento,
costruito
con
il
contributo
del
Duca
di
Ferla,
fu
eretto
su
un altopiano,
dal
quale
domina
l'intero
paese.
Distrutto
dal sisma
del
1693,
fu
ricostruito
nel
medesimo
luogo,
insieme
alla
chiesa,
originariamente
dedicata
alla Madonna
Odigitria,
successivamente
(1889)
intitolata
all'Addolorata.
Dopo
la soppressione
degli
ordini
religiosi (1866),
i
frati
riacquistarono
l'intero
complesso
nel
1888.
Più
volte
luogo
di Noviziato,
il
convento,
che
oggi
non
vede
più
la
presenza
dei
frati
Cappuccini,
dal
27
dicembre
2015
è
sede
del
monastero
delle
terziarie
regolari
francescane.
Dall'architettura
sobria,
tipica
dei
conventi
cappuccini,
la
struttura
ruota
attorno
ad
un
ampio chiostro,
nel
quale
il portico,
il pozzo e
le meridiane creano
uno
spazio
architettonico
suggestivo.
La
chiesa,
a navata unica,
possiede
due
cappelle
sul
lato
sinistro,
dedicate
al Crocifisso e
all'Immacolata;
e
due
altari
minori
sul
lato
destro,
dedicati
alla Madonna
di
Pompei e
a San
Francesco
d'Assisi.
L'altare
maggiore
presenta
una
pregiata
intelaiatura
lignea
(XVIII
sec.),
con
tre
nicchie:
in
quella
centrale
è
posta
una
statua
lignea
dell'Addolorata,
mentre,
le
due
laterali
contengono
due
statue
di Angeli,
in
gesso.
Altre
opere
degne
di
nota:
le balaustre lignee;
il
pregevole pulpito esagonale,
realizzato
nel
1751;
l'armadio
di
sacrestia
in
noce
e
cipresso,
risalente
al
1773.
Manifestazioni
LA
SANTA
PASQUA
-
La
festa
più
sentita
e
festeggiata
a
Ferla
è
la Santa
Pasqua.
Ogni
anno
si
rivive
il
mistero
della Passione,
Morte
e Resurrezione di Gesù con riti e processioni.
Nel
corso
del
tempo
sono
andate
perdute funzioni come
i sabati di quaresima,
la
rappresentazione
sacra
della
Passione,
l'Opira
Santa
e
a
calata
a
tila,
così
come
sono
scomparse
le
confraternite
di
San
Sebastiano
e
Sant'Antonio
che
una
volta
avevano
un
ruolo
importante
nello
svolgimento
della
festa.
L'anacronismo di
alcuni
momenti
concorre
a
rendere
particolare
la
Pasqua
a
Ferla
rispetto
ad
altre
zone
d'Italia:
la
processione do
“Signuri
a
Canna”,
il Giovedì
santo;
dopo
la
messa
in
“Coena
Domini”
e
la
deposizione
del
Sacramento,
inizia
la
visita
da
parte
dei
fedeli
ai
“Sepulcri”,
altari
addobbati
con
fiori,
candele
e
il
tradizionale
grano
germogliato.
Il Venerdì
Santo si
commemora
la
passione
di
Cristo
in
un
clima
di
intenso
fervore
religioso.
Le
processioni,
immerse
in
un'atmosfera
particolarmente
spirituale,
hanno
inizio
nel
pomeriggio
con
la
processione do
“
Signuri
a
Cruci” e
dell'Addolorata.
La
sera
dopo
la
predica
delle
“sette
Parole”
ha
luogo
la
funzione
da
“Scisa
a
Cruci”,
in
cui
Gesù,
deposto
dalla
croce,
viene
sistemato
nell'urna
("a
cascia").
Segue
la
processione
notturna do
“Signuri
a
Cascia”.
Il Sabato
santo,
dopo
la
messa
di
risurrezione,
prende
il
via
la
processione
dell'Addolorata,
“A
Madonna
o
Scontru”.
La
“Sciaccariata”
accompagna
di
corsa
“U
Gesummaria”
dalla
chiesa
di
San
Sebastiano
al
convento
dei
padri
Cappuccini,
alla
luce
di
tantissime
fiaccole
“Sciaccare”
ricavati
da arbusti secchi.
Il
giorno
di
Pasqua,
si
ripete
all'alba
la
processione
della
Addolorata
alla
ricerca
del
figlio
risorto
(“U
Giro
de
sette
vaneddi”);
l'attesa
si
compie
a
mezzogiorno
con
“U
Scontru”
quando,
alla
fine
di
una
corsa
sfrenata
fra
il
lancio
di
fettucce
e
di fuochi
pirotecnici,
si
svolge
la
rappresentazione
dell'incontro
tra
Gesù
e
la
Madonna
che,
lasciando
cadere
il
suo
manto,
appare
in
tutto
il
suo splendore.
La Settimana
Santa si
conclude
la
sera
della
domenica
con
la
processione
do
“
Gesummaria”.
IL
NATALE
E
I
PRESEPI
ARTIGIANALI
-
L'atmosfera
Natalizia
a
Ferla,
la
si
può
vivere
trasportati
delle
melodie
del
canto
delle
novene.
I
cantori,
muniti
di
flauto,
zampogna,
fisarmonica
girano
per
le
vie
del
paese
a
partire
dal
16
dicembre,
cantando
tre
strofe
al
giorno,
per
nove
giorni,
tutta
la
storia
della
nascita
di
Gesù
Bambino.
Ogni
chiesa
aperta
al
culto
svolge
la
celebrazione
della
novena
natalizia
che
avrà
culmine
con
la
veglia
di
Natale
la
notte
del
24
dicembre,
con
una
suggestiva
rappresentazione
della
nascita
del
Gesù
Bambino
allo
scoccare
della
mezzanotte.
Inoltre
a
Ferla
è
ormai
consolidata
la
tradizione
dei
presepi
artigianali
che
si
svolge
lungo
tutto
il
percorso
dell'antico
paese,
creando
una
atmosfera
ricca
di
colori
e
suoni.
I
presepi
artigianali
vengono
allestiti
da
piccoli
e
grandi
maestranze
locali
che,
senza
competizione,
mostrano
alla
gente
l'arte
di
fare
il
presepe.
LA
FESTA
DEL
PATRONO
-
La
festa
solenne
si
celebra
il
20
luglio.
La
sera
della
vigilia
dopo
la
tradizionale "Curruta" (la
statua
viene
portata
fuori
dalla
nicchia
dove
viene
conservata
durante
l'anno
e
deposta
sull'altare,
tra
le
grida
e
le
invocazione
dei
fedeli),
la
reliquia
ed
il
braccio
argenteo
vengono
portati
in
processione
per
le
vie
principali
del
paese.
All'alba
del
giorno
20
lo
sparo
di
venti
colpi
a
cannone
richiama
la
gente
all'affollata
messa
dell'alba.
È
tradizione
andare
a
questa
messa
in
pellegrinaggio,
offrendo
un
cero
votivo.
I
portatori
del
fercolo
"i
nudi"
sono
vestiti
con
dei
pantaloni
bianchi
e
sul
petto
nudo
portano
un
nastro
rosso
recante
l'immagine
di
S.Sebastiano.
Alle
dodici
in
punto
fra
"Nzareddi"
e
fuochi
d'artificio
il
Santo
fa
la
sua
spettacolare
"Nisciuta".
Portato
in
processione
rientra
per
uscire
nuovamente
la
sera
sull'artistico
carro
tirato
dai
bambini.
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