Ferla (Borgo)
(Siracusa)
  
  

   

La cittadina fa parte del circuito dei borghi più belli d'Italia e dell'Associazione Nazionale Comuni Virtuosi.

Dal latino Ferula, il nome fu dato dagli abitanti di piazza Armerina che vi emigrarono in età normanna. All’origine vi è forse la presenza di alberelli di ferula communis, arbusto diffuso nei Monti Iblei (noto anche come finocchiaccio, in siciliano ferra). Altri fanno derivare Ferla dal longobardo fara, col significato di “stirpe” e, in senso lato, “paese”.  

Il nome "Ferla" compare per la prima volta nelle Decime Ecclesiastiche del 1275. Ma il primo vero documento è costituito dal testamento del barone Iohannes de Ferula, datato 1292. Da questa famiglia, che si sarebbe in seguito chiamata La Ferla, derivò il nome.

Il toponimo "Ferla" per quanto antico è stato adottato nel Medioevo. Il borgo si formò attorno al castello ed era caratterizzato da un complesso di case-grotta e da un intricato sistema di vicoli e stradine. Le contrade vicine furono probabilmente abitate in epoca greca e romana; durante la tarda antichità e per tutta l'età bizantina il territorio di Ferla fu intensamente abitato da comunità dedite all'agricoltura e soprattutto all'allevamento. Tra gli abitati più interessanti di questo periodo storico ricordiamo l'abitato di Giarranauti e i complessi rupestri di San Sisto e San Martino. Ad epoca paleocristiana si datano alcuni complessi cimiteriali noti alla comunità scientifica per aver restituito alcune epigrafi sepolcrali tra cui quella del diacono "Dionisio". Nulla sappiamo del sito del Castel di Lega, che era il nome dato dai Greci (Tucidide) al primo e più antico centro abitato.

La presenza di una comunità cristiana tra il II e il III secolo d.C., il rinvenimento di iscrizioni sepolcrali in greco all'interno dei complessi cimiteriali confermano il ripopolamento di tutto il territorio alla fine del mondo antico. La guerra gotica, le invasioni vandaliche e verosimilmente il diffondersi della peste causarono viceversa l'abbandono dei villaggi e il ricostituirsi della "silva". Per comprendere la genesi dell'attuale abitato di Ferla è utile ricordare che dentro la chiesa di San Giacomo e di San Sebastiano le ricerche di profondità hanno messo in luce alcune sepolture a loggetta che confermano l'esistenza di un'ampia area cimiteriale coincidente in parte con l'attuale piazzale. Il toponimo "Rigoria" secondo l'autorevole parere di alcuni studiosi richiama infatti lo spazio destinato alle sepolture pubbliche.

Recenti scoperte archivistiche, confluite in una pubblicazione di Luigi Lombardo e Pietro La Rocca, hanno portato a far luce sulla primissima storia medievale della cittadina di Ferla, sulle sue origini, in particolare sull'origine del suo nome. Secondo il libro dei due studiosi fu il nobilis dominus Iohannes de Ferula, civis di Ragusa e fedelissimo dei Chiaramonte, a dare il nome alla città, che probabilmente fondarono nei pressi dell'antichissimo sito di Liga. Apprendiamo la notizia dal testamento del barone di Ferla, (appunto) Iohannes de Ferula, rogato nella cittadina iblea in data 10 dicembre 1292, dove Iohannes dichiara di essere barone di Ferla e di tantissimi altri feudi di Sicilia, in particolare nei territori di Ragusa, Siracusa e Caccamo. Egli dice anche di aver fondato il monastero e la chiesa di San Martino, su cui ha istituito il beneficio di Iuspatronatus, detto appunto di S. Martino, dove si trovano sepolti i suoi avi. Egli dispone di essere sepolto, congiuntamente ai suoi avi, nella famosa abbazia di Santa Maria dell'Arco accanto al sepolcro di Isimbardo Morengia conte di Noto. Nomina suo erede universale e signore di Ferla il figlio Ruggero. I de Ferula (La Ferla) detennero tra alterne vicende la signoria di Ferla fino al 1392, quando furono dichiarati ribelli dai Martini, regnanti catalani, e furono da questi privati di tutti i beni. Il feudo di Ferla passò alla famiglia Moncada di Paternò, che lo detenne per diversi secoli. Nel 1625 divenne marchesato e passò a Giuseppe Rau e Grimaldi da Noto. I diritti baronali si estinsero con Francesco Tarallo Borgia.

Visitare il borgo

In Sicilia, Ferla è un piccolo borgo della provincia di Siracusa. Appartiene al circuito dei Borghi più Belli d’Italia, e all’Associazione Nazionale Comuni Virtuosi. Ma, soprattutto, è una piccola e splendida perla della Val di Noto.

Per raggiungere Ferla è necessario attraversare i Monti Iblei, coi loro campi di grano e i loro mandorli, gli ulivi e i carrubi, le mucche che pascolano e i muretti a secco. E, una volta arrivati al paese, superare i ruderi dei rioni medievali (utilizzati a mo’ di stalle o trasformati in orti) per arrivare al quartiere Carceri Vecchie.

Da qui, antiche stradine conducono ad una chiesa bizantina e poi ai sepolcri e alle grotte, in cui si respira la Sicilia d’altri tempi: ci sono piccole costruzioni dai muri diroccati con il caratteristico uscio bucato per farvi passare il gatto, e piccole finestre sulle porte per vedere senza essere visti. Ma non è solo Carceri Vecchie, ad aver conservato un sapore antico: anche i quartieri di Castelverde e Calanconi rimandano al passato.

Ma c’è, a Ferla, anche una via speciale: è via Vittorio Emanuele, la via sacra. Si chiama così perché qui sorgono cinque edifici religiosi: la Chiesa del Carmine dedicata a Santa Maria del Carmelo con la sua facciata settecentesca, la più grande chiesa di San Sebastiano (al cui interno è possibile ammirare il Martirio di San Sebastiano di Giuseppe Crestadoro e il gruppo scultoreo ligneo di Michelangelo Di Giacomo), la Chiesa Madre, la Chiesa di Sant'Antonio (la più bella, con la facciata barocca fatta di tre corpi concavi) e – infine – la Chiesa di Santa Maria, che fu convento, scuola e carcere.  

Chiesa di San Sebastiano

La basilica di San Sebastiano è un luogo di culto ubicato nella parte meridionale dell'omonima piazza San Sebastiano prossima alla chiesa madre. Le origini della chiesa risalgono al 1481, quando il vescovo di Siracusa Dalmazio Daniele concesse l'autorizzazione per edificarla.

Il terremoto del 1693 distrusse completamente il tempio. La nuova costruzione riedificata per pia devozione dei membri della Confraternita di San Sebastiano fu progettata dall'architetto - scultore Michelangelo Di Giacomo da Buccheri, completata nel 1741 in stile barocco ibleo. Dopo la riedificazione il tempio risultò essere più imponente del precedente al punto di competere con l'erigenda chiesa di San Giacomo, compartendo con quest'ultima, il titolo di chiesa madre.

Chiusa al culto nel 1979 per attuare dei lavori di restauro rivelatisi disastrosi poiché è stato rovinato l'interno della chiesa.

Il terremoto di Santa Lucia del 1990 rese necessari lavori di consolidamento, che per intoppi burocratici si sono prolungati fino al 2005, anno in cui è iniziato il restauro vero e proprio.

La chiesa è stata riaperta al culto il 18 Luglio 2015.  

ESTERNO - L'imponente facciata - campanile in conci si presenta tripartita per mezzo di paraste con capitelli corinzi, la partizione centrale è divisa in tre ordini orizzontali, il secondo raccordato al primo da eleganti volute e pinnacoli con sfera collocati sui contrafforti. Il primo ordine è caratterizzato dai tre portali, i due laterali sono inquadrati da pilastri semplici sormontati da timpani ad arco spezzato e stemma araldico intermedio scolpito a bassorilievo, in alto finestrelle rettangolari con colonnine. Le nervature verticali sono costituite da coppie di paraste, lievemente aggettanti quelle centrali, che conferiscono una prospettiva convessa all'architettura, sia al primo che al secondo livello. Al terzo ordine le paraste aggettanti ai lati rendono leggermente concava la prospettiva conferendo profondità alle tre monofore.

Il portale centrale inquadrato da quattro colonne corinzie poste su alti plinti, con fusto inferiore arabescato, aggettanti quelle centrali. Sull'articolato architrave, unico esempio in Sicilia di decorazione scultorea comprendente una scena composta da figure raffiguranti il Martirio di San Sebastiano. Al centro la nicchia contenente la statua San Sebastiano affiancata dalle statue allegoriche raffiguranti la Fede e la Speranza, completano l'animato gruppo scultoreo due Mori in atteggiamento sottomesso, quasi schiacciati da volute superiori, e due Centurioni. Sulla pietra di volta dell'arco completa il gruppo uno scudo intermedio raffigurante un'aquila con le ali spiegate recante la palma e le frecce, simbolo del martirio, e un cartiglio recante l'iscrizione "SEB. MARTYRI DICATUM". Sul cornicione è scolpita la dicitura:

"QVID MIRARIS HOMO TOT CRVDOS CORPORIS ICTVS VVLNERA QVÆ VIDE OMNIA FIXIT AMOR A. D. 1741".

Il secondo ordine superiore è caratterizzato da un rosone inquadrato da pilastrini scanalati, timpano arcuato con iscrizione, e stemma inferiore coronato recante un cuore al centro. Sul secondo cornicione è scolpita la dicitura:

"PIA DEVOTIONE CONFRATRUM S. SEBASTIANI ... EDIFICAT".

Il terzo ordine comprende la cella campanaria comprendente slanciate monofore sormontate da un grande timpano aperto di tipo spezzato e grande stele intermedia con simboli (palma, freccia, corona), sormontata da croce apicale in ferro battuto. Ai lati sul cornicione marcapiano vasi ornamentali fiammati di forma sferica. 

Arricchiscono l'intera superficie decorazioni floreali (festoni, ghirlande, foglie d'acanto), conchiglie, putti, volute, iscrizioni, e figure geometriche scolpite a bassorilievo.

INTERNO - Impianto ripartito in tre navate per mezzo di pilastri, apparato decorativo con eleganti stucchi policromi (attribuiti alla scuola del famoso Maestro Serpotta, che adornò anche la vicina Chiesa di Sant'Antonio Abate), degli affreschi e delle decorazioni geometriche scolpite a bassorilievo.

Navata destra - Vano.

- Prima campata: accesso ambiente corrispondente alla prima campata e vano destro.

- Seconda campata: statua dell'Addolorata.

- Terza campata: la parete custodisce il dipinto di Santa Rosalia, opera attribuita a Giuseppe Crestadoro e statua di Gesù Risorto.

- Quarta campata: nicchia con statua raffigurante l'Ecce Homo.

- Quinta campata: nicchia con statua raffigurante Sant'Antonio di Padova. Accesso vano.

Navata sinistra - Vano.

- Prima campata.

- Seconda campata: deposito fercolo con cancellata. Accesso ambiente corrispondente prima campata e vano sinistro.

- Terza campata: Cappella del Santissimo Crocifisso.

- Pulpito ligneo con cupolino sospeso al pilastro.

- Quarta campata: nicchia con statua.

- Quinta campata: sulla parete è collocato il dipinto raffigurante Gesù Cristo risorge dall'avello. Accesso vano.

Absidiole - Arco trionfale con stucchi.

- Absidiola destra: Cappella dell'Immacolata Concezione. Nella nicchia sull'elevazione è collocata la statua raffigurante l'Immacolata Concezione, statua lignea del 1723 con dorature. Cancellata in ferro battuto.

- Absidiola sinistra: Cappella delle Anime Purganti. Alla parete campeggia il dipinto raffigurante la Vergine e le Anime Purganti, l'ambiente è delimitato da cancellata in ferro battuto.

Abside

- Presbiterio rettangolare, coro, e cornici di quadroni mistilinei.

- Dipinto di Giuseppe Crestadoro raffigurante il Martirio di San Sebastiano realizzato nel 1789, opera inserita in una monumentale cornice lignea.

- Macchina lignea.

Opere

- 1523San Sebastiano, statua lignea scolpita in legno d'arancio, manufatto miracolosamente scampato alla furia distruttiva del terremoto del 1693.

- Reliquie di San Giovanni Battista, San Sebastiano, Santa Lucia e Santo Stefano Protomartire.

Chiesa di Sant'Antonio Abate

La chiesa di Sant'Antonio Abate è un luogo di culto ubicato in via Vittorio Emanuele nella zona denominata i Quattro Canti di Ferla.

Il tempio primitivo era ubicato nella parte bassa dell'abitato, eretto di fronte alla chiesa del Carmine, il terremoto del Val di Noto del 1693 lo distrusse interamente. La ricostruzione avvenne nell'attuale sito, nel cuore del nuovo centro abitato, nel settore sud - ovest dei quattro canti.

La chiesa fu progettata dal frate - ingegnere Michele La Ferla, esponente della scuola di Rosario Gagliardi, con elementi architettonici innovativi, facciata e impianto caratterizzati dal nascente e diffuso stile barocco ibleo con vaghi accenni decorativi d'impronta rococò. La costruzione si protrasse per oltre mezzo secolo.

In seguito al terremoto del 1908 crollò la cupola a bulbo e rovinò per intero il corpo della torre campanaria sinistra, coinvolgendo parzialmente la porzione di prospetto corrispondente. Il sisma fu avvertito in buona parte della Sicilia orientale, provincia di Siracusa compresa, arrecando danni alle strutture dei principali monumenti.

Una targa marmorea ne attesta l'appartenenza al novero dei monumenti nazionali di particolare pregio storico - artistisco.

FACCIATA - L'esterno contempla una sinuosa e articolata facciata in stile barocco ibleo costituita da tre corpi concavi disposti lungo gli assi verticali, su quello centrale insiste il portale, i due laterali si contraddistinguono per la presenza di nicchie in ricche cornici e altrettante celle campanarie. La tripartizione dei primi due ordini è effettuata per mezzo di colonne ioniche con capitelli corinzi, collocate su massicci plinti, nella partizione centrale il movimento e la prospettiva concava è accentuata da coppie di colonne disposte ad emiciclo, peculiarità quest'ultima che caratterizza sia il vano del portale, sia l'area della grande nicchia a livello intermedio.

Il portale, unico varco d'accesso del prospetto, è inserito nella concavità centrale fra la coppia interna di colonne, presenta un ornamento superiore a cortina sovrastato da timpano ad arco. Tanto i vani in prospetto, quanto le porzioni di catino esterne, ospitano nicchie contenute in ricche cornici adorne di volute, conchiglie nella calotta, sormontate da timpano ad arco spezzato e coppia di putti sulla stele intermedia. Un variegato cornicione - marcapiano dalla articolata modanatura, decorato nella trabeazione da rilievi raffiguranti motivi geometrici, fitomorfi e antropomorfi, separa i primi due ordini. Al centro la grande nicchia con cornice, sulla superficie interna presenta riquadri e spicchi, in alto è sormontata da timpano ad arco spezzato. Chiude la prospettiva un grande timpano concavo sovrapposto e spezzato sovrastato da due imponenti pinnacoli a coppa o vasi fiammati acroteriali. Sulla sommità un grande pinnacolo piramidale recante decorazioni con volute, al vertice una grande croce apicale con raggiera in ferro battuto. Ai lati due grandi volute a ricciolo con festoni.

Le celle campanarie presentano monofore sui lati, quella destra è ancora completata da una cupoletta a bulbo squadrato con cuspide e vertici smussati, sul corpo del tamburo oculi per quadranti, quello in corrispondenza dell'ingresso presenta un orologio meccanico. Il cornicione corrispondente è arricchito da due pinnacoli a coppa. Il corpo sinistro gemello è rovinato a causa del terremoto di Messina del 1908.

INTERNO - L'interno presenta un impianto a croce greca di 33 metri per asse, con cappelle radiali - tre sui bracci, quattro sfalsate alle precedenti e disposte sulle bisettrici. Altre due cappelle con altrettanti altari, e due Oratori completano l'elenco degli ambienti interni. La crociera è sormontata da una cupola ottagonale decorata internamente con la raffigurazione del Trionfo di Sant'Antonio nei quattro continenti della Terra, apparato pittorico costituito da un sontuoso affresco realizzato da Giuseppe Crestadoro ripartito in quattro spicchi incorniciati da fregi e stucchi policromi attribuiti ad artista orbitante nella scuola del Serpotta, ornamenti plastici raffiguranti come soggetti principali i Quattro Evangelisti.

Gli ambienti dell'aula presentano: un notevole apparato decorativo in stucco, un ricco ciclo pittorico costituito da affreschi e dipinti e un esemplare ciclo statuario in stucco accompagnato da preziose statue lignee.

Sono 14 sculture in stucco raffiguranti allegorie delle virtù cardinali (FortezzaGiustiziaPrudenza e Temperanza), virtù morali e virtù teologali (CaritàFede e Speranza), di scuola serpottiana. Otto di esse sono collocate nell'aula sotto la cupola, tre coppie delimitano gli altari in ogni braccio.

Braccio destro: Cappella della Madonna degli Agonizzanti. L'ambiente si distingue per la composizione barocca formata da un timpano spezzato adorno di merlature, recante al centro la figura di Dio Padre attorniato da un gruppo di angeli. Nell'edicola è custodita la pala d'altare raffigurante la Madonna degli Agonizzanti.

Braccio sinistro: Cappella di Santa Maria Assunta. Il timpano ad arco spezzato ospita un gruppo intermedio in stucco raffigurante la Gloria del Redentore tra putti osannanti e angeli distesi sulle cimase. Altare con dipinto raffigurante la Madonna Assunta, di fattura ignota. La nicchia retrostante custodisce la statua lignea della Madonna Assunta.

ABSIDE - L'arco trionfale è sovrastato dalla composizione barocca costituita da angeli e putti che reggono un grande cartiglio, l'iscrizione recita: "FECITO TIBI NOMEN: GRANDE, IVXSTA NOMEN MAGNORVM, QVI SVNT IN TERRA (XI Reg., Cap. XII, Num IX°.)".

Altare maggiore in marmo policromi formato da colonne sormontate da timpano ad arco spezzato, in corrispondenza della calotta absidale è realizzata una raggiera intermedia con colomba, allegoria dello Spirito Santo, angeli sulle cimase, al centro un putto con cartiglio. Due statue delimitano l'altare, la cui pala del 1777 raffigura Sant'Antonio e la disputa con gli ariani o Predica di Sant'Antonio, dipinto di Giuseppe Crestadoro. Nella nicchia retrostante è custodita la statua lignea di Sant'Antonio Abate, opera del 1741, ricoperta in foglia d'oro.

- Cappella radiale destra: Cappella di San Michele Arcangelo. Altare con tabernacolo marmoreo a tempietto, dietro il dipinto raffigurante l'Arcangelo Michele è custodita la statua lignea del capo delle milizie celesti.

- Cappella radiale sinistra: Cappella del Santissimo Crocifisso. Altare con Crocifisso in cartapesta collocato su dipinto raffigurante la Vergine Maria e San Giovanni Evangelista. Manufatto caratterizzato da tabernacolo marmoreo a tempietto colonnato con cupolino.

Ambienti prossimi all'ingresso:

- Cappella radiale destra: Cappella della Resurrezione. Altare con dipinto.

- Cappella radiale sinistra: Cappella della Vergine. Altare con dipinto.

OPERE

- Sette Arcangeli, dipinto documentato.

- XVII secolo, Fuga in Egitto, dipinto documentato, opera attribuita al pittore Pietro Novelli.

Altri edifici religiosi

Chiesa di San Giacomo

Chiesa del Carmelo

Chiesa di Santa Sofia

Chiesa di Santa Maria di Gesù, Convento dei Frati Minori Riformati

Chiesa della Madonna delle Grazie

Convento dei Frati Minori Cappuccini - La presenza dei frati Cappuccini nel piccolo centro ibleo di Ferla risale al 1579.

Il convento, costruito con il contributo del Duca di Ferla, fu eretto su un altopiano, dal quale domina l'intero paese.

Distrutto dal sisma del 1693, fu ricostruito nel medesimo luogo, insieme alla chiesa, originariamente dedicata alla Madonna Odigitria, successivamente (1889) intitolata all'Addolorata.

Dopo la soppressione degli ordini religiosi (1866), i frati riacquistarono l'intero complesso nel 1888.

Più volte luogo di Noviziato, il convento, che oggi non vede più la presenza dei frati Cappuccini, dal 27 dicembre 2015 è sede del monastero delle terziarie regolari francescane.

Dall'architettura sobria, tipica dei conventi cappuccini, la struttura ruota attorno ad un ampio chiostro, nel quale il portico, il pozzo e le meridiane creano uno spazio architettonico suggestivo.

La chiesa, a navata unica, possiede due cappelle sul lato sinistro, dedicate al Crocifisso e all'Immacolata; e due altari minori sul lato destro, dedicati alla Madonna di Pompei e a San Francesco d'Assisi.

L'altare maggiore presenta una pregiata intelaiatura lignea (XVIII sec.), con tre nicchie: in quella centrale è posta una statua lignea dell'Addolorata, mentre, le due laterali contengono due statue di Angeli, in gesso.

Altre opere degne di nota: le balaustre lignee; il pregevole pulpito esagonale, realizzato nel 1751; l'armadio di sacrestia in noce e cipresso, risalente al 1773.

Manifestazioni

LA SANTA PASQUA - La festa più sentita e festeggiata a Ferla è la Santa Pasqua. Ogni anno si rivive il mistero della Passione, Morte e Resurrezione di Gesù con riti e processioni. Nel corso del tempo sono andate perdute funzioni come i sabati di quaresima, la rappresentazione sacra della Passione, l'Opira Santa e a calata a tila, così come sono scomparse le confraternite di San Sebastiano e Sant'Antonio che una volta avevano un ruolo importante nello svolgimento della festa. L'anacronismo di alcuni momenti concorre a rendere particolare la Pasqua a Ferla rispetto ad altre zone d'Italia: la processione do “Signuri a Canna”, il Giovedì santo; dopo la messa in “Coena Domini” e la deposizione del Sacramento, inizia la visita da parte dei fedeli ai “Sepulcri”, altari addobbati con fiori, candele e il tradizionale grano germogliato. 

Il Venerdì Santo si commemora la passione di Cristo in un clima di intenso fervore religioso. Le processioni, immerse in un'atmosfera particolarmente spirituale, hanno inizio nel pomeriggio con la processione do “ Signuri a Cruci” e dell'Addolorata. La sera dopo la predica delle “sette Parole” ha luogo la funzione da “Scisa a Cruci”, in cui Gesù, deposto dalla croce, viene sistemato nell'urna ("a cascia"). Segue la processione notturna do “Signuri a Cascia”. Il Sabato santo, dopo la messa di risurrezione, prende il via la processione dell'Addolorata, “A Madonna o Scontru”. La “Sciaccariata” accompagna di corsa “U Gesummaria” dalla chiesa di San Sebastiano al convento dei padri Cappuccini, alla luce di tantissime fiaccole “Sciaccare” ricavati da arbusti secchi. Il giorno di Pasqua, si ripete all'alba la processione della Addolorata alla ricerca del figlio risorto (“U Giro de sette vaneddi”); l'attesa si compie a mezzogiorno con “U Scontru” quando, alla fine di una corsa sfrenata fra il lancio di fettucce e di fuochi pirotecnici, si svolge la rappresentazione dell'incontro tra Gesù e la Madonna che, lasciando cadere il suo manto, appare in tutto il suo splendore. La Settimana Santa si conclude la sera della domenica con la processione do “ Gesummaria”.

IL NATALE E I PRESEPI ARTIGIANALI - L'atmosfera Natalizia a Ferla, la si può vivere trasportati delle melodie del canto delle novene. I cantori, muniti di flauto, zampogna, fisarmonica girano per le vie del paese a partire dal 16 dicembre, cantando tre strofe al giorno, per nove giorni, tutta la storia della nascita di Gesù Bambino. Ogni chiesa aperta al culto svolge la celebrazione della novena natalizia che avrà culmine con la veglia di Natale la notte del 24 dicembre, con una suggestiva rappresentazione della nascita del Gesù Bambino allo scoccare della mezzanotte. Inoltre a Ferla è ormai consolidata la tradizione dei presepi artigianali che si svolge lungo tutto il percorso dell'antico paese, creando una atmosfera ricca di colori e suoni. I presepi artigianali vengono allestiti da piccoli e grandi maestranze locali che, senza competizione, mostrano alla gente l'arte di fare il presepe.

LA FESTA DEL PATRONO - La festa solenne si celebra il 20 luglio. La sera della vigilia dopo la tradizionale "Curruta" (la statua viene portata fuori dalla nicchia dove viene conservata durante l'anno e deposta sull'altare, tra le grida e le invocazione dei fedeli), la reliquia ed il braccio argenteo vengono portati in processione per le vie principali del paese. All'alba del giorno 20 lo sparo di venti colpi a cannone richiama la gente all'affollata messa dell'alba. È tradizione andare a questa messa in pellegrinaggio, offrendo un cero votivo. I portatori del fercolo "i nudi" sono vestiti con dei pantaloni bianchi e sul petto nudo portano un nastro rosso recante l'immagine di S.Sebastiano. Alle dodici in punto fra "Nzareddi" e fuochi d'artificio il Santo fa la sua spettacolare "Nisciuta". Portato in processione rientra per uscire nuovamente la sera sull'artistico carro tirato dai bambini.