Modica,
come altri centri storici del Val
di Noto, deve la sua particolare configurazione urbana alla non
comune conformazione del territorio combinata ai vari fenomeni di antropizzazione.
Molte abitazioni della parte vecchia della città, addossate le une sulle
altre, sono spesso l'estensione delle antiche grotte, abitate fin dall'epoca
preistorica. Sono state censite circa 700 grotte che una volta erano
abitate, o comunque adibite a qualche uso, fra quelle visibili e quelle
"inglobate" in nuove costruzioni. Di notevole rilevanza storica è
l'ottimo stato di conservazione, in pieno centro storico, della necropoli del Quartiriccio,
al quartiere Vignazza, con alcune decine di tombe a forno scavate nella
roccia, risalenti al 2200
a.C. Il tessuto urbano, adagiato sui fianchi delle due vallate e
sui pianori delle colline sovrastanti, è un intrigo di casette, viuzze e
lunghe scale, che non possono non ricordare l'impianto medievale del centro
storico, tutto avviluppato intorno allo sperone della collina del Pizzo, sul
quale poggiava inaccessibile il Castello.
Modica
è un'inaspettata meraviglia... È un effetto bizzarro, unico, qualcosa di
addirittura irreale come visto nel prisma deformante del sogno, come un
immenso fantasmagorico edifizio di fiaba, il quale, anziché di piani, fosse
fatto di strati di case. Da questo accastellarsi, svettano campanili e
campanili: con queste parole il poeta e scrittore veronese Lionello
Fiumi descriveva il suo stupore nel raccontare sulle pagine di
un quotidiano il suo viaggio a Modica negli anni sessanta del Novecento. Le
chiese solitamente non si affacciano su piazze,
ma su imponenti e scenografiche scalinate modellate sui declivi delle
colline. Lo stile prevalente dei monumenti è quello comunemente
identificato come tardo
barocco, ma più specificatamente, per quel che riguarda Modica,
dobbiamo parlare del Barocco
siciliano della Sicilia
sud orientale, quello successivo al catastrofico terremoto
del Val di Noto del 1693. L'aspetto molto caratteristico del centro
storico è stato turbato da alcuni scempi edilizi succedutisi dagli anni
sessanta agli anni ottanta ad opera di alcuni imprenditori edilizi poco
coscienziosi, con il permesso di una classe politica non sempre all'altezza
del proprio ruolo.
Altro
elemento caratterizzante il territorio, in particolare la campagna, è la
fitta rete di "muri a secco" che delimita gli appezzamenti di
terreno, trapunti di maestosi alberi di carruba,
molto frequenti in tutto il territorio provinciale (maggior produttore
italiano del suo frutto). La ragione della fitta maglia di muri
a secco va ricercata nella precoce formazione di una classe di
piccoli proprietari terrieri, che dalla prima metà del Cinquecento
frazionarono un immenso feudo, la Contea
di Modica, corrispondente grosso modo al territorio dell'odierna Provincia
di Ragusa, delimitando le nuove proprietà con tali recinti.
Come retaggio ed eredità di una bizzarria storica, che ha privato Modica
della sua secolare centralità politica, amministrativa e culturale, la città
conserva una sua autonomia comprensoriale. Per esempio, quando nel 1955 fu
istituita la Diocesi
di Ragusa, la città di Modica, insieme alle limitrofe Scicli, Pozzallo e Ispica,
rimase a far parte della Diocesi
di Noto, a cui appartiene dal 1844.
Inoltre la città ha mantenuto il suo storico Tribunale,
che risale al 1361.
Le Istituzioni e le strutture scolastiche, sanitarie e giudiziarie,
pertanto, continuano ad essere un punto di riferimento per le popolazioni
della parte orientale della provincia iblea, oltreché dell'intero distretto
geografico sud orientale dell'Isola.

Città di
Ercole: con questa definizione veniva citata Modica dal
Seicento fino ai primi dell'Ottocento, nelle cronache e nei documenti
dell'epoca. Ciò in virtù della leggenda di Ercole o Eracle,
che si tramanda aver fondato in Sicilia tre città cui avrebbe dato il
nome di Motia, in onore della bella donna greca che gli avrebbe
indicato i posti dove trovare i buoi che gli erano stati sottratti. Il mito
ci racconta che una delle leggendarie fatiche di Ercole, la
decima, sia stata la cattura dei buoi rossi del gigante Gerione,
in Spagna. Sconfitto Gerione, Ercole venne in Italia portando con sé le
mandrie di buoi come trofeo in segno di trionfo, ma giunto in Sicilia questi
buoi gli furono trafugati. Nei luoghi dove la donna indicò ad Ercole che il
rapitore avesse nascosto i buoi, l'eroe nazionale greco fondò le tre città,
la Mozia presso
Capo Lilibeo, una Mozia vicino Agrigento, e per finire la nostra Mozia
mediterranea, la quale non sta lungi dal Pachino, ma non presso al
lido del mare. In realtà, anche il grande geografo alessandrino Claudio
Tolomeo (sec. II d.C.) individuò la posizione geografica del
sito e del suo fiume Mothukanus, chiamando la città Mothuka Mediterranea.
L'insediamento
abitativo nel sito di Modica risale alla preistoria
della Sicilia, nel periodo eneolitico, dal 3.200 al 2.200 a.C. In
pieno centro storico, al quartiere della Vignazza, si conserva una piccola
necropoli con una trentina di tombe "a forno", risalenti al
2.200 a.C., e da collegarsi col soprastante pianoro, dove erano le prime
capanne del sito di Modica.
La città,
che i Greci chiamarono Μότυκα,
ed i Romani Mothyca, Mutyce e
infine Mutica, risale dunque al XXIII
secolo a.C., e fu abitata dai Siculi.
Secondo quanto affermano Ellanico e Filisto,
i Siculi l'avevano fondata 80 anni prima della guerra
di Troia, nel 1360
a.C., dandole il nome di Mùrika. Lo
storico greco Tucidide (460-404
a.C.) invece è dell'opinione che le città sicule della Sicilia
orientale risalgano a 300 anni prima delle invasioni elleniche,
quindi a poco prima del 1000
a.C. Gli insediamenti di Cava
d'Ispica e Pantalica o
il ritrovamento nella Grotta del Salto di un deposito di bronzi dell'XI
secolo a.C., che sono visibili nel Museo
Etnografico L. Pigorini di Roma, sono testimonianza del
carattere degli insediamenti del tempo nell'area circostante.
L'area
compresa tra le attuali Modica, Ragusa (Hybla
Heraia) ed Ispica (Cava
Ispica) divenne rifugio delle popolazioni sicule respinte dalle zone
costiere in seguito all'avanzata delle colonie doriche e la fondazione
delle sub-colonie siracusane di Kasmenai, Akrillai, Kamarina e
poi Kaukana. La città
subì anche influssi Fenici, non potendosi escludere un piccolo insediamento
di questo popolo di commercianti anche in una città non costiera, come
Modica. Questa ipotesi venne avallata dallo storico locale secentesco
Placido Carrafa, che in un suo scritto del 1653 ci racconta di aver
visto con i propri occhi da giovane, nei primi anni del Seicento, un Tempio
del Sole, all'estremità dello sperone roccioso su cui era costruito il
Castello. Tale tempio, dedicato al Sole, che notoriamente era adorato come
Divinità dai Fenici, fu distrutto per volere del governatore della
contea, fervente cattolico, che vedeva in esso un pericoloso simbolo
pagano.
Modica
comunque in seguito lentamente si ellenizzò, data la vicinanza delle
colonie greche. Nel cuore del centro storico di Modica, infatti, in via
Polara, nei pressi del Duomo di San Giorgio, agli inizi del secolo scorso
furono scoperte due grotticelle, vere e proprie camerette sepolcrali scavate
nella roccia, al cui interno erano presenti arredi funerari, databili all'VIII sec. a. C., che richiamavano la cultura greca, arredi consistenti in
circa 70 fra ceramiche a vernice nera di produzione indigena e monili in
bronzo, più due coppe di Thapsos di importazione greca, che sono
testimonianza dell'influenza ellenica sulle usanze delle popolazioni locali
di origine sicula.

Nel museo
civico cittadino si trova custodita in una teca una bellissima statuetta di bronzo del V
secolo a.C., nota finora come "Ercole di Cafeo", dal nome
della contrada nelle immediate periferie di Modica in cui fu rinvenuta, ma
che l'archeologo professor Mario Torelli ha proposto di denominare più
propriamente Eracle di Modica per identificare meglio il
territorio di provenienza. La statua raffigura l'eroe greco in tenuta di
caccia, con arco e faretra, e col capo rivestito dalla leontea. Nonostante
le dimensioni ridotte, la statuetta racchiude in 22 cm le capacità
artistiche di un cesellatore sopraffino, la cui opera richiama molto da
vicino, nel soggetto, le grandi statue bronzee raffiguranti Herakles del
maestro greco Lisippo.
Le numerose
catacombe ritrovate nelle immediate periferie della città, tra la fine
dell'Ottocento e i
primi anni del Novecento,
dall'archeologo Paolo
Orsi, con iscrizioni in latino, provano una presenza cristiana nel
luogo. Importante segno della presenza di cristiani a Cava
Ispica, è la cosiddetta Grotta dei Santi, con
raffigurazioni di 36 Santi e didascalie in greco. Erano modicani
martirizzati a Siracusa il
31 luglio dell'anno 304 i
Santi Fanzio e Deodata,
sposi convertiti al Cristianesimo dal figlio San Fanzino. La tomba di
Santa Deodata si trova nelle Catacombe di San Giovanni in Siracusa,
dove, nel decumanus maximus, troviamo un arcosolio interamente
affrescato, raffigurante il Cristo che incorona la martire modicana, fra gli
apostoli Pietro e Paolo.
Nel periodo
romano imperiale e nel periodo bizantino l'altopiano modicano brulicava di
piccoli villaggi e di isolate fattorie, molte delle quali già esistenti nel
periodo greco, e di cui molti resti, anche di tipo megalitico, furono
rinvenuti alla fine dell'Ottocento dall'occhio attento dell'archeologo Paolo
Orsi. La storiografia ci ha lasciato solo lunghi secoli di silenzio,
colmati in parte dalle testimonianze archeologiche e dalle epigrafi
funerarie rinvenute nelle necropoli all'interno e attorno all'abitato di
Modica e di Cava Ispica. Risalgono infatti al periodo bizantino i ruderi
della Chiesa di San Pancrazio (VIII-IX secolo d.C.), nei pressi di Cava
Ispica. Divenuta una roccaforte bizantina,
Modica fu in seguito espugnata dagli Arabi, nell'844 - 845,
dopo un breve assedio. La "Cronaca di Cambridge " riporta appunto
nell'anno 6353 del calendario
bizantino la conquista delle Rocche di Mudiqah. Durante il
periodo della dominazione araba, e fino al XIV-XV secolo, la città veniva
citata nei documenti ufficiali col nome di Mohac, pur mantenendo
l'originale suo nome nella parlata dialettale (e nei documenti pontifici).
Poi, prendendo lentamente il sopravvento, come lingua ufficiale del Regno
di Sicilia, parallela al latino, la parlata italiana, la
denominazione del periodo arabo-normanno andò a scomparire.
Modica
comincia a divenire centro di vitale importanza per il futuro sviluppo della
zona con l'arrivo dei Normanni, nel 1090. Nel 1099,
il papa
Urbano II nominò il normanno Ruggero
d'Altavilla Gran Conte
di Sicilia e Calabria,
e questi costituì in feudo la città assegnandola a Gualtiero I de Mohac
come premio per i suoi servigi. In seguito il feudo fu assegnato a Goffredo,
Rinaldo, Aquino e per ultimo a Gualtieri II de Mohac. Questi era stato
condottiero navale nelle guerre di Epiro,
di Grecia e
di Egitto per
conto di Ruggero II, ed ebbe le cariche di Giustiziere del Val
di Noto, Regio Camerario e infine Conte di Modica, nel 1176.
Nel 1176, Guglielmo
II il Buono lo mise a capo di una flotta di 25 galee, come ammiraglio della
flotta siciliana, con l'incarico di prelevare Giovanna
d'Inghilterra, figlia di re Enrico
II, sua promessa sposa, e condurla in Italia, a Sant' Egidio. Per
questo servigio Gualtieri II ebbe la nomina di governatore di Salerno.
Con Enrico
VI che sposa Costanza
d'Altavilla, figlia di Ruggero II, inizia nel 1194 la
dominazione sveva in Sicilia, ed uno dei primi atti del Re di Germania e di
Sicilia fu l'incorporazione nel demanio reale dei vari feudi istituiti e
concessi dai re normanni.
Quando, nel 1270,
la Sicilia cadde in mano degli Angioini, Modica fu coinvolta nei Vespri
Siciliani il 5 aprile 1282 e
la sommossa fu guidata da Federico Mosca; i modicani, cacciando i francesi
dalla città, nominarono Federico Mosca governatore della città. In segno
di ringraziamento Pietro
I, lo confermò nella sua investitura popolare, e lo nominò Comes
Mohac (Conte di Modica), mettendolo a capo del territorio
costituito dagli attuali comuni di Modica, Scicli e Pozzallo.
La Contea
di Modica, come entità plurifeudale autonoma,
nacque il 25 marzo 1296,
quando Federico
II d'Aragona, proclamato Re di Sicilia a gennaio dello stesso
anno dal parlamento regionale riunito nel Castello Ursino di Catania, conferì
il diploma di concessione a Manfredi Chiaramonte,
come Conte di Modica e Signore di Ragusa, Caccamo,
Scicli, Gulfi, Pozzallo e Spaccaforno.
La Contea
di Modica per circa 500 anni divenne il più grande, ricco e
potente stato feudale dell'isola e del meridione d'Italia,
e in più di un'occasione si oppose con successo anche alla volontà dei
regnanti. Nel XIV sec., per la Sicilia, la figura del Conte di Modica
coincideva, di fatto, con quella di Viceré del Regno, essendo il conte,
nella scala gerarchica, la prima figura dopo il Re stesso che lo aveva
nominato, ed essendo i Chiaramonte, che a Palermo avevano il loro Castello,
considerati dei pari del Re; ciò anche in virtù del fatto che il casato
dei Chiaramonte discendeva da Carlo Magno.
Fino alla condanna a morte nel
1392 dell'ultimo conte, Andrea, tutti e otto i Chiaramonte che si
succedettero nella Contea di Modica ebbero la carica di Ammiraglio, Gran
Giustiziere e Ministro (Siniscalco) del Regno, e di fatto erano i Vicari del
Re di Sicilia.
Manfredi
III Chiaramonte, conte
di Modica, di Malta e Gozo,
per qualche tempo fu governatore di Messina,
e per disposizione testamentaria alla morte di Federico
IV di Aragona, che lasciava erede la minorenne figlia Maria, fu
anche uno dei quattro Vicari reggenti
il Regno di Sicilia nel 1377.
Durante tale periodo di "interregno" durato sino al 1391,
la bella e ricchissima figlia del potente Ammiraglio Manfredi III, Costanza
Chiaramonte, 1377-1423,
(regina
di Napoli) venne chiesta in sposa, grazie all'abile prodigarsi
della reggente madre Margherita
di Durazzo, dal tredicenne Ladislao
d'Angiò (1377-1414),
Re di Napoli e di Ungheria, i quali D'Angiò a causa dei troppi fasti
avevano indebitato la loro corte. Sei galee (quattro di Manfredi Chiaramonte,
due degli emissari di Ladislao) partirono dalla Sicilia verso il porto di
Gaeta, ad accompagnare la real fidanzata ed il suo corteo. Arrivati a Gaeta
il 6 settembre, il matrimonio fu
ivi celebrato nel castello il 21 settembre 1389,
e Costanza divenne, anche se per soli tre anni,
regina di Napoli, come risulta anche nell'albero genealogico degli Angiò,
famosa e secolare dinastia di sovrani francesi.
Sono
i Chiaramonte, intorno al 1350,
a portare a Modica, presso la Chiesa di San Giovanni Battista, i Cavalieri
dell'Ordine Gerosolimitano di Malta, fondando la Commenda di Modica
(successivamente di Modica e Randazzo), che era a capo (Chiesa Madre)
di alcune chiese suffraganee dell'Ordine fondate a Ragusa Ibla, Chiaramonte
Gulfi, Terranova (l'attuale Gela), Agira e Randazzo. La Commenda di Modica,
presso la quale erano perennemente in servizio quattro cavalieri
gerosolimitani, che si avvalevano della collaborazione
di 14 Fra Donati (cosiddetti Frati serventi di Mezza Croce, o
Martelletti), non dipendeva dal Vescovo di Siracusa, ma direttamente dal
Gran Priorato di Messina dell'Ordine di San Giovanni (o di Malta).
L'esistenza dell'Ordine, al servizio dei malati e dei poveri tramite la Sacra
Domus Hospitalis attigua alla Chiesa di San Giovanni Battista (oggi
Auditorium Pietro Floridia) ebbe fine, dopo più di cinque secoli, nel 1862,
col Regio Decreto che espropriava tutti gli ordini conventuali dei loro
averi. Una pietra rettangolare incastonata a mezza altezza della parete
dell'ex chiesa di San Giovanni, porta ancora scolpito lo stemma raffigurante
la primitiva croce della S.H.R. (Sacra Hierosolymitana Religio).
Martino di
Montblanc, nel 1392 divenne re
di Sicilia sposando Maria, la figlia di Federico, e prese il
nome di Martino
I. Bernardo Cabrera, il condottiero catalano che
era stato decisivo per la conquista del Regno
di Siciliain suo nome, ne ebbe in ricompensa il titolo di Conte
di Modica, Ammiraglio del Regno, Giustiziere di Palermo e Gran
Giustiziere del Regno di Sicilia. Re Martino
I venne a trovare il suo fedele condottiero nel 1401 a
Modica, dove il conte lo ospitò nelle stanze dello stesso Castello, che nel 1366 aveva
ospitato Re Federico
IV d'Aragona, quando in Contea era signore Matteo Chiaramonte.
Col Conte Bernardo
Cabrera Modica diviene sede, indipendente dalla Regia
Magna Curia di Palermo, di una Curia di Appello non
solo per le prime ma anche per le seconde appellazioni,
che neppure la città di Palermo aveva: il Giudice delle seconde
appellazioni era un privilegio in Sicilia riservato solo
al Conte di Modica ed all'Arcivescovo di Monreale;
tutte le altre città per il secondo appello dovevano ricorrere alla Regia
Magna Curia. Questo privilegio stava scritto nel diploma di investitura, del 1392,
di Bernardo Cabrera da parte di Martino I.
Bernardo Cabrera, pur di prendere possesso della Contea e di tutti i suoi
beni, fece decapitare, il 1º giugno 1392 a
Palermo, Andrea, l'ultimo dei Chiaramonte, reo di aver tramato contro la
corona spagnola, quando in realtà Andrea, come prima il padre, erano stati
gli ultimi baluardi della indipendenza siciliana. La caduta in disgrazia
della nobile e ricca famiglia provocò anche il ripudio della bella Costanza
da parte di Ladislao d'Angiò, Re
di Napoli, che l'aveva sposata solo per tornaconto politico ed
economico.
La comunità
ebraica di Modica, installata del quartiere di Cartidduni era
una delle più fiorenti della Sicilia. In seguito ai movimenti di
predicatori venuti spesso dal nord Italia, e al diffuso sentimento
antisemita che si andava sviluppando, nel 1474 la
comunità ebraica fu vittima di un massacro perpetrato dalla popolazione nel
giorno dell'Assunta e in cui morirono circa 360 persone. Questo episodio fu
certamente uno dei più bui della storia della città.

Col
matrimonio, nel 1481,
fra la contessa Anna Cabrera e l'Almirante don Federico Enriquez,
primo cugino di Ferdinando
il Cattolico, Re di Spagna e di Sicilia, ha inizio il possesso
della Contea da parte della famiglia Enriquez-Cabrera. I conti di tale
famiglia furono molto potenti in quanto "pari" dei sovrani di Spagna,
con cui erano imparentati; il loro titolo di Conte di Modica era
accompagnato da quello di Almirante
di Castiglia. Dunque la Contea
di Modica passò agli Enriquez-Cabrera, grazie al matrimonio
di Federico Enriquez con Anna Cabrera, contessa di Modica in quanto figlia
di Giovanni I Cabrera, e sorella di Giovanni II, detto Giannotto, morto
prematuramente senza eredi. Le nozze furono celebrate nella Chiesa di Santa
Maria del Gesù in Modica, fatta costruire per l'occasione nel breve giro di
3 anni. I coniugi abitarono nel Castello di Modica, come deciso dalla madre
di Anna e scritto nei capitoli matrimoniali firmati dal Re di Spagna, fino
alla morte di Giovanna Ximenes de Foix, contessa madre, avvenuta nel 1484.
In seguito alla morte nel 1485 dell'Almirante
di Castiglia Alfonso, padre del conte Federico, quest'ultimo viene invitato
dal re Ferdinando a prendere il posto del padre a corte, e nella primavera
del 1486,
dopo aver sistemato tutti gli affari nei possedimenti siciliani, Anna e
Federico si trasferiscono definitivamente in Spagna, a Medina
de Rioseco, nel distretto di Valladolid. Nessun componente di
questa famiglia risiedette più a Modica,
se non per brevi missioni. Luigi II Enriquez venne a Modica nel
1564, e vi dimorò per due anni, necessari per rimisurare tutte le terre
assegnate in enfiteusi, onde recuperare quelle usurpate, che poi
provvide ad assegnare nuovamente, racimolando denaro contante, che poi era
il solo e vero motivo per cui era venuto a Modica. D'altra parte, Modica
meritava un viaggio del suo "proprietario", essendo la quarta città
della Sicilia per numero di abitanti al censimento del 1569,
con i suoi 18.000 abitanti, a fronte dei 105.000 abitanti di Palermo, i
75.000 di Messina e i 26.000 di Catania; Ragusa aveva 9870 abitanti, Scicli
12.705.
Nel 1595,
al censimento sotto Carlo V, come scrive Vito Amico, Modica aveva
15967 abitanti, Scicli 11677, Ragusa solo
8939. L'evidente calo demografico avvenne fra il 1573 ed
il 1595,
e fu dovuto ad un tremendo periodo di siccità, con conseguenti carestie,
pestilenze ed una elevata mortalità in tutte le popolazioni siciliane. Dopo
Luigi II Enriquez, a distanza di 60 anni, solo Giovanni Alfonso Enriquez una
prima volta nel 1625,
poi nel 1643,
mentre ricopriva la carica di Viceré di Sicilia,
visitò Modica, Ragusa e Vittoria, soggiornando fra ottobre e novembre a
Modica ed a Ragusa, fra grandi festeggiamenti.
Prima di tale visita, il 25 marzo del 1643, fece porre la prima pietra per
il restauro e la ricostruzione del Duomo di San Giorgio di Modica, per la
quale opera fu anche prodigo di elargizioni in denaro. Giovanni
Alfonso Enriquez de Cabrera, figlio del conte Ludovico III e
della romana Vittoria
Colonna (per volere della quale era stata fondata, nel 1607,
la città di Vittoria ),
era nipote di Marcantonio
Colonna, Viceré di Sicilia dal 1577 al 1584.
Giovanni Alfonso Enriquez, conte di Modica dal 1617 al 1647,
in seguito ed in virtù della vittoria militare, nel 1638 a
Fontarabia (oggi Hondarribia,
in Spagna), riportata al comando delle truppe spagnole contro
l'esercito francese capitanato da Luigi II, Principe
di Condé, nel 1641 fu
nominato Viceré di Sicilia e in seguito, dal 1644 al 1646, Viceré
del Regno di Napoli. Nel 1631 a
Modica viene conferito il titolo di Città, grazie ad un Decreto del Viceré
Albuquerque, del 12 febbraio di quell'anno.
Fu proprio nel periodo di massimo splendore della Contea, nel 1554,
che un discendente della nobile famiglia dei Principi sovrani di Monaco, i
Grimaldi,
pose la sua residenza a Modica: era Agostino Grimaldi, figlio di un
Francesco della linea dei Grimaldi detta dei Cavalleroni di Genova,
città da cui prese origine la nobile stirpe. Questo Agostino diede origine
ad una lunga linea di eredi, che rimase a Modica fino al 1918,
quando morì, senza lasciare eredi, Giovan
Pietro Grimaldi, fisico, che fu prima titolare della Cattedra di
Fisica dell'Università
degli Studi di Catania e poi per due mandati Magnifico Rettore dello
stesso Ateneo (1905-1908).
Della famiglia dei Grimaldi di Modica, ebbe fama
grande un altro Agostino Grimaldi, pronipote del primo, che, nato nel 1639
(da don Giovanni, barone di San Giovanni e Randello), nel 1658 entrò a far
parte dell'ordine dei Cavalieri
di Malta, allora sovrano dell'omonima isola e in lotta contro il
predominio turco nel Mediterraneo. Sfortunatissimo nel suo orgoglio di
difensore del cattolicesimo, arruolato nella flotta veneziana contro i
turchi, morì eroicamente il 24 agosto 1660,
a soli 21 anni, durante la guerra di Candia (Creta),
da capitano marittimo di una compagnia di soldati, colpito da un colpo di
moschetto che gli spappolò il fegato, nel tentativo di espugnare il fortino
turco di Santa Veneranda, nei pressi del porto di Arpicorno. L'11 ottobre la
città di Modica in lutto si strinse attorno alla famiglia Grimaldi, per la
celebrazione del funerale del suo giovane Cavaliere.
Tutta
l'area della Contea
di Modica venne pesantemente coinvolta nel Terremoto
del Val di Noto dell'11 gennaio 1693,
in cui intere città e castelli vennero abbattuti e rasi al suolo. Il sisma,
di magnitudo X/XI gradi Mercalli, pari a 7.4 della scala Richter, provocò a
Modica circa 3.400 vittime (su 18.203 abitanti).
Nel 1713 la
popolazione di Modica era di 18.975 abitanti (terza città di Sicilia per
abitanti!), Ragusa contava 8.863 anime, Scicli 8.886. Nonostante il
terremoto, Modica restava un punto di attrazione della Sicilia Sud-Est, se
si pensa che la popolazione di Catania nel 1713 era di solo 14.000 abitanti,
a seguito dei morti causati dall'eruzione dell'Etna del 1669 e
dal terremoto del 1693 (quasi 12.000 vittime per il terremoto, su 19.000
abitanti).
Gran dibattito e controversie ci furono per stabilire se
ricostruire su altro sito o riedificare partendo da ciò che era rimasto in
piedi. Alla fine ebbe la meglio il parere del capitolo della vecchia Matrice San
Giorgio, appoggiata dalle nobili famiglie dei Grimaldi, Tommasi Rosso e
Lorefice, e Modica rimase dov'era sin dalla preistoria, e dove l'aveva
trovata Cicerone diciotto secoli prima, conservando all'interno del nuovo
tessuto barocco i sopravvissuti gioielli architettonici del suo glorioso
periodo chiaramontano e catalano.
La ricostruzione a Modica fu rapida e
senza risparmio di forze, per cui la capitale della Contea risorse ancora più
bella. Si pensi che solo tre anni dopo, il Duomo di San Giorgio era aperto
alle funzioni liturgiche, mentre già nel 1704,
a soli undici anni dal terremoto, tutte le chiese di Modica risultavano
agibili, come riscontrato dal vescovo di Siracusa in visita pastorale. Quasi
tutto il patrimonio architettonico quindi è posteriore al 1693.
Resi
velocemente agibili e funzionali i palazzi e le chiese, poi con calma, per i
decenni successivi, si lavorò per la lenta ma preziosa opera di
abbellimento, con la costruzione delle sontuose facciate barocche e delle
scenografiche scalinate, opera conclusa fra la fine del Settecento ed i
primi dell'Ottocento. Modica dunque non era stata rasa al suolo
completamente, come invece gran parte delle altre città del sud-est della
Sicilia, spesso ricostruite in altro sito, vedi Giarratana, Monterosso Almo, Noto, Avola o
Grammichele. Gli edifici e le chiese danneggiati risorsero presto, resi
ancora più appariscenti ed esteticamente sfarzosi dal trionfo dello stile
architettonico dell'epoca, il barocco fiorito,
per usare la definizione che viene data al tardo barocco presente in maniera
omogenea in tutte le città del Val
di Noto, inserite per questo motivo nel 2002 nella lista dei siti Patrimonio
dell'Umanità, sotto la tutela dell'UNESCO.
Nel 1702 si
ha la revoca dell'investitura da parte di Filippo
V di Spagna, nei confronti del conte Giovanni
Alfonso Enriquez de Cabrera, accusato di tradimento, perché
essendo stato inviato alla corte di Luigi
XIV, di cui Filippo era nipote, il conte preferì recarsi in
Portogallo, alla Corte del Granduca Carlo d'Asburgo, futuro imperatore, per
il quale il nostro (conte) parteggiava.
Carlo VI per ricompensa alla sua fedeltà gli aveva conferito la carica di governatore di Milano,
città che in quel periodo era in mano al Granduca d'Austria. Filippo lo
espropriò del suo feudo e lo condannò a morte (1703), anche se Giovanni
Tommaso si salvò rifugiandosi in Portogallo. Giovanni Tommaso morì in
battaglia in Portogallo, a Portalegre, nel 1705.
La contea fu inclusa nel demanio spagnolo dal 1702 al 1713.
Quindi, nel 1713,
col trattato di Utrecht la
Sicilia fu concessa al Duca di Savoia Vittorio Amedeo II, la cui dinastia
acquisì così per la prima volta il titolo di Re con l'incoronazione a
Palermo. Era tanto importante per i Savoia divenire Reali, che nel trattato
dovettero concedere qualcosa agli spagnoli, pur di avere al più presto il
regno di Sicilia nelle loro mani. Fu così che al punto X del trattato di
Utrecht, i Savoia cedettero a Filippo V il possesso della Contea
di Modica e di qualunque altro bene la corona spagnola
avesse in possesso personale in Sicilia. Insomma, dal 1713 al 1720, Filippo
V di Spagna fu il titolare della
Contea! Nel 1720,
tutta la Sicilia passò invece a Carlo
VI d'Austria. Nel 1722 Carlo
VI riconcesse la Contea a Pasquale Enriquez Cabrera, anche se l'investitura
avvenne solo nel febbraio del 1729,
riassegnando il feudo al
Cabrera erede di quel Giovanni Tommaso, considerato traditore da Filippo V,
e che era morto in battaglia in favore di Carlo
VI, divenuto Sacro Romano Imperatore e Re di Napoli, che così si
sdebitò nei confronti degli Enriquez-Cabrera. Pasquale morì senza eredi
nel 1740.
In
conclusione, quindi, dal periodo angioino-aragonese la
Contea di Modica era stata governata dai Mosca dal 1282 al 1296,
poi dai Chiaramonte fino
al 1392,
dai Cabrera fino
al 1481 e
dagli Enriquez-Cabrera, e con gli ultimi Conti di questa famiglia, nel 1702,
iniziò la decadenza politica. Gli ultimi eredi della contea furono gli
Alvarez de Toledo e i Fitz-James Stuart, fino all' abolizione del feudalesimo nel 1812,
per arrivare allo scioglimento giuridico della Contea, nel dicembre del 1816.
D'altra parte, ormai, in Sicilia, dal 1734,
comandavano i Borboni.
Ma dobbiamo
anche dire che ancora per qualche decennio Modica raccolse i frutti della
politica degli Enriquez Cabrera, che lasciando, per necessità, il potere
effettivo nella Contea in mano alla aristocrazia e alla emergente piccola
borghesia locale, permise alle nostre città uno sviluppo sociale, economico
e culturale straordinario per quei tempi, e senza riscontri nel panorama
siciliano, ancora frenato dal potere feudale dei padroni latifondisti, da
cui i modicani (ed il resto degli abitanti della contea) si erano sgabellati
a partire dal 1452 grazie al frazionamento e alla redistribuzione ai
contadini delle terre, avvenuti con l'enfiteusi.
Il titolo
nobiliare di Conte
di Modica è ancora in possesso dei discendenti spagnoli dei
Fitz-James Stuart, Duchi di Alba de Tormes, nella persona di María
del Rosario Cayetana Alfonsa Victoria Eugenia Francisca Fitz-James Stuart y
de Silva, XVIII Duchessa di Alba, conosciuta semplicemente come Cayetana
de Alba ovvero
come la Duquesa de Alba, morta il 20 novembre 2014.
Aveva cinque figli maschi: ad uno di questi, Carlos
Fitz-James Stuart y Martínez de Irujo, XIX Duca di Alba, passerà
adesso il titolo.
Nel 1817,
i Borbone crearono le Valli (o
Intendenze), che diverranno province con l'Unità
d'Italia nel 1860; Modica divenne
così soltanto capoluogo di
distretto fra
i tre in cui fu stata suddivisa la Intendenza di Siracusa di
allora. Nel giugno del 1844,
proveniente da Noto,
in quel periodo capoluogo di Intendenza al posto della ribelle Siracusa,
viene in visita a
Modica la coppia reale, Ferdinando
II di Borbone con la moglie, la regina Maria
Teresa, ospitati per l'occasione da Don Agostino Grimaldi, Barone
di Calamezzana, della nobile famiglia
dei Grimaldi, nel proprio palazzo cittadino sull'attuale Corso
San Giorgio. Si tramanda, da fonti di stampa dell'epoca, che prima di andar
via da Modica, la Coppia Reale dimorò nella villa in campagna di Don
Vincenzo Grimaldi, in contrada Gisana, per un paio di giorni di
villeggiaturafuori
dal protocollo della visita ufficiale.
È qui ancora intatta, con
l'arredamento del tempo, la stanza dove furono accolti gli illustri Ospiti
Reali. Modica partecipa ai moti del 1821 e
del 1848:
la feroce repressione del Marchese del Carretto le toglie i figli migliori,
imprigionati nelle segrete della Torre Cabrera di Pozzallo, e del Castello
Maniace di Siracusa. Finalmente, il 17 maggio del 1860,
appena due giorni dopo la battaglia di Calatafimi, Modica, sotto
l'organizzazione infaticabile del patriota Francesco Giardina, fu fra le
prime città
siciliane, dopo Palermo, ad issare il tricolore. Modica nel 1860 aveva
una popolazione di 30.547 abitanti, contro i 19.797 di Siracusa e
i 14.819 di Noto.
Sotto l'organizzazione del Giardina, Modica contribuì dunque
all'abbattimento della monarchia borbonica, scrivendo pagine gloriose della
propria storia, che avrebbero avuto un seguito quando, nel periodo che
comprende le due guerre mondiali, la città donò in sacrificio per la
Nazione ben sei Uomini, insigniti di Medaglia d'Oro al Valor Militare.
Il 2 giugno 1862 il
Tribunale della ex-Contea, dopo il ridimensionamento funzionale disposto dai
Borbone nel 1816 (ma
la Gran Corte di Modica, per le Seconde Appellazioni, risulta operativa
almeno fino al 1845),
fu restituito, grazie all'autotassazione delle famiglie dei notabili, alla
sua dimensione "provinciale", venendo proclamato in tale data come Tribunale
del Regno d'Italia. E nel 1866 il
Regno d'Italia assegnava a Modica una sezione della Corte d'Assise per
gli appelli di secondo grado nei processi civili, operativa fino al 1905.
Ma in sessione straordinaria, la Corte d'Assise di Siracusa, istituita come
da riforma nel 1951, si riuniva a Modica fino al 1969.
Nel 1926 il
Circondario di Modica della Provincia
di Siracusa venne diviso in due, lasciando a Modica solo i
comuni di Ispica, Pozzallo e Scicli, ed istituendo il nuovo Circondario
di Ragusa, su iniziativa del ragusano Filippo Pennavaria,
politicamente molto vicino a Benito Mussolini.
Fu questa la premessa che portò, nel 1927,
all'istituzione della Provincia di Ragusa, a danno del capoluogo storico
della zona iblea. Si pensi che ancora nel 1921 (vedi
dati ufficiali ISTAT nelle relative pagine) Modica era la quinta città di
Sicilia per numero di abitanti, 64.637, dopo Palermo, Catania, Messina e
Trapani, precedendo Ragusa, che contava 55.842 abitanti, e Siracusa, il
capoluogo antecedente, che faceva solo 46.557 abitanti.
Sebbene
oggi Modica faccia parte della Provincia
di Ragusa, dal 1296 al 1926 fu
capoluogo politico, amministrativo e culturale del territorio che
comprendeva i comuni dell'attuale provincia e, fino al 1802, i comuni di Alcamo e Calatafimi,
in provincia di Trapani. Nel 1860
le
Intendenze divennero le nuove Provincie, e Modica continuò a far parte
della Provincia di Noto (Noto fu capoluogo dal 1837 al 1865), e poi della
ripristinata, nel 1865, Siracusa,
come capoluogo di Circondario e
sede di Sottoprefettura,
fino al 1926.
Modica era,
fino agli inizi del XX secolo, la quarta città più importante di Sicilia
per numero di abitanti e per il suo ruolo istituzionale, politico e
culturale. Da Federico IV d'Aragona, Re di Sicilia, Modica fu designata, sin
dal 1361,
come sede di un Tribunale di Gran Corte, che esercitava
gli stessi poteri della Regia Gran Corte di Palermo; il Sovrano conferì a
Federico III Chiaramonte, Conte di Modica, la giurisdizione criminale
amplissima. Poi, Martino I Re di Sicilia, con
Diploma di investitura del 20 giugno 1392,
concedette a Bernardo Cabrera i tre gradi di giudizio, corrispondenti a quelli
oggi esercitati dalle Corti di I grado e d'Assise,
cioè la giurisdizione civile e criminale propria delle Corti di Appello e
della Corte di Cassazione. La Corte d'Assise vi rimase fino ai primi del Novecento.
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Agosto 2019
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