Trapani
è
posizionata
nella
parte più
occidentale
della Sicilia,
nel
promontorio
dell'antica Drepanum in latino,
dal greco Drepanon,
(Δρέπανον, falce),
data la
forma
della
penisola
su cui
sorge la
città.
È
denominata
anche
"città
tra due
mari"
in
quanto
si
protende
su una
stretta
lingua
di
terra,
circondata
dal
mare,
che si
assottiglia
verso la
punta
estrema
di Torre
di
Ligny.
La
mitologia
vuole
che una
falce
caduta
dalle
mani di Cerere oppure
di Saturno,
quest'ultimo
il
tradizionale
dio
patrono
della
città,
si mutò
in una
lingua
di terra
arcuata
sulla
quale
sorse
poi la
città,
per tale
forma
detta
appunto Drepanon ("falce"
in greco
antico).
Nell'Eneide, Virgilio racconta
che il
padre di Enea, Anchise morì
a
Drepanum
e, dopo
la fuga
da Didone,
l'eroe
troiano
vi
ritornò
per
celebrarvi
dei
giochi,
i ludi
novendiali.
I
fondatori
del
primo
nucleo
abitativo
di
Trapani
furono
probabilmente
gli Elimi,
un
popolo
stanziato
in
Sicilia
occidentale
in epoca
protostorica
e di cui
Eryx
(Erice)
era uno
dei
centri
principali.
Il
piccolo
villaggio
di
Trapani
doveva
sorgere
su
un'isola
divisa
dall'entroterra
paludoso
mediante
un
canale
navigabile
e
rivestiva
il ruolo
di porto
commerciale
di
Erice.
Trapani
divenne
presto
una città-emporio
grazie
alla sua
felice
posizione
geografica.
Tra
IX e
VIII
secolo
a.C. si
affermò
a
Trapani
l'influenza
punica.
Durante
le
guerre
contro i Greci e Siracusa dei
secoli
successivi,
Trapani
si
fortificò
e si
mantenne
saldamente
alleata
alla
città
di Cartagine.
Nel 260
a.C. Amilcare giunto
in
Sicilia,
ne
rafforzò
la cinta
muraria,
fece
costruire
il
Castello
di
Terra,
la Torre
Pali e
la Torre
Peliade
o Colombaia,
e vi
trasferì
parte
degli
abitanti
di
Erice.
Il
generale Aderbale,
che vi
aveva
insediato
il
comando
generale
delle
forze
cartaginesi,
sconfisse
i Romani
nella battaglia
di
Trapani.
Drepano
(Trapani),
insieme
a Lilibeo,
fu una
delle
ultime
roccaforti
cartaginesi
in
Sicilia.
L'importante
posizione
strategica
fu
utilizzata
durante
la Prima
guerra
punica quando
i Cartaginesi sconfissero
la
flotta
romana
nella Battaglia
di
Trapani del
249 a.C.
Ma
alcuni
anni
dopo,
nel 241
a.C., Gaio
Lutazio
Catulo sbaragliò
la
flotta
cartaginese
nella battaglia
delle
Isole
Egadi che
pose
fine
alla
guerra.
I Romani
così
conquistarono
la città,
latinizzandone
il nome
in Drepanum.
I
Romani
trattarono
le città
siciliane
a
seconda
della
loro
condotta
durante
la
guerra
punica. Drepanum rientrò
fra le
26 città
censorie
(civitates
censoriae)
ovvero
fra
quelle
più
pertinaci
nella
resistenza
contro i
Romani.
Osteggiata
dai
Romani,
che non
le
perdonarono
la
fedeltà
a
Cartagine,
Trapani
entrò
in un
periodo
di
decadenza
e si
spopolò.
Dopo
i
Romani,
dominarono
la città
i Vandali,
poi i Bizantini,
ma fu
nel IX
secolo
d.C. con
gli Arabi (che
la
chiamarono
Itràbinis,
Taràbanis, Tràpanesch),
e poi
con i Normanni che
la
conquistarono
nel 1077 guidati
da Ruggero
II,
che la
città
raggiunse
un
fervido
sviluppo,
florida
nei
commerci
e nelle
attività
culturali,
e il
porto
ebbe
grande
fermento
anche
grazie
alle crociate.
Il porto
di
Trapani
durante
il
Medioevo
fu uno
dei più
importanti
del
Mediterraneo:
tutte le
più
potenti
città
marinare
(Genova,
Pisa,
Venezia,
Amalfi)
avevano
un
consolato
nel
porto
trapanese
e,
specialmente
con le
prime
due,
Trapani
aveva
l'accordo
per
fungere
da scalo
verso i
loro
possedimenti
nell'Africa
settentrionale.
Dopo
un breve
periodo
sotto
gli Angioini,
Trapani
partecipò
attivamente
alla
sollevazione
dei Vespri
siciliani guidati
da Palmiero
Abate,
e passò
nel 1282 agli Aragonesi.
Durante
il XIV e
il XV
secolo
la città
si
ingrandì
e
divenne
il
centro
economicamente
e
politicamente
più
importante
della
Sicilia
occidentale.
Nel
1443, da
semplice Terra diventava Civitas.
Nel
1478,
Ferdinando
il
Cattolico
concesse
alla
città
il
titolo
di Invittissima al
riguardo
«delle
gloriose
resistenze
fatte
sempre
ai
nemici
del
regno».
Il
20
agosto 1535 Carlo
V,
arrivò
a
Trapani
dopo
aver conquistato
Tunisi.
La città
si era
ormai
talmente
affermata
nello
scacchiere
geopolitico
dell'epoca
da
meritare
dallo
stesso
Carlo V
l'appellativo
di
"Chiave
del
Regno".
Durante
la sua
permanenza
a
Trapani,
Carlo V
giurò
di
mantenere
i
privilegi
della
città,
compreso
quello
con cui
il
Senato
poteva
conferire
lauree
in
medicina,
fisica,
teologia,
matematica,
belle
arti e
giurisprudenza. Nel
1589,
Trapani
da
semplice Terra divenne Civitas.
Nel
XVII
secolo
Trapani
conobbe
un
periodo
di
decadenza
soprattutto
a causa
delle
insurrezioni
dovute a
carestie,
come nel
1647 e
nel
1670-1673,
e della
pestilenza
nel
1624. Il
XVIII
secolo
vide
aumentare
sensibilmente
la
popolazione
trapanese
che passò
da circa
16.000 a
25.000
abitanti.
Dopo
le brevi
parentesi
sabauda
(1713)
e
austriaca
(1720),
dalla
seconda
metà
del Settecento inizia
il Regno
borbonico
che
continuerà
fino al 1860.
Nel
1756 fu
assegnato
a degli
scalpellini
trapanesi
il
compito
di
lavorare
gli
scaloni
della
scala
regia
della Reggia
di
Caserta.
I
Borboni
procedettero
alla
bonifica
di
alcune
aree
della
città e
al suo
sviluppo
urbanistico.
In
questo
periodo
i
trapanesi
si
dedicano
al
commercio
e
all'industria
del sale
e alle
tonnare.
Trapani
partecipò
attivamente
ai moti
del
1848-1849,
sanguinosamente
repressi.
Nel 1861
Trapani
si
pronunciò
con il
plebiscito
per il Regno
d'Italia.
Dopo
la Prima
guerra
mondiale (durante
la quale
Trapani
ebbe
circa
700
caduti),
la città
visse un
periodo
di
sviluppo:
le
industrie
legate
alle
saline,
alle
tonnare,
al vino,
all'olio
fecero
di
Trapani
una città
particolarmente
dinamica
non solo
dal
punto di
vista
economico ma
anche
culturale.
Nel 1924 Mussolini,
dopo una
visita
in città,
decise
di
inviare
a
Trapani
il
prefetto Cesare
Mori che,
dopo
poco più
di un
anno, fu
trasferito
a
Palermo
con
poteri
straordinari
per la
repressione
del fenomeno
mafioso.
La Seconda
guerra
mondiale vide
Trapani
impegnata
come
porto e
base
sommergibilistica
di
primaria
importanza
e, con i
locali
aeroporti
di Milo e
di Chinisia,
divenne
punto di
collegamento
dei
rifornimenti
per le
truppe
dell'Asse in Nord
Africa.
Fu
bombardata
dai
francesi
il 22
giugno 1940,
dalla RAF il
10
novembre 1941 e
il 31
maggio 1942,
e subì
27
bombardamenti
degli
angloamericani
da
gennaio
a luglio 1943,
con la
conseguente
distruzione
dell'intero
quartiere
storico
di San
Pietro.
Le
incursioni
aeree
che
devastarono
la città
la
collocarono
al nono
posto
dei
capoluoghi
di
provincia
italiani
bombardati.
Il 22
luglio 1943 le
truppe
alleate
di Patton giunsero
nella
piazza
di
Trapani
trovando
una città
stremata.
Nel referendum del 1946 la
Provincia
di
Trapani
si
schierò,
unica in
Sicilia,
in
maggioranza
per la
Repubblica.
Il
capoluogo,
al
contrario,
espresse
un voto
monarchico.
Tra il 1950 e
il 1965 vi
fu una
lenta
ripresa
delle
attività
industriali
e
commerciali,
ma la
città
non si
risollevò
mai del
tutto
dalla
crisi
dell'immediato
dopoguerra
ripiegando
anonimamente
nel
terziario
e nelle
attività
connesse
al suo
ruolo
politico
e
amministrativo
di
capoluogo
di
provincia.
Il
terremoto
della Valle
del
Belice del
gennaio
del 1968
provocò
morte e
dolore
anche
nella
città
di
Trapani.
Altri
lutti
con
l'alluvione
del 1965 e
con
quella
del 5
novembre 1976 che
provocò
16
morti.
Visitare
la città
Quando
il dio
degli
Inferi
Plutone
rapì la
bella
Proserpina,
trascinandola
nell’Ade,
la madre
Cerere,
signora
delle
messi,
iniziò
a
cercarla
per
tutta la
Sicilia.
E in
tanto
cercare
finì
per
perdere
la
falce,
suo
indispensabile
strumento
di
lavoro,
che planò
dolcemente
sull’acqua.
Nasceva
così
l’antica
Drepanon
(in
greco
falce,
per
l’appunto),
arcuata
striscia
di terra
gettata
nel
mare,
ideale
confine
tra
Tirreno
e
Mediterraneo,
crocevia
di
scambi,
snodo di
venti. E
proprio
il vento
è
l’elemento
che ha
scandito
la lunga
storia
di
Trapani,
dai
Sicani
ai
Cartaginesi,
dagli
Arabi
agli
Aragonesi,
via via
fino a
noi. E
che
soffiando
ha
levigato
nel
tempo
palazzi,
mosso
mulini,
gonfiato
vele.
Fino al
punto da
segnare
la
repentina
rinascita
della
città:
è stato
infatti
un
evento
velico,
le
regate
preliminari
della
Coppa
America,
a
scaraventare
nel 2005
in
mondovisione
Trapani.
Tirata
a lucido
per
l’occasione,
la città
si riempì
d’un
tratto
di
visitatori
quanti
non se
n’erano
mai
visti,
provenienti
dal
mondo
sportivo
della
vela e
da
quello
più
sofisticato
che
ruota
intorno
alla
Coppa
America.
Complice,
oltre al
vento,
una
lungimirante
amministrazione,
in poco
tempo la
città
è stata
bonificata
dopo
decenni
di
abbandono
e
l’aeroporto
di Birgi
ampliato,
con
investimenti
pari a
circa
100
milioni
di euro.
I flussi turistici sono
aumentati
addirittura
del 200
per
cento,
mentre
il
traffico
aereo è
passato
dai 300
mila
passeggeri
del 2006
al
milione
e 700
mila del
2010,
grazie
anche ai
voli
Ryanair
che
collegano
oggi la
Sicilia
occidentale
con città
come
Stoccolma,
Francoforte,
Maastricht.
Garantendo
così,
anche in
novembre,
weekend
a 20
gradi ai
turisti
in fuga
dal
freddo
autunno
nordeuropeo.
Ma anche
insperate
giornate
di sole
agli
italiani
desiderosi
di Sud,
perché
la bella
stagione
qui dura
otto
mesi
l’anno.

Meno
monumentale
di
Palermo,
più
sommessa
dell’effervescente
Catania,
la
Trapani
di oggi
svela
orgogliosa
la sua
storia
di ieri,
di porto
nevralgico
affacciato
sul
“mare
stretto”
(solo
129
miglia
da
Tunisi),
posto
tra il
monte
San
Giuliano
(quello
di
Erice) e
la
distesa
luccicante
delle
saline.
Impossibile
perdersi
nel suo
centro
storico
dalla
forma
strana,
allungato
sull’acqua.
«Questa
città
è poco
spaziosa,
è cinta
di mura
ed è
bianca
come una
colomba»,
scriveva
il
geografo
arabo
Ibn
Giubar
nel
1184: e
nonostante
siano
passati
secoli,
Trapani
è
ancora
in gran
parte
così.
Del reticolo di strade
che
attraversa
la
stretta
penisola
(solo
600
metri
nel
punto più
largo)
nessuna
collega
i due
lati di
scirocco
e
tramontana:
per
evitare
che i
venti si
incanalassero
facendo
volare
via le
persone,
gli
antichi
topografi
disegnarono
le vie
“a
gobba”,
facendo
far loro
una
deviazione
prima di
sbucare
sul
mare.
Solo via
Serisso
e via
Torrearsa
tagliano
in due
la
lingua
di
terra: e
le navi
e le
vele che
attraccano
al
porto,
dove
corrono
il viale
Regina
Elena e
la via
Ammiraglio
Staiti,
dal
fondo
dei
rettifili
sembrano
entrare
direttamente
in città,
con un
notevole
coup de
théàtre.
Ed
è
proprio
su via
Torrearsa,
di
fronte
allo
splendido
palazzo
Cavarretta
traforato
di
logge,
che
inizia a
battere
il cuore
elegante
della
città.
Progettato
nel 1280
da
Giacomo
II
d’Aragona,
oltre
l’angusto
quartiere
medievale
di
Casalicchio,
il
centro
storico
faceva
perno
sulla
Rua
Grande,
l’attuale
corso
Vittorio
Emanuele,
il
corso-salotto,
e sulla
Rua
Nova,
l’odierna
via
Garibaldi,
dove
ordini
religiosi,
consolati
stranieri
e classi
emergenti
negli
anni
fecero a
gara per
avere, a
mo’ di
show
room
dell’epoca,
una sede
di
rappresentanza.
Ecco così
spiegata,
da
palazzo
Riccio
alla
cattedrale,
la fuga
ininterrotta
di
palazzi
e chiese
barocche
che
corre
maestosa
per
tutto il
corso.
Dove,
complice
la
completa
pedonalizzazione,
oggi
imperversa
un’allegra
movida,
garantita
da
chiacchiere,
musica e
un’infinità
di
locali
aperti
fino a
tardi.
Sulle
Mura di
Tramontana,
oggetto
di una
delle
bonifiche
più
radicali,
la città
cambia
faccia.
Il vento
ti
investe
all’improvviso
e appare
il mare,
mentre
la città
perde
via via
i suoi
tratti
più
eleganti
per
diventare
borgo
marinaro,
con le
case dei
pescatori
in vari
colori,
qualcuna
trasformata
di
recente
in bed
&
breakfast,
ragazzini
che
giocano
a palla,
famigliole
sugli
scogli a
prendere
il sole.
Percorribile solo a
piedi,
il
silenzioso
lungomare
corre
sopra le
mura
spagnole
cinquecentesche
per
circa un
chilometro
fino
alla
torre di
Ligny, anch’essa fresca di
restauro,
sulla
punta
estrema
del
promontorio.
Qui
Trapani
finisce
con un
tuffo
nel blu,
all’incrocio
tra le
acque
del
Tirreno
e quelle
del
Mediterraneo.
Castello
della
Colombaia
La
Colombaia,
detta
anche Torre
Peliade o Castello
di mare,
è una
fortezza
medievale,
di
origini
molto
antiche,
posta su
un'isoletta
all'estremità
occidentale
del porto
di
Trapani.
La prima
costruzione
per
motivi
militari,
viene,
infatti,
attribuita
dallo
storico Diodoro
Siculo,
intorno
al 260
a.c., ad
Amilcare
Barca
durante
la prima
guerra
punica.
La
torre è
alta 32
metri,
composta
da
quattro
piani
sovrapposti,
con il
primo
adibito
a
cisterna,
mentre
l'ingresso
originario
si
trovava
al
secondo
piano.
È uno
dei
migliori
esempi
di
architettura
militare
in
Sicilia.
La
Colombaia
non è
un
castello
vero e
proprio,
ed è
stata
utilizzata
per
molte
attività,
attualmente:
-
Il
castello
è
dotato
di una
banchina
davanti
all'edificio.
-
L'edificio
vero e
proprio
è
composto
di una
torre
ottagonale.
-
Oltre un
edificio
che
potrebbe
essere
definito
un posto
di
guardia
vi è
una
stradina
precedentemente
pavimentata
ora
scoperta.
-
La
stradina
costeggia
il
fianco
destro
dell'edificio
vero e
proprio,
nel
fianco
destro
è
presente
una
lapide.
-
La
stradina
sbocca
dietro
l'edificio
principale,
c'è un
cortile,
e alla
fine di
tale
cortile
due
cappelle,
usate
come
depositi
nella
seconda
guerra
mondiale.
-
Nel
fianco
sinistro
del
cortile
c'è una
seconda
banchina
pericolante.
-
L'edificio
principale
è
costituito
da 4
piani
sovrapposti,
sono
presenti
delle
finestre
ed un
balcone
murato,
è
presente
anche
una
scala,
semidistrutta
e
impraticabile.
-
Ormai
l'isola
in cui
sorge il
castello
è
completamente
abbandonata
e
l'edificio
principale
è
pericolante,
tutte le
entrate
e le
uscite
al
castello
sono
state
murate,
anche
l'accesso
alle
cappelle
del
cortile
è stato
limitato
poiché
codeste
cappelle
sono
anch'esse
pericolanti,
infine
anche la
banchina
nel
fianco
sinistro
del
cortile
è
pericolante
ed in
attesa
di
restauro.
Alcune
leggende
collegano
la
Colombaia
con gli
esuli
troiani
sbarcati
a Trapani dopo
la
caduta
della loro
città nel XIII
secolo
a.C.,
ma non
esistono
prove di
questo
fatto. I
primi
documenti
storici
fanno
invece
risalire
la fortificazione al
tempo
della prima
guerra
punica,
ad opera
del
cartaginese Amilcare
Barca.
Il nome
odierno
Colombaia
è il calco
linguistico del
nome
dell'isolotto
in
greco,
Peliàdes, Πελειάδες (da
πέλεια,
colomba,
specificamente Columba
livia),
da cui
deriva
appunto
anche il
nome
alternativo
di torre
Peliade.
Nel 249
a.C. si
svolse a Trapani un'importante battaglia
navale che
vide i Romani duramente
sconfitti
dai Cartaginesi.
Due anni
più
tardi il
console
romano Numerio
Fabio
Buteone attaccò
e
conquistò
in una
sola
notte
l'isolotto
della
Colombaia,
uccidendo
tutti i
suoi
occupanti.
Dopo la
conquista
romana
la torre
cadde in
abbandono
e fu
ridotta
a nido
di colombe,
che
erano
state
usate
come
comunicazione.
Durante
quel
periodo
essa fu
probabilmente
sede del
culto
pagano
della
dea Venere
Ericina,
della
quale le
colombe
erano
animale
sacro.
Furono
gli
Arabi a
restaurarne
l'uso
come
faro.
È
durante
il medioevo che
viene
ricostruita
dagli
aragonesi,
sbarcati
a
Trapani
nel
1280,
nell'attuale
forma
ottagonale.
Fu
ampliata
intorno
al 1400,
e
divenne
una
fortificazione
durante
il regno
di Carlo
V,
per
difendere
la città
dalle
incursioni
barbaresche.
Le
ultime
trasformazioni
le subì
nell'XVII
secolo
su
ordine
del
viceré
Don
Claudio
Lamoraldo,
Principe
di
Ligny.
Sul muro
esterno
della
torre si
può
leggere
ancora
la
lapide
fatta
affiggere
nel 1671
dal
Principe.
Dismessa
la
destinazione
militare,
venne
trasformata
in
prigione
dai
Borbone,
dopo i moti
del 1821 e
fino al 1860 ospitò
i
patrioti
siciliani
del Risorgimento,
tra cui Michele
Fardella,
barone
di
Mokarta,
che fu
sindaco
di Trapani nel 1861.
Venne
impiegata
come
carcere
fino al 1965,
quando
fu
inaugurato
il nuovo carcere
di
Trapani,
è poi
caduta
in stato
d'abbandono.
Negli
anni
novanta
venne
restaurata
la torre
pericolante,
mentre
sul
resto
del
castello
la
soprintendenza
regionale
dei Beni
culturali
non poté
intervenire
perché
appartenente
al
demanio
statale.
Nel 2009 fu
individuata
dal Fondo
per
l'Ambiente
Italiano come Luogo
del
cuore
degli
italiani,
poiché
il
monumento
in stato
di
fatiscenza
ed
abbandono,
era
privo di
interventi
di
restauro.
Solo il
3
dicembre 2010 il
decreto
della
'Colombaia'
è stato
firmato
dal
Presidente
della
Repubblica,
trasferendo
così il
bene
dallo
Stato
alla Regione
Siciliana,
che ne
ha
annunciato
il
restauro.
Torre
di Ligny

La torre
di Ligny
è
un'antica torre
costiera situata
all'estremità
occidentale
della
città,
tra il mar
Tirreno e
il canale
di
Sicilia.
Fu
eretta
nel 1671 su
ordine
del
capitano
generale
del Regno
di
Sicilia Claude
Lamoral,
principe
di Ligne,
durante
la
dominazione
spagnola
della
Sicilia,
sugli
scogli
che
formano
la
prosecuzione
della
stretta
lingua
di terra
della
città
antica,
chiamata
anticamente
Pietra
Palazzo.
Fu
eretta a
difesa
della
città
dalle
incursioni
dei corsari
barbareschi.
Nel 1806
fu reso
praticabile
il
passaggio
che la
collegava
con la
terra.
Fino al 1861 erano
installati
dei
cannoni
sul
tetto.
Durante
la seconda
guerra
mondiale fu
usata
dalla Marina
militare come
postazione
antiaerea.
Costruita
su
progetto
di Carlos
De
Grunembergh.
La torre
quadrangolare,
che si
restringe
verso
l'alto,
fu
munita
di
quattro
garitte
in
muratura
e
anticamente
provvista
di
fanali.
Fu
restaurata
nel
1979.
All'interno
nel 1983 fu
istituito
il Museo
di
Preistoria
e il
Museo
del Mare
dal
Prof.
Francesco
Torre,
oggi
denominato Museo
civico
Torre di
Ligny,
con al
piano
terra
reperti
preistorici
e una
sala
archeologica
marina.
La Torre
di Ligny
si
propone
ora ai
visitatori
nella
sua
splendida
veste di
torre di
deputazione,
totalmente
restaurata
al suo
interno.
Castello
di Terra
Il
Castello
di
Terra,
è
un'antica fortezza medievale
posta
nel
centro
urbano
della
città,
sul
lungomare
intitolato
a Dante
Alighieri.
Il
castello
fu
eretto
nel
corso
del XII
secolo,
sui
resti di
una
fortificazione cartaginese costruita
da Amilcare (ne
narra
Diodoro
Siculo).
Era
situato
alla
bocca
del
canale
che
collegava
il mare
Tirreno
al
porto, e
chiudeva
la città
dal lato
opposto
del Castello
a mare.
Fu poi
ampliato
alla
fine del
XIII
secolo
da Giacomo
II
d'Aragona.
Nell'Ottocento
il
castello
fu
ampliato
e
trasformato
in
caserma
dai Borboni.
Fu
poi
abbattuto
in parte
negli
anni
settanta
per
costruire
gli
uffici
della Questura
Nel 1992 la Soprintendenza di
Trapani
ha
effettuato
un
restauro
parziale
e uno
scavo
archeologico.
Il
castello
è
caratterizzato
da un
impianto
a
quadrilatero,
con
mezze
torri
circolari
di
cortina
e torri
rettangolari
agli
angoli.
Del
complesso
originario
rimane
l'intera
facciata
di
nord-ovest,
che
chiude
le mura
di
tramontana.

Palazzo
della
Giudecca
Il Palazzo
della
Giudecca,
o della Giudeca
venne
edificato
dalla
famiglia
dei
banchieri
Sala tra
la fine
del 1300
e
l'inizio
del
1400.
Sito in
via
Giudecca,
nell'antico quartiere
ebraico della
Giudecca
(Jurèca in
siciliano).
Centro
culturale
della
"Giudecca",
il
quartiere
ebraico
trapanese,
attorno
al 1485 fu
sede di
una
scuola
superiore
di studi
talmudici.
Dopo
il 1492,
con
l'espulsione
degli
ebrei
dai
domini
spagnoli,
venne in
possesso
della
famiglia Ciambra (XVI
secolo)
cui si
deve la
sua
architettura
dall'inconfondibile bugnato a
punta di
diamante
in stile plateresco di
derivazione
catalana.
Nel 1901,
con
sindaco Eugenio
Scio,
il
palazzo
venne
acquistato
dal
Comune
di
Trapani.
Una
parte è
ancora
oggi
abitazione
privata.
È
costituito
da
complesso
a due
piani
con un
portale
ogivale
e da una
torre
laterale,
ritenuta
una
delle
cinque
torri
raffigurate
nello
stemma
della
città.
All'interno
un
pregevole
giardino
con
pozzo e
scala
vincolata
come
bene
monumentale
sin dal
1939,
con
finestre
realizzate
con
conci
squadrati,
fastosamente
abbellite
in stile
gotico-rinascimentale.
È
considerato
uno dei
più
pregevoli
esempi
di stile
plataresco
in
Sicilia.
La Torre
è stata
recentemente
restaurata
su
progetto
dell
architetto
Alessandro
Candela.
Lazzaretto
Il
Lazzaretto
fu
costruito
agli
inizi
del sec.
XIX per
iniziativa
del
tenente
generale
Giovan
Battista
Fardella.
Sorge
sull’isola
di
Sant’Antonio,
oggi
unita
alla
terraferma,
dove
nella
prima
metà
del sec.
XIII
venne
edificata
la
Chiesa
di
Sant’Antonio
del
Mare,
che
aveva la
funzione
di
ospitare
gli
equipaggi
delle
barche
sospette,
presunti
portatori
di
epidemie,
per il
periodo
di
quarantena.
Occupa
la
superficie
dell’intero
isolotto,
in
posizione
di
testata
del
lungo
viale di
accesso,
rappresentando
insieme
alla
Colombaia,
al
Villino
Nasi ed
alla
Torre di
Ligny
uno dei
principali
riferimenti
visivi
della
città.
Nella
prima
metà
del XIII
secolo
viene
costruita
la
chiesa
di
Sant’Antonio,
da cui
il
Lazzaretto
prende
il nome:
lì
passeranno
la
quarantena
le
barche
sospette
di
essere
portatrici
di
epidemie.
Nel 1624
viene
costruito
un
ospedale
per
curare
le
persone
sospette
di
essere
infette
dell’epidemia
di peste
che in
quell’anno
colpisce
la città.
Il
Lazzaretto
sarà
poi
oggetto
di varie
trasformazioni
nel
tempo.
Attualmente
si
presenta
a forma
di
grande
esedra,
con una
vasta
corte al
centro;
le ali
laterali
sono
divise
da
pareti
disposte
trasversalmente
in nove
scomparti
isolati
tra
loro. Al
centro
del
cortile
si eleva
una
palazzina
destinata
originariamente
agli
uffici e
alle
visite
mediche,
poi
diventata
sede di
una
stazione
di
trasmissioni
radio.

Saline
Sono
ancora
attive
con
preziose
testimonianze
di
archeologia
industriale.
Le
saline
insistono
nell'area
della Riserva
naturale
integrale
Saline
di
Trapani
e Paceco gestita
dal WWF e
caratterizzata
da una
flora e
da una
fauna
notevolissime.
Grazie
alla
tutela
garantita
dalla
Riserva,
l'attività
delle
saline e
la
produzione
del sale
sono
aumentate
favorendo
al
contempo
il
ritorno
e la
riproduzione
di
decine
di
specie
di
uccelli
migratori,
tra cui
il fenicottero
rosa.
La Riserva
naturale
integrale
delle
Saline
di
Trapani
e Paceco è
un'area
naturale
protetta della Sicilia istituita
nel 1995
che si
estende
per
quasi
1000
ettari
nel
territorio
dei
comuni
di Trapani e Paceco. La
riserva,
all'interno
della
quale si
esercita
l'antica
attività
di
estrazione
del
sale, è
una
importante zona
umida che
offre
riparo a
numerose
specie
di uccelli
migratori.
È
gestita
dal WWF
Italia.
Di
origine fenicia,
il
geografo
arabo al-Idrīsī documenta
la
presenza
delle saline già
nel
periodo
della dominazione
normanna in
Sicilia.
Sotto il
regno di Federico
di
Svevia fu
istituito
il monopolio
di Stato sulla
produzione
del sale,
che si
protrasse
anche
durante
la dominazione
angioina.
Furono
in
seguito
gli aragonesi a
sancire
il
ritorno
alla proprietà
privata,
ma fu
sotto la corona
spagnola
che
l'attività
di
produzione
del sale
raggiunse
la sua
acme,
trasformando
il porto
di
Trapani nel
più
importante
centro
europeo
di
commercio
del
prezioso
elemento.
Le
saline
da
Trapani,
arrivarono
fino
alle isole
dello
Stagnone.
Dal 1861 con l'Unità
d'Italia queste
saline
non
furono
nazionalizzate,
e furono
le
uniche a
superare
il monopolio del
sale da
parte
dello
Stato,
esportandolo
in
diversi
paesi. Dopo
la prima
guerra
mondiale
con la
concorrenza
delle
saline
industrializzate
di
Cagliari
iniziò
la
decadenza
delle
saline
trapanesi,
accentuata
dallo
scoppio
della Seconda
guerra
mondiale e
dalla
concorrenza
straniera
con il
salgemma.
Molte
delle
saline
furono
dismesse
o
abbandonate.
Restano
i
caratteristici mulini
a vento,
utilizzati
nel
tempo,
per una
duplice
funzione:
alcuni
per la
macinazione
del
sale,
altri
per il
pompaggio
dell'acqua
salata
da una
vasca
all'altra.
Ma
dopo
l'istituzione
della
Riserva,
avvenuta
con
decreto
dell'Assessore
al
territorio
e
ambiente
della Regione
siciliana n.
257
dell'11
maggio 1995,
ed il
suo
affidamento
in
gestione
al WWF
Italia,
si è
assistito
ad un
nuovo
rilancio
delle
attività
produttive
e della
lavorazione
del sale,
da parte
della Sosalt,
che è
il
principale
produttore,
con
l'approvazione
di
interventi
di
restauro
e
recupero
degli
impianti
abbandonati.
Il sale
marino
trapanese è
oggi
inserito
nell'elenco
dei Prodotti
agroalimentari
tradizionali
siciliani
riconosciuti
dal
Ministero
delle
politiche
agricole,
alimentari
e
forestali,
che
nell'aprile 2011 ne
ha anche
riconosciuto
l'IGP con
la
denominazione
"Sale
marino
di
Trapani".
Nel 2011 le
saline
di
Trapani
hanno
ottenuto
il
riconoscimento
di zona
umida
Ramsar,
con
decreto
del
Ministero
dell'ambiente.
La
Riserva
comprende
una
fascia
costiera
estesa
quasi
mille ettari,
suddivisi
in zona
A di
Riserva
(707 ha)
e zona B
di
Pre-Riserva
(278,75
ha), tra
i comuni
di Trapani e Paceco.
Gran
parte
della
Riserva
è
costituita
da saline di
proprietà
privata,
in cui
viene
tuttora
praticata
l'estrazione
del sale
secondo
le
tecniche
tradizionali
in uso
da
secoli.
Di
notevole
impatto
paesaggistico
la
presenza
di
numerosi mulini
a vento utilizzati
per
pompare
l'acqua
tra i
bacini.
Oltre
questa
valenza etno-antropologica,
il sito
si
caratterizza
per il
fatto di
essere
una
delle più
importanti aree
umide costiere
della
Sicilia
occidentale,
ambiente
di sosta
di
numerose specie di uccelli
migratori.
L'ambiente
delle
saline,
fortemente
salmastro,
ospita
numerose
specie erbacee o arbustive adattatesi
alle
condizioni
ambientali
estreme che
questa
area
presenta.
L'area
della
Riserva
riveste
un
particolare
interesse
ornitologico
in
quanto
costituisce
una area
di sosta
sulla
rotta
delle
migrazioni
verso
l'Africa.
Considerando
sia le
specie
nidificanti
che
quelle
svernanti
sono
state
censite
208
differenti
specie
di uccelli tra
cui
l'avocetta,
eletta a
simbolo
della
Riserva,
il
fenicottero,
la
spatola,
l'airone
bianco
maggiore,
la
garzetta,
il
tarabuso,
il
gabbiano
roseo,
il
martin
pescatore,
il falco
di
palude,
il
cavaliere
d'Italia,
il
fraticello,
il
fratino,
la
calandrella
e varie
specie
di anatidi.
Sono
inoltre
presenti
numerose
specie
di
insetti
rari.
Merita
infine
un cenno
la
presenza
nelle
pozze
salmastre
della Artemia
salina,
un
piccolo crostaceo dell'ordine degli Anostraca,
adattato
a
condizioni
di vita
estreme,
oggetto
di
numerose
ricerche
scientifiche.
Produzione
del sale
-
Nonostante
sia una
riserva
si
effettua
ancora
l’attività
storico-tradizionale
della
salicoltura.
Infatti
gran
parte
della
riserva
è
costituita
da
saline
di
proprietà
privata,
dove è
permessa
la
coltivazione
e la
produzione
di sale
marino.
La
produzione
del sale
è in
costante
aumento:
dalla
istituzione
della
Riserva
ad oggi
è
passata
da circa
50.000 a
circa
80.000
tonnellate/anno,
ed è in
corso di
istituzione
anche
una
nuova
salina. Oltre
a quelle
che
fanno
capo
alla Sosalt,
vi sono:
Salinagrande
(la più
antica
di
Trapani),
la
salina
Galia
Teresina,
la
salina
Culcasi,
la
salina
Calcara
(intorno
all'Isolotto
della
Calcara),
la
salina
Galia.
Pag.
2
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