Trapani
  
  

   

Trapani è posizionata nella parte più occidentale della Sicilia, nel promontorio dell'antica Drepanum in latino, dal greco Drepanon, (Δρέπανον, falce), data la forma della penisola su cui sorge la città. È denominata anche "città tra due mari" in quanto si protende su una stretta lingua di terra, circondata dal mare, che si assottiglia verso la punta estrema di Torre di Ligny.

La mitologia vuole che una falce caduta dalle mani di Cerere oppure di Saturno, quest'ultimo il tradizionale dio patrono della città, si mutò in una lingua di terra arcuata sulla quale sorse poi la città, per tale forma detta appunto Drepanon ("falce" in greco antico).

Nell'EneideVirgilio racconta che il padre di EneaAnchise morì a Drepanum e, dopo la fuga da Didone, l'eroe troiano vi ritornò per celebrarvi dei giochi, i ludi novendiali.  

I fondatori del primo nucleo abitativo di Trapani furono probabilmente gli Elimi, un popolo stanziato in Sicilia occidentale in epoca protostorica e di cui Eryx (Erice) era uno dei centri principali. Il piccolo villaggio di Trapani doveva sorgere su un'isola divisa dall'entroterra paludoso mediante un canale navigabile e rivestiva il ruolo di porto commerciale di Erice. Trapani divenne presto una città-emporio grazie alla sua felice posizione geografica.

Tra IX e VIII secolo a.C. si affermò a Trapani l'influenza punica. Durante le guerre contro i Greci e Siracusa dei secoli successivi, Trapani si fortificò e si mantenne saldamente alleata alla città di Cartagine. Nel 260 a.C. Amilcare giunto in Sicilia, ne rafforzò la cinta muraria, fece costruire il Castello di Terra, la Torre Pali e la Torre Peliade o Colombaia, e vi trasferì parte degli abitanti di Erice. Il generale Aderbale, che vi aveva insediato il comando generale delle forze cartaginesi, sconfisse i Romani nella battaglia di Trapani. Drepano (Trapani), insieme a Lilibeo, fu una delle ultime roccaforti cartaginesi in Sicilia.

L'importante posizione strategica fu utilizzata durante la Prima guerra punica quando i Cartaginesi sconfissero la flotta romana nella Battaglia di Trapani del 249 a.C. Ma alcuni anni dopo, nel 241 a.C., Gaio Lutazio Catulo sbaragliò la flotta cartaginese nella battaglia delle Isole Egadi che pose fine alla guerra. I Romani così conquistarono la città, latinizzandone il nome in Drepanum.

I Romani trattarono le città siciliane a seconda della loro condotta durante la guerra punica. Drepanum rientrò fra le 26 città censorie (civitates censoriae) ovvero fra quelle più pertinaci nella resistenza contro i Romani. Osteggiata dai Romani, che non le perdonarono la fedeltà a Cartagine, Trapani entrò in un periodo di decadenza e si spopolò.

Dopo i Romani, dominarono la città i Vandali, poi i Bizantini, ma fu nel IX secolo d.C. con gli Arabi (che la chiamarono Itràbinis, Taràbanis, Tràpanesch), e poi con i Normanni che la conquistarono nel 1077 guidati da Ruggero II, che la città raggiunse un fervido sviluppo, florida nei commerci e nelle attività culturali, e il porto ebbe grande fermento anche grazie alle crociate. Il porto di Trapani durante il Medioevo fu uno dei più importanti del Mediterraneo: tutte le più potenti città marinare (Genova, Pisa, Venezia, Amalfi) avevano un consolato nel porto trapanese e, specialmente con le prime due, Trapani aveva l'accordo per fungere da scalo verso i loro possedimenti nell'Africa settentrionale.

Dopo un breve periodo sotto gli Angioini, Trapani partecipò attivamente alla sollevazione dei Vespri siciliani guidati da Palmiero Abate, e passò nel 1282 agli Aragonesi. Durante il XIV e il XV secolo la città si ingrandì e divenne il centro economicamente e politicamente più importante della Sicilia occidentale. Nel 1443, da semplice Terra diventava Civitas. Nel 1478, Ferdinando il Cattolico concesse alla città il titolo di Invittissima al riguardo «delle gloriose resistenze fatte sempre ai nemici del regno».

Il 20 agosto 1535 Carlo V, arrivò a Trapani dopo aver conquistato Tunisi. La città si era ormai talmente affermata nello scacchiere geopolitico dell'epoca da meritare dallo stesso Carlo V l'appellativo di "Chiave del Regno". Durante la sua permanenza a Trapani, Carlo V giurò di mantenere i privilegi della città, compreso quello con cui il Senato poteva conferire lauree in medicina, fisica, teologia, matematica, belle arti e giurisprudenza. Nel 1589, Trapani da semplice Terra divenne Civitas.

Nel XVII secolo Trapani conobbe un periodo di decadenza soprattutto a causa delle insurrezioni dovute a carestie, come nel 1647 e nel 1670-1673, e della pestilenza nel 1624. Il XVIII secolo vide aumentare sensibilmente la popolazione trapanese che passò da circa 16.000 a 25.000 abitanti.

Dopo le brevi parentesi sabauda (1713) e austriaca (1720), dalla seconda metà del Settecento inizia il Regno borbonico che continuerà fino al 1860.

Nel 1756 fu assegnato a degli scalpellini trapanesi il compito di lavorare gli scaloni della scala regia della Reggia di Caserta.

I Borboni procedettero alla bonifica di alcune aree della città e al suo sviluppo urbanistico. In questo periodo i trapanesi si dedicano al commercio e all'industria del sale e alle tonnare. Trapani partecipò attivamente ai moti del 1848-1849, sanguinosamente repressi. Nel 1861 Trapani si pronunciò con il plebiscito per il Regno d'Italia.

Dopo la Prima guerra mondiale (durante la quale Trapani ebbe circa 700 caduti), la città visse un periodo di sviluppo: le industrie legate alle saline, alle tonnare, al vino, all'olio fecero di Trapani una città particolarmente dinamica non solo dal punto di vista economico ma anche culturale. Nel 1924 Mussolini, dopo una visita in città, decise di inviare a Trapani il prefetto Cesare Mori che, dopo poco più di un anno, fu trasferito a Palermo con poteri straordinari per la repressione del fenomeno mafioso.

La Seconda guerra mondiale vide Trapani impegnata come porto e base sommergibilistica di primaria importanza e, con i locali aeroporti di Milo e di Chinisia, divenne punto di collegamento dei rifornimenti per le truppe dell'Asse in Nord Africa. Fu bombardata dai francesi il 22 giugno 1940, dalla RAF il 10 novembre 1941 e il 31 maggio 1942, e subì 27 bombardamenti degli angloamericani da gennaio a luglio 1943, con la conseguente distruzione dell'intero quartiere storico di San Pietro. Le incursioni aeree che devastarono la città la collocarono al nono posto dei capoluoghi di provincia italiani bombardati. Il 22 luglio 1943 le truppe alleate di Patton giunsero nella piazza di Trapani trovando una città stremata.

Nel referendum del 1946 la Provincia di Trapani si schierò, unica in Sicilia, in maggioranza per la Repubblica. Il capoluogo, al contrario, espresse un voto monarchico. Tra il 1950 e il 1965 vi fu una lenta ripresa delle attività industriali e commerciali, ma la città non si risollevò mai del tutto dalla crisi dell'immediato dopoguerra ripiegando anonimamente nel terziario e nelle attività connesse al suo ruolo politico e amministrativo di capoluogo di provincia. Il terremoto della Valle del Belice del gennaio del 1968 provocò morte e dolore anche nella città di Trapani. Altri lutti con l'alluvione del 1965 e con quella del 5 novembre 1976 che provocò 16 morti.  

Visitare la città

Quando il dio degli Inferi Plutone rapì la bella Proserpina, trascinandola nell’Ade, la madre Cerere, signora delle messi, iniziò a cercarla per tutta la Sicilia. E in tanto cercare finì per perdere la falce, suo indispensabile strumento di lavoro, che planò dolcemente sull’acqua. Nasceva così l’antica Drepanon (in greco falce, per l’appunto), arcuata striscia di terra gettata nel mare, ideale confine tra Tirreno e Mediterraneo, crocevia di scambi, snodo di venti. E proprio il vento è l’elemento che ha scandito la lunga storia di Trapani, dai Sicani ai Cartaginesi, dagli Arabi agli Aragonesi, via via fino a noi. E che soffiando ha levigato nel tempo palazzi, mosso mulini, gonfiato vele. Fino al punto da segnare la repentina rinascita della città: è stato infatti un evento velico, le regate preliminari della Coppa America, a scaraventare nel 2005 in mondovisione Trapani.

Tirata a lucido per l’occasione, la città si riempì d’un tratto di visitatori quanti non se n’erano mai visti, provenienti dal mondo sportivo della vela e da quello più sofisticato che ruota intorno alla Coppa America. Complice, oltre al vento, una lungimirante amministrazione, in poco tempo la città è stata bonificata dopo decenni di abbandono e l’aeroporto di Birgi ampliato, con investimenti pari a circa 100 milioni di euro.

I flussi turistici sono aumentati addirittura del 200 per cento, mentre il traffico aereo è passato dai 300 mila passeggeri del 2006 al milione e 700 mila del 2010, grazie anche ai voli Ryanair che collegano oggi la Sicilia occidentale con città come Stoccolma, Francoforte, Maastricht. Garantendo così, anche in novembre, weekend a 20 gradi ai turisti in fuga dal freddo autunno nordeuropeo. Ma anche insperate giornate di sole agli italiani desiderosi di Sud, perché la bella stagione qui dura otto mesi l’anno.

Meno monumentale di Palermo, più sommessa dell’effervescente Catania, la Trapani di oggi svela orgogliosa la sua storia di ieri, di porto nevralgico affacciato sul “mare stretto” (solo 129 miglia da Tunisi), posto tra il monte San Giuliano (quello di Erice) e la distesa luccicante delle saline. Impossibile perdersi nel suo centro storico dalla forma strana, allungato sull’acqua. «Questa città è poco spaziosa, è cinta di mura ed è bianca come una colomba», scriveva il geografo arabo Ibn Giubar nel 1184: e nonostante siano passati secoli, Trapani è ancora in gran parte così. 

Del reticolo di strade che attraversa la stretta penisola (solo 600 metri nel punto più largo) nessuna collega i due lati di scirocco e tramontana: per evitare che i venti si incanalassero facendo volare via le persone, gli antichi topografi disegnarono le vie “a gobba”, facendo far loro una deviazione prima di sbucare sul mare. Solo via Serisso e via Torrearsa tagliano in due la lingua di terra: e le navi e le vele che attraccano al porto, dove corrono il viale Regina Elena e la via Ammiraglio Staiti, dal fondo dei rettifili sembrano entrare direttamente in città, con un notevole coup de théàtre.

Ed è proprio su via Torrearsa, di fronte allo splendido palazzo Cavarretta traforato di logge, che inizia a battere il cuore elegante della città. Progettato nel 1280 da Giacomo II d’Aragona, oltre l’angusto quartiere medievale di Casalicchio, il centro storico faceva perno sulla Rua Grande, l’attuale corso Vittorio Emanuele, il corso-salotto, e sulla Rua Nova, l’odierna via Garibaldi, dove ordini religiosi, consolati stranieri e classi emergenti negli anni fecero a gara per avere, a mo’ di show room dell’epoca, una sede di rappresentanza. Ecco così spiegata, da palazzo Riccio alla cattedrale, la fuga ininterrotta di palazzi e chiese barocche che corre maestosa per tutto il corso. Dove, complice la completa pedonalizzazione, oggi imperversa un’allegra movida, garantita da chiacchiere, musica e un’infinità di locali aperti fino a tardi.  

Sulle Mura di Tramontana, oggetto di una delle bonifiche più radi­cali, la città cambia faccia. Il vento ti investe all’improvviso e appare il mare, mentre la città perde via via i suoi tratti più eleganti per diventare borgo marinaro, con le case dei pescatori in vari colori, qualcuna trasformata di recente in bed & breakfast, ragazzini che giocano a palla, famigliole sugli scogli a prendere il sole.

Percorribile solo a piedi, il silenzioso lungomare corre sopra le mura spagnole cinquecentesche per circa un chilometro fino alla torre di Ligny, anch’essa fresca di restauro, sulla punta estrema del promontorio. Qui Trapani finisce con un tuffo nel blu, all’incrocio tra le acque del Tirreno e quelle del Mediterraneo.

  Castello della Colombaia

La Colombaia, detta anche Torre Peliade o Castello di mare, è una fortezza medievale, di origini molto antiche, posta su un'isoletta all'estremità occidentale del porto di Trapani. La prima costruzione per motivi militari, viene, infatti, attribuita dallo storico Diodoro Siculo, intorno al 260 a.c., ad Amilcare Barca durante la prima guerra punica.

La torre è alta 32 metri, composta da quattro piani sovrapposti, con il primo adibito a cisterna, mentre l'ingresso originario si trovava al secondo piano. È uno dei migliori esempi di architettura militare in Sicilia. 

La Colombaia non è un castello vero e proprio, ed è stata utilizzata per molte attività, attualmente:

- Il castello è dotato di una banchina davanti all'edificio.

- L'edificio vero e proprio è composto di una torre ottagonale.

- Oltre un edificio che potrebbe essere definito un posto di guardia vi è una stradina precedentemente pavimentata ora scoperta.

- La stradina costeggia il fianco destro dell'edificio vero e proprio, nel fianco destro è presente una lapide.

- La stradina sbocca dietro l'edificio principale, c'è un cortile, e alla fine di tale cortile due cappelle, usate come depositi nella seconda guerra mondiale.

- Nel fianco sinistro del cortile c'è una seconda banchina pericolante.

- L'edificio principale è costituito da 4 piani sovrapposti, sono presenti delle finestre ed un balcone murato, è presente anche una scala, semidistrutta e impraticabile.

- Ormai l'isola in cui sorge il castello è completamente abbandonata e l'edificio principale è pericolante, tutte le entrate e le uscite al castello sono state murate, anche l'accesso alle cappelle del cortile è stato limitato poiché codeste cappelle sono anch'esse pericolanti, infine anche la banchina nel fianco sinistro del cortile è pericolante ed in attesa di restauro.

Alcune leggende collegano la Colombaia con gli esuli troiani sbarcati a Trapani dopo la caduta della loro città nel XIII secolo a.C., ma non esistono prove di questo fatto. I primi documenti storici fanno invece risalire la fortificazione al tempo della prima guerra punica, ad opera del cartaginese Amilcare Barca. Il nome odierno Colombaia è il calco linguistico del nome dell'isolotto in greco, Peliàdes, Πελειάδες (da πέλεια, colomba, specificamente Columba livia), da cui deriva appunto anche il nome alternativo di torre Peliade.  

Nel 249 a.C. si svolse a Trapani un'importante battaglia navale che vide i Romani duramente sconfitti dai Cartaginesi. Due anni più tardi il console romano Numerio Fabio Buteone attaccò e conquistò in una sola notte l'isolotto della Colombaia, uccidendo tutti i suoi occupanti. Dopo la conquista romana la torre cadde in abbandono e fu ridotta a nido di colombe, che erano state usate come comunicazione. Durante quel periodo essa fu probabilmente sede del culto pagano della dea Venere Ericina, della quale le colombe erano animale sacro.

Furono gli Arabi a restaurarne l'uso come faro.

È durante il medioevo che viene ricostruita dagli aragonesi, sbarcati a Trapani nel 1280, nell'attuale forma ottagonale. Fu ampliata intorno al 1400, e divenne una fortificazione durante il regno di Carlo V, per difendere la città dalle incursioni barbaresche. Le ultime trasformazioni le subì nell'XVII secolo su ordine del viceré Don Claudio Lamoraldo, Principe di Ligny. Sul muro esterno della torre si può leggere ancora la lapide fatta affiggere nel 1671 dal Principe. Dismessa la destinazione militare, venne trasformata in prigione dai Borbone, dopo i moti del 1821 e fino al 1860 ospitò i patrioti siciliani del Risorgimento, tra cui Michele Fardella, barone di Mokarta, che fu sindaco di Trapani nel 1861.

Venne impiegata come carcere fino al 1965, quando fu inaugurato il nuovo carcere di Trapani, è poi caduta in stato d'abbandono. Negli anni novanta venne restaurata la torre pericolante, mentre sul resto del castello la soprintendenza regionale dei Beni culturali non poté intervenire perché appartenente al demanio statale.

Nel 2009 fu individuata dal Fondo per l'Ambiente Italiano come Luogo del cuore degli italiani, poiché il monumento in stato di fatiscenza ed abbandono, era privo di interventi di restauro. Solo il 3 dicembre 2010 il decreto della 'Colombaia' è stato firmato dal Presidente della Repubblica, trasferendo così il bene dallo Stato alla Regione Siciliana, che ne ha annunciato il restauro.

Torre di Ligny

La torre di Ligny è un'antica torre costiera situata all'estremità occidentale della città, tra il mar Tirreno e il canale di Sicilia.

Fu eretta nel 1671 su ordine del capitano generale del Regno di Sicilia Claude Lamoral, principe di Ligne, durante la dominazione spagnola della Sicilia, sugli scogli che formano la prosecuzione della stretta lingua di terra della città antica, chiamata anticamente Pietra Palazzo. Fu eretta a difesa della città dalle incursioni dei corsari barbareschi. Nel 1806 fu reso praticabile il passaggio che la collegava con la terra. Fino al 1861 erano installati dei cannoni sul tetto. Durante la seconda guerra mondiale fu usata dalla Marina militare come postazione antiaerea.

Costruita su progetto di Carlos De Grunembergh. La torre quadrangolare, che si restringe verso l'alto, fu munita di quattro garitte in muratura e anticamente provvista di fanali. Fu restaurata nel 1979.

All'interno nel 1983 fu istituito il Museo di Preistoria e il Museo del Mare dal Prof. Francesco Torre, oggi denominato Museo civico Torre di Ligny, con al piano terra reperti preistorici e una sala archeologica marina. La Torre di Ligny si propone ora ai visitatori nella sua splendida veste di torre di deputazione, totalmente restaurata al suo interno.

Castello di Terra

Il Castello di Terra, è un'antica fortezza medievale posta nel centro urbano della città, sul lungomare intitolato a Dante Alighieri.

Il castello fu eretto nel corso del XII secolo, sui resti di una fortificazione cartaginese costruita da Amilcare (ne narra Diodoro Siculo). Era situato alla bocca del canale che collegava il mare Tirreno al porto, e chiudeva la città dal lato opposto del Castello a mare. Fu poi ampliato alla fine del XIII secolo da Giacomo II d'Aragona.

Nell'Ottocento il castello fu ampliato e trasformato in caserma dai Borboni.

Fu poi abbattuto in parte negli anni settanta per costruire gli uffici della Questura Nel 1992 la Soprintendenza di Trapani ha effettuato un restauro parziale e uno scavo archeologico.

Il castello è caratterizzato da un impianto a quadrilatero, con mezze torri circolari di cortina e torri rettangolari agli angoli. Del complesso originario rimane l'intera facciata di nord-ovest, che chiude le mura di tramontana.

Palazzo della Giudecca

Il Palazzo della Giudecca, o della Giudeca venne edificato dalla famiglia dei banchieri Sala tra la fine del 1300 e l'inizio del 1400. Sito in via Giudecca, nell'antico quartiere ebraico della Giudecca (Jurèca in siciliano). Centro culturale della "Giudecca", il quartiere ebraico trapanese, attorno al 1485 fu sede di una scuola superiore di studi talmudici.

Dopo il 1492, con l'espulsione degli ebrei dai domini spagnoli, venne in possesso della famiglia Ciambra (XVI secolo) cui si deve la sua architettura dall'inconfondibile bugnato a punta di diamante in stile plateresco di derivazione catalana.

Nel 1901, con sindaco Eugenio Scio, il palazzo venne acquistato dal Comune di Trapani. Una parte è ancora oggi abitazione privata.

È costituito da complesso a due piani con un portale ogivale e da una torre laterale, ritenuta una delle cinque torri raffigurate nello stemma della città. All'interno un pregevole giardino con pozzo e scala vincolata come bene monumentale sin dal 1939, con finestre realizzate con conci squadrati, fastosamente abbellite in stile gotico-rinascimentale. È considerato uno dei più pregevoli esempi di stile plataresco in Sicilia. La Torre è stata recentemente restaurata su progetto dell architetto Alessandro Candela.

Lazzaretto

Il Lazzaretto fu costruito agli inizi del sec. XIX per iniziativa del tenente generale Giovan Battista Fardella. Sorge sull’isola di Sant’Antonio, oggi unita alla terraferma, dove nella prima metà del sec. XIII venne edificata la Chiesa di Sant’Antonio del Mare, che aveva la funzione di ospitare gli equipaggi delle barche sospette, presunti portatori di epidemie, per il periodo di quarantena.

Occupa la superficie dell’intero isolotto, in posizione di testata del lungo viale di accesso, rappresentando insieme alla Colombaia, al Villino Nasi ed alla Torre di Ligny uno dei principali riferimenti visivi della città. Nella prima metà del XIII secolo viene costruita la chiesa di Sant’Antonio, da cui il Lazzaretto prende il nome: lì passeranno la quarantena le barche sospette di essere portatrici di epidemie. Nel 1624 viene costruito un ospedale per curare le persone sospette di essere infette dell’epidemia di peste che in quell’anno colpisce la città. Il Lazzaretto sarà poi oggetto di varie trasformazioni nel tempo. Attualmente si presenta a forma di grande esedra, con una vasta corte al centro; le ali laterali sono divise da pareti disposte trasversalmente in nove scomparti isolati tra loro. Al centro del cortile si eleva una palazzina destinata originariamente agli uffici e alle visite mediche, poi diventata sede di una stazione di trasmissioni radio.

Saline

Sono ancora attive con preziose testimonianze di archeologia industriale. Le saline insistono nell'area della Riserva naturale integrale Saline di Trapani e Paceco gestita dal WWF e caratterizzata da una flora e da una fauna notevolissime. Grazie alla tutela garantita dalla Riserva, l'attività delle saline e la produzione del sale sono aumentate favorendo al contempo il ritorno e la riproduzione di decine di specie di uccelli migratori, tra cui il fenicottero rosa.

La Riserva naturale integrale delle Saline di Trapani e Paceco è un'area naturale protetta della Sicilia istituita nel 1995 che si estende per quasi 1000 ettari nel territorio dei comuni di Trapani e Paceco. La riserva, all'interno della quale si esercita l'antica attività di estrazione del sale, è una importante zona umida che offre riparo a numerose specie di uccelli migratori. È gestita dal WWF Italia.

Di origine fenicia, il geografo arabo al-Idrīsī documenta la presenza delle saline già nel periodo della dominazione normanna in Sicilia. Sotto il regno di Federico di Svevia fu istituito il monopolio di Stato sulla produzione del sale, che si protrasse anche durante la dominazione angioina. Furono in seguito gli aragonesi a sancire il ritorno alla proprietà privata, ma fu sotto la corona spagnola che l'attività di produzione del sale raggiunse la sua acme, trasformando il porto di Trapani nel più importante centro europeo di commercio del prezioso elemento. Le saline da Trapani, arrivarono fino alle isole dello Stagnone.

Dal 1861 con l'Unità d'Italia queste saline non furono nazionalizzate, e furono le uniche a superare il monopolio del sale da parte dello Stato, esportandolo in diversi paesi. Dopo la prima guerra mondiale con la concorrenza delle saline industrializzate di Cagliari iniziò la decadenza delle saline trapanesi, accentuata dallo scoppio della Seconda guerra mondiale e dalla concorrenza straniera con il salgemma. Molte delle saline furono dismesse o abbandonate.

Restano i caratteristici mulini a vento, utilizzati nel tempo, per una duplice funzione: alcuni per la macinazione del sale, altri per il pompaggio dell'acqua salata da una vasca all'altra.

Ma dopo l'istituzione della Riserva, avvenuta con decreto dell'Assessore al territorio e ambiente della Regione siciliana n. 257 dell'11 maggio 1995, ed il suo affidamento in gestione al WWF Italia, si è assistito ad un nuovo rilancio delle attività produttive e della lavorazione del sale, da parte della Sosalt, che è il principale produttore, con l'approvazione di interventi di restauro e recupero degli impianti abbandonati. Il sale marino trapanese è oggi inserito nell'elenco dei Prodotti agroalimentari tradizionali siciliani riconosciuti dal Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, che nell'aprile 2011 ne ha anche riconosciuto l'IGP con la denominazione "Sale marino di Trapani".

Nel 2011 le saline di Trapani hanno ottenuto il riconoscimento di zona umida Ramsar, con decreto del Ministero dell'ambiente.

La Riserva comprende una fascia costiera estesa quasi mille ettari, suddivisi in zona A di Riserva (707 ha) e zona B di Pre-Riserva (278,75 ha), tra i comuni di Trapani e Paceco.

Gran parte della Riserva è costituita da saline di proprietà privata, in cui viene tuttora praticata l'estrazione del sale secondo le tecniche tradizionali in uso da secoli. Di notevole impatto paesaggistico la presenza di numerosi mulini a vento utilizzati per pompare l'acqua tra i bacini.

Oltre questa valenza etno-antropologica, il sito si caratterizza per il fatto di essere una delle più importanti aree umide costiere della Sicilia occidentale, ambiente di sosta di numerose specie di uccelli migratori.

L'ambiente delle saline, fortemente salmastro, ospita numerose specie erbacee o arbustive adattatesi alle condizioni ambientali estreme che questa area presenta.

L'area della Riserva riveste un particolare interesse ornitologico in quanto costituisce una area di sosta sulla rotta delle migrazioni verso l'Africa. Considerando sia le specie nidificanti che quelle svernanti sono state censite 208 differenti specie di uccelli tra cui l'avocetta, eletta a simbolo della Riserva, il fenicottero, la spatola, l'airone bianco maggiore, la garzetta, il tarabuso, il gabbiano roseo, il martin pescatore, il falco di palude, il cavaliere d'Italia, il fraticello, il fratino, la calandrella e varie specie di anatidi.

Sono inoltre presenti numerose specie di insetti rari.

Merita infine un cenno la presenza nelle pozze salmastre della Artemia salina, un piccolo crostaceo dell'ordine degli Anostraca, adattato a condizioni di vita estreme, oggetto di numerose ricerche scientifiche.

Produzione del sale - Nonostante sia una riserva si effettua ancora l’attività storico-tradizionale della salicoltura. Infatti gran parte della riserva è costituita da saline di proprietà privata, dove è permessa la coltivazione e la produzione di sale marino

La produzione del sale è in costante aumento: dalla istituzione della Riserva ad oggi è passata da circa 50.000 a circa 80.000 tonnellate/anno, ed è in corso di istituzione anche una nuova salina. Oltre a quelle che fanno capo alla Sosalt, vi sono: Salinagrande (la più antica di Trapani), la salina Galia Teresina, la salina Culcasi, la salina Calcara (intorno all'Isolotto della Calcara), la salina Galia.

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