La
città
di
Augusta
è
situata
lungo
la
costa
orientale
siciliana,
tra
Siracusa
e
Catania.
La
sua
fondazione,
avvenuta
tra
il
1233
e
1234
fu
voluta
dall’imperatore
Federico
II
di
Svevia
nel
quadro
di
un
vasto
progetto
militare
volto
a
potenziare
e
rafforzare
le
zone
più
deboli
del
suo
regno.
Ad
essa
fu
dato
il
nome
di
Augusta,
a
testimonianza
della
vocazione
imperiale
di
Federico.
Tuttavia
il
fatto
che
i
greci
fondatori
di
Megara
Iblea
rinunciassero
ad
insediarsi
in
un
sito
così
ospitale
per
stanziarsi
nella
vicina
baia
dotata
di
un
retroterra
fertile
ma
senza
porto,
lasciano
presumere
che
la
zona
fosse
già
abitata.
D’altra
parte
l’odierno
territorio
augustano
fu
popolato
sin
dall’età
della
pietra,
infatti
sono
state
scoperte
tracce
della
presenza
umana
risalenti
al
paleolitico,
al
mesolitico
ed
al
neolitico.
A
completare
il
quadro
Rocco
Pirri
scrive
che
nel
1219,
prima
che
sorgesse
la
città,
frate
Reginaldo
D’Orléans,
compagno
di
San
Domenico,
vi
fondò
un
hospitium
per
i
religiosi
ed
i
pellegrini,
cosa
che
starebbe
a
dimostrare
la
presenza
di
un
nucleo
abitato,
seppur
modesto.
Il
borgo
medievale
fu
popolato
dagli
abitanti
ribelli
di
Centuripe,
Montalbano
e
da
alcune
famiglie
catanesi.
Il
castello,
progettato
dall’architetto
Riccardo
da
Lentini,
fu
portato
a
termine
(nelle
sue
parti
essenziali)
pressappoco
negli
stessi
anni
della
fondazione
della
città,
mentre
a
difesa
dell’abitato
venne
costruita
una
cinta
muraria.
Nella
seconda
metà
del
Duecento
Augusta
fu
assoggettata
per
molti
anni
agli
angioini,
che
la
conquistarono
dopo
averla
assediata
nel
1269,
concludendo
la
loro
dominazione
nel
1282.
Seguì
la
dominazione
aragonese,
i
cui
primi
anni
furono
funestati
dalla
breve
conquista
della
città
da
parte
dei
francesi
che
la
attaccarono
il
1°
maggio
1287,
suscitando
la
repentina
risposta
spagnola.
Infatti
l’ammiraglio
Ruggero
di
Lauria,
dopo
aver
riarmato
la
flotta
in
sei
giorni,
riuscì
a
riprendere
la
città
alla
fine
di
un
assedio
durato
quaranta
giorni.
Nel
1326
la
città,
dopo
essere
stata
elevata
a
contea,
fu
assegnata
dal
re
Federico
II
d’Aragona
a
Guglielmo
Raimondo
II
di
Moncada
in
cambio
di
Malta
e
Gozo.
Un
suo
discendente,
Guglielmo
Raimondo
III,
coinvolto
negli
intrighi
legati
alla
morte
del
re
Federico
III
ne
rapì
la
figlia
Maria,
legittima
erede
al
trono,
che
era
tenuta
prigioniera
da
Artale
Alagona
nel
castello
Ursino
di
Catania.
Era
il
23
gennaio
1379.
Tuttavia
la
permanenza
della
ragazza
ad
Augusta
durò
pochi
anni,
infatti
il
Moncada
la
portò
via
nel
1382.
Nel
1394,
infine,
la
città
divenne
il
quartier
generale
delle
operazioni
atte
a
reprimere
i
ribelli.
L’avvento
del
nuovo
secolo
vide
Augusta
tornare
ad
essere
proprietà
demaniale
in
quanto
il
re
Martino
I
nel
1407
la
tolse
a
Matteo
II
Moncada,
cui
diede
in
cambio
la
contea
di
Caltanissetta.
Ma
dieci
anni
dopo
la
città
ritornò
ad
essere
feudale
per
circa
un
secolo,
con
una
breve
parentesi
demaniale
dal
1449
al
1455,
dopodiché
dal
1567
passò
definitivamente
al
demanio.
Il
governo
della
città
fu
affidato
nel
1485
a
don
Giovanni
Tommaso
Moncada
dei
conti
di
Augusta
e
di
Adernò
per
timore
di
un’invasione
turca.
Nei
primi
del
Cinquecento
Augusta
ricevette
la
visita
del
generale
spagnolo
Gonzalo
Fernandez
de
Cordoba
il
quale,
dovendo
riorganizzare
la
difesa
della
costa
orientale
siciliana,
fece
rafforzare
le
fortificazioni
della
città,
che
tuttavia
non
ressero
all’assalto
dei
turchi
e
dei
barbareschi
del
1551.
Infatti
nell’estate
di
quell’anno
una
flotta
composta
da
oltre
centocinquanta
imbarcazioni,
guidata
da
Sinam
Pascià
e
da
Dragutt,
entrò
nella
baia
di
Augusta.
Durante
la
notte
il
castello
venne
bombardato
dai
turchi,
che,
dopo
aver
aperto
una
breccia,
sbarcarono
e
saccheggiarono
la
città,
abbandonandola
il
mattino
seguente
dopo
averla
data
alle
fiamme.
Altre
incursioni
avvennero
nel
1552,
nel
1553
e
ancora
nel
1560
sotto
la
guida
di
Pialì
Pascià.
Nel
1564
la
nomina
di
don
Garcia
di
Toledo
a
viceré
segna
per
la
Sicilia
un
periodo
di
grandi
interventi
nelle
opere
di
fortificazione
delle
città
costiere.
Nel
1566
la
sua
visita
ad
Augusta
porterà
alla
costruzione
dei
forti
Garcia
e
Vittoria
e
di
torre
Avalos,
i
cui
progetti
verranno
realizzati
dall’ingegnere
Antonio
Conte.
Nel
1571
un
grosso
numero
di
navi
salpò
dalla
rada
di
Augusta
per
recarsi
a
Messina
per
unirsi
alla
flotta
della
Lega
Santa,
che
sarebbe
partita
per
affrontare
la
flotta
turca.
Lo
scontro
avvenne
nel
golfo
di
Lepanto,
sulle
coste
della
Grecia,
il
7
ottobre
dello
stesso
anno
e
si
concluse
con
la
sconfitta
degli
ottomani,
che
da
quel
momento
persero
la
supremazia
sui
mari.
Tuttavia
ad
Augusta
le
incursioni
turche
continuarono
sino
alla
fine
del
secolo:
vi
furono
degli
sbarchi
nel
1588
e
nel
1594.
A
quest’ultima
incursione
è
legato
l’episodio
del
miracolo
di
San
Domenico,
patrono
della
città.
Viene
narrato
che,
durante
la
notte,
mentre
i
turchi
cercavano
di
saccheggiare
la
città
furono
messi
in
fuga
dall’apparizione
del
santo
che
brandiva
una
spada
e
cavalcava
un
bianco
destriero
seguito
da
una
grande
schiera
di
cavalieri
vestiti
del
suo
stesso
abito.
Dal
1630
la
città
godette
della
concessione
della
dignità
senatoria,
ma
fu
soltanto
nella
seconda
metà
del
secolo
successivo
che
tale
concessione
venne
sanzionata
grazie
alla
Consulta
della
Giunta
di
Sicilia
in
Napoli.
Nel
1649
Augusta
diventò
punto
di
rifornimento
per
l’Ordine
dei
Cavalieri
Gerosolimitani,
che
però
dovettero
abbandonare
la
città
alla
fine
del
secolo
successivo.
Nel
1657
fu
acquistata
la
borgata
di
Brucoli,
che
divenne
una
frazione
della
città.
La
rivolta
di
Messina
al
dominio
spagnolo
nel
1675
assecondò
le
mire
espansionistiche
di
Luigi
XIV.
Il
sovrano
francese,
sperando
di
conquistare
la
Sicilia,
inviò
due
flotte
comandate
rispettivamente
dall’ammiraglio
Duquesne
e
dall’ammiraglio
Vivonne.
Quest’ultimo,
dopo
essere
stato
nominato
viceré
di
Messina,
entrò
nel
porto
di
Augusta
il
17
agosto
1675,
conquistando
rapidamente
la
città.
Gli
spagnoli,
contrattaccarono
il
19
aprile
1676.
La
battaglia
passata
alla
storia
come
la
“battaglia
di
Agosta”,
fu
combattuta
tre
giorni
dopo
e
vide
scontrarsi
la
flotta
spagnolo-olandese
comandata
dal
leggendario
ammiraglio
Ruyter
e
quella
francese
guidata
da
Duquesne.
Lo
scontro
si
concluse
senza
vincitori
né
vinti
e
la
città
restò
nelle
mani
dei
francesi
mentre
l’ammiraglio
Ruyter
spirò
alcuni
giorni
dopo
a
causa
delle
ferite.
I
francesi
abbandonarono
la
città
il
16
marzo
1678
e
con
la
pace
di
Nimega
del
10
agosto,
rinunciarono
alle
mire
espansionistiche
sul
Mediterraneo,
cosicché
Augusta
ritornò
nelle
mani
degli
spagnoli.
Il
terribile
terremoto
del
gennaio
1693,
accompagnato
da
un
forte
maremoto,
distrusse
la
città
e
ridusse
notevolmente
il
numero
degli
abitanti.
Nel
1713
la
fine
della
guerra
di
successione
spagnola
suggellata
dal
trattato
di
Utrecht
sanzionò
il
possesso
della
Sicilia
a
Vittorio
Amedeo
II
di
Savoia.
Tuttavia
gli
spagnoli,
non
accettando
questa
soluzione,
inviarono
una
squadra
navale,
comandata
dal
marchese
di
Leyde,
che
conquistò
Palermo
e
Catania,
mentre
un’altra
squadra
guidata
dall’ammiraglio
Castagnola
si
dirigeva
verso
Augusta,
che
cadde
senza
opporre
resistenza.
I
savoiardi
allora
chiesero
l’appoggio
degli
inglesi
che,
comandati
dall’ammiraglio
Byng,
si
scontrarono
con
gli
spagnoli
nel
porto
di
Augusta
per
continuare
a
combattere
nella
baia
di
Santa
Panagia
ed
infine
a
Capo
Passero,
da
cui
la
battaglia
prenderà
il
nome.
Malgrado
la
vittoria
inglese
la
città
resto
in
mano
agli
spagnoli
fino
al
1720,
anno
in
cui
gli
accordi
tra
le
potenze
europee
diedero
la
Sicilia
in
possesso
all’Austria,
per
tornare
definitivamente
ai
Borboni
nel
1735.
All’inizio
dell’Ottocento
la
baia
di
Augusta
vide
salpare
la
flotta
inglese
del
Mediterraneo
che
partiva
per
congiungersi
con
le
altre
forze
della
marina
inglese
che
il
21
ottobre
1805
avrebbero
combattuto
vittoriosamente
la
battaglia
di
Trafalgar.
Il
30
marzo
1808
il
re
di
Sicilia
concesse
agli
inglesi
di
avere
tutti
i
porti
dell’isola
aperti
al
commercio
e
alle
navi
da
guerra;
in
questo
scenario
Augusta
diveniva
base
operativa
della
flotta
britannica,
mentre
a
terra
era
presidiata
da
quattromila
soldati
inglesi.
Il
terremoto
dell’11
gennaio
1848
distrusse
due
terzi
delle
case,
ma
provocò
soltanto
una
trentina
di
vittime.
Lo
stesso
anno
i
moti
rivoluzionari
causarono
la
cacciata
del
presidio
borbonico
dalla
città,
che
tuttavia
venne
ripresa
nella
Pasqua
del
1849.
I
moti
del
1860,
invece,
videro
i
borbonici
firmatari
della
capitolazione
per
mano
del
colonnello
Pietro
Tonson
La
Tour.
Nel
1860
il
Cavour,
presiedendo
il
Consiglio
Superiore
del
Ministero
della
Marina,
considerò
favorevolmente
l’idea
di
creare
ad
Augusta
un
arsenale
marittimo,
cosa
che
venne
riaffermata
nel
1878-79
dalla
Commissione
Parlamentare.
Malgrado
ciò
ad
Augusta
venne
preferita
Taranto
come
sede
meridionale
di
un
arsenale
militare
marittimo.
L’avvento
della
navigazione
a
vapore
spinse
nel
1904
la
società
Carbonifera
Industriale
Italiana
ad
investire
nel
porto
di
Augusta,
utilizzato
come
base
di
rifornimento
per
la
sua
vicinanza
alle
rotte
mediterranee.
Per
questo
motivo
la
compagnia
genovese
aveva
acquistato
il
transatlantico
inglese
Massilia,
trasformandolo
nel
più
grande
deposito
galleggiante
di
carbone
del
Mediterraneo.
La
politica
espansionistica
del
periodo
giolittiano
aveva
portato
l’Italia
alla
guerra
con
la
Turchia
per
impadronirsi
della
Libia.
A
causa
della
favorevole
posizione
strategica
la
baia
di
Augusta
venne
designata
come
base
per
le
operazioni
militari.
Sebbene
la
guerra
venisse
dichiarata
il
29
settembre
1911,
le
navi
cominciarono
ad
affluire
nel
porto
a
partire
dal
22
settembre
e
il
10
ottobre
salpò
il
convoglio
di
truppe
diretto
a
Tripoli.
La
guerra
si
concluse
il
18
ottobre
1912
sanzionando
per
l’Italia
la
conquista
della
Libia
e
per
Augusta
l’importante
ruolo
di
base
militare.
La
Prima
guerra
mondiale,
impegnando
la
marina
militare
prevalentemente
nell’Adriatico,
vide
la
città
priva
di
un
ruolo
operativo.
Solo
a
partire
dalla
metà
del
1917
si
provvide
alla
costruzione
di
un
hangar
per
i
dirigibili,
a
causa
della
presenza
nelle
acque
meridionali
di
sottomarini
tedeschi.
Uno
di
essi
il
18
marzo
1918
entrò
nella
rada
di
Augusta,
affondò
il
Massilia
e
si
allontanò
senza
subire
danni,
mettendo
in
luce
i
punti
deboli
del
porto.
Il
potenziamento
del
sito
avvenne
sotto
la
spinta
del
regime
fascista,
interessato
alla
creazione
di
basi
idonee
per
il
controllo
del
Mediterraneo:
venne
progettata
una
diga
per
migliorare
la
protezione
della
rada,
fu
ultimato
l’hangar
nel
1920
e,
a
dimostrazione
della
crescente
importanza
dell’aviazione
militare,
fu
avviata
la
costruzione
di
uno
scalo
per
idrovolanti.
Il
13
maggio
1924
lo
stesso
Mussolini
visitò
Augusta
per
verificare
lo
stato
di
avanzamento
dei
lavori
dell’idroscalo,
che
venne
inaugurato
il
28
marzo
1926;
la
diga,
invece,
venne
completata
nei
primi
anni
’30.
Di
pari
passo
si
procedette
all’installazione
di
postazioni
contraeree,
per
proteggere
le
navi
da
guerra
di
base
nel
porto.
Tuttavia
l’eccessiva
vicinanza
a
Malta
e
la
paura
dell’Alto
Comando
della
Marina
che
potessero
giungere
attacchi
nemici
da
quell’isola,
tolse
alla
città
un
ruolo
primario
e
la
relegò
nuovamente
a
base
d’appoggio.
Il
13
maggio
1943
Augusta
fu
sottoposta
ad
un
pesante
bombardamento
ed,
infine,
il
12
luglio
occupata
dalle
forze
alleate.
La
fine
della
guerra
segnò
per
Augusta
un
profondo
rinnovamento,
infatti
lo
sviluppo
dell’industria
petrolchimica,
strettamente
legato
quello
del
porto
commerciale,
permise
alla
città
di
raggiungere
un
notevole
sviluppo
economico.
Chiesa
di
San
Domenico
La chiesa
San
Domenico risale
al XIII
secolo.
È
dedicata
a san
Domenico
di
Guzman, patrono della
città.
Il
primo
edificio
sacro
intitolato
a San
Domenico
di
Guzman risale
al 1219 per
opera
di Reginaldo
d'Orleans,
quasi
contemporaneo
alla
fondazione
della
città
da
parte
di Federico
II. Alcuni
scritti
la
dichiarano
prima
sede
dei
domenicani
in
Sicilia
e
prima
chiesa
al
mondo
intitolata
al
santo
dei
Guzman.
Le
fonti
documentali
attuali
non
fanno
alcun
riferimento
riguardo
all'aspetto
di
questa
prima
chiesa
né
di
quale
aspetto
avesse
il
primo
nucleo
del
convento
in
mancanza
di
mappe,
piante,
schizzi,
dipinti
o
disegni.
Nel
1516
il
patriarca
San
Domenico
è
proclamato
patrono
e
protettore
della
città.
Nel 1551,
con
la
prima
devastazione
dovute
ad
una
serie
di
invasioni
turche
-
ottomane,
la
chiesa
fu
incendiata
e
rasa
al
suolo,
per
essere
ricostruita
insieme
al
convento
nell'arco
di
30
anni.
Per
la
descrizione
di
questo
secondo
edificio
si
fa
riferimento
al
modello
che
regge
in
mano
la
statua
del
Santo,
verosimilmente
la
riproduzione
più
attendibile
del
tempio
riedificato
sul
finire
del XVI
secolo.
Rasa
al
suolo
dal terremoto e
conseguente maremoto del
gennaio 1693,
fu
nuovamente
ricostruita
in
due
anni,
con
il
prospetto
principale
orientato
a
levante:
il
primitivo
tempio
presentava
la
disposizione
abside
-
ingresso
ribaltati.
Fu
nuovamente
danneggiata
gravemente
dal
sisma
noto
come terremoto
del
Golfo
di
Catania dell'11
gennaio
1848.
Per
decisione
del
sindaco
nel 1876 iniziarono
i
lavori
di
costruzione
di
una
nuova
chiesa,
affidati
all'ingegnere
Luciano
Ferraguto,
in
stile
neoclassico.
Chiusa
dall'aprile
1981,
in
quanto
inagibile
per
la
vetustà
di
alcune
strutture,
fu
ulteriormente
danneggiata,
a
causa
del terremoto
di
Santa
Lucia del
13
dicembre
1990,
accusando
la
perdita
di
decorazioni
e
solo
recentemente
è
stata
ristrutturata.
Il
13
maggio
del
2007
il
tempio
è
stato
riaperto
al
culto.
La facciata in
stile neoclassico,
presenta
ai
lati
pilastri
adornati
di lesene a
cui
si
accostano
due
semicolonne
sormontate
da
capitelli
in ordine
corinzio.
La torre
campanaria,
sulla
parte
destra,
è
a
pianta
quadrangolare.
Suddivisa
su
tre
piani
vi
sono
delle
aperture
con balaustre.
In
cima
alla
torre
ci
sono
quattro gugliette con
al
centro
una
calotta
sferica
sorretta
da
una trabeazione.
L'interno
si
presenta
ad
unica navata con
vestibolo
è
suddivisa
per
ogni
lato
da
cinque
archi
con
colonne
di
ordine
corinzio.
Una
balaustra
in
marmo
separa
l'altare
maggiore dalla
navata
con
due
gradini.
L'abside è
divisa
da
altre
cinque
colonne
dello
stesso
stile.
Adiacente
al
tempio
sono
le
strutture
che
fino
al
secolo
scorso
hanno
ospitato
il convento di padri
domenicani.
Seconda
istituzione
dell'Ordine
dei
frati
predicatori in
terra
di
Sicilia
fondata
nel 1219.
L'istituzione
cominciò
a
tramontare
all'inizio
dell'Ottocento,
col
progressivo
abbandono
dei
religiosi
che
andarono
a
rimpinguare
le
fila
dei
confratelli
della
vicina
sede
domenicana
di
Lentini.
Pertanto
numerosi
ambienti
cominciarono
a
essere
destinati
ad
alloggi
dei
Militari
della
Gran
Guardia
e
come
depositi
per
le
attrezzature
dell'artiglieria
inglese.
Dopo
l'Unità
d'Italia,
l'emanazione
delle leggi
eversive,
la
confisca
e
l'incameramento
dei
beni
ecclesiastici
da
parte
dello
Stato,
furono
utilizzate
come
sede
di
diverse
attività
pubbliche:
uffici
della
Pretura,
Ufficio
Telegrafico,
Ufficio
del
Registro,
Ufficio
del
Demanio
e
per
la
prima
Scuola
Tecnica
di
Augusta.
Dal
1912,
gli
edifici
ospitarono
alcune
istituzioni
scolastiche.
Abbandonato
per
un
lungo
periodo,
l'intero
convento
è
stato
sottoposto
a
lavori
di
ristrutturazione
col
tentativo
recuperare
uno
dei
più
importanti
edifici
storici
cittadini.
Chiesa
di
Santa
Maria
Assunta
La chiesa
di
Santa
Maria
Assunta o chiesa
madre è
la
chiesa
principale
di Augusta.
Augusta,
notoriamente
chiamato
“a
Matrici”,
per
essere
appunto
la
Chiesa
Madre
della
città,
trae
le
sue
origini
da
una
piccola
quanto
antica
chiesa
medioevale,
esistente
già
dal
XIV
secolo
e
dedicata
a
Santa
Maria
dei
Miracoli. Quasi
sicuramente
l’originario
tempio
ad
una
navata
aveva
l’ingresso
principale
rivolto
verso
ponente,
sullo
spazio
che
in
seguito
divenne
l’attuale
piazza
Mercato.
All’epoca
la
chiesa
era
agevolmente
raggiungibile
dal
Piano
del
Castello,
ritenuto
il
centro
della
vita
civile,
attraverso
le
odierne
vie
San
Giuseppe
e
S.S.
Annunziata
che,
insieme,
formavano
un’unica
e
diritta
strada,
ritenuta
la
principale
arteria
cittadina,
almeno
fino
al
periodo
del
tardo
Medioevo.
Nel
1644,
per
consentire
ad
un
maggior
numero
di
fedeli
di
assistere
alle
sacre
funzioni
e
per
contribuire
a
migliorare
e
dare
una
degna
immagine
a
quella
che
iniziava
a
diventare
la
principale
piazza
della
città,
s’iniziò
a
restaurare
ed
ampliare
la
vecchia
chiesetta. Quando
si
verificò
il
disastroso
terremoto
del
1693,
i
lavori
di
ristrutturazione
erano
ancora
in
corso
d’opera
e,
purtroppo,
si
rese
vano
quanto
fatto
fino
allora,
in
pratica
si
dovette
ricominciare
a
costruire
dal
nulla.
La
conseguente
e
totale
ricostruzione
portò
alla
nascita
dell’attuale
Duomo
a
tre
navate
e
con
il
prospetto
principale
rivolto
a
Levante. I
lavori
di
costruzione
si
prolungarono
per
oltre
settanta
anni
e
soltanto
nel
1769
nacque
la
nuova
e
più
ampia
chiesa
che,
per
l’occasione,
fu
dedicata
alla
Vergine
Maria
Santissima
Assunta.
Per
rendere
più
decorosa
la
zona,
sulla
quale
la
chiesa
si
ritrovò
ad
avere
il
suo
nuovo
ingresso
principale,
il
vasto
spiazzo
antistante
fu
sgombrato
dalle
carceri
cittadine,
che
si
trovavano
dove
adesso
c’è
il
Palazzo
del
Comune,
e
dal
mercato
cittadino,
che
si
svolgeva
nel
lato
opposto
del
Municipio
e
che
era
situato
davanti
al
prospetto
Nord
del
nuovo
Monastero
di
Santa
Caterina. All’epoca,
quell’ampio
spazio
era
conosciuto
come piazza
Gelida,
in
quanto
in
questo
mercato
si
vendeva,
fra
le
tante
altre
cose,
anche
il
ghiaccio
che
proveniva
dai
vicini
luoghi
di
montagna
avvolto
nella
paglia
e
che
era
un
elemento
fondamentale
per
la
refrigerazione
di
alimenti
e
bevande,
soprattutto
in
quei
tempi
privi
di
energia
elettrica.
Rimasta
chiusa
ben
quattordici
lunghi
anni,
per
essere
restaurata
a
causa
dei
danni
arrecati
dal
grave
sisma
del
13
dicembre
1990,
la
Chiesa
Madre,
antica
sede
della
Confraternita
dei
Massari
ovvero
dei
Coltivatori
Diretti,
è
stata
riaperta
al
culto
il
23
dicembre
del
2004.
In
conseguenza
di
quel
terremoto
le
statue
di
San
Domenico
e
di
San
Giuseppe,
poste
in
alto
nei
due
lati
del
prospetto
principale
della
“Matrice”,
probabilmente
messi
dagli
antenati
per
“vigilare”
dall’alto
sulla
città
e
“proteggere”
in
modo
perpetuo
i
cittadini,
vennero
rimosse
per
ovvi
motivi
di
sicurezza
pubblica. Custodite
in
dei
contenitori
di
metallo,
le
due
statue,
a
distanza
di
un
quarto
di
secolo,
purtroppo
non
sono
ancora
state
rimesse
al
loro
posto.
Il
prospetto
è
articolato
su
di
un
duplice
ordine,
raccordato
da
ampie
volute
laterali.
Il
piano
basso
presenta
tre
aperture
che
danno
adito
alle
rispettive
navate.
Sull'ingresso
principale
si
apre
la
finestra
della
cantoria.
La
cella
campanaria
è
composta
da
tre
piccole
aperture
con
balconcini
in
ferro
battuto,
opera
di
un
artigiano
locale.
Un
timpano
con
cornice
e
dentellatura
chiude
la
parte
superiore
dell'edificio.
L'interno
è
a
croce
latina
con
tre
navate
e
volta
a
botte
sostenuta
da
pilastri
adorni
di
lesene.
Entrati
nella
chiesa
percorretela
in
senso
orario:
-
Nella
parete
sud
della
navata
di
sinistra
vi
si
trovano
quattro
altari
dedicati
rispettivamente
a
san
Filippo
Neri,
alla
Madonna
del
Rosario,
a
santa
Lucia
e
ai
santi
Pietro
e
Paolo;
inoltre
vi
si
trova
la
statua
della
Madonna
di
Fatima.
-
Nella
zona
ovest
si
distinguono:
la
cappella
del
Sacramento
che
è
delimitata
da
un
cancello
in
ferro
battuto,
l'abside
e
la
cappella
del
Crocifisso.
L'abside è
accessibile
tramite
un'ampia
scalinata
centrale,
alla
cui
sommità,
nei
due
lati,
si
trova
un
transetto
in
stile
neoclassico;
nella
parti
laterali
il
coro
in
legno
e
quattro
tele,
due
per
parte,
raffiguranti
episodi
della
vita
di
Maria,
che,
in
vista
del
restauro
della
chiesa,
sono
state
tolte;
nella
parte
centrale,
in
alto,
è
posta
la
tela
raffigurante
l'assunzione
di
Maria.
L'altare
maggiore
è
in
marmo;
nella
parte
anteriore
sono
dei
bassorilievi:
in
basso
osserviamo:
a
sinistra
la
croce,
simbolo
della
fede,
al
entro
Gesù
con
i
due
discepoli
di
Emmaus
e
a
destra
l'ancora,
simbolo
della
speranza;
in
alto
sono
raffigurati:
sinistra
e
a
destra
due
altari,
al
centro
il
sacrificio
di
Isacco.
-
Nella
parte
nord
della
navata
di
destra
si
evidenziano
quattro
altari
dedicati
rispettivamente
al
sacro
Cuore,
alla
natività
di
Gesù,
a
sant'Antonio
di
Padova
e
a
san
Domenico;
inoltre
vi
si
trovano
il
battistero
con
bassorilievo
in
maiolica
raffigurante
il
battesimo
di
Gesù,
e,
sotto,
il
fonte
battesimale
di
forma
semisferica
con
bordo
ottagonale.
Nella
parte
alta
delle
due
navate
laterali
si
distinguono
dieci
lunette
con
ventri
istoriati,
illustranti
vari
episodi
della
vita
della
Madonna;
quelle
della
navata
di
sinistra
rappresentano:
l'annunzio
dell'Angelo
a
Maria,
la
visita
di
Maria
a
santa
Elisabetta,
lo
sposalizio
di
Maria,
la
nascita
di
Gesù
e
la
Sacra
Famiglia;
quelle
delle
navate
di
destra
descrivono:
lo
smarrimento
ed
il
ritrovamento
di
Gesù
nel
tempio,
il
miracolo
delle
nozze
di
Cana,
Maria
ai
piedi
della
croce,
Maria
e
gli
apostoli
nel
cenacolo
ed
infine
la
Dormitio
di
Maria.
Nelle
navate
laterali,
inoltre,
sono
posti
sei
confessionali,
tre
per
parte,
di
pregevole
fattura.
Nella
navata
centrale
e
precisamente
sul
lato
sinistro,
posto
quasi
al
centro
della
chiesa,
si
nota
un
pulpito
in
legno
scolpito
nel
secolo
scorso
dal
maestro
augustano
Stagnaro;
poco
più
avanti
si
trova
l'organo
con
cantoria,
probabilmente
del
'700.
Nella
parte
destra
della
navata,
di
fronte
all'organo,
un
tempo
vi
era
il
"banco
senatorio",
così
come
testimoniano
le
due
targhette
in
marmo
poste
nell'arcata.
Sopra
l'ingresso
si
può
ammirare
un'altra
vetrata
istoriata,
nella
quale
è
rappresentata
Maria
con
il
Bambino.
Chiesa
delle
Anime
Sante
del
Purgatorio
La
Chiesa
consacrata
alle
"Anime
Sante
del
Purgatorio"
è
il
principale
monumento
sacro
che
si
rispecchia
di
più
nello
stile
barocco
settecentesco
che
caratterizza
gran
parte
di
chiese
e
palazzi
nell'intero
sud
est
siciliano.
Questa
chiesa
costruita
nella
prima
metà
del
700
sarebbe
stata
progettata
dal
celebre
architetto
messinese
Filippo
Juvara,
che
vanta
il
progetto
e
la
costruzione
di
numerosi edifici
barocchi
in
tutta
Italia
(tra
cui
vanno
citate
la
sua
opere
più
celebri,
la
Palazzina
di
Caccia
ubicata
a
Stupinigi
e
la
Basilica
di
Superga,
ubicate
presso
Torino)
anche
se
le
fonti
non
sarebbero
del
tutto
attendibili.
Anche
questa
chiesa
è
stata
sconvolta
dal terremoto
del
13
Dicembre
1990,
per
cui
è
stata
riaperta
ultimamente
dopo
un
restauro
durato
diversi
anni.
La
facciata
della
chiesa
(ubicata
tra
le
Vie
Principe
Umberto
e
Via
Garibaldi),
seppur
presentando
uno
stile
barocco
piuttosto
semplice,
si
presenta
ugualmente
pittoresca
vista
la
sua
forma
convessa
che
dona
ai
due
ordini
della
facciata
una
lieve
sensazione
di
movimento.
Il
portale
d'ingresso
è
caratterizzato
da
un'artistica
cancellata
in
ferro
battuto
incassata
in
un
arco
la
cui
sommità
presenta
fini
ghirlande
floreali
calcate
con
la
tecnica
del
bassorilievo,
posto
nel
corpo
centrale
della
facciata
convesso
verso
l'esterno.
Tra
due
pilastri
recanti
capitelli
accartocciati,
che
sostengono
una
trabeazione
anch'essa
di
tipo
convesso,
vi
sono
due
artistiche
nicchie
incavate
nei
corpi
concavi
della
facciata.
L'ordine
superiore
della
facciata
è
caratterizzato
da
quattro
contrafforti
a
spirale;
i
primi
due
sono
posti
alle
estremità
della
facciata
e
sono
uniti
al
corpo
centrale
da
giunture
recanti
fini
bassorilievi
decorativi;
mentre
gli
altri
due
sono
posti
alla
base
di
due
pilastri
che
vanno
ad
inquadrare
la
finestra
centrale
di
tipo
arcuato
(anch'essa
orlata
da
ghirlande
scolpite
a
bassorilievo)
e
a
sostenere
un
timpano
di
tipo
spezzato.
La
facciata
è
coronata
dalla
semplice
torretta
campanaria
(opera
posteriore
alla
costruzione
della
chiesa)
terminante
con
un
pinnacolo
sferico
che
sostiene
la
"Croce"
ferrea.
L'interno
presenta
un'unica
ma
ampia
Navata
caratterizzata
dalla
presenza
di
ampi
colonnati
che
vanno
ad
inquadrare
gli
splendidi
Altari
laterali
di
spiccato
gusto
barocco.
Qui
possiamo
ammirare
tra
le
opere
d'arte
sacra
i
dipinti
che
raffigurano
"San
Pasquale
Baylon"
(proveniente
dalla
Chiesa
Madre
consacrata
alla
"Madonna
Assunta")
e
"San
Gregorio".
Nell'area
presbiteriale
possiamo
ammirare
lo
stupendo
Altare
Maggiore
in
marmo
policromo
incorniciato
da
un
sontuoso
colonnato
che
va
a
formare
l'Abside
della
Chiesa,
in
cui
è
posta
una
bella
scultura
aurea
raffigurante
lo
"Spirito
Santo".
Sull'Altare
è
posta
la
bella
statua
che
raffigura
la
"Madonna
della
Provvidenza"
ai
cui
piedi
vi
sono
raffigurate
le
"Anime
Purganti".
Sull'Abside
è
presente
la
tela
che
raffigura
"San
Nicola
e
la
Madonna
del
Suffragio
che
consolano
le
Anime
del
Purgatorio".
Chiesa
di
Sant’Andrea
Di
origini
risalenti
al
periodo
dell’invasione
dei
francesi
del
1675,
la
Chiesa
di
Sant’Andrea
Apostolo
fu
eretta
dalla
classe
dei
pescatori
di
sarde,
raggruppati
nella
confraternita
detta,
per
l’appunto,
dei
“sardari”.
Il
suo
prospetto
principale,
abbellito
nel
frontone
da
una
nicchia
con
la
statua
di
Sant’Andrea,
con
due
belle
e
particolari
colonne
tortili
poste
ai
lati
dell’ingresso
e
da
un
elevato
campanile
di
pietra,
dava
sulla
via
Principe
Umberto,
in
prossimità
dello
incrocio
con
l’attuale
via
Limpetra.
Distrutta
durante
il
terribile
bombardamento
aereo
che,
nel
corso
del
secondo
conflitto
mondiale,
le
Forze
Alleate
effettuarono
il
13
maggio
1943
su
Augusta,
la
Chiesa
di
Sant’Andrea,
a
differenza
della
Chiesa
di
Gesù
e
Maria,
anch’essa
abbattuta
lo
stesso
tragico
giorno,
è
stata
ricostruita
a
cavallo
degli
anni
Sessanta
e
Settanta,
nel
suo
sito
originario;
riconsacrata
nel
1975,
è
stata
riaperta
al
culto
nell’ottobre
del
1977.
La
ricorrenza
celebrativa
in
onore
di
Sant’Andrea,
a
cura
della
Confraternita
dei
Sardari,
si
svolge
il
30
di
novembre.
I
relativi
festeggiamenti
sono
principalmente
improntati
sulle
solenni
funzioni
religiose
e
sull’immancabile
processione
del
simulacro
attraverso
le
vie
di
Augusta.
Negli
ultimi
tempi,
a
ricordo
di
una
antica
tradizione
locale,
questi
festeggiamenti
sono
stati
arricchiti
dalla
ormai
tanto
attesa
sacra
del
pesce,
per
rimarcare
l’impronta
del
mestiere
dei
tantissimi
pescatori
di
sarde,
raggruppati
nella
confraternita
di
Sant’Andrea.
Chiesa
e
Eremo
di
San
Biagio
Le
vicende
storiche
della
Chiesa
e
dell’Eremo
di
San
Biagio
sono
legate
all’istituzione
della
parrocchia
di
San
Sebastiano,
avvenuta
nel
1718,
che
comportava
la
costruzione
di
una
nuova
chiesa.
In
attesa
che
nascesse
il
nuovo
tempio
sacro
da
dedicare
a
San
Sebastiano,
la
parrocchia
si
avvalse
della
piccola
Chiesa
del
Santissimo
Sacramento
del
Circolo
che,
situata
nell’attuale
incrocio
fra
via
Megara
e
via
Limpetra,
era
tenuta
ben
curata
da
alcuni
eremiti
che
ne
volevano
fare
la
propria
sede.
Trascorsi
diversi
anni
e
non
essendo
ancora
riusciti
a
costruire
il
nuovo
edificio,
si
decise
di
ampliare
quella
stessa
antica
chiesetta
del
Circolo
e
farne
la
sede
stabile
della
Chiesa
di
San
Sebastiano.
In
cambio
della
loro
chiesa,
nel
1728
gli
eremiti
del
Santissimo
Sacramento
del
Circolo
ottennero
di
potersi
trasferire
nella
chiesetta
di
San
Biagio,
già
esistente
nelle
vicinanze
e
anch’essa
situata
nell’odierna
via
Megara.
Sempre
in
quell’anno
questi
frati
usufruirono
della
costruzione
di
un
piccolo
convento
adiacente
alla
stessa
chiesa
e
i
cui
lavori
furono
completati
l’anno
seguente.
Pertanto,
in
conseguenza
di
tali
traversie,
si
può
datare
a
questo
periodo
la
nascita
del
complesso
religioso
di
San
Biagio.
In
realtà
il
neo-costruito
convento
di
San
Biagio
era
più
che
altro
un
semplice
eremo
piuttosto
piccolo
e
modesto,
senza
chiostro
e
portici,
con
locali
stretti
e
soltanto
con
la
presenza
di
un
orticello
e
che,
nonostante
la
sua
predisposizione
di
base,
si
trovava
in
un
ambiente
urbano
e
non
in
luogo
isolato.
L’insediamento
religioso,
facendo
riferimento
ai
nomi
delle
attuali
vie
cittadine,
si
sviluppava
sulla
via
Roma,
nel
lato
nord
del
tratto
compreso
fra
via
Megara
e
via
Epicarmo,
ed
aveva
ambedue
gli
ingressi
sulla
stessa
strada,
con
la
chiesa
facente
angolo
con
la
via
Megara.
Andati
via
i
pochissimi
frati,
nel
1816
l’Amministrazione
comunale
si
riprese
il
possesso
dell’eremo
e,
dopo
gli
opportuni
adeguamenti,
lo
adibì
a
sede
di
scuole
pubbliche
e
mantenne
tale
funzione
sino
alla
fine
degli
anni
’50
del
Novecento.
Quindi,
dopo
un
lungo
periodo
di
non
utilizzo,
il
fabbricato
che
aveva
ospitato
il
modestissimo
eremo,
nel
1962
fu
demolito
con
il
proposito
di
costruirvi
un
poliambulatorio
cittadino;
ma
il
progetto
non
venne
mai
realizzato.
Fu
così
che
nacque
l’odierno
Palazzo
San
Biagio
che,
sorto
nel
1978
ed
utilizzato
dal
Comune
di
Augusta
come
luogo
per
le
sedute
amministrative,
per
convegni
e
riunioni
di
carattere
culturale
e
generale,
deve
il
suo
nome
proprio
al
complesso
religioso
che
in
precedenza
occupava
quel
luogo
cittadino.
Diversa
sorte
toccò
alla
modesta
Chiesa
di
San
Biagio
che,
già
sconsacrata
nei
primi
anni
del
ventesimo
secolo,
fu
prima
venduta
nel
1912
e
poi
demolita
agli
inizi
degli
anni
Trenta,
per
edificarvi
delle
abitazioni
civili,
confinanti
con
quello
che
era
stato
l’eremo
di
“San
Brasi”,
come
era
usuale
chiamare
San
Biagio
in
dialetto
locale.
In
occasione
dell’annuale
ricorrenza
celebrativa
del
3
di
febbraio
in
onore
di
San
Biagio,
invocato
per
la
guarigione
del
mal
di
gola,
nella
chiesa
avveniva
la
tradizionale
distribuzione
delle
tipiche
ciambelline
di
pane
biscottato,
conosciute
come
“cuddureddi
i
San
Brasi”,
che
i
fedeli
portavano
per
distribuirli
ai
vari
devoti.
Dopo
la
sconsacrazione
del
luogo
sacro,
questa
usanza
continuò
nella
vicina
Chiesa
del
Carmine,
dove
venne
ospitato
anche
il
simulacro
di
San
Biagio.
Chiesa
di
San
Sebastiano
La
Chiesa
di
San
Sebastiano,
situata
nell’angolo
Sud-Ovest
dell’incrocio
fra
via
Megara
e
via
Limpetra,
nacque
in
concreto
nella
già
lì
esistente
antica
chiesetta
del
Santissimo
Sacramento
del
Circolo,
condotta
dai
frati
del
Circolo,
che
faceva
da
sede
‘provvisoria’
per
il
culto
del
santo
martire,
nella
speranzosa
attesa
della
costruzione
di
una
nuova
chiesa
da
intitolargli.
Non
avvenuta
l’agognata
costruzione
del
nuovo
tempio
sacro,
nel
1728
si
ripiegò
a
restaurare
ed
ingrandire
la
piccola
chiesa
del
Santissimo
Sacramento
del
Circolo,
che
d’allora
fu
definitivamente
dedicata
a
San
Sebastiano.
Nell’antichità,
San
Sebastiano
era
stato
il
Patrono
della
città
di
Augusta,
ed
in
seguito,
con
l’elevazione
di
San
Domenico
quale
Patrono,
fu
rilegato
al
ruolo
di
Compatrono.
In
passato,
poi
neanche
tanto
lontano,
i
festeggiamenti
liturgici
del
mese
di
gennaio
in
onore
di
San
Sebastiano,
avvenivano
con
la
stabile
e
sentita
presenza
delle
autorità
comunali
e,
soprattutto,
con
la
presenza
massiccia
dell’intero
corpo
dei
Vigili
Urbani,
del
quale
il
Santo
ne
è
il
patrono.
Sin
dagli
anni
Ottanta
del
Ventesimo
secolo,
nonostante
il
restauro
effettuato
nel
1982,
fra
l’altro
resosi
inutile
dal
terremoto
del
1990,
al
quale
seguirono
altri
lavori
di
ristrutturazione,
la
Chiesa
di
San
Sebastiano
è
chiusa
al
culto.
Comunque,
nonostante
la
“indisponibilità”
della
chiesa,
San
Sebastiano
viene
ancora
annualmente
celebrato
con
programmi
liturgici
ed
un
semplice,
ma
seguito,
corteo
religioso
nelle
principali
vie
cittadine,
con
i
tradizionali
fuochi
d’artificio
in
piazza
Duomo
a
conclusione
delle
celebrazioni
religiose.
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