Augusta
(Siracusa)
  
  

   

La città di Augusta è situata lungo la costa orientale siciliana, tra Siracusa e Catania. La sua fondazione, avvenuta tra il 1233 e 1234 fu voluta dall’imperatore Federico II di Svevia nel quadro di un vasto progetto militare volto a potenziare e rafforzare le zone più deboli del suo regno. Ad essa fu dato il nome di Augusta, a testimonianza della vocazione imperiale di Federico. Tuttavia il fatto che i greci fondatori di Megara Iblea rinunciassero ad insediarsi in un sito così ospitale per stanziarsi nella vicina baia dotata di un retroterra fertile ma senza porto, lasciano presumere che la zona fosse già abitata. D’altra parte l’odierno territorio augustano fu popolato sin dall’età della pietra, infatti sono state scoperte tracce della presenza umana risalenti al paleolitico, al mesolitico ed al neolitico. A completare il quadro Rocco Pirri scrive che nel 1219, prima che sorgesse la città, frate Reginaldo D’Orléans, compagno di San Domenico, vi fondò un hospitium per i religiosi ed i pellegrini, cosa che starebbe a dimostrare la presenza di un nucleo abitato, seppur modesto.

Il borgo medievale fu popolato dagli abitanti ribelli di Centuripe, Montalbano e da alcune famiglie catanesi. Il castello, progettato dall’architetto Riccardo da Lentini, fu portato a termine (nelle sue parti essenziali) pressappoco negli stessi anni della fondazione della città, mentre a difesa dell’abitato venne costruita una cinta muraria.

Nella seconda metà del Duecento Augusta fu assoggettata per molti anni agli angioini, che la conquistarono dopo averla assediata nel 1269, concludendo la loro dominazione nel 1282. Seguì la dominazione aragonese, i cui primi anni furono funestati dalla breve conquista della città da parte dei francesi che la attaccarono il 1° maggio 1287, suscitando la repentina risposta spagnola. Infatti l’ammiraglio Ruggero di Lauria, dopo aver riarmato la flotta in sei giorni, riuscì a riprendere la città alla fine di un assedio durato quaranta giorni.

Nel 1326 la città, dopo essere stata elevata a contea, fu assegnata dal re Federico II d’Aragona a Guglielmo Raimondo II di Moncada in cambio di Malta e Gozo. Un suo discendente, Guglielmo Raimondo III, coinvolto negli intrighi legati alla morte del re Federico III ne rapì la figlia Maria, legittima erede al trono, che era tenuta prigioniera da Artale Alagona nel castello Ursino di Catania. Era il 23 gennaio 1379. Tuttavia la permanenza della ragazza ad Augusta durò pochi anni, infatti il Moncada la portò via nel 1382. Nel 1394, infine, la città divenne il quartier generale delle operazioni atte a reprimere i ribelli.

L’avvento del nuovo secolo vide Augusta tornare ad essere proprietà demaniale in quanto il re Martino I nel 1407 la tolse a Matteo II Moncada, cui diede in cambio la contea di Caltanissetta. Ma dieci anni dopo la città ritornò ad essere feudale per circa un secolo, con una breve parentesi demaniale dal 1449 al 1455, dopodiché dal 1567 passò definitivamente al demanio. Il governo della città fu affidato nel 1485 a don Giovanni Tommaso Moncada dei conti di Augusta e di Adernò per timore di un’invasione turca.

Nei primi del Cinquecento Augusta ricevette la visita del generale spagnolo Gonzalo Fernandez de Cordoba il quale, dovendo riorganizzare la difesa della costa orientale siciliana, fece rafforzare le fortificazioni della città, che tuttavia non ressero all’assalto dei turchi e dei barbareschi del 1551. Infatti nell’estate di quell’anno una flotta composta da oltre centocinquanta imbarcazioni, guidata da Sinam Pascià e da Dragutt, entrò nella baia di Augusta. Durante la notte il castello venne bombardato dai turchi, che, dopo aver aperto una breccia, sbarcarono e saccheggiarono la città, abbandonandola il mattino seguente dopo averla data alle fiamme. Altre incursioni avvennero nel 1552, nel 1553 e ancora nel 1560 sotto la guida di Pialì Pascià.

Nel 1564 la nomina di don Garcia di Toledo a viceré segna per la Sicilia un periodo di grandi interventi nelle opere di fortificazione delle città costiere. Nel 1566 la sua visita ad Augusta porterà alla costruzione dei forti Garcia e Vittoria e di torre Avalos, i cui progetti verranno realizzati dall’ingegnere Antonio Conte.

Nel 1571 un grosso numero di navi salpò dalla rada di Augusta per recarsi a Messina per unirsi alla flotta della Lega Santa, che sarebbe partita per affrontare la flotta turca. Lo scontro avvenne nel golfo di Lepanto, sulle coste della Grecia, il 7 ottobre dello stesso anno e si concluse con la sconfitta degli ottomani, che da quel momento persero la supremazia sui mari. Tuttavia ad Augusta le incursioni turche continuarono sino alla fine del secolo: vi furono degli sbarchi nel 1588 e nel 1594. A quest’ultima incursione è legato l’episodio del miracolo di San Domenico, patrono della città. Viene narrato che, durante la notte, mentre i turchi cercavano di saccheggiare la città furono messi in fuga dall’apparizione del santo che brandiva una spada e cavalcava un bianco destriero seguito da una grande schiera di cavalieri vestiti del suo stesso abito.

Dal 1630 la città godette della concessione della dignità senatoria, ma fu soltanto nella seconda metà del secolo successivo che tale concessione venne sanzionata grazie alla Consulta della Giunta di Sicilia in Napoli.

Nel 1649 Augusta diventò punto di rifornimento per l’Ordine dei Cavalieri Gerosolimitani, che però dovettero abbandonare la città alla fine del secolo successivo.

Nel 1657 fu acquistata la borgata di Brucoli, che divenne una frazione della città.

La rivolta di Messina al dominio spagnolo nel 1675 assecondò le mire espansionistiche di Luigi XIV. Il sovrano francese, sperando di conquistare la Sicilia, inviò due flotte comandate rispettivamente dall’ammiraglio Duquesne e dall’ammiraglio Vivonne. Quest’ultimo, dopo essere stato nominato viceré di Messina, entrò nel porto di Augusta il 17 agosto 1675, conquistando rapidamente la città. Gli spagnoli, contrattaccarono il 19 aprile 1676. La battaglia passata alla storia come la “battaglia di Agosta”, fu combattuta tre giorni dopo e vide scontrarsi la flotta spagnolo-olandese comandata dal leggendario ammiraglio Ruyter e quella francese guidata da Duquesne. Lo scontro si concluse senza vincitori né vinti e la città restò nelle mani dei francesi mentre l’ammiraglio Ruyter spirò alcuni giorni dopo a causa delle ferite. I francesi abbandonarono la città il 16 marzo 1678 e con la pace di Nimega del 10 agosto, rinunciarono alle mire espansionistiche sul Mediterraneo, cosicché Augusta ritornò nelle mani degli spagnoli.

Il terribile terremoto del gennaio 1693, accompagnato da un forte maremoto, distrusse la città e ridusse notevolmente il numero degli abitanti. 

Nel 1713 la fine della guerra di successione spagnola suggellata dal trattato di Utrecht sanzionò il possesso della Sicilia a Vittorio Amedeo II di Savoia. Tuttavia gli spagnoli, non accettando questa soluzione, inviarono una squadra navale, comandata dal marchese di Leyde, che conquistò Palermo e Catania, mentre un’altra squadra guidata dall’ammiraglio Castagnola si dirigeva verso Augusta, che cadde senza opporre resistenza. I savoiardi allora chiesero l’appoggio degli inglesi che, comandati dall’ammiraglio Byng, si scontrarono con gli spagnoli nel porto di Augusta per continuare a combattere nella baia di Santa Panagia ed infine a Capo Passero, da cui la battaglia prenderà il nome. Malgrado la vittoria inglese la città resto in mano agli spagnoli fino al 1720, anno in cui gli accordi tra le potenze europee diedero la Sicilia in possesso all’Austria, per tornare definitivamente ai Borboni nel 1735.

All’inizio dell’Ottocento la baia di Augusta vide salpare la flotta inglese del Mediterraneo che partiva per congiungersi con le altre forze della marina inglese che il 21 ottobre 1805 avrebbero combattuto vittoriosamente la battaglia di Trafalgar. Il 30 marzo 1808 il re di Sicilia concesse agli inglesi di avere tutti i porti dell’isola aperti al commercio e alle navi da guerra; in questo scenario Augusta diveniva base operativa della flotta britannica, mentre a terra era presidiata da quattromila soldati inglesi.

Il terremoto dell’11 gennaio 1848 distrusse due terzi delle case, ma provocò soltanto una trentina di vittime. Lo stesso anno i moti rivoluzionari causarono la cacciata del presidio borbonico dalla città, che tuttavia venne ripresa nella Pasqua del 1849. I moti del 1860, invece, videro i borbonici firmatari della capitolazione per mano del colonnello Pietro Tonson La Tour.

Nel 1860 il Cavour, presiedendo il Consiglio Superiore del Ministero della Marina, considerò favorevolmente l’idea di creare ad Augusta un arsenale marittimo, cosa che venne riaffermata nel 1878-79 dalla Commissione Parlamentare. Malgrado ciò ad Augusta venne preferita Taranto come sede meridionale di un arsenale militare marittimo.

L’avvento della navigazione a vapore spinse nel 1904 la società Carbonifera Industriale Italiana ad investire nel porto di Augusta, utilizzato come base di rifornimento per la sua vicinanza alle rotte mediterranee. Per questo motivo la compagnia genovese aveva acquistato il transatlantico inglese Massilia, trasformandolo nel più grande deposito galleggiante di carbone del Mediterraneo.

La politica espansionistica del periodo giolittiano aveva portato l’Italia alla guerra con la Turchia per impadronirsi della Libia. A causa della favorevole posizione strategica la baia di Augusta venne designata come base per le operazioni militari. Sebbene la guerra venisse dichiarata il 29 settembre 1911, le navi cominciarono ad affluire nel porto a partire dal 22 settembre e il 10 ottobre salpò il convoglio di truppe diretto a Tripoli. La guerra si concluse il 18 ottobre 1912 sanzionando per l’Italia la conquista della Libia e per Augusta l’importante ruolo di base militare.

La Prima guerra mondiale, impegnando la marina militare prevalentemente nell’Adriatico, vide la città priva di un ruolo operativo. Solo a partire dalla metà del 1917 si provvide alla costruzione di un hangar per i dirigibili, a causa della presenza nelle acque meridionali di sottomarini tedeschi. Uno di essi il 18 marzo 1918 entrò nella rada di Augusta, affondò il Massilia e si allontanò senza subire danni, mettendo in luce i punti deboli del porto. Il potenziamento del sito avvenne sotto la spinta del regime fascista, interessato alla creazione di basi idonee per il controllo del Mediterraneo: venne progettata una diga per migliorare la protezione della rada, fu ultimato l’hangar nel 1920 e, a dimostrazione della crescente importanza dell’aviazione militare, fu avviata la costruzione di uno scalo per idrovolanti. Il 13 maggio 1924 lo stesso Mussolini visitò Augusta per verificare lo stato di avanzamento dei lavori dell’idroscalo, che venne inaugurato il 28 marzo 1926; la diga, invece, venne completata nei primi anni ’30. Di pari passo si procedette all’installazione di postazioni contraeree, per proteggere le navi da guerra di base nel porto. Tuttavia l’eccessiva vicinanza a Malta e la paura dell’Alto Comando della Marina che potessero giungere attacchi nemici da quell’isola, tolse alla città un ruolo primario e la relegò nuovamente a base d’appoggio. Il 13 maggio 1943 Augusta fu sottoposta ad un pesante bombardamento ed, infine, il 12 luglio occupata dalle forze alleate.

La fine della guerra segnò per Augusta un profondo rinnovamento, infatti lo sviluppo dell’industria petrolchimica, strettamente legato quello del porto commerciale, permise alla città di raggiungere un notevole sviluppo economico.

Chiesa di San Domenico

La chiesa San Domenico risale al XIII secolo. È dedicata a san Domenico di Guzmanpatrono della città.  

Il primo edificio sacro intitolato a San Domenico di Guzman risale al 1219 per opera di Reginaldo d'Orleans, quasi contemporaneo alla fondazione della città da parte di Federico II. Alcuni scritti la dichiarano prima sede dei domenicani in Sicilia e prima chiesa al mondo intitolata al santo dei Guzman. Le fonti documentali attuali non fanno alcun riferimento riguardo all'aspetto di questa prima chiesa né di quale aspetto avesse il primo nucleo del convento in mancanza di mappe, piante, schizzi, dipinti o disegni.

Nel 1516 il patriarca San Domenico è proclamato patrono e protettore della città.

Nel 1551, con la prima devastazione dovute ad una serie di invasioni turche - ottomane, la chiesa fu incendiata e rasa al suolo, per essere ricostruita insieme al convento nell'arco di 30 anni. Per la descrizione di questo secondo edificio si fa riferimento al modello che regge in mano la statua del Santo, verosimilmente la riproduzione più attendibile del tempio riedificato sul finire del XVI secolo.

Rasa al suolo dal terremoto e conseguente maremoto del gennaio 1693, fu nuovamente ricostruita in due anni, con il prospetto principale orientato a levante: il primitivo tempio presentava la disposizione abside - ingresso ribaltati.

Fu nuovamente danneggiata gravemente dal sisma noto come terremoto del Golfo di Catania dell'11 gennaio 1848. Per decisione del sindaco nel 1876 iniziarono i lavori di costruzione di una nuova chiesa, affidati all'ingegnere Luciano Ferraguto, in stile neoclassico.

Chiusa dall'aprile 1981, in quanto inagibile per la vetustà di alcune strutture, fu ulteriormente danneggiata, a causa del terremoto di Santa Lucia del 13 dicembre 1990, accusando la perdita di decorazioni e solo recentemente è stata ristrutturata.

Il 13 maggio del 2007 il tempio è stato riaperto al culto.  

La facciata in stile neoclassico, presenta ai lati pilastri adornati di lesene a cui si accostano due semicolonne sormontate da capitelli in ordine corinzio.

La torre campanaria, sulla parte destra, è a pianta quadrangolare. Suddivisa su tre piani vi sono delle aperture con balaustre. In cima alla torre ci sono quattro gugliette con al centro una calotta sferica sorretta da una trabeazione.  

L'interno si presenta ad unica navata con vestibolo è suddivisa per ogni lato da cinque archi con colonne di ordine corinzio. Una balaustra in marmo separa l'altare maggiore dalla navata con due gradini. L'abside è divisa da altre cinque colonne dello stesso stile.

Adiacente al tempio sono le strutture che fino al secolo scorso hanno ospitato il convento di padri domenicani. Seconda istituzione dell'Ordine dei frati predicatori in terra di Sicilia fondata nel 1219.

L'istituzione cominciò a tramontare all'inizio dell'Ottocento, col progressivo abbandono dei religiosi che andarono a rimpinguare le fila dei confratelli della vicina sede domenicana di Lentini. Pertanto numerosi ambienti cominciarono a essere destinati ad alloggi dei Militari della Gran Guardia e come depositi per le attrezzature dell'artiglieria inglese. Dopo l'Unità d'Italia, l'emanazione delle leggi eversive, la confisca e l'incameramento dei beni ecclesiastici da parte dello Stato, furono utilizzate come sede di diverse attività pubbliche: uffici della Pretura, Ufficio Telegrafico, Ufficio del Registro, Ufficio del Demanio e per la prima Scuola Tecnica di Augusta.

Dal 1912, gli edifici ospitarono alcune istituzioni scolastiche.

Abbandonato per un lungo periodo, l'intero convento è stato sottoposto a lavori di ristrutturazione col tentativo recuperare uno dei più importanti edifici storici cittadini.

Chiesa di Santa Maria Assunta  

La chiesa di Santa Maria Assunta o chiesa madre è la chiesa principale di Augusta.

Augusta, notoriamente chiamato “a Matrici”, per essere appunto la Chiesa Madre della città, trae le sue origini da una piccola quanto antica chiesa medioevale, esistente già dal XIV secolo e dedicata a Santa Maria dei Miracoli. Quasi sicuramente l’originario tempio ad una navata aveva l’ingresso principale rivolto verso ponente, sullo spazio che in seguito divenne l’attuale piazza Mercato.  

All’epoca la chiesa era agevolmente raggiungibile dal Piano del Castello, ritenuto il centro della vita civile, attraverso le odierne vie San Giuseppe e S.S. Annunziata che, insieme, formavano un’unica e diritta strada, ritenuta la principale arteria cittadina, almeno fino al periodo del tardo Medioevo.

Nel 1644, per consentire ad un maggior numero di fedeli di assistere alle sacre funzioni e per contribuire a migliorare e dare una degna immagine a quella che iniziava a diventare la principale piazza della città, s’iniziò a restaurare ed ampliare la vecchia chiesetta. Quando si verificò il disastroso terremoto del 1693, i lavori di ristrutturazione erano ancora in corso d’opera e, purtroppo, si rese vano quanto fatto fino allora, in pratica si dovette ricominciare a costruire dal nulla.

La conseguente e totale ricostruzione portò alla nascita dell’attuale Duomo a tre navate e con il prospetto principale rivolto a Levante. I lavori di costruzione si prolungarono per oltre settanta anni e soltanto nel 1769 nacque la nuova e più ampia chiesa che, per l’occasione, fu dedicata alla Vergine Maria Santissima Assunta.

Per rendere più decorosa la zona, sulla quale la chiesa si ritrovò ad avere il suo nuovo ingresso principale, il vasto spiazzo antistante fu sgombrato dalle carceri cittadine, che si trovavano dove adesso c’è il Palazzo del Comune, e dal mercato cittadino, che si svolgeva nel lato opposto del Municipio e che era situato davanti al prospetto Nord del nuovo Monastero di Santa Caterina. All’epoca, quell’ampio spazio era conosciuto come piazza Gelida, in quanto in questo mercato si vendeva, fra le tante altre cose, anche il ghiaccio che proveniva dai vicini luoghi di montagna avvolto nella paglia e che era un elemento fondamentale per la refrigerazione di alimenti e bevande, soprattutto in quei tempi privi di energia elettrica.

Rimasta chiusa ben quattordici lunghi anni, per essere restaurata a causa dei danni arrecati dal grave sisma del 13 dicembre 1990, la Chiesa Madre, antica sede della Confraternita dei Massari ovvero dei Coltivatori Diretti, è stata riaperta al culto il 23 dicembre del 2004.

In conseguenza di quel terremoto le statue di San Domenico e di San Giuseppe, poste in alto nei due lati del prospetto principale della “Matrice”, probabilmente messi dagli antenati per “vigilare” dall’alto sulla città e “proteggere” in modo perpetuo i cittadini, vennero rimosse per ovvi motivi di sicurezza pubblica. Custodite in dei contenitori di metallo, le due statue, a distanza di un quarto di secolo, purtroppo non sono ancora state rimesse al loro posto.  

Il prospetto è articolato su di un duplice ordine, raccordato da ampie volute laterali. Il piano basso presenta tre aperture che danno adito alle rispettive navate. Sull'ingresso principale si apre la finestra della cantoria. La cella campanaria è composta da tre piccole aperture con balconcini in ferro battuto, opera di un artigiano locale. Un timpano con cornice e dentellatura chiude la parte superiore dell'edificio. 

L'interno è a croce latina con tre navate e volta a botte sostenuta da pilastri adorni di lesene. Entrati nella chiesa percorretela in senso orario:

- Nella parete sud della navata di sinistra vi si trovano quattro altari dedicati rispettivamente a san Filippo Neri, alla Madonna del Rosario, a santa Lucia e ai santi Pietro e Paolo; inoltre vi si trova la statua della Madonna di Fatima.

- Nella zona ovest si distinguono: la cappella del Sacramento che è delimitata da un cancello in ferro battuto, l'abside e la cappella del Crocifisso.

L'abside è accessibile tramite un'ampia scalinata centrale, alla cui sommità, nei due lati, si trova un transetto in stile neoclassico; nella parti laterali il coro in legno e quattro tele, due per parte, raffiguranti episodi della vita di Maria, che, in vista del restauro della chiesa, sono state tolte; nella parte centrale, in alto, è posta la tela raffigurante l'assunzione di Maria. L'altare maggiore è in marmo; nella parte anteriore sono dei bassorilievi: in basso osserviamo: a sinistra la croce, simbolo della fede, al entro Gesù con i due discepoli di Emmaus e a destra l'ancora, simbolo della speranza; in alto sono raffigurati: sinistra e a destra due altari, al centro il sacrificio di Isacco.

- Nella parte nord della navata di destra si evidenziano quattro altari dedicati rispettivamente al sacro Cuore, alla natività di Gesù, a sant'Antonio di Padova e a san Domenico; inoltre vi si trovano il battistero con bassorilievo in maiolica raffigurante il battesimo di Gesù, e, sotto, il fonte battesimale di forma semisferica con bordo ottagonale.

Nella parte alta delle due navate laterali si distinguono dieci lunette con ventri istoriati, illustranti vari episodi della vita della Madonna; quelle della navata di sinistra rappresentano: l'annunzio dell'Angelo a Maria, la visita di Maria a santa Elisabetta, lo sposalizio di Maria, la nascita di Gesù e la Sacra Famiglia; quelle delle navate di destra descrivono: lo smarrimento ed il ritrovamento di Gesù nel tempio, il miracolo delle nozze di Cana, Maria ai piedi della croce, Maria e gli apostoli nel cenacolo ed infine la Dormitio di Maria. Nelle navate laterali, inoltre, sono posti sei confessionali, tre per parte, di pregevole fattura. Nella navata centrale e precisamente sul lato sinistro, posto quasi al centro della chiesa, si nota un pulpito in legno scolpito nel secolo scorso dal maestro augustano Stagnaro; poco più avanti si trova l'organo con cantoria, probabilmente del '700. Nella parte destra della navata, di fronte all'organo, un tempo vi era il "banco senatorio", così come testimoniano le due targhette in marmo poste nell'arcata. Sopra l'ingresso si può ammirare un'altra vetrata istoriata, nella quale è rappresentata Maria con il Bambino.

Chiesa delle Anime Sante del Purgatorio

La Chiesa consacrata alle "Anime Sante del Purgatorio" è il principale monumento sacro che si rispecchia di più nello stile barocco settecentesco che caratterizza gran parte di chiese e palazzi nell'intero sud est siciliano.

Questa chiesa costruita nella prima metà del 700 sarebbe stata progettata dal celebre architetto messinese Filippo Juvara, che vanta il progetto e la costruzione di numerosi edifici barocchi in tutta Italia (tra cui vanno citate la sua opere più celebri, la Palazzina di Caccia ubicata a Stupinigi e la Basilica di Superga, ubicate presso Torino) anche se le fonti non sarebbero del tutto attendibili. Anche questa chiesa è stata sconvolta dal terremoto del 13 Dicembre 1990, per cui è stata riaperta ultimamente dopo un restauro durato diversi anni.

La facciata della chiesa (ubicata tra le Vie Principe Umberto e Via Garibaldi), seppur presentando uno stile barocco piuttosto semplice, si presenta ugualmente pittoresca vista la sua forma convessa che dona ai due ordini della facciata una lieve sensazione di movimento.

Il portale d'ingresso è caratterizzato da un'artistica cancellata in ferro battuto incassata in un arco la cui sommità presenta fini ghirlande floreali calcate con la tecnica del bassorilievo, posto nel corpo centrale della facciata convesso verso l'esterno. Tra due pilastri recanti capitelli accartocciati, che sostengono una trabeazione anch'essa di tipo convesso, vi sono due artistiche nicchie incavate nei corpi concavi della facciata. 

L'ordine superiore della facciata è caratterizzato da quattro contrafforti a spirale; i primi due sono posti alle estremità della facciata e sono uniti al corpo centrale da giunture recanti fini bassorilievi decorativi; mentre gli altri due sono posti alla base di due pilastri che vanno ad inquadrare la finestra centrale di tipo arcuato (anch'essa orlata da ghirlande scolpite a bassorilievo) e a sostenere un timpano di tipo spezzato. 

La facciata è coronata dalla semplice torretta campanaria (opera posteriore alla costruzione della chiesa) terminante con un pinnacolo sferico che sostiene la "Croce" ferrea.

L'interno presenta un'unica ma ampia Navata caratterizzata dalla presenza di ampi colonnati che vanno ad inquadrare gli splendidi Altari laterali di spiccato gusto barocco. Qui possiamo ammirare tra le opere d'arte sacra i dipinti che raffigurano "San Pasquale Baylon" (proveniente dalla Chiesa Madre consacrata alla "Madonna Assunta") e "San Gregorio".

Nell'area presbiteriale possiamo ammirare lo stupendo Altare Maggiore in marmo policromo incorniciato da un sontuoso colonnato che va a formare l'Abside della Chiesa, in cui è posta una bella scultura aurea raffigurante lo "Spirito Santo". Sull'Altare è posta la bella statua che raffigura la "Madonna della Provvidenza" ai cui piedi vi sono raffigurate le "Anime Purganti". Sull'Abside è presente la tela che raffigura "San Nicola e la Madonna del Suffragio che consolano le Anime del Purgatorio".

Chiesa di Sant’Andrea

Di origini risalenti al periodo dell’invasione dei francesi del 1675, la Chiesa di Sant’Andrea Apostolo fu eretta dalla classe dei pescatori di sarde, raggruppati nella confraternita detta, per l’appunto, dei “sardari”. Il suo prospetto principale, abbellito nel frontone da una nicchia con la statua di Sant’Andrea, con due belle e particolari colonne tortili poste ai lati dell’ingresso e da un elevato campanile di pietra, dava sulla via Principe Umberto, in prossimità dello incrocio con l’attuale via Limpetra.

Distrutta durante il terribile bombardamento aereo che, nel corso del secondo conflitto mondiale, le Forze Alleate effettuarono il 13 maggio 1943 su Augusta, la Chiesa di Sant’Andrea, a differenza della Chiesa di Gesù e Maria, anch’essa abbattuta lo stesso tragico giorno, è stata ricostruita a cavallo degli anni Sessanta e Settanta, nel suo sito originario; riconsacrata nel 1975, è stata riaperta al culto nell’ottobre del 1977.

La ricorrenza celebrativa in onore di Sant’Andrea, a cura della Confraternita dei Sardari, si svolge il 30 di novembre. I relativi festeggiamenti sono principalmente improntati sulle solenni funzioni religiose e sull’immancabile processione del simulacro attraverso le vie di Augusta. Negli ultimi tempi, a ricordo di una antica tradizione locale, questi festeggiamenti sono stati arricchiti dalla ormai tanto attesa sacra del pesce, per rimarcare l’impronta del mestiere dei tantissimi pescatori di sarde, raggruppati nella confraternita di Sant’Andrea.

Chiesa e Eremo di San Biagio

Le vicende storiche della Chiesa e dell’Eremo di San Biagio sono legate all’istituzione della parrocchia di San Sebastiano, avvenuta nel 1718, che comportava la costruzione di una nuova chiesa. In attesa che nascesse il nuovo tempio sacro da dedicare a San Sebastiano, la parrocchia si avvalse della piccola Chiesa del Santissimo Sacramento del Circolo che, situata nell’attuale incrocio fra via Megara e via Limpetra, era tenuta ben curata da alcuni eremiti che ne volevano fare la propria sede. Trascorsi diversi anni e non essendo ancora riusciti a costruire il nuovo edificio, si decise di ampliare quella stessa antica chiesetta del Circolo e farne la sede stabile della Chiesa di San Sebastiano. In cambio della loro chiesa, nel 1728 gli eremiti del Santissimo Sacramento del Circolo ottennero di potersi trasferire nella chiesetta di San Biagio, già esistente nelle vicinanze e anch’essa situata nell’odierna via Megara.

Sempre in quell’anno questi frati usufruirono della costruzione di un piccolo convento adiacente alla stessa chiesa e i cui lavori furono completati l’anno seguente. Pertanto, in conseguenza di tali traversie, si può datare a questo periodo la nascita del complesso religioso di San Biagio. In realtà il neo-costruito convento di San Biagio era più che altro un semplice eremo piuttosto piccolo e modesto, senza chiostro e portici, con locali stretti e soltanto con la presenza di un orticello e che, nonostante la sua predisposizione di base, si trovava in un ambiente urbano e non in luogo isolato. L’insediamento religioso, facendo riferimento ai nomi delle attuali vie cittadine, si sviluppava sulla via Roma, nel lato nord del tratto compreso fra via Megara e via Epicarmo, ed aveva ambedue gli ingressi sulla stessa strada, con la chiesa facente angolo con la via Megara.

Andati via i pochissimi frati, nel 1816 l’Amministrazione comunale si riprese il possesso dell’eremo e, dopo gli opportuni adeguamenti, lo adibì a sede di scuole pubbliche e mantenne tale funzione sino alla fine degli anni ’50 del Novecento. Quindi, dopo un lungo periodo di non utilizzo, il fabbricato che aveva ospitato il modestissimo eremo, nel 1962 fu demolito con il proposito di costruirvi un poliambulatorio cittadino; ma il progetto non venne mai realizzato. Fu così che nacque l’odierno Palazzo San Biagio che, sorto nel 1978 ed utilizzato dal Comune di Augusta come luogo per le sedute amministrative, per convegni e riunioni di carattere culturale e generale, deve il suo nome proprio al complesso religioso che in precedenza occupava quel luogo cittadino.

Diversa sorte toccò alla modesta Chiesa di San Biagio che, già sconsacrata nei primi anni del ventesimo secolo, fu prima venduta nel 1912 e poi demolita agli inizi degli anni Trenta, per edificarvi delle abitazioni civili, confinanti con quello che era stato l’eremo di “San Brasi”, come era usuale chiamare San Biagio in dialetto locale. In occasione dell’annuale ricorrenza celebrativa del 3 di febbraio in onore di San Biagio, invocato per la guarigione del mal di gola, nella chiesa avveniva la tradizionale distribuzione delle tipiche ciambelline di pane biscottato, conosciute come “cuddureddi i San Brasi”, che i fedeli portavano per distribuirli ai vari devoti. Dopo la sconsacrazione del luogo sacro, questa usanza continuò nella vicina Chiesa del Carmine, dove venne ospitato anche il simulacro di San Biagio.  

Chiesa di San Sebastiano

La Chiesa di San Sebastiano, situata nell’angolo Sud-Ovest dell’incrocio fra via Megara e via Limpetra, nacque in concreto nella già lì esistente antica chiesetta del Santissimo Sacramento del Circolo, condotta dai frati del Circolo, che faceva da sede ‘provvisoria’ per il culto del santo martire, nella speranzosa attesa della costruzione di una nuova chiesa da intitolargli. Non avvenuta l’agognata costruzione del nuovo tempio sacro, nel 1728 si ripiegò a restaurare ed ingrandire la piccola chiesa del Santissimo Sacramento del Circolo, che d’allora fu definitivamente dedicata a San Sebastiano.

Nell’antichità, San Sebastiano era stato il Patrono della città di Augusta, ed in seguito, con l’elevazione di San Domenico quale Patrono, fu rilegato al ruolo di Compatrono. In passato, poi neanche tanto lontano, i festeggiamenti liturgici del mese di gennaio in onore di San Sebastiano, avvenivano con la stabile e sentita presenza delle autorità comunali e, soprattutto, con la presenza massiccia dell’intero corpo dei Vigili Urbani, del quale il Santo ne è il patrono. 

Sin dagli anni Ottanta del Ventesimo secolo, nonostante il restauro effettuato nel 1982, fra l’altro resosi inutile dal terremoto del 1990, al quale seguirono altri lavori di ristrutturazione, la Chiesa di San Sebastiano è chiusa al culto. Comunque, nonostante la “indisponibilità” della chiesa, San Sebastiano viene ancora annualmente celebrato con programmi liturgici ed un semplice, ma seguito, corteo religioso nelle principali vie cittadine, con i tradizionali fuochi d’artificio in piazza Duomo a conclusione delle celebrazioni religiose.

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