Sperlinga (Borgo)
(Enna)  
  

   

Il paese è situato tra i monti Nebrodi e le Madonie, nel cuore della Sicilia a 750 metri dal mare ed ha solo circa 700 abitanti.

Il nome deriva dal greco e significa “Spelonca”, grotta. Molti edifici di questo piccolo borgo sono infatti scavati nella roccia: ill castello, le antiche necropoli bizantine e anche alcune case moderne.

Il borgo vero e proprio ha origini normanne, così come il suo bellissimo castello. Le necropoli sono invece di origini bizantine e vennero all’inizio utilizzate come tombe per poi essere trasformate in case, che furono abitate addirittura fino agli anni ’60. Sperlinga è davvero una piccola perla, da vedere almeno una volta nelle vita.  

Tra i primi documenti storici in cui è citata Sperlinga, si trova un privilegio del Conte Ruggero del 1082. Risale al periodo subito successivo una forte colonizzazione da parte di popolazioni lombarde venute dal Nord Italia o Sicilia lombarda. Per questo motivo a Sperlinga si parla ancora oggi un dialetto gallo-italico, il gallo-italico di Sicilia, come in altre zone della Sicilia, dovuto a immigrazioni dalle province di NovaraAsti e Alessandria

Sperlinga è attestata come castrum (e quindi borgo dotato di strutture castellane) già in un documento del 1239. La storia di Sperlinga si identifica con la storia delle famiglie che hanno posseduto il castello e i feudi annessi, i Ventimiglia, i Natoli, i Rosso e gli Oneto. Nel 1408 Giovanni Ventimiglia del castello Maniaci, Signore di Ucria e Pretore di Palermo viene anche investito del titolo di Barone del Castello di Sperlinga. Il paese, nato come borgo feudale ai piedi del castello medievale normanno, si è espanso dal 1597 in poi, quando il re Filippo II concesse a Giovanni Natoli (Gianforte o Giovanni Forti Natoli), il titolo di principe di Sperlinga, e il privilegio di potervi fabbricare terre.

Il principe Natoli fece edificare la Chiesa dedicata a S. Giovanni Battista fuori dalle cinta del Castello, i cui primi atti parrocchiali sono datati 1612 e sviluppò tutto il borgo. Il figlio Francesco Natoli Maniaci cedette nel 1658 il castello e la proprietà feudale agli Oneto, con il titolo di duchi di Sperlinga, ma i Natoli mantennero sempre il titolo di principi di Sperlinga.

Nel 1776 Sperlinga accoglie un viaggiatore illustre, il pittore francese Jean-Pierre Houël che nel suo Voyage pittoresque inserisce anche una veduta della città. Nel 1778 invece fu la volta di Jean-Claude Richard de Saint-Non e anch'egli ne fece una veduta.

In contrada Capostrà, nel luglio 1943, fu scattata la famosissima foto di Robert Capa che è diventata a livello mondiale il simbolo dello sbarco alleato, dopo la sua pubblicazione sulla rivista americana Life.

Nel 1955 Fosco Maraini realizza una serie di foto della città per la società Alinari.

Si segnalano le aree di Contrada Rossa, Cicera, Perciata, Grotta Vecchia, e all'interno del centro abitato quella del "Balzo" scavate in fila e sovrapposte con antistanti pittoresche stradine che costituiscono nel loro insieme un borgo rupestre, dove, ogni anno, il 16 agosto, si celebra la "Sagra del Tortone". Tale manifestazione folcloristica consiste nella distribuzione e degustazione di cibi locali tipici, espressione della migliore e più genuina tradizione culinaria del luogo. Al centro della proposta alimentare riccamente imbandita il gustosissimo "Tortone".

Nei giorni precedenti, i vari rioni del paese, ognuno rappresentato da una Dama, si sfidano in vari giochi. La dama del rione che ha ottenuto il maggior punteggio viene eletta Castellana di Sperlinga. Il 16 agosto la Castellana, insieme alle altre dei paesi Gallo-Italici, partecipa al corteo storico, composto da molti personaggi, in costume d'epoca, che sfilano lungo le vie del paese. Una giuria eleggerà la Dama dei paesi Gallo-Italici. La serata in piazza Castello è allietata da rappresentazioni di eventi storici, spettacoli pirotecnici, canti e balli.

Visitare il borgo

Il piccolo borgo di Sperlinga, adagiato alla base di un imponente sperone roccioso che troneggia su ampie valli e colline ricche di boschi, campi di grano e pascoli, emana un fascino esclusivo. Le sue viuzze, le architetture, i panorami hanno un qualcosa di unico, per niente paragonabile alle tipiche atmosfere che caratterizzano tanti altri piccoli centri della Sicilia. Gran parte della sua magia deriva dalle caratteristiche abitazioni scavate nella roccia viva e con facciate in muratura, dai ruderi dell'imponente castello, dal piccolo borgo rupestre e, non da meno, dal tipico dialetto parlato dagli abitanti.

Una volta raggiunto il paese a richiamare subito l'attenzione del visitatore sono alcune caratteristiche case che prospettano sulla SS 120, lato Nicosia. Queste, per la verità, di una casa hanno solo la facciata, con balconi e finestre, perché tutto il resto si sviluppa dentro la roccia.

Nei pressi di queste singolari case si trova una ripida scala che porta nel sovrastante borgo rupestre dove numerose “grotte”, organizzate su più file sovrapposte a sua volta collegate da corridoi e scale intagliate nella roccia, con un minimo di fantasia proiettano il visitatore in epoche molto lontane.

Sono una cinquantina e sono state usate all’epoca come tombe e poi, fino addirittura agli anni ’60, come abitazioni. Le grotte oggi sono aperte al pubblico e potrai quindi anche entrarci. Alcune di esse sono adibite a museo, altre sono invece ancora oggi utilizzate dagli abitanti come magazzini.   

Castello 

Recita l’iscrizione che corre sull’arco del secondo accesso al maniero: quod Siculis placuit sola Serlinga negavit (“ciò che ai Siculi piacque, solo Sperlinga negò”), un motto diventato un modo per indicare chi discorda dal volere comune. Una “reazionaria” del Medioevo, Sperlinga, l’unica rocca a schierarsi dalla parte dei Francesi durante la guerra del Vespro, mentre i nobili siciliani già offrivano la corona agli Aragonesi. Quando il 31 marzo 1282 la rivolta contro gli Angioini di Carlo I deflagrò da Palermo su tutta l’isola, a Sperlinga, in quel castello dell’Ennese arroccato nel cuore di Sicilia, i Francesi capeggiati da Pietro Lamanno (o Alamanno) si asserragliarono respingendo il nemico. L’assedio della roccaforte durò per almeno un anno e la sopravvivenza dei Francesi dovette necessariamente essere garantita dall’appoggio dei baroni locali.

La visione del castello dà l’idea di un vascello di pietra ancorato al cielo: da una monolitica rupe di tufo grigio alta circa 70 metri si levano cortine murarie e torri, incagliate in mastodontici costoni di roccia. Avvicinarsi incute un certo timore, unito alla scoperta che, letteralmente incastrate nella roccia, sopravvivono alcune case di pietra a vista. Abitazioni ancora più arcaiche sono quelle che occhieggiano dai fianchi della rupe: il nome stesso della località pare derivare da spelunca, perché disseminata di grotte abitate dalle più antiche genti, ma utilizzate anche come ricovero per gli animali e per sepolture.  

Una stretta piazza cinta da una cortina continua di abitazioni, costruite probabilmente su vecchie fortificazioni, apre al castello. Una rampa di scale conduce a un portale ogivale un tempo difeso da un ponte levatoio. Si superano due ambienti voltati, dai quali si esce attraverso l’arco con la celebre iscrizione posteriore (1597) ai fatti del Vespro. Le due sale Baronali concedono sguardi al borgo e al panorama: la bifora trecentesca incornicia un paesaggio rimasto sostanzialmente immutato da parecchi secoli. 

Ma lo spettacolo più vario e ogni volta differente è quello che riescono a inquadrare gli “occhi” scavati nella roccia delle antiche scuderie e delle prigioni, lungo un corridoio rupestre di una quarantina di metri, che vanta una frequentazione millenaria e conserva avanzati sistemi di raccolta delle acque e i resti di una canna fumaria. Sul lato opposto della spianata si susseguono gli ambienti della chiesa, ricostruiti sulle macerie dell’antica cappella. Gran parte delle fabbriche esistenti su questo lato sono state abbattute, poiché pericolanti, nel 1914. Il livello ipogeo è occupato da una suggestiva infilata di sale comunicanti. Sul margine occidentale si apre una terrazza con viste superbe sul borgo, sulla chiesetta della Madonna della Mercede e sulla campagna.

Conviene prendere fiato prima di conquistare la sommità della rupe, sfidando una ripida scala intagliata nel masso, consunta dai secoli e dalle piogge. Un portale ogivale coronato da merli introduce alla terrazza più alta, residuo del mastio del complesso. La stretta lingua di roccia e le lisce pareti a strapiombo lasciano percepire l’imprendibilità del luogo. Tutt’intorno si schiude un paesaggio di grande armonia: l’altopiano di Gangi e le creste delle Madonie, i Nebrodi, l’Etna, i monti Erei. Solo le cime sono ricoperte dai boschi, che lasciano nudi i pascoli sottostanti, verdi in primavera, brulli e arsi dal sole da giugno a settembre, nuovamente verdeggianti alla prima spruzzata di pioggia. Bianche greggi al pascolo e stradine non asfaltate che si inerpicano tra le cime fanno un po’ fatica a dialogare con il roteare delle pale eoliche.  

Il castello di Sperlinga è un castello medievale costruito sulla rocca che domina la cittadina di Sperlinga, scavato nella roccia arenaria, ricavato da un unico monolite sopra grotte di templi sacre che risalgono a 4.000 anni fa. È dotato di una particolare edificazione nella roccia arenaria.

Il basamento rupestre del castello (dal greco "Spelaìon" poi latinizzato in "Spelunca" ovvero grotta) fu strutturato dalle popolazioni indigene sicule, in cui le grotte scavate nella roccia, venivano utilizzate come sepolcri.

Sperlinga divenne sede di una ampia comunità di Longobardi che arrivano in Sicilia dal Nord Italia nel XII secolo, lombarde, ancora oggi infatti la lingua locale è un particolare dialetto detto "gallo-italico".

L'inizio dell'edificazione si fa risalire tra la fine dell'XI secolo e l'inizio del XII, sotto i normanni. I primi documenti sull'esistenza del borgo e del suo Castello sono del 1080. Lo storico Michele Amari ne La guerra del vespro siciliano, individuò dei documenti che avvalorano la tesi dei soldati angioini a Sperlinga capeggiati da "Petro de Alemanno o Lemanno", resistettero, nel 1283 per quasi un anno all'assedio dell'esercito aragonese. 

Il Castello, in quel periodo, era di proprietà dello stesso Petro de Lemanno che attese invano gli aiuti angioini, durante la guerra del Vespro. I soldati di Carlo I d'Angiò vi trovarono quindi rifugio, all'interno della sua struttura interamente scavata nella roccia, in cui si avverte la magia di questo luogo e si apprezza il misticismo che lo pervade, è come entrare in un altro mondo, in cui nulla è decorazione e tutto ha un messaggio da raccontare. Ancora ci si chiede come sia stato possibile scavare questa dura roccia per ricavare le diverse stanze che compongono il castello, su cui si tramandano numerose leggende secolari.

Terminato il conflitto, il castello fu assegnato nel 1324 dagli aragonesi alla famiglia Ventimiglia, che lo possedette per oltre due secoli. Il feudo era attraversato dalle trazzere regie che permettevano collegamenti con Messina, Palermo, il monte Altesina ed Enna. 

Nel 1597, il Castello di Sperlinga venne comprato dal barone Giovanni Forti o Gianforte Natoli. Giovanni Forti Natoli, la comprò per 30834 feudi, dal principe di Castelbuono Giovanni Ventimiglia il giorno 29 agosto 1597. Re Filippo IV concesse per lui e per i suoi discendenti, il titolo di principe erigendo nel 1626 la baronia a principato, e il privilegio di "potervi fabbricare terre". Intorno al castello crebbe un centro commerciale che interessò tutto il territorio circostante. La proprietà passò poi al figlio Francesco Natoli e Orioles.

Da questi nel 1658 venne acquistato dalla famiglia Oneto, duchi di San Silvestro, DAL 1666 duchi di Sperlinga insigniti dal re Carlo II di Spagna. La famiglia Natoli mantenne il titolo di principi di Sperlinga anche in seguito alla vendita del castello. Giovanni Stefano Oneto, investito del titolo di duca di Sperlinga, fece erigere a Palermo Villa Sperlinga

Nel 1680 passò al figlio Domenico Oneto e Spatafora che, senza figli, lo lasciò al fratello Francesco Oneto e Spatafora nel 1698.

Nel 1862 passò alla famiglia del barone Nunzio Nicosia, che nel 1973 lo cedette al comune di Sperlinga.

Nel 1932 l'artista Maurits Cornelis Escher visitò Sperlinga realizzando un disegno della grotta del castello.

Da rilevare ancora oggi che all'interno del castello, vi siano escavazioni progettate per funzioni astronomiche, tra cui la gestione della penetrazione del sole nel solstizio di inverno e d'estate e un silos dalle 12 nicchie con funzione di orologio solare.

Dialetto Galloitalico

Nel 1087 il Gran Conte Ruggero sposò in terze nozze Adelaide, figlia di Manfredi marchese del Monferrato in Piemonte e contemporaneamente una figlia di Ruggero sposò Enrico, fratello di Adelaide. A seguito di questi matrimoni una forte immigrazione di popolazioni venute dal nord dell’Italia si stanziò in Sicilia, nella zona che va da Randazzo fino a Caltagirone. Ciò portò ad un’evoluzione e modifica del dialetto siciliano in alcune zone dell’isola. Oggi a Sperlinga si parla quindi il Galloitalico, un dialetto che è davvero incomprensibile per gli altri siciliani.

Questo dialetto è ancora diffuso in altri paesi in Sicilia: Aidone, Nicosia, Piazza Armerina, Fondachelli-Fantina, Montalbano Elicona, Novara di Sicilia e Sanfratello.

Altro elemento significativo di Sperlinga è il caratteristico dialetto comunemente parlato dalla gente. Si tratta di un siciliano che risente di notevoli influenze linguistiche e fonetiche delle parlate del nord Italia, per questo definito dagli studiosi “galloitalico”. La presenza di un simile dialetto in terra di Sicilia si deve ai tanti immigrati, provenienti dall'Italia nord-occidentale e da alcune regioni della Francia, giunti in Sicilia nell'XI secolo al seguito della corte normanna.