Petralia
Soprana fa
parte del parco
delle Madonie ed è il più alto comune delle Madonie[4]e
tra i più alti di Sicilia. La cittadina è inclusa nel circuito dei borghi
più belli d'Italia ed è stata proclamata "Borgo dei
borghi 2018".
L'abitato
è collocato sul versante meridionale della catena montuosa delle Madonie.
Il territorio è percorso dal fiume
Salso ed è compreso tra un'altitudine di 1.657 metri (pizzo
Corvo) e 600 metri, ed è ricoperto da boschi, macchia
mediterranea, pascoli, terreni seminativi e colture arboree.
Petralia
Soprana fu una città forticata dai Sicani, popolo le cui origini restano
tutt’ora un mistero. Molti storici greci, tra i quali Dionigi di
Alicarnasso, ritenevano che i Sicani fossero originari dell’Iberia da dove
i Liguri li avrebbero cacciati, altri che fossero autoctoni e che abitavano
buona parte della Sicilia già nel Neolitico, III millennio a.C. La
popolazione indigena del territorio di Petralia Soprana viveva in grotte
esistenti o scavate nella roccia, spesso utilizzate anche come cantine.
Petralia Soprana venne poi abitata dai Siculi, i quali giunsero in Sicilia
alla fine del II millennio e la denominarono Petra. Alcuni storici ritengono
che Petralia Soprana sia stata controllata dai Fenici, venuti in Sicilia tra
l’XI e il X sec. a.C., ma la cosa appare poco probabile in quanto i
Fenici, abili navigatori e commercianti, fondarono città essenzialmente
marittime per scopi commerciali e non si inoltrarono mai
nell’entroterra.
Altri
storici ritengono invece che Petra sia sorta all’epoca della
colonizzazione greca nell’ VIII sec. a.C. Certamente Petralia Soprana ebbe
con le colonie greche di Sicilia rapporti commerciali, in modo particolare
con la vicina colonia greca di Himera. Sotto la civiltà greca, Petra coniò
infatti monete proprie, ne sono stati trovati molti esemplari, una in bronzo
si conserva nel museo nazionale di Palermo. Le prime notizie certe risalgono
all’epoca della prima Guerra Punica, nel 254 a.C. i “Petrini” si
schierarono a favore dei Romani, scacciando il presidio cartaginese aprirono
le porte della cittadina ai consoli romani Aulo Attilio Catilino e Gneo
Cornelio. Per tale ragione Petra fu tenuta in grande considerazione dai
Romani e con altre 34 città inserita tra quelle decumane, le quali erano
tenute a donare a Roma, ogni anno, una decima parte dei loro proventi
agricoli (frumento,orzo,vino,olio) tra queste solo diciassette, tra le quali
Petra, potevano custodire il tempio di Venere Ericina e manifestare speciale
devozione alla dea. Le diciassette città dovevano anche provvedere
all’allestimento della flotta provinciale, tale obbligo era esteso anche a
città non poste sul mare.

Quando
Caio Cornelio Verre fu propretore di Sicilia dal 73 al 71 a.C commise
ruberie e ingiustizie in tutte le città dell’isola. Petralia lo ospitò
per qualche tempo nel castello sugli avanzi del quale sorge la chiesa di
Santa Maria Loreto. Partito da Petralia, Verre lasciò a rappresentarlo
Publio Nevio Turpione, uno scellerato che tormentò i Petrini.
Il
popolo di Sicilia per difendersi dalle ingiustizie e dalle ruberie commesse
da Verre chiamò Cicerone il quale già nel 75 a.C era stato in Sicilia con
la carica di questore. Tornato in Sicilia per conoscere meglio i fatti
e le accuse rivolte a Verre, Cicerone scrisse contro quest’ultimo le
orazioni le “Verrine” e riuscì a farlo condannare. In occasione della
sua venuta in Sicilia visitò anche Petra alloggiando nel castello di
Loreto. Affacciatosi dal belvedere del Loreto si racconta abbia esclamato:
“Questo è il granaio d’Italia”.
Durante
le fasi che precedettero la caduta dell’Impero romano d’Occidente 476
d.C., la Sicilia provò i traumi delle invasioni barbariche essendo stata
per circa mezzo secolo (440-490) percorsa e devastata da orde di Vandali,
provenienti dall’Africa. In seguito conquistata dagli Ostrogoti di
Teodorico, tra il 484 ed il 496, e successivamente dai bizantini di
Giustiniano (535-554), sotto la cui dominazione rimase per circa tre secoli.
Nell’827
a Petralia Soprana arrivarono i Saraceni i quali la ribattezzarono Batraliah
(Pietra Alta) e la trasformarono in un centro militare
importantissimo. Dall’830 circa gli Arabi sottoposero la Sicilia al
governo di un emiro. Il grandioso castello posto a capo della città, oggi
Santa Maria di Loreto, fu nel primo secolo di dominazione araba maggiormente
fortificato tanto da diventare un’espugnabile roccaforte. Batraliah ebbe
una moschea sita nel posto dove oggi sorge la chiesa del SS. Salvatore. Agli
Arabi dopo due secoli e mezzo successero nel dominio della Sicilia i
Normanni.
Sbarcato
a Messina il Conte Ruggero d’Altavilla proseguì verso Catania per
poi dirigersi alla volta di Batraliah, terra abitata da musulmani e
cristiani.
Gli
abitanti di Batraliah, allarmati dall’imminente pericolo, riuniti nella
fortezza, tennero consiglio sul modo di regolarsi e deliberarono di
accogliere benignamente Ruggero cedendogli la fortezza e prestandogli
ubbidienza. Ruggero arrivato nei pressi di Batraliah collocò gli
accampamenti vicino alle mura della città nella parte settentrionale, come
leggevasi sino a qualche tempo fa, inciso su una roccia: Hic Roggerius
castra locavit - per cui quel sito venne denominato Rocca di Ruggero.
Impadronitosi della città vi collocò un forte presidio di cavalieri e di
mercenari. Il nome della cittadella fortificata venne mutato dal Conte
Ruggero in Petra Heliae. I Normanni, formidabili guerrieri già signori
delle Puglie e delle Calabrie, conquistarono in pochi anni tutta l’isola.
Nel
1066 Ruggero per la posizione strategica dotò Petra Heliae di torri e
bastioni, rafforzò il castello del Loreto e vi edificò un altro castello a
nord, fece inoltre costruire un acquedotto che dal Monte Savochella
raggiungeva l’abitato. Si narra che Ruggero, nei pressi del piano della
Battaglia, abbia vinto e sbaragliato con 1000 cavalieri ben 20000 Saraceni,
in ringraziamento di tale vittoria Ruggero edificò una chiesa a Petra
Heliae nominandola S. Teodoro, (dono di Dio), santo di cui ricorreva la
festa il giorno della vittoria. Oltre alle fortificazioni sono da attribuire
ai Normanni alcune strade militari, quali la via Regia che percorreva la
Sicilia da Oriente a Occidente e che attraversava Petra Heliae, che si
trovava sul confine della Valdemone, in una posizione strategica per il
controllo dell’isola. Nel XI sec. a Petralia Soprana sorse anche un
convento dei Carmelitani scalzi ritenuto uno dei più importanti della
Sicilia, oggi sede del Comune.
Ruggero
rafforzò la cinta muraria di Petra Heliae, di tale cinta resiste oggi solo
una porta ad arco detta Porta Serij forse perché da essa passavano i
messaggeri spediti nel campo nemico in tempo di guerra. Ruggero morì
nell’anno 1101 presso Mileto in Calabria. Petralia Soprana passò dunque
al nipote di Ruggero, Serlone. Col passaggio della Sicilia agli Svevi iniziò
l’epoca feudale con la dominazione baronale.
Nel
1200, al tempo dell’imperatore Federico II, Petralia venne governata da
Gilberto di Monforte e in seguito assegnata dal re Manfredi, il 27 Giugno
1258, ad Enrico Ventimiglia per il valore mostrato nella guerra contro Carlo
d’Angiò. Ad Enrico Ventimiglia successero i figli Alduino e Francesco.
Nel 1396 passò alla Contea di Collesano. Successivamente, nel 1600 passò
ai Cardona, poi ai Moncada, ai Borgia Alvarez de Toledo e nell’800 ai
duchi di Ferrandina Alvarez. In seguito all’unificazione d’Italia, nel
1861, alcuni beni ecclesiastici furono espropriati e divennero proprietà
dello Stato italiano, tra questi il Convento dei Carmelitani scalzi.
Nel
Luglio del 1943, Petralia Soprana subì un pesante cannoneggiamento da parte
dell’artiglieria anglo-americana poiché intorno al paese vi erano alcune
postazioni tedesche che tentavano di fermare l’avanzata degli Alleati. Un
cannone tedesco era posto tra gli alberi di Villa Sgaderi, un altro alla
Pinta, questi cannoni furono poi individuati dagli Americani grazie ad un
aereo “cicogna” e bombardati. Durante i bombardamenti della Seconda
guerra mondiale gli abitanti di Petralia Soprana ritornarono a rifugiarsi
nelle caverne naturali e in quelle scavate nella roccia.
Visitare
il borgo

L’aria
è rarefatta, i balconcini sono fioriti e c’è silenzio. Petralia Soprana
è pronta a svelarsi in tutta la sua bellezza. Ad
ogni passo una sorpresa: qui una bifora nel Palazzo Averna, là un
cortiletto con panchina antica ed un orcio con gelsomino rampicante.
Qui
la vita è raccontata dalle case e dalle storie della gente che ci vive.
È
probabile secondo gli storici che Petralia Soprana, in provincia Palermo,
sia l’erede dell’antica Petra, fondata dai Sicani delle Madonie.
Conquistata
dagli Arabi, fu chiamata Batraliah da Batra, “pietra” e liah,
“alta”. I
Normanni la ribattezzarono Petra Heliae (pietra di Elia) in onore
del profeta.
Ti
trovi nel cuore delle Madonie e sei in un balcone naturale. Puoi ammirare
l’Etna in
tutta la sua magnificenza.
Ci
sono tre belvedere: quello di Loreto, u castru, da cui
lo sguardo va sull’Etna, Enna, Caltanissetta e
la vallata del fiume Imera, quello del Carmine, u carmini, che
mostra la Sicilia occidentale in direzione di Palermo,
e infine quello di piazza Duomo, che volge ad est verso Gangi,
abbracciando l’Etna sullo sfondo.
Accanto
a u castru si apre la parte più alta del borgo, probabile sede
della fortificazione sicana e poi romana, detta Piazza Loreto. In Piazza
Loreto si può ammirare il prospetto simmetrico e le guglie maiolicate
della Chiesa di Santa Maria di Loreto, aggregata al più famoso
Santuario di Santa Maria di Loreto “nelle Marche”, ricostruita in forme
tardo barocche e con pianta a croce greca. Al suo interno spiccano lo
splendido altare marmoreo (detto “cona”) di Giandomenico
Gagini del XVI secolo (che raffigura quattro episodi della vita di Gesù),
le sculture lignee secentesche dei Santi Cosma e Damiano e due
statue di santi attribuite a Filippo Quattrocchi da Gangi.
Da Piazza
San Michele, che ha al centro una fontana circolare e prende nome dalla
secentesca chiesa dedicata al santo, si arriva in Piazza del Popolo.
Qui troviamo il neogotico Palazzo municipale, un tempo convento
dei Carmelitani, e i due Palazzi Pottino dei Marchesi di Eschifaldo.
Uno di questi, di proprietà pubblica, ospita mostre temporanee e il
magnifico Presepe d’Incanto nel periodo natalizio. L’altro, di
proprietà degli eredi Pottino, contiene un piano nobile con magnifici
saloni ottocenteschi, visitabili come casa museo. Qui è esposto
l’arredamento del tempo, compreso il servizio da tavola con il quale fu
servito il Principe Umberto II di Piemonte.
Continuando
lungo la Via Generale Medici, arriviamo in una piccola piazza dedicata
al Frate Cappuccino Umile Pintorno da Petralia, autore di ben 33 crocifissi
scolpiti in legno, sparsi nell’Italia meridionale e all’estero. La sua
attività di scultore ebbe inizio nel 1623, l’anno della peste nera in
Sicilia.
Nell’adiacente piazzetta
Ruggero VII, ecco l’Oratorio delle Anime Purganti con un
grande campanile “a vela”. Vicino l’Oratorio, nella Piazza dei Quattro
Cannoli, c’è la fontana barocca in marmo di Billiemi, l’unica fonte
d’acqua del borgo fino al settecento.
In Piazza
Duomo, ecco lo scenografico teatro architettonico su cui si affaccia la Chiesa
Madre dedicata agli Apostoli Pietro e Paolo: un colonnato e due
campanili, uno di epoca normanna, con una finestra in stile arabo, e
l’altro settecentesco. Nella facciata, il portone ligneo d’ingresso
riporta dei riquadri scolpiti in stile gotico-catalano.
All’interno,
le tre navate sono sorrette da dodici pilastri, rappresentanti gli Apostoli.
Nella navata destra ammiriamo il dipinto della Deposizione di Cristo
dalla croce, attribuito a Josepe de Ribera detto Lo Spagnoletto, la Madonna
fra gli angeli di Gaspare Vazzano, detto Lo zoppo di Gangi, e il
primo crocifisso realizzato da Frate Umile da Petralia (1623), in cui già
sono presenti tutte le caratteristiche del suo stile, come la grandezza
naturale del Cristo e l’estremo realismo dei tratti e dei gesti.
Proseguiamo
ed arriviamo nella Chiesa del Salvatore: l’unica nelle Madonie
con pianta ellittica, che, secondo alcuni, corrisponde a quella della
moschea, sulla quale l’edificio cristiano fu ricostruito dai Normanni e
consacrato. La chiesa fu ampliata nella seconda metà del Settecento e oggi
conserva dipinti e sculture interessanti, tra cui la statua di San
Giuseppe dello scultore Filippo Quattrocchi.
Sul
lato opposto della normanna Porta Seriy, l’ultimo rimasto dei sei
antichi ingressi del borgo, troviamo la Chiesa di San Teodoro.
L’attuale configurazione dell’edificio è del 1759 ma il campanile è la
trasformazione di una delle torrette delle vecchie mura medievali di cinta
del centro storico. All’interno, vi è un interessante sarcofago
medievale.
Poco
lontano dal centro, c’è il Convento dei Frati Minori Riformati,
eretto con l’annessa chiesa nel 1611 per volontà di alcune nobildonne.
Qui trascorse i primi anni del noviziato Frate Umile da Petralia. Il
magnifico prospetto della chiesa con i suoi ornamenti floreali e
bassorilievi, richiama l’esuberante decorativismo spagnolo dello stile
churrigueresco.
Lì
vicino, la settecentesca Villa Sgadari è una delle più
belle ville barocche delle Madonie, che ospita al suo interno una mostra di carretti e pupi
siciliani.
Passeggiando
per il borgo, ammiriamo altri palazzetti di pregio, come, nella Piazza
Quattro Cannoli, il Palazzo Pottino Marchesi di Irosa e il Palazzo
Vigneri e, in Piazza San Michele, il Palazzo
Sabatini-Salvia.
Tutto
il borgo è caratterizzato dal susseguirsi di vicoli contornati dalle
tipiche case a schiera e a torre: tra queste pure la casa di
Vittorio Cerami, il pittore di Petralia, superstite della Battaglia
navale di Capo Matapan durante la II Guerra Mondiale. La casa conserva
ancora i suoi dipinti e le lettere scritte dal fronte di guerra.
Nei
pressi della frazione Raffo, una grande miniera di salgemma
viene ancora oggi utilizzata per la produzione del celebre “sale di
Sicilia”. All’interno di questa, è possibile visitare il Museo del
Sale che raccoglie una collezione di sculture di sale realizzate da
artisti provenienti da tutto il mondo.
Poco
distante dal centro storico, nell’omonima borgata, c’è la Chiesa
della Trinità, che custodisce all’interno un fonte battesimale del
Settecento.
Nel
paese, la panificazione di semola rimacinata di grano duro produce risultati
di straordinaria qualità. Ci sono ancora forni a legna dove si cuociono
pagnotte lievitate con il criscenti, il lievito madre prodotto
in casa. Qui puoi trovare anche molti prodotti lattiero-caseari come la provola,
formaggio vaccino a pasta filata, e formaggio caprino a fermentazione
lattica (in stile francese) o prodotto a latte crudo, di varie stagionature.
Chiesa dei
Santi Apostoli Pietro e Paolo
Il duomo
dei Santi Apostoli Pietro e Paolo è il principale luogo di culto
(chiesa madre) ubicato in piazza Duomo.
Non
trattandosi di un edificio ricostruito su preesistente insediamento ma di
una costruzione soggetta a progressive stratificazioni d'interventi,
l'aggregato è probabilmente il tempio menzionato nel 985 da Al-Muqaddasi nella
sua descrizione di Petralia Soprana. Il suo singolare orientamento potrebbe
confermare un’originaria funzione come moschea araba.
Decorazioni
bizantino-arabe anteriori agli stilemi della bifora del campanile normanno
collocano la costruzione di elementi del primitivo nucleo immediatamente
prima della dominazione araba. In origine era molto più piccola, ad
una sola navata e probabilmente a croce greca come i primitivi
impianti degli altri luoghi di culto cittadini. La parte più antica è
quella corrispondente all'attuale navata sinistra.
Il
tempio è ubicato nel cuore medievale del paese, ed è quasi adiacente alla chiesa
del Santissimo Salvatore, la Cappella Palatina voluta da Ruggero
I di Sicilia, ed è equidistante dalle due fortezze cittadine dell'epoca: il
vetusto castello a mezzogiorno e la moderna fortificazione extra
portam a settentrione. Il primo maniero fu destinato in seguito ad
ospitare i religiosi carmelitani per poi essere riedificato come chiesa
di Santa Maria di Loreto, il secondo - conclusa la riconquista normanna -
decadde progressivamente a causa di terremoti e degli agenti naturali.
Goffredo
Malaterra, cronista di corte, nel 1066 documenta il primitivo
sistema di fortificazioni cittadino, caposaldo con funzione di piazzaforte
militare, avamposto della città di Palermo in caso di assedio di
quest'ultima. Gli storici Filippo Cluverio e Tommaso Fazello concordano
sull'impianto arabo-normanno del borgo, ma l'archeologo domenicano, con le
sue ricognizioni e gli studi approfonditi sulla Geografia di Tolomeo, retrodata
le origini della località e la fondazione del Castru,
fissandone l'origine in epoca romana.
Semidistrutta
da un disastroso incendio nel Trecento, la chiesa fu rimodulata per volere
di Antonio Ventimiglia, salvo il campanile ad occidente. I lavori di
ripristino terminarono nel 1497, come si evince dall'iscrizione incisa sulla
lapide ancora visibile sopra il portale dalla parte interna, di ridotte
dimensioni fu riedificata con due sole navate.
Trasformazioni,
ampliamenti e perfezionamenti seguirono all'inizio del 700, quando fu
ingrandita con l'aggiunta di una terza navata, l'interno impreziosito con
decorazioni in stucco di gusto barocco opera dei Serpotta, ingentilita
da un portico esterno con colonne binate, e un secondo campanile eretto ad
oriente.
È
ipotizzabile che lo spazio oggi occupato dalla navata destra fosse occupato
da un porticato o un chiostro, come denota il ritrovamento di elementi di
pilastri decorati con fiori, inglobati nell'attuale parete destra. La zona
prospiciente la teoria di colonne binate (16 colonne, 7 luci a sud e una
rivolta ad est, l'arcata centrale sensibilmente più larga), era destinata a
zona cimiteriale, area oggi denominata «Û chianu â chiesa». Il
portale di stile gotico del Quattrocento al centro del fianco meridionale
sotto il portico, fu rimodulato in seguito allo spostamento determinato per
consentire e garantire l'ingrandimento del tempio.
Le
due statue di San Pietro e San Paolo, inserite
negli archi della bifora normanna, sono state collocate solo nel
1912, provenienti da una diversa originaria sistemazione assieme al San
Giovanni Battista presente accanto al fonte battesimale. In questo
stesso periodo, il portico è stato oggetto di un completo rifacimento ed è
stata realizzata la scalinata di raccordo tra il piano di calpestio e i vari
livelli esistenti fino al piano stradale.
Intorno
agli anni '60 è stato completato il campanile settecentesco, rimasto
monco dotando il secondo ridotto ordine di balaustra, nel 1998 nella
cella campanaria è installata una campana di 18 quintali denominata Campana
dell'Unione. Sui prospetti sono stati eliminati sovrastrutture, superfetazioni,
grondaie, vasi ornamentali acroteriali sul cornicione del portico e i
lampioni.
PROSPETTI
- Il
prospetto laterale destro è quello principale, il corpo ecclesiale è
incastonato per 3/4 nel resto del contesto edilizio abitato. Il campanile
normanno insiste in corrispondenza della pseudo controfacciata, quello più
moderno d'epoca settecentesca gravita in prossimità delle absidi.
Sul
lato sinistro è visibile una finestra murata a testimonianza dell'esistenza
di un edificio pre-normanno. Il manufatto presenta decorazioni
bizantino-arabe anteriori rispetto agli stilemi della bifora del campanile
normanno. Per l'innalzamento del terreno la finestra appare al di sotto del
livello della strada, una carbonaia adiacente ha consentito di preservarla
dalle ingiurie del tempo.
CAMPANILE
NORMANNO - La
torre campanaria di sinistra o occidentale si distingue per elementi di età
normanno - sveva del XII - XIII secolo, in particolare la bifora,
la cui datazione è confermata dal ritrovamento, nel corso di lavori di
restauro, di una moneta coniata sotto il regno di Ruggero II.
Successivamente rafforzata da contrafforte, ne deriva il curioso aspetto di
"doppio campanile" dai volumi e linee ibridi. Sulla parete sud a
poca distanza dalla bifora, è ancora visibile una croce scolpita all'atto
della consacrazione. Sono presenti celle campanarie multiple e una
incastellatura in ferro sommitale per strumenti di piccole dimensioni.
CAMPANILE
ORIENTALE - È
un manufatto quadrangolare rimasto a lungo incompiuto e completato solo
negli anni '60 del secolo scorso. Ripartito su due ordini, presenta una
cella campanaria delimitata da balaustre, quattro monofore e segnato
lungo gli spigoli laterali da poderose paraste angolari convesse
con un'articolata modanatura sovrapposta e prospettica.
INTERNO
- L'interno
è a croce latina diviso in tre navate da pilastri. Sulla
parete in fondo alla navata (pseudo controfacciata) è collocata la cantoria e
il più grande organo del comprensorio, risalente al 1780, opera di Giacomo
Andronico. Le superfici interne sono ricoperte da un apparato decorativo in
stucco.
Navata
destra
-
Prima campata. Nell'ambiente è documentato il dipinto raffigurante la Madonna
degli Angeli raffigurata con Santa Chiara, San Francesco
d'Assisi, Sant'Antonio di Padova e San Pietro d'Alcantara. Lo
scudo sormontato dalla corona presenta da un lato lo stemma della famiglia
Santacolomba, conti d'Isnello, e dall'altro quello di Alessandra Gucci,
madre di Arnaldo, committente, opera realizzata da Gaspare Bazzano nel 1620.
-
Seconda campata: Dipinto.
-
Terza campata: varco d'ingresso destro o meridionale con portale gotico sul
portico prospiciente Û Chianu â Chiesa.
Pulpito ligneo.
-
Quarta campata: Cappella della Madonna del Carmine.
Nell'ambiente è documentato il quadro raffigurante la Madonna del
Carmelo ritratta tra santi carmelitani, opera attribuita a Filippo
Randazzo, l'Orbo di Nicosia.
-
Quinta campata. Cappella della Deposizione. Sulla parete
campeggia la Deposizione di Cristo raffigurata con Nicodemo, Giuseppe
di Arimatea, San Giovanni Evangelista e altri tre personaggi,
opera di ignoto pittore siciliano della seconda metà del XVII secolo.

Navata
sinistra-
-
Prima campata: Fonte battesimale. Nella nicchia dell'ambiente è
documentata la Madonna dell'Udienza, statua marmorea del 1520,
opera di Antonello Gagini. Accanto al fonte battesimale San
Giovanni Battista, statua marmorea attribuita a Giuliano Mancino.
Le statue collocate nella bifora del campanile facevano probabilmente parte
di un gruppo d'incerta collocazione comprendente il San Giovanni
Battista.
-
Seconda campata: Cappella della Madonna della Catena. Nella
nicchia è custodita la Madonna della Catena, statua marmorea
che presenta sullo scanello il bassorilievo della Natività tra San
Pietro, San Paolo, e teste di cherubini alate, opera di Giorgio
da Milano del 1495.
-
Terza campata: Cappella di San Francesco d'Assisi. La nicchia
custodisce la statua raffigurante San Francesco d'Assisi.
-
Quarta campata: Statua.
-
Quinta campata: Cappella della Pietà. Campeggia nell'ambiente
il gruppo marmoreo della Pietà raffigurata tra i simboli
della passione, opera di Giuliano Mancino, opera del 1498. La
scultura presenta nella base, probabilmente non omogenea nella
realizzazione, Cristo Risorto affiancato a sinistra da Maria Maddalena e San
Giovanni Evangelista a destra, il nome del committente, il presbitero
Giovanni de Macaluso.
ABSIDI
E PRESBITERIO
-
Absidiola destra: Cappella del Santissimo Crocifisso.
Nell'ambiente è collocato il Crocifisso, prima opera di frate Umile
da Petralia realizzata nel 1623 - 1624, proveniente dalla
chiesa di Santa Maria del Gesù del convento dell'Ordine dei frati
minori riformati.
-
Absidiola sinistra: Cappella del Santissimo Sacramento.
L'ambiente ospita la custodia lignea realizzata tra il XVII ed il XVIII
secolo dal polizzano Pietro Bencivinni. L'opera, dal colore aureo, è
strutturata in tre registri, ognuno dei quali presenta nicchie con fughe
prospettiche, carnose volute e motivi a girali. Il pregevole lavoro
d'intaglio è stato depredato delle figure che un tempo erano collocate
nelle nicchie.
-
Presbiterio e
altare maggiore. La tela sulla sopraelevazione raffigura il Martirio
dei Santi Pietro e Paolo, opera del palermitano Vincenzo Riolo, ai lati
sulla mensa dell'altare versus absidem, le statue lignee dei
titolari della chiesa, eseguite a Catania dallo scultore napoletano Gaetano
Franzese nel 1767.
Sulle
pareti laterali del presbiterio sono collocate due grandi tele raffiguranti
rispettivamente San Pietro liberato dall'angelo e San
Paolo che fa bruciare i libri profani, entrambe firmate nel 1890 da Corrado
Tanasi. L'artista è autore anche della tela quaresimale raffigurante la Deposizione ispirata
all'opera omonima di Rembrandt. Addossato alle pareti il Coro ligneo
realizzato nella seconda metà del Settecento da intagliatori siciliani.
SACRESTIA
-
Tesoro.
-
1890, Ciclo, ritratti,
dipinti raffiguranti gli arcipreti di Petralia Soprana, fra essi quello di
Gaetano Ragonese Violanti firmato da Corrado Tanasi.
-
1760, Martirio di San
Giovanni Evangelista, dipinto, opera proveniente dalla chiesa di Santa
Maria di Gesù, firmata dal palermitano Tommaso Pollace.
-
1608, Sacra Famiglia raffigurata
con San Michele Arcangelo e San Pietro d'Alcantara, dipinto
realizzato da un anonimo pittore siciliano.
-
XIX secolo, Cristo Risorto,
dipinto, opera di Vincenzo Riolo.
-
Altre opere di Matteo Garigliano, pittore di Gangi.
-
?, San Francesco d'Assisi,
opera riferita a Giovanni Pietro Ragona, artista natio di Petralia Sottana.
-
?, Madonna della Vittoria
e San Teodoro, gruppo statuario fresco di recentissimo restauro.
Chiesa
di Santa Maria di Loreto
La chiesa
di Santa Maria di Loreto è un luogo di culto ubicato in fondo a via
Loreto, nel quartiere o rione Û castru - Belvedere
Loreto.
Tra
le origini etimologiche del nome Petralia, una delle tante ipotesi
suggerisce che esso derivi dall'esistenza della chiesa e convento di
Sant'Elia eretto intorno all'anno 850 a Petralia Sottana. Un'ulteriore
supposizione vuole che entrambe le Petralia debbano il loro nome ad un
dirupo impervio o balza di terreno detta pietra di Elia, chiaro riferimento
al profeta Elia.
Il
culto e la venerazione del personaggio biblico furono verosimilmente
introdotti da primitive cellule eremitiche di carmelitani, comunità
religiosi in seguito attestata presso codesto tempio. Ordine insediato
presso l'antica chiesa di Maria Santissima Annunziata del Carmelo,
documentata sull'odierna "Piazza del Popolo" fino al 1929, quando
fu rasa al suolo. Piazza ove si affaccia il Palazzo del Municipio,
istituzione insediata nelle strutture dell'ex convento dei Carmelitani
scalzi erette nel XVI secolo.
Sebbene
l'Ordine della Beata Vergine del Monte Carmelo sia attestato e
documentato in Sicilia in seguito al rientro della regina Adelasia del
Vasto dopo gli eventi derivanti lo sfortunato matrimonio con Baldovino
I di Gerusalemme, è tuttavia probabile che nuclei provenienti dal monte
Carmelo avessero già colonizzato l'isola insediandosi per diffondere
il cristianesimo da conversione.
Per
converso in epoca normanna si acuiscono i dissidi fra cristiani e
musulmani in Terra santa, rapporti tesi che si trasformeranno in
espulsioni e persecuzioni sfociate successivamente nelle sanguinose crociate,
eventi che obbligano intere comunità monastiche a riparare altrove.
Infatti, confessori e assistenti spirituali carmelitani costituivano parte
del seguito della sovrana al rientro da Gerusalemme, religiosi che durante
l'ultimo anno d'esilio volontario della regina nella città di Patti,
diffusero i principii e le regole nelle due capitali del Regno.
Sull'area
dell'attuale chiesa di Santa Maria di Loreto circondata dall'omonimo
belvedere, nel 1066 il cronista di corte di Ruggero, Goffredo
Malaterra, documenta il primitivo castello normanno di Petralia
Soprana. Costituiva Cappella Palatina dell'edificio la
primitiva chiesa del Santissimo Salvatore, nello stesso frangente è
edificato in posizione strategicamente più elevata a settentrione il
castello extra portam.
Nel 1307 è
documentato il soggiorno cittadino di Sant'Alberto Carmelitano,
episodio legato alle vicende delle pietre sulle quali il religioso riposò. Le
reliquie sono documentate murate nelle strutture dell'abolito convento di
Piazza del Popolo.
Tommaso
Fazello descrive un fortilizio
posto sulla sommità del colle chiamato da Tolomeo Pietra,
costruzione distante un miglio dal castello moderno di Petralia
inferiore, oggi identificato come Castru. Pertanto quest'ultimo,
con le sue ricognizioni e gli studi approfonditi, inquadra località e
fortezza non solo come preesistente fortificazione in epoca araba e bizantina,
ma ne fa risalire le origini in epoca romana.
Le
strutture del maniero ospitarono la chiesa di Sant'Elia e il convento
dell'ordine dei Carmelitani scalzi fintanto che non fu costruita una
struttura ricettiva più ampia, che si individua nella demolita chiesa
di Maria Santissima Annunziata del Carmelo - edificata sull'area
corrispondente approssimativamente a quella dell'attuale Piazza del Popolo -
mentre l'ex convento è stato adibito a sede del palazzo comunale.
Rinominata
e dedicata alla Vergine Lauretana, fu ingrandita e perfezionata tra il 1730
e il 1750, mentre le primitive strutture conventuali furono adibite ad
abitazioni. Questi interventi comprendono la costruzione e il completamento
del campanile destro, la definizione del prospetto in barocchetto
madonita, la realizzazione del raffinato apparato decorativo in stucco che
arricchisce tutte le superfici interne.
Il terremoto
di Palermo del 6 settembre 2002 incrinò le strutture del campanile
sinistro, che a dispetto delle minuziose campagne di restauro condotte in
tutti gli ambienti, mostra ancora ingabbiata la cuspide colorata della torre
campanaria.
CONVENTO
- L'istituzione
è documentata il Vº convento dell'Ordine della provincia siciliana. Il
convento fu abbandonato e trasformato in abitazione privata.
C HIESA
DI MARIA SANTISSIMA ANNUNZIATA DEL CARMELO - Chiesa:
dopo il 1928 / 29 il luogo di culto fu demolito.
Convento:
Istituzione con struttura caratterizzata da merli medievali a coronamento
della facciata. Dopo l'abbandono dei religiosi, la struttura è stata
adibita a sede del comune.
Chiesa
del Santissimo Salvatore
La chiesa
del Santissimo Salvatore è un luogo di culto prossimo a piazza Duomo (Û
Chianu â Chiesa) vicino alla chiesa madre
Costruzione
verosimilmente edificata su una preesistente struttura, secondo tradizione
adibita a moschea. Edificio poi trasformato in chiesa dal Conte
Ruggero ed elevato al titolo di Cappella Palatina.
In
seguito, solo in epoca normanna è edificato in posizione più
elevata il castello extra portam posto a settentrione,
edificio atterrato dai Magnus Terremotus in terra Xiclis del
1542, dagli intensi sciami di scosse sismiche culminati con gli eventi
distruttivi del 27 marzo e 8 giugno 1638, dal terremoto documentato
dalle cronache cittadine il di marzo 1647, con le devastazioni arrecate dal terremoto
del Val di Noto del 1693, infine dagli agenti endogeni di natura
temporalesca del 1891, che ne decretarono la quasi totale demolizione dei
ruderi a fine ottocento.
Nel
1066 il cronista di corte Goffredo Malaterra, documenta il
primitivo maniero, alla stessa stregua di Filippo Cluverio e Tommaso
Fazello, quest'ultimo con le sue ricognizioni e gli studi approfonditi,
inquadra località e fortezza nei trattati di Geografia di Tolomeo.
Ampliata
e perfezionata nella seconda metà del XVIII secolo, alta espressione
di architettura barocca in Sicilia, presenta una facciata e un impianto che
ricorda la chiesa dei Santi Luca e Martina a Roma, opera di Pietro
da Cortona.
Interno
- L'interno a pianta ellittica è scandito da otto pilastri che determinano
cappelle radiali di diverse dimensioni, le strutture sostengono la cupola
centrale. Le superfici interne presentano un elegante apparato in
stucco impreziosito da rilievi dorati.
L'architettura
interna riflette lo stile borrominiano introdotto nell'isola, ispirato e/o
frutto di contaminazione con riferimento a coevi poli monumentali della capitale,
di Catania e molti altri centri minori del Val di Noto,
specie in relazione ai grandi interventi di ricostruzione operati in seguito
alle devastazioni determinate in gran parte della Sicilia dal terremoto
del 1693.
Lato
destro
-
Cappella di San Giuseppe.
Statua lignea raffigurante San Giuseppe con il Bambino, opera
attribuita a Filippo Quattrocchi o Giralamo Bagnasco. La scultura è
racchiusa in una cornice in stile barocco riferita alla bottega di Pietro
Bencivinni.
-
Cappella della Vergine. Ambiente
caratterizzato da ciborio in marmo del tardo Quattrocento,
realizzato da uno scultore attivo in Sicilia, che al posto del tabernacolo vero
e proprio reca una scultura, opera proveniente dalla chiesa di Maria
Santissima Annunziata del Carmelo. Il manufatto riproduce un tempietto con
drappo a baldacchino, ai lati esterni di due lesene con motivi a candelabra,
coppie di angeli su differenti livelli aprono, allargano e dispiegano il
ricco panneggio, manto che accoglie schiere di serafini oranti, cherubini
adoranti, putti osannanti. Nella predella sono raffigurati i
dodici apostoli. Nella nicchia, puttini in posizione semi genuflessa,
reggono sulle spalle la statua a tutto tondo della Vergine con il
Bambino. Il delicato altorilievo esterno presenta indorature e toccature
in oro atte a porre in risalto aureole, frange, ali, rilievi e motivi ad
arabeschi.
Lato
sinistro
-
Primo ambiente: Cappella di San Francesco di Paola. Statua
lignea raffigurante San Francesco di Paola, firmata dal
napoletano Lorenzo Cerasuolo nel 1767.
-
Secondo ambiente: Cappella dell'Immacolata Concezione. Statua
lignea raffigurante l'Immacolata Concezione, firmata da Gaetano
La Rizza nel 1787.
Altare
maggiore
-
San Salvatore,
manufatto ligneo di fine XVII secolo, riferito all'intagliatore
madonita Giovanni Pietro Ragona.
Altre
opere:
-
Pulpito,
manufatto intarsiato in oro.
-
Ninfa,
raffinato e monumentale lampadario sospeso in cristallo sfaccettato, dono
dei sopranesi emigrati in America.
-
Santa Barbara,
statua lignea, opera di Giovanni Pietro Ragona.
-
Sant'Antonio con il Bambino,
statua lignea, opera di Giovanni Pietro Ragona.
-
Immacolata Concezione,
manufatto ligneo del 1697., riferito all'intagliatore madonita Giovanni
Pietro Ragona, opera proveniente dalla chiesa di Santa Maria del Gesù del
convento dell'Ordine dei frati minori riformati.
-
San Leonardo.
SACRESTIA
- L'arciprete
Gaetano Ragonese decise di ricostruire gli ambienti nel 1865, conferendo
l'interno fastoso in arredi e opere ivi custodite. All'ingresso è custodito
uno spettacolare armadio, opera ottocentesca di Silvestre Sabatino da
Petralia Soprana. Un incendio il 28 giugno 1916 ne distrusse la parte
superiore, prontamente restaurata dai fratelli Grippaldi da Catania.
La
decorazione parietale è costituita da affreschi e stucchi e un ricco ciclo
di opere pittoriche su tela:
-
Santa Caterina ispirata
alla tela dello stesso soggetto dipinta a Collesano da Giuseppe
d'Alvino, opera autografa di Giuseppe Salerno e realizzata
probabilmente entro il primo decennio del XVII secolo.
-
Sacra Famiglia con San Giovannino con
affinità con la Madonna del Gatto di Federico Barocci della National
Gallery di Londra, opera autografa di Giuseppe Salerno nel 1618.
-
San Nicolò di Bari.
-
Fuga in Egitto.
-
San Francesco di Paola.
-
Annunciazione,
tela del Settecento di autore ignoto, opera proveniente dalla distrutta chiesa
di Maria Santissima Annunziata del Carmelo.
-
Crocefisso con anime del Purgatorio,
olio su tela di autore ignoto, proviene dall'omonimo oratorio.
-
San Gaetano.
-
Arcangelo San Michele del XVIII
secolo.
-
Santa Rita in estasi.
-
Sant'Anna che riceve Maria Bambina dalle mani dell'Eterno Padre raffigurata
tra gli Angeli e San Gioacchino.
-
San Giuseppe con Gesù,
quest'ultimo raffigurato mentre sorregge il globo terrestre, opera di autore
ignoto risalente al XV - XVI secolo.
Altri
edifici religiosi
CHIESA
DI SAN TEODORO MARTIRE, edificata in età normanna. Gli interni, come in
diverse chiese del paese, vennero rifatti in stile tardo barocco nel XVIII
secolo.
CHIESA
DI SANTA MARIA DI GESU' E CONVENTO DELL'ORDINE DEI FRATI MINORI RIFORMATI costruito
alle porte del paese nel 1611. Di notevole rilievo artistico sono i
bassorilievi della facciata.
Altre
strutture d'interesst
PALAZZO
MUNICIPALE, già convento dei frati carmelitani scalzi, ristrutturato
alla fine del XIX secolo con un nuovo prospetto neogotico e merli medievali.
Conserva gli scaffali decorati in pirografia del Convento dei Frati Minori
riformati.
PALAZZO
POTTINO,
appartenuto alla famiglia baronale che ebbe in possesso il paese, conserva affreschi con
motivi paesaggistici locali.
VILLA
SGADARI, fuori dal
centro urbano e con proprio parco, restaurata nel 2010.
PIAZZA
DEL POPOLO: è la piazza principale della città, al centro ospita un
monumento in bronzo di Antonio Ugo, dedicato ai caduti di tutte le
guerre.
MINIERA
DI SALGEMMA,
nelle vicinanze della frazione di Raffo; è tra le più grandi miniere di
salgemma d'Europa e sede del MAACS, un museo di sculture di salgemma dentro
la miniera.

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