Petralia Soprana (Borgo)
(Palermo)

 

   

Petralia Soprana fa parte del parco delle Madonie ed è il più alto comune delle Madonie[4]e tra i più alti di Sicilia. La cittadina è inclusa nel circuito dei borghi più belli d'Italia ed è stata proclamata "Borgo dei borghi 2018".  

L'abitato è collocato sul versante meridionale della catena montuosa delle Madonie. Il territorio è percorso dal fiume Salso ed è compreso tra un'altitudine di 1.657 metri (pizzo Corvo) e 600 metri, ed è ricoperto da boschimacchia mediterranea, pascoli, terreni seminativi e colture arboree.  

Petralia Soprana fu una città forticata dai Sicani, popolo le cui origini restano tutt’ora un mistero. Molti storici greci, tra i quali Dionigi di Alicarnasso, ritenevano che i Sicani fossero originari dell’Iberia da dove i Liguri li avrebbero cacciati, altri che fossero autoctoni e che abitavano buona parte della Sicilia già nel Neolitico, III millennio a.C. La popolazione indigena del territorio di Petralia Soprana viveva in grotte esistenti o scavate nella roccia, spesso utilizzate anche come cantine. Petralia Soprana venne poi abitata dai Siculi, i quali giunsero in Sicilia alla fine del II millennio e la denominarono Petra. Alcuni storici ritengono che Petralia Soprana sia stata controllata dai Fenici, venuti in Sicilia tra l’XI e il X sec. a.C., ma la cosa appare poco probabile in quanto i Fenici, abili navigatori e commercianti, fondarono città essenzialmente marittime per scopi commerciali e non si inoltrarono mai nell’entroterra. 

Altri storici ritengono invece che Petra sia sorta all’epoca della colonizzazione greca nell’ VIII sec. a.C. Certamente Petralia Soprana ebbe con le colonie greche di Sicilia rapporti commerciali, in modo particolare con la vicina colonia greca di Himera. Sotto la civiltà greca, Petra coniò infatti monete proprie, ne sono stati trovati molti esemplari, una in bronzo si conserva nel museo nazionale di Palermo. Le prime notizie certe risalgono all’epoca della prima Guerra Punica,  nel 254 a.C. i “Petrini” si schierarono a favore dei Romani, scacciando il presidio cartaginese aprirono le porte della cittadina ai consoli romani Aulo Attilio Catilino e Gneo Cornelio. Per tale ragione Petra fu tenuta in grande considerazione dai Romani e con altre 34 città inserita tra quelle decumane, le quali erano tenute a donare a Roma, ogni anno, una decima parte dei loro proventi agricoli (frumento,orzo,vino,olio) tra queste solo diciassette, tra le quali Petra, potevano custodire il tempio di Venere Ericina e manifestare speciale devozione alla dea. Le diciassette città dovevano anche provvedere all’allestimento della flotta provinciale, tale obbligo era esteso anche a città non poste sul mare.

Quando Caio Cornelio Verre fu propretore di Sicilia dal 73 al 71 a.C commise ruberie e ingiustizie in tutte le città dell’isola. Petralia lo ospitò per qualche tempo nel castello sugli avanzi del quale sorge la chiesa di Santa Maria Loreto. Partito da Petralia, Verre lasciò a rappresentarlo Publio Nevio Turpione, uno scellerato che tormentò i Petrini.

Il popolo di Sicilia per difendersi dalle ingiustizie e dalle ruberie commesse da Verre chiamò Cicerone il quale già nel 75 a.C era stato in Sicilia con la carica di questore. Tornato in Sicilia per conoscere meglio i fatti  e le accuse rivolte a Verre, Cicerone scrisse contro quest’ultimo le orazioni le “Verrine” e riuscì a farlo condannare. In occasione della sua venuta in Sicilia visitò anche Petra alloggiando nel castello di Loreto. Affacciatosi dal belvedere del Loreto si racconta abbia esclamato: “Questo è il granaio d’Italia”.

Durante le fasi che precedettero la caduta dell’Impero romano d’Occidente 476 d.C., la Sicilia provò i traumi delle invasioni barbariche essendo stata per circa mezzo secolo (440-490) percorsa e devastata da orde di Vandali, provenienti dall’Africa. In seguito conquistata dagli Ostrogoti di Teodorico, tra il 484 ed il 496, e successivamente dai bizantini di Giustiniano (535-554), sotto la cui dominazione rimase per circa tre secoli.

Nell’827 a Petralia Soprana arrivarono i Saraceni i quali la ribattezzarono Batraliah (Pietra Alta) e  la trasformarono in un centro militare importantissimo. Dall’830 circa gli Arabi sottoposero la Sicilia al governo di un emiro. Il grandioso castello posto a capo della città, oggi Santa Maria di Loreto, fu nel primo secolo di dominazione araba maggiormente fortificato tanto da diventare un’espugnabile roccaforte. Batraliah ebbe una moschea sita nel posto dove oggi sorge la chiesa del SS. Salvatore. Agli Arabi dopo due secoli e mezzo successero nel dominio della Sicilia i Normanni.

Sbarcato a Messina il Conte Ruggero d’Altavilla  proseguì verso Catania per poi dirigersi alla volta di Batraliah, terra abitata da musulmani e cristiani.

Gli abitanti di Batraliah, allarmati dall’imminente pericolo, riuniti nella fortezza, tennero consiglio sul modo di regolarsi e deliberarono di accogliere benignamente Ruggero cedendogli la fortezza e prestandogli ubbidienza. Ruggero arrivato nei pressi di Batraliah collocò gli accampamenti vicino alle mura della città nella parte settentrionale, come leggevasi sino a qualche tempo fa, inciso su una roccia: Hic Roggerius castra locavit - per cui quel sito venne denominato Rocca di Ruggero. Impadronitosi della città vi collocò un forte presidio di cavalieri e di mercenari. Il nome della cittadella fortificata venne mutato dal Conte Ruggero in Petra Heliae. I Normanni, formidabili guerrieri già signori delle Puglie e delle Calabrie, conquistarono in pochi anni tutta l’isola.

Nel 1066 Ruggero per la posizione strategica dotò Petra Heliae di torri e bastioni, rafforzò il castello del Loreto e vi edificò un altro castello a nord, fece inoltre costruire un acquedotto che dal Monte Savochella raggiungeva l’abitato. Si narra che Ruggero, nei pressi del piano della Battaglia, abbia vinto e sbaragliato con 1000 cavalieri ben 20000 Saraceni, in ringraziamento di tale vittoria Ruggero edificò una chiesa a Petra Heliae nominandola S. Teodoro, (dono di Dio), santo di cui ricorreva la festa il giorno della vittoria. Oltre alle fortificazioni sono da attribuire ai Normanni alcune strade militari, quali la via Regia che percorreva la Sicilia da Oriente a Occidente e che attraversava Petra Heliae, che si trovava sul confine della Valdemone, in una posizione strategica per il controllo dell’isola. Nel XI sec. a Petralia Soprana sorse anche un convento dei Carmelitani scalzi ritenuto uno dei più importanti della Sicilia, oggi sede del Comune.

Ruggero rafforzò la cinta muraria di Petra Heliae, di tale cinta resiste oggi solo una porta ad arco detta Porta Serij forse perché da essa passavano i messaggeri spediti nel campo nemico in tempo di guerra. Ruggero morì nell’anno 1101 presso Mileto in Calabria. Petralia Soprana passò dunque al nipote di Ruggero, Serlone. Col passaggio della Sicilia agli Svevi iniziò l’epoca feudale con la dominazione baronale. 

Nel 1200, al tempo dell’imperatore Federico II, Petralia venne governata da Gilberto di Monforte e in seguito assegnata dal re Manfredi, il 27 Giugno 1258, ad Enrico Ventimiglia per il valore mostrato nella guerra contro Carlo d’Angiò. Ad Enrico Ventimiglia successero i figli Alduino e Francesco. Nel 1396 passò alla Contea di Collesano. Successivamente, nel 1600 passò ai Cardona, poi ai Moncada, ai Borgia Alvarez de Toledo e nell’800 ai duchi di Ferrandina Alvarez. In seguito all’unificazione d’Italia, nel 1861, alcuni beni ecclesiastici furono espropriati e divennero proprietà dello Stato italiano, tra questi il Convento dei Carmelitani scalzi. 

Nel Luglio del 1943, Petralia Soprana subì un pesante cannoneggiamento da parte dell’artiglieria anglo-americana poiché intorno al paese vi erano alcune postazioni tedesche che tentavano di fermare l’avanzata degli Alleati. Un cannone tedesco era posto tra gli alberi di Villa Sgaderi, un altro alla Pinta, questi cannoni furono poi individuati dagli Americani grazie ad un aereo “cicogna” e bombardati. Durante i bombardamenti della Seconda guerra mondiale gli abitanti di Petralia Soprana ritornarono a rifugiarsi nelle caverne naturali e in quelle scavate nella roccia.

Visitare il borgo

L’aria è rarefatta, i balconcini sono fioriti e c’è silenzio. Petralia Soprana è pronta a svelarsi in tutta la sua bellezza. Ad ogni passo una sorpresa: qui una bifora nel Palazzo Averna, là un cortiletto con panchina antica ed un orcio con gelsomino rampicante.

Qui la vita è raccontata dalle case e dalle storie della gente che ci vive.

È probabile secondo gli storici che Petralia Soprana, in provincia Palermo, sia l’erede dell’antica Petra, fondata dai Sicani delle Madonie. Conquistata dagli Arabi, fu chiamata Batraliah da Batra, “pietra” e liah, “alta”. I Normanni la ribattezzarono Petra Heliae (pietra di Elia) in onore del profeta.

Ti trovi nel cuore delle Madonie e sei in un balcone naturale. Puoi ammirare l’Etna in tutta la sua magnificenza.

Ci sono tre belvedere: quello di Loreto, u castru, da cui lo sguardo va sull’EtnaEnnaCaltanissetta e la vallata del fiume Imera, quello del Carmine, u carmini, che mostra la Sicilia occidentale in direzione di Palermo, e infine quello di piazza Duomo, che volge ad est verso Gangi, abbracciando l’Etna sullo sfondo.

Accanto a u castru si apre la parte più alta del borgo, probabile sede della fortificazione sicana e poi romana, detta Piazza Loreto. In Piazza Loreto si può ammirare il prospetto simmetrico e le guglie maiolicate della Chiesa di Santa Maria di Loreto, aggregata al più famoso Santuario di Santa Maria di Loreto “nelle Marche”, ricostruita in forme tardo barocche e con pianta a croce greca. Al suo interno spiccano lo splendido altare marmoreo (detto “cona”) di Giandomenico Gagini del XVI secolo (che raffigura quattro episodi della vita di Gesù), le sculture lignee secentesche dei Santi Cosma e Damiano e due statue di santi attribuite a Filippo Quattrocchi da Gangi.

Da Piazza San Michele, che ha al centro una fontana circolare e prende nome dalla secentesca chiesa dedicata al santo, si arriva in Piazza del Popolo. Qui troviamo il neogotico Palazzo municipale, un tempo convento dei Carmelitani, e i due Palazzi Pottino dei Marchesi di Eschifaldo. Uno di questi, di proprietà pubblica, ospita mostre temporanee e il magnifico Presepe d’Incanto nel periodo natalizio. L’altro, di proprietà degli eredi Pottino, contiene un piano nobile con magnifici saloni ottocenteschi, visitabili come casa museo. Qui è esposto l’arredamento del tempo, compreso il servizio da tavola con il quale fu servito il Principe Umberto II di Piemonte.

Continuando lungo la Via Generale Medici, arriviamo in una piccola piazza dedicata al Frate Cappuccino Umile Pintorno da Petralia, autore di ben 33 crocifissi scolpiti in legno, sparsi nell’Italia meridionale e all’estero. La sua attività di scultore ebbe inizio nel 1623, l’anno della peste nera in Sicilia.

Nell’adiacente piazzetta Ruggero VII, ecco l’Oratorio delle Anime Purganti con un grande campanile “a vela”. Vicino l’Oratorio, nella Piazza dei Quattro Cannoli, c’è la fontana barocca in marmo di Billiemi, l’unica fonte d’acqua del borgo fino al settecento.

In Piazza Duomo, ecco lo scenografico teatro architettonico su cui si affaccia la Chiesa Madre dedicata agli Apostoli Pietro e Paolo: un colonnato e due campanili, uno di epoca normanna, con una finestra in stile arabo, e l’altro settecentesco. Nella facciata, il portone ligneo d’ingresso riporta dei riquadri scolpiti in stile gotico-catalano. 

All’interno, le tre navate sono sorrette da dodici pilastri, rappresentanti gli Apostoli. Nella navata destra ammiriamo il dipinto della Deposizione di Cristo dalla croce, attribuito a Josepe de Ribera detto Lo Spagnoletto, la Madonna fra gli angeli di Gaspare Vazzano, detto Lo zoppo di Gangi, e il primo crocifisso realizzato da Frate Umile da Petralia (1623), in cui già sono presenti tutte le caratteristiche del suo stile, come la grandezza naturale del Cristo e l’estremo realismo dei tratti e dei gesti.

Proseguiamo ed arriviamo nella Chiesa del Salvatore: l’unica nelle Madonie con pianta ellittica, che, secondo alcuni, corrisponde a quella della moschea, sulla quale l’edificio cristiano fu ricostruito dai Normanni e consacrato. La chiesa fu ampliata nella seconda metà del Settecento e oggi conserva dipinti e sculture interessanti, tra cui la statua di San Giuseppe dello scultore Filippo Quattrocchi.

Sul lato opposto della normanna Porta Seriy, l’ultimo rimasto dei sei antichi ingressi del borgo, troviamo la Chiesa di San Teodoro. L’attuale configurazione dell’edificio è del 1759 ma il campanile è la trasformazione di una delle torrette delle vecchie mura medievali di cinta del centro storico. All’interno, vi è un interessante sarcofago medievale.

Poco lontano dal centro, c’è il Convento dei Frati Minori Riformati, eretto con l’annessa chiesa nel 1611 per volontà di alcune nobildonne. Qui trascorse i primi anni del noviziato Frate Umile da Petralia. Il magnifico prospetto della chiesa con i suoi ornamenti floreali e bassorilievi, richiama l’esuberante decorativismo spagnolo dello stile churrigueresco.

Lì vicino, la settecentesca Villa Sgadari è una delle più belle ville barocche delle Madonie, che ospita al suo interno una mostra di carretti e pupi siciliani.

Passeggiando per il borgo, ammiriamo altri palazzetti di pregio, come, nella Piazza Quattro Cannoli, il Palazzo Pottino Marchesi di Irosa e il Palazzo Vigneri e, in Piazza San Michele, il Palazzo Sabatini-Salvia.

Tutto il borgo è caratterizzato dal susseguirsi di vicoli contornati dalle tipiche case a schiera e a torre: tra queste pure la casa di Vittorio Cerami, il pittore di Petralia, superstite della Battaglia navale di Capo Matapan durante la II Guerra Mondiale. La casa conserva ancora i suoi dipinti e le lettere scritte dal fronte di guerra.

Nei pressi della frazione Raffo, una grande miniera di salgemma viene ancora oggi utilizzata per la produzione del celebre “sale di Sicilia”. All’interno di questa, è possibile visitare il Museo del Sale che raccoglie una collezione di sculture di sale realizzate da artisti provenienti da tutto il mondo.

Poco distante dal centro storico, nell’omonima borgata, c’è la Chiesa della Trinità, che custodisce all’interno un fonte battesimale del Settecento.

Nel paese, la panificazione di semola rimacinata di grano duro produce risultati di straordinaria qualità. Ci sono ancora forni a legna dove si cuociono pagnotte lievitate con il criscenti, il lievito madre prodotto in casa. Qui puoi trovare anche molti prodotti lattiero-caseari come la provola, formaggio vaccino a pasta filata, e formaggio caprino a fermentazione lattica (in stile francese) o prodotto a latte crudo, di varie stagionature.

Chiesa dei Santi Apostoli Pietro e Paolo

Il duomo dei Santi Apostoli Pietro e Paolo è il principale luogo di culto (chiesa madre) ubicato in piazza Duomo.

Non trattandosi di un edificio ricostruito su preesistente insediamento ma di una costruzione soggetta a progressive stratificazioni d'interventi, l'aggregato è probabilmente il tempio menzionato nel 985 da Al-Muqaddasi nella sua descrizione di Petralia Soprana. Il suo singolare orientamento potrebbe confermare un’originaria funzione come moschea araba.

Decorazioni bizantino-arabe anteriori agli stilemi della bifora del campanile normanno collocano la costruzione di elementi del primitivo nucleo immediatamente prima della dominazione araba. In origine era molto più piccola, ad una sola navata e probabilmente a croce greca come i primitivi impianti degli altri luoghi di culto cittadini. La parte più antica è quella corrispondente all'attuale navata sinistra.

Il tempio è ubicato nel cuore medievale del paese, ed è quasi adiacente alla chiesa del Santissimo Salvatore, la Cappella Palatina voluta da Ruggero I di Sicilia, ed è equidistante dalle due fortezze cittadine dell'epoca: il vetusto castello a mezzogiorno e la moderna fortificazione extra portam a settentrione. Il primo maniero fu destinato in seguito ad ospitare i religiosi carmelitani per poi essere riedificato come chiesa di Santa Maria di Loreto, il secondo - conclusa la riconquista normanna - decadde progressivamente a causa di terremoti e degli agenti naturali.

Goffredo Malaterra, cronista di corte, nel 1066 documenta il primitivo sistema di fortificazioni cittadino, caposaldo con funzione di piazzaforte militare, avamposto della città di Palermo in caso di assedio di quest'ultima. Gli storici Filippo Cluverio e Tommaso Fazello concordano sull'impianto arabo-normanno del borgo, ma l'archeologo domenicano, con le sue ricognizioni e gli studi approfonditi sulla Geografia di Tolomeo, retrodata le origini della località e la fondazione del Castru, fissandone l'origine in epoca romana.

Semidistrutta da un disastroso incendio nel Trecento, la chiesa fu rimodulata per volere di Antonio Ventimiglia, salvo il campanile ad occidente. I lavori di ripristino terminarono nel 1497, come si evince dall'iscrizione incisa sulla lapide ancora visibile sopra il portale dalla parte interna, di ridotte dimensioni fu riedificata con due sole navate.

Trasformazioni, ampliamenti e perfezionamenti seguirono all'inizio del 700, quando fu ingrandita con l'aggiunta di una terza navata, l'interno impreziosito con decorazioni in stucco di gusto barocco opera dei Serpotta, ingentilita da un portico esterno con colonne binate, e un secondo campanile eretto ad oriente.

È ipotizzabile che lo spazio oggi occupato dalla navata destra fosse occupato da un porticato o un chiostro, come denota il ritrovamento di elementi di pilastri decorati con fiori, inglobati nell'attuale parete destra. La zona prospiciente la teoria di colonne binate (16 colonne, 7 luci a sud e una rivolta ad est, l'arcata centrale sensibilmente più larga), era destinata a zona cimiteriale, area oggi denominata «Û chianu â chiesa». Il portale di stile gotico del Quattrocento al centro del fianco meridionale sotto il portico, fu rimodulato in seguito allo spostamento determinato per consentire e garantire l'ingrandimento del tempio.

Le due statue di San Pietro e San Paolo, inserite negli archi della bifora normanna, sono state collocate solo nel 1912, provenienti da una diversa originaria sistemazione assieme al San Giovanni Battista presente accanto al fonte battesimale. In questo stesso periodo, il portico è stato oggetto di un completo rifacimento ed è stata realizzata la scalinata di raccordo tra il piano di calpestio e i vari livelli esistenti fino al piano stradale.

Intorno agli anni '60 è stato completato il campanile settecentesco, rimasto monco dotando il secondo ridotto ordine di balaustra, nel 1998 nella cella campanaria è installata una campana di 18 quintali denominata Campana dell'Unione. Sui prospetti sono stati eliminati sovrastrutture, superfetazioni, grondaie, vasi ornamentali acroteriali sul cornicione del portico e i lampioni.

PROSPETTI - Il prospetto laterale destro è quello principale, il corpo ecclesiale è incastonato per 3/4 nel resto del contesto edilizio abitato. Il campanile normanno insiste in corrispondenza della pseudo controfacciata, quello più moderno d'epoca settecentesca gravita in prossimità delle absidi.

Sul lato sinistro è visibile una finestra murata a testimonianza dell'esistenza di un edificio pre-normanno. Il manufatto presenta decorazioni bizantino-arabe anteriori rispetto agli stilemi della bifora del campanile normanno. Per l'innalzamento del terreno la finestra appare al di sotto del livello della strada, una carbonaia adiacente ha consentito di preservarla dalle ingiurie del tempo.

CAMPANILE NORMANNO - La torre campanaria di sinistra o occidentale si distingue per elementi di età normanno - sveva del XII - XIII secolo, in particolare la bifora, la cui datazione è confermata dal ritrovamento, nel corso di lavori di restauro, di una moneta coniata sotto il regno di Ruggero II. Successivamente rafforzata da contrafforte, ne deriva il curioso aspetto di "doppio campanile" dai volumi e linee ibridi. Sulla parete sud a poca distanza dalla bifora, è ancora visibile una croce scolpita all'atto della consacrazione. Sono presenti celle campanarie multiple e una incastellatura in ferro sommitale per strumenti di piccole dimensioni.

CAMPANILE ORIENTALE - È un manufatto quadrangolare rimasto a lungo incompiuto e completato solo negli anni '60 del secolo scorso. Ripartito su due ordini, presenta una cella campanaria delimitata da balaustre, quattro monofore e segnato lungo gli spigoli laterali da poderose paraste angolari convesse con un'articolata modanatura sovrapposta e prospettica.

INTERNO - L'interno è a croce latina diviso in tre navate da pilastri. Sulla parete in fondo alla navata (pseudo controfacciata) è collocata la cantoria e il più grande organo del comprensorio, risalente al 1780, opera di Giacomo Andronico. Le superfici interne sono ricoperte da un apparato decorativo in stucco.

Navata destra

- Prima campata. Nell'ambiente è documentato il dipinto raffigurante la Madonna degli Angeli raffigurata con Santa Chiara, San Francesco d'Assisi, Sant'Antonio di Padova e San Pietro d'Alcantara. Lo scudo sormontato dalla corona presenta da un lato lo stemma della famiglia Santacolomba, conti d'Isnello, e dall'altro quello di Alessandra Gucci, madre di Arnaldo, committente, opera realizzata da Gaspare Bazzano nel 1620.

- Seconda campata: Dipinto.

- Terza campata: varco d'ingresso destro o meridionale con portale gotico sul portico prospiciente Û Chianu â Chiesa.

Pulpito ligneo.

- Quarta campata: Cappella della Madonna del Carmine. Nell'ambiente è documentato il quadro raffigurante la Madonna del Carmelo ritratta tra santi carmelitani, opera attribuita a Filippo Randazzo, l'Orbo di Nicosia.

- Quinta campata. Cappella della Deposizione. Sulla parete campeggia la Deposizione di Cristo raffigurata con Nicodemo, Giuseppe di Arimatea, San Giovanni Evangelista e altri tre personaggi, opera di ignoto pittore siciliano della seconda metà del XVII secolo.

Navata sinistra-

- Prima campata: Fonte battesimale. Nella nicchia dell'ambiente è documentata la Madonna dell'Udienza, statua marmorea del 1520, opera di Antonello Gagini. Accanto al fonte battesimale San Giovanni Battista, statua marmorea attribuita a Giuliano Mancino. Le statue collocate nella bifora del campanile facevano probabilmente parte di un gruppo d'incerta collocazione comprendente il San Giovanni Battista.

- Seconda campata: Cappella della Madonna della Catena. Nella nicchia è custodita la Madonna della Catena, statua marmorea che presenta sullo scanello il bassorilievo della Natività tra San PietroSan Paolo, e teste di cherubini alate, opera di Giorgio da Milano del 1495.

- Terza campata: Cappella di San Francesco d'Assisi. La nicchia custodisce la statua raffigurante San Francesco d'Assisi.

- Quarta campata: Statua.

- Quinta campata: Cappella della Pietà. Campeggia nell'ambiente il gruppo marmoreo della Pietà raffigurata tra i simboli della passione, opera di Giuliano Mancino, opera del 1498. La scultura presenta nella base, probabilmente non omogenea nella realizzazione, Cristo Risorto affiancato a sinistra da Maria Maddalena e San Giovanni Evangelista a destra, il nome del committente, il presbitero Giovanni de Macaluso.

ABSIDI E PRESBITERIO

- Absidiola destra: Cappella del Santissimo Crocifisso. Nell'ambiente è collocato il Crocifisso, prima opera di frate Umile da Petralia realizzata nel 1623 - 1624, proveniente dalla chiesa di Santa Maria del Gesù del convento dell'Ordine dei frati minori riformati.

- Absidiola sinistra: Cappella del Santissimo Sacramento. L'ambiente ospita la custodia lignea realizzata tra il XVII ed il XVIII secolo dal polizzano Pietro Bencivinni. L'opera, dal colore aureo, è strutturata in tre registri, ognuno dei quali presenta nicchie con fughe prospettiche, carnose volute e motivi a girali. Il pregevole lavoro d'intaglio è stato depredato delle figure che un tempo erano collocate nelle nicchie.

- Presbiterio e altare maggiore. La tela sulla sopraelevazione raffigura il Martirio dei Santi Pietro e Paolo, opera del palermitano Vincenzo Riolo, ai lati sulla mensa dell'altare versus absidem, le statue lignee dei titolari della chiesa, eseguite a Catania dallo scultore napoletano Gaetano Franzese nel 1767.

Sulle pareti laterali del presbiterio sono collocate due grandi tele raffiguranti rispettivamente San Pietro liberato dall'angelo e San Paolo che fa bruciare i libri profani, entrambe firmate nel 1890 da Corrado Tanasi. L'artista è autore anche della tela quaresimale raffigurante la Deposizione ispirata all'opera omonima di Rembrandt. Addossato alle pareti il Coro ligneo realizzato nella seconda metà del Settecento da intagliatori siciliani.

SACRESTIA

- Tesoro.

- 1890, Ciclo, ritratti, dipinti raffiguranti gli arcipreti di Petralia Soprana, fra essi quello di Gaetano Ragonese Violanti firmato da Corrado Tanasi.

- 1760, Martirio di San Giovanni Evangelista, dipinto, opera proveniente dalla chiesa di Santa Maria di Gesù, firmata dal palermitano Tommaso Pollace.

- 1608, Sacra Famiglia raffigurata con San Michele Arcangelo e San Pietro d'Alcantara, dipinto realizzato da un anonimo pittore siciliano.

- XIX secolo, Cristo Risorto, dipinto, opera di Vincenzo Riolo.

- Altre opere di Matteo Garigliano, pittore di Gangi.

- ?, San Francesco d'Assisi, opera riferita a Giovanni Pietro Ragona, artista natio di Petralia Sottana.

- ?, Madonna della Vittoria e San Teodoro, gruppo statuario fresco di recentissimo restauro.

Chiesa di Santa Maria di Loreto

La chiesa di Santa Maria di Loreto è un luogo di culto ubicato in fondo a via Loreto, nel quartiere o rione Û castru - Belvedere Loreto.

Tra le origini etimologiche del nome Petralia, una delle tante ipotesi suggerisce che esso derivi dall'esistenza della chiesa e convento di Sant'Elia eretto intorno all'anno 850 a Petralia Sottana. Un'ulteriore supposizione vuole che entrambe le Petralia debbano il loro nome ad un dirupo impervio o balza di terreno detta pietra di Elia, chiaro riferimento al profeta Elia.

Il culto e la venerazione del personaggio biblico furono verosimilmente introdotti da primitive cellule eremitiche di carmelitani, comunità religiosi in seguito attestata presso codesto tempio. Ordine insediato presso l'antica chiesa di Maria Santissima Annunziata del Carmelo, documentata sull'odierna "Piazza del Popolo" fino al 1929, quando fu rasa al suolo. Piazza ove si affaccia il Palazzo del Municipio, istituzione insediata nelle strutture dell'ex convento dei Carmelitani scalzi erette nel XVI secolo.

Sebbene l'Ordine della Beata Vergine del Monte Carmelo sia attestato e documentato in Sicilia in seguito al rientro della regina Adelasia del Vasto dopo gli eventi derivanti lo sfortunato matrimonio con Baldovino I di Gerusalemme, è tuttavia probabile che nuclei provenienti dal monte Carmelo avessero già colonizzato l'isola insediandosi per diffondere il cristianesimo da conversione.

Per converso in epoca normanna si acuiscono i dissidi fra cristiani e musulmani in Terra santa, rapporti tesi che si trasformeranno in espulsioni e persecuzioni sfociate successivamente nelle sanguinose crociate, eventi che obbligano intere comunità monastiche a riparare altrove. Infatti, confessori e assistenti spirituali carmelitani costituivano parte del seguito della sovrana al rientro da Gerusalemme, religiosi che durante l'ultimo anno d'esilio volontario della regina nella città di Patti, diffusero i principii e le regole nelle due capitali del Regno.

Sull'area dell'attuale chiesa di Santa Maria di Loreto circondata dall'omonimo belvedere, nel 1066 il cronista di corte di Ruggero, Goffredo Malaterra, documenta il primitivo castello normanno di Petralia Soprana. Costituiva Cappella Palatina dell'edificio la primitiva chiesa del Santissimo Salvatore, nello stesso frangente è edificato in posizione strategicamente più elevata a settentrione il castello extra portam.

Nel 1307 è documentato il soggiorno cittadino di Sant'Alberto Carmelitano, episodio legato alle vicende delle pietre sulle quali il religioso riposò. Le reliquie sono documentate murate nelle strutture dell'abolito convento di Piazza del Popolo.

Tommaso Fazello descrive un fortilizio posto sulla sommità del colle chiamato da Tolomeo Pietra, costruzione distante un miglio dal castello moderno di Petralia inferiore, oggi identificato come Castru. Pertanto quest'ultimo, con le sue ricognizioni e gli studi approfonditi, inquadra località e fortezza non solo come preesistente fortificazione in epoca araba e bizantina, ma ne fa risalire le origini in epoca romana.

Le strutture del maniero ospitarono la chiesa di Sant'Elia e il convento dell'ordine dei Carmelitani scalzi fintanto che non fu costruita una struttura ricettiva più ampia, che si individua nella demolita chiesa di Maria Santissima Annunziata del Carmelo - edificata sull'area corrispondente approssimativamente a quella dell'attuale Piazza del Popolo - mentre l'ex convento è stato adibito a sede del palazzo comunale.

Rinominata e dedicata alla Vergine Lauretana, fu ingrandita e perfezionata tra il 1730 e il 1750, mentre le primitive strutture conventuali furono adibite ad abitazioni. Questi interventi comprendono la costruzione e il completamento del campanile destro, la definizione del prospetto in barocchetto madonita, la realizzazione del raffinato apparato decorativo in stucco che arricchisce tutte le superfici interne.

Il terremoto di Palermo del 6 settembre 2002 incrinò le strutture del campanile sinistro, che a dispetto delle minuziose campagne di restauro condotte in tutti gli ambienti, mostra ancora ingabbiata la cuspide colorata della torre campanaria.

CONVENTO - L'istituzione è documentata il Vº convento dell'Ordine della provincia siciliana. Il convento fu abbandonato e trasformato in abitazione privata.

CHIESA DI MARIA SANTISSIMA ANNUNZIATA DEL CARMELO - Chiesa: dopo il 1928 / 29 il luogo di culto fu demolito.

Convento: Istituzione con struttura caratterizzata da merli medievali a coronamento della facciata. Dopo l'abbandono dei religiosi, la struttura è stata adibita a sede del comune.  

Chiesa del Santissimo Salvatore

La chiesa del Santissimo Salvatore è un luogo di culto prossimo a piazza Duomo (Û Chianu â Chiesa) vicino alla chiesa madre

Costruzione verosimilmente edificata su una preesistente struttura, secondo tradizione adibita a moschea. Edificio poi trasformato in chiesa dal Conte Ruggero ed elevato al titolo di Cappella Palatina.

In seguito, solo in epoca normanna è edificato in posizione più elevata il castello extra portam posto a settentrione, edificio atterrato dai Magnus Terremotus in terra Xiclis del 1542, dagli intensi sciami di scosse sismiche culminati con gli eventi distruttivi del 27 marzo e 8 giugno 1638, dal terremoto documentato dalle cronache cittadine il di marzo 1647, con le devastazioni arrecate dal terremoto del Val di Noto del 1693, infine dagli agenti endogeni di natura temporalesca del 1891, che ne decretarono la quasi totale demolizione dei ruderi a fine ottocento.

Nel 1066 il cronista di corte Goffredo Malaterra, documenta il primitivo maniero, alla stessa stregua di Filippo Cluverio e Tommaso Fazello, quest'ultimo con le sue ricognizioni e gli studi approfonditi, inquadra località e fortezza nei trattati di Geografia di Tolomeo.

Ampliata e perfezionata nella seconda metà del XVIII secolo, alta espressione di architettura barocca in Sicilia, presenta una facciata e un impianto che ricorda la chiesa dei Santi Luca e Martina a Roma, opera di Pietro da Cortona.

Interno - L'interno a pianta ellittica è scandito da otto pilastri che determinano cappelle radiali di diverse dimensioni, le strutture sostengono la cupola centrale. Le superfici interne presentano un elegante apparato in stucco impreziosito da rilievi dorati.

L'architettura interna riflette lo stile borrominiano introdotto nell'isola, ispirato e/o frutto di contaminazione con riferimento a coevi poli monumentali della capitale, di Catania e molti altri centri minori del Val di Noto, specie in relazione ai grandi interventi di ricostruzione operati in seguito alle devastazioni determinate in gran parte della Sicilia dal terremoto del 1693.

Lato destro

- Cappella di San Giuseppe. Statua lignea raffigurante San Giuseppe con il Bambino, opera attribuita a Filippo Quattrocchi o Giralamo Bagnasco. La scultura è racchiusa in una cornice in stile barocco riferita alla bottega di Pietro Bencivinni.

- Cappella della Vergine. Ambiente caratterizzato da ciborio in marmo del tardo Quattrocento, realizzato da uno scultore attivo in Sicilia, che al posto del tabernacolo vero e proprio reca una scultura, opera proveniente dalla chiesa di Maria Santissima Annunziata del Carmelo. Il manufatto riproduce un tempietto con drappo a baldacchino, ai lati esterni di due lesene con motivi a candelabra, coppie di angeli su differenti livelli aprono, allargano e dispiegano il ricco panneggio, manto che accoglie schiere di serafini oranti, cherubini adoranti, putti osannanti. Nella predella sono raffigurati i dodici apostoli. Nella nicchia, puttini in posizione semi genuflessa, reggono sulle spalle la statua a tutto tondo della Vergine con il Bambino. Il delicato altorilievo esterno presenta indorature e toccature in oro atte a porre in risalto aureole, frange, ali, rilievi e motivi ad arabeschi.

Lato sinistro

- Primo ambiente: Cappella di San Francesco di Paola. Statua lignea raffigurante San Francesco di Paola, firmata dal napoletano Lorenzo Cerasuolo nel 1767.

- Secondo ambiente: Cappella dell'Immacolata Concezione. Statua lignea raffigurante l'Immacolata Concezione, firmata da Gaetano La Rizza nel 1787.

Altare maggiore

- San Salvatore, manufatto ligneo di fine XVII secolo, riferito all'intagliatore madonita Giovanni Pietro Ragona.

Altre opere:

- Pulpito, manufatto intarsiato in oro.

- Ninfa, raffinato e monumentale lampadario sospeso in cristallo sfaccettato, dono dei sopranesi emigrati in America.

- Santa Barbara, statua lignea, opera di Giovanni Pietro Ragona.

- Sant'Antonio con il Bambino, statua lignea, opera di Giovanni Pietro Ragona.

- Immacolata Concezione, manufatto ligneo del 1697., riferito all'intagliatore madonita Giovanni Pietro Ragona, opera proveniente dalla chiesa di Santa Maria del Gesù del convento dell'Ordine dei frati minori riformati.

- San Leonardo.

SACRESTIA - L'arciprete Gaetano Ragonese decise di ricostruire gli ambienti nel 1865, conferendo l'interno fastoso in arredi e opere ivi custodite. All'ingresso è custodito uno spettacolare armadio, opera ottocentesca di Silvestre Sabatino da Petralia Soprana. Un incendio il 28 giugno 1916 ne distrusse la parte superiore, prontamente restaurata dai fratelli Grippaldi da Catania.

La decorazione parietale è costituita da affreschi e stucchi e un ricco ciclo di opere pittoriche su tela:

- Santa Caterina ispirata alla tela dello stesso soggetto dipinta a Collesano da Giuseppe d'Alvino, opera autografa di Giuseppe Salerno e realizzata probabilmente entro il primo decennio del XVII secolo.

- Sacra Famiglia con San Giovannino con affinità con la Madonna del Gatto di Federico Barocci della National Gallery di Londra, opera autografa di Giuseppe Salerno nel 1618.

- San Nicolò di Bari.

- Fuga in Egitto.

- San Francesco di Paola.

- Annunciazione, tela del Settecento di autore ignoto, opera proveniente dalla distrutta chiesa di Maria Santissima Annunziata del Carmelo.

- Crocefisso con anime del Purgatorio, olio su tela di autore ignoto, proviene dall'omonimo oratorio.

- San Gaetano.

- Arcangelo San Michele del XVIII secolo.

- Santa Rita in estasi.

- Sant'Anna che riceve Maria Bambina dalle mani dell'Eterno Padre raffigurata tra gli Angeli e San Gioacchino.

- San Giuseppe con Gesù, quest'ultimo raffigurato mentre sorregge il globo terrestre, opera di autore ignoto risalente al XV - XVI secolo.

Altri edifici religiosi  

CHIESA DI SAN TEODORO MARTIRE, edificata in età normanna. Gli interni, come in diverse chiese del paese, vennero rifatti in stile tardo barocco nel XVIII secolo.

CHIESA DI SANTA MARIA DI GESU' E CONVENTO DELL'ORDINE DEI FRATI MINORI RIFORMATI costruito alle porte del paese nel 1611. Di notevole rilievo artistico sono i bassorilievi della facciata.

Altre strutture d'interesst

PALAZZO MUNICIPALE, già convento dei frati carmelitani scalzi, ristrutturato alla fine del XIX secolo con un nuovo prospetto neogotico e merli medievali. Conserva gli scaffali decorati in pirografia del Convento dei Frati Minori riformati.

PALAZZO POTTINO, appartenuto alla famiglia baronale che ebbe in possesso il paese, conserva affreschi con motivi paesaggistici locali.  

VILLA SGADARI, fuori dal centro urbano e con proprio parco, restaurata nel 2010.

PIAZZA DEL POPOLO: è la piazza principale della città, al centro ospita un monumento in bronzo di Antonio Ugo, dedicato ai caduti di tutte le guerre.

MINIERA DI SALGEMMA, nelle vicinanze della frazione di Raffo; è tra le più grandi miniere di salgemma d'Europa e sede del MAACS, un museo di sculture di salgemma dentro la miniera.