È
chiamata la "città
dei ponti", per la presenza di tre strutture molto
pittoresche e di valore storico. Nel 1693 un
devastante terremoto causò la distruzione quasi totale dell'intera
città, mietendo più di cinquemila vittime. La ricostruzione, avvenuta nel XVIII
secolo, la divise in due grandi quartieri: da una parte Ragusa
superiore, situata sull'altopiano, dall'altra Ragusa
Ibla, sorta dalle rovine dell'antica città e ricostruita secondo
l'antico impianto medioevale.
I
capolavori architettonici costruiti dopo il terremoto, insieme a tutti
quelli presenti nel Val
di Noto, sono stati dichiarati nel 2002 Patrimonio
dell'Umanità dall'UNESCO.
Ragusa è uno dei luoghi più importanti per la presenza di testimonianze
d'arte barocca,
come le sue chiese ed i suoi palazzi settecenteschi.
L'origine
del nome Ragusa risale all'epoca
bizantina, in greco Ρογος, Ragous, Rogos ovvero
granaio, dovuto alla ricchezza agricola della zona. Durante il dominio
arabo, il nome divenne Ragus o Rakkusa che in arabo significa "luogo
famoso per un sorprendente avvenimento", probabilmente una battaglia.
Infine in epoca normanna e aragonese venne latinizzato in Ragusia, per
poi diventare alla fine del XVIII
secolo Ragusa. Secondo Filippo
Garofalo l'etimologia di Ragusa verrebbe invece dalla
trasformazione del greco Heraea in Heresium per poi
passare a Reusium, Reusia, Rakkusa sotto gli arabi, Ragusia e
al definitivo Ragusa.
Heraea a
sua volta verrebbe da una presunta identificazione dell'abitato con l'antica Hybla
Heraia, la cui effettiva ubicazione non è mai stata accertata.
Tuttavia, a partire dal XVII
secolo si è cercato di localizzarla proprio in Ragusa,
basandosi sulla Tabula
Peutingeriana. La tradizione secentesca, mai confermata, ha dato
successivamente nome al quartiere antico della città che viene chiamato Ibla o Ragusa
Ibla.
Quale
che sia la sua origine toponomastica, in lingua
siciliana la città è chiamata “Raùsa” e i suoi cittadini
“rausàni”.

Gli
studiosi sono ormai concordi nell'affermare che Ragusa sorge nel sito
dell'antica Hibla (il nome sembra che derivi dalla dea Hybla) La città fu
fondata dai Siculi che hanno lasciato testimonianza del loro passaggio nei
loculi funerari scavati in molte zone e ben visibili in una parete della
valle del Gonfalone, lungo la strada che conduce a Modica. Alcune tombe,
complete di corredo funebre, sono state perfettamente ricostruite nel Museo
Archeologico della città.
Alcuni
secoli più tardi, Hibla subì l'invasione dei Greci dei quali, pian piano,
assimilò l'arte, gli usi e i costumi. La città venne denominata "Hybla
Heraia" per distinguerla da "Hybla Megara", i cui resti si
trovano nella penisoletta Manghisi, presso Augusta, e da "Hybla
Minore" nei pressi di Paterno.
Se
del periodo greco non rimangono resti di centri abitati, le necropoli
quantomeno ci danno una chiara idea della vita a quel tempo. In particolare
le necropoli di Monte Rito, contrada Cortolillo, Balatelle, Cava Pece,
Cucinello e Tabuna. Nella seconda metà del III sec. a.C. Hybla Heraia passò
sotto i Romani e divenne città "decumana", cioè soggetta al
pagamento della decima parte del raccolto. La denominazione "Hybla
Heraia" divenne lentamente Hereusium.
Sotto
i Bizantini la città, il cui nome venne trasformato in Reusia, subì
continue scorrerie da parte dei barbari (Vandali, Goti, Visigoti); per
questo motivo gli abitanti costruirono un castello per difendersi. Oggi di
questo castello si possono vedere solo pochi resti delle mura. La tomba più
importante di questo periodo è quella delle Trabacche (il nome deriva
dall'arabo tabaqa, cioè a forma di baldacchino) nella valletta di Buttino,
dove si trovano molte grotte sepolcrali. La grotta delle Trabacche, alta
circa due metri e mezzo e profonda più di venti, custodisce due sarcofagi a
baldacchino le cui colonne, che nella parte alta accennano a dei capitelli,
formano un tutt'uno con la roccia del suolo e della volta alla quale fanno
da sostegno; nel pavimento sono state ricavate tombe terragne, alle pareti
tombe ad arcosolio polisomi, cioè con due o tre sepolcri per fossa.
Nella
vicinissima zona Centopozzi sono stati rinvenuti numerosi pozzi che, un
tempo, servivano come depositi per l'acqua. La leggenda narra che cento
diavoli, precipitando agli inferi, abbiano lasciato con i pozzi il segno del
loro passaggio. Con gli Arabi il nome della città divenne Rakkusa o "Ragus",
come riportano alcuni testi. È comunque più probabile che derivi dal
bizantino "Pogoùs" (Rogus) che significa granaio. Dopo i primi
anni di devastazioni e saccheggi inauditi, gli Arabi migliorarono non solo
l'agricoltura, introducendo nuovi sistemi di irrigazione e nuove piante, ma
incrementarono anche i commerci e le industrie ed apportarono innovazioni in
campo artistico e culturale. Ai Saraceni successero i Normanni che elevarono
Ragusa a contea; Ruggero I nominò il figlio Goffredo conte di Ragusa. Con
gli Svevi la contea di Ragusa cessò di esistere e divenne demanio del
re.Alla dominazione sveva successe quella francese contro cui i Siciliani si
ribellarono con i famosi Vespri Siciliani.
A
Ragusa la ribellione fu capeggiata da Giovanni Prefolio che, il 5 aprile
1282, insorse contro il presidio francese liberando la città. Il Prefolio
fu nominato governatore della città e, quando Pietro d'Aragona fu chiamato
dai Siciliani a regnare sull'isola, Ragusa fu elevata nuovamente a contea e
Prefolio ne assunse il comando. In questo periodo, e per più di un secolo,
la famiglia dei Chiaramonte governò la contea. Ad essi successero i Cabrerà
che ingrandirono la contea fino ad includere tutti i comuni e l'attuale
territorio della provincia di Ragusa. In seguito alla ribellione del 1448
dei Ragusani contro i Cabrerà, la Cancelleria fu trasferita a Modica che,
da quel momento e fino al 1926, divenne la città più importante della
contea. Alla morte di Giovanni II Cabrerà, chiamato Giannotto, la contea
passò ad Alfonso Henriquez che aveva sposato donna Anna Cabrerà, erede di
Giannotto.

Uno
degli avvenimenti fondamentali nello sviluppo economico della contea fu
l'introduzione dell'enfiteusi. Grazie a questo istituto si vennero a formare
categorie borghesi benestanti ed alcuni nuovi proprietari terrieri
comprarono titoli nobiliari di baroni decaduti dando origine ad una nobiltà
minore di una certa forza. I nuovi nobili, assieme ai vecchi, non
migliorarono certo la situazione del popolo, essi facevano anzi a gara nei
lussi, nei balli, nel costruire ville,
palazzi, nel cercare di accrescere il proprio prestigio sovvenzionando la
costruzione di chiese, che raggiunsero un numero eccessivo se raffrontato a
quello degli abitanti, il tutto naturalmente con l'incoraggiamento e la
benedizione del clero. Ciò portò a vere e proprie lotte campanilistiche
fra i "Sangiovannari" (parrocchia di S. Giovanni) e i "Sangiorgiari"
(parrocchia di San Giorgio). Lotte che sono continuate per secoli, mitigate
di tanto in tanto da avvenimenti eccezionali, come pestilenze, carestie e
catastrofi naturali.
Uno
di questi avvenimenti eccezionali fu il tremendo terremoto dell'11 gennaio
del 1693 che a Ragusa causò circa 5000 vittime. Il castello, che si trovava
nella parte alta del colle, rovinò insieme a quasi tutta la città. Della
chiesa di San Giorgio rimasero solo il portale esterno e pochi muri. Questo
determinò la ricostruzione dell'intera città dando origine allo splendido barocco che
caratterizza il Val
di Noto. Del vecchio borgo medievale rimase solo la conformazione
urbanistica, fatta di strade strette, scale e vicoli, una parte delle mura
bizantine presso la Chiesa del Santissimo Trovato, il portale in stile
gotico del vecchio duomo di San Giorgio, ubicato attualmente vicino ai
Giardini Iblei, Porta Walter, di recente costruzione, e i resti del castello
federiciano, poi completamente asportati nel primo decennio del Novecento
per far posto alla costruzione del Distretto Militare, attivo durante la Prima
Guerra Mondiale, che attualmente ospita i locali della succursale
facoltà di Agraria dell'Università
di Catania.
Quando si decise la
ricostruzione della città, alcuni preferirono il luogo dove sorgeva prima (Ibla),
altri scelsero contrada Patro e gettarono le basi di Ragusa Nuova,
caratterizzata da strade ampie e rettilinee. Sorsero cosi due Raguse: quella
Superiore e quella Inferiore. I vecchi rancori, sopiti dopo il terremoto, si
riaccesero e il 17 aprile 1695 fu chiesto il decreto di divisione del comune
di Ragusa in due. Ma, il 27 marzo del 1703, fu chiesto un nuovo decreto con
cui suggellare l'unione delle due Raguse. Nonostante ciò le lotte
campanilistiche continuarono ed ebbero come effetto l'ulteriore abbellimento
delle due chiese, San Giovanni e San Giorgio.
Nel
1713, col trattato di Utrecht, la Sicilia passò ai Savoia ai quali
successero gli Austriaci nel 1720 e i Borboni nel 1738.
Nel 1848 insieme
alle città di Modica e
di Scicli si
ribellò al governo
borbonico, al fine di ottenere la libertà e l'indipendenza
dell'Isola.
Nel 1860 furono
inviati immediatamente dei volontari armati in aiuto di Garibaldi che
era appena sbarcato a Marsala e
dunque entrò a far parte del Regno
d'Italia sotto la guida del senatore Corrado
Arezzo de Spuches di Donnafugata.
Nel 1889 nasce
la Banca Popolare Cooperativa di Ragusa, primo embrione dell'attuale Banca
Agricola Popolare di Ragusa; la banca nacque grazie alle ingenti
ricchezze e alla florida agricoltura che appartenevano all'ormai ex contea e
divenne subito un polo importante di riferimento per tutta l'economia iblea.

Agli
inizi del XX
secolo anche nel ragusano si diffusero le idee socialiste in
modo particolarmente forte rispetto alla regione, da molti storici fascisti
Ragusa fu descritta come "un feudo dei rossi, non dissimile da
quello di Bologna". A causa di una forte dialettica politica, a Ragusa
si impose il fascismo, provocando una risposta violenta analoga a quella
padana. Il 29 gennaio 1921 un gruppo di fascisti distrusse il circolo
socialista di Vittoria,
uccidendo un uomo e ferendone dieci e due mesi dopo a Ragusa furono uccise
quattro persone e sessanta rimasero ferite.
Promotore dell'ideologia
fascista nel ragusano fu in particolare Totò Giurato, nonno del conduttore
televisivo Luca
Giurato. Costui, all'indomani del primo conflitto mondiale, si arruolò
negli Arditi
d'Italia e seguì D'Annunzio nell'impresa
fiumana, tornando nella città iblea, imbevuto del mito della vittoria
mutilata. La città fu la prima siciliana ad avere dato vita a questo
movimento politico, a tal punto che nella Torre littoria edificata per
volere dello stesso Mussolini fu incisa la seguente frase: "Fascismo
ibleo Tu primo a sorgere nella generosa terra di Sicilia". In seguito,
nel 1927 grazie
a Filippo
Pennavaria noto esponente fascista, Ragusa divenne capoluogo
dell'omonima
provincia, e contemporaneamente aggregò il limitrofo comune di Ragusa
Ibla.
Durante
la seconda
guerra mondiale la città fu scossa improvvisamente dai
bombardamenti, a partire dal 1942 e
per tutto il 1943,
a causa della presenza dell'aeroporto
militare di Comiso;
dalla sua pista partivano i cacciabombardieri dell'Asse.
Nel 1943 la
costa iblea fu poi teatro dello Sbarco
in Sicilia da parte degli Alleati,
ritornando comunque rapidamente alla normalità alla fine della guerra. Il 4
gennaio 1945,
la giovane Maria
Occhipinti diede origine ad una rivolta popolare; infatti la
donna, incinta di cinque mesi, si stese a terra davanti ad un camion
militare, ed in tutta la città scoppiò una violenta sommossa, soprattutto
nelle zone più popolari e in particolare nel quartiere soprannominato Russia.
La calma fu ristabilita rapidamente non senza feriti, e molti ragusani
vennero incarcerati o costretti a essere espulsi dalla città. Il 6 maggio
1950 con regolare bolla pontificia, Ragusa è stata eretta alla dignità di diocesi,
grazie al sagace e costante impegno di Mons. Carmelo Canzonieri, allora
parroco di San Giovanni Battista divenuto in seguito vescovo ausiliare di Messina prima
e di Caltagirone poi,
ricavandone il territorio dall'arcidiocesi di Siracusa e
dalla diocesi di Noto.
Oggi
Ragusa si presenta come una città dinamica e benestante: è sede di
numerose aziende ed enti ed è inoltre il più importante polo finanziario
del meridione per la presenza della BAPR,
che è la quarta banca popolare italiana. Dagli anni
novanta l'economia ragusana si sta sviluppando verso il settore
industriale, che è tuttora in rapida crescita in controtendenza rispetto
alla situazione italiana; la scarsa presenza di infrastrutture ha limitato
la grande potenzialità di questo territorio che comunque rimane l'area
export più importante della Sicilia;
inoltre, la città dal 1993 è
sede universitaria.

Monumenti
Nel 2002 il centro
storico di Ragusa per la sua architettura barocca è stato
dichiarato dall'UNESCO Patrimonio dell'umanità, assieme ad altri sette
comuni del Val di Noto.
La
ricostruzione della città dopo il terremoto del 1693 ha avuto
protagonisti famosi quali Vaccarini, Palma, Giovanni Vermexio,
Sebastiano Ittar, Vincenzo Sinatra e soprattutto il celebre Rosario
Gagliardi. Questi, con l'aiuto di uno stuolo di scultori locali e
capomastri, ha contribuito a creare un fenomeno unico e particolare: il Barocco
del Val di Noto. Esso è adornato dalla pietra locale, di volute, di vuoti e
di pieni, di colonne e capitelli, di statue e di composizioni
architettoniche, di cui probabilmente il Duomo di San Giorgio è
la massima espressione. Già dalla fine del Cinquecento a Ragusa circolavano
libri importanti quali I sette libri di architettura di Sebastiano
Serlio, i Quattro libri dell'architettura di Andrea
Palladio, le opere di Domenico Fontana ed altri testi di celebri
architetti.
In
generale il barocco ragusano è una rielaborazione di opere o
disegni, spunto in cui si inserisce il gusto raffinato ed eclettico
dell'artista, infatti molti mastri-scultori costituirono la base sulla quale
la fantasia, l'estro e l'abilità di questi, riprodusse e personalizzò
modelli e schemi, ricavando con la pietra locale, calda e dorata, effetti
riferibili solo al barocco ibleo. La maggior parte del patrimonio
artistico, con la sola eccezione della cattedrale di San Giovanni
Battista e di qualche palazzo settecentesco, si trova nel quartiere
antico di Ibla. Il solo quartiere di Ragusa Ibla contiene
oltre cinquanta chiese, la maggior parte sono in stile tardo barocco.
Anche i palazzi storici sono numerosi.
Di
tutte le strutture edificate fra la tarda antichità e la fine del Seicento
esistono solo frammenti: un breve tratto della cerchia di mura, nelle
vicinanze della chiesa del S.S. Trovato, il portale di epoca sveva e la
torre campanaria nella chiesa di San Francesco all'Immacolata, il portale
dell'antica chiesa di San Giorgio, unico avanzo dell'antico tempio; la porta
Walter, una delle porte che si aprivano nella cinta muraria di epoca
bizantina; un piccolo portale gotico murato all'esterno della chiesa di
Sant'Antonino; le cappelle annesse a una delle navate della chiesa di Santa
Maria delle Scale; le sculture all'interno della sagrestia del Duomo di
San Giorgio, datate 1570 attribuite ad Antonio Gagini, figlio del
grande Antonello Gagini, morto nel 1536; alcuni frammenti della lapide
del conte Bernardo Cabrera.
Innumerevoli
furono le opere portate al termine negli anni trenta in brevissimo tempo, a
coordinare i progetti fu chiamato l'architetto Ugo Tarchi della reale accademia
di Brera, che in particolare curò lo studio urbanistico e la costruzione di
piazza Impero, con il maestoso Palazzo del Fascio caratterizzato dall'alta
torre centrale, su progetto dell'architetto Ernesto Lapadula. Sulla
medesima piazza si avviò anche la costruzione del Palazzo del consiglio
provinciale delle corporazioni, oggi sede della Camera di Commercio, su
progetto dell'architetto Fichera. Al lato della Cattedrale si trova il
Monumento ai Caduti, opera in bronzo dello scultore Sindoni, su basamento
rivestito di marmo, inaugurato il 12 maggio del 1924 in occasione
della prima visita a Ragusa di Benito Mussolini.
Tradizioni
e folclore
Nel 1063 l'importante
battaglia di Cerami segnò la disfatta degli arabi in Sicilia. Ruggero fu
il primo ad inventare la cosiddetta propaganda bellica, anticipatrice dell'intelligence,
infatti i normanni fecero circolare la voce che la battaglia fosse
stata vinta grazie ad appena un centinaio di cavalieri, contro preponderanti
forze nemiche. La leggenda vuole che San Giorgio per volere di Dio fosse
sceso sulla terra per aiutare i soldati normanni, così il conte Goffredo,
costruì a Ragusa l'imponente chiesa dedicata al Santo cavaliere, l'edificio
era in stile gotico-catalano, fu gravemente danneggiata dal terremoto
del 1693 e ai giorni nostri è rimasto solo lo splendido portale.
Nel 1643, in conseguenza della bolla "Universa" di Papa Bonifacio
VIII, San Giorgio fu proclamato Patrono Principale e Protettore della città
di Ragusa.
San
Giovanni Battista invece è il patrono di Ragusa superiore,
probabilmente il culto risale al VI secolo d.C., ma è ormai confermato
che nel quartiere dei cosentini, formatosi con il conte Goffredo, fosse
stata eretta una chiesa devota al santo, fuori le mura d'Ibla. Dunque questa
situazione di doppio patrono, deriva da una serie di eventi
storici, ma si inasprì soprattutto dopo il terremoto del 1693 che
divise in due la città, già sofferente a causa di guerre campanilistiche
sempre più intense. Queste lotte portarono alla formazione di due comuni
autonomi, e solo nel 1926 le due amministrazioni si riunirono dopo
circa due secoli di separazione. Attualmente la festa di San Giorgio si
svolge l'ultima settimana di maggio a Ragusa Ibla, mentre la festa
di san Giovanni Battista si celebra il 29 agosto a Ragusa superiore.
Ormai non esiste più una vera contrapposizione fra i due Santi, ma entrambi
vengono festeggiati con sontuose processioni.
Negli
ultimi decenni, qualche volta i due santi si sono incontrati; San
Giorgio è salito, mentre San Giovanni è sceso a Ibla, in
modo da attenuare gli antichi dissapori che si trascinavano da secoli. Nel 2000,
in occasione del giubileo, in entrambe le feste i patroni hanno
trascorso il venerdì sera nella chiesa madre dell'altro. Le due feste sono
però abbastanza diverse: quella di San Giorgio è una festa che si
caratterizza oltre che per l'aspetto religioso anche per l'aspetto
folkloristico e gioioso, con la statua che portata a spalla dai numerosi
fedeli portatori dà quasi la sensazione che venga fatta ballare; quella di
San Giovanni è la festa più silenziosa, più interiore, la festa delle
migliaia di persone con le candele accese davanti al simulacro. Un dente di
San Giovanni si conserva nella cattedrale di Ragusa. La compatrona di Ragusa
superiore è la Maria S.S. della Medaglia, mentre la compatrona di Ragusa
Ibla è Santa Gaudenzia. Durante il Santo Natale vengono
allestiti caratteristici presepi a Ibla e presepi
viventi, questi ultimi favoriti nelle ambientazioni dagli scenari naturali a
disposizione, spesso infatti le vallate di Ragusa sono l'ambientazione
ideale per questo tipo di manifestazioni. Il venerdì Santo invece vi è la
tradizionale processione per le vie barocche dei simulacri, che in serata
tornano nelle rispettive Chiese.

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Agosto 2019
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