Castellammare del Golfo (Borgo)
(Trapani)
 
  

 

Castellammare del Golfo comune della provincia di Trapani. Fino al 1500 Castellammare aveva un ruolo prettamente commerciale e di servizio per l'entroterra e la cittadina era scarsamente abitata. Il nucleo originario attorno al castello viene protetto nel 1521 da una prima cinta muraria (la seconda cinta muraria fu completata nel 1587 con 3 porte di accesso). Essa tuttavia non deve avere dato molta sicurezza all'abitato visto che l'incremento demografico fu irrilevante per tutto il secolo (nel 1374 vi erano 413 abitanti, 450 nel 1526, 463 nel 1595), tanto da far chiedere da Giacomo Alliata, che aveva la baronia sul posto, al Regno di Napoli una licentia populandi. Licenza che ebbe scarso effetto posto che nel 1630 erano presenti 790 abitanti. Nel 1653 si arriverà a 1279 abitanti. L'insuccesso del ripopolamento sarà dovuto principalmente alle incursioni saracene. Tra la fine del Cinquecento e l'inizio del Seicento il paese si espande lungo l'asse nord-sud.

Della seconda metà del XVI secolo è la chiesetta della Maria SS. Annunziata, realizzata a pochi metri dal mare di "cala marina" e alla quale nel 1590 fu aggregato un convento di Carmelitani, oggi non più esistente. Il paese in quel periodo era abitato principalmente da marinai e da addetti al carico-scarico merci (soprattutto il grano prodotto nell'entroterra). Nel 1700 il paese continua a espandersi sempre lungo la direttrice nord-sud ma in modo più irregolare. Acquista sempre più importanza il caricatore di Cala Marina rispetto a quello di Cala Petrolo, questa sull'alta parete di tufo prospiciente il mare vedeva fino ad allora la presenza di diversi magazzini e del mulino Zangara.

Alla fine del Settecento e inizi dell'Ottocento con il frazionamento del latifondo e lo sviluppo di colture intensive (viti soprattutto) aumenta il fabbisogno di manodopera e diviene più numeroso il ceto contadino e si assiste a un notevole flusso immigratorio: se nel 1774 vi erano 3859 abitanti, nel 1798 se ne contano circa 6.000. All'incremento demografico contribuì la fortificazione del borgo attorno al castello. Tanto che nel 1798 quando gli abitanti saranno 6000 nella città sarà possibile individuare tre stadi morfologici ben distinti: il nucleo del castello, la città murata e la città fuori le mura.

Nel settecento e nell'Ottocento il paese continua ad ampliarsi, avendo come fulcro del proprio sviluppo economico il porto. Gli ultimi decenni del secolo XIX sono caratterizzati dalla crescita economica, gli abitanti nel 1901 sono 20.605. Il porto fu dotato di strutture fisse di attracco solo nel 1890 (anno di costruzione della banchina), e solo nel 1907 all'estremità del molo sarà collocata la gru da tre tonnellate.  

Poco dopo l'unità d'Italia, il 30 giugno 1861, veniva introdotta anche in Sicilia la leva obbligatoria. La norma era odiata dai siciliani poiché da un lato non erano abituati all'arruolamento obbligatorio che sotto i Borbone-Due Sicilie non esisteva, dall'altro costringeva i giovani a stare sette anni lontani dalla loro casa. Molti, non ottemperando all'obbligo, si nascosero sulle montagne che circondano la cittadina. Il 2 gennaio del 1862, circa 400 giovani capeggiati da due popolani (Francesco Frazzitta e Vincenzo Chiofalo), innalzando una bandiera rossa, entrarono in paese e assalirono l'abitazione del Commissario di leva e l'abitazione del Comandante della Guardia Nazionale, trucidando i commissari governativi e bruciando le loro case.

La reazione dei piemontesi si ebbe il giorno successivo quando da due navi da guerra sbarcarono alcune centinaia di bersaglieri. Nei rastrellamenti che seguirono, l'esercito regio trovò solo un gruppetto di persone, estranee alla rivolta. Furono fucilati: Mariana Crociata cieca, analfabeta, di anni trenta; Marco Randisi di anni 45, storpio, bracciante agricolo, analfabeta; Benedetto Palermo di anni 46, sacerdote; Angela Catalano contadina, zoppa, analfabeta, di anni cinquanta; Angela Calamia di anni settanta, diversamente abile, analfabeta; Antonino Corona, diversamente abile di anni settanta; Angela Romano di 9 anni.

Si trattò di una vera e propria ribellione dei filo-borbonici contro i “Cutrara”, cioè contro quei liberali che combattendo i Borbone, tramite la censurazione dei beni ecclesiastici, si erano impadroniti della coltre del potere.

Il termine “cutrara”, infatti, fa riferimento a coloro che si dividono la “coltre” del dominio che i piemontesi chiamarono “mafia”, ma a cui si appoggiarono per mantenere un presunto ordine pubblico.  

Come in altri luoghi della Sicilia, Castellammare fu teatro di attività di brigantaggio. La figura più nota di brigante fu quella di Pasquale Turriciano (così è trascritto negli atti di stato civile, mentre in atti processuali e giornali del tempo si trova scritto anche come Torregiani o Turrigiano). Turriciano fu attivo dal 1863/1864 sino al 10 marzo 1870, giorno in cui fu ucciso in un conflitto a fuoco con la forza pubblica.

Nato il 20 settembre del 1841 a Castellammare del Golfo, rifiutò di farsi arruolare nella leva obbligatoria e probabilmente fece parte della rivolta del 1862, partecipando in seguito a episodi di resistenza armata contro le truppe piemontesi. Nella narrazione popolare delle sue gesta la figura di Turriciano viene descritta come coraggiosa e eroica e degna di ammirazione.

La cittadina ha dato i natali a diverse figure di spicco della mafia americana dei primi anni del Novecento: Vito Bonventre, Stefano Magaddino, Salvatore Maranzano, John Tartamella e Joseph Bonanno. Dal nome della cittadina deriva anche il termine "guerra castellammarese", sanguinosa guerra di mafia combattuta tra il clan di Joe Masseria e il clan di Salvatore Maranzano. Il legame con gli Stati Uniti è forte e Castellammare diviene sia il centro delle attività criminali legate al traffico dell'eroina sia la porta verso l'esterno dei clan.

Fino ai primi anni ottanta (cioè sino alla seconda guerra di mafia) le famiglie castellammaresi (Plaia, Buccellato ecc.), unitamente ai Rimi di Alcamo (il boss Nino Buccellato, ucciso il 1º ottobre del 1981, era genero di Vincenzo Rimi e cognato di Gaetano Badalamenti), rappresentavano la mafia vincente. Con la vittoria dei corleonesi, il timone della mafia siciliana passa a Riina e ai corleonesi.

Nel 1984, a Castellammare, viene arrestato il sostituto procuratore Antonino Costa, in servizio alla procura di Trapani, con l'accusa di avere accettato soldi dalla mafia. Nello stesso anno Natale Evola, pregiudicato di Castellammare del Golfo, viene indicato come uno dei killer del giudice Giangiacomo Ciaccio Montalto. Con la stessa accusa viene arrestato anche il fratello Giuseppe, mentre un altro killer originario di castellammare, Calogero Di Maria, partito per gli Stati Uniti subito dopo la strage viene ucciso due giorni dopo in un bar del Bronx. Sei anni dopo, nel 1990, Natale Evola e il fratello Giuseppe vengono uccisi dalla mafia. 

Nel 1985 il castellammarese Gioacchino Calabrò viene arrestato per la strage di Pizzolungo. Lo stesso Calabrò verrà poi condannato anche per l'omicidio di Paolo Ficalora. Del 1990 è anche il rinvenimento su un mercantile (Big John), nelle acque di Castellammare, di 596 kg di cocaina.  

Il 23 marzo 2004 il consiglio dei ministri decise lo scioglimento del consiglio comunale di Castellammare, poiché si era accertato che l'amministrazione era condizionata dalla mafia. Lo scioglimento arrivò poco dopo l'operazione di polizia denominata "tempesta" che aveva portato all'arresto di 23 presunti affiliati a cosa nostra e alla scoperta di connivenze tra mafia e politica.

Dal 2007 viene costituito il presidio dell'associazione antimafia Libera, che dal 2011 prende il nome di "Piersanti Mattarella". Il 6 dicembre 2008 viene costituita un'associazione antiracket.

Monumenti e luoghi d'interesse

Palazzo Crociferi - Antico convento dei padri di San Camillo di Lellis detti padri crociferi per la grande croce rossa che i padri camilliani portano sul loro abito religioso, oggi sede del Municipio, costruito nel 1659 assieme alla chiesa S.Maria degli agonizzanti  adesso adibita a Sala consiliare.

Chiesa Madonna del Rosario -  Si trova all'interno del borgo adiacente il castello e si ipotizza sia stata eretta in periodo normanno intorno all'anno 1100. La chiesa, molto piccola, presenta un portale con un bassorilievo della Madonna col Bambino con i Santi ed il Crocifisso, attribuita al Gagini. All'interno, in un angolo, è presente una Madonna Nera con bambino (Madonna di l'agnuni).

Chiesa del Purgatorio - Risalente alla fine del Trecento, ha al suo interno pregevoli opere pittoriche del seicento e del settecento.

Chiesa Madonna delle Grazie - È degli inizi del Seicento; al suo interno è presente un dipinto del diciottesimo secolo, che raffigura la Madonna col Bambino

Chiesa di Maria Santissima Annunziata - chiesetta del XVI secolo, a una sola navata e un solo altare con una tela che raffigura l’Annunciazione risalente alla fine dell’800; accanto ad essa c’era il Convento dei Carmelitani.

Chiesa della Madonna della Scala - E' una piccola chiesa sulla parete prospiciente il porto. La leggenda narra che il 7 settembre 1641, verso sera, si scatenò un temporale. Maria D'Angelo, una ragazza che pascolava il gregge nella montagna di Castellammare, volendo ripararsi dalla pioggia si rannicchiò nell'antro scavato da un fulmine poco prima. In quella piccola grotta rinvenne una scatola di rame arrugginita, all'interno della quale era una piccola scatola d'argento che riportava il monogramma della Vergine e una croce. Al ritrovamento della scatolina il temporale cessò e la pastorella fu ritrovata dai familiari che disperavano di vederla ancora viva. Quando l'arciprete di Castellammare aprì la scatola, vi trovò una croce d'argento e un reliquario contenente l'immagine della Madonna con in braccio il Bambino Gesù, tutto adorno di gemme e d'oro. Si gridò allora al miracolo e sul luogo del rinvenimento fu edificata una chiesa.

Chiesa Madre (La Matrici) - Nata sulle fondamenta di una chiesa precedente, la sua costruzione inizia nel 1726 e il luogo apre al culto dieci anni dopo. Ha tre ordini di navate, custodisce la statua maiolicata rappresentante la Madonna del Soccorso della seconda metà del Cinquecento, affreschi di Giuseppe Tresca (si ipotizza anche la partecipazione di Giuseppe Velasco) raffiguranti episodi del Vecchio Testamento e un'acquasantiera del Seicento.

Castello a mare - Nei pressi del porto di Castellammare del Golfo sorge il cosiddetto Castello a mare, chiamato così perché fino agli anni ottanta era lambito dal mare. Lo specchio di mare antistante la torre era chiamato "vasca della regina" per indicare una vasca naturale delimitata da scogli, che la leggenda vuole fosse in uso alla regina del castello.

Si pensa che il castello a mare venne costruito dagli arabi nel X secolo. Le prime notizie del castello a mare risalgono al geografo arabo Idrisi, che nel 1154 scrisse nel Libro di Re Ruggero: «Nessun castello è più forte di sito né meglio per la costruzione che questo qui, cui cinge intorno un fosso tagliato nella montagna. Si entra nel castello per un ponte di legno che si leva e si rimette come si vuole»

Secondo lo stesso Idrisi, il castello a mare fungeva da dependance del più importante maniero di Calathamet ("Castello dei Bagni"), che sorgeva nei pressi delle sorgenti termali presenti nei pressi di Castellammare del Golfo.

Fu ampliato da Normanni e successivamente fortificato dagli Svevi tramite l'aggiunta di mura difensive e delle torri. Nel 1316, in seguito alle lotte tra Angioini e Aragonesi, fu distrutto da Federico II d'Aragona per poi essere ricostruito. Venne dotato prima di due torri merlate (denominate "Torre di San Giorgio" e "Torre della Campana"), quindi venne aggiunta una prima cinta muraria nel 1521, poi nel 1537 una terza torre (detta "il Baluardo"), una quarta torre nel 1586 (che è l'unica torre che è ancora visibile) e infine una seconda cinta muraria nel 1587. Durante lo stesso periodo il ponte levatoio preesistente venne sostituito con l'odierno ponte in muratura.

Pietro II d'Aragona lo assegnò a Raimondo di Peralta e da questi passò agli eredi Guglielmo e Nicolò. Fu in seguito proprietà di Pietro Spadafora Ruffo, che lo lasciò come dote alla figlia, divenendo quindi proprietà di Sigismondo di Luna. Dopo una serie successiva di passaggi ritornò alla fine del Cinquecento alla famiglia Luna. Nel 1649 fu venduto a Francesca Balsamo Aragona principessa di Roccafiorita. Oggi è di proprietà pubblica ed ospita al suo interno un polo museale che si snoda in un percorso denominato "La Memoria del Mediterraneo" che comprende quattro sezioni: il Museo dell'Acqua e dei Mulini, il Museo delle Attività Produttive, il Museo Archeologico e il Museo delle Attività Marinare.

Coste - La costa castellammarese comprende sia tratti sabbiosi (tra cui la spiaggia di sabbia finissima della "Plaja"), sia tratti rocciosi (costituiti dalle calette a nord-ovest del centro abitato).

La spiaggia "La Plaja" è la spiaggia più grande di Castellammare del Golfo. Si trova a est della città e ha inizio subito dopo la foce del fiume San Bartolomeo.

All'interno della città si trova Cala Petrolo (subito dopo Punta Nord Est, venendo dalla spiaggia La Playa) e la piccola spiaggia della marina, nei pressi del porto.

Subito oltre il braccio del porto, si trova il "Vallone delle Ferle", conosciuto anche come "Vallone San Giuseppe", dal quale comincia la zona chiamata Pirale ("pedale"), che arriva fino alla punta omonima, superata la quale ha inizio il tratto denominato "Costa dei Gigli", che si estende fino a un punto della costa conosciuto dai pescatori con il nome di Nasu ("naso"). Proseguendo lungo questo tratto di costa, voltandosi indietro si ha sempre modo di vedere il paese, cosa non più possibile una volta superata la cosiddetta "Porta" ('N testa a la porta).

Oltrepassata la "Porta" si ha una piccola insenatura chiamata Vucciria, con relative grotte, e a seguire la "Fossa dello Stinco", contraddistinta da un'alta falesia bianca detta Petri Vranchi ("pietre bianche"). Le rocce di colore bianco continuano anche oltre Punta Falconera nella successiva cala denominata, forse proprio per questo, "Cala Bianca".

Seguono, in ordine: Punta del Grottaro, Cala Rossa, Punta Gran Marinaro, Pizzo di la 'Gna Cara, Baia di Guidaloca, Puntazza, Vruca, Creta, Arbi, la tonnara di Scopello, Cala Muschi, Baia Luce, Punta Pispisa, Cala dell'Ovo, Cala Mazzo di Sciacca.

Appena dopo Cala Mazzo di Sciacca ha inizio la Riserva Naturale Orientata dello Zingaro, che si estende tra i comuni di Castellammare del Golfo e San Vito Lo Capo.

Torri saracene - Nel territorio di Castellammare del Golfo sorgono inoltre antiche torri di avvistamento saracene, tra cui la torre di avvistamento nella baia di Guidaloca, torre Bennistra, la Torre della tonnara di Scopello e la torre di Scopello.

Grotte - Sia sul massiccio del Monte Inici che sulle pareti prospicienti il mare e sotto di esso, sono presenti diverse grotte.

Grotta di S. Margherita: si trova su una parete a strapiombo a 15 metri sul livello del mare. Sulle pareti laterali dell'ampia grotta si scorgono diverse pitture databili tra il XIII e il XIV secolo: una Madonna con Bambino, affiancata da un Santo e da un altro pannello a destra, contenente un personaggio non identificato, che indossa all'apparenza un manto serico decorato e svolazzante; in fondo un grande pesce ed una Santa circondata da Angeli; sul lato opposto, a sinistra dell'ingresso, una Crocifissione ed altre figure. Nelle vicinanze della grotta sono state rinvenute tracce di un impianto per la lavorazione del pesce e la produzione del garum.

Grotta della Ficarella: è una grotta subacquea nella riserva naturale dello Zingaro. Si accede a 14 metri di profondità attraversando un ampio cunicolo che arriva a una grande stanza sul livello del mare dove è possibile togliersi l'erogatore e ammirare le pareti della grotta.

Grotta dell'Eremita anche detta "grotta del cavallo": ubicata nel complesso montuoso di Monte Inici si sviluppa per 4.500 metri con un dislivello di 310 metri.

Abisso dei Cocci con uno sviluppo di 2.000 metri ed un dislivello complessivo di 420 metri.

Villa comunale Regina Margherita - All'interno del centro abitato, si trova la villa comunale Regina Margherita, classificata come "giardini sul paesaggio", da cui è possibile ammirare il panorama sottostante del centro storico e del porto di Castellammare del Golfo, quest'ultimo raggiungibile dalla villa stessa attraverso una lunga scalinata che attraversa le diverse terrazze della villa. La vegetazione comprende palme da datteri e diverse specie esotiche, tra cui gli imponenti Ficus benjamina, che si trovano all'ingresso. Al centro della villa si trova un monumento ai caduti della prima guerra mondiale, voluto dagli emigrati nel Nord America.

Terme Segestane - Situate in contrada Ponte Bagni, fanno parte del gruppo di sorgenti che sgorgano lungo una faglia alle falde del Monte Inici, confluenti nel Fiume Caldo. 

Note e sfruttate sin dall'antichità, corrispondono alla statio delle Aquae Segestanae sive Pincinae riportata nell'Itinerarium Antonini. Nel XII secolo erano conosciute col nome arabo al-hammah (il bagno termale).

Attualmente le Terme segestane dispongono di uno stabilimento termale realizzato nel 1958 e ampliato nel 1990. L'acqua sulfurea, a una temperatura di circa 44 °C, alimenta due piscine termali e la Grotta Regina, una sauna naturale di epoca romana.

Nella collina sovrastante l'attuale stabilimento sono situati i resti archeologici e il castello di Calathamet (la rocca dei bagni), un insediamento che si ipotizza fondato in epoca islamica (fine X o inizio XI secolo). 

Ai piedi del rilievo di Calathamet (circa 500 m a est), su un territorio esteso più di tre ettari, si trova invece il grande sito archeologico di Ponte Bagni, per il quale, a differenza di Calathamet, sembra certa una lunga continuità di vita attraverso i periodi romano, bizantino e islamico. 

Le Aquae Segestanae dell'Itinerarium sono da identificarsi precisamente con questo sito.

Cetaria - In tutte le mappe antiche figura il nome di Cetaria in prossimità dell'attuale Scopello, come località marina. Essa veniva posta in rilievo al pari di Drepanon, Eryx e Panormus. La prima menzione risale a Tolomeo. Il nome Chiteja era attribuito alla città per la prevalenza della pesca del tonno, dal greco "chitos"; gli abitanti erano chiamati da Plinio Citari. Secondo vari studiosi essa sarebbe da identificare con il sito archeologico tardo romano che si trova nel tratto di costa che da Guidaloca (Vitaloca) va precisamente alla Cala Alberelli nella zona detta Li Arbi, su un territorio pianeggiante a sud-est dello scoglio Funcia. È ipotizzabile la presenza di un'area industriale per la preparazione di materiali ceramici (in particolare anfore). Tale ipotesi sarebbe avvalorata dalla presenza di alcuni cumuli di materiali di scarto, tipici di fornaci, e residui di lavorazione.

Agosto 2018