Su una
dolce collina in provincia di Enna, si sviluppa il Borgo di Regalbuto. Si
tratta di un piccolo paese che offre una delle viste più spettacolari e
coinvolgenti sul monte Etna di tutta la Sicilia.
Una sorta
di balcone naturale che oltre ad una fortunata posizione geografica, ogni
anno attira turisti da tutta la regione per le tipiche feste dei quartieri.
Balli, celebrazioni e degustazioni di prodotti tipici durante tutto il
periodo estivo, manifestazioni che coinvolgono attivamente la comunità e
offrono al turista un tuffo nella tradizione regalbutese.
Questa città
che Plinio annovera fra quelle soggette a pagare lo stipendium (chiamate
perciò stipendiarie) a Roma, Tolomeo la pone tra Agira, Centuripe e Mineo.
Alcuni anzi ritengono che da essa abbia avuto origine Regalbuto. Ma checché
ne sia di queste localizzazioni, che soltanto i rilevamenti sicuri
potrebbero fare uscire dal campo delle ipotesi, è storicamente certo che
Regalbuto non si riallaccia né con Ergezio, né con Amaselo, la quale
non sembra essere stata ricostruita dopo la sua distruzione. Regalbuto
nacque in epoca musulmana; fu un casale formatasi alla prima
stazione sulla strada Catania-Palermo, dove ne derivò il nome
"stazione del Casale".
Gli
abitanti erano tutti saraceni, come dice esplicitamente il Conte
Ruggero nella denominazione al Vescovo di Messina (1090), che
detiene ancora oggi, custodendo la tradizione storica ad esso legata, il
titolo di Conte di Regalbuto, e riscuote un censo, gravante su molte
fonti, derivate dall'antica decima. Il Conte stabiliva pure che
"Butah" (ossia Bayt) anche ecclesiasticamente facesse parte
della diocesi di Messina, quantunque si trovasse nel territorio della
diocesi di Catania: «se avverrà in futuro che lo stesso Casale venga ad
essere abitato da Cristiani, e che siano esatte chiese in esso dal Vescovo
di Messina»
Quest'ultima
volontà, però, non fu adempiuta: Regalbuto dipese sempre da Catania,
e solo nel 1556 il papa Paolo IV concesse al Presule di
Messina il privilegio di fare uso delle prerogative di un Vescovo
giurisdizionale durante la sua permanenza a Regalbuto. Il paesetto era
allora sul declivio della contrada Monte; sulla sommità fu costruita la fortezza,
sulle cui rovine venne eretta la chiesa di San Calogero (oggi un rudere),
che dà il nome al monte (i ruderi della chiesa hanno l'aspetto di una torre
mozzata, che è caratteristica del panorama di Regalbuto). Alcune scritture
conservate nell'archivio della Matrice affermano che essa sia stata la prima
Chiesa Madre del paese, edificata e dotata dal re Manfredi di Sicilia.
I suoi procuratori intrapresero nel 1700 una vivace lite
giudiziaria contro il vescovo di Catania per sottrarre la chiesa
alla sua giurisdizione ritenendola cappella palatina, dipendente quindi dal
Cappellano Maggiore.
Per la sua
fedeltà a Manfredi, Regalbuto fu distrutta nel 1261 dai centuripini che
si erano ribellati allo Svevo. L'anno dopo Regalbuto venne ricostruita, dove
sorge adesso, sul versante occidentale del monte S. Calogero e sul dorso che
si protende a nord-est. I centuripini dovettero cedere, come risarcimento
danni, i vasti territori di Sisto e Criscionà. Frattanto, anche a
Regalbuto, si verificava il progressivo allontanamento dei musulmani, che
lasciavano la Sicilia, e il continuo arrivo dei cristiani, i quali eressero
la loro prima Chiesa dedicata al Crocifisso (ancora efficiente fino ai
principi del XX secolo). Cresciuti con l'afflusso di centuripini, dopo la
definitiva distruzione della loro città ad opera degli Angioini, i
cristiani eressero la prima chiesa parrocchiale alla Madonna dell'Aiuto (S.
Maria dell'Auxilio che è rimasta l'emblema della città), forse sul posto
ove nel XV secolo gli Agostiniani costruirono il loro
convento con l'ampia chiesa dedicata appunto alla Patrona.
Festa
dei quartieri del Borgo di Regalbuto
La festa
dei quartieri di Regalbuto non è un unico evento, ma si tratta piuttosto di
una serie di manifestazioni che animano tutta l’estate. Organizzate
solitamente tra maggio e agosto sono divenute il simbolo del Borgo di
Regalbuto e il mezzo attraverso il quale le comunità locali raccontano la
propria storia e tradizioni alle generazioni future. Grazie al duro lavoro
di alcune Associazioni territoriali e tramite il Patrocinio
del Comune, ogni anno è possibile assistere ad alcune delle feste più
belle di tutto l’ennese.
La festa
dei quartieri ha inizio con la benedizione da parte del parroco della chiesa
di San Basilio di Regalbuto e dopo la parantesi religiosa, si passa al
folklore tra balli e canti tradizionali. Scuole di ballo si preparano con
attenzione per queste celebrazioni e con le loro coreografie e costumi
dell’epoca, colorano le vie dei quartieri del borgo.
Il Comune
organizza anche un completo programma di animazione per coinvolgere i
bambini tanto quanto gli adulti e per i più golosi non può assolutamente
mancare la degustazione dei prodotti tipici. Ogni quartiere dispone una
grande tavolata su cui ogni signora del paese può offrire a vicini e turisti
la propria pietanza e così tra un liscio, un
latino americano o un ballo in piazza è possibile gustare i piatti più
famosi del borgo di Regalbuto.
Visitare
il borgo

Coloro che
si recano a Regalbuto per la festa dei quartieri, non potranno farsi
sfuggire l’opportunità di ammirare ciò che questo paese ha da offrire
dal punto di vista naturalistico e storico.
Una buona
idea sarebbe quella di iniziare la propria esperienza partendo da una
passeggiata lungo le rive del lago Pozzillo.
Un bacino
d’acqua artificiale alimentato dal fiume Salso e dai diversi torrenti
provenienti dai monti vicini. Il lago con le sue acque limpide riflette
perfettamente i profili
dei monti Nebrodi e dei monti
Erei, offrendo la possibilità all’esploratore più attento di
effettuare scatti molto interessanti. Nelle vicinanze del lago si è
sviluppato un bosco formato principalmente da alberi di eucalipto che
soprattutto durante la stagione estiva, permette di praticare un pò di
trekking o semplicemente fare una piacevole passeggiata.
Il centro
storico oltre alla Chiesa Madre di San Basilio, conserva un edificio
religioso con una storia molto interessante, stiamo parlando della chiesa di
Sant’Ignazio. Attualmente però non è possibile accedere al suo interno,
dato che la struttura è stata danneggiata da una frana che nel 1972 ha
danneggiato la chiesa e tutto il quartiere. Secondo la leggenda una donna
che abitava nel luogo in cui adesso sorge l’edificio religioso, aveva
un’immagine di Sant’Ignazio e quando con un ago punse la figura
liturgica, questa cominciò a sanguinare.
A causa di
questo evento prodigioso la comunità locale decise di abbattere la casa
della signora in questione e costruire nello stesso luogo una chiesa.
Molto
interessante è anche il Convento di Sant’Agostino che si sviluppa ai
piedi del quartiere Santa Lucia. Al suo interno è possibile visitare e
ammirare due grandi chiostri che furono realizzati tra il 1300 e il
1400.
Chiesa
madre di San Basilio

Chiesa
di tipo basilicale, fu edificata nel XVI
secolo. Il terremoto
del 1693 arrecò alcuni danni specie alla copertura
dell’edificio. Questo fatto fece sì che anche Regalbuto si inserisse nel
vasto movimento di ricostruzione che nel settecento vide protagonisti i
centri ionici dell’isola. Un primo intervento sulle coperture del
preesistente edificio, e particolarmente del transetto,
viene fatto dal 1720 al 1733.
Il
campanile venne edificato dal 1735 al 1744, su disegno di un mastro anonimo
proveniente da Mineo. La facciata venne realizzata dal 1748 al 1766. Nel
1754 viene dato incarico all’ingegnere ed architetto Giovanni Battaglia di
Catania di rinnovare complessivamente lo spazio interno della chiesa. Egli
ripropone il tradizionale impianto basilicale che però venne
accantonato.
Nel
1755 si avvia una seconda fase di progettazione affidata all’architetto
Ferdinando Lombardo dell’Ordine dei Crociferi di Palermo, il cui progetto
si ispira ad un modello inedito per la Sicilia del tempo, che viene accolto
e realizzato così come lo si vede oggi. I lavori nell’edificio furono
ultimati nel 1781 con l’architetto Stefano
Ittar, noto per i suoi lavori a Catania, che realizzò la
sistemazione del grande arco con sagoma a sesto ribassato fatto per
posizionare l’organo e la scala di accesso allo stesso in sagrestia.
All’interno
sono degni di nota: l’organo,
che è un’opera di Donato
Del Piano risalente al 1781; il maestoso altare laterale di San
Vito, ricco di marmi policromi, con una statua lignea del santo da cui
prende il nome, opera del napoletano Giuseppe
Picano; di fronte, l’altare del SS. Sacramento ed il quadro
ottocentesco del Sacro Cuore. Tra le cinque tele sugli altri altari
minori, spiccano quelle di S. Basilio e degli Apostoli Pietro
e Paolo. Di grande valore artistico i quadri della via Crucis. Il pavimento
di marmi policromi, che formano vasti disegni geometrici è del 1886.
Lago
di Pozzillo
Siamo al
centro della Sicilia, in quella parte dell'isola che i Romani chiamarono
"umbilicus Siciliae" e che gli Arabi segnarono nelle carte
geografiche come ideale spartiacque tra la Val Demone e la Val di Noto. Una
piana sconfinata dove un incredibile silenzio si accompagna a una natura
quieta e delicata ma che allo studioso ricorda le mille battaglie legate
alle storiche mire di conquista dell'uomo: l'era dei Siculi, il processo di
ellenizzazione degli abitanti a opera dei Greci, l'epoca romana, l'avvento
degli Arabi e poi di Normanni, Svevi, Angioini, Spagnoli sino alla
dominazione borbonica, travolta, alla fine, dai moti garibaldini e dall'unità
d'Italia. Per queste terre transitò intorno alla fine del Settecento
Wolfgang Goethe provando grandi emozioni dinanzi a natura e paesaggi
incantati.
Un'immensa
radura che fu per lunghi decenni un fertilissimo granaio sino all'operosa
trasformazione che del luogo fu avviata poco dopo il 1950. Essa offre brani
di pace silente e visioni d'incanto. Il tutto arricchito a distanza dalla
massiccia mole dell'Etna ammantato di neve che sembra suggellare un panorama
di rara bellezza. Per assicurare l'irrigazione degli agrumeti di parte
dell'Ennese e della piana di Catania, oltre che per alimentare una centrale
idroelettrica, Regione e Stato decisero di realizzare un bacino che ancora
oggi è fra i più estesi d'Europa.
Ci sono
voluti quasi dieci anni per completare la costruzione di questo vero e
proprio lago denominato Pozzillo la cui lunga striscia argentea somiglia
curiosamente a una elegante cravatta e la cui vista quasi nobilita i
caratteri di un pezzo di Sicilia probabilmente sconosciuta ancora a molti.
Dalla fusione delle contrade Cangemi, Prato e Buterno è stata come ricavata
un'area che si estende per circa quindici chilometri in cui è sorto un
bacino imbrifero di rimarchevole portata. E ciò quasi a voler incentivare
la caratteristica vocazione della provincia di Enna definita la
"provincia dei laghi" per via del progressivo sorgere di ben
cinque potenti serbatoi mirati a irrigare le arse campagne isolane.

|