Deve
probabilmente il proprio nome ai faraglioni o scogli (in latino scopulus,
in greco scopelos).
Il primo
insediamento sul promontorio dove si trova Scopello risale all'età
ellenistica, poi continuato nelle epoche romana e islamica.
Durante il periodo normanno fu
demanio regio. Negli anni '30 del XIII secolo l'imperatore Federico
II di Svevia concesse la terra di Scopello al piemontese Oddone
de Camerana, e ai cavalieri lombardi arrivati
con lui in Sicilia. Nel 1237 Oddone di Camerana e i suoi cavalieri lombardi
si spostarono a Corleone,
e l'imperatore Federico II concesse Scopello in feudo alla città di Monte
San Giuliano (oggi Erice).
L'attuale
borgata risale al XVII secolo ed
è divisa in due parti: un baglio, che la tradizione indica come d'epoca
normanna, ma risalente al XVIII
secolo, e una piazzetta con la chiesa di Santa Maria delle Grazie,
parrocchia dal 1961, e
poche case.
Ferdinando
II di Borbone elesse l'area di Scopello, con il vicino omonimo
bosco, al rango di riserva reale per la caccia,
visitandola due volte nel 1830 e
nel 1859. A motivo di
queste visite, essendo prossima l'unità
d'Italia, con la spedizione
dei Mille gli scopellesi si schierarono dalla parte borbonica,
tanto da ingaggiare una battaglia, tra il dicembre 1862 e il gennaio 1863,
con le forze piemontesi che non riuscirono facilmente ad insediarsi nella
borgata. La riserva di caccia di Scopello venne assegnata a una società
statale che aveva il compito di dismettere i beni del vecchio stato
borbonico e venne acquistata a prezzi bassissimi da affiliati alla mafia di Castellammare
del Golfo che avevano sostenuto la causa unitaria e che poi
rivendettero i terreni a prezzi di mercato.

Incastonato
sopra una piccola rupe, è un luogo selvaggio, dal fascino rurale, legato
alle tradizioni di un tempo. Protetto da dolci promontori e splendidi
panorami a picco sul mare, il Borgo di Scopello si estende intorno ad
un piccolo baglio seicentesco.
Il
centro è custodito da una struttura a quadrilatero, tipica
costruzione d’origine araba, molto diffusa tra i poderi e le campagne
trapanesi.
Al
suo interno, si snodano semplici attività locali, quali ristoranti o
botteghe artigianali. E’ un piccolo presepe vivente, dove trovar riparo
durante una calda giornata o dove inscenare una passeggiata lungo i stretti
vicoli.
In
questo stretto fazzoletto di terra, da secoli, si decantano sottovoce storie
e racconti, celati dal silenzioso passaggio di carri e dagli sguardi della
gente comune. Sono
davvero poche le abitazioni che si affacciano al suo interno, accarezzate
dalla presenza della Piazza Nettuno, cuore pulsante e teatro
di spettacoli.
Il
contesto è arricchito da una fontana, un antico abbeveratoio per
animali, impreziosito da un recente lavoro di restauro.
Ne
fuoriesce una preziosa acqua di sorgente, punto di ristoro per molti
passanti e cimelio da immortalare.
Un
altro elemento caratterizzante, è la pavimentazione. Lastroni di
pietra si mescolano con i sassi, ormai addolciti negli spigoli, dal continuo
calpestio e dal passaggio di civiltà contadine.
A
pochi metri di distanza, l’attenzione ricade su un arco, che delimita
l’ingresso nel baglio. Al suo interno, l’occhio è rapito dalla presenza
di una maestosa quercia, un monumento della natura, che scandisce ogni
istante del Borgo di Scopello.
Durante
i mesi invernali, il paese di Scopello sembra una piccola locanda, un
punto di passaggio per forestieri. E’ abitato da circa trenta persone, che
si stringono tra le mura, molto legate ai luoghi d’origine.
In estate è
un museo a cielo aperto. Itinerario di molti vacanzieri, è una delle
località più gettonate della Sicilia occidentale, grazie alla
splendida e frastagliata costa.
Spiagge bianchissime
si alternano con promontori a picco sul mare, dominate da torri saracene
e sentieri sterrati, che scivolano lentamente verso il mare.
La Tonnara e
la Riserva dello Zingaro rappresentano le principali attrattive.
Sono scorci naturali che uniscono paesaggi e secoli di storia.
Tonnara
di Scopello
La tonnara
di Scopello è una delle più importanti e antiche di tutta la Sicilia;
fu edificata non prima del XIII secolo e notevolmente ampliata
dalla famiglia Sanclemente nel corso dei secoli XV e del XVI.
Passò quindi alla Compagnia di Gesù e infine alla famiglia Florio.
Si trova nel territorio di Castellammare del Golfo.
Un
geografo arabo, Idrisi, che verso la seconda metà del XII secolo descrisse
la Sicilia, non fa particolare menzione di Scopello e questo fatto
ci induce a ritenere che dovesse, a quel tempo, essere poco popolato o
abitato soltanto stagionalmente per l'esercizio di una piccola tonnara. Il
territorio dove sorgeva il malfaraggiu o marfaraggiu (vocabolo
di indubbia origine araba), ossia il fabbricato per la ciurma e per il
deposito della tonnara, che aveva iniziato l'attività nel XIII secolo,
apparteneva al demanio di Monte San Giuliano. Rimase proprietà
demaniale fino al XV secolo: il 1º marzo 1442 fu concesso
infatti - dal procuratore generale di Alfonso V d'AragonaGisberto de
Sfar - a Simone Mannina, per 40 onze con la clausola della
restituzione presso il notaio palermitano Pino de Ferri. Alla sua morte passò
alla figlia Bartolomea che la apportò per matrimonio a Giovanni Sanclemente
il quale, impiegandovi parte del suo patrimonio, volendola rendere più
efficiente, ne ottenne concessione perpetua con la facoltà di ampliarla da
parte di Lope III Ximénez de Urrea y de Bardaixi, viceré di
Sicilia, con privilegio del 28 marzo 1468; solo a partire da questa
data si può parlare di una tonnara vera e propria.
Risalgono
al 1461 alcune sentenze emanate dalla corte vescovile di Palermo
in favore del vescovo di Mazara al quale venivano negate le
rendite delle tonnare di Cofano, Scopello e san Nicola in Favignana dai
rispettivi proprietari, i nobili Bartolomeo de Carissima, Giovanni di
Sanclemente e Filippo Crapanzano, i quali, convocati a Palermo insieme
con il procuratore del vescovo mazarese, dichiaravano che le tonnare delle
quali erano proprietari erano esentate dal pagamento delle decime e che
questa esenzione doveva essere rispettata. Nonostante tali dichiarazioni
vennero condannati al pagamento delle decime arretrate e presenti nonché
alle spese legali.
A
Giovanni Sanclemente succedette il figlio Simone Sanclemente, barone di
Inici, che ebbe la conferma della stessa successione con privilegio dato a Toledo il
18 luglio 1502. Il barone Simone Sanclemente ebbe, tra gli altri figli,
Giuseppe Sanclemente, il primogenito, che pervenne in possesso dei due terzi
della tonnara, e Giovanni Sanclemente, il terzogenito, a cui fu
assegnata la rimanente parte; a Giuseppe succedette il nipote Simone
Sanclemente (figlio di Giovanni Sanclemente) il quale però non ebbe
discendenza, sicché alla sua morte la quota da lui posseduta passò alla
madre Allegranza Sanclemente; Giovanni ebbe anche una figlia, Francesca, che
ereditò la parte di tonnara del padre ma non ebbe discendenza; Allegranza
divenne quindi unica proprietaria della tonnara (e di altre
proprietà della famiglia Sanclemente) e, con testamento del
12 gennaio 1597, ne assegnò due terzi al Collegio dei Gesuiti ed un
terzo al Monastero della Beata Vergine Maria del Santissimo Rosario
sotto il titolo di sant'Andrea) di Trapani.
Quando
nel 1767 fu soppressa in Sicilia la Compagnia di
Gesù da su sollecitazione del Segretario di Stato Bernardo
Tanucci, la loro quota della tonnara ridivenne possedimento
demaniale, e fu in seguito acquistata alla somma di 20.000 scudi da
Baldassare Naselli principe d'Aragona. Nel 1805 tuttavia i Gesuiti,
ritornati in Sicilia, riuscirono a rientrare in possesso della loro
quota. Un decreto di Giuseppe Garibaldi del 17 giugno 1860 scioglieva
nuovamente la Compagnia di Gesù: tutti i beni e le proprietà della
Compagnia diventavano così demanio del nuovo Stato unitario. Lo stesso nel 1866 per
la quota del monastero trapanese.
Fu
messa all'asta nel 1874 dall'intendenza di finanza di Trapani e
acquisita per conto di otto comproprietari, con i 2/8 della tonnara alla famiglia
Florio. Gli eredi di questi acquirenti ne sono ancora oggi i proprietari.
Di
grande importanza economica per gli abitanti del luogo, la tonnara è
stata attiva fino ai primi decenni della seconda metà del XX secolo.

Sulle
rocce sopra la tonnara sono visibili due torri, una del XIII secolo della
quale rimangono solo le rovine facente parte del complesso della tonnara, e
la seconda, del XV secolo, che fu progettata dall'ingegnere fiorentino Camillo
Camilliani e che non ricade nel territorio di pertinenza della tonnara.
L'epoca
di costruzione del primo nucleo e della torre situata sullo scoglio non
dovrebbe essere anteriore al XIII secolo, risultando evidente questa
datazione dall'esame di alcune tecniche costruttive tipiche di quell'epoca:
ad esempio quella adottata nella volta a piccoli conci che ricopre uno degli
ambienti del marfaraggiu o nelle murature della stessa
torre. Il nucleo più antico si individua facilmente nel corpo di fabbrica
che sta addossato alla roccia sulla quale si eleva la detta torre di
guardia: queste prime strutture furono costruite dal demanio regio e la
torre serviva alla difesa della tonnara e del territorio di Scopello.
Fino
al 1468, anno in cui Giovanni Sanclemente chiese ed ottenne la
concessione perpetua della tonnara, il marfaraggiu di
Scopello ha conservato dimensioni modeste. Grazie all'ampliamento da lui
realizzato la tonnara ha assunto un aspetto non molto dissimile da
quello attuale. L'intervento del patrizio trapanese comportò l'edificazione
di tutti i corpi di fabbrica che circoscrivono, insieme all'antico nucleo,
il baglio della tonnara; segnatamente:
-
La casa del custode, detto bagghieri, figura di riferimento per
tutti gli addetti alla tonnara;
-
I magazzini nei quali venivano conservati attrezzi di piccole dimensioni e
minuterie;
-
Il magazzino del bottaio;
-
La falegnameria;
-
L'ampio magazzino destinato alla conservazione delle reti, delle gomene e
dei cavi d'acciaio, sia quelli semplici sia quelli impatornati. Qui
era riposta la leva, ovvero la fittissima rete che costituiva la camera
della morte;
-
Il magazzino del sale, con un soppalco in legno: qui veniva conservato il
sale necessario alla conservazione, dentro i barili di legno, del tonno
pescato;
-
Il magazzino dei sugheri: qui, oltre ai sugheri, erano custoditi gli alberi
delle imbarcazioni della tonnara e le palme, ovvero i lunghi
elementi verticali che, con il loro movimento, avevano la funzione si
segnalare a distanza le variazioni delle correnti marine;
-
Una loggia, detta appenditoio, dove venivano appesi i tonni dopo
il loro trasporto a terra per effettuare le varie fasi di lavorazione;
-
Un magazzino da cui si ha la possibilità di imbarco direttamente nella
caletta sottostante;
-
Il magazzino attrezzato per l'allestimento delle reti;
-
Il magazzino per il deposito di remi e timoni;
-
Lo scagno, ovvero il locale dove veniva effettuata la paga della
"decina" della ciurma;
-
Il piccolo forno del custode.

Nel
periodo in cui la tonnara rimase in possesso dei Gesuiti e del
monastero del SS. Rosario di Trapani, furono apportati miglioramenti
nei corpi di fabbrica già esistenti, fu costruita o ricostruita una
chiesetta barocca. Vennero poi costruiti o quanto meno trasformati sia i
magazzini per il ricovero delle barche sia il corpo di fabbrica destinato
all'alloggio dei pescatori, segnatamente:
Il
forno e la taverna dove si distribuivano ai tonnaroti il pane, il vino e la
legna per cuocere la ghiotta, ovvero il pesce minuto;
Lo
spazio destinato all'accatastamento della legna da distribuire alla ciurma;
Il
deposito delle masserizie;
L'abitazione
del rais, con annesso il magazzino delle catene e quello per la
conservazione di materiale vario;
L'alloggio
per 40 tonnaroti con annessa la rimessa di "muciare",
"caicchi" e delle "lance";
Le
cucine e i gabinetti;
Le trizzane,
ovvero le rimesse dei "palischermi".
Nel 1874,
i 2/8 della tonnara furono acquistati da Ignazio Florio. A
lui si deve, oltre ad opere di miglioramento generale, la sopraelevazione di
uno dei corpi di fabbrica del baglio per potervi ricavare nuovi locali
destinati all'amministrazione.

La
più antica notizia documentata relativa all'attività della tonnara di
Scopello può essere ricavata dal "Quaderno delle Gabelle",
datato prima del 1312, che fa ipotizzare un esercizio organizzato della
stessa tonnara già dal XII secolo. Una certa continuità
dell'attività della tonnara è anche testimoniata da un atto notarile del
15 gennaio 1421, relativo a basi temporanee di pesca installate a
Scopello: all'epoca la tonnara doveva però essere costituita da un
complesso alquanto modesto dacché nel Liber de Secretiis del
Barberi viene indicata come "tonnaria parva sive thonus maris".
Non
sono pervenuti dati relativi al reddito della tonnara sino alla fine del XVII
secolo. Per quanto riguarda i due terzi di proprietà gesuitica, sappiamo
che il profitto medio si aggirò sulle 500 onze annue, e raramente
la gestione chiuse in passivo. Negli anni in cui, una volta espulsi i
Gesuiti, la loro quota di tonnara fu venduta a Baldassare Naselli, la
gestione andò in perdita. La tonnara, passata nel 1874 in proprietà al
gruppo Florio, venne ulteriormente potenziata ed ammodernata: nel periodo
compreso tra il 1896 ed il 1905, il valore del pescato oscillò
dai 2480 ai 1043 quintali.
Nel
periodo successivo si ebbero forti variazioni del pescato annuo. Per quanto
riguarda il periodo che va dal 1922 al 1962, vi sono dati più
puntuali. Il pescato medio annuo risulta di tonni 472, con un minimo di 30
nel 1929 ed un massimo di 1335 tonni nel 1938.
Successivamente nel decennio tra il 1961 ed il 1970, lo
standard normale si assestava sui 600-800 quintali annui. Negli ultimi anni
in cui la tonnara fu produttiva, l'annata migliore è stata quella del 1977
con un pescato di 700 tonni. Nel 1981 la tonnara fu prescelta per
sperimentazioni biologiche.
Agosto
2018
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