Divisa
tra le province di Cosenza, Catanzaro e Crotone, la Calabria
settentrionale è uno scrigno di tesori: ben due parchi nazionali, molti
borghi gioiello affacciati sul mare o arroccati sulle alture
dell’entroterra, molti tratti di costa spettacolari, alcune spiagge di
una bellezza selvaggia bagnate da un’acqua limpidissima, turchese,
blu, azzurra; e poi le testimonianze della presenza degli antichi Greci
d’Occidente, dei Romani, Bizantini, Normanni, Angioini, Aragonesi e
così via: insomma di tutte le culture, i popoli e le dominazioni che
nel corso della storia sono passati da qui, in questo estremo lembo
della Penisola.
Tra
il Tirreno e lo Ionio, a Nord, il Parco nazionale del Pollino, il più
grande d’Italia, si configura con una varietà di paesaggi montuosi
tutti incantevoli e con alcuni borghi davvero deliziosi.
Ci sono ben
cinque vette che superano i 2.000 metri, molti corsi d’acqua,
bellissime vallate, canyon spettacolari dalle ripide pareti e una
vegetazione che a seconda della quota varia dalla macchia mediterranea
ai boschi di conifere, culminando nella fascia alto-montana con il raro
pino loricato.
L’area protetta è di grande interesse geologico, tanto
da essere stata inserita dall’Unesco nella lista globale dei
geoparchi, oltre a essere Patrimonio mondiale dell’Umanità. Riserva
della Biosfera Unesco è invece l’altro Parco nazionale di questa
parte della regione, quello della Sila, che protegge un angolo di natura
completamente diverso: il più grande altopiano d’Europa, ricoperto
all’80 per cento da boschi e antiche foreste e costellato da laghi e
corsi d’acqua.
Siamo nel cuore del Mediterraneo, ma il paesaggio può
far pensare a qualche angolo della Scandinavia. Soprattutto in inverno,
quando da queste parti non manca certo la neve.
La
fascia costiera tirrenica si presenta scoscesa e scenografica, con le
montagne che arrivano a ridosso del mare e tutto un alternarsi di baie e
calette, scogliere e promontori rocciosi, insenature e spiagge che hanno
fatto la fortuna del turismo calabrese.
Lungo
questo litorale si susseguono alcune delle località più celebri della
Calabria, come Praia a Mare, Scalea, Diamante e San Nicola Arcella con
il suo meraviglioso Arcomagno, un imponente arco di roccia naturale che
nasconde una piccola laguna dall’acqua cristallina. Sull’altro
versante, quello ionico, i rilievi degradano verso la costa più
dolcemente, con spiagge lunghissime e bassi fondali. I paesi si
affacciano sul mare da colline basse; i ruderi delle torri di
avvistamento e delle fortezze costiere ci parlano di epoche in cui dal
mare arrivavano tanti pericoli ed era necessaria una vigilanza continua;
i resti archeologici - pochissimi, purtroppo - stanno lì a ricordarci
che qui fiorì una delle civiltà più floride e culturalmente avanzate
del mondo antico, quella della Magna Grecia, con città grandi e potenti
come Sibari e Crotone che ebbero tra i loro cittadini nientemeno che lo
storico Erodoto (V secolo a.C.), la prima, e il filosofo e matematico
Pitagora (VI secolo a.C.), la seconda.
Infine,
la Calabria settentrionale si esprime anche come un insieme di
tradizioni, feste religiose, sagre di origine recente ma già
popolarissime come il Festival di Diamante, che è dedicato al
peperoncino; e come meta gastronomicamente interessante. E infatti una
terra che può vantare prodotti alimentari di assoluta eccellenza, dai
porcini della Sila (e in generale i funghi secchi) alle clementine e ai
cedri, dal capocollo DOP ai formaggi, con in più un vino, il Ciro DOC,
talmente antico e nobile che i Greci lo offrivano in dono agli atleti
vincitori delle Olimpiadi. Per quanto sia così piena dei problemi che
tutti conoscono, quindi, è anche ricca di potenzialità. E forse la sua
ricchezza più grande è la cordialità della gente, degna discendente
di quei Greci per i quali l’ospitalità, laxenia, era un dovere sacro
e chi l’avesse negata si sarebbe attirato contro l’ira di Zeus.
  
"Quando
fu il giorno della Calabria, Dio si trovò in pugno 15.000 chilometri
quadrati di argilla verde con riflessi viola. Pensò che con quella
creta si potesse modellare un Paese con 2 milioni di abitanti al
massimo. Era teso in un vigore creativo, il Signore, e promise a se
stesso di fare un capolavoro. Si mise all’opera, e la Calabria uscì
dalle sue mani più bella della California e delle Hawaii, più bella
della Costa Azzurra e degli arcipelaghi giapponesi. Diede alla Sila il
pino, all’Aspromonte l’ulivo, a Reggio il bergamotto, allo Stretto
il pesce spada, a Scilla le sirene, a Chianalea le palafitte, a Bagnara
i pergolati, a Palmi il fico, alla Pietrosa la rondine marina, a Gioia
l’olio, a Ciro il vino, a Nicotera il fico d’India, a Pizzo il
tonno, a Vibo il fiore, alle spiagge la solitudine, all’onda il
riflesso del sole”. Questo passo di Leonida Rèpaci (1898-1985), lo
scrittore di Palmi che è stato uno dei protagonisti del mondo culturale
italiano del XX secolo, rende conto dell’innamoramento che i calabresi
provano nei confronti della propria terra. Soprattutto, forse, quei
tanti che erano, che sono, costretti a vivere lontano. Come lo stesso Rèpaci,
che lasciò la Calabria da bambino dopo il terribile terremoto del 1908.
Oppure come quelli che se ne andavano e che ancora partono per scelta,
per esempio per studiare o lavorare altrove e poi magari ritornare.
La
provincia di Vibo Valentia e la Città Metropolitana di Reggio Calabria
occupano l’estremità meridionale della Penisola. Questo Sud del Sud,
questo Meridione profondo, può contare sulla bellezza di centinaia di
chilometri di costa affacciata su due mari e sul fascino di un
entroterra movimentato da colline e montagne, con un luogo unico al
mondo da cui si riescono a vedere Tirreno, Ionio, la costa siciliana
affacciata sullo Stretto, l’Etna e perfino le Eolie: il Montalto
(1.956 metri), la vetta più alta della punta d’Italia.
La
civiltà della Magna Grecia si esprime in ogni angolo della regione con
la sua ricchezza culturale e artistica, a cominciare da Reggio Calabria,
la Rhegion fondata nell’VIII secolo a.C. da Greci di Calcide, e dalla
polis rivale Locri Epizefiri, fondata un po’ più tardi da Greci della
Locride.
Un territorio che vanta feste patronali e riti religiosi
celebrati con grande partecipazione popolare, come la processione della
Varia a Palmi, Patrimonio dell’Umanità dell’Unesco. Che può
contare su un ottimo repertorio di specialità tipiche e di cibi
semplici, genuini, gustosi, preparati con ingredienti di qualità e
rimasti legati alla tradizione.
Un territorio interessantissimo, ma meno
conosciuto di quanto meriterebbe. Fra i suoi tesori vanno certamente
annoverate le splendide spiagge che ogni anno sono meta di numerosi
turisti, ma anche i villaggi fantasma o semiabbandonati come Roghudi,
Pentidattilo e Amendolea, che paiono presepi abbarbicati sulle montagne.
Si aggiungono alla lista dei luoghi da non perdere i borghi dell’area
grecanica, come Bova e Gallicianò, dove gli anziani parlano ancora un
misto di antico greco e dialetto calabrese. I castelli in rovina e i
santuari. Le città gioiello come Gerace e Stilo. Le numerose bellezze
naturali, come i tratti di litorale selvaggio dove nidificano le
tartarughe marine. O le campagne pervase dal profumo dei bergamotti in
fiore. O le foreste di faggi, di castagni e di pini. O le fiumare che
dall’Aspromonte calano verso il mare dipingendo paesaggi magnifici,
gonfiandosi d’acqua in inverno e trasformandosi in strade ghiaiose
durante l’estate.
Corrado
Alvaro (1895-1956), che della Calabria è stato il massimo cantore e
osservatore, scriveva nel 1931: “Mi fu sempre diffìcile spiegare che
cos’è la mia regione. La parola Calabria dice alla maggioranza cose
assai vaghe, paese e gente diffìcile. Matant’è, la Calabria fa parte
d’una geografia romantica. Eppure non vi è regione più misteriosa e
più inesplorata di questa”. E passato quasi un secolo e queste parole
sono ancora vere. Molti turisti la visitano ogni anno. Soprattutto
italiani, nelle località balneari. Ma la Calabria offre molto di più:
c’è ancora tanto da scoprire, tanta bellezza e altrettanta cultura.
  
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