Il centro
abitato sorge a 82 metri s.l.m. e si sviluppa alla sinistra della fiumara Torno,
conosciuta anche come fiumara di Bruzzano. Il territorio è bagnato dal mar
Ionio nella frazione Marinella e nella parte più alta si trova alle pendici
dell'Aspromonte. Il territorio è compreso nel Parco nazionale d'Aspromonte.
Quasi
sicuramente il nome del paese deriva dall’unione di due antichi nomi. Il primo
è dato dalla vicinanza al promontorio Bruzio, il secondo dal vento Zefiro che
soffia gentilmente tra quelle coste e che, tempo fa, ha aiutato i greci a
entrare nelle acque di Capo Bruzzano.
Bruzzano
Zeffirio ha origine antichissima. Secondo una tesi fu fondato dai Coloni greci.
Quando, per il crescere della popolazione e della civiltà, il luogo divenne
angusto da non poterli più contenere e sfamare, gli eredi dei Coloni si
divisero: una parte penetrò nell'interno e fondò Bruzzano, e una parte si
spostò lungo il litorale e fondò prima "Locri Zefiria" da collocarsi
nell'odierna contrada Palazzi in agro di Bianco e, successivamente,"Locri
Epizefirii". Il nome deriverebbe dal promontorio Bruzio (Bruzzano) e in
onore del venticello "Zefiro" gentile (Zeffirio) che portò i greci a
sbarcare a capo Bruzzano.
Secondo
un'altra tesi Bruzzano prende il nome dai Bruzi suoi fondatori, quando i
locresi, coloni greci d'oltre mare, verso l'VIII sec. a.C. sbarcarono presso il
promontorio di Capo Zeffirio, costringendo i Bruzi ed i Siculi, popoli del
luogo, ad arretrare i propri domini nell'entroterra. Bruzzano significherebbe
"l'ultimo rifugio del Bruzio".
Bruzzano fu
espugnata dai saraceni nel 925. Comprendeva i Casali di Motta, detto anche Motta
Bruzzano o Motticella, il Salvatore, ossia Casalnuovo e Ferruzzano. La storia di
Bruzzano fu un alternarsi di numerose scorrerie, soprattutto da parte dei turchi
che, intorno all’ XI sec. la usarono come base di partenza per i loro assalti
nei paesi limitrofi.
Proprio per questo crearono una zona di difesa sicura in uno dei punti più alti
del paese, detto Armenia, presso il quale, Bruzzano Vetere, ebbe il suo
Castello.
Nel 1270,
Bruzzano, dopo tante peripezie e diverse ricostruzioni, divenuto feudo di
Giovanni Brayda, venne denominato Bruzzano Vetere.
Dopo successive
vendite, la terra di Torre Bruzzano e Motta, (così veniva chiamata a quei
tempi), venne comprata da Don Pietro D'Ayerbe De Aragona, Marchese di Grotteria.
E infine, dopo alterne vicende, Bruzzano pervenne nelle mani dei Carafa, che
conservano ancora il titolo feudale di Duchi di Bruzzano, Marchesi di Caulonia,
Principi di Roccella.
Bruzzano fu
danneggiato dal terremoto del 1783.
Nel 1807 era già
Luogo, ossia Università, mentre nel 1811, il decreto istitutivo dei Comuni , lo
riconosceva tra quest'ultimi con giurisdizione sul villaggio di Motticella e,
l'assegnava al Circondario di Staiti. Nel 1863 assunse l'attuale nome di
Bruzzano Zeffirio, essendosi chiamato fin'allora soltanto Bruzzano. Danneggiato
dai terremoti del 1905 e 1908, ricostruito completamente dopo il terremoto del
1908 e spostato di qualche km verso il mare rispetto al paese originario.
Il comune di
Bruzzano comprende il nuovo centro, il vecchio, la frazione di Motticella e la
frazione Marinella.
Moltissime le
acque sorgive: Le piccole Terme di San Phantino e l'acqua Munda, rinomata per le
sue proprietà organolettiche, che sgorga ai piedi della frazione Motticella.
Bellezze
del borgo

Bruzzano si
caratterizza per la presenza di moltissime acque sorgive come ad esempio le
piccole terme di San Phantino e l'acqua Munda che, rinomata per le sue
proprietà organolettiche, sgorga ai piedi della frazione Motticella.
Situato a quota
139,00 metri s.l.m., sulla sommità della "Rocca Armenia", in località
Bruzzano Vecchia sorge il "castello di Bruzzano Zeffirio" o
"castello d'Armenia". Il castello, ormai allo stato di rudere, fu
edificato tra la fine del X e gli inizi dell'XI secolo e nel 925 divenne
quartier generale dei Saraceni.
In seguito fu
feudo di Giovanni De Brayda dal 1270 al 1305, di proprietà del Marchese di
Busca dal 1305 al 1328, dei Marchesi Ruffo dal 1328 al 1456, dei Marullo dal
1456 al 1550, dei Danotto dal 1550 al 1563, degli Aragona de Ajerbe dal 1563 al
1597, degli Stayti nel 1597 e dei Carafa di Roccella fino al 1806.
Il
Castello Medievale è uno dei luoghi di fascino di Bruzzano. Danneggiato dal
sisma del 1783 e ridotto in macerie dai sismi del 1905 e 1908, fu più volte
rimaneggiato e ricostruito tra il Medioevo e i primi dell’Ottocento. La Rocca
Armenia, che ospitava il vecchio borgo, è un monolite di arenaria a pochissimi
metri dal mare con una sommità piana, che ha permesso il primo insediamento
urbano di Bruzzano. Su questa rupe è possibile ammirare le tre parti delle
rovine del Castello: le strutture
difensive militari, la cappella
nobiliare del Castello e la dimora
dei Carafa.
Presenta una
tipologia architettonica tipica del territorio e dei periodi storici in cui le
varie parti furono costruite.
La Rocca Armenia si presenta come un monolite di arenaria locale compatta. Posta
a quota 115 mt s.l.m., con una sommità piana, dove sono evidenti i ruderi, a
139 mt s.l.m.. Tale rupe fortificata presenta quindi un dislivello di circa 25
mt rispetto ai ruderi dell'abitato di Bruzzano Vecchia ai piedi della stessa
rupe. Su questa rocca, il Castello si articola in numerosi corpi di fabbrica
ormai a rudere, raggruppabili in tre principali categorie: strutture difensive
militari, cappella nobiliare del Castello, dimora della famiglia Carafa
Le strutture difensive militari presentano una tipologia a pianta quadrangolare
con torri quadrate e "sala d'armi". All'interno del Castello, una
piazza scoperta con relative cisterne scavate nella roccia per la raccolta delle
acque; prigioni, anch'esse scavate nella roccia; mentre all'esterno dei muri
perimetrali, si vedono ancora i resti dei contrafforti di recinzione della
rocca. Oltre alle strutture in muratura, tale fortificazione presenta degli
ambienti funzionali trogloditici e, delle strutture, anch'esse scavate nella
roccia.

Della
"Sala d'armi", rimangono i muri perimetrali, dove sono evidenti le
feritoie atte alle azioni belliche di difesa.
L'arco
trionfale dei Carafa fu costruito nel XVII secolo, dedicato alla dinastia
sei Principi Carafa. Presenta la facciata principale rivolta a est, con lo
stesso orientamento, quindi, della cosiddetta "Porta dei Vescovi" o
"della Meridiana", addossata alla Cattedrale di Gerace, e della
"Porta del Sole", sempre a Gerace. Tale orientamento a est è tipico,
sul territorio, delle "Porte Urbiche" monumentali delle antiche
cittadine di assetto medioevale. L'Arco Trionfale dei Carafa può considerarsi
una porta urbana posta sul lato orientale del centro abitato di Bruzzano. Non
aveva una funzione difensiva, bensì di celebrazione e memoria in onore di
qualche evento o di qualcuno.
Formato da una
struttura muraria in mattoni, nella quale è ricavato un "arco" a
tutto sesto, fiancheggiato da false colonne e lesene in uno stile misto,
tendente al classico rinascimentale nelle forme architettoniche e, ad uno stile
barocco tipicamente locale, nei fregi e nelle decorazioni.
Ad accentuare
la sua monumentalità contribuiscono le due torrette quadrangolari, culminanti
con una piramide con lesene alla base, integrate alla muratura, poste alle due
estremità.
È interamente
costruito in muratura di mattoni legati da malta a base di calce idraulica e
rivestito da un intonaco lisciato, in cui sono stati ricavati gran parte dei
fregi baroccheggianti e dei bassorilievi che adornano il monumento. Le lesene,
le false colonne con relativi capitelli e tutte le maggiori sporgenze e
trabeazioni, sono ricavate con gli stessi mattoni che compongono la struttura.
L'intonaco è impreziosito da affreschi raffiguranti scene floreali e stemmi con
cornici in uno stile barocco secentesco.
Motticella
- Il nome ci porta alla dominazione normanna, in quanto la
motta, era la tipica fortezza dei normanni, originari della Danimarca, che la
ricavavano con l'accumulo di terra, a forma conica, anche in pianura.
Motticella significa piccola fortezza ed il luogo della fortificazione viene
anche indicato dove sorge la casa Talia, oggi in rovina chiamata castello.
Analizzando il
nome del nucleo più antico del paese, Zimbariù, notiamo che l'origine del
villaggio è molto più antico in quanto può derivare da Simeri, come forse si
chiamava la fiumara di Bruzzano nel periodo ellenico.Tracce di un villaggio
greco si ritrovano ad Arsenti, nel comune di Staiti, e a S. Domenica nel comune
di Ferruzzano, siti vicini a Motticella,dove sono evidenti ancora i ruderi del
monastero di S. Fantino, i cui monaci avevano ricavato da una roccia, una vasca
dove gocciolava e gocciola tutt'oggi, un'acqua idro-sulfurea,usata per motivi
curativi fino agli inizi degli anni 50 del XX sec.
La Chiesa
SS. Salvatore fu costruita del XVI secolo fu elevata a parrocchia nel
1798. Danneggiata dal terremoto del 1908 fu successivamente restaurata. Prima
che venissero istituiti i cimiteri, vi seppellivano i morti in delle fosse
comuni successivamente riempiti con i detriti ricavati dal restauro del
1951. All'interno c'è la statua lignea del SS.
Salvatore, scolpita a tutto tondo e a figura intera, opera bottega
napoletana del periodo neoclassico.
Bagni
di S. Phantino - Avanzi di antichi bagni, alimentati da
sorgente solforica clorurato calcica a 15°. Si ha memoria di un Convento di S.
Fantino o S. Pantano sorto nella località, i cui frati avevano costruito delle
vasche per utilizzare l'acqua a scopo balneare, si dice che i fanghi di queste
acque curassero le ferite. Sino al 1960 le acque sono state utilizzate in uno
stabilimento.
La
Chiesa Basiliana di Contrada Annunziata si
trova a circa un km dal paese, nella stradina che collega Motticella a
Bruzzano Vecchio. Quest'opera dei Monaci Basiliani, è dell'epoca bizantina che
risale al XI secolo.
Dell'origine
del Santuario
Madonna della Catena
non si hanno notizie storiche certe. La tradizione racconta che alcuni marinai
di Bruzzano, insieme con altri di Ferruzzano, trovarono - sulla spiaggia del
Promontorio Capo Bruzzano - una cassa con dentro una bellissima statua in
alabastro raffigurante la Madonna - a figura intera e a tutto tondo - con in
braccio il Bambino, e un moretto incatenato ai suoi piedi: da qui il titolo di
Madonna della Catena. Aggiogate due coppie di buoi selvatici ad un carro, vi
caricarono la statua che, seguita dalla popolazione in preghiera, fu avviata
verso il paese.
Al confine tra Bruzzano e Ferruzzano, i buoi si fermarono e non vollero
proseguire oltre. Si dedusse perciò che la Madonna voleva che il suo tempio
sorgesse al confine tra i due paesi e si costruì la chiesetta. I Bruzzaniti,
però, non contenti della chiesetta e della bella statua, ne fecero una copia da
esporre nella loro Chiesa Arcipretale.
Da allora, ogni anno, alla prima domenica di settembre, festeggiano la Madonna
della Catena. Il venerdì precedente la festa, la statua riproducente
l'originale, viene portata in processione sino al Santuario a trovare la statua
autentica e per tre giorni i fedeli vi si recano a pregare e a lodare la
Vergine. Alla domenica, sull'imbrunire, tra canti e preghiere la copia viene
riportata nella Chiesa Arcipretale.
Nel 1583
l'esercizio del culto fu trasferito nella chiesa rurale detta S. Maria del
Piltro, che nel 1753 venne riedificata in paese col nome di S. Maria della
Catena. Il terremoto del 1783 le distrusse entrambe e il culto dovette
continuare in una baracca costruita dai fedeli. Qualche tempo dopo la chiesa fu
riedificata dal marchese Fuscaldo. A qualche Km dal paese sorge la chiesetta di
S. Maria della Catena.
Bruzzano
Zeffirio ospita la statua della Madonna
della Catena, venerata nel suo omonimo santuario. Dietro il ritrovamento
di questa statua si cela una leggenda particolare: si dice che siano stati i
muratori di Bruzzano, assieme a quelli di Ferruzzano, a ritrovare sulla spiaggia
una cassa contenente questa statua, che rappresenta la Vergine con in braccio un
bambino e un moretto incatenato alla caviglia. La statua venne caricata su un
carro trainato da buoi e seguita da tutto il paese in processione. I buoi si
fermarono al confine tra i due paesi ed è proprio lì che i cittadini
costruirono il santuario che ancora oggi ospita questa statua.

Fonte:
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