Condofuri (Condofuri)
(Reggio Calabria)
  
  
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Tarantella, lingua grecanica e bergamotto. Sono questi i tre elementi che fanno di Condofuri uno dei centri più caratteristici della Calabria Greca.

Condofuri (Dal dialetto greco-calabro: Kontofyria, vicino al forte) è un comune italiano di 5.006 abitanti della provincia di Reggio Calabria.

Nel cuore del comprensorio grecano calabrese, Condofuri comprende numerosi centri abitati, ciascuno con caratteristiche proprie. Fra questi spiccano Condofuri Marina, ridente centro sul mare dotato di parecchie strutture turistiche e il "paese", nucleo urbano primo e sede del Comune, che si trova a 13 km dal mare e si raggiunge  attraverso la strada provinciale.

Koundouroi è citato per la prima volta in un documento catastale bizantino della metà dell’XI secolo. Il nome del centro, derivante dal greco Kontochori, significherebbe “paese basso” o “vicino al paese”, in riferimento a Bova o a Gallicianò.

Secondo la tradizione, Condofuri sarebbe stata fondata dagli abitanti di Gallicianò. A conferma di questa tesi, una relazione di Mons. Morabito, vescovo del luogo, risalente al 1754, narra che la chiesa di Condofuri non aveva un parroco perché, essendo una “non antica colonia” di Gallicianò, il villaggio ne era alle dipendenze anche per la cura delle questioni spirituali.

Gli studiosi fanno risalire le origini del borgo di Condofuri al periodo della dominazione romana.

Il villaggio di Amendolea, invece, nasce probabilmente come baluardo di confine del territorio di Locri ed è probabile che nel medioevo il villaggio ebbe una certa rilevanza commerciale e militare per la sua posizione strategica. Definitivamente abbandonata dopo il terremoto del 1908, l’Amendolea storica fu ricostruita come piccolo borgo agro-pastorale ai piedi della grande rocca sulla quale ancora oggi sono visibili i ruderi del castello Ruffo.

Scoprire il centro storico

Appollaiato a 300 metri dal mare, il piccolo comune vanta una entroterra praticamente intatto, dominato dall’imponete fiumara Amendolea: l’antica autostrada verso l’Aspromonte, ancora oggi percorribile a piedi fino alle suggestive cascate Maesano. Nel borgo, abitato ancora da pochi anziani, era maestosa, la grande chiesa di San Domenico, ricca di importanti sculture lignee databili dal Sei al Novecento.

Il centro di Condofuri è davvero caratteristico, con case e strade disposte a gradinate che alternano terrazze a balconi ricchi di fiori.

Da vedere la Chiesa Parrocchiale, di antica fondazione, che conserva al suo interno numerose opere di artisti locali, il castello di Amendolea, visibile già dalla strada provinciale, che conserva i muraglioni merlati e i resti di un torrione e che secondo la leggenda era unito da una galleria segreta alla frazione di San Carlo di Condofuri.

Un’attenzione particolare merita Gallicianò, unico borgo interamente ellenofono, anche se la lingua grecanica qui utilizzata è confinata in un ambiente sempre più esclusivamente domestico. Gallicianò è nota in tutta l’area per l’alta conservatività rispetto alle tradizioni grecaniche, non solo in ambito linguistico ma anche musicale, gastronomico, rituale. Qui nel ‘99 è stata aperta la piccola chiesa ortodossa di Panaghìa tis Elladas (Madonna dei Greci). La chiesetta, di tipico impianto contadino, edificata dall’architetto Domenico Nucera (noto come Mimmolino l’Artista) ristrutturando una casa in pietra nella parte alta del paese, è aperta al culto e rappresenta la testimonianza di un rinnovato clima ecumenico e di un ritorno degli ortodossi in siti d’antichissimo culto greco.

L'interesse  del visitatore, oltre che per il meraviglioso mare,  è comunque  maggiore per le frazioni Gallicianò e Amendolea. 

A Gallicianò, "il paese più greco d'Italia", definito "l'Acropoli della Magna Grecia",si arriva attraverso un "dromo", un percorso caratterizzato da curve e strapiombi. Si giunge alle prime case, "vucita", povere, di cartone, e subito dopo qualche chilometro  al Centro, che appare all'improvviso. A Gallicianò ancora si parla perfettamente il greco antico, gli usi e i costumi sono direttamente figli dell’antica cultura greca, che predominava  in questa zona della Calabria. Non tutto però è greco a Gallicianò,  pregevole è pure la chiesa, con una statua del XVI Sec. e due fonti battesimali risalenti  al 1508 e  al 1683. 

La frazione Amendolea, anch'essa culturalmente greca, si trova in posizione geografica straordinaria e vi si respira ancora un'atmosfera medioevale. La vita ad Amendolea fu molto sofferta: devastata ripetutamente dai Saraceni, nel 1099 divenne feudo di Riccardo di Amigdalia, nel 1495 degli Abenavoli e infine dei Ruffo dai quali prende il nome il Castello che domina tutta l’omonima vallata. Condofuri stesso fu fondato nel IV secolo d.C., durante la colonizzazione bizantina, probabilmente sul luogo della locrese Peripoli.

Come gli altri siti fortificati, anche Amendolea è stato edificato in posizione dominante. Sulla sommità dell’altipiano si collocano i ruderi del castello normanno risalente al XIV secolo e, ai suoi piedi, quelli dell’antico borgo.

Il Castello Normanno dei Ruffo è stato edificato su una rupe posta a circa 400 m s.l.m., distante circa 8 km dalla costa ionica e 50 km da Reggio Calabria.

Il rudere si presenta con un muro di cinta che delimita uno spazio di ingresso a forma parallelepipeda da cui si accede ad una zona residenziale; di questa rimane una sala rettangolare con alte pareti e finestre ad arco e muri intervallati da piccole torri che hanno lungo il perimetro feritoie e merli che si adattano al ciglio roccioso. Una torre isolata fungeva da mastio. L’edificio presenta pianta irregolare con robusti muraglioni merlati che seguono il ciglio delle scarpate. Le mura, di pietrame intercalato con cocci di coppi, hanno un andamento curvilineo nella zona Nord-Est; la parte sud presenta una torre quadrangolare, mentre a Sud-Est il muro presenta una finestra ad arco che delimitava una sala oggi crollata.

La fortificazione comprende una prima torre cappella costruita anch’essa in età normanna, che presenta al secondo livello la chiesetta a pianta absidale, orientata, con ingresso rivolto a sud secondo la tradizione bizantina, e le panche laterali realizzate in muratura. Assieme ad una piccola cisterna sono questi gli elementi più antichi dell’edificio.

Una seconda cisterna, di grandi dimensioni, è databile tra il secolo XI e il XII. Allo stesso periodo sono ascrivibili le mura di recinzione e la seconda torre che custodisce la preziosa cappella palatina, una chiesetta estremamente raffinata.

Il castello fu rimaneggiato nelle epoche successive, e furono aggiunti eleganti ambienti alla torre mastio, come il grande camino costruito tra il XIII e il XIV secolo. Il terremoto del 1783 determinò nel terreno profondi cedimenti che si trascinarono gran parte delle strutture dell’area del castello, che fu di conseguenza abbandonata.

Di recente sono stati eseguiti solo in parte dei lavori di messa in sicurezza che non rendono però merito alla qualità dell’opera fortificata.

TARANTELLA GRECANICA - Il fulcro della tarantella grecanica sta nel tamburello che in tale contesto diventa protagonista assoluto, non solo strumento di accompagnamento. Questa danza tradizionale fa parte del patrimonio grecanico e offre uno spettacolo le cui radici affondano nell’antichità.

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