Sospesa
a metà tra il mare e il cielo e situata tra i misteriosi boschi delle Serre
Calabresi e il paesaggio primitivo dell’Aspromonte -
di cui è considerata la porta del Parco Nazionale - la cittadina di
Mammola si erge in tutta la sua bellezza come un’opera d’arte dal passato
antico la cui memoria viene continuamente rinnovata attraverso le sue tradizioni
folkloristiche ancora molto forti.
Il
suo dialetto unico è frutto delle molteplici mescolanze linguistiche
della zona, che dal greco e all’arabo arrivano fino al francese e allo
spagnolo. Eletta città dello stocco per la sua tradizione
gastronomica, Mammola è teatro ogni anno di una rinomata sagra ad esso
dedicata, durante la quale è possibile degustarne ogni declinazione calabrese,
dalle più tradizionali a delle vere e proprie avanguardie che potrebbero
dettare il futuro della miscelazione di sapori e ingredienti. Fondata nel IV
secolo a.C. sui resti dell’antica città greca di Malèa, Mammola sorge
su una rocca che vide il sanguinoso scontro tra Krotoniani e Locresi culminare
nella leggendaria battaglia del fiume Sagra.
Il
vasto territorio è molto ricco di corsi d'acqua, testimonianza della presenza
di fiumi e affluenti, tra i più importanti sono il fiume Torbido, il suo
affluente Chiaro e le fiumare Neblà e Zarapotamo, usati anche per impianti di
irrigazione. Sono presenti anche sorgenti di acqua oligominerale, che alimentano
gli abitanti del territorio e dei paesi vicini.
Il
toponimo Mammola appare per la prima volta tra il XI e il XII secolo, in un
documento che faceva parte dei beni del Monastero di San Fantino. Inoltre, nel
1232, in un altro documento, si parla di un certo Rogerius de Mammula.

Le
origini di Mammola risalgono al IV–V sec. a.C.: l'insediamento sorse sulle
rovine di Malèa, colonia greco-locrese ricordata da Tucidide. Ai
piedi scorre il fiume Chiaro, affluente del fiume Torbido. Nei pressi di
quest'ultimo, un tempo detto Sagra, si sarebbe svolta nel VI secolo a.C. la
cosiddetta battaglia del Sagra che vide i crotoniati sconfitti dai
locresi alleati con i reggini.
Il
nucleo di Mammola si sviluppò ulteriormente alla fine del X secolo d.C. Tra il
950 e il 986 sorse infatti un villaggio stabile, abitato dalle popolazioni che
avevano abbandonato il litorale ionico per sfuggire alle incursioni saracene.
Nel corso degli anni i monasteri divennero centro spirituale e di cultura. I
monaci si dedicavano alla miniatura, al mosaico, all'innografia, allo studio
degli antichi testi e delle scienze. Nello scriptorium, luogo
destinato alla copiatura a mano, venivano trascritti codici, testi e trattati.
Mammola
nel periodo feudale è appartenente a diverse famiglie: Giovanni Ruffo, Ruggero
di Lauria, Anselmo Sabrasio, Raimondo del Prato, De Luna, Caracciolo di Gerace,
Correale da Sorrento, Famiglia Carafa, nel 1540 il paese divenne capoluogo
di Baronia allargando il suo territorio con Agnana. Successivamente passa
alle dipendenze dei Gagliego, dei Loffredo, dei Ruffo, dei Pazzi, dei
d'Aragona d'Ayerbe, dei Joppolo, di nuovo agli Spina, ai Barreca, ai del
Pozzo e infine alla famiglia dei De Gregorio che la detennero fino al 1806, anno
della soppressione del feudalesimo. I Del Pozzo, nobili di origine
siciliana, contribuirono al governo del centro con 8 sindaci nell'arco di tempo
dal 1718 al 1915, con Nicodemo Maria Del Pozzo che mantenne la carica per più
di 20 anni, dal 1871 al 1895.
1718-….
Giovanni Del Pozzo Senior
1828 Giovanni
Del Pozzo Junior
1830-47
Giovanni Del Pozzo Junior
1851-52
Giuseppe Maria Del Pozzo - latinista
1852-59
Domenico Francesco Del Pozzo
1860-65 Nicola
Antonio Del Pozzo Senior
1871-95
Nicodemo Maria Del Pozzo
1908-15 Nicola
Antonio Del Pozzo Junior
Dopo
l'unità d'Italia, le difficili condizioni economiche e sociali incisero
profondamente sul vivere della comunità dando luogo a fenomeni di rivolta
popolare e di brigantaggio. Cominciò l'emigrazione durata sino alla fine
del XX secolo, dimezzando la popolazione.
Visitare
il borgo
Arroccato
esattamente a metà tra l’Aspromonte e la catena montuosa delle Serre, il
fascinoso paese di Mammola deve moltissimo ai monaci basiliani che si
rifugiarono qui per sfuggire alle persecuzioni di Costantinopoli. Indifferente
all’impietoso scorrere del tempo, il borgo ha mantenuto alla perfezione il suo
impianto medievale che - come per le kasbah arabe, molto
frequenti nelle zone che in passato erano loro territorio di conquista e dominio
- si sviluppa con viuzze, vicoletti e budelli che fanno
capo a diverse piazzette centrali dallo stile pittoresco, che vedono
avvicendarsi ai loro margini casette di antica memoria ammassate le une sulle
altre che si alternano a fastosi palazzi nobiliari di diverse epoche: le linee
aspre e pretenziose di gusto medievale si mescolano così col più
raffinato stile moresco e con gli arzigogoli del barocco calabrese, per
un’esplosione di forme capace di deliziare ogni sguardo.
Diverse
sono le testimonianze dell'antica storia di Mammola: la necropoli indigena a
Monte Scifo, quella greco-romana a Santa Barbara, ellenica a Buccafurri e le
grotte del Brigante, del Palombaro e della Turri. Famosa la battaglia avvenuta
sul greto del fiume Sagra (oggi Torbido) VI secolo a.C., dove i Locresi alleati
con i Reggini sconfissero i forti Crotoniati. Anticamente, quando non era ancora
in uso la toponomastica, le vie ed i rioni del paese erano indicati con
denominazioni di origine ebrea, araba e greca: Certò, Begna, Hfamurra, Buveri,
Fana, Mammuleju, Ponzo, Cuccianni, Cundutteiu, Gellario, Gruttu, che ancora
persistono.

Le
chiese degne d’attenzione sono moltissime e ognuna presenta almeno un elemento
unico che arricchisce la grazia e il gusto delle mirabili forme
architettoniche:
Chiesa
Matrice - Risalente
al periodo bizantino-normanno, presenta una pianta a croce latina deformata e
nel XVI sec. è stata poi riedificata in stile rinascimentale a tre navate. Al
suo interno si trova la Cappella di San Nicodemo, patrono di Mammola, dove sono
conservate le sue reliquie dentro un’urna di bronzo.
Grangia
di San Biagio - La
sua fondazione risale al X sec. e si trova tra il fiume Chiaro ed il Torbido.
Nel 1783 la Grangia venne danneggiata dal terremoto e fu in quella occasione che
le reliquie di San Nicodemo furono traslocate nella Chiesa Matrice dove poi sono
rimaste. In questo convento il monachesimo basiliano, sotto la guida di uomini
di chiesa illustri come Barlaam di Seminara, divenuto poi maestro del Petrarca,
Apollinare Agresta, nativo di Mammola e Abate Generale dei Basiliani, aveva
raggiunto una tale importanza da essere uno dei punti di riferimento culturale,
morale e religioso della Calabria. La chiesa dell’Abbazia, a navata unica,
conserva ancora un bellissimo altare ad intarsi marmorei. Sopra l’altare vi è
una tela raffigurante il Santo con l’abito Basiliano. Nella cappella di
sinistra si può ammirare un prezioso dipinto che raffigura l’Annunciazione,
mentre l’acquasantiera è attribuita alla famiglia degli scultori Gagini.

Chiesa
barocca dell’Annunziata - Più
volte danneggiata dai terremoti, venne sempre ricostruita mantenendo le sue
forme originali in stile barocco. La facciata, elegante e sobria, è
caratterizzata da due campaneletti, mentre l’interno, a navata unica, conserva
la statua dell’Annunciazione, quella di San Cosimo e Damiano e quella di Santa
Rita. L’altare in marmo intarsiato è sovrastato da un magnifico dipinto del
Valerioti e da una tela del Mazzola.
Chiesa
dedicata a San Filippo Neri - Risalente
al 1621, presenta un’unica piccola navata a struttura semplice. All’interno
del tempio sono conservate le statue di San Filippo Neri e di San Sebastiano,
mentre le pareti interne sono decorate da tre pregevoli opere in olio su tela di
cui uno attribuito alla scuola del Caravaggio.
Chiesa
del Carmine - Costruita nel 1590 ad un’unica navata, sorge di fronte
all’antico palazzo del Feudatario dal maestoso portale a bugne granitiche. Di
modesta architettura, nell’interno si conservano un armonioso e massiccio
gruppo ligneo della Madonna del Carmine, una statua di legno di Sant’Antonio
di Padova di autore ignoto, una statua in carta pesta di Santa Lucia, opera
giovanile di Rodolfo del Pozzo, ed una statua del Sacro Cuore.
Santuario
di San Nicodemo
Il santuario
di San Nicodemo, sull'altopiano della Limina,è
il luogo dove san
Nicodemo ha vissuto. Nel 1501, le reliquie del santo furono
traslocate alla grancia basiliana di San
Biagio a Mammola.
In seguito al terremoto del 1783, le reliquie vennero trasferite nella chiesa
Matrice di Mammola, nella cappella di San Nicodemo. Sorge a 703 metri sul
livello del mare.
Si trova a 3 km
del passo della
Limina, nel territorio del parco
nazionale dell'Aspromonte. Inizialmente nel XVI
secolo fu ricostruita una chiesa (in parte sui ruderi dell'antico
monastero del X secolo, che è stato ristrutturato anche nel 1960).
Gli affreschi presenti all'interno sono dell'artista Nik
Spatari.
Importante sono
i resti dell'antico monastero del Kellerana del X secolo a croce
greca, con le tre absidi contrapposte
ad oriente, tipiche dell'architettura bizantina-basiliana.
Il santuario
ricco di storia e tradizioni è meta tutto l'anno di numerosi fedeli, turisti,
escursionisti e studiosi. È abitato tutto l'anno dal monaco don Ernesto.
La festa si
svolge ogni anno la domenica successiva al 12 maggio, in ricordo della nascita
avvenuta il 12 maggio del 900.
Tutti i venerdì
di luglio e agosto di ogni anno sono tradizionali i pellegrinaggi a piedi, con
partenza da Mammola, percorrendo il sentiero
dei Greci “la Seja” per raggiungere il santuario di San Nicodemo
A.B. alla Limina.
Il santuario è
stato incluso negli itinerari del Giubileo
del 2000.

L'antico
monastero del Kellerana, che nel X secolo era abitato da monaci
basiliani, fu meta di devozione e di pellegrinaggio da parte di fedeli
richiamati dai miracoli di Nicodemo e divenne quindi punto di riferimento
religioso e spirituale per tutta la Calabria.
Il monastero fu
sottoposto nell'anno 1081 dal conte Ruggero all'abbazia
benedettina della Santissima Trinità di Mileto e
il provvedimento venne confermato nel 1091 ancora
nel 1102 e
sanzionato dai papi Eugenio
III (24 febbraio 1151)
e Alessandro III (16
luglio 1170 e
19 marzo 1179).
Il monastero comunque non si piegò e resistette fieramente sia
all'assoggettamento che alla latinizzazione, questo portò a duri scontri con i
monaci benedettini che non avevano nessuna intenzione di assistere impassibili
alla ribellione di un centro monastico così ricco e venerato; ricorsero quindi
alla Santa Sede che
incaricò il vescovo di Tropea di
dirimere la questione; il vescovo convocò i monaci di San Nicodemo a comparire
davanti a lui, ma questi ultimi rifiutarono e furono scomunicati. Nonostante ciò
anche questa volta i monaci non si piegarono e continuarono a celebrare con rito
bizantino.
Papa
Alessandro IV il 21 gennaio 1255 diede
incarico al decano e al cantore della cattedrale di Tropea di dare esecuzione
alla scomunica. Poco tempo dopo la crisi si riacutizzò per l'intervento del legato
pontificio, cardinale Pandolfo,
che incaricò Pietro, abate di Lamezia di
giudicare la questione, ma l'intervento del vescovo di Gerace Paolo
dimostrò che il monastero era sempre stato soggetto alla sua giurisdizione. In
conseguenza di ciò i benedettini invasero con la forza il monastero, ma furono
successivamente respinti dai monaci basiliani con l'appoggio del Vescovo di
Gerace e dei canonici.
Per questi fatti il vescovo Drogone di Tropea comminò la scomunica sia ai
monaci sia al vescovo di Gerace. Comunque questa ennesima scomunica non ebbe
effetto e i monaci si mantennero sempre indipendenti e continuarono a celebrare
con rito greco-bizantino.
Nel 1433 il
monastero dava la ragguardevole rendita di 100 ducati d'oro.
La relazione scritta riguardo alla visita effettuata nel 1483 dal vescovo di
Gerace Atanasio Calkeopulo (traslitterato anche come Chalkeopulos o Calceopulo)
lo segnala in piena attività ed in ottimo stato, per quanto già all'epoca
parte del patrimonio storico fosse stata coattivamente trasferita a Mileto e in
seguito a Roma per
volontà papale, ciò però causò la dispersione dei reperti in varie
biblioteche; qualche platea giunse fino a San
Pietroburgo.
Nel 1485 anche
la diocesi di
Gerace, e di conseguenza il monastero, passò al rito
latino. Per il monastero ciò segno l'iniziò di una rapida decadenza.
Nel 1501 i
monaci si trasferirono nella grangia di San
Biagio in Mammola e l'antico monastero abbandonato andò in rovina,
oggi se ne possono vedere i resti presenti nelle vicinanze del santuario. Il
monastero di Mammola fu poi soppresso dai francesi nel 1807.

Al Santuario
sono legati:
- Resti
dell'antico monastero del Kellerana del X secolo a pianta greca, con le tre
absidi contrapposte ad oriente di architettura bizantina basiliana;
- La chiesa con
all'interno gli affreschi dell'artista Nik
Spatari, che raffigurano i miracoli del Santo;
- La statua di
san Nicodemo con il cinghiale;
- L'icona di
san Nicodemo Eremita, firmata J.P.M. Kurill Obeid;
- La
cappelletta dove morì san Nicodemo (25-3-990), all'interno due antiche croci,
una in legno e l'altra in ferro battuto;
- La grotta di
san Fantino di
Tauriana;
- Il Monte
Kellerana con le tre croci che guardano lo Ionio, il Tirreno ed il santuario,
con una vasta veduta panoramica;
- I resti
dell'oratorio bizantino dedicato a san Michele Arcangelo, con i basamenti dei
muri perimetrali ed il pavimento di pietre;
- L'antica
cappelletta votiva di san Nicodemo col dipinto del santo;
- L'antico
monumento dedicato a San
Michele Arcangelo, in ricordo dell'antico Monastero di San Nicodemo;
- L'antico sentiero
dei Greci “la Seja” che collegava anticamente la zona ionica con
quella tirrenica
Parco
museo Santa Barbara
Nascosto ai
piedi dell’Aspromonte,
il MuSaBa di Mammola è
un parco museo laboratorio di arte contemporanea che si sviluppa attorno ai
resti di un antico complesso monastico del X secolo. Un mix inedito di
antico e moderno che trascina il visitatore in un’esperienza immersiva e a
tratti surreale, che merita davvero di essere vissuta.
 Nick
Spatari e Hiske Maas. Così si chiamano i due artisti che sul finire
degli anni ’60, dopo essersi sposati e aver vissuto collaborazioni prestigiose
con artisti contemporanei di fama mondiale, decidono di ridare nuova vita
ad un luogo abbandonato nel cuore della Locride,
facendolo diventare un luogo di sperimentazione artistica, dove trasmettere e
condividere nuove frontiere di tecnica, materia, forma e colore. Nasce così il
MuSaBa.
 Un’area
di sette ettari, arroccata su una collina, che si snoda tra l’antico complesso
monastico di Santa Barbara, la nuova ala museale “Rosa dei Venti”, passando
per la “Foresteria”, con la copertura di mosaici ipercolorati, fino al
Chiostro, con i suoi mille metri quadrati di pareti esterne che fungono da
supporto ad un laboratorio musivo in continua evoluzione.
Un cantiere
creativo che accoglie opere di artisti internazionali, ma anche di studenti,
bohemien e volontari che contribuiscono ad arricchirlo continuamente. Al centro,
le creazioni del genio esuberante ed eclettico di Nik: opere monumentali,
installazioni site-specific, decorazioni musive, in cui si intrecciano simboli
della tradizione cristiana, dall’Antico al Nuovo Testamento e stilemi del
passato sumero, da Gilgamesh al Diluvio Universale, il tutto filtrato in
maniera onirica, psichedelica e anticonformista.
Un gigantesco dipinto tridimensionale
lungo 14 metri, che copre tutto lo spazio della volta e dell’abside della
antica abbazia di Santa Barbara, rappresenta il Sogno di Giacobbe ed
è frutto dello spirito “creativo, inquieto ed eretico” di Nik Spatari,
a cavallo tra il 1991 e il 1995. La tecnica utilizzata per realizzarlo è
un'invenzione dello stesso Spatari: le silhouette sono ritagliate su fogli di
legno leggero, dipinte e poi applicate come rilievi sospesi nell'aria.
Palazzi
nobiliari
I
numerosi Palazzi, costruiti dal XIV al XVII secolo, alcuni nel corso degli anni
ebbero diverse modifiche, sono testimonianza di dimora delle famiglie nobili del
tempo, quando Mammola era uno dei centri più importanti della Calabria e sede
di Circondario:
Palazzo
Municipale ex-Gagliardi, Via Dante
Palazzo Del
Pozzo, Via Dante
Palazzo De
Gregorio, Via Dante
Casa Tarantino,
Piazza del Parlamento
Palazzo
Florimo, Via Dante
Palazzo
Ferrari o del Feudatario, Via Cirillo
Palazzo Spina,
Largo Pace
Palazzo
Piccolo, Via Dante
Palazzo
Guerrisi, Via Giovanni Pascoli
Palazzo Del
Pozzo, Largo Machiavelli
Palazzo
Barillaro, Via O. Zavaglia
Palazzo
Barillaro, Località Scinà
Palazzo
Barillaro, Località Scala
Aree
naturali
Il
vasto territorio comunale ricade nel Parco nazionale dell’Aspromonte e
nella catena delle Serre Calabre ed è attraversato da una rete di
sentieri, alcuni dei quali adatti all'escursionismo a cavallo e in bicicletta.
Il
territorio di Mammola è meta di escursionisti. I sentieri più importanti sono:
Sentiero
dei Greci, sentiero naturalistico e panoramico, anticamente era utilizzato
dai locresi della Magna Grecia come via di comunicazione per
raggiungere il mare Tirreno, le colonie di Medma (oggi Rosarno) e
Ipponion (oggi Vibo Valentia). Il ripido e scosceso sentiero è percorso,
come ex-voto, da devoti di San Nicodemo, che a piedi raggiungono il Santuario sul
Monte Kellerana. In particolare i venerdì di luglio e agosto di ogni anno sono
tradizionali i pellegrinaggi a piedi al Santuario di San Nicodemo. L'antico
sentiero è segnalato dal CAI con il numero 212.
Cascata
di Salino, percorso naturalistico caratterizzato dalla presenza di grandi
massi granitici e ontani che ombreggiano le acque. Si può risalire il torrente
camminando sul bordo dell'alveo o in mezzo all'acqua. Dopo l'ultima ansa appare
la cascata, scorrendo tra gole di roccia ferrosa precipita con due salti
dall'alto. Il torrente “Salino”, affluente del fiume Torbido, nasce dal
monte Limina nel Parco nazionale dell'Aspromonte.
Monte
Sant'Elia (746 m), si attraversa il Fiume Torbido, si segue la pista di
Coraca-Castania costeggiata da uliveti e castagneti secolari. Arrivati in
contrada Cerasara, con una pista e poi un sentiero si arriva in cima al Monte,
dove si può ammirare una veduta panoramica, in particolare della catena
montuosa dell'Aspromonte e delle Serre.
Rifugio
Montano-Monte Seduto, il percorso segue una pista sterrata, attraversa ampi
faggeti e pinete, costeggia il laghetto Marzanello, passando per il Monte Cresta
fino a raggiungere la vetta più alta del Comune Monte Seduto (mt. 1143). Per un
tratto si percorre il "Sentiero Italia". Dopo si segue lo
“stradone” che porta al Rifugio Montano. In questa zona sono presenti varie
specie di funghi (porcini, rositi, ovuli, galletti). Il sentiero anticamente era
una mulattiera importante per raggiungere Serra San Bruno e Pizzo sul Tirreno,
presso il cui porto arrivavano le navi che importavano il merluzzo secco (lo
“stocco”), che per questa via poi veniva portato a dorso di mulo a Mammola.
La vecchia mulattiera in direzione Passo Limina-Passo Croceferrata è stata
trasformata in una arteria chiamata “Strada di Cresta”.
Monte
Scifo e Borgo Chiusa, arrivati alla rotonda della Chiusa si prosegue a piedi
verso il Borgo Chiusa, caratteristico borgo rurale. Si imbocca la pista
Tripitita che arriva alla frazione di Aspalmo. Lungo la strada alcuni sentieri
portano sul Monte Scifo, salendo la pendice della montagna si giunge in cima. Il
panorama è sulla costa jonica reggina, visto che il Monte è la massima altura
affacciata al mare.
Altri
sentieri: miniera Macariace-Marvelli-Monte Limina-San Nicodemo; Dai Piani della
Limina al Santuario di San Nicodemo; Fiume Chiaro-Villaggio Limina; Fiume
Chiaro-Corvo-Papuzzi; Fiumara Neblà-Valle Spana - Rifugio Montano; Rifugio
Montano-Casermetta Vardaro; Passo delle Due Strade-Acquafredda-C/da
Seduto-Laghetto Marzanello; Torre Cardito o Cardeto.
I
sentieri di rilevanza nazionale che attraversano il territorio sono:
Sentiero
Italia - Club Alpino Italiano - tappa N° 54: dal Passo del Mercante al
Passo della Limina e la tappa N° 55: dal Passo della Limina a Mongiana.
Sentiero
del brigante - G.E.A. - tappa nº 4: dal Passo del Mercante al Passo
della Limina e la tappa nº 5: dal Passo della Limina a Croce Ferrata. Il
sentiero del Brigante collega Gambarie di S. Stefano in Aspromonte a Serra San
Bruno e Stilo
Il passo
della Limina e il villaggio Limina sono anche punti referenti della Ciclovia dei
Parchi della Calabria, da Laino Borgo a Reggio Calabria.
Sagre
e gastronomia di Mammola
Fregiata
del titolo di città del pesce stocco,
Mammola è un paese dalle mille inebrianti preparazioni gastronomiche
tradizionali. I mammolesi, nel corso della storia plurimillenaria della
cittadina, hanno sviluppato ricette uniche e prodotti tipici che
qui vengono preparati secondo tradizioni antiche con ingredienti semplici e
genuini da condividere con il resto del mondo durante le numerose sagre che
infiammano il borgo con cibo, musica e spettacoli nel corso dell’intero anno.
Oltre
al pesce stocco, prodotto principe della cucina mammolese, qui esiste una
ricotta caprina - fresca o affumicata - dalla lavorazione primitiva e
affascinante, che si affianca a quella del gustosissimo caprino della
Limina. Da queste parti viene prodotto anche l’olio extravergine di olive
della locride, diverso da tutti gli altri per la varietà di olive utilizzate e
per un sapore che non ha eguali.
Altri
impagabili elementi culinari del circondario sono i salumi piccanti o
aromatizzati al finocchietto, la pizzata di mais e le nacatole,
dolci natalizi la cui prima ricetta si è persa nella notte dei tempi. Il 9
agosto di ogni anno, nelle ridenti piazze del paese debitamente adornate,
si tiene la sagra dello stocco, che richiama migliaia di turisti da tutto
il mondo ed è stata inserita tra le più importanti manifestazioni
enogastronomiche d’Italia.
Meno
famose ma altrettanto interessanti, la festa del fungo e la festa
dei sapori si svolgono tra ottobre e dicembre e propongono agli avventori
le autentiche delizie di questa terra in vesti talvolta molto antiche. L’idea
è quella di riscoprire i sapori della tradizione, che risuonano di gioia su
tristi palati ormai disabituati a tanta sapienza nel sodalizio tra sapori e
spezie.
Meno
improntata sulla gastronomia - che comunque riveste anche in questo caso un
ruolo fondamentale - l’Anthesteria, festa delle antiche
popolazioni della Magna Grecia, si svolge in primavera e unisce la degustazione
di piatti tradizionali a una visita approfondita del borgo.
Fonte:
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