Sicilia
La regione e le sue provincie
La strada del paesaggio

   

Furia primigenia

La fucina è sempre aperta, 24 ore su 24, da circa 600mila anni. Anche quando sembrano quiete, sotto la crosta tagliente di lava nera, le camere magmatiche ribollono a un migliaio di gradi centigradi. L'Etna non è un vulcano come gli altri, in primis perché non è uno solo. È un sistema molto complesso di coni vulcanici collocato all'incrocio di importanti fratture continentali e, durante i periodi di attività eruttiva, la lava può uscire dalle centinaia di crateri avventizi che punteggiano le sue pendici, creando un paesaggio senza eguali. Basta trovarsi su un crinale con il naso all'ingiù verso la Valle del Bove, uno squarcio lungo cinque chilometri e profondo uno nel fianco orientale della grande montagna, per cominciare a ragionare sul senso della vita. Figurarsi viverci davvero da queste parti, con quel perenne senso di condizionamento dettato dagli umori di un colosso di 3.300 metri che sputa fuoco. Eppure da millenni, tra distruzioni e ricostruzioni, l'uomo ci riesce. E le pendici etnee sono addirittura tra le aree più antropizzate del continente.

CATANIA - Dalle ceneri e dalle macerie delle eruzioni e dei terremoti che nei suoi 2.700 anni di storia l'hanno periodicamente rasa al suolo, il capoluogo etneo ha sempre trovato la forza per risorgere più bella. Non per caso l'iscrizione della settecentesca Porta Ferdinandea (oggi Porta Garibaldi) recita: Melior de cinere surgo. 

L'odierna Catania può contare su un complesso architettonico di grande fascino. La visita può cominciare da Piazza del Duomo, ricostruito nel 1736 dall'architetto Giovanni Battista Vaccarini sulle fondamenta di una chiesa normanna. Oltre a quelle del grande compositore Bellini, custodisce le reliquie di Sant'Agata, la patrona della città cui è dedicata la chiesa. Di fronte al duomo troneggia la fontana dello stesso Vaccarini con l'elefante (in dialetto liotru, il simbolo della città) in pietra lavica di epoca romana, sormontato da un obelisco. 

A due passi dalla piazza si trova il caratteristico mercato del pesce che tutte le mattine anima la vita del centro storico. 

Non distanti anche il Palazzo Biscari, tra le meraviglie del barocco catanese, e il Castello Ursino, fortezza fatta erigere nel Duecento da Federico di Svevia. Ospita il Museo Civico in cui sono custoditi oltre 8mila tra reperti archeologici, dipinti, sculture, mosaici e terrecotte. 

Da non perdere anche una passeggiata lungo la stretta Via Crociferi, fiancheggiata da preziosi palazzi settecenteschi e sontuose chiese barocche, su tutte San Giuliano e San Francesco Borgia con il vicino chiostro dei Gesuiti. Nei paraggi si trovano il Museo Belliniano, la casa-museo di un altro illustre catanese, Giovanni Verga, e le vestigia del teatro romano. 

A poche centinaia di metri stupiscono l'immensa mole di San Nicolo l'Arena, una delle chiese più grandi della regione, e quella dell'attiguo complesso monastico benedettino, secondo in Europa solo a quello di Mafra in Portogallo. 

Tornando verso il centro non si può fare a meno di passare dalla principale arteria della città, Via Etnea, che lungo il suo corso, oltre a un gran numero di pub e ristoranti, offre molti luoghi e monumenti interessanti: la bella Piazza Università, la Basilica della Collegiata, Piazza Stesicoro con l'anfiteatro romano del II secolo d.C. e l'ingresso al Parco della Villa Bellini, il più esteso polmone verde del centro.

NICOLOSI - Autentica "porta dell'Etna", schivato dalla colata del 2002, questo paese della fascia pedemontana a 700 metri di altitudine rappresenta da sempre l'ultimo avamposto per chi si accinge a scalare il gigante nero. Nel Settecento e nell'Ottocento giungevano a Nicolosi scrittori, scienziati e artisti stranieri, soprattutto tedeschi, inglesi e francesi, bramosi di salire con le guide locali, anche a dorso di mulo, almeno fino a dove oggi sorgono il famoso Rifugio Sapienza e altre strutture turistiche. 

Grazie al folto elenco di alberghi e ristoranti, in estate Nicolosi diventa la meta di villeggiatura di molti catanesi in cerca di un po' di frescura oltre che di numerosi escursionisti a caccia di emozioni indimenticabili scalando il vulcano a piedi, a cavallo o in mountain bike; in inverno attira gli sportivi tentati da una spettacolare sciata a due passi dallo Ionio. 

Da vedere il Museo Vulcanologico, con una ricca collezione di foto e di reperti lavici, e l'osservatorio astrofisico in contrada Serra La Nave.

BRONTE - È la capitale italiana del pistacchio che nella zona cresce al massimo delle sue potenzialità organolettiche grazie al fertile terreno basaltico, ricco di strati calcarei. Ogni due anni, all'inizio dell'autunno, se ne raccolgono circa 30mila quintali, che vanno a rifornire ristoratori di tutto il mondo e l'industria dolciaria che lo impiega nella preparazione di torte, paste, granite e gelati. 

Pur essendo un centro agricolo Bronte regala una piacevole passeggiata tra i suoi vicoli stretti, passando sotto pregevoli architravi in pietra lavica e costeggiando antichi palazzi nobiliari che ricordano l'illustre passato della cittadina. 

L'edificio più importante è il settecentesco Collegio Capizzi, dove studiò anche lo scrittore del Verismo Luigi Capuana, che custodisce una pinacoteca e una biblioteca straboccante di volumi preziosi.

MANIACE - A 3 chilometri da Maniace e a 13 da Bronte, il Castello Nelson è un incantato angolo di Inghilterra alle falde del grande vulcano. Sorto sulla struttura originaria di un vecchio monastero benedettino, fu donato da Ferdinando III all'ammiraglio inglese Horatio Nelson che lo trasformò in residenza gentilizia, oggi Museo, per sé e per i propri discendenti. 

Da vedere nella stessa struttura anche la chiesetta di Santa di Maria di Maniace, con il suo splendido portale, e un lussureggiante parco.

RANDAZZO - Circondato da vigneti e mandorleti, è il centro abitato più vicino alla vetta dell'Etna (13 km), ciononostante è sempre stato risparmiato dalle colate di magma. Riportò seri danni, invece, durante i bombardamenti della Seconda guerra mondiale, essendo rimasto l'ultimo baluardo tedesco sull'isola. 

Ha nell'integra struttura dell'incantevole cittadella medievale e nel copioso utilizzo della pietra nera del vulcano per lastricare le strade, decorare archi e porte e per costruire i monumenti, le peculiarità che balzano all'occhio del visitatore. In passato per la divisione in contrade e per le innumerevoli chiese fu paragonata addirittura a Siena. 

Da vedere la torre del castello svevo (sede del Museo Archeologico), la via degli Archi e le chiese di Santa Maria, San Nicolò e San Martino con il superbo campanile duecentesco, impreziosito da bifore e trifore bicrome.

CASTIGLIONE DI SICILIA - La grandiosa vista sulla Valle dell'Alcantara e sul vulcano offerta dai ruderi del Castel Leone era già molto apprezzata nel Medioevo per ragioni strategiche. 

Arroccata a 600 metri sul livello del mare su una rupe coltivata a vigna e nocciolo, Castiglione divenne città Regia in epoca normanna e fu concessa al conte Ruggero di Lauria come residenza estiva. Oggi è un piccolo e grazioso borgo congelato nel silenzio delle sue stradine in cui vale la pena trascorrere un po' di tempo. 

Da segnalare le produzioni di un vino rosso corposo e di arazzi artigianali. Nel suo territorio ci sono alcune delle grotte di scorrimento lavico più interessanti dell'Etna, tra queste quella dei Lamponi, lunga quasi 500 metri.

GOLA DELL'ALCANTARA - È tra le più suggestive attrazioni naturalistiche della regione: uno spettacolare canyon naturale con pareti alte quasi 30 metri costituite da prismi basaltici pressoché perfetti, simili alle canne di un organo. In mezzo vi scorre l'Alcantara, gelido fiume che nasce sui Nebrodi e che in tempi antichi si infilò nella spaccatura di una gigantesca lingua di lava originata da un cratere minore dell'Etna, il Mojo. 

Tra Francavilla di Sicilia e Gaggi, nei dintorni di Motta Camastra, esistono diversi accessi alla gola: il più frequentato e servito, con ascensore e noleggio stivali, è in località Sciara, quello più nascosto in località Grava.

TAORMINA - Adagiata sulle pendici del monte Tauro, a 200 metri sul mare, in una posizione dal panorama strabiliante e con un clima idilliaco, l'antica Tauromenion ha stregato per secoli regnanti e visitatori. Tra questi, sul finire del Settecento, anche Johann Wolfgang Goethe cui, banalmente, non rimase che definirla "un lembo di paradiso". Nell'Ottocento era già una meta imprescindibile del turismo elitario europeo e statunitense. 

Icona della cittadina nel mondo, il Teatro Greco (a dispetto del nome i resti sono quasi esclusivamente romani), il secondo per dimensione tra i teatri classici della regione, è incassato nel declivio di una collina e domina il paesaggio. Ogni estate ospita i concerti e gli spettacoli teatrali e cinematografici del festival Taormina Arte. 

Valgono una visita anche la Badia Vecchia, edificio trecentesco con torrione merlato che ospita il Museo Archeologico e Palazzo Corvaja, miscela di stili arabo, gotico e normanno, nel Quattrocento sede del Parlamento siciliano e oggi dell'ufficio turistico e del Museo di arte e tradizioni popolari. 

A due passi c'è la chiesa di Santa Caterina, eretta nel Seicento sui resti di un piccolo teatro romano, l'Odeon, con cinque ordini di gradini.

Passeggiando lungo Corso Umberto I si giunge alla terrazza di Piazza IX Aprile dove campeggiano la Torre dell'Orologio, ricostruzione seicentesca di un torrione del XXII secolo, la chiesa di San Giuseppe e la gotica Sant'Agostino. 

La piazza segna l'ingresso al borgo medievale dove non si può mancare una visita alla cattedrale, edificata nel Trecento, e al Palazzo del Duca di Santo Stefano, capolavoro del gotico siciliano e parte integrante dell'antica cinta muraria della città. 

Dopo una passeggiata tra le ripide scalinate che si arrampicano tra muri ricoperti da rampicanti profumati, vale la pena riprendere l'auto e sorbirsi i 5 km di tornanti necessari per salire al borgo di Castelmola, splendido belvedere che sbuca tra le distese di fichi d'India spaziando dall'Aspromonte a tutta la costa ionica siciliana.

La strada del barocco

La sera del 9 gennaio 1693 la terra dei Monti Iblei cominciò a sussultare. Sempre più intensamente, come un gigante scosso da brividi malarici. Smise solo due giorni dopo quando ormai della Val di Noto e dei suoi paesi non rimanevano che briciole polverizzate. Una tale e immane tragedia, registrata ancora oggi come una delle più ferali della storia sismica del nostro Paese, fu trasformata in una ineguagliata opportunità di rinascita. Sotto la guida di governanti coraggiosi e di urbanisti illuminati si cominciò a ricostruire, direttamente sulle rovine o in nuovi siti. La crescita economica dei due secoli precedenti permise di dare libero sfogo ai progetti più ambiziosi degli architetti, alla voglia di eccentrico nella ricerca dell'armonia di spazi, luci e forme. In una terra fertile per il genio umano, già apprezzata tanto dalle tribù preistoriche quanto dai coloni greci e dai romani, nacque quindi anche il barocco siciliano, uno stile unico, peculiare e insieme variegato, durato pochi decenni ma capace di lasciare sull'isola un marchio di identità architettonica che ancora oggi connota l'angolo più meridionale dell'antica Trinacria.

SIRACUSA - Fondata dai corinzi nell'VIII secolo a.C., per cinque secoli fu una delle città più potenti del mondo occidentale, un fulgido centro commerciale e culturale che ospitò poeti come Eschilo e diede i natali a luminari come Archimede. Sopravvissuta ai terremoti e ai bombardamenti della Seconda guerra mondiale, conserva l'atmosfera unica del suo cuore, l'Ortigia, isoletta collegata alla terraferma. 

Qui l'intricata tessitura urbanistica di origine araba prende respiro nei cortili, negli slarghi e soprattutto nella sontuosa Piazza del Duomo (eretto nel VII secolo, con facciata settecentesca), su cui si affacciano anche splendidi palazzi del Seicento e Settecento e la chiesa di Santa Lucia alla Badia. 

Tra le attrazioni dell'Ortigia anche la fontana di Artemide in Piazza Archimede, la fonte Aretusa, sorgente di acqua dolce legata al mito della ninfa, e i resti del tempio di Apollo, forse il più antico di stile dorico in Sicilia. 

Sulla terraferma, negli antichi quartieri di Thyche e della Neapolis, da non perdere rispettivamente l'indispensabile Museo Archeologico Paolo Orsi e il Parco Archeologico con innumerevoli motivi di interesse, primo fra tutti il grandioso teatro greco del V secolo a.C., scavato nella roccia del colle Temenite, dove si tengono ancora oggi suggestive rappresentazioni classiche.

Nell'entroterra siracusano, tra i carrubi e i mandorli dei Monti Iblei, meritano una visita sia l'altopiano di Pantalica, nei pressi di Sortino, sia il paese di Palazzolo Acreide. Nel primo sito si trova la più grandiosa necropoli rupestre della regione, utilizzata presumibilmente dai Siculi tra il X e l'VIII secolo a.C., dove sono visibili ben 5mila tombe a grotticella scavate a colpi di ascia nelle scoscese pareti delle gole. 

Palazzolo Acreide, a circa 40 chilometri da Siracusa, è una piccola gemma con un integro tessuto urbano tardobarocco, diversi palazzi e chiese di grande pregio e gli importanti e contigui scavi archeologici della colonia greca Akrai. 

NOTO - Un magnificente esempio di come tra le macerie possa nascere un fiore. Rasa al suolo dal devastante sisma del 1693, fu ricostruita a 16 chilometri di distanza per volere di Giuseppe Lanza, duca di Camastra, rappresentante del regio governo spagnolo, con l'illuminato ausilio di capaci architetti del tempo come Rosario Gagliardi: una rivoluzionaria opera urbanistica che sancì la nascita del barocco siciliano. 

Sull'asse principale della cittadina, Corso Vittorio Emanuele III, si affacciano invitanti caffè all'aperto e alcune tra le chiese più affascinanti e decorate della regione, San Francesco all'Immacolata, Santa Chiara, San Carlo, San Domenico con l'antistante fontana di Ercole e soprattutto la superba Piazza del Municipio, una delle più belle d'Ita­lia per armonia delle linee e grandiosità dell'effetto scenografico. 

La piazza è dominata dall'immensa scalinata della cattedrale che dal giugno dello scorso anno è tornata al suo antico splendore dopo i massicci lavori di restauro divenuti necessari per il crollo della cupola in seguito al tremendo terremoto, l'ennesimo in queste lande tremebonde, del 1996. 

Di fronte alla cattedrale, dedicata a San Nicolò, si trova il raffinato Palazzo Ducezio, sede del comune, a simboleggiare la corrispondenza del potere civile e di quello religioso della città settecentesca. 

A due passi dalla piazza, nella laterale via Nicolaci, sorge il Palazzo Villadorata, capolavoro di eccentricità con i suoi balconi in ferro battuto sorretti da contrafforti stravaganti, scolpiti a guisa di cavalli, cherubini, leoni e figure barbute. 

CAVA D'ISPICA - Esclusa dagli itinerari "mordi e fuggì" nella Val di Noto, è un'ampia gola scavata nella roccia carsica, lunga 13 chilometri, che si presta a un'escursione sorprendente, permeata dalla magia di un paesaggio selvaggio e di preziose testimonianze dei vari stadi evolutivi dell'uomo. In realtà, è una vera Mecca per archeologi e paleontologi. 

Seguendo le indicazioni per il Parco della Forza di Ispica, la si può percorrere tutta a piedi, incontrando tombe neolitiche, abitazioni trogloditiche, catacombe paleocristiane e santuari rupestri.

SCICLI - Alla confluenza di tre vallate sorge questo piccolo ed elegante gioiello barocco dalle origini antiche, risalenti forse all'anno Mille a.C. 

Il salotto della città è la Via Mormino Penna con i suoi palazzi nobiliari, perfetta sintesi della concezione urbanistica barocca, così esemplare da essere dichiarata dall'Unesco Patrimonio dell'Umanità ed essere scelta come location nella serie televisiva "Il commissario Montalbano", ambientato anche nel vicino Palazzo Comunale. 

Da vedere gli stucchi dorati e gli affreschi della chiesa matrice della Madonna delle Milizie in Piazza Italia, il presepe in legno e gli interni della chiesa di San Bartolomeo, superstite del sisma del 1693, e soprattutto Palazzo Beneventano, uno dei più significativi dell'intero Ragusano con sceno-grafiche inferriate panciute e lesene decorate. 

Alzando lo sguardo verso la collina, ecco la chiesa di San Matteo, la più antica della città.

MODICA - "In figura di melagrana spaccata; vicina al mare ma campagnola, metà ristretta su uno sperone di roccia, metà sparpagliata ai suoi piedi con tante scale tra le metà a fare da pacieri...", così la descriveva un noto scrittore della zona come Gesualdo Bufalino. Ancora oggi la bella cittadina, un tempo contea dall'impareggiabile ricchezza, è divisa in una parte bassa, adagiata sul letto di due torrenti prosciugati, e in una alta, aggrappata con i suoi coppi sui pendii di un ripido sperone. Qua e là brilla la chioma potata di un ficus o quella a raggiera di una palma, imprescindibili per rubare un po' di sollievo sotto il sole di latitudine ormai africane. 

Dappertutto spuntano chiese barocche. Su tutte il magnifico e settecentesco duomo della città alta, San Giorgio, con le sue scenografiche rampe gemelle di scale. Opera del Gagliardi, ha cinque portali e solenni interni ricchi di colonne con capitelli corinzi, stucchi e dipinti tra i quali la Vergine Assunta (1610) di Filippo Paladino e un grande Polittico (1573) di Bernardino Niger. 

Degne di nota a Modica Alta anche la chiesa di San Giovanni Evangelista e, a Modica Bassa, il duomo di San Pietro e Santa Maria di Betlemme. Quest'ultima, fondata nel Quattrocento e ricostruita nel Settecento, merita una visita per la tardogotica Cappella del Sacramento con elementi arabi, normanni e calatani. 

Notevoli anche il Castello dei Conti, più volte rimaneggiato, con la torretta dell'orologio settecentesco e il Teatro Garibaldi, sull'omonimo Corso, riaperto agli spettacoli solo da qualche anno, dopo accurati lavori di restauro che ne hanno riportato in vita i pregiati stucchi. 

Tra gli edifici civili che hanno fatto la storia della cittadina, sono da ammirare i balconi decorati di Palazzo Tedeschi, a due passi da San Pietro, con sirene e delfini che testimoniano la bravura degli scalpellini locali, e quelli di Palazzo Tommasi Rosso, in Corso Crispi, e Palazzo Manenti con una lunga inferriata in stile liberty. 

In Via Mercé, l'austero Palazzo dei Mercedari ospita la Biblioteca Comunale, il Museo Civico che conserva il bronzo ellenistico di Ercole di Cafeo e molti reperti interessanti, e il Museo Ibleo delle Arti e Tradizioni Popolari, dove sono state ricostruite molte botteghe artigiane e una masseria tipica delle campagne modicane. 

In cerca di un bel panorama sulla città, i luoghi migliori sono il Pizzo Belvedere, slargo poco distante da San Giovanni, e Via San Benedetto da Norcia, la strada che corre sulla collina di fronte. 

Infine, prima di lasciare la città si può rendere omaggio a un illustre modicano come Salvatore Quasimodo, premio Nobel per la letteratura nel 1959, che in Via Posteria ha la sua casa-museo.

RAGUSA - La più meridionale delle città italiane se ne sta appollaiata su un lungo e scosceso sperone dei Monti Iblei, fiancheggiato dai torrenti Santa Domenica e San Leonardo. In realtà è una città divisa in due: il nucleo più affascinante è quello di Ragusa Ibla, o Ragusa inferiore, erede dell'antichissima Hybla dei Si­culi e della successiva Hybla Heraia greca. Dopo il terremoto del 1693 che la rase al suolo, venne ricostruita mantenendone l'impianto medievale a stradine tortuose e toccò soprattutto al celebre architetto Rosario Gagliardi, sempre lui, e ai suoi allievi darle la marcata impronta barocca preservata fino a oggi. 

È suo il Duomo di San Giorgio completato nel 1775, uno tra i massimi capolavori del barocco siciliano, in grado di competere in maestosità ed eleganza con l'omonima cattedrale di Modica. Sempre a Ibla è doverosa una tappa anche al giardino della Villa Comunale, per gli stupendi panorami e per le sue tre antiche chiese, di San Domenico, San Giacomo e dei Cappuccini Vecchi, quest'ultima con un importante trittico di Pietro Novelli. 

Non lontano è il portale di San Giorgio, in stile gotico-catalano del XIV secolo, con un altorilievo del santo che uccide il drago.

L'antica Santa Maria delle Scale, il vicino e scenografico palazzo barocco della Cancelleria, la chiesa della Madonna dell'Idria con il campanile rivestito da ceramiche policrome di Caltagirone, Palazzo Cosentini con le splendide figure grottesche e Palazzo Sortino Trono sono alcune delle altre mete imperdibili in una giornata trascorsa nel cuore della città. 

Ragusa superiore, invece, ricostruita nel Settecento con pianta a scacchiera secondo i canoni urbanistici dell'epoca, merita un'incursione soprattutto per il Museo Archeologico dove sono raccolti i reperti dei villaggi preistorici della zona, corredi funerari del sito greco di Camarina, raffinate statuette ellenistiche in terracotta e mosaici romani ma anche per la cattedrale S. Giovanni Battista, consacrata nel 1778, dall'ampia facciata barocca a tre portali.

CALTAGIRONE - Imboccando il suo corso principale, Via Roma, l'ingresso alla città maiolicata è allietato dall'ottocentesco giardino all'inglese della Villa Comunale, abbellito da statue, fontane e da un gazebo dalle forme arabeggianti. 

All'adiacente Museo della Ceramica, in un'elegante palazzina settecentesca ornata di maioliche, si può subito prendere contatto con la storia della principale attività artigianale e artistica di questa cittadina di 40mila abitanti: nei locali del museo, infatti, sono stipati preziosi manufatti, coppe, anfore, ciotole, vasi, medaglioni, lucerne, boccali, dalla preistoria al Ventesimo secolo. 

Superati la bella balconata di Palazzo Ventimiglia, il Tondo Vecchio, costruzione a semicerchio in pietra e mattoni, e il ponte maiolicato di San Francesco, si accede al cuore pulsante cittadino, piazza Umberto, su cui si affaccia il duomo di San Giuliano, edificio barocco più volte rifatto. 

Ancora pochi passi e si giunge al Palazzo Senatorio e alla Corte Capitaniale, progettata nel Seicento dal Gagini, oggi sfruttata come sede espositiva per mostre d'arte. 

Si è ormai in prossimità della Scala di Santa Maria del Monte, la via di collegamento tra la città bassa, più recente, e quella superiore, più antica: i 142 gradoni in pietra la­vica sono decorati sull'alzata da formelle in maiolica policroma con motivi floreali, antropomorfi e geometrici che ogni anno, il 24 e il 25 di luglio, in occasione della festa di San Giacomo vengono suggestivamente illuminati da migliaia di lumini colorati. In cima alla scalinata, l'antica cattedrale di Santa Maria del Monte attende paziente i visitatori che hanno cominciato l'ardua salita che li porterà a godere di una scenografica vista sulla città e sulla pianura circostante. 

La strada delle isole

Niente acqua trasparente e invitante come cristallo liquido e nessuna spiaggia di sabbia fine come cipria. Questo è un altro posto. Qui la sabbia è nera come la pece, il mare è blu scuro e assai poco affabilmente sembra poter risucchiare chiunque nella sua profondità. La luce è accecante e l'odore acre dello zolfo si mescola a quello dolce e stordente dei carnosi fiori di cactus. Di origine vulcanica, l'arcipelago eoliano sembra la perfetta quinta scenografica dì una rappresentazione tragica dell'eterna lotta degli elementi. Perché qui, fuoco, acqua, terra e aria sembrano esprimersi al massimo della loro potenza primigenia.

VULCANO - Salire a piedi al Gran Cratere dell'isola di Vulcano è uno dei modi più spettacolari di approcciarsi a questo arcipelago. Del resto, un viaggio alla scoperta delle Eolie può iniziare proprio da quest'isola, posta a sole 12 miglia marine da Milazzo, sulla "terraferma" sicula, il posto dove conviene lasciare l'auto, bandita sulle isole durante l'estate. Salendo sui fianchi del vulcano su cui si abbarbicano gialle ginestre, di colpo alla ghiaia e al terriccio si sostituiscono nude stratificazioni di roccia di tutti i colori che la Terra ha vomitato dalle sue viscere. Bande rosa, arancio e gialle si alternano tra di loro come in una danza ebbra mentre si scorgono i primi vapori di zolfo che escono sbuffanti e silenziosi dalla terra. 

Arrivati in cima, a 391 metri, lo scenario è grandioso. Da una parte ecco la bocca perfettamente circolare del Gran Cratere ancora attivo; dall'altra la sconfinata distesa marina su cui si stagliano le sette isole. 

Dalla base del Gran Cratere, in mezz'ora di cammino si raggiunge Vulcano Porto, piccolo agglomerato urbano posto sull'istmo che porta a Vulcanello. Il borgo, con la sua vasca termale naturale all'aperto, sorge tra le due baie speculari di Porto di Ponente e di Porto di Levante, entrambe dotate di una spiaggia nera. 

Assai più selvaggi sono gli arenili posti nell'estremo sud dell'isola, raggiungibili percorrendo l'unica strada che taglia Vulcano in direzione nord-sud. D'obbligo una sosta per un bagno in acque da favola sulla spiaggia di Gelso o di Punta dell'Asino.

Due ultimi must sono il periplo in barca dell'isola che permette di bagnarsi nella Piscina di Venere, anfiteatro naturale tra le rocce della costa nord­occidentale, e una passeggiata sul cratere spento di Vulcanello. Ai suoi piedi, nella Valle dei Mostri, spuntano inquietanti concrezioni di aguzza lava nera.

LIPARI - È un viaggio in aliscafo di soli dieci minuti quello che porta da Vulcano a Lipari, l'isola più grande e popolosa dell'arcipelago. 

Sbarcando a Marina Corta i bar affollati, i negozietti e i ragazzini che si tuffano dal molo ci fanno sentire lontanissimi dalla pericolosa malia di Vulcano. A Lipari si viene soprattutto per toccare con mano la millenaria storia dell'arcipelago. Basta alzare la testa, arrivati a Marina Corta, insieme a Marina Lunga uno dei due porti di Lipari città, per scorgere la sagoma della "cittadella" o "Castello". 

È il nucleo antico di Lipari, una vera e propria enciclopedia storica a cielo aperto dove si trova ciò che rimane degli insediamenti umani della Cultura di Capo Graziano risalenti al 1800 a.C., ma anche resti greci, romani e San Bartolomeo, la cattedrale dedicata al patrono delle Eolie. 

La parte più antica di questa lunga storia è conservata nelle sale del Museo Archeologico Eoliano, ospitato in vari edifici tutti nella Cittadella. 

Terminato il tuffo nella storia si può partire alla scoperta dell'isola, muovendosi verso nord, in direzione Canneto, il secondo centro abitato. Da qui una breve camminata porta alle famose Spiagge Bianche, dove i colori dell'acqua sono caraibici per la presenza di polvere di candida pomice estratta dalle cave della vicina Porticello, posta quattro chilometri più a nord e raggiungibile in autobus o in barca. 

Per avere un'idea dell'intera isola si può percorrere la provinciale che, partendo da Lipari, gira ad anello collegando i punti principali. Imperdibile la strepitosa vista sui faraglioni e su Vulcano che offre il Belvedere Quattrocchi, una terrazza panoramica tra Pianoconte e Lipari.

PANAREA - Attraccando a Panarea, l'atmosfera è mondana, le barche alla fonda lussuose, le case e i giardini curatissimi e sofisticati. Ovunque brilla il viola accecante della bouganville. Con i suoi 3,4 km quadrati di superficie e i 421 metri di altitudine del monte Punta del Corvo, è la più piccola e la meno elevata delle Eolie. 

Ma di velleità ne ha eccome: è geologicamente tra le più antiche delle "sette sorelle" eoliane ed è anche il "centro" di un piccolo arcipelago tutto suo. È attorniata, infatti, da sei isolotti che sbucano dall'acqua in direzione di Sfromboli: Basiluzzo, Spinazzola, Lisca Bianca, Bottaro, Lisca Nera, Dattilo. Non ha strade degne di essere chiamate tali e la sua lunghezza di non più di due chilometri e mezzo consente di percorrerla agevolmente a piedi o in taxi elettrico. 

La vita a Panarea si concentra sulla costa orientale dove, da sud a nord, incontriamo subito la bella Cala Junco, protetta dal promontorio di Capo Milazzese che abbraccia i resti di un villaggio dell'Età del Bronzo. Salendo verso nord, ecco Cala Zimmari, l'unica spiaggia di sabbia dell'isola, il villaggio di Drautto e San Pietro, principale attracco e centro turistico e commerciale.

All'estremo nord, sorge Iditella con la spiaggetta di Calcara, le cui acque sono scaldate dalle fumarole. Chi vuole salire al monte Punta del Corvo e avere un'idea dell'affascinante entroterra rurale dell'isola, può farlo con un'oretta di camminata su un comodo sentiero del Cai che parte proprio dal centro, San Pietro.

STROMBOLI - Nera, impervia e scabra, Stromboli emerge dalle acque come un bastione inespugnabile. Con il capo incoronato dal fumo sbuffato dal suo cratere, il vulcano più attivo d'Europa possiede un fascino magnetico capace di stregare geologi, vulcanologi, turisti, poeti. Giungendo da Panarea, ci si approccia al versante sud-occidentale, pressoché disabitato non fosse che per il minuscolo borgo di Ginestra, cinquanta anime in tutto e il porto più piccolo del mondo, Porto Pertuso, che appare inerme in balia della potenza dei vulcano. 

In realtà, lo "strombolismo", cioè la continua attività esplosiva del cratere La Fossa, non minaccia i centri abitati perché tutto il materiale eruttato viene riversato lungo la Sciara di Fuoco, canalone che scende lungo i fianchi occidentali del cono vulcanico fino al mare. 

Continuando il periplo dell'isola verso nord-ovest si doppia punta Labronzo, una delle tappe delle escursioni notturne al cratere, e si giunge a Piscità. In direzione sud, dopo Piscità e il suo ampio arenile nero, ecco Ficogrande, con la bella spiaggia scura da cui si gode una romantica vista sullo scoglio di Strombolicchio, San Vincenzo, che forma il comune di Stromboli insieme alla frazione di San Bartolo, e 300 metri più a sud, Scari, con il porto e la spiaggia di Forgia Vecchia.

SALINA - Dal porto di Santa Maria Salina non c'è che l'imbarazzo della scelta: sia dirigendosi verso nord sia verso sud, infatti, si imbocca una strada panoramica dalla bellezza mozzafiato che percorre tutta la costa orientale. Verso Mezzogiorno, dopo un paio di chilometri, appare Lingua, dove riposa un piccolo laghetto salato che da il nome all'isola. 

Dirigendosi verso nord, invece, si doppia Capo Faro e si prosegue verso l'interno fino al comune più grande dell'isola, Malfa, che ospita mille abitanti e sorge su un altopiano. 

Da qui, in soli cinque chilometri si arriva nella frazione di Pollara, un posto fuori dal mondo. Sassoso e stretto, l'arenile di Pollara è chiuso da una bianca parete a strapiombo che è ciò che resta della parete interna di un cratere per il resto sommerso. 

Ma Salina non è solo mare: unica isola dell'arcipelago ricca di acqua dolce, è lussureggiante di pini, castagni, querce, capperi, uno dei prodotti di punta dell'isola, e viti che danno la famosa Malvasia. Fitti boschi rivestono i fianchi dei due crateri spenti: il Monte Fossa delle Felci, che con i suoi 962 metri è la cima più alta dell'arcipelago, e il Monte Porri (860 metri). Qui la natura è protetta dal 1984, data dell'istituzione della Riserva Naturale Orientata Monte Fossa delle Felci Monte Porri. Estesa su un'area di 1.521 ettari, è percorsa da una buona rete di sentieri per il trekking.

FILICUDI - Isola amata da chi cerca il silenzio e l'estraniazione dal mondo, Filicudi ha una sola strada asfaltata lunga 7 chilometri che collega Filicudi Porto, principale attracco dell'isola sul versante orientale, a Valdichiesa nell'entroterra e a Pecorini a Mare, sulla costa occidentale. Ma non è questo il modo più adeguato per scoprire la bellezza dirompente di questa scheggia di lava lanciata nel Tirreno. Gambe in spalla, è meglio utilizzare le mulattiere che segnano l'isola come trame di una fitta ragnatela. 

Tanti sono i percorsi da non perdere, come quello che da Filicudi sale a Valdichiesa per raggiungere la cima del vulcano spento Fossa delle Felci a 774 metri di altitudine. Obbligatoria è la camminata che, sempre dal porto, costeggia la lunga spiaggia di ciottoli di Porto Piano e si inerpica su un sentiero fino al villaggio prei­storico di Capo Graziano, il promontorio che si allunga nel mare in direzione sud-orientale. 

Un giro in barca permetterà di godere dei riflessi meravigliosi che l'acqua assume nelle grotte come quelle di Punta del Perciato e del Bue Marino, entrambe sul versante occidentale.

ALICUDI - Come un satellite che ha smarrito la sua orbita e vaga isolato, Alicudi dista 34 miglia marine da Lipari ed è un cono perfetto che ha il suo vertice nei 662 metri del Filo dell'Arpa. Come una spirale rovesciata è inanellata da terrazzamenti concentrici ed è percorsa solo da sentieri scoscesi su cui si inerpicano i muli. 

L'unica spiaggetta raggiungibile a piedi è quella di Alicudi Porto; le altre sono accessibili solo dal mare.

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