Dimore eterne e luoghi sacri

 

Africa, Vicino e Medio Oriente: piramidi, tesori sepolti e tombe rupestri

E’ in Egitto nella prima metà del III millennio a.C., all’epoca della III Dinastia, che possiamo osservare le prime vere sepolture monumentali della storia dell'uomo. Se già nell'epoca protodinastica la tomba reale era strettamente collegata con l’affermazione del potere terrestre, del quale era una esteriorizzazione, con la III Dinastia la dimora d’eternità diventa anche simbolo della divinità del faraone, del suo potere celeste che oltrepassa la morte e del quale il Paese intero poteva beneficiare.

 Per esprimere queste nuove idee, Imhotep, gran cancelliere e architetto del re Neterikhet Gioser, progettò a Saqqara la prima piramide a gradoni, che simboleggiava una scala tesa verso il cielo o lanciata dal ciclo sulla terra per permettere l'ascensione celeste del faraone. Un'idea, questa, che viene espressa più volte nei Testi delle Piramidi, in quelle raccolte di formule e di invocazioni che si trovano scolpite nelle piramidi a partire dalla V Dinastia e che evolveranno successivamente nei Testi dei Sarcofagi e nel Libro dei Morti.

Anche i successori di Gioser adottarono il concetto della tomba-piramide che, sotto il regno di Snefru, primo faraone della IV Dinastia, acquistò la sua forma definitiva come espressione della sempre maggior importanza rivestita dal culto solare in associazione a quello regale. Nell’evoluzione del pensiero religioso non era più ritenuta necessaria una scala celeste e i ripidi lati della piramide, materializzazione nella pietra dei raggi solari, permettevano egualmente all'anima del faraone la sua ascesa in cielo. A partire dall'epoca di Snefru la piramide acquista anche gli altri annessi come il tempio in valle e la rampa processionale, che avranno la loro forma definitiva nella grande piramide di Cheope, la più imponente dimora d'eternità del mondo antico.

Nello stesso periodo, ossia verso la metà del III millennio, nell'antica Mesopotamia, così i Greci chiamavano la regione posta tra il Tigri e l'Eufrate, i Sumeri avevano creato le prime città stato e i loro sovrani si facevano seppellire in tombe dotate di straordinari corredi funerari. 

Tra le 1840 tombe ritrovate nella necropoli di Ur, 16 erano di particolare importanza e potevano essere attribuite a personaggi di rango reale. Si trattava di tombe ipogee di pianta piuttosto semplice, che avevano camere funerarie non decorate, con soffitto a volta, alle quali si accedeva tramite rampe: alcune di queste sepolture, come quelle della regina Puabi, scoperte dagli archeologi nel 1938, non erano mai state violate.

Durante gli scavi, nelle rampe di accesso alle camere sepolcrali di alcune tombe vennero ritrovati i corpi di decine di cortigiani, donne e soldati, ognuno dei quali teneva in mano una coppa che, con ogni probabilità, in origine conteneva un veleno mortale. Non c’è dato sapere si trattasse di vittime sacrificali o di suicidi volontari, come forse è più probabile, ma è certo che queste persone dovevano servire il loro signore anche nell'Aldilà, condividendone la sorte: una pratica, questa, riscontrata qui per la prima volta e mai attestata nell'Egitto faraonico.

Le tombe reali di Ur contenevano strumenti musicali d'oro e d'argento, statuette di animali in oro e lapislazzuli, armi, copricapi in oro, come quello celeberrimo appartenuto al principe Meskalamdug, decorato con una finissima lavorazione a sbalzo, e gioielli con incrostazioni di pietre semipreziose come l'agata, la cornalina e il lapislazzuli. Questi reperti denotano una notevole raffinatezza e un elevato grado di conoscenza delle tecniche di oreficeria, quali la filigrana e la granulazione, che vennero qui impiegate per la prima volta e denotano la padronanza della tecnica della fusione a cera persa.

Il grande utilizzo di oro e di argento, metalli di probabile origine iraniana o arabica, e di pietre, come il lapislazzuli proveniente dall'altopiano afghano, permise di dimostrare anche che nel II millennio si era già solidamente instaurata una rete di scambi commerciali. Le tombe reali di Ur hanno restituito i più ricchi corredi funerari conosciuti nel III millennio a C., che con ogni probabilità potevano rivaleggiare con quelle coeve dei sovrani d'Egitto all'epoca delle piramidi. Per quanto ci è dato di sapere, nell'intera area del Vicino e del Medio Oriente, solo le sepolture dei sovrani tebani del Nuovo Regno (1550-1076 a.C.), posteriori di mille anni, erano dotate di corredi funerari paragonabili a quelli dei signori di Ur. In questo periodo i sovrani egiziani, abbandonato il concetto della piramide come tomba reale, si fecero costruire immense sepolture scavate nella roccia e decorate con testi magico religiosi; la loro conoscenza avrebbe permesso al re defunto di superare le mille insidie che avrebbe incontrato nel suo viaggio ultraterreno prima di ricongiungersi col dio sole Ra, di cui i riteneva figlio.

Tutte queste splendide tombe ipogee, spogliate e saccheggiate dai ladri fin dall'antichità, contenevano corredi funerari favolosamente ricchi, come ha dimostrato la scoperta della tomba di Tutankhamon, l'unica sepoltura reale dell'antico Egitto giunta praticamente intatta fino a noi.

Una grande e ricca tomba non era appannaggio solo dei personaggi di rango reale, ma anche dei grandi dignitari e perfino di semplici artisti o addirittura artigiani: anch'essi disponevano di tombe magnificamente dipinte, anche se con un programma decorativo diverso dalle tombe reali e ispirato a temi e a momenti della vita quotidiana piuttosto che a quelli legati al misterioso viaggio nell'Aldilà. A questo riguardo uno degli esempi più belli è rappresentato dalla tomba di Sennefer “Sindaco di Tebe”, un dignitario vissuto all’epoca della XVIII Dinastia, nella seconda metà del XVI secolo a.C., le cui pitture parietali raggiungono uno dei più alti livelli dell'arte egiziana.

Ma la caratteristica che differenzia la civiltà dell'antico Egitto da tutte le altre che si sono sviluppate nel bacino del Mediterraneo e nel Vicino Oriente, è l’esigenza di conservare le spoglie mortali dei defunti e la conseguente messa a punto di tecniche di imbalsamazione che, iniziate ancora in forma piuttosto rudimentale all'epoca della IV Dinastia, divennero sempre più elaborate durante un processo evolutivo che raggiunse l'apice all'epoca del Nuovo Regno. 

Il rituale dell'imbalsamazione, i cui dettagli i sono riferiti da Erodoto, continuò poi a essere praticato in forme sempre più semplificate anche in epoca tarda e durante il periodo greco-romano, come dimostra l’immensa necropoli scoperta nel 1997 nell'oasi di Baharia, nel Deserto Libico egiziano. Lo scavo di questo sito, iniziato nel 1999, sta portando alla luce grandi tombe ipogee che, pur senza avere caratteristiche di monumentalità dal punto di vista architettonico, racchiudono decine di mummie perfettamente conservate.

Opposta è, invece, la situazione che si riscontra a Petra, nel deserto della Giordania, dove verso il I secolo a C. si stabilirono i Nabatei, una popolazione di nomadi che controllava le piste del Deserto Arabico e con esse l'intera rete commerciale del Vicino Oriente. A Petra, in una valle nascosta e completamente circondata da montagne, i Nabatei, che si erano sedentarizzati e avevano creato un vero e proprio stato di tipo monarchico, scavarono nella roccia decine di tombe grandiose, tutte dotate di facciate monumentali, scolpite nelle arenarie multicolori che costituiscono la caratteristica geologica più saliente di questo sito, ma giunte a noi prive sia dei corpi dei defunti, sia dei loro corredi, facili prede dei saccheggiatori.

L'unica grande tomba che, pur essendo facilmente localizzabile, è riuscita a conservare fino ai nostri giorni il suo segreto è quella di Antioco I, re di Commagene, una regione di notevole importanza strategica, situata nell'attuale Turchia, tra la catena del Tauro e l'Eufrate. Qui, sulla cima di una montagna alta poco più di 2000 metri, chiamata Nemrut Dag, Antioco si fece costruire un'enorme tomba a tumulo, decorata all'esterno con statue colossali e due grandi altari, ancora oggi ben conservati: la sua camera sepolcrale, protetta da migliaia di metri cubi di pietre, nonostante tutte le ricerche e gli sforzi compiuti negli ultimi decenni, è rimasta inviolata e mantiene il suo segreto a dispetto non solo dei predatori, ma anche degli archeologi.

    

Fonte:
Dimore eterne - Alberto Siliotti