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«La
Valle delle tombe dei re: basta il nome a evocare uno scenario
romantico, e fra tutte le meraviglie d'Egitto non una, io credo, è
capace di stimolare maggiormente la fantasia.» (Howard
Carter)
La Valle
dei Re è un'area geografica dell'Egitto, di rilevante importanza archeologica,
situata nei pressi dell'antica Tebe (Waset, o Uaset,
per gli Egizi), l'odierna Luxor, il cui accesso è a meno di 3 km dalla riva occidentale del Nilo.
Per
circa 500 anni, a partire dalla XVIII sino alla XX
dinastia, ovvero dal 1552 a.C. al 1069 a.C.,
fu scelta quale sede delle sepolture dei sovrani del Nuovo Regno d'Egitto.
La
valle, il cui nome originale, in lingua egizia, era Ta-sekhet-ma'at ("il
Grande Campo"),
era anche indicata come ta-int, semplicemente "la
Valle". È oggi anche conosciuta, in arabo, come wadi Bībān al-Mulūk ovvero
la valle "delle porte dei re" e
nelle sue tombe sono infatti sepolti i sovrani del Paese appartenenti alle dinastie sopra indicate, mentre alle regine,
alle consorti reali e ai principi di casa regnante era destinata
un'altra area alquanto vicina: la cosiddetta Valle delle Regine (Ta-Set-Neferu).
La
valle copre un'estensione di circa 0,7 km² ed è costituita da uno wadi scavato da antichi fiumi e dalle piogge che erosero il calcare.
Di
fatto è costituita, topograficamente, da due rami separati: mentre il
ramo principale, orientale, ospita la maggior parte delle tombe reali
oggi note, il ramo occidentale più ampio, e noto come west
valley ("valle ovest"), ospita oggi un numero molto
ridotto di sepolture.
In
origine, l'elezione di questo particolare wadi (vallone), quale luogo di
sepoltura regale derivò, molto verosimilmente, da differenti fattori di
carattere morfologico-geografico oltre che di sicurezza e religiosi. Una
prima motivazione fu di ordine strettamente pratico: la pietra calcarea di cui è costituita la valle è infatti facilmente scavabile e
lavorabile, il che consentiva anche la possibilità altrettanto semplice
di ottenere pareti abbastanza lisce su cui poter realizzare rilievi e
dipingere.
Dal
punto di vista della sicurezza, la valle presenta un solo accesso, il
che ne consentiva il facile presidio a cura di sentinelle che venivano
poste sui crinali che la sovrastano.
Non
è da ritenere di scarsa importanza la relativa vicinanza con il Nilo, il che consentiva l'agevole approdo e il raggiungimento della località da
parte delle processioni funerarie dei re, nonché il facile trasporto
delle molteplici, e spesso molto pesanti, suppellettili funerarie.
STRUTTURA
GEOLOGICA - La
Valle dei Re è geologicamente strutturata in tre strati principali:
-
calcare bianco tebano (da 300 m s.l.m. - altezza media delle
colline tebane - a 150 m);
-
scisto, detto di Esna (da 150 a circa 90 m s.l.m.);
-
gesso di Dakhla (da 90 m).
Un
chiaro esempio della differenziazione morfologica del suolo è data
dalla tomba KV17, di Seti I, in cui la parte superiore della
camera funeraria fu scavata nello strato di calcare tebano, mentre la
parte inferiore nella roccia scistosa.
Tali
differenti formazioni rocciose furono grandemente influenzate, nel tardo
periodo Terziario, dall'erosione causata dal Nilo e dai suoi più
piccoli affluenti e tributari durante un periodo di violente piogge agli
inizi del Pleistocene. Purtroppo le condizioni che diedero luogo
alla nascita della Valle dei Re potrebbero essere causa anche della sua
distruzione giacché la roccia calcarea, relativamente tenera da
lavorare, è altrettanto facilmente suscettibile di modificazioni dovute
a infiltrazioni d'acqua piovana che, benché scarsa nella zona, può
talvolta divenire a carattere addirittura torrentizio a causa di forti
piogge nelle aree desertiche circostanti.
In
origine, con la XVIII dinastia, si incominciò a scavare le tombe nelle
"pareti della valle" o sfruttando il "letto" di
antiche cascate; in questo caso, proprio tale caratteristica ha
fatto sì che le loro entrate siano state ricoperte, nel corso dei
millenni, da detriti trascinati in basso dalle piogge.
Dalla
fine della XVIII, e poi durante la XIX dinastia, al contrario, le
tombe vennero invece scavate nel letto della valle, insinuandosi nel
sottosuolo; per tale caratteristica, di fatto, sono le tombe che hanno
maggiormente sofferto nel corso dei millenni per le infiltrazioni di
acqua piovana.
Le
tombe della XX dinastia, infine, vennero scavate all'interno delle
pareti della valle, a livello del suolo, sotto speroni di roccia più
compatta, e sono quelle che meno hanno sofferto per le infiltrazioni
d'acqua.
A
causa anche di movimenti tellurici intervenuti nei millenni, la valle è
attraversata da fenditure geologiche la più larga delle quali, nota
come "la faglia della Valle dei Re", corre con andamento
nord-sud lungo il lato ovest della valle e fraziona il terreno in
differenti aree una delle quali comprende il rilievo che sovrasta la
tomba di Ramses III. In alcuni punti, nel corso dei millenni, la
faglia ha causato lo spostamento del terreno anche di 30 m.

ASPETTI
RELIGIOSI - L’età delle piramidi durò per più di otto secoli
sino alla fine del Medio Regno poi, dopo alcuni decenni di disordini
politici che caratterizzarono il cosiddetto “Secondo Periodo
Intermedio” e l’invasione degli Hyksos, il potere venne
riconquistato da esponenti di famiglie tebane. Ahmosi, espulsi gli
Hyksos, fondò la XVIII Dinastia, trasferendo la capitale nella città
di Uaset, più nota con il nome greco di “Tebe”, situata
sulla sponda orientale del Nilo, 500 chilometri più a sud dell'antica
Menfi: aveva così inizio il Nuovo Regno.
Fu
in questo periodo che i faraoni abbandonarono il concetto di piramide
come tomba reale, preferendo sepolture scavate nella roccia della
montagna tebana che si erge sulla riva occidentale. Qui Ra, il dio sole,
terminava la sua corsa diurna nel cielo e il suo viaggio nelle oscure
profondità del mondo notturno sulla barca divina. Alle pendici delle
montagne, che in questa regione circondano a qualche chilometro di
distanza le rive del fiume, si estendeva il silenzioso regno di Osiri,
“Signore dell’Aldilà”, e di Anubi “l’Imbalsamatore”.
I
sacerdoti cercarono a lungo il sito più adatto a ospitare la necropoli
reale: alla fine la scelta cadde su una remota valle, antico letto di un
fiume che aveva intagliato profondamente le rocce della montagna. Un
fattore fu determinante nella scelta del luogo che, oltre ad avere tutti
i requisiti dal punto di vista della sicurezza, tra cui un accesso
difficile e facilmente controllabile, aveva una caratteristica del tutto
speciale: era sovrastato da una montagna, la cosiddetta “Cima Tebana”,
la cui forma evocava quella di una piramide. Così la piramide non era
più tomba del re, ma un simbolo che emanava il suo magico potere
protettivo sull'intera valle che gli antichi egiziani chiamarono con il
nome di ta sekket aat, “la grande prateria".
Come
i sovrani dell'antico Regno, anche i re tebani davano inizio ai lavori
di costruzione della loro dimora di eternità appena saliti al trono. I
grandi sacerdoti e gli architetti reali elaboravano un progetto
minuzioso, nel quale venivano precisate tutte le caratteristiche del
sepolcro, la sua pianta e la scelta degli elementi che ne avrebbero
decorato le pareti. Per quanto riguarda la pianta, la tomba reale
comprendeva alcuni elementi essenziali e costanti: la scala, un
corridoio discendente sul quale potevano aprirsi delle camere laterali,
un vestibolo e la camera destinata a contenere il sarcofago del faraone,
detta “sala d’oro”, il metallo che simboleggiava la carne
incorruttibile degli dèi.
Gli
elementi che avrebbero decorato le pareti erano oggetto di grande
attenzione ed erano costituiti da passi dei principali testi
magico-religiosi in uso all’epoca accompagnati dalle relative
illustrazioni. Il tema generale, al quale si atteneva rigidamente il
programma decorativo di una tomba reale, non erano tanto la vita terrena
del sovrano o le sue imprese militari, che venivano celebrate sulle
pareti dei templi, ma il grande viaggio ultraterreno che il faraone
doveva intraprendere. È proprio nella presenza di questi elementi
decorativi che, a loro volta, sono il riflesso di nuove concezioni
teologiche e religiose, che sta la grande differenza con le tombe reali
dell’Antico Regno.
Mentre
gli appartamenti funerari delle grandi piramidi della IV Dinastia erano
completamente privi di iscrizioni o decorazioni, a partire dall’inizio
della V Dinastia e precisamente dal regno di Unas, sulle pareti delle
camere sepolcrali e dell’anticamera vennero scolpiti passi dei
cosiddetti Testi delle Piramidi, costituiti essenzialmente da
formule magiche che avevano la funzione di facilitare al re defunto il
superamento dei numerosi ostacoli che avrebbe incontrato nell’Aldilà.
Questi testi subirono una lunga evoluzione e nel Nuovo Regno vennero
raccolti in vari componimenti: il Libro delle Porte, il Libro delle
Respirazioni, il Libro dell’Amduat, il Libro della Terra, il Libro
delle Caverne, le Litanie di Ra e il più noto Libro dei Morti.
La scelta dei testi magici che sarebbero stati utilizzati per le
decorazioni parietali erano della massima importanza, in quanto le
concezioni teologiche dell’epoca prevedevano che l’anima del re
seguisse un vero e proprio periplo che si concludeva nella sua
solarizzazione, ossia nella sua identificazione e fusione con il dio
solare Ra.
La
presenza di questi testi inizialmente dipinti e poi scolpiti sulle
pareti forniva al sovrano defunto la conoscenza delle formule magiche
necessarie per superare le difficoltà e le prove che egli avrebbe
dovuto affrontare nel suo viaggio ultraterreno. I
testi si concretizzano, generalmente, in raccolte di formule, o detti, o
racconti incentrati sul viaggio notturno del Dio sole (nelle sue diverse
manifestazioni) e della sua lotta con le forze del male (tra cui il
serpente Apopi) che tentano, nottetempo, di fermarlo per non farlo
risorgere al mattino. Normalmente indicati con il titolo di Libro sono,
di norma, riportati in rilievi parietali, ma anche a decorazione dei sarcofagi o
più raramente, per ovvi motivi di fragilità del supporto, trascritti
su papiro.
La
camera sepolcrale era dunque il luogo in cui si compiva il misterioso
processo di rigenerazione e di trasformazione del faraone in entità
divina, la cui anima saliva al cielo – che in epoca ramesside era
simbolicamente rappresentato da un soffitto ricurvo, sul quale veniva
raffigurata la dea Nut “Signora del cielo”, per ricongiungersi con
Ra.
Le
dimensioni della tomba e la complessità degli elementi decorativi
erano, entro certi limiti, in rapporto anche con la durata del regno:
per esempio, la tomba di Ramesse I, che regnò solo 16 mesi, è lunga 29
metri, mentre quella di suo figlio Sethi I, il cui regno durò 13 anni,
è lunga ben 108 metri.
Quando
il progetto del sepolcro aveva ottenuto l’approvazione del faraone,
gli operai e gli artisti che risiedevano nel villaggio di Deir
el-Medina, a poca distanza dalla Valle dei Re, iniziavano i lavori. Si
trattava di una sessantina di uomini, suddivisi in due squadre che
operavano ciascuna su un lato della tomba, concedendosi ventiquattro ore
di riposo ogni dieci giorni. Le funzioni degli operai erano
specializzate e complementari: tagliatori di pietra, stuccatori,
scultori, disegnatori e decoratori lavoravano a fianco gli uni degli
altri e simultaneamente in una specie di catena di montaggio. I cavatori
di pietra entravano in azione per primi e, quando lo scavo continuava
addentrandosi sempre più nella montagna, gli stuccatori lisciavano le
pareti apponendovi un impasto di argilla, calcare e paglia sminuzzata,
al quale era sovrapposto un intonaco più fine che veniva imbiancato con
gesso.
L’esecuzione
del programma decorativo, scelto dai grandi sacerdoti in accordo con il
re, era affidata ai disegnatori che lavoravano utilizzando un’ocra
rossa dopo aver suddiviso, per mezzo di una cordicella fissata a un
bastoncino, la superficie da dipingere in numerosi quadrati, al fine di
poter posizionare correttamente le figure e i testi e assicurare, così,
il rispetto delle proporzioni secondo regole ben precise.
I
disegnatori operavano sotto il controllo di un disegnatore-capo che
apportava le opportune correzioni servendosi di un carboncino nero.
Intervenivano poi gli scultori, che iniziavano a lavorare la roccia per
ottenere un bassorilievo che, in seguito, i pittori avrebbero colorato.
Mentre nelle parti più profonde della tomba continuava lo scavo, le
parti più esterne venivano praticamente terminate. Questa razionale
organizzazione del lavoro permetteva di procedere con una incredibile
rapidità e, benché si procedesse nello scavo con strumenti assai
rudimentali, era possibile preparare una sepoltura reale in pochi mesi;
nel caso di quelle più grandi e complesse occorreva un periodo
variabile da sei a dieci anni.
Non
conosciamo esattamente quale fosse il rituale funerario reale, ma
sappiamo che a partire dal Nuovo Regno i procedimenti di imbalsamazione
avevano fatto enormi progressi in rapporto alle forme più semplici e
primitive in uso all’epoca delle piramidi e che il corpo del re
defunto era sottoposto a un trattamento lungo e complesso.
Il
processo di imbalsamazione si svolgeva in un luogo appartato chiamato uabet,
“la sede pura”, o pernefer, “la casa della rigenerazione”
ed era preceduto, accompagnato e seguito dalla recitazione di preghiere
e formule magiche. Anzitutto, utilizzando appositi strumenti a uncino,
veniva asportata la massa cerebrale attraverso le narici. Si praticava
poi un’incisione dul lato sinistro dell’addome e venivano estratti
polmoni, fegato, stomaco e intestino, mentre il cuore, ritenuto sede del
pensiero e dell’anima, era lasciato nella cavità toracica.
I
visceri estratti venivano riposti in quattro vasi detti “canòpi”,
posti sotto la protezione dei quattro Figli di Horo (Imset, Duamufet,
Hapy e Qebesenhuf) e degli dèi Iside, Nefti, Neith e Selkis.
Gli
imbalsamatori riempivano quindi la cavità addominale con mirra e altre
sostanze aromatiche e la ricucivano. Il corpo veniva allora ricoperto di
natron, una particolare sostanza composta da Sali di sodio (si
trattava di un’associazione di carbonati, bicarbonati, cloruri e
solfati).
Dopo
settanta giorni, quando il processo di disidratazione operato da natron
era concluso, le spoglie del re venivano lavate e aveva inizio l’ultima
fase del processo di imbalsamazione. Sul corpo del defunto erano quindi
collocati numerosi amuleti, tra cui lo “scarabeo del cuore” che
recava inciso il capitolo XXX B del Libro dei Morti, intitolato
“Capitolo per non permettere che sia tenuto lontano il cuore dell’Osiri
– seguiva il nome del defunto-“. Dopo essere stato avvolto in
sottili bende di lino, il corpo del faraone veniva riportato nel palazzo
reale. Iniziavano allora i funerai veri e propri con la formazione di un
grande corteo che accompagnava il re, issato su un catafalco trainato
dai dignitari de regno e seguito dai portatori che recavano il suo
ricchissimo corredo funerario e da gruppi di donne che urlavano e
piangevano, mentre preti dal cranio rasato bruciavano incenso, agitando
i sistri.
Il
corteo si dirigeva alla “grande e augusta necropoli dei milioni di
anni di Faraone Vita Forza Salute nell’Occidente di Tebe”, dove si
trovava la tomba. Qui aveva luogo “l’Apertura della Bocca”, una
cerimonia di fondamentale importanza, in virtù della quale il defunto
poteva magicamente riacquistare nell’Aldilà l’uso della bocca,
degli occhi e dei sensi e, quindi, nuovamente parlare, bere, nutrirsi e
vedere. Poi le spoglie reali venivano portate nella camera sepolcrale,
dove era stato preparato da tempo un monumentale sarcofago di pietra
finemente scolpito con passi di testi religiosi e con immagini delle
divinità tutelari, sul quale era posto un pesante coperchio, spesso
decorato con l’effigie del re scolpita in altorilievo.
Tutt’intorno
e nelle diverse stanze della tomba veniva disposto il corredo funerario,
che comprendeva i numerosi oggetti di uso quotidiano di cui il defunto
avrebbe avuto bisogno nella vita ultraterrena, accompagnato da un
papiro, sul quale era trascritto il Libro dei Morti. Nel sepolcro
venivano infine disposte numerose statuette, gli ushabti, che il
defunto poteva richiamare in vita pronunciando la formula magica
prevista dal capitolo VI del Libro dei Morti intitolato “Capitolo
per fare che un ushabti compia i lavori della necropoli”. Il
re poteva così ordinare loro di svolgere al suo posto i lavori gravosi
che, come nella vita terrena, anche nell’Aldilà erano necessari: gli ushabti,
parola che in antico egiziano significa “i rispondenti”, avrebbero
prontamente esclamato: “Lo faccio io! Eccomi!”
Quando
tutto il corredo funerario era stato sistemato, gli operai chiudevano
ermeticamente l’ingresso della tomba, sul quale venivano apposti i
sigilli della necropoli, mentre i familiari, i dignitari e gli amici
iniziavano il banchetto funebre.
Una
volta che la tomba era chiusa e sigillata, nessuno poteva più entrarvi:
la stessa valle era considerata un luogo proibito dove nessuno, ad
eccezione degli operai e delle guardie, poteva aggirarsi. Il culto del
re defunto non richiedeva mai un ritorno sul luogo della sepoltura: esso
veniva infatti praticato lontano, sui bordi della pianura nilotica, nei
templi memoriali chiamati “Castelli dei milioni di anni”.
Normalmente
l’entrata della tomba, soprattutto a partire dalla XIX Dinastia, era
lasciata in evidenza e le guardie della necropoli, oltre a presidiare la
strada di accesso alla valle, ispezionavano regolarmente i sigilli per
verificarne l’integrità e redigevano accurati rapporti. Tutte le
precauzioni prese al fine di assicurare l’inviolabilità delle tombe
reali si sarebbero in realtà rivelate vane e inutili, poiché già a
partire dalla XX Dinastia le profanazioni e i saccheggi avvenivano con
una certa frequenza, come attestano numerosi papiri dell’epoca. La
sicurezza delle tombe reali era diventata talmente effimera che in gran
segreto i sacerdoti decisero di trasferire le spoglie dei più
importanti faraoni in una località della montagna tebana, vicino al
tempio di Deir el-Bahari.
Qui
essi rimasero nascosti e protetti per più di 2000 anni, fino al 1881
quando il nascondiglio fu scoperto da una banda locale di ladri di
antichità e in seguito dall’egittologo Gaston Maspero, allora
responsabile del Servizio delle Antichità Egiziane, insospettito dalla
comparsa sui mercati antiquari egiziani ed europei di oggetti
appartenenti a corredi funerari reali.

ARCHITETTURA
DELLE TOMBE -
Da un punto di vista strettamente architettonico, è possibile rilevare
differenze tra le tombe, a seconda della dinastia di appartenenza.
La
Valle infatti ospita, come detto, sepolture appartenenti alle dinastie
XVIII, XIX, e XX; preliminarmente, a fattor comune, si evidenzia la
sequenza secondo uno schema logico che prevede quattro passaggi
architettonici che si sviluppano indipendentemente dalla struttura
planimetrica: a un'entrata segue, infatti, un "santuario in cui
riposano gli dei dell'est e dell'ovest"; poco oltre si apre una
"sala dell'attesa", quindi una prima sala colonnata detta
anche "sala del carro" cui segue la camera funeraria (o
"seconda sala colonnata"), detta anche "sala
dell'oro", che ospita il sarcofago.
XVIII
DINASTIA - La
tomba si sviluppa verso il basso, mediante il ricorso a scale intagliate
della roccia.
Dal
punto di vista planimetrico (vedi rappresentazione schematica), le tombe
della XVIII dinastia si sviluppano secondo un asse "piegato" o
"a gomito", riprendendo di fatto la struttura dei passaggi
esistenti nelle precedenti sepolture piramidali del Medio Regno.
Tale andamento faceva riferimento al percorso contorto e pericoloso che,
secondo i testi sacri, il sole deve percorrere con la barca
solare nel suo viaggio notturno per poter risorgere al mattino;
allo stesso modo il faraone defunto sarebbe risorto nel mondo
ultraterreno. Non è da escludersi, tuttavia, che le prime tombe di
questa dinastia siano state strutturate in tal modo così da adattarsi
all'andamento delle rocce in cui erano scavate, seguendo linee naturali
più facili da lavorare.
L'entrata
è generalmente preceduta da una scala, cui segue un corridoio in
discesa che sfocia nel "Santuario in cui gli dèi dell'est e
dell'ovest riposano". Si tratta sostanzialmente di due nicchie
scavate nelle pareti opposte, verosimilmente con una funzione pratica:
dato il peso delle suppellettili e specialmente del sarcofago, in fase
di trasporto all'interno della tomba qui si procedeva a una prima sosta
di effettivo riposo.
Altri
locali che forse rivestivano la medesima utilità pratica (oltre che
rituale) erano la "Sala dell'Attesa" ove peraltro si procedeva
a organizzare la volta che il sarcofago avrebbe dovuto compiere per
poter incominciare discesa verso la camera funeraria, e la "prima
sala colonnata".
Nella
"sala dell'oro", infine, il sarcofago è posto con andamento
ortogonale rispetto al corridoio di accesso alla camera funeraria.
È
interessante rilevare che, almeno per le prime tombe di questa dinastia,
la camera funeraria ha gli spigoli angolari arrotondati, riproducendo
così, in pianta, la figura del cartiglio.
XIX
DINASTIA - Con
le tombe della XIX dinastia si assiste a una rettifica del percorso
contorto precedente, ma ancora entrata e camera funeraria sono
disallineate (vedi schema) e ancora il raggiungimento della camera
funeraria avviene mediante scale talvolta molto ripide.
Al
contrario di quanto avveniva con quelli della precedente XVIII dinastia,
le cui entrate erano sigillate con pietrame, gli accessi alle tombe
vengono preclusi con porte in legno per consentire, unitamente al
servizio di sicurezza che presidiava la valle da intrusioni estranee, più
agevoli e frequenti ispezioni da parte dei funzionari preposti.
In
alcuni casi, nella prima sala colonnata si apriva un'ulteriore camera
laterale (non riportata nello schema) che, talvolta rifinita
completamente, doveva servire quale falsa camera sepolcrale nel
tentativo di scoraggiare eventuali saccheggiatori.
Anche
in queste sepolture il sarcofago è posizionato ortogonalmente rispetto
al corridoio di entrata.
XX
DINASTIA - Con
la XX dinastia si giunge alla definitiva semplificazione della struttura
tombale in chiave prettamente pratica: la sepoltura si apre infatti a
livello del suolo, anche se il percorso è pur sempre in discesa, ma
vengono eliminate le scale e i corridoi vengono allargati. Entrata e
Camera funeraria sono posizionate sullo stesso asse e sul medesimo asse
viene posizionato anche il sarcofago.
A
riprova della valenza eminentemente pratica delle nicchie esistenti nel
"Santuario in cui gli dei dell'est e dell'ovest riposano"
delle precedenti dinastie, nelle tombe della XX queste spariscono.
Compare, tuttavia, un pozzo lungo il corridoio di accesso il cui scopo,
oltre che di garantire un'ulteriore relativa sicurezza in più, era
principalmente quello di raccogliere l'acqua piovana evitando così
l'allagamento della tomba.
È
evidente, nel complesso delle modifiche intervenute con questa dinastia,
l'intento pratico che tendeva a garantire risparmio di risorse vuoi per
la realizzazione materiale del sito, vuoi per le operazioni di sepoltura
in senso stretto.
POSIZIONE
E NUMERAZIONE DELLE TOMBE - Sono,
attualmente, 65 le sepolture scoperte nella Valle, tutte catalogate con
la sigla "KV" (King's Valley) seguita da numeri progressivi da
1 a 65.
La
numerazione, tuttavia non ha nulla a che vedere con la progressione sul
trono dei titolari; nel 1827, infatti, l'egittologo
inglese John Gardner Wilkinson numerò le tombe già scoperte
da 1 a 22 seguendo l'ordine geografico da nord a sud. Solo da tale data
in poi, ovvero dalla KV23, il numero corrisponde all'ordine di
scoperta.
In
alcuni casi la numerazione di alcune tombe della valle ovest è
preceduta dalla sigla "WV", ovvero West Valley, ma è bene
tener presente che la numerazione fa comunque riferimento alla Valle dei
Re e, a titolo di esempio, la tomba WV23 di Ay, corrisponde, di
fatto, alla KV23.

Howard
Carter ebbe a sottolineare che, nonostante l'affascinante storia della
Valle, questa nulla avrebbe da offrire in sé, a un ulteriore
approfondimento tematico, poiché la sua importanza non è intrinseca,
ma deriva proprio dal suo contenuto.
In
tal senso, tenendo presente quanto sopra detto sulla numerazione delle
tombe incominciata da Wilkinson, la Valle dei Re ospita:
-
KV1: titolare Ramses VII (XX dinastia); ubicazione nota fin
dall'antichità, sgombero e riapertura nel 1906;
-
KV2: titolare Ramses IV (XX Dinastia); ubicazione nota fin
dall'antichità, sgombero e riapertura nel 1906;
-
KV3: mai usata come sepoltura (forse prevista per Ramses III o per un
suo figlio); scavata intorno al 1820;
-
KV4: ultima tomba scavata nella valle forse per Ramses XI (XX
Dinastia); ubicazione nota fin dall'antichità;
-
KV5: figli di Ramses II (XIX dinastia); alla fine dell'800
l'egittologo James Burton la visitò e mappò nove locali non
procedendo oltre né a operazioni di svuotamento; dal 1995 la tomba
viene scavata dal Theban Mapping Project, capeggiato
dall'egittologo statunitense Kent R. Weeks, dimostrandosi la più
vasta della Valle giacché, a oggi, si contano circa 150 locali. I
lavori di liberazione sono ancora in corso (2017);
-
KV6: titolare Ramses IX (XX dinastia); ubicazione nota
dall'antichità, riapertura nel 1888; mummia del titolare rinvenuta nel
1881 nella cache di Deir el-Bahari (catalogata
come DB320);
-
KV7: titolare Ramses II (XIX dinastia); nota fin
dall'antichità, fu soggetta ad almeno due saccheggi documentati durante
l'anno ventinovesimo del regno di Ramses III come risulta dal Papiro
dello sciopero di Torino. Durante la XXI dinastia la mummia di
Ramses II venne prima traslata nella KV17, poi nella
cache DB320 di Deir el-Bahari dove venne rinvenuta nel 1881;
-
KV8:
titolare Merenptah (XIX dinastia); tomba utilizzata nella XIX
dinastia come sepoltura di Merenptah, in epoca greco-romana e
in periodo bizantino;
-
KV9: titolare Ramses VI (XX dinastia); tomba incominciata per
Ramses V, continuata e usurpata dal successore Ramses VI. Non è noto se
i due sovrani abbiano condiviso la sepoltura. Il corridoio di entrata è
sovrapposto alla tomba KV62 di Tutankhamon la cui quasi completa
integrità si deve alle capanne degli operai che lavorarono alla
realizzazione di questa tomba costruite sopra l'accesso alla tomba
sottostante;
-
KV10: titolare/i Amenmesse (XIX dinastia, ma non esistono
evidenze di una sepoltura del re in questa tomba), poi delle regine
Takhat e Baketwerel della XX dinastia;
-
KV11: titolare Ramses III (XX Dinastia); la tomba venne
incominciata per Sethnakht, ma venne abbandonata quando gli scavi
sfociarono nella vicina tomba KV10. La tomba venne in seguito
ultimata per Ramses III ampliandola;
-
KV12: titolare non noto; l'assenza di rilievi o dipinti parietali non
consente di datare la tomba che, verosimilmente, risale alla XVIII
dinastia; si ritiene che sia stata comunque utilizzata, come sepoltura
multipla forse di membri della casa regnante, durante la XIX e XX
dinastia;
-
KV13: titolare Bay dapprima scriba
reale sotto Seti II e successivamente cancelliere
sotto Siptah (XIX dinastia); riutilizzata in seguito come
sepoltura dei
principi Mentuherkhepeshef e Amonherkhepshef, figli di
Ramses III (XX dinastia);
-
KV14: titolari Tausert, regina sposa di Siptah, ultimo esponente
della XIX dinastia, e Sethnakht, fondatore della XX dinastia; sono
state individuate da Hartwig Altenmüller più fasi di ampliamento
coincidenti con i differenti livelli acquisiti dalla regina Tausert,
dapprima come sposa reale, poi come co-reggente del marito Siptah, e
quindi come regina autonoma. Si ritiene che Seti II sia stato
originariamente sepolto in questa tomba per essere poi trasferito
nella KV15. Il sarcofago della regina Tausert, tuttavia, venne
riutilizzato nella KV13 per la sepoltura del principe Amonherkhepshef.
Riutilizzata come tomba di Sethnakht, successore di Tausert, le cui
immagini e cartigli si sovrapposero a quelli della regina;
-
KV15: titolare Seti II (XIX dinastia); si ritiene che
originariamente il corpo di Seti II sia stato sepolto nella KV14 e poi
trasferito in questa tomba, che venne rapidamente ultimata, quando la
KV14 divenne la sepoltura di Sethnakht. La mummia di Seti II venne
comunque nuovamente trasferita nella KV35 per sottrarla ai
saccheggi;
-
KV16: titolare Ramses I (XIX dinastia); solo l'entrata e due
corridoi erano ultimati alla morte di Ramses I. Le pessime condizioni
del sarcofago dimostrano che la tomba venne saccheggiata forse durante
la XX o XXI dinastia quando la mummia di Ramses I venne trasferita
dapprima nella KV17 e poi, nell'anno decimo di regno di
Saamen, nella cache DB320;
-
KV17: titolare Seti I (XIX dinastia); nota anche come Tomba Belzoni,
venne usata come temporanea sepoltura di Ramses I e Ramses II i cui
corpi vennero poi trasferiti alla cache DB320;
-
KV18 incompiuta, forse prevista per Ramses X della XX
dinastia e successivamente invasa da depositi alluvionali; nel 1903
Howard Carter utilizzò il suo ingresso per l'installazione di un
generatore elettrico per l'illuminazione di alcune tombe della Valle;
-
KV19: originariamente prevista per Ramses Setherkhepeshef
(successivamente Ramses VIII), poi destinata al principe Ramses
Mentuherkhepershef, figlio di Ramses IX;
-
KV20 originariamente Thutmose I, poi ampliata per ospitare
anche Hatshepsut (XVIII dinastia); durante il regno di
Thutmose III il corpo del I Thutmose venne trasferito nella KV38;
-
KV21: titolare non noto; all'atto della scoperta, nel 1817 a cura di
Giovanni Battista Belzoni, conteneva due mummie femminili che, per la
postura delle braccia (braccio sinistro ripiegato sul torace), si
suppose fossero due regine. Successivamente alla scoperta la tomba venne
vandalizzata da ignoti e le due mummie smembrate alla ricerca di amuleti
preziosi;
-
KV22: incominciata sotto Thutmose IV (a lui sono dedicati
materiali rinvenuti nel deposito di fondazione), decorata e ultimata
sotto Amenofi III che vi fu sepolto (XVIII dinastia); si ritiene
che vi siano state sepolte anche la regina Tiy e la
principessa Sitamon, rispettivamente moglie e figlia di Amenofi
III; il corpo del re venne trasferito nella KV35 durante il
regno di Smendes I (XXI dinastia);
-
KV23: titolare Ay (XVIII dinastia); si ritiene che la tomba
fosse stata prevista per Amenofi IV/Akhenaton, Smenkhara o per
Tutankhamon che sarebbe stato originariamente qui sepolto prima di
essere trasferito nella KV62; è dubbia la stessa sepoltura di Ay
in questa tomba che viene supposta in base a suppellettili funerarie
recanti il suo cartiglio;
-
KV24: titolare non noto, verosimilmente risalente alla XVIII dinastia;
il rinvenimento di suppellettili risalenti fino al periodo romano e
copto indicano che la tomba è stata più volte riusata per almeno
cinque differenti sepolture a partire dal Terzo Periodo
Intermedio e dalla XXII dinastia;
-
KV25: titolare non noto, forse Amenofi IV/Akhenaton (XVIII
Dinastia); la tomba risale all'ultimo periodo della XVIII dinastia, ma
non venne mai completata. Durante il Terzo Periodo Intermedio (dinastie
XXI e XXII) la tomba venne riutilizzata come sepoltura per otto mummie
e, forse, proprio in tale occasione venne depositato il materiale
risalente alla XVIII proveniente dalla KV23;
-
KV26: titolare non noto; conosciuta dall'antichità, inutilizzata, forse
risalente alla XVIII dinastia;
-
KV27: titolare non noto; conosciuta dall'antichità, inutilizzata, forse
databile alla XVIII dinastia per frammenti di ceramica dei regno di
Thutmose IV o Amenofi III;
-
KV28: frammenti di vaso indicano il titolare, forse, in Thutmose
IV (XVIII dinastia);
-
KV29: titolare non noto; la tomba è inaccessibile ed è forse
costituita da una sola camera ancora piena di detriti;
-
KV30: titolare non noto; da questa tomba, o forse
dalla KV31 proverrebbe un sarcofago antropoide in quarzo,
risalente alla XVIII dinastia, rinvenuto da Giovanni Battista Belzoni
nel 1817 e donato al British Museum da Somerset Lowry-Corry,
II conte di Belmore;
-
KV31: titolare non noto; da questa tomba ancora piena di detriti, o
forse dalla KV30 proverrebbe un sarcofago antropoide in
quarzo, risalente alla XVIII dinastia, rinvenuto da Giovanni
Battista Belzoni nel 1817 e donato al British Museum da
Somerset Lowry-Corry, II conte di Belmore;
-
KV32: titolare la
regina Tia'a, moglie di Amenofi II, identificata attraverso le
indicazioni riportate su un vaso canopico ivi rinvenuto nel
2000;
-
KV33: titolare
forse Thutmose III, o di altro membro della famiglia reale o del Visir
Rakhmira (XVIII dinastia) (mai utilizzata);
-
KV34: titolare Thutmose III (XVIII dinastia); la tomba venne
costruita in nove fasi differenti ognuna completata. Venne saccheggiata
in antichità e il sarcofago e molte suppellettili vennero pesantemente
danneggiati; il corpo di Thutmose III, ancora all'interno del suo
sarcofago, venne traslato nella cache DB320 durante la XXI dinastia;
-
KV35: titolare Amenofi II (XVIII Dinastia); durante la XXI
dinastia la tomba venne utilizzata come magazzino per le mummie
di Thutmose IV, Amenofi III, Merenptah, Seti
II, Siptah, Ramses IV, Ramses V, Ramses VI, per una
mummia femminile nota come Elder Woman (Vecchia
Signora), che alcuni studiosi hanno indicato come Tiy, e per un'altra
mummia maschile forse di Sethnakht. Nella stessa tomba vennero
rinvenute, infine, le mummie di Amenofi II, di suo
figlio Ubensenu e di una donna ignota (un tempo identificata
erroneamente con Nefertiti), soprannominata The Younger
Lady e risultata geneticamente figlia di Amenofi III, sorella
della mummia maschile della
tomba KV55 (probabilmente Akhenaton) e madre
di Tutankhamon;
-
KV36: titolare Maiherpera principe dell'harem reale
di Thutmose IV, forse figlio di Hatshesput morto a circa vent'anni
(XVIII dinastia); la tomba venne rinvenuta quasi intatta poiché, dopo
un furto al suo interno, in periodo ramesside, venne nuovamente
sistemata e risigillata;
-
KV37: titolare non noto; planimetria e posizione indicano probabilmente
la XVIII dinastia. Probabilmente usata come sepoltura, a causa dei molti
frammenti provenienti da differenti altre tombe e da diversi periodi
storici, senza logica apparente, si ritiene fosse utilizzata come
deposito da parte dei ladri;
-
KV38: titolare forse Thutmose I (XVIII dinastia); per
dimensioni e forma, si ritiene che la tomba fosse già originariamente
destinata a Thutmose I (uno dei primi re a essere sepolto nella Valle),
ma studi successivi tendono a indicare che il corpo del re venne
dapprima sepolto nella KV20 che, successivamente ampliata, ospitò
Hatshepsut, e che la traslazione in KV38 di Thutmose I venne
successivamente eseguita per ordine di Thutmose III;
-
KV39: titolare forse Amenofi I (XVIII dinastia); sono state
individuate tre distinte fasi di realizzazione della tomba;
-
KV40: titolare non
noto; ancora piena di detriti e non accessibile;
-
KV41: titolare, forse, la regina Tetisheri, moglie di Senekhtenra
Ahmose (XVII dinastia); se confermato, si tratterebbe, in assoluto,
della prima tomba costruita nella Valle;
-
KV42: destinata alla regina Hatshepsut-Meryet-Ra, moglie di Thutmose III
(XVIII dinastia) come risulta dai materiali, rinvenuti nel 1921, del
deposito di fondazione; verosimilmente non venne mai utilizzata per la
regina, che forse venne sepolta nella KV35 di suo figlio Amenofi II. La
tomba venne verosimilmente usata per Senetnay, moglie del sindaco di
Tebe Sennefer (XVIII dinastia);
-
KV43: titolare Thutmose IV (XVIII dinastia);
iscrizioni ieratiche nella prima camera della tomba informano
che venne risistemata nell'anno ottavo di regno di Horemheb; nel
corso della XXI dinastia il corpo del re venne traslato nella KV35;
-
KV44: titolare non noto; si ritiene potesse essere stata predisposta
per Anen, figlio di Yuya e Tuia e forse per sua
moglie. La tomba venne riusata durante la XXII dinastia come
sepoltura di Tentkerer, "Signora della casa"
sotto Osorkon I. Negli anni '90 del '900 durante lavori di
ripulitura, vennero rinvenuti al suo interno i resti di altri sette
corpi differenti;
-
KV45: titolare Userhat (?) supervisore dei campi di Amon (XVIII
dinastia), assegnazione derivante da frammenti di vasi canopici e da uno
scarabeo rinvenuti nel 1902; riutilizzata durante la XXII dinastia
per la sepoltura di due corpi non recuperabili;
-
KV46: titolari Yuya e Tuia, genitori della
Regina Tiy, moglie di Amenofi III (XVIII dinastia); sono
state rilevate le evidenze di tre distinti furti avvenuti all'interno
della KV46 di cui almeno due durante i lavori di realizzazione delle
tombe KV3 e KV4 giacché l'accesso venne ostruito
con materiale di risulta proveniente da questi due scavi;

-
KV47: titolare Siptah (XIX dinastia); all'interno della tomba,
i cartigli in rilievo del re erano stati scalpellati e successivamente
ripristinati dipingendoli. Ritenendo Siptah un usurpatore, è stato
considerato che la damnatio
memoriae sia stata perpetrata alla fine della XIX dinastia per
motivi politici. La mummia di Siptah venne rinvenuta nella KV35;
-
KV48: titolare Amenemipet (noto anche con il nome di Pairy), fratello di
Sennefer, sindaco di Tebe, visir e governatore durante il regno di
Amenofi II (XVIII dinastia); la vicinanza con la KV35, ove era sepolto
il re, dimostra l'alta considerazione in cui il funzionario era tenuto
dal sovrano;
-
KV49: titolare non noto; forse usata come sepoltura alla fine del Nuovo
Regno;
-
KV50: titolare non noto; con le
tombe KV51 e KV52 sono note come "le tombe
degli animali" giacché ne contenevano le mummie non più
esistenti; in questa erano sepolti un cane e una scimmia; la vicinanza
con la KV35 ha fatto ritenere si trattasse degli animali
prediletti da Amenofi II;
-
KV51:
titolare non noto; conteneva le mummie di tre scimmie, un babbuino, un
ibis, e tre oche;
-
KV52:
titolare non noto; inaccessibile e mai esattamente mappata; conteneva la
mummia di una scimmia; unico oggetto significativo rinvenuto un ostrakon con
il testo: Hori capo degli scribi del Luogo della Verità (Deir
el-Medina);
-
KV53:
titolare non noto; inaccessibile e mai esattamente mappata;
-
KV54:
titolare non noto, molto verosimilmente si tratta solo di un pozzo in
cui vennero riposti oggetti abbandonati dai ladri della KV62 di
Tutankhamon;
-
KV55:
titolare forse Amenofi IV/Akhenaton, o regina Tiy, o Smenkhara (XVIII
dinastia); si ritiene che la tomba, malridotta anche a causa di notevoli
infiltrazioni d'acqua intervenute nei millenni, contenesse
originariamente resti provenienti dalle tombe di Amarna successivamente
distribuiti in altre sepolture.
Originariamente chiusa con blocchi di
calcare con il sigillo della necropoli, il corridoio venne
successivamente riempito di detriti e almeno un tentativo di intrusione
è riscontrato dopo tale accorgimento. Risigillata durante la XX
dinastia, sul suo ingresso vennero scaricati detriti dello scavo della
vicina KV6 di Ramses
IX. La presenza di suppellettili e simboli risalenti a diverse
personalità della XVIII, e la quasi totale mancanza di diari di scavo
da parte degli scopritori, ha fatto sì che attorno a questa tomba
sorgessero numerosi interrogativi anche sul suo occupante oggi
generalmente indicato come Amenofi IV/Akhenaton;
-
KV56:
titolare non noto, forse un figlio di Seti II; la presenza di oggetti
recanti i nomi di Tausert, Seti II e Ramses II ha fatto supporre si
trattasse di materiale proveniente dalla KV14,
di Tausert, usurpata da Sethnakht. Altri studi l'hanno identificata come
tomba di un figlio di Seti II e Tausert per poche tracce di stucco
laminato in oro verosimilmente provenienti da un piccolo sarcofago;
-
KV57:
titolare Horemheb (XVIII
dinastia); il sarcofago rotto e le pessime condizioni di un contenitore
per vasi canopici e altre suppellettili funerarie dimostrano che la
tomba venne saccheggiata. Alcuni resoconti in scrittura ieratica
presenti nella tomba, e risalenti alla XXI dinastia, dimostrano che i
locali vennero adibiti a magazzino di sepoltura per altre mummie poi
rimosse e traslate, verosimilmente, nella KV35;
-
KV58:
titolare non noto, forse deposito di corredo funebre associato alla
vicina KV57;
la presenza di materiali legati ad Ay, ha fatto anche supporre si
trattasse di un nascondiglio di materiale trafugato dalla KV23;
-
KV59:
titolare non noto; nessun'informazione sulla tomba e sulla sua scoperta;
già nota nell'800, venne forse scavata da Howard Carter nel 1921;
-
KV60:
titolare, forse Sit-Ra detta anche In, nutrice di Hatshepsut (XVIII
dinastia). Nella tomba vennero rinvenute due mummie, una delle quali, di
Sit-Ra, è oggi al Cairo mentre l'altra è ancora nella tomba e si
ritiene sia quella di Hatshepsut, qui traslata sotto Thutmose III;
-
KV61:
titolare non noto; all'atto della scoperta si ritenne potesse essere
l'ingresso a una tomba più ampia, in realtà è poco più di un pozzo
profondo 1,70 m circa;
-
KV62:
titolare Tutankhamon (XVIII
dinastia); unica rinvenuta pressoché intatta, venne probabilmente
prevista per un alto funzionario di Corte (forse Ay prima di diventare
faraone). Venne saccheggiata almeno due volte come indicarono i sigilli
della necropoli apposti sugli accessi. Risistemata probabilmente per
l'ultima volta sotto Horemheb, ne venne dimenticata l'esistenza e la
chiusura fu sotterrata sotto strati di detriti provenienti dallo scavo
delle tombe successive;
-
KV63:
titolare forse Ankhesepaaton;
-
KV64:
titolare Nehemes Bastet;
-
KV65:
titolare sconosciuto.
Come
sopra evidenziato, i proprietari di alcuni ipogei sono stati
identificati anche per mezzo dei depositi di fondazione. Questi erano
delle fosse che raccoglievano varie offerte e oggetti sacri che venivano
sotterrati nel terreno prescelto per la costruzione di una tomba o di un tempio.
Ciò avveniva alla presenza del faraone, dei sacerdoti e delle
maestranze durante la cerimonia sacra che individuava la scelta del
sito.
DIMENSIONI
DELLE TOMBE
| |
Altezza
massima |
Larghezza
minima |
Larghezza
massima |
Lunghezza
totale |
Superficie
totale |
Volume
totale |
Titolare
|
| KV1 |
4,25 |
2,74 |
5,17 |
44,30 |
163,56 |
463,01 |
Ramses
VII |
| KV2 |
5,21 |
1,24 |
8,32 |
88,66 |
304,88 |
1105,25 |
Ramses
IV |
| KV3 |
3,13 |
1,03 |
7,71 |
53,47 |
193,36 |
464,98 |
Figlio
di Ramses III |
| KV4 |
5,01 |
2,75 |
11,30 |
104,09 |
503,50 |
1682,19 |
Ramses
XI |
| KV5 |
2,85 |
0,61 |
15,43 |
443,20 |
1266,47 |
2154,82 |
Figli
di Ramses II |
| KV6 |
4,61 |
0,81 |
8,55 |
105,02 |
396,41 |
1076,35 |
Ramses
IX |
| KV7 |
5,82 |
0,74 |
13,06 |
168,05 |
868,40 |
2286,43 |
Ramses
II |
| KV8 |
6,46 |
0,75 |
14,86 |
164,86 |
772,54 |
2622,08 |
Merenptah |
| KV9 |
6,92 |
2,48 |
13,03 |
116,84 |
510,07 |
1572,26 |
Ramses
V e Ramses VI |
| KV10 |
3,81 |
0,98 |
9,47 |
105,34 |
350,27 |
821,23 |
Amenemes |
| KV11 |
6,55 |
0,75 |
13,85 |
188,11 |
726,33 |
2174,29 |
Ramses
III |
| KV12 |
5,42 |
0,93 |
5,55 |
92,33 |
253,83 |
476,77 |
Sconosciuto |
| KV13 |
2,75 |
0,85 |
5,09 |
71,37 |
180.99 |
381,67 |
Bay |
| KV14 |
6,01 |
0,89 |
13,31 |
158,41 |
628,55 |
2128,83 |
Tausert
e Sethnakht |
| KV15 |
3,50 |
2,17 |
8,06 |
88,65 |
298,11 |
816,53 |
Seti
II |
| KV16 |
4,96 |
1,28 |
6,26 |
49,34 |
147,94 |
283,84 |
Ramses
I |
| KV17 |
6,05 |
0,66 |
13,19 |
138,19 |
649,04 |
1900,35 |
Seti
I |
| KV18 |
4,44 |
2,74 |
3,70 |
42,68 |
144,32 |
319,73 |
Ramses
X |
| KV19 |
3,79 |
2,74 |
3,69 |
38,68 |
132,83 |
240,13 |
Montuherkhepshef |
| KV20 |
4,53 |
0,69 |
7,17 |
210,32 |
513,29 |
1094,63 |
Thutmose
I e Hatshepsut |
| KV21 |
5,71 |
0,88 |
6,78 |
41,04 |
120,29 |
305,73 |
Sconosciuto |
| KV22 |
4,98 |
0,79 |
8,42 |
126,68 |
554,92 |
1485,88 |
Amenofi
I |
| KV23 |
5,44 |
1,51 |
8,89 |
60,16 |
212,22 |
618,26 |
Ay |
| KV24 |
2,50 |
1,35 |
5,63 |
6,42 |
23,36 |
47,37 |
Sconosciuto |
| KV25 |
2,39 |
1,95 |
2,39 |
15,59 |
35,58 |
36,27 |
Sconosciuto |
| KV26 |
n.n. |
0,80 |
2,84 |
11,26 |
20,05 |
n.n. |
Sconosciuto |
| KV27 |
2,89 |
0,89 |
7,65 |
20,78 |
91,87 |
178,50 |
Sconosciuto |
| KV28 |
2,39 |
0,64 |
6,23 |
8,19 |
28,88 |
55,09 |
Sconosciuto |
| KV29 |
n.n. |
1,14 |
1,14 |
1,39 |
1,62 |
n.n. |
Sconosciuto |
| KV30 |
2,71 |
0,93 |
3,15 |
42,06 |
105,12 |
210,58 |
Sconosciuto |
| KV31 |
0,98 |
1,74 |
1,74 |
3,25 |
5,65 |
5,30 |
Sconosciuto |
| KV32 |
6,11 |
1,03 |
6,17 |
39,67 |
106,30 |
312,42 |
Tia'a |
| KV33 |
n.n. |
n.n. |
n.n. |
n.n. |
n.n. |
n.n. |
Sconosciuto |
| KV34 |
4,86 |
1,08 |
8,52 |
76,11 |
310,92 |
792,71 |
Thutmose
iii |
| KV35 |
3,44 |
0,94 |
10,15 |
91,87 |
362,85 |
852,21 |
Amenofi
II |
| KV36 |
1,62 |
1,01 |
4,03 |
6,34 |
18,54 |
24,77 |
Maiherpera |
| KV37 |
1,96 |
1,12 |
4,05 |
18,39 |
38,04 |
61,38 |
Sconosciuto |
| KV38 |
2,64 |
1,22 |
5,78 |
37,31 |
133,16 |
207,77 |
Thutmose
I |
| KV39 |
4,94 |
1,12 |
3,92 |
104,34 |
210,05 |
475,82 |
Amonofi
I (?) |
| KV40 |
n.n. |
2,00 |
2,00 |
2,24 |
3,57 |
n.n. |
Sconosciuto |
| KV41 |
11,23 |
1,82 |
1,82 |
1,62 |
2,96 |
33,13 |
Sconosciuto |
| KV42 |
4,32 |
8,86 |
7,61 |
58,18 |
184,77 |
423,60 |
Hatshepsut-Meryet-Ra |
| KV43 |
5,32 |
0,89 |
10,26 |
105,73 |
407,70 |
1062,36 |
Thutmose
IV |
| KV44 |
n.n. |
0,75 |
5,65 |
6,00 |
22,59 |
n.n. |
Sconosciuto |
| KV45 |
n.n. |
0,91 |
5,36 |
5,80 |
20,09 |
n.n. |
Userhat |
| KV46 |
4,51 |
1,25 |
10,02 |
21,31 |
62,36 |
135,63 |
Yuya
e Tuia |
| KV47 |
5,30 |
1,79 |
13,72 |
124,93 |
501,42 |
1560,95 |
Siptah |
| KV48 |
2,02 |
0,93 |
4,69 |
8,43 |
31,02 |
57,49 |
Amenemipet |
| KV49 |
2,24 |
1,00 |
3,50 |
24,14 |
46,61 |
69,72 |
Sconosciuto |
| KV50 |
1,51 |
0,79 |
1,59 |
3,79 |
5,11 |
5,25 |
Sconosciuto |
| KV51 |
1,90 |
0,74 |
2,66 |
7,67 |
17,86 |
29,94 |
Sconosciuto |
| KV52 |
1,26 |
0,81 |
1,37 |
4,50 |
5,25 |
4,30 |
Sconosciuto |
| KV53 |
1,88 |
1,11 |
5,17 |
8,44 |
36,56 |
65,47 |
Sconosciuto |
| KV54 |
n.n. |
1,17 |
1,17 |
1,69 |
2,00 |
n.n. |
Cache
di Tutankhamon |
| KV55 |
3,93 |
1,34 |
6,63 |
27,61 |
84,30 |
185,25 |
Tiy
(?)/Akhenaton (?) |
| KV56 |
3,13 |
1,39 |
7,59 |
7,34 |
39,25 |
109,67 |
Sconosciuto |
| KV57 |
5,36 |
0,66 |
8,94 |
127,88 |
472,61 |
1328,17 |
Horemheb |
| KV58 |
2,36 |
1,49 |
4,05 |
7,04 |
23,67 |
48,86 |
Sconosciuto |
| KV59 |
n.n. |
2,11 |
2,11 |
3,01 |
6,40 |
n.n. |
Sconosciuto |
| KV60 |
1,92 |
1,00 |
6,57 |
20,98 |
55,66 |
86,62 |
Sit-Ra |
| KV61 |
1,71 |
1,35 |
3,30 |
6,34 |
15,49 |
22,38 |
Sconosciuto |
| KV62 |
3,68 |
0,66 |
7,86 |
30,79 |
109,83 |
277,01 |
Tutankhamon |
| KV63 |
n.n. |
n.n. |
n.n. |
n.n. |
n.n. |
n.n. |
Sconosciuto |
| KV64 |
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Sconosciuto |
| KV65 |
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n.n. |
Sconosciuto |
IL
VILLAGGIO OPERAIO - Un'area
tanto vasta, così importante nel panorama politico-religioso
dell'antico Egitto e il cui impiego durerà per circa 5 secoli, aveva
necessariamente bisogno di maestranze specializzate e dedicate a tempo
pieno alla progettazione, allo scavo delle tombe, nonché alla loro
decorazione e sicurezza.
A
sud est, poco discosto dalla Valle e da questa separato solo da un
crinale, esisteva perciò un insediamento
abitativo che ospitava gli operai, gli artigiani e gli artisti, che lavoravano alla realizzazione e alla manutenzione
delle tombe della valle,
ed erano noti come "i servi del Luogo della Verità".
Si
tratta del villaggio di Deir
el-Medina, uno dei tre villaggi destinati agli operai egizi di cui
si ha notizia.
Il
luogo in cui sorge il villaggio, di cui si hanno però notizie fin dall'XI
dinastia, è relativamente lontano dal Nilo ed è circondato da mura, verosimilmente con intento
difensivo, ma forse maggiormente con intento restrittivo della libertà
degli operai, i quali erano tuttavia, per ogni altro aspetto, liberi e
regolarmente salariati.
Il
villaggio comprendeva abitazioni per le maestranze e per i funzionari;
la popolazione, di media, non superò mai le cento-centocinquanta unità
in un ambiente decisamente cosmopolita,
cosmopolitismo peraltro confermato dalla presenza di 16 templi di
altrettante divinità, non tutte del pantheon egizio, tra cui Osiride, Hathor, Ptah, Mertseger,
i re divinizzati Amenofi
I (cui si dovrebbe la scelta della Valle per la sepolture
regali e verosimilmente la fondazione del villaggio) e Ramses
II, e la regina Ahmose
Nefertari, madre di Amenofi II.
Gli
operai, suddivisi in due squadre di 60 unità, lavoravano nella Valle, che raggiungevano seguendo un
sentiero che ancora oggi è percorribile e sul quale erano peraltro
posizionate le sentinelle che proteggevano le sepolture, per una
"settimana" lavorativa di dieci giorni cui seguiva un periodo
di riposo di due giorni.
La
Valle nella storia dell'archeologia
La
passione per l'antico Egitto ha sempre spinto curiosi e appassionati a
visitare la Valle dei Re, fin dall'antichità e ancor prima che
l'avventura archeologica incominciasse con il suo corredo di scoperte.
GRECI
E ROMANI - Dopo
il declino della Valle quale luogo di sepoltura dei re delle dinastie
XVIII, XIX e XX, del luogo si perse anche il ricordo. Si ricomincia a
trattare della valle nel I secolo a.C. con i greco-macedoni qui giunti
al seguito di Alessandro
Magno. Dal III
secolo a.C. al II
secolo d.C. l'Egitto fu meta di curiosi e appassionati, tra i
quali l'Imperatore Adriano nel 130.
I primi studiosi della Valle, tanto da lasciare vere e proprie guide,
sono da indicarsi negli scrittori greci Diodoro
Siculo (che visitò l'Egitto tra il 60
a.C. e il 56
a.C.) e Strabone (tra
il 25 e il 24 a.C.). Entrambi indicarono, basandosi tuttavia sui racconti di
sacerdoti egizi, un numero di tombe compreso tra 47 (Diodoro) e 40
(Strabone).
Se
si escludono alcune migliaia di graffiti coevi
alla realizzazione delle tombe,
circa 2000 sono quelli oggi noti in greco e latino,
lasciati dai primi visitatori della Valle; altri sono stati rinvenuti in fenicio, cipriota, licio,
nonché altre lingue e in copto.
Dalle date rilevabili e in base ai testi, è stato possibile valutare
che il periodo invernale, da gennaio ad aprile, era quello di maggior
affluenza nella Valle (24 testi), mentre i meno frequentati erano
l'autunno, da settembre a dicembre (11 graffiti datati) e l'estate, da
maggio ad agosto (10 graffiti).
Il
graffito più antico, individuato nella tomba KV1 di
Ramses VII, risalirebbe al 278 a.C., mentre il più recente reca la
firma di Orion, governatore dell'Alto Egitto, e risale al
537 d.C.
La
tomba maggiormente soggetta a graffiti è la KV9 di
Ramses VI che ne ospita circa un migliaio. Tra questi uno in greco che
assegna la tomba a Memnone,
eroe morto durante l'assedio di Troia.
I
PRIMI VIAGGIATORI (1595-1792) - Dopo
il periodo greco-romano, la Valle dei Re cadde nuovamente nell'oblio
fatto salvo per comunità cristiano-copte che
occuparono le tombe più facilmente raggiungibili trasformandole, oltre
che in abitazioni, in chiese.
L'interesse
per l'Egitto in questo periodo si incentrò sul Basso
Egitto, a nord del paese, e anche questo contribuì a far
dimenticare l'esistenza della Valle dei Re fino a che il cartografo
fiammingo Abraham
Ortelius, in una sua mappa del 1595,
non identificò Luxor con
l'omerica "Tebe
dalle cento porte".
Primo
viaggiatore che raggiunse "il luogo delle mummie chiamato Biban el
Melouc" fu il padre cappuccino Charles-François d'Orléans, che vi
giunse nel 1668 assieme
al confratello Protais.
Nel 1708 fu la volta di Padre Claude
Sicard, capo della missione gesuitica a Il
Cairo, nel più ampio quadro di un viaggio in Egitto che durò fino
al 1726.
È noto che padre Sicard avesse localizzato 10 tombe, ma non esiste
riscontro giacché le carte relative a questa tappa del suo viaggio sono
andate perse.
La
prima pubblicazione organica sulla Valle, e un primo tentativo di
classificazione delle tombe con lettere dell'alfabeto, si deve a un
inglese, Richard
Pococke (successivamente vescovo di Meath,
in Irlanda),
che visitò il Paese negli anni '30 del '700, e pubblicò nel 1742 Osservazioni
sull'Egitto in
cui precisò di aver visitato 15 tombe. A ricordo della sua missione
nella Valle, egli lasciò un graffito il 16 settembre 1739 di
cui oggi non si ha più traccia, ma che venne notato da un altro
viaggiatore inglese, Sir William
Richard Hamilton.
Nel 1768, James
Bruce visitò la Valle e nel 1790 descrisse dettagliatamente la
tomba KV11 di
Ramses III tanto che tale sepoltura è oggi nota anche come "tomba
Bruce" o "tomba delle arpiste".
I
resoconti di viaggio dell'esploratore inglese William
George Browne, che giunse nella Valle nel 1792 appaiono
importanti poiché sono i primi a testimoniare un interesse nelle
ricerche da parte delle popolazioni locali; si testimonia, infatti che:
"da circa trent'anni" il figlio dello Sceicco Hamam sta
eseguendo ricerche "con la speranza di trovare tesori".
ANTIQUARI,
MERCANTI E SAPIENTI (1672 - 1820) - Il
rinnovato interesse per l'antico
Egitto fece nascere sempre più una sorta di mania di collezionismo che
spinse molti nobili e sovrani a sovvenzionare spedizioni alla ricerca di
tesori o di semplici oggetti con cui arricchire la propria collezione
privata. La prima spedizione di tal genere si deve al tedesco Padre Johann
Michael Vansleb che nel 1672,
per ordine di re Luigi
XIV di Francia, raggiunse la valle per cercarvi "manoscritti,
antiche monete, statue, bassorilievi di buona fattura per la raccolta di
Sua Maestà".
La spedizione si risolse, sotto il profilo strettamente archeologico e
di rinvenimento di tesori, in maniera negativa, ma aprì di certo la
strada alle successive.
Solo
nel 1693 il
console francese Benoît
de Maillet suggerì di fare viaggi in Egitto e nella Valle dei
Re non solo per collezionare valori ma anche per studiare le tombe.
NAPOLEONE
- Nel 1798 Napoleone
Bonaparte tentò l'avventura egiziana per assicurare alla Francia un
passaggio verso le ricchezze dell'India attraverso Suez.
Della sua Armata facevano parte anche 139 Savants (ovvero
"sapienti") il cui ruolo era, pur se alle dipendenze di un
esercito in pieno assetto di guerra, quello di studiare ogni possibile
aspetto geografico, storico, antropologico, del paese moderno, ma anche
di quello antico. Tra tali saggi, ma in questo caso non facente parte
del gruppo, figurava il barone Vivant
Denon che nel 1802 pubblicò Voyages
dans le Basse et la Haute Egypt, un resoconto che contribuì ancor
di più a scatenare la passione europea, e non solo, per l'antico
Egitto.
Se
la spedizione militare si risolse in un disastro per Napoleone, quella
antropologico-culturale degli studiosi, seppure ridotti di un terzo per
perdite varie, proseguì nella sua attività di studio e il 25 gennaio 1799 raggiunse Tebe e
la Valle dei Re.
Gli
studiosi - che nel frattempo avevano fondato l'Institut
d'Égypte - si appassionarono alla Valle e a due di essi, Jean-Baptiste
Prosper Jollois ed Édouard
de Villiers du Terrage, venne dato espresso incarico di mappare la
valle e studiarla, tracciando planimetrie delle tombe e riportando
disegni dei rilievi.
La cartografia conseguente fu una delle più esatte, da quella
"primitiva" di Pococke di circa 60 anni prima, e riportò
l'ubicazione esatta di 16 tombe. Analogamente furono perfetti, e oggi
unico ricordo in molti casi, i disegni dei rilievi tombali e delle
pitture.
Il
lavoro di Jollois e de Villiers confluì poi nell'opera monumentale,
voluta dallo stesso Napoleone, della Description
de l'Égypte che venne pubblicata tra il 1809 e
il 1822 in
19 volumi.
DROVETTI,
SALT E BELZONI - Dell'Armata
Napoleonica, che era entrata in Egitto nel 1798, faceva parte anche
il colonnello Bernardino
Drovetti, piemontese di nascita, comandante di squadrone degli ussari piemontesi.
A partire dal 1803, e nei successivi trent'anni, svolse attività
diplomatiche in Egitto, dapprima come incaricato d'affari e poi come console generale
francese.
Grande
collezionista di oggetti antichi, a partire dal 1816 intraprese un
viaggio nel Paese che lo portò fino alla seconda
cataratta del Nilo.
Avvalendosi,
peraltro, della collaborazione dell'italiano Giovanni
Battista Belzoni, eseguì inoltre scavi nell'area tebana, e
segnatamente nella Valle dei Re, ricorrendo anche, come era d'uso in
quei tempi, a metodi drastici, ivi compreso l'uso della dinamite, per
ottenere i risultati desiderati.
La
sua prima collezione di materiale egittologico, costituita da circa
ottomila pezzi, venne venduta nel gennaio 1824,
per la cifra di 400.000 lire,
a Carlo
Felice, re di Sardegna; fu questo l'embrione del Museo
Egizio di Torino.
Durante
l'assenza del Drovetti, nel 1816, era intanto giunto in Egitto Henry
Salt, console generale britannico e, a sua volta, appassionato
collezionista di reperti egizi. La rivalità tra i due consoli generali
divenne così aspra che Sir Fredrick Henniker ebbe a scrivere:
«Una linea di demarcazione è stata tracciata attraverso ogni tempio e
quegli edifici, che avevano superato gli attacchi dei barbari, non
resisteranno alla speculazione della cupidigia civilizzata dei virtuosi
e degli antiquari».
La
tensione tra i due consoli si acuì ulteriormente quanto, nel 1817,
Giovanni Battista Belzoni passò alle dipendenze di Salt e cominciò,
inoltre, a ottenere ottimi risultati nella Valle dei Re. Tra gli altri
lavori che Salt commissionò a Belzoni, il trasporto dalla tomba Bruce,
di Ramses
III (KV11)
fino al Nilo, e quindi in Francia dove
sarebbe entrata a far parte prima della collezione privata del Re Luigi
XVIII e poi di quella del Louvre,
il sarcofago del Re.
I rapporti tra Belzoni e Salt, tuttavia, però ben presto si
deteriorarono anche perché il console britannico si rifiutò di dare il
giusto risalto alla figura dell'italiano per le sue effettive scoperte
tra cui otto nuove tombe.
Tra queste particolare merito spetta al Belzoni per la scoperta della KV17 di
Seti I, detta anche "la Cappella Sistina egiziana" per le sue
bellissime pitture parietali, oggi nota, appunto, come "tomba
Belzoni".
Interrotta
la collaborazione con Salt, Belzoni proseguì per un certo periodo a
lavorare nella Valle e, dalla KV17 di
Seti I, trasse il sarcofago di alabastro translucido
che portò a Londra e
offrì, per 2.000 sterline, al British
Museum che rifiutò suscitando le ire dell'opinione pubblica
per il mancato acquisto.
Il sarcofago venne poi acquistato, nel 1824,
dall'architetto britannico John
Soane che lo installò nella "cripta" della sua casa
di Londra, in Lincoln's Inn Fields, ove ancora oggi si trova.

I
"DILETTANTI" - Accanto
ai ricercatori di tesori, o agli studiosi e "sapienti", sono
di certo da annoverare i "dilettanti" senza, comunque, voler
dare a tale termine un valore dispregiativo, giacché in alcuni casi
proprio l'opera di non professionisti ancora oggi perdura. Sono questi,
del resto, gli anni in cui, con la decifrazione dei geroglifici da parte
di Jean-François
Champollion, nasce l'egittologia e proprio i dilettanti cui si fa
riferimento, saranno poi considerati i padri di questa nuova branca
dell'archeologia.
In
questo senso, particolarmente importante fu l'opera di John
Gardner Wilkinson, annoverato oggi tra i padri dell'egittologia;
destinato alla carriera militare, di fatto, la sua passione per l'antico
Egitto lo portò nel Paese per lungo tempo e a lui, specialmente appassionato di epigrafia e di
rilievi tombali, si deve tra l'altro il sistema di numerazione delle
tombe della Valle ancor oggi utilizzato e
che egli assegnò, dipingendo materialmente i numeri all'ingresso, alle
sepolture all'epoca note, da 1 a 21. A queste vanno aggiunte quattro
altre tombe già note nella West Valley che, all'epoca,
Wilkinson classificò a parte da 1 a 4, ma che oggi vengono indicate con
la numerazione progressiva della Valle (da KV22 a KV25, ma note anche
come WV22 a WV25).
Altro
"dilettante" che ha tuttavia lasciato il suo indelebile
ricordo nella storia della Valle dei Re fu James
Burton che compì numerosi scavi e il cui impegno contribuì
anche alla salvaguardia di alcune delle tombe più importanti come, ad
esempio, la KV17,
la "Tomba Belzoni", di Seti
I. Egli provvide infatti alla costruzione di piccole dighe innanzi
all'ingresso e allo svuotamento del pozzo esistente all'inizio della
tomba, che era stato riempito da Belzoni per consentire un più agevole
svolgersi dei lavori all'interno del sepolcro e che, come nell'antichità,
riacquistò perciò il proprio compito di raccolta delle acque piovane
le quali, altrimenti, avrebbero invaso la tomba.
A
Burton si deve inoltre l'inizio dei lavori di svuotamento della KV20 di
Hatshepsut che,
sospesi per timore di esalazioni venefiche, venne poi completato, oltre
80 anni dopo, da Howard
Carter per conto di Theodore
Davis. Burton, inoltre, strisciando in un cunicolo,
penetrò nella KV5 senza
però spingersi oltre e non identificandola, perciò, come quella dei
figli di Ramses
II e la più grande a oggi scoperta nella Valle.
Anche Burton, così come Wilkinson, assegnò un riferimento alle tombe
conosciute, ma nel suo caso preferì ricorrere a lettere dell'alfabeto.
Il lavoro svolto da Burton non fu mai pubblicato; dopo la sua morte,
venne tuttavia raccolto in 63 volumi, oggi al British Museum.
Nel
decennio 1820-1830 la
Valle dei Re vide un altro appassionato frequentatore: il ricchissimo
antiquario Robert
Hay, lontano cugino di Burton, che installò la sua base
all'interno della tomba di Ramses
IV (KV2)
non disdegnando di utilizzare quale "stanza per gli ospiti" la
tomba KV9 di Ramses
VI, nonché altre sepolture per l'alloggiamento del suo seguito.
Anche il suo lavoro, come quello di Burton, venne raccolto postumo in 49
volumi oggi alla British
Library. A lui si deve inoltre un terzo sistema di catalogazione
delle tombe della Valle semplicemente numerate in ordine progressivo in
funzione delle sue visite.
LE
GRANDI SPEDIZIONI (1828 - 1840) - L'importanza
della ricerca "sul campo" sotto il profilo storico artistico
spinse i governi a coinvolgersi nelle spedizioni, fornendo alle stesse
una valenza ben diversa che non fosse esclusivamente il profitto o la
ricerca privata e inorganica di oggetti e "tesori" svincolati
dal contesto.
ROSELLINI
E CHAMPOLLION - La
prima grande spedizione di tale genere può senz'altro identificarsi in
quella che Ippolito
Rosellini, professore di lingue orientali all'Università
di Pisa, intraprese nel 1828 con
il finanziamento del Granduca
di Toscana. Del corpo di spedizione facevano parte, oltre lo stesso
Rosellini, 12 tra architetti e artisti nonché Jean-François
Champollion, il decifratore della Stele
di Rosetta e dei geroglifici.
La
missione approdò a Luxor nel
marzo del 1829,
dopo tre mesi in Nubia,
e si accampò, come era usanza all'epoca, nella tomba di Ramses
VI (KV9).
Nella Valle dei Re la spedizione sostò per due mesi, copiando e
studiando i geroglifici, cosicché Champollion poté dimostrare
l'esattezza della sua scoperta[N
103]. La squadra di Rosellini e Champollion visitò 16 tombe
della Valle principale da cui ricopiò tutti i rilievi e
i dipinti che
sarebbero poi confluiti, nel 1832, nell'opera di Rosellini "I
Monumenti dell'Egitto e della Nubia", in nove volumi, in cui
appaiono disegni ricchi del colore che all'epoca doveva essere ancora
ben visibile sulle pareti delle tombe.
Nel 1845 venne
pubblicato, postumo, il Monuments de l'Egypte e de la Nubie di
Champollion.
KARL
RICHARD LEPSIUS - Nel 1842 giunse
in Egitto, organizzata da Federico
Guglielmo IV di Prussia e capeggiata dall'archeologo tedesco Karl
Richard Lepsius, una spedizione che soggiornò nel paese per quattro
anni (sino al 1845).
La missione, di fatto, si proponeva due obiettivi: la salvaguardia dei
monumenti e la raccolta di antichità per uno studio sistematico e
organico dell'antico
Egitto; Lepsius inviò in patria oltre quindicimila pezzi e gli
esiti del lavoro vennero pubblicati, tra il 1849 e
il 1859,
in 12 volumi complessivamente denominati Denkmäler aus Aegypten
und Aethiopien (traduzione: Monumenti dall'Egitto e
dall'Etiopia).
Nella
Valle dei Re, ove la spedizione si stanziò dall'ottobre del 1844 al
febbraio 1845, furono mappate e rilevate 25 tombe (21 nella valle
principale e 4 nella West Valley),
seguendo la numerazione proposta da Wilkinson; vennero inoltre eseguite
scientificamente operazioni di svuotamento delle tombe KV7 di Ramses
II, KV8 di Merenptah e KV20 di Hatshepsut;
per tale approccio scientifico, Lepsius viene oggi considerato il padre
della moderna egittologia.
LA
MODERNIZZAZIONE (1844-1899) - Con
la seconda metà dell'Ottocento l'egittologia assunse
piena valenza scientifica e si puntò alla difesa del territorio e del
suo contenuto archeologico per
uno studio sistematico dell'antica
civiltà egizia. Non più quindi solo demolizioni brutali di tombe
alla ricerca di tesori sepolti, o razzie di oggetti e mummie,
ma esame approfondito del contesto in cui determinati oggetti si
trovavano, catalogazione dei medesimi, studio sistematico per giungere
alla possibile ricostruzione della realtà antica.
Primo
egittologo non professionista (era infatti laureato in legge) a basarsi
su metodi scientifici di ricerca, fu lo scozzese Alexander
Henry Rhind che nel 1855 eseguì scavi sistematici nella Valle
dei Re senza esito.
Auguste
Mariette - In
tale nuovo approccio egittologico deve inquadrarsi anche la figura del
francese Auguste
Mariette, inviato nel 1850 in Egitto dal Louvre con
il preciso scopo di reperire antichi papiri copti.
Lo scopo principale della sua missione non venne raggiunto, ma altre
scoperte, tra cui il Serapeo,
ovvero il luogo di sepoltura dei sacri tori Api,
furono alla base di quel che in seguito divenne il Museo
Egizio.
Rientrato
in Francia, tornò infatti in Egitto nel 1857 divenendo, nel 1858, il
primo direttore del Museo di Bulaq da
cui deriverà, nel 1902, il Museo Egizio del Cairo. A lui, e al suo
successore Gaston
Maspero, subentrato alla sua morte nella direzione del museo,
si deve anche l'istituzione dell'Egyptian Antiquities Service (il
Servizio egiziano delle antichità archeologiche).
Lefébure
e Loret - Con
l'assunzione della direzione del museo e del servizio delle antichità
egizie da parte di Gaston Maspero, l'incarico di direttore della
missione archeologica francese venne assunto, nel 1881, da Eugène
Lefébure.
Nel
gennaio 1883 raggiunse
la Valle dei Re, installò il proprio campo base nella tomba KV2 di Ramses
IV, e ad aprile dello stesso anno aveva già copiato, per intero,
tutti i geroglifici della
tomba KV17 di Seti
I. Nel giro di quattro anni pubblicò due volumi dal titolo Les
hypogées royaux de Thèbes contenenti, tra l'altro, le prime
planimetrie di 8 tombe non ancora numerate.
A
Maspero, nel 1886, subentrò, quale direttore del servizio delle
antichità, Eugène
Grébaut cui successe, nel 1892, Jacques
de Morgan che resse l'incarico fino al 1897,
quando fu a sua volta sostituito da Victor
Loret.
Loret
operò nella Valle dei Re dal 1898 al 1899 aggiungendo 16 tombe alla
cartografia locale di cui solo cinque già note dall'antichità. Sfortunatamente, il materiale documentale lasciato da
Loret è molto scarso e si è in possesso solo dei rapporti preliminari
delle due tombe di Amenofi II (KV35)
e di Thutmose III (KV34).
Solo a partire dagli anni
settanta del XX
secolo, inoltre, si è a conoscenza di una planimetria di Loret,
scoperta al Brooklyn
Museum, con annotazioni di Charles
Edwin Wilbour.

I
GRANDI SCOPRITORI (1900 - 1922) - Con
il nuovo secolo e l'ormai assestata cultura egittologica, la Valle dei
Re vedrà intensificarsi ancora più l'attività di scavo, da cui
scaturiranno alcune delle più importanti scoperte archeologiche, a cura
ancora di "avventurieri" a caccia prevalentemente di fama e
tesori nascosti, ma anche, tra gli altri, di colui che nel mondo
rappresenta forse il prototipo dell'archeologo "scientifico": Howard
Carter.
Howard
Carter (1900-1904) - Nel 1899 Gaston
Maspero, dopo un intervallo di 13 anni, tornò al suo incarico di
direttore del servizio delle antichità. Se è pur vero che l'attività
di Victor Loret era stata prodiga di scoperte, fu proprio Maspero, o più
esattamente il giovane archeologo da lui protetto, Howard
Carter, che diede il massimo impulso alla ricerca archeologica
egiziana e della Valle in particolare. Nel 1899 Carter, che aveva 25
anni e già vantava quasi otto anni di esperienza di scavo, venne
nominato capo ispettore delle antichità dell'Alto
Egitto.
Il suo primo ritrovamento nella Valle avvenne nell'inverno del 1900:
si trattava della tomba KV42,
originariamente incominciata per la Regina Hatshepsut-Meryetre (moglie
di Thutmose
III), poi destinata al nobile Sennefer, "sindaco"
dell'antica Tebe durante la XVIII Dinastia. Alcuni oggetti di questa
tomba, ma non la tomba stessa, erano stati rinvenuti precedentemente
durante gli scavi di Loret.
Proseguendo
nei suoi scavi nella Valle, nel gennaio 1901 Carter
scoprì la KV44 contenente
sette differenti corpi, verosimilmente appartenenti a una famiglia
nobile della XXII
Dinastia.
Nel 1903 Carter
portò a compimento l'immane lavoro di svuotamento di quella che, con i
suoi oltre 200 m, è la tomba più lunga della Valle, la KV20 della
Regina/Re Hatshepsut.
L'approccio
scientifico di Carter derivava anche dal convincimento che più
importante che scoprire nuovi tesori nascosti, fosse il preservare e
restaurare quanto era già stato scoperto. Nella campagna 1901-1902 si
dedicò, perciò, alla conservazione e restauro delle strutture tombali,
nonché delle suppellettili, dei sepolcri di Amenofi II (KV35),
Ramses I (KV16),
Ramses III (KV11),
Ramses VI (KV9),
Ramses IX (KV6),
impegnando somme considerevoli ottenute da donatori tra i quali
l'avvocato americano Theodore
Davis, l'industriale chimico Robert Mond e una non meglio nota Mrs. Goff.
Una
delle innovazioni che va senz'altro a merito dell'ispettore Carter fu
l'illuminazione con luce elettrica, nel 1903,
di sei delle tombe più note con installazione del generatore nella
tomba KV18 (incompiuta
e prevista, forse, per Ramses
X).
Theodore
Davis - Appartenente
più alla categoria degli avventurieri che a quella
degli egittologi fu il finanziere e avvocato statunitense Theodore
Davis. Fin dal 1889 questi
navigava lungo il Nilo,
ma la passione per lo scavo
archeologico lo colpì solo molto più tardi, nel 1902/3.
Benché
a lui si debbano molte delle scoperte più importanti della Valle dei
Re, tuttavia non si può tacere che i suoi metodi di ricerca, scavo,
documentazione e conservazione siano stati quanto meno superficiali.
Verosimilmente la passione per l'archeologia gli venne suggerita dallo
stesso Carter che a lui si appoggiò, viste le risorse economiche di cui
disponeva, per essere sovvenzionato nelle sue attività di scavo nella
Valle. Grazie alle sovvenzioni di Davis, Carter scoprì, nel gennaio
1903, la tomba di Thutmose IV, KV43;
successivamente, nel febbraio 1903, Carter pose mano allo sgombero della KV20 di
Hatshepsut che durò fino al febbraio 1904 quando, destinato ad altro
incarico, Carter lasciò la Valle.
Le
sovvenzioni di Davis, tuttavia, continuarono con il suo successore,
James
Edward Quibell, che nel 1905 scoprì la KV46 di
Yuya e Tuia. Le interferenze di Davis nei lavori di scavo divennero
tuttavia così pressanti che Quibell se ne lamentò con Maspero, temendo
i danni che potevano essere causati alla Valle.
Maspero, dal suo canto, si dimostrò alquanto debole in questo caso e,
poco tempo dopo la scoperta della KV46, Quibell venne sostituito
nell'incarico di capo ispettore da Arthur
Weigall, consentendo a Davis di acquisire un potere sempre più
ingestibile.
Fu
così che Davis dapprima si limitò a contribuire economicamente per poi
giungere all'idea di divenire a sua volta archeologo.
Se
il valore di un archeologo si misurasse in numero di scoperte,
sicuramente Davis meriterebbe uno dei primi posti, ma non si può tacere
che i metodi utilizzati, la scarsa esperienza, l'arroganza più volte
dimostrata solo mitigata dall'affiancamento di valenti archeologi
professionisti, siano stati alla base di risultati concreti di molto
inferiori a quanto il valore delle scoperte avrebbe lasciato sperare.
Avendo
Davis deciso di intraprendere in proprio l'attività di scavo, Arthur
Weigall riuscì diplomaticamente a convincerlo a farsi affiancare da un
archeologo professionista. Fu così che nel 1905,
Davis si fece dapprima affiancare da un giovane archeologo, Edward
Russell Ayrton. Questi, che di certo aveva metodo nella ricerca e
ben conosceva il giusto criterio di scavo, sotto la continua pressione
di Davis si dedicò a parecchi siti, abbandonandoli poi, per
disposizione dello stesso Davis, senza poter approfondire le sue
ricerche.
Le
scoperte forse più famose di Ayrton e Davis in questo periodo si devono
ritenere una piccola coppa in faience iscritta
con il prenome (Titolatura
reale dell'antico Egitto) di Tutankhamon: Neb-Kheperu-Ra,
che confermò agli archeologi l'effettiva esistenza di un re di tal
nome, e un ostrakon con
la rappresentazione dell'estinto elefante siriano dalle caratteristiche
piccole orecchie. Nel 1905 Ayrton,
sotto lo stretto controllo di Davis, incominciò l'esame sistematico di
tutte le colline della Valle dei Re, effettuando così numerose
scoperte; oltre a una grande quantità di oggetti, tra cui una scatola
in faience con il nome di Horemheb,
scoprì la tomba di Siptah (KV47,
nonché la KV48 di
Amenepimet visir sotto Amenofi II; la KV49)
forse dello scriba Butehamon;
la KV50,
la KV51,
la KV52 contenenti
animali mummificati.
Nel 1906 provvide
allo svuotamento della KV19 di
Montuherkhepeshef; fu quindi la volta della KV53 e, ancora una volta, Davis e Ayrton sfiorarono
Tutankhamon quando scoprirono il pozzo KV54,
che conteneva oggetti e residui dei materiali di imbalsamazione di
quel sovrano.
In tale occasione Davis dichiarò che quella era certamente la tomba di
Tutankhamon e che era inutile perciò proseguire in quella ricerca.
Ancora
al 1906 risale
la scoperta della KV55 che
Davis caparbiamente volle assegnare alla regina Tiy. Non esiste purtroppo documentazione dello scavo e,
quando esiste, è stata compilata a
posteriori, molto dopo i lavori, riportando contraddizioni tra
differenti versioni; la tomba venne svuotata con grave danno per le
suppellettili, che erano già gravemente danneggiate per le
infiltrazioni piovane succedutesi nei millenni.
Nel
gennaio 1908 Ayrton
portò alla luce la KV56,
una semplice tomba appartenente forse a un figlio di Seti II, in cui
vennero rinvenuti svariati oggetti di gioielleria in oro, tanto che la
tomba è anche nota come Tomba d'Oro, e argento.
Nel
febbraio dello stesso 1908 fu la volta della KV57 di
Horemheb, dopo di che Ayrton interruppe la collaborazione con Davis.
Davis
sostituì immediatamente Ayrton con Ernest
Harold Jones, archeologo non professionista (era in realtà un
disegnatore)
che nella campagna 1908/9, completò lo svuotamento di alcune tombe già
note e scoprì la KV58 contenente
alcune suppellettili e frammenti di foglia d'oro provenienti dalla tomba KV23 di
Ay.
Nel 1910 Jones,
minato dalla tubercolosi (morirà l'anno successivo), lasciò la Valle e
venne sostituito da Harry
Burton, fotografo.
Nel 1912 Burton
svuotò la KV3,
mentre nel 1913/1914 si
dedicò allo svuotamento della KV7 di
Ramses II, ma dovette sospendere il lavoro a causa dei depositi
alluvionali presenti nella tomba, che si erano pietrificati nel
corso dei millenni.
Nel 1912,
intanto, Davis aveva dichiarato: "temo che la Valle delle Tombe sia
ormai esaurita".

Carnarvon
- Carter (1915-1922) - Carter,
che intanto aveva lasciato nel 1905 l'incarico di capo ispettore del
Basso Egitto, ritornò nella Valle dei Re nel 1914 essendo stato
assunto quale esperto archeologo da Lord Carnarvon.
Le
ricerche, e le scoperte, di Davis si erano specialmente indirizzate
nella parte "visibile" della Valle dei Re; Carter, più
esperto, riteneva invece che, considerati i depositi alluvionali
accumulatisi nel corso dei millenni, molto fosse ancora da scoprire
scavando e raggiungendo lo strato "0", ovvero quello che
doveva effettivamente essere il piano
di calpestio all'epoca in cui le sepolture erano state eseguite.
L'archeologo britannico era inoltre convinto che la tomba KV54, al
contrario di quanto supposto da Davis, non fosse l'effettiva sepoltura
del Re fanciullo Tutankhamon,
ma che questa fosse ancora da scoprire. Nel 1912, inoltre, aveva
acquistato da un antiquario locale, per conto del suo finanziatore tre
placche da bracciali che ne recavano i titoli
regali e che erano stati dichiaratamente rinvenuti nei pressi
della tomba di Amenofi
III (KV22).
Nel 1915 perciò,
sovvenzionato da Lord Carnarvon, che nel frattempo aveva ottenuto una
concessione di scavo nella Valle dei Re, Carter riprese le operazioni di
svuotamento della KV22,
rinvenendo ulteriori tracce del giovane sovrano in
un deposito funerario nei pressi della tomba. L'interesse di Carnarvon
si fece maggiore e Carter incominciò nuovi lavori di scavo interrotti,
tuttavia, dallo scoppio della prima
guerra mondiale.
Alla
ripresa degli scavi, nel 1917,
Carter rinvenne nei pressi della tomba di Ramses VI (KV9)
dozzine di ostraka e
una serie di elenchi del materiale che era stato sepolto con il VI dei
Ramses, nonché alcuni vasi di unguenti da imbalsamazione usati
per Merenptah tanto che ebbe a dichiarare: "stiamo scavando in aree
mai toccate e non sappiamo cosa possa esserci".
Essendo
tuttavia interesse primario di Lord Carnarvon il reperimento di
materiale per la sua collezione privata, questi giunse alla decisione di
ritirare la concessione per la campagna 1921-1922.
Appreso la decisione di Carnarvon, Carter lo raggiunse in Inghilterra
(nell'ottobre 1922)
e gli propose di mantenere la concessione ancora un altro anno,
offrendosi di pagare le spese di tasca propria.
Ottenuto
il benestare del finanziatore, Carter rientrò alla Valle dei Re alla
fine di ottobre del 1922, spostando il cantiere di scavo proprio nel
triangolo prospiciente la tomba di Ramses VI.
Il
4 novembre 1922, scavando sotto i resti di alcune antiche capanne che
gli operai avevano costruito quale riparo durante i lavori di
realizzazione della sovrastante tomba di Ramses VI, venne scoperto il
primo gradino di una scala che adduceva alla tomba, pressoché intatta,
di un oscuro Faraone della XVIII
Dinastia, neppure riportato nelle liste
reali: Tutankhamon.
La tomba venne classificata con la sigla KV62 e
fu l'ultima scoperta nella Valle almeno fino al febbraio 2006.
POZZI -
La
superficie della Valle dei Re è butterata da altri scavi, oltre le
tombe, che costituivano o semplici pozzi/magazzino o inizi di tombe mai
proseguite che, per minor importanza o per palese insussistenza di
ulteriore sviluppo archeologico, non hanno dato luogo a scavi specifici.
Data la scarsa rilevanza questi, salvo un paio di casi, sono stati
generalmente indicati con la sigla KV (WV se
ubicati nella West Valley) seguita da lettera dell'alfabeto; nella
stragrande maggioranza dei casi, inoltre, pur conoscendone l'esistenza,
non sono stati rilevati né mappati o se ne sono addirittura perse le
tracce.
FURTI
NELLA VALLE - Le
tombe egizie, in genere, e quelle della Valle dei re in particolare,
furono oggetto di ruberie. Dall'esame archeologico, nonché da riscontri
dei papiri giudiziari relativi a procedimenti contro ladri e complici
(talvolta anche nell'entourage degli stessi addetti alla tutela della
Valle), è possibile concentrare gli episodi sostanzialmente in due
specifici periodi:
-
uno
coincidente con la fine della XVIII dinastia a seguito della quale
vennero attenzionate, in special modo, le tombe di Tutankhamon (KV62),
di Thutmose
IV (KV34)
e, forse, di Amenofi
III (KV22);
-
una
fase più estesa temporalmente durante la XX dinastia anche a causa di
periodica corruzione della classe amministrativa, di ripetute carestie e
delle incursioni libiche.
Numerosi
sono i testi, su papiro, relativi a indagini o procedimenti contro ladri
i più importanti dei quali sono compendiati nella tabella
"L".
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