La Piramide di Cheope
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È in Egitto che, nella prima metà del III millennio, appaiono i più antichi esempi di un'architettura funeraria grandiosa che costituiscono le prime vere dimore d'eternità della storia: le piramidi. Furono i Greci a coniare la parola pyramis “piramide”, che sembra derivare a sua volta dal vocabolo pyramos con cui essi indicavano dei pani appuntiti mentre, in origine, gli antichi egiziani chiamavano questi monumenti con la parola mer, che ne evoca la forma e starebbe a significare “luogo dell'ascensione (celeste”. I viaggiatori europei, mercanti e crociati che visitavano le piramidi durante il Medioevo, ritenevano che queste strane ed imponenti costruzioni fossero, sulla scia di reminiscenze bibliche, i “granari de’ pharaon fatti costruire da Giuseppe per far fronte alla carestia; solamente all'inizio del XVII secolo incominciò a farsi strada l’idea che le piramidi fossero dei monumenti funerati come, del resto, affermavano gli autori classici.

Precedute cronologicamente dalle grandi tombe in mattoni crudi di Abido dei sovrani della I Dinastia, la cui forma e decorazione erano in stretto rapporto con il centro del potere regale sulla terra, ossia il palazzo reale, le piramidi sono l'espressione simbolica del carattere divino del re, del suo legame celeste con la divinità solare della quale era ormai divenuto figlio: mediatore tra cielo e terra, il re era colui che poteva estendere i benefici legati alla sua genesi divina anche al popolo e al paese che governava, assicurandogli così benessere e prosperità.

La piramide nasce come evoluzione della mastaba, parola araba che significa “panca” e che veniva utilizzata dagli operai egiziani per indicare queste strutture sopraelevate di forma tubolare che ricoprivano un profondo pozzo destinato a contenere il sarcofago reale e che rappresentano una delle prime espressioni di architettura funeraria del periodo protodinastico.

All’inizio della III Dinastia sotto il regno di Neterikhet Gioser (2630-2611 a C.) l'architetto reale Imhotep, che venne successivamente deificato e assimilato dai Greci al dio della medicina Asclepio, ideò e progettò la prima piramide sull’altopiano di Saqqara.

Concepita come una serie di sopraelevazioni di una mastaba iniziale, questa costruzione era “a gradoni” e costituiva una vera e propria scala, grazie alla quale l’anima del re poteva salire al cielo. La piramide esprimeva così il nuovo concetto della regalità intesa come punto di contatto tra cielo e terra, tra umano e divino che si era ormai affermato. L’invenzione di Imhotep riscontrò subito un grande successo e anche i successori di Gioser adottarono la piramide come dimora d’eternità apportando, però, una serie di cambiamenti architettonici e strutturali che portarono, nella IV Dinastia, alla realizzazione della prima vera piramide che venne innalzata, sotto il regno di Snefru, nella necropoli di Dahshur, situata alcuni chilometri più a sud di Saqqara. Questa evoluzione dalla struttura a gradoni alla piramide vera riflette una analoga evoluzione nelle concezioni religiose: la piramide vera, con le sue linee rette che divergono sulla terra, rappresenta una materializzazione nella pietra dei raggi solari che permetteva all'anima del faraone di ascendere al cielo. 

La forma geometrica stessa della piramide riflette il punto di unione dei tre assi del mondo; quello verticale, che unisce la terra al cielo, ossia il re all’astro solare personificato dal dio Ra; l’asse terrestre che, con andamento parallelo al Nilo, corre da sud a nord ed è collegato alla funzione reale, e l’asse celeste che, congiungendo oriente ad occidente, simboleggia sulla terra il corso diurno del sole che si rigenera quotidianamente. Sia l’asse terrestre che quello celeste sono rappresentati da precise strutture della piramide. Il primo è identificabile nel corridoio discendente che dall’ingresso conduce alla camera del sarcofago e, idealmente, all’esterno in un punto talvolta marcato da una piccola costruzione, detta “piramide-satellite” che rivestiva anche funzione di cenotafio del re in quanto anche sovrano del sud del paese. Il secondo asse, collegato al concetto di resurrezione, è invece simboleggiato dalla rampa processionale che collega il tempio in valle al tempio funerario, una delle principali strutture architettoniche annesse alla piramide, ed evoca il trapasso del corpo dal mondo dei viventi, situato ad est, a quello dell'Aldilà, posto ad ovest.

Di norma il tempio funerario era situato sul lato orientale della piramide: in questo luogo si celava il culto che i viventi tributavano al re defunto e divinizzato in quanto riflesso dell’ordine cosmico e, quindi, garante dell’ordine sulla terra. Il tempio in valle, destinato ad accogliere il corpo del re all'inizio della cerimonia funebre, era costruito sui bordi di un bacino di forma probabilmente rettangolare, direttamente collegato al Nilo. In mancanza di fonti epigrafiche non possiamo sapere quale fosse, in realtà, il rituale funerario all'epoca delle piramidi. Sappiamo, però, che esisteva già una forma, seppure semplificata, di imbalsamazione cerimonia che si svolgeva probabilmente in strutture temporanee poste nei pressi del tempio in valle chiamate uabet o “tenda di purificazione” e per nefer o “luogo di rigenerazione”, dove il corpo del re veniva lavato e sottoposta al processo di imbalsamazione.

È sull'altopiano di Giza, dove si trovava la più grande delle necropoli della vicina Menfi, capitale dell’Egitto nell'Antico Regno, che l’arte e la scienza della costruzione delle piramidi toccarono il massimo livello con l’innalzamento della piramide di Cheope, terzo sovrano della IV Dinastia. Una costruzione che destò tale meraviglia già nel passato da essere inclusa nella famosa lista delle “sette meraviglie del mondo” compilata nel II secolo a.C. da Filone di Bisanzio. 

  1. Piramide di Cheope
  2. Piramidi secondarie
  3. Cimitero Occidentale
  4. Cimitero Orientale
  5. Tempio funerario di Cheope
  6. Fosse delle barche solari
  7. Rampa processionale
  8. Tempio in valle di Cheope
  9. Palazzo di Cheope e città della Piramide
  10. Piramide di Chefren
  11. Tempio funerario di Chefren
  1. Sfinge
  2. Tempio in valle di Chefren
  3. Tempio della Sfinge
  4. Monumento funerario della regina Khentkawes
  5. Piramide di Micerino
  6. Tempio funerario di Micerino
  7. Tempio in valle di Micerino
  8. Strutture portuali
  9. Strutture abitative
  10. Campo degli operai

Fiancheggiata ad oriente e ad occidente da due grandi gruppi di tombe di dignitari che avevano ricevuto il grande privilegio di essere sepolti vicino al loro re e, quindi, di condividerne il carattere divino, l'immensa mole della piramide di Khufu, che i Greci avevano traslitterato in Cheope, colpì profondamente l’immaginazione di tutti i viaggiatori dell’antichità a cominciare da Erodoto, che viaggiò in Egitto nel VI secolo a.C. e che dedicò, nel Libro II delle sue Storie, ampio spazio alle piramidi di Giza e in particolare a quella di Cheope. Alla narrazione erodotea dobbiamo anche l’idea, tanto falsa quanto tenacemente radicata, che le piramidi fossero opera di schiavi costretti a lavorare a prezzo della loro stessa vita per soddisfare l'ambizione di un faraone dispotico. 

Alta originariamente 146,6 metri, la piramide era costituita da poco meno di due milioni e mezzo di blocchi calcarei, ognuno dei quali aveva un peso medio di circa due tonnellate e mezzo, e si estende su una superficie di quasi sei ettari. Poiché in nessuno dei numerosi bassorilievi che decorano le tombe dell'Antico Regno e che illustrano le principali attività praticate all'epoca, compare un sia pur minimo riferimento alla costruzione di una piramide, né al momento attuale siamo in possesso di altri dati provenienti da fonti epigrafiche, ne consegue che non è possibile conoscere con certezza la tecnica utilizzata dagli egiziani per costruire una tale struttura architettonica. 

L'unico racconto che possediamo sulle tecniche utilizzate per costruire le piramidi è quello tramandatoci da Erodoto, nel quale dati verosimili sono spesso mescolati a notizie fantasiose: “Cheope dette poi ordine che tutto il popolo lavorasse al suo servizio. Ad alcuni fu imposto di trasportare blocchi di pietra dalle cave dei monti arabici fino al Nilo, ad altri fu ordinato di prendere queste pietre che venivano trasportate su barche lungo il fiume e trascinarle fino ai monti libici. Lavoravano di volta in volta centomila uomini, ognuno per tre mesi. Il tempo in cui fu costruita la strada sulla quale venivano trasportati i blocchi di pietra fu di dieci anni e secondo me, questa, è un’opera non certo molto inferiore alla piramide stessa. (….). Ci vollero dunque dieci anni per costruire questa strada e le stanze sotterranee sull’altura dove si innalzano le piramidi, stanze che Cheope fece costruire come propria tomba su un’isola, creata adducendo un canale del Nilo.

Per costruire la piramide ci vollero vent'anni: è quadrata, ciascun fronte su ogni lato è di otto plettri e ha pari altezza ed è fatta con pietre levigate e connesse in modo perfetto; nessuna pietra misura meno di trenta piedi. Questa piramide fu costruita, così, a gradini, alcuni dei quali venivano chiamati krossai ed altri bomides.  Dopo averla dapprima costruita in tal modo, sollevarono le pietre restanti con macchine fatte di legni corti, sollevandole da terra sulla prima serie di gradini.

Quando la pietra era innalzata sulla prima serie i gradini, veniva messa su un'altra macchina analoga che era collocata là e quindi trascinata sulla seconda serie e così via. C'erano infatti tante macchine quante erano le serie dei gradini, oppure spostavano la stessa macchina, che era facile da muoversi, su ciascuna serie ogni volta che toglievano la pietra”. (Erodoto, II 124-125). 

Si sa che il regno di Cheope durò circa 23 anni e che il primo atto del re dopo la sua incoronazione consisteva nel far iniziare i lavori per la costruzione della sua dimora di eternità. Pertanto, i lavori per la costruzione della piramide non dovettero durare più di una ventina di anni, dato che concorda con il racconto di Erodoto, mentre è difficile credere che fossero impiegate centomila persone, se non altro per i problemi logistici difficilmente risolvibili che avrebbe comportato una tale massa di persone.

Dati recenti fanno ritenere, sebbene sia difficile fare una quantificazione esatta, che la manodopera impiegata potesse aggirarsi tra i 6.000 e i 17.000 uomini. Gli operai che costruivano la piramide erano probabilmente dei professionisti con diversi gradi di specializzazione che erano affiancati da una moltitudine di semplici manovali, questi ultimi reclutati tra i contadini che durante tutto il periodo dell'inondazione, corrispondente ai mesi compresi tra giugno e settembre, dovevano sospendere il lavoro nei campi. È probabile che questa prestazione di servizio fosse un obbligo al quale non era possibile sottrarsi ma, in ogni caso, si trattava di prestazioni pagate in natura con derrate alimentari. I tecnici e gli operai risiedevano in accampamenti che costituivano la cosiddetta “città della piramide”, posta nelle immediate vicinanze del posto di lavoro e della quale recentemente è stata ritrovata la necropoli a poche centinaia d metri di distanza dalla piramide di Cheope.

Il racconto erodoteo non spiega bene, invece, come i giganteschi blocchi calcarei venissero sollevati e posti a dimora. Le diverse teorie proposte per spiegare la costruzione delle piramidi prevedono l’utilizzo di grandi rampe in mattoni crudi rinforzati con legni di palma. Per quanto riguarda la forma di queste rampe, vi sono due ipotesi principali che prevedono o l'adozione di una rampa dritta perpendicolare al lato della piramide, oppure l'uso di rampe elicoidali avvolgenti. Entrambe queste teorie hanno dei punti deboli evidenti: la teoria della rampa dritta non tiene conto del fatto che, calcolando le gigantesche dimensioni che avrebbe dovuto avere una simile struttura, il lavoro necessario per costruirla prima e per demolirla poi, sarebbe stato più grande di quello richiesto dalla costruzione della piramide stessa. La teoria della rampa avvolgente, invece, non tiene conto dell'estrema difficoltà che avrebbero incontrato gli operai a far compiere angoli di 90° ai blocchi che dovevano issare. Sappiamo invece, da alcune raffigurazioni parietali di tombe private, che i blocchi di pietra venivano spostati per trascinamento dopo essere stati montati su slitte di legno i cui pattini venivano lubrificati con acqua od olio per diminuire l'attrito. Erodoto riferisce che venivano utilizzate anche alcune non meglio precisate “macchine a legni corti” e, per indicare i blocchi calcarei, utilizza due parole ben diverse, krossai e bomides, che in genere non vengono mai tradotte. È ipotizzabile che queste due diverse designazioni dei blocchi siano in rapporto con la loro posizione e che le piramidi siano state costruite per accrescimento verso l'esterno a partire da un nucleo interno originario. 

  1. ingresso originale
  2. nuova entrata
  3. passaggio discendente
  4. cunicolo discendente
  5. camera inferiore
  6. cunicolo ascendente
  7. camera intermedia
  8. cunicolo orizzontale
  9. grande galleria
  10. camera superiore
  11. cunicolo verticale

  1. camera del re

  2. anticamera

  3. dispositivo di bloccaccio (saracinesche di granito)

  4. camere di scarico

L'estrema precisione nell'orientazione astronomica delle piramidi, basti pensare che per la piramide di Cheope la determinazione del nord presenta una deviazione di soli 3'6” rispetto alla misura ottenibile ai nostri giorni e che la massima differenza riscontrata misurando la lunghezza di ogni suo lato è inferiore a cinque centimetri, fa ritenere che alla metà del III millennio a C. le conoscenze tecniche scientifiche dell'antico Egitto fossero già assai avanzate. Gli architetti dell’epoca possedevano e utilizzavano già strumenti semplici ma efficaci come la squadra, il filo a piombo e il merket, costituito da un bastone di legno sormontato da una forcella, che permetteva di traguardare oggetti lontani e che, usato insieme al filo a piombo, forniva la possibilità di determinare con precisione altezze e inclinazioni. 

Si sa con certezza che tutti i calcoli geometrici erano basati su una unità di misura chiamata “cubito reale”, pari a 0,524 metri, suddiviso in / palmi e ogni palmo, corrispondente a 7,5 centimetri, era a sua volta suddiviso in 4 dita: il dito, unità minima di misura, corrispondeva a circa 1,87 centimetri. D’altra parte, l'elevato livello di conoscenze riguardanti la geometria e le scienze matematiche è attestato dal celebre papiro Rhind, risalente al Secondo Periodo Intermedio, ma probabile copia di un documento più antico, dove vengono esposti numerosi problemi di geometria applicata proprio alle piramidi.

I numerosi ritrovamenti di utensili come mazze in legno, scalpelli in rame o in bronzo e picconi non lasciano dubbi sugli strumenti utilizzati dai costruttori di piramidi che curiosamente, pur conoscendo la ruota, non ne facevano praticamente uso.

La costruzione della piramide iniziava dopo l'approvazione del re al progetto che gli veniva sottoposto dagli architetti e che prevedeva già i parametri fondamentali della costruzione come l'altezza, la lunghezza di ogni lato, l'inclinazione delle facce, la posizione topografica e l'orientamento, scelte queste che tenevano conto anche di fattori come l'allineamento con luoghi di culto, piramidi preesistenti, astri o costellazioni. Il terreno prescelto per la costruzione, sul quale venivano segnate con estrema precisione le posizioni degli angoli della futura piramide, era accuratamente spianato e livellato e in corrispondenza degli angoli venivano piantati nel terreno dei picchetti di legno. Aveva poi luogo l'importante cerimonia di fondazione nel corso della quale il re tendeva una corda che collegava i picchetti e, dopo aver effettuato la purificazione rituale del sito, deponeva in una piccola fossa alcuni amuleti che costituivano il cosiddetto “deposito di fondazione”. Solo allora iniziava la costruzione vera e propria che vedeva all'opera diverse squadre di operai, ad ognuna delle quali era assegnato un preciso e specifico lavoro. Veniva anzitutto scavato un bacino collegato al Nilo da canali per permettere l’attracco delle barche destinate al trasporto dei materiali e veniva allestito un apposito piano inclinato, futura rampa processionale, che per tutto il periodo della costruzione sarebbe stato la via lungo la quale i grandi blocchi di pietra erano trascinati fino alla base della piramide.

Contemporaneamente squadre di cavatori erano al lavoro per preparare i massi di calcare più grossolano che servivano a formare il nucleo della piramide e che provenivano da un luogo situato il più vicino possibile a quello di utilizzazione. Altre squadre lavoravano sulla sponda opposta del Nilo, nelle grandi cave di Tura – le “montagne arabiche” di Erodoto – dove si trovava un bel calcare dal colore assai chiaro che, tagliato in lastre, sarebbe stato utilizzato per il rivestimento esterno finale della piramide. Incominciavano quindi i lavori di montaggio delle pietre angolari e d’innalzamento delle prime assise perimetrali e iniziava la costruzione degli appartamenti funerari destinati, in seguito, ad essere ricoperti da altri blocchi di pietra. La struttura di queste camere interne varia da piramide a piramide, anche se ritroviamo quasi sempre la stessa disposizione degli elementi fondamentali, come l'ingresso, il corridoio discendente e la camera del sarcofago.

Quando la piramide era finita, al suo apice veniva collocata una cuspide chiamata pyramidion, rivestita da electron, una speciale lega di oro e di argento, destinata a riflettere nel deserto e nella sottostante piana del Nilo i raggi solari. Ogni piramide poi riceveva un nome proprio che evocava il destino glorioso del re e la funzione della piramide come sede della misteriosa trasformazione che si concludeva con la rinascita divina del sovrano.

La piramide di Cheope, che era stata battezzata “l’orizzonte di Cheope”, si distingue non solo per la sua mole, ma anche per la complessità delle sue strutture interne che hanno dato adito a molteplici interpretazioni attraendo l'attenzione dei piramidologi al punto tale da far quasi ignorare le due contigue e ben visibili piramidi di Chefren e Micerino. L’ingresso originario della piramide, collocato a una quindicina di metri di altezza sul Iato settentrionale, immette in un corridoio discendente che, dopo un breve percorso di 18 metri, si biforca in un corridoio ascendente che si apre nella Grande Galleria diretta verso la camera del sarcofago o “camera del re” e in un secondo corridoio discendente che penetra nel cuore della piramide e conduce in una camera rupestre sotterranea, la cui funzione non è ancora perfettamente chiarita, ma che sembra evocare la dimora di Sokar, dio dell'Oltretomba. Nella piramide si trova ancora una terza camera sepolcrale detta “camera della regina”, disposta in corrispondenza dell'asse verticale della piramide alla quale si accede tramite un corridoio orizzontale che inizia all’imbocco della Grande Galleria: molto probabilmente questa stanza era destinata ad accogliere una grande statua raffigurante il ka reale, ossia l’elemento immateriale, che incarnava la personalità del defunto costituendone una specie di “doppio”. Secondo una teoria la costruzione di tre camere sovrapposte corrisponderebbe ad altrettanti cambiamenti del progetto in corso d'opera, ma le ricerche recenti fanno, invece, ritenere che queste strutture facessero parte del progetto iniziale e obbedissero a esigenze rituali.

Nella piramide di Cheope ogni dettaglio costruttivo sembra rispondesse a precise esigenze e dimostra al tempo stesso lo straordinario grado raggiunto dagli Egiziani alla metà del III millennio a.C. La costruzione della Grande Galleria, con i suoi blocchi aggettanti disposti con precisione millimetrica e la camera del re, il cui soffitto è formato da nove lastre di granito pesanti 400 tonnellate, sono gli esempi più appariscenti di questo elevato livello tecnologico. Una struttura particolare che riscontriamo solo nella piramide di Cheope e che non venne mai più utilizzata successivamente è quella delle cosiddette “camere di scarico”, un sofisticato sistema di cinque camere sovrapposte, situate al di sopra della camera del re, progettato forse con lo scopo di alleggerire il carico esercitato sul soffitto della camera e impedirne un possibile collasso.

Altre strutture dal significato ancora poco chiaro sono costituite dai cosiddetti “condotti di aerazione”, due stretti pertugi quadrati larghi circa 20 centimetri, che partono dalla camera del re e fuoriescono sui lati nord e sud della piramide a 71 e a 53 metri di altezza.

L'inclinazione e la posizione di questi cunicoli, che sono presenti anche nella “camera della regina”", sono state certamente calcolate per ottenere un'orientazione astronomica ben precisa: i cunicoli del lato nord, infatti, sono orientati sulle stelle circumpolari mentre quelli del lato sud sulla costellazione di Orione. Probabilmente questi cunicoli avevano anch'essi una funzione puramente rituale e sono stati ideati per facilitare l'ascesa al cielo dell'anima del re.

All'esterno, sul lato orientale, la piramide di Cheope è fiancheggiata da tre piramidi secondarie attribuite alla regina Henutsen sorellastra di Cheope, alla regina Meritetis e alla madre del re, Hetepheres. Recenti scavi diretti dall’archeologo egiziano Zahi Hawass hanno permesso di scoprire in corrispondenza dell'angolo sud-est anche una piramide-satellite.

Le strutture del tempio funerario sono invece quasi scomparse come, del resto, quelle della rampa processionale lunga 825 metri e del tempio in valle le cui fondamenta e parte della pavimentazione originaria sono state ritrovate durante scavi eseguiti da Hawass nel 1990.

Sul lato orientale della piramide alcune grandi fosse naviformi ben visibili attestano l'usanza di completare il corredo funerario del re con barche. Questo uso è stato confermato nel 1954 quando anche sul lato meridionale della piramide vennero scoperte due altre fosse, ricoperte da blocchi calcarei il cui peso variava dalle 17 alle 20 tonnellate. Una delle due fosse venne scavata ed aperta: all’interno conteneva una barca in legno perfettamente integra e smontata in 1224 pezzi, che riacquistò la sua forma originaria dopo un paziente lavoro di restauro durato quattordici anni. Questa imbarcazione dalle linee straordinariamente eleganti e affusolate con la prua e la poppa rialzate, era lunga 43,5 metri e larga 5.6 metri. Il suo fasciame di legno di cedro proveniente dal Libano era assemblato grazie ad un sapiente sistema d’incastri e di corde senza fare ricorso a chiodi o a parti metalliche. La barca reale, progettata per una navigazione di tipo fluviale come dimostra il pescaggio assai ridotto (circa un metro e mezzo), non era dotata di vela, ma la sua propulsione avveniva grazie a dieci paia di remi, mentre la direzione era assicurata da una coppia di timoni posti poppa.

 A cosa servivano queste barche disposte intorno alla piramide di Cheope? La barca del re aveva mai navigato lungo il Nilo? Era una barca da cerimonia utilizzata per trasportare alla piramide il corpo del re, oppure aveva una funzione rituale e simbolica? Questi interrogativi restano per ora senza una risposta certa, ma sembra che quest'ultima ipotesi sia la più probabile. La barca aveva una funzione estremamente importante in un paese come l'Egitto, nel quale costituiva l'unico mezzo di trasporto. Il dio sole Ra era immaginato a bordo di una barca mentre attraversava quotidianamente il cielo nel suo immutabile percorso da Oriente ad Occidente e i Testi delle Piramidi che troviamo scolpiti all'interno delle piramidi della V Dinastia a Saqqara e che costituiscono i più antichi testi religiosi conosciuti, hanno frequenti riferimenti alla navigazione celeste del faraone. È quindi probabile che secondo le credenze dell'epoca queste imbarcazioni servissero all'anima del faraone per raggiungere quella del padre Ra nel cielo e di navigare con lui eternamente.

 

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Fonte:
Dimore eterne - Alberto Siliotti