Dimore eterne e luoghi sacri

 

Salute a voi, signori della verità, privi di colpa, 
che esistete fino all'eternità, sino al limite dell'infinito. 
(dal Libro dei Morti)

L'atteggiamento dell'uomo di fronte al grandioso, al terribile, all'imprevedibile, identificati nel divino, ha alimentato nel tempo le credenze religiose attraverso lo spazio simbolico e spirituale del sacro, manifestato non soltanto con il pensiero, ma anche materialmente in luoghi reali ben precisi, divenuti duraturi punti di riferimento delle tradizioni delle comunità. 
Molti di questi luoghi e dei monumenti che li identificano ai nostri occhi ci sono pervenuti carichi di suggestioni ma anche di interrogativi, perché è impossibile, a distanza di migliaia di anni, decifrare con certezza il significato dei messaggi affidati alle pietre e non si può penetrare più di tanto nel pensiero di popolazioni scomparse.
Dalle perfette piramidi egizie agli imponenti monumenti megalitici, dai templi classici a quelli innalzati in età storica, è un susseguirsi di straordinarie testimonianze che affascinano ed emozionano, custodi in gran parte dei loro arcani segreti. Oltre a luoghi di culto e di sepoltura, vi sono intere città divenute emblema delle più diffuse religioni del pianeta, e grandi chiese il cui simbolismo e la cui forza di attrazione sono tuttora capaci di muovere le folle. E' poi inevitabile che in tale varietà di espressioni realtà e leggenda spesso si siano fuse, accomunando antiche costruzioni, personaggi reali e situazioni fantastiche. Questo lungo viaggio intrapreso dall'uomo alla ricerca dell'infinito ha lasciato per nostra fortuna copiose tracce, che si possono seguire visitando i principali luoghi sacri del mondo.

Ogni civiltà, ogni cultura, in tutta la storia dell'uomo, ha mostrato una particolare attenzione al problema della morte e a quello, strettamente collegato, dell'esistenza di un mondo ultraterreno.

Il rifiuto della morte, connaturato alla nostra stessa vita, si riflette nell'intima convinzione, che ogni uomo inconsciamente possiede, di essere in qualche modo immortale. Questa persuasione, smentita dalla logica, si manifesta nella credenza di una continuazione della vita oltre la vita, dell’esistenza di un Aldilà, variamente rappresentato a seconda delle epoche e delle culture.

Fin dal Paleolitico l'uomo ha creduto in questa realtà soprannaturale, considerando la morte un fatto ineluttabile che neppure gli dèi erano in grado di scongiurare - come un passaggio a un altro mondo, l'inizio di un lungo viaggio, talvolta immaginato pieno di difficoltà e di pericoli, che avrebbe condotto il defunto in una specie di universo parallelo, mai completamente distaccato da quello reale. Per l'uomo preistorica la natura nella quale viveva non era un semplice ambiente fisico, ma una dimensione pervasa da forze soprannaturali che formavano un tutt'uno con il mondo, interagendo con esso nell'accadere delle cose. 

Così la morte non rappresentava la fine della vita, ma il passaggio a un’altra esistenza, immaginata in modo concreto e tangibile simile a quella terrena, nella quale i defunti mantenevano le stesse prerogative, gli stessi desideri e, soprattutto, le stesse necessità. In altre parole, non c'era un vero e proprio confine tra mondo dei vivi e mondo dei morti ma, al contrario, una continua interazione poiché per l’uomo preistorico, come è d'altronde attestato in numerosi miti, cielo e terra in origine erano uniti e solo successivamente furono divisi. Questo concetto si ritrova anche in altre civiltà: nella cosmogonia egiziana, ad esempio, fu il dio dell’aria Shu che separò la terra, impersonificata dal dio Geb, dal cielo, rappresentato dalla dea Nut, e in quella sumerica fu il dio Enlil a decretare questa separazione, creando il mondo. 

In tale concezione, che poneva l'Aldilà in una situazione interattiva con il mondo terreno, i defunti furono fatti oggetto di culti dapprima semplici e poi sempre più elaborati, così come più ricche e grandiose divennero le loro sepolture, immaginate come vere e proprie "dimore dell'eternità"

Nel vicino Oriente, nell’area corrispondente all'attuale Iraq, l'usanza di seppellire i defunti secondo un preciso rituale sembra essersi sviluppata già nel Paleolitico Medio, come comproverebbe la sepoltura ritrovata a Shanidar e datata al 70.000 a.C, nella quale lo scheletro di un uomo di tipo neanderthaliano è stato ritrovalo adagiato su un letto floreale.

In Egitto, nel sito denominato Nazlet Khater 4, verme scoperta la prima forma di sepoltura oggi conosciuta nel territorio africano, databile al Paleolitico Superiore (circa 33.0000 a.C.): un uomo, di tipo affine ai Cro-magnon europei, era stato sepolto in posiriane prona e vicino alla sua testa era stara deposta un'ascia di pietra. Questa rudimentale sepoltura dimostra la comparsa di una nuova sensibilità e di un diverso atteggiamento verso la morte e l’Aldilà, forma embrionale di quel culto dei defunti che talora fu trasformato anche in culto degli antenati, intesi come elementi di una linea di discendenze che permetteva all'individuo di affermare la sua identità come membro di un determinato gruppo o di una tribù.

Solo quando l'uomo abbandonò l'economia basata sulla caccia, la pesca e la raccolta che lo obbligava al nomadismo, per passare a quella fondata sullo sfruttamento agricolo delle risorse del territorio e sulla domesticazione degli animali che rendevano necessaria una vita sedentaria, poté praticare un vero culto dei defunti e costruire tombe elaborate. La sedentarizzazione impose la creazione di strutture organizzate con un aree adibite ai lavori artigianali e ai commerci e altre riservate alle prime cerimonie religiose, oltre che la creazione della figura del capo, che era colui che dirigeva e regolava tutti quei lavori collettivi, necessari al consolidamento di un'economia prevalentemente agricola. Attorno a questa figura emblematica si radunarono ben presto altre persone impegnate in compiti specifici, quali l'organizzazione delle strutture difensive, la gestione della vita sociale e lo svolgimento dei rituali religiosi che daranno vita a una differenziazione delle classi sociali, prefigurando i guerrieri, i funzionari e i sacerdoti. Furono proprio la presenza di un capo e la gerarchizzazione della società che resero possibile la costruzione delle prime sepolture monumentali, la cui realizzazione presupponeva uno sforzo comune e un lavoro collettivo organizzato per un fine che trascendeva il singolo individuo, ma in cui tutto il gruppo si identificava.

In Europa, gli uomini neolitici, che nel V millennio a.C. erano diventati ormai agricoltori, costruirono le prime grandi tombe a tumulo e i dolmen, tipiche espressioni di una cultura megalitica nella quale si mescolavano e convergevano riti funerari, religiosi e magici.

Nel settore del Mediterraneo orientale, a Gerico, popolazioni della cultura natufiana che fin dal IX millennio a.C. avevano incominciato a praticare forme sia pur rudimentali di agricoltura, attuavano già un culto dei defunti ricoprendone i crani con gesso e incastonando delle conchiglie marine nelle cavità orbitali, per rimodellare i loro tratti a immagine dei viventi.

Nello stesso periodo, nell'altopiano anatolico e in Oriente si affermavano i primi centri proturbani, nei quali si assiste a una diversificazione sempre più marcata delle sepolture a seconda della classe e del rango sociale del defunto e alla comparsa di vere e proprie tombe con sovrastrutture.

Nell'altopiano iranico, e precisamente nel Luristan settentionale, sorsero decine di piccoli villaggi, uno dei quali, chiamato Choga Mish, si ingrandì smisuratamente, arrivando a coprire una superficie valutata tra i 10 e i 18 ettari e diventando, in tal modo, uno dei primi centri urbani della storia dell'umanità.

Anche in Egitto, tra il VI e il V millennio a.C., comparvero i primi insediamenti stabili di popolazioni che praticavano un'economia mista di caccia, pesca e raccolta e seguivano un rituale preciso nella sepoltura dei defunti, che venivano avvolti in stuoie e sepolti in posizzione fetale, adagiati sul fianco destro con la testa orientata verso il Sud e il viso verso l'Occidente, fatto che lascia presupporre già l'esistenza di un collegamento tra il mondo dei morti e l'astro solare al tramonto.

Nello stesso periodo, a Mehrgath, nella valle dell'Indo, i defunti venivano deposti in tombe a pozzo, la cui chiusura era assicurata da un muro di mattoni, insieme a un vero e proprio corredo funerario, costituito da offerte e da monili con pietre semipreziose.

In Cina, dove la domesticazione delle piante era ormai acquisita e la coltura del riso era praticata in vaste superfici nella regione del delta del fiume Yangtze, i defunti venivano sepolti secondo una precisa orientazione rituale, con il corpo disposto lungo l'asse nord-sud. Solo nel III millennio, però, tra la fine del Neolitico e l'inizio dell'Età del Bronzo, vediamo comparire i primi veri esempi di tombe monumentali che racchiudono preziosi corredi funerari attestati nei tumuli megalitici in Europa, nelle grandi sepolture protodinastiche delle necropoli di Abido e Saqqara in Egitto, nelle tombe reali di Ur, in quelle della cultura Liangzhu della regione del Lago Tai in Cina, e perfino nei più antichi tumuli funerari, i cosiddetti Kurgan, delle popolazioni nomadi che vivevano nelle steppe caucasiche e siberiane. Un fatto in ogni caso sembra accomunare tutte le diverse civiltà e le culture neolitiche che si svilupparono sul pianeta: la fede in un mondo ultraterreno è un fatto ovunque accertato e il culto dei defunti divenne sempre più importante per le varie popolazioni, che cercarono di conferire alle loro dimore dell'eternità quei caratteri di monumentalità e di perennità che porteranno l'architettura funeraria a realizzare molte delle più belle opere dell'ingegno umano.

 
Fonte:
Dimore eterne - Alberto Siliotti