La Tomba di Sennefer e le Tombe dei Nobili a Tebe

 

Le tombe private che appartenevano ai notabili, ai dignitari che vivevano nell'ambito della corte e agli artisti, riflettevano, ovviamente, le stesse concezioni teologiche e religiose espresse nelle tombe reali dalle quali, tuttavia, differivano sia sul piano architettonico, sia per quanto riguardava il programma decorativo. Mentre il culto funerario reale veniva praticato solo ed esclusivamente nei grandi templi memoriali, il culto funerario privato veniva celebrato nella tomba stessa che era, quindi, non solo il luogo in cui si seppelliva il defunto, ma anche quello in cui lo si venerava. L’architettura delle tombe private esprime questa duplice funzione mediante una netta separazione del settore destinato all'inumazione del corpo, che consisteva in una camera sepolcrale sotterranea alla quale generalmente si accedeva attraverso un pozzo verticale e che veniva sigillata al momento dei funerali, dal settore riservato al culto del defunto, corrispondente, da un punto di vista simbolico e funzionale, ai templi memoriali reali. Questa parte era costituita da una cappella che normalmente veniva fatta precedere da un vestibolo disposto trasversalmente, formando, così, una struttura a “T” rovesciata. L’entrata del vestibolo, che in genere si apriva su un cortile esterno, poteva essere sormontata da una piccola piramide detta pyramidion.

Nella cappella, le cui pareti erano sempre decorate con pitture policrome, veniva spesso collocata una statua del defunto a grandezza naturale che, a volte, era accompagnata anche da quelle dei familiari più stretti, moglie e figli. Una particolare categoria di tombe private era quella costituita dalle sepolture degli artisti e degli operai che lavoravano alla costruzione e alla decorazione delle grandi tombe reali, concentrare tutte nella necropoli del villaggio operaio di Deir el-Medina.

In queste tombe l'entrata della cappella sempre sormontata da un pyramidion in mattoni crudi e la parte più riccamente decorata con pitture è, contrariamente a quanto si verifica di norma, la camera sepolcrale. Fu in questa necropoli che vennero scoperte, nel 1886 e nel 1906, le camere sepolcrali intatte di due tombe appartenenti rispettivamente al capomastro Sennegem, “Servitore nella Sede della Verità” e all’architetto Kha, “Capo nella Grande Sede”, i cui corredi funerari hanno permesso di mettere in luce molti aspetti della vita quotidiana dell’Antico Egitto.  

La tomba di Kha conteneva ben cinque sarcofagi appartenenti al defunto e a sua moglie Meryt, della quale venne ritrovata, all’interno di un armadio ligneo, anche la parrucca. Intorno ai sarcofagi erano disposti nobili di diverso genere (sgabelli, tavolini, un letto, scatole e cofanetti di legno), teli di lino e biancheria, cibi, bevande e perfino una corona di fiori ancora ben identificabili. Accanto alla mummia del defunto vi era u papiro dove era stato trascritto un testo praticamente completo del Libro dei Morti.

L’altra grande differenza tra le tombe reali e quelle private era rappresentata dalle scene dipinte sulle pareti delle cappelle, che in genere erano ispirate alla vita quotidiana e alle attività terrene del defunto piuttosto che al mondo dell’Aldilà.

Naturalmente, passi e illustrazioni tratti dal Libro dei Morti e soprattutto dal Libro delle Porte, scene di tipo mitologico e rituale, raffigurazioni di dei, scene di offerta o scene riguardanti la vita nel mondo dell’Aldilà, non erano completamente ignorati ma venivano utilizzati essenzialmente in quei rari casi in cui si decidesse di decorare con pitture parietali la camera sepolcrale.

Questi temi ultraterreni erano comunque posti in secondo piano rispetto a quelli ispirati alla vita quotidiana del defunto stesso, che era il vero protagonista e tema ispiratore dell’intero programma decorativo. Il punto di contatto tra tali motivi iconografici contrapposti era rappresentato dalle scene ispirate proprio ai funerali del defunto, quasi sempre raffigurati ma, anche in questo caso, prevale largamente l’aspetto materiale e terreno su quello metafisico.  

Tutta quella parte terrena del rituale funerario, di cui generalmente non appare traccia nelle decorazioni delle tombe reali, ad eccezione di quella di Tutankhamon, è invece assai bene rappresentata nelle tombe private dove le pitture descrivono con abbondanza di particolari e molto spesso con grande senso artistico, l’imbalsamazione dl defunto e il suo rituale, la processione funeraria con i servi che trasportano il corredo funebre, le cerimonie di purificazione dell’apertura della bocca davanti alla tomba, il trasporto del sarcofago nella camera funeraria e il grande banchetto funebre, allietato da musici e danze, che rappresentava l’ultima tappa della cerimonia funebre.

È proprio grazie a queste rappresentazioni che possiamo conoscere molti dettagli del rituale funerario in uso all’epoca dei faraoni tebani. Uno dei temi più comuni è costituito dal pellegrinaggio rituale ad Abido effettuato dal defunto che viene rappresentato mentre discende il Nilo a bordo di una barca per raggiungere la città sacra: ad Abido, infatti, secondo la tradizione vi era la tomba di Osiri, il dio ucciso e smembrato dal malvagio fratello Seth, il cui corpo venne ricostituito dalla sua sposa Iside che magicamente riuscì a ridargli vita e a generare il figlio Horo. Il defunto si recava simbolicamente ad Abido, dove si fecero seppellire anche i re della I Dinastia, per rendere omaggio ad Osiri, simbolo di resurrezione, ma al tempo stesso Signore dell’Aldilà, davanti al cui tribunale egli avrebbe dovuto presentarsi. Qui, al cospetto del tribunale osiriaco di cui facevano parte 42 divinità, il defunto avrebbe dovuto sottoporsi alla cosiddetta “pesatura dell’anima” o psicostasia, descritta nel capitolo 125 del Libro dei Morti.

Nel corso di questa tappa fondamentale del suo viaggio ultraterreno, il cuore del defunto, che gli Egiziani ritenevano sede dell'anima e del pensiero, veniva posto sulla bilancia divina e il suo peso veniva comparato con quello della dea Maat, personificazione dell'ordine cosmico, talvolta rappresentata dalla piuma di struzzo che ne trascrive il nome. Il defunto recitava davanti al divino consesso la “confessione negativa” nel corso della quale egli dichiarava le colpe che non aveva commesso durante la sua esistenza terrena, purificandosi e permettendo in tal modo al suo cuore di trovare il necessario equilibrio con Maat: solo allora egli era riconosciuto come “giustificato” e poteva essere assimilato a Osiri stesso.  

Se l'ultimo atto della vita terrena del proprietario, ossia la sua morte e la sua cerimonia funebre, aveva largo spazio nelle pitture parietali della tomba, il tema preferito e più largamente rappresentato erano senza dubbio le attività quotidiane del defunto. E 'in questo contesto che appaiono le scene più belle e poetiche raffigurate dagli artisti dell’epoca: la vita nei campi dalla semina alla raccolta delle messi, la pesca e l’uccellagione nelle paludi, la vendemmia e la fabbricazione del vino, la preparazione degli alimenti, l’irrigazione dei giardini, la fabbricazione di gioielli e di oggetti destinati ai corredi funerari, sono tra i soggetti più largamente rappresentati.

Molto spesso una buona parte delle pitture era ispirata alle attività pubbliche e private dei defunti che generalmente erano uomini di corte che ricoprivano cariche estremamente importanti. Possiamo così osservare il defunto durante le sue funzioni ufficiali mentre presiede all'esazione delle imposte e sovrintende al versamento dei tributi dei paesi stranieri o mentre controlla i lavori agricoli nei possedimenti posti sotto la sua autorità, o ancora mentre ispeziona i laboratori nei quali vediamo gli artigiani intenti alle loro occupazioni.

Nelle scene di vita quotidiana il defunto era spesso raffigurato insieme al suo re durante le udienze alle delegazioni straniere o durante le offerte di tributi o di omaggi floreali, oppure ancora osserviamo il defunto mentre è in atto di adorare il faraone rappresentato in forma divinizzata. Talvolta il sovrano veniva raffigurato da solo, senza il defunto, davanti alle altre divinità, o vivente seduto sul trono, oppure accompagnato dalla sua sposa reale o da principi e principesse.

Un soggetto che si riscontra frequentemente nelle decorazioni parietali è costituito dalle grandi manifestazioni religiose come la festa di Montu. il dio guerriero tebano, e soprattutto la Bella Festa della Valle nella quale, una volta all'anno, le statue di Amon, della sua sposa divina Mut e di loro figlio Khonsu, che costituivano la cosiddetta “Triade Tebana”, venivano trasportate in una grande processione fluviale dal tempio di Karnak fino alla riva occidentale da dove partiva un corteo diretto al tempio di Deir el-Bahari. Talvolta, accanto a questi soggetti solenni, le pitture rappresentavano anche piccoli dettagli della vita quotidiana che oggi ci permettono di cogliere un aspetto “vivo” degli antichi Egiziani, come la raffigurazione di un barbiere mentre taglia i capelli a un suo cliente, oppure una scena di bastonatura o dettagli di tipo naturalistico dipinti con straordinario realismo, nei quali possiamo osservare piccoli uccelli sui rami degli alberi, farfalle, locuste nidi di volatili e perfino un gatto che si aggira in una foresta di papiri alla ricerca di possibili prede.

Come le tombe reali erano raccolte nella Valle dei Re anche le tombe private dei notabili hanno una ben precisa collocazione topografica e sono concentrate prevalentemente sui fianchi della collina chiamata Sheikh Abd el-Qurna che si eleva a metà strada tra le due necropoli reali, la Valle dei Re a nord e la Valle delle Regine a sud, oltre che nel villaggio operaio di Deir el-Medina e in altre necropoli minori situate nelle vicinanze di Shekh Abd-Qurna. 

Tra le le oltre 400 tombe private della necropoli tebana, quella forse più rappresentativa dal punto di vista artistico è la tomba di Sennefer, un altissimo dignitario che portava il titolo di “Sindaco della Città" e che visse durante il regno di Amenofì II (XVIII Dinastia) nella seconda metà del XV secolo a.C.

Le pitture di questa dimora d’eternità costituiscono non solo uno dei più begli esempi della pittura tebana del Nuovo Regno, ma illustrano mirabilmente i più importanti temi a cui si ispirava il programma decorativo delle tombe private introducendo, tuttavia, importanti innovazioni stilistiche. La tomba di Sennefer era, dal punto di vista architettonico e decorativo, assai atipica in quanto la camera sepolcrale aveva dimensioni insolitamente grandi ed era completamente decorata con pitture parietali di solito riservate alla parte pubblica delle tombe, ossia alla cappella e al vestibolo. 

Inoltre, anche le scene pittoriche policrome erano anomale, perché le rare pitture ritrovate nelle camere sepolcrali sono ispirate al mondo ultraterreno e riportano passi tratti dal Libro dei Morti e anche da composizioni più antiche come i Testi delle Piramidi: nella tomba di Sennefer il tema dominante è rappresentato dal defunto e dalla sua sposa Meryt, “l’Amata”, uniti da un amore che oltrepassa quello della vita terrena e che viene assimilato a quello che legava Osiri e Iside.

Nelle pitture dell’anticamera, Sennefer riceve le offerte portate da un corteo di sacerdoti preceduti dalla figlia Mut-tuy che offre al padre un amuleto a forma di piccolo cuore in lapislazzuli, mentre un secondo corteo di servitori presenta il corredo funerario e gli addobbi destinati ad onorare il corpo imbalsamato del defunto. Il tutto si svolge sotto una pergola dipinta sul soffitto, dalla quale pendono grappoli d’uva: si tratta dell’evocazione della vigna di Osiri che esprime la forza vitale e il potere rigenerante del dio.

Le irregolarità della roccia in cui è stata scavata la tomba, sapientemente sfruttate dagli antichi artisti, conferiscono a questa decorazione un carattere tridimensionale assolutamente inedito e unico in tutta la pittura tebana, che hanno valso a questa tomba il soprannome di “tomba delle vigne” attribuitole dai primi visitatori.

Nella contigua camera sepolcrale il soffitto, decorato in parte con il motivo della vigne e in parte con disegni geometrici di tipo convenzionale, è sostenuto da quattro pilastri interamente dipinti su ogni lato. Le pitture rappresentano per ben quattordici volte Sennefer che riceve in offerta da Meryt collane, fiori di loto, amuleti, unguenti e balsami profumati, mentre le decorazioni di due pilastri illustrano il rituale “dell’Apertura della Bocca”, soggetto questo raffigurato anche nelle scene policrome della parete est e della parete sud della sala.

Un altro grande tema rappresentato in ogni dettaglio è costituito dall’evocazione dei funerali di Sennefer il cui sarcofago, preceduto dai portatori con il corredo funerario e seguito dagli amici e da alti dignitari di corte, veniva trasportato nella necropoli. In altre scene disposte nella parete nord, il defunto e la sua sposa sono raffigurati davanti a ricche tavole di offerta, mentre i testi geroglifici precisano che si tratta di “Offerte che il re dà a Osiri, Signore dell’eternità, perché procuri pane e birra, carni e ogni cosa buona e pura per il ka di Sennefer, giustificato”.

Una grande scena nautica illustra, invece, il pellegrinaggio rituale ad Abido compiuto da Sennefer e Meryt che navigano a bordo di una barca dipinta con il colore verde che simboleggia il papiro, ma anche metaforicamente la resurrezione, tema questo che diviene dominante nell’ultima parte de programma decorativo. 

La tomba aveva un orientamento simbolico e rituale, differente da quello geografico reale, a cui sottostava tutto il programma decorativo, evocazione del periplo rituale dell’anima del defunto nell’Aldilà, che si concludeva con la sua trasformazione e la sua rigenerazione. Solo allora egli poteva “uscire al giorno” come Sennefer e Meryt che, nell’ultima delle scene evocate nella camera sepolcrale, sono ritratti in piedi mentre, ormai rigenerati, si preparano ad “uscire al giorno” e a vedere “il disco (solare) nel suo percorso quotidiano”.  

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Fonte:
Dimore eterne - Alberto Siliotti