Siti archeologici di Micene e Tirinto
  
PATRIMONIO DELL'UMANITÀ DAL 1999
  

   

I MONUMENTI FUORI DELL'ACROPOLI - I monumenti che si trovano negli immediati dintorni dell'Acropoli possono essere divisi in due gruppi fondamentali. Uno è costituito dalle case dei Micenei che vivevano fuori dell'Acropoli ed anche dai complessi di edifici che alloggiavano, fuori delle mura, molte delle attività commerciali dei palazzi.

Un altro grande gruppo di monumenti sono le tombe di vari tipi, epoche e classi sociali, che si trovano sparse nella zona attorno all'Acropoli.

Gli scavi effettuati fino ad oggi non ci permettono per il momento di avere un'idea definitiva sulla disposizione e l'estensione dell'abitato preistorico di Micene o della borgata ellenistica. Si ritiene però che i Micenei fossero installati nella zona in gruppi indipendenti, per famiglie, con le rispettive necropoli vicino ad essi.

Ben pochi sono gli edifici esplorati: i tre complessi nella zona della Tomba dei Leoni, installazioni sulle pendici settentrionali dell'Acropoli (spazio del Museo), un complesso di quattro edifici a Sud della tomba di Clitennestra ed anche un'altra posizione vicino al "Tesoro di Atreo". Gli immediati dintorni di Micene ed anche la zona limitrofa potrebbero essere chiamati "Museo" di monumenti funebri e di tombe.

Nella zona le tombe più antiche del XVII e XVI secolo a.C. sono a fossa, quelle relativamente più tarde, dal 1500 a.C. in poi, sono a tholos per i sovrani e le loro stirpi e a camera per i loro sudditi.

Quando nel II secolo d.C. Pausania visita Micene, chiama le tombe a tholos "tesori", secondo le concezioni della sua epoca, mentre la viva tradizione locale diede ad esse i nomi degli Atridi. Così le tombe hanno oggi le denominazioni di "Tesoro di Atreo", tombe di Egisto e di Clitennestra o di Oreste, che sono del tutto arbitrarie. Altre poi hanno preso il nome dal luogo in cui si trovano o da un loro caratteristico reperto.

Uscendo dall'Acropoli di Micene, il visitatore può incontrare, alla sinistra della Porta dei Leoni, le fondazioni di una costruzione quadrilatera lunga e stretta di età ellenistica, chiamata "Fontana Persea".

Nella zona ad Ovest dell'Acropoli si stende la necropoli meso-elladica di Micene di cui sono stati sistematicamente esplorati il Circolo Funerario A, all'interno dell'Acropoli, e quello B che si incontra vicino all'ingresso, oggi recintato, del Sito Archeologico, quasi al di sopra della via che conduce alla Porta dei Leoni.  

IL CIRCOLO FUNERARIO B - Il Circolo Funerario B si trova all'estremità occidentale della necropoli meso-elladica ed è più antico di quello A. Nel circolo funerario furono aperte quattordici tombe a fossa e dieci a cassa più antiche o contemporanee alle prime. Si calcola che vi furono sepolti in totale quasi quaranta individui. Il recinto del Circolo Funerario B è costruito in apparato ciclopico ed ha un diametro quasi identico a quello del Circolo Funerario A.

Le fosse qui aperte sono generalmente più piccole e meno profonde di quelle del Circolo Funerario A. La più grande misura 3,90 x 3,10 metri e la più profonda solo 0,60 metri.  

Tombe2.jpg (202650 byte)Tombe4.jpg (337573 byte)La fossa più grande, tomba T (Gamma), conteneva le sepolture di tre uomini e di una donna; le rimanenti avevano tre, due ed una sepoltura. I corredi sono meno ricchi di quelli del Circolo Funerario A. 

Ci sono però alcuni capolavori dell'arte micenea quali una maschera d'oro, else d'oro di spade e lame di pugnali decorate, un vaso d'oro ed anche una meravigliosa kymbe (tazza) in cristallo di rocca con manico a forma di testa di anatra.  

A breve distanza dal Circolo Funerario B si trova la Tomba a tholos di Clitennestra e accanto a questa la Tomba a tholos di Egisto.

TOMBA DI EGISTO - È ritenuta tra le più antiche tombe a tholos di Micene, intorno al 1500 a.C. Ha un dromos (corridoio) lungo e stretto (22 x 5 metri) e le pareti recano in basso un rivestimento di pietre grezze. La sua facciata originaria aveva un ingresso dalle dimensioni di 5 x 2 metri ed era costruita nella stessa maniera del thalamos (la camera). 

Tombe3.jpg (364494 byte)Tombe.jpg (210414 byte)In una fase edilizia più tarda fu costruita una seconda facciata decorativa in calcare e breccia con modanatura intagliata. La tomba conteneva solo una fossa vicino all'ingresso e fu depredata in età ellenistica. Nel 1997, da parte della Direzione Restauri del Ministero della Cultura, è iniziato il restauro della tomba. Nel corso dei lavori si è scoperto che anche lì, al di sopra dell'architrave dell'ingresso, c'era un triangolo di scarico.  

TOMBA DI CLITENNESTRA - È più tarda della precedente di 250 anni. Fu costruita intorno al 1220 a.C. Il dromos è lungo 37 metri e largo 6 metri ed è rivestito da pietre di conglomerato rettangolari. La facciata, anch'essa rivestita, ha una porta di 5,40 x 2 metri con triplice architrave con triangolo di scarico. Della sua decorazione scultorea si sono conservati ben pochi elementi.

La tholos della tomba ha un diametro di 13,50; distrutta quando venne depredata, è stata restaurata nel 1951. I lavori di restauro portarono alla scoperta del Circolo Funerario B ed allo scavo di esso.

La Tomba di Clitennestra deve essere stata colmata in età ellenistica perché su di essa fu costruito il teatro del borgo ellenistico di Micene. Oggi si conserva una serie dei seggi litici al di sopra della strada; i rimanenti erano di legno.

COMPLESSO DI EDIFICI-BOTTEGHE. IL QUARTIERE DEL MERCANTE D'OLIO - Nella stessa zona, a breve distanza, circa 75 metri più a Sud, dal Circolo Funerario B e le due tombe a tholos di Egisto e di Clitennestra, si trova il "Quartiere del Mercante d'olio" costituito da quattro edifici del XIII secolo a.C. L'edificio più settentrionale è noto come "Casa degli Scudi" poiché durante gli scavi vi furono rinvenute numerose piccole placchette in avorio che rappresentavano scudi a forma di otto.

A quello centrale fu dato il nome di "Casa del Mercante d'olio" poiché in alcuni dei suoi magazzini furono ritrovati pithoi (orci) per l'immagazzinamento di olio. Erano collocati su basi speciali con focolari per mantenere, con il calore, durante i mesi invernali, in buone condizioni l'olio.

Il terzo edificio è la "Casa delle Sfìngi". In essa furono rinvenute piccole placchette in avorio con sfingi in rilievo.

La "Casa Ovest" è il quarto edificio scoperto nello stesso quartiere, che si trova alle spalle e ad un livello più alto della "Casa del Mercante d'olio". È costituito da un edificio a megaron e da una serie di ambienti; nell'angolo di uno di questi c'era un focolare che penetrava nel muro divisorio e dava nel vano adiacente.

In questi edifici furono rinvenute anche tavolette fittili iscritte che si riferiscono al personale, a olio ed a profumi, elemento questo che ha portato molti studiosi a ritenere che tali installazioni non fossero abitazioni di mercanti ma botteghe per la produzione di aromi e di olio profumato, un prodotto che i Micenei esportavano in Oriente. Intorno al 1200 a.C. il "Quartiere del Mercante d'olio" venne distrutto da un incendio e abbandonato. L'area fu riutilizzata in età ellenistica.

ABITAZIONI SULLA COLLINA DELLA PANAGHITSA - Sulla pendice orientale della collina della Panaghitsa, a breve distanza (200 m circa), ad Ovest del "Quartiere del Mercante d'olio", nel corso degli scavi furono scoperti resti di edifici civili di Micene. Generalmente presentano un ambiente centrale con, al centro, focolare rotondo o quadrato, come si ha nel megaton dei palazzi, una serie di vani, corridoi, sotterranei e un cortile all'aperto che comunica con l'ambiente centrale dell'abitazione.

I muri delle case sono costruiti alla base con pietre non lavorate e argilla; la sovra­struttura è di mattoni. I pavimenti sono di solito rivestiti di intonaco. In tutto il complesso delle abitazioni scavate risalta la "Casa 1". È costituita da un cortile, che comunica con un vano lungo e stretto al centro del quale c'è un focolare rotondo (il tutto oggi ricoperto per motivi di conservazione).

Adiacente al vano centrale si apre un altro ambiente. Parallelamente a questi vani c'è un corridoio che li divide dall'ala orientale dell'abitazione che non è stata messa in luce poiché si trova sotto la strada asfaltata. L'edificio venne distrutto da un terremoto nel 1250 a.C, come attestano i dati di scavo: i numerosissimi frammenti ceramici, rinvenuti attorno al focolare, e lo scheletro di una donna uccisa dal crollo del tetto e dei muri sulla soglia del vano.  

IL TESORO DI ATREO - II monumento più imponente dell'architettura micenea durante il periodo del suo massimo splendore, il "Tesoro di Atreo" o, secondo altri, la "Tomba di Agamennone', fu costruito, come la Porta dei Leoni, intorno al 1250 a.C.

Sulla pendice orientale della collina della Panaghitsa fu scavata un'enorme fossa al fine di strutturare il dromos del monumento funebre e la tholos. Fu costruito con grandi blocchi lisci in conglomerato disposti orizzontalmente secondo il sistema pseudo-isodomo.

Con l'apertura della fossa vennero distrutte molte costruzioni di età più antica che si trovavano sul fianco della collina, come è dimostrato dai ritrovamenti venuti alla luce durante gli scavi lì effettuati.

II dromos della tomba, tagliato nella roccia, è lungo 36 metri e largo 6. All'inizio di esso (estremità est) c'era un muro trasversale che lo ostruiva. I lati del dromos furono rivestiti con blocchi rettangolari in conglomerato disposti su filari orizzontali secondo il sistema pseudo-isodomo.

Hanno tutti le stesse dimensioni eccetto quelli della prima fila di fondazione che sono più grandi. I blocchi legano armoniosamente con la facciata monumentale costruita con materiale simile che inquadra la porta della tomba, aperta all'estremità occidentale del dromos. La facciata ha un'altezza di 10,50 metri; la porta raggiunge i 5,40 metri ed è larga alla base 2,70 metri e sull'architrave 2,50 metri. È inquadrata da una doppia modanatura intagliata e al di sopra dell'architrave viene a formarsi il triangolo di scarico. L'intera facciata recava una ricca decorazione oggi pressoché del tutto scomparsa.  

Su ogni lato dell'ingresso si conservano in situ basi a gradini che sorreggevano semicolonne che si innalzavano fino all'altezza dell'architrave. Fatte di marmo verdastro, erano decorate con scanalature spezzate ornate da spirale. Parti delle semicolonne sono conservate nel British Museum di Londra e nel Museo Archeologico Nazionale di Atene. 

Le semicolonne terminavano in capitelli che sorreggevano semicolonne più piccole dello stesso materiale con scanalature oblique. Queste ultime inquadravano il tamburo del triangolo che era rivestito con lastre scolpite di marmo policromo ornato da bande orizzontali di motivi ornamentali, spirali e rosette, di materiale policromo.

L'ingresso della tomba è sormontato da un enorme architrave, lungo 9 metri, largo 5 metri e spesso 1,20, che pesa 120 tonnellate. Questo enorme blocco, all'interno, presenta una curvatura che segue quella della struttura della tholos.

La porta della tomba aveva due battenti di legno fissati per l'apertura e la chiusura a dei cardini come dimostrato dalle cavità sulla soglia.

Il thalamos (camera) rotondo della tomba, del diametro di 14,60 m, è coperto da una tholos, che raggiunge in altezza i 13,50 metri, costruita con filari successivi di blocchi disposti se trentatre assise circolari secondo il sistema aggettante.

La pietra che chiudeva la sommità di tutta questa costruzione, la cosiddetta "chiave", è l'unico elemento della struttura litica del monumento asportato durante la dominazione turca.  

Al di sopra della sommità della tholos, esternamente, fu accumulata terra al fine di dare alla tomba l'aspetto di un tumulo. I lati della tholos nel punto di contatto della pietra con la terra furono coperti all'esterno con uno spesso strato di argilla per proteggere il monumento dall'umidità e dalle acque piovane.  

Internamente  doveva  esserci  una  decorazione applicata di lamine di bronzo o di rosette e spirali sulle fronti dei blocchi, come dimostrano i fori dei chiodi che si distinguono su alcune superfici.  

Sul lato orientale della camera rotonda si apre una piccola porta che reca anch'essa un triangolo di scarico, come quella d'ingresso, e conduce in una camera quadrata, dalle dimensioni di 6 x 6 x 6 metri. Solo qui e nel "tesoro di Minyas" ad Orchomenòs di Beozia si incontra una camera a forma di cubo. Le pareti, oggi nude, tagliate nella roccia recavano un rivestimento di lastre litiche (gesso alabastrino). Al centro della camera un blocco di gesso alabastrino indica la presenza di un pilastro centrale che serviva da sostegno al soffitto piatto. Nel British Museum ci sono alcuni frammenti di lastre a rilievo in gesso alabastrino che provengono forse dal rivestimento della camera laterale. 

Nulla si è conservato del contenuto della tomba monumentale saccheggiata nell'antichità. Pausania, però, ci informa che quando arrivò a Micene nel II sec. d.C. si credeva che il monumento, che oggi incontriamo denudato dei tesori che nascondeva, fosse il tesoro di Atreo e dei suoi celebri antenati.  

LA ZONA CIRCOSTANTE - Nella zona attorno all'Acropoli di Micene il visitatore può incontrare resti importanti con il presupposto, però, di affrontare sentieri impraticabili, pendici scoscese ed anche sommità di impervie colline.

Sulla sommità del Profitis Ilias, attorno all'odierna chiesetta di campagna, si conserva una piccola fortezza micenea, verosimilmente una postazione per le segnalazioni col fuoco.

In località "Aspra Chomata", a 1,5 Km a Nord dell'Acropoli di Micene, nel 1966 fu rinvenuto un piccolo santuario dedicato al dio della guerra, Ares Enyalios. Questo santuario risale al III secolo a.C. ed è costituito da un piccolo tempio, un altare ed un ambiente ausiliario dove i fedeli deponevano le loro offerte, come uno scudo bronzeo frammentario con iscrizione, oggi esposto nel nuovo Museo di Micene. Si tratta di un bottino degli Argivi della guerra contro Pirro nel 272 a.C., quando questi trovò la morte nel tentativo di impadronirsi di Argos.

Il visitatore, se desidera dilungarsi nella passeggiata, può incontrare, nascoste negli oliveti o nei campi, delle tombe a tholos o a camera.

Sul lato occidentale della collina della Panaghitsa e sulle colline ad Ovest sono state rinvenute altre cinque tombe a tholos, più piccole e di costruzione più rudimentale di quelle già descritte. La Tomba dei Ciclopi e di Oreste o dei Dèmoni, le Tombe di Pano Fournos e di Kato Fournos e della Panaghitsa, costruite a grande distanza dall'Acropoli sono difficilmente visitabili e se qualcuno volesse vederle deve prendere una guida.

Finita la visita della famosa Micene, scendendo verso l'odierno villaggio il visitatore può incontrare dopo il muro di sostegno del tesoro di Atreo sulla destra della strada, i dromoi di altre tombe a camera. Avvicinandosi al villaggio, sulla sinistra, si distinguono i resti del ponte miceneo che sormontava la gola del Chavos. Il ponte fu costruito agli inizi del XIII secolo a.C. sopra una strada che in epoca micenea portava da Micene ad Argos.

I PREZIOSI RITROVAMENTI DI MICENE NEL MUSEO ARCHEOLOGICO NAZIONALE - Il 1876 fu per Micene ed in generale per la Preistoria Greca un'annata storica.

Gli scavi di Heinrich Schliemann con la scoperta delle tombe reali nell'area dell'Acropoli di Micene, che in seguito fu chiamato Circolo Funerario A, portarono alla luce mitici ritrovamenti che fecero rivivere la gloria della "Micene ricca d'oro" di Omero. Parallelamente posero le basi della preistoria greca e aprirono la strada per lo studio di una civiltà fino ad allora sconosciuta.

Alla fine del 1876 questi preziosi ritrovamenti furono trasportati ad Atene ed esposti provvisoriamente in una sala della Banca Nazionale. Subito dopo, a cura del Servizio Archeologico, furono esposti nel Politecnico, allora di recente costruzione.

Nel 1891 uno speciale decreto reale stabilì la creazione nel Museo Archeologico Nazionale appena ultimato, di una "Collezione di  Antichità della cosiddetta arte pre-ellenica". Così l'anno successivo questi importanti ritrovamenti di Micene furono trasportati dal Politecnico nel Museo Archeologico Nazionale dove sono rimasti fino ad oggi perché già da allora si ritenne che per la loro importanza la loro sede dovesse essere nel primo Museo del Paese.

La maggior parte proviene da tombe a tholos e a camera, i più sorprendenti però appartengono ai due circoli funerari reali, quello A nell'Acropoli e quello B scoperto fuori delle mura, molto tempo dopo, nel 1951.

I numerosissimi oggetti d'oro confermano la definizione data a Micene di "ricca d'oro" e rispecchiano lo spirito pieno di forza, combattività ma anche delicatezza del mondo miceneo.

I ricchi corredi dei gruppi di tombe dei due Circoli Funerari A e B testimoniano l'alta posizione sociale dei defunti che dovevano appartenere a famiglie reali del XVI e XV secolo a.C.

Tra i preziosi oggetti ed i simboli di potere rinvenuti nelle tombe risaltano cinque maschere d'oro lavorate a sbalzo, che coprivano i volti dei sovrani defunti (tre dalla tomba IV e due dalla tomba V del Circolo Funerario A).

Le due maschere dalla tomba V rendono le caratteristiche di due tipi diversi. Sono entrambi imberbi. Gli occhi di uno sono chiusi con le palpebre incise, mentre quelli del secondo sono tutti tondi e sembrano aperti.

La più bella e più espressiva di tutte le maschere presenta l'aspetto imponente di un uomo barbuto in età matura. È nota come "maschera di Agamennone" poiché lo Schliemann tratto in inganno dalle sue idee, sostenne che appartenesse al defunto condottiero di tutti i Greci nella spedizione contro Troia. I lineamenti pronunciati con i particolari incisi (sopracciglia, baffi, barba) si addicono all'immagine del capo degli Achei. La ricerca storica, però, data il regno di Agamennone e la guerra di Troia almeno tre secoli dopo l'epoca a cui risale la maschera (XVI secolo a.C).

I gioielli che ornano i defunti sono ugualmente sorprendenti. Diademi d'oro con decorazione impressa di motivi vegetali o geometrici, gioielli d'oro intagliati per l'abbigliamento di forme diverse, cinture e bracciali di lamine d'oro, spilloni in bronzo con teste di cristallo di rocca e collane con vaghi sia d'oro sia di pietre semipreziose o di ambra.

Il diadema d'oro dalla tomba III, che apparteneva ad una principessa, è decorato con rosoni impressi sulla cui estremità superiore sono state applicate lamine d'oro che formano nove calici di fiori.

Dalla stessa tomba proviene un altro diadema d'oro a forma di rombo con sette dischi rotondi impressi. Sette lamine lanceolate con la stessa decorazione sono collocate nella parte superiore.

Nella tomba II del Circolo Funerario A fu rinvenuto in situ attorno al cranio del defunto un elaborato diadema fabbricato con una sottile lamina d'oro. Reca una decorazione impressa di spirali e di una pigna a forma di foglia con disco al centro.

Simboli del potere dei sovrani defunti sono gli anelli-sigillo d'oro con rappresentazioni cesellate e gli scettri d'oro rinvenuti nelle tombe di Micene. Sul castone gli anelli recano rappresentazioni che costituiscono importanti fonti sul culto, le credenze ed anche la vita quotidiana.

L'anello d'oro del XVI secolo a.C. rappresenta una scena di caccia. Su un carro tirato da due cavalli ci sono due uomini. Uno tira una freccia su un cervo che corre seguendo il galoppo dei cavalli. Su un altro anello-sigillo d'oro della stessa epoca è rappresentato Io scontro di quattro uomini. I due al centro combattono corpo a corpo con le spade: uno è già in ginocchio; un terzo con uno scudo che copre tutto il corpo, elmo e lancia prende di mira l'uomo ritto e un quarto a sinistra senza armi e nudo sta seduto a terra.

Molti elementi cultuali sono presenti in una delle più importanti rappresentazioni di un altro anello d'oro del XV secolo a.C. proveniente dal cosiddetto "tesoro" dell'Acropoli di Micene. È stato chiamato "Pantheon Minoico" data la sua rappresentazione, preziosa per la conoscenza della religione cretese-micenea. A sinistra, sotto un albero che simboleggia un bosco sacro, sta seduta una dea che tiene dei papaveri con attorno delle piccole ancelle. Due donne in piedi davanti a lei le offrono fiori: la prima glieli ha già dati e la seconda tiene nelle mani dei gigli. Una figura armata scende dal cielo tra le due figure femminili; al centro è rappresentata una doppia ascia, il simbolo sacro, e più in alto il sole tra linee ondulate che indicano il cielo.

In una tomba a camera di Micene, del XIV secolo a.C, fu rinvenuto un altro anello-sigillo con rappresentazione religiosa. Al centro una figura femminile balla una danza religiosa; a sinistra un uomo scuote un albero e a destra una seconda donna chinata su un banco piange.

Oltre agli anelli-sigillo d'oro è stato rinvenuto un gran numero di sigilli cesellati fatti con pietre semipreziose con ricchi soggetti iconografici come animali selvaggi, leoni, tori, grifi, sfingi ed anche scene di caccia, di battaglie e di cerimonie religiose.

Il sigillo a forma lenticolare di ametista dalla tomba T (Gamma) del Circolo Funerario B di Micene risale agli inizi del XVI secolo a.C. Reca in rilievo la testa di un uomo con marcati lineamenti, il cui profilo ricorda il tipo "della figura dei sovrani micenei", secondo la definizione di G. Mylonàs.

Il gran numero delle armi rinvenute nelle tombe dimostra che i defunti erano abili guerrieri. Grandi spade di bronzo con else elaborate di materiale diverso: oro, avorio, pietra oppure osso; pugnali, lance, coltelli ed anche asce accompagnano i guerrieri-morti nel loro ultimo viaggio.

Famosi sono i pugnali di bronzo che recano una decorazione incastonata sulla lama in oro, argento e niello con rappresentazioni figurative. Dal Circolo Funerario A abbiamo cinque pugnali con decorazione applicata, tutti di arte raffinata, rinvenuti nelle tombe IV e V. Uno di questi è il pugnale dalla tomba IV del Circolo Funerario A, del XVI secolo a.C, con rappresentazione su una faccia della lama della caccia al leone da parte di Micenei tutti armati e sull'altra un leone che insegue antilopi.

Un'altra ammirevole scena su una lama di pugnale di arte simile è il cosiddetto "Paesaggio sul Nilo". Leopardi cacciano anatre sulla sponda del fiume tra filari di papiri; nelle acque nuotano pesci (tomba V). Ci sono altri pugnali con impugnature d'oro sulle cui lame recano motivi decorativi incastonati, come gigli o spirali.

Nel pugnale si distingue la raffinata impugnatura d'oro sulla quale l'artigiano ha usato la tecnica à cloisonnée, riempiendo i vuoti della rete d'oro con smalto o cristallo di rocca. L'impugnatura finisce in due teste affrontate di draghi.

Un gran numero di utensili accompagnava anche i defunti sovrani di Micene. Coppe e bicchieri d'oro e d'argento di vari forme si sono conservati in abbondanza. A volte sono solo d'oro, a volte sono decorati con rappresentazioni di animali o di piante; alcuni recano una decorazione plastica sulle anse. Una speciale categoria è costituita dai rhytà quali opere plastiche a tutto tondo. La tomba IV ne ha restituiti due a forma di testa di leone e di toro. Il primo è costituito da una sola lamina d'oro e rappresenta meravigliosamente il leone di fronte e di profilo; il secondo è d'argento con le corna ed il muso del toro in oro e gli occhi applicati.

Una delle più famose opere dell'oreficeria micenea è il rhytón conico in argento della prima metà del XVI secolo a.C. Su esso è rappresentato a sbalzo, non però integro a causa della corrosione del materiale, l'assedio di una città. A destra si distingue la città circondata da mura e torri da dove figure femminili seguono vivacemente l'esito della battaglia sulla costa. Ad un livello più basso, fuori delle mura del­la città, i difensori combattono nudi con archi e fronde contro i nemici che sono arrivati con le navi. I conquistatori sono Micenei, come si vede dall'abbigliamento del timoniere e dell'equipaggio, mentre i difensori nudi della città devono appartenere ad una razza "barbara". La scena verosimilmente immortala un avvenimento storico o una tradizione epica di più antiche imprese eroiche dei Micenei. L'artigiano del rhytón, che doveva essere minoico, realizzò questa eccellente opera d'arte su ordine di un ricco guerriero miceneo.

Tra le coppe d'oro con decorazione plastica sulle anse si distingue il cosiddetto "Bicchiere di Nestore", secondo il nome datogli dallo Schliemann poiché reca sulle anse due volatili, secondo alcuni colombi, come quelli ricordati da Omero nell'Iliade quando descrive il bicchiere del re di Pylos; secondo altri sono dei falchi.

Gli slanciati bicchieri d'oro su piede alto, le coppe, le phialai del XVI secolo a.C., realizzati con la tecnica a martello, sono ornati a volte con rosoni a rilievo o a granuli e a volte con motivi spiraliformi, lineari o vegetali.

Sulla famosa phiale monoansata in argento del XIII secolo a.C., attorno all'orlo c'è una fascia su cui sono rappresentate di profilo teste maschili realizzate con la tecnica della decorazione a sbalzo in lamina d'oro e niello.

Vasi da fiore a sbalzo pieni di dittamo, l'erba curativa di Creta, e gigli decorano un bicchiere ben conservato in argento del XVI secolo a.C. rinvenuto nella tomba IV de; Circolo Funerario A; dei leoni corrono tutt'intorno al di sotto dell'orlo di una coppa della tomba V.

Simili leoni a rilievo che inseguono cervi ornano il rivestimento in lamina d'oro di una pisside lignea di importazione.

Oltre agli elaborati vasi in oro e in argento risaltano anche gli utensili litici, in marmo o alabastro, che ricordano con le loro forme delicate i modelli cretesi ed egiziani. Notevole è il vaso in alabastro la cui forma è completata da tre elaborate anse applicate a forma di S con la curva superiore chiusa. La sua forma larga con collo che si restringe finendo in un orlo aperto, poggia su un basso piede che si allarga armoniosamente come l'orlo. Sotto la spalla reca tre scanalature decorative. È stato rinvenuto nella tomba IV del Circolo Funerario A. Il vaso della metà del XVI secolo a.C. è un'opera che testimonia l'applicazione sulla pietra della tecnica dei vasi in metallo.

Tra le più importanti opere dell'artigianato in pietra viene annoverata la phiale a forma di anatra in cristallo di rocca rinvenuta in una tomba del Circolo Funerario B di Micene. Nella stessa tomba, chiamata "Tomba dei cristalli" dato il gran numero di oggetti in cristallo di rocca, furono rinvenuti anche gli spilloni con teste dello stesso materiale.

Un altro vaso di uovo di struzzo, decorato a rhytón testimonia, i rapporti commerciali tra Micene e l'Egitto o la Siria. Vasi simili sono stati rinvenuti a Midea e recentemente a Thera.

Tra le opere più elaborate sono i rilievi in avorio, vari per soggetti e stile. Micene, nel corso della sua lunga vita, fu verosimilmente un centro di produzione di simili opere. Pissidi, manici di specchio, pettini, placchette, parti decorative di mobili, sia a rilievo sia incise sono ritrovamenti molto frequenti.  

La più famosa scultura di Micene, dopo il rilievo della Porta dei Leoni, è il gruppo in avorio a tutto tondo che rappresenta due figure femminili abbracciate e tra di esse un bambino che gioca sulle loro ginocchia. Sono state date molte interpretazioni soprattutto sull'importanza religiosa dell'opera. Non c'è dubbio che si tratta della "Sacra Triade" che secondo alcuni erano le Madri-Orse che allevarono Zeus, o secondo un'altra versione Demetra, Persefone e Bacco.

Notevole interesse presenta un'altra opera in avorio della miniaturistica micenea che rappresenta un guerriero con elmo di denti di cinghiale. C'è una serie di teste simili rinvenute in altre località, l'esempio migliore proviene da una tomba a camera del XIV secolo a.C. di Micene. Nell'Iliade Omero descrive meravigliosamente l'immagine dell'elmo di Merione di fabbricazione simile.

Una dea seduta su una roccia con abiti lussuosi, ma acefala, è resa da un piccolo rilievo plastico in avorio che ricorda soggetti cretesi da Cnosso e dall'isola di Psira (Mirabello), dove furono rinvenute figure simili.

L'unica scultura esistente a tutto tondo di grandezza naturale proveniente da Micene è la testa femminile di una sfinge (?) in stucco. Le caratteristiche del volto sono indicate con colori vivaci. Data al XIII secolo a.C. e fu rinvenuta in una casa di Micene dallo Tsountas.

A breve distanza dal luogo in cui fu rinvenuta la testa femminile è stato scoperto il più famoso vaso del periodo miceneo. Si tratta del cosiddetto "Vaso dei Guerrieri", un cratere con doppie anse che finiscono in bucrani. Sei guerrieri con scudo, lancia ed elmo partono per una spedizione bellica ed una donna con il braccio alzato li saluta.

Famose sono le stele funerarie litiche che erano erette come "semata" (segni) al di sopra delle tombe a fossa dei due Circoli Funerari A e B. Recano rappresentazioni a rilievo con scene di guerra o di caccia ed elementi decorativi. Alcune erano completamente prive di decorazione: queste, è stato sostenuto, venivano erette sulle tombe femminili. Sulla stele 1428 della metà del XVI secolo a.C. ci sono nella parte superiore tre file di spirali intrecciate; nella parte inferiore una scena di corsa coi carri. È probabile che le corse coi carri rappresentate avvenissero in onore del morto sepolto nella tomba.

Tra le numerose e preziose opere d'arte di Micene, il centro della Civiltà Micenea, che sono state raccolte nel Museo Archeologico Nazionale, sono esposti anche affreschi provenienti dagli edifici del "Centro Religioso" di Micene. Risalta la famosa "Micenea", così chiamata da G. Mylonàs che la trovò nel 1970. Molto ben conservata, questa parte dell'affresco su fondo azzurro rappresenta una figura femminile con il corpo reso di fronte e la testa di profilo. Si tratta forse di una dea riccamente abbigliata con vari gioielli che ornano i polsi delle sue bianche braccia, il collo ed i folti capelli che sono artisticamente trattenuti da varie fasce. Il disegno forte e l'espressività della figura sono unici nell'arte micenea (fine del XIII secolo a.C.).  

Agosto 2013

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