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I
MONUMENTI FUORI DELL'ACROPOLI - I
monumenti che si trovano negli immediati dintorni dell'Acropoli possono essere
divisi in due gruppi fondamentali. Uno è costituito dalle case dei Micenei che
vivevano fuori dell'Acropoli ed anche dai complessi di edifici che alloggiavano,
fuori delle mura, molte delle attività commerciali dei palazzi.
Un
altro grande gruppo di monumenti sono le tombe di vari tipi, epoche e classi
sociali, che si trovano sparse nella zona attorno all'Acropoli.
Gli
scavi effettuati fino ad oggi non ci permettono per il momento di avere un'idea
definitiva sulla disposizione e l'estensione dell'abitato preistorico di Micene
o della borgata ellenistica. Si ritiene però che i Micenei fossero installati
nella zona in gruppi indipendenti, per famiglie, con le rispettive necropoli
vicino ad essi.
Ben
pochi sono gli edifici esplorati: i tre complessi nella zona della Tomba dei
Leoni, installazioni sulle pendici settentrionali dell'Acropoli (spazio del
Museo), un complesso di quattro edifici a Sud della
tomba di Clitennestra ed anche un'altra posizione vicino al "Tesoro di
Atreo". Gli immediati dintorni di Micene ed anche la zona limitrofa
potrebbero essere chiamati "Museo" di monumenti funebri e di tombe.
Nella
zona le tombe più antiche del XVII e XVI secolo a.C. sono a fossa, quelle
relativamente più tarde, dal 1500 a.C. in poi, sono a tholos per i sovrani e le
loro stirpi e a camera per i loro sudditi.
Quando
nel II secolo d.C. Pausania visita Micene, chiama le tombe a tholos
"tesori", secondo le concezioni della sua epoca, mentre la viva
tradizione locale diede ad esse i nomi degli Atridi. Così le tombe hanno oggi
le denominazioni di "Tesoro di Atreo", tombe di Egisto e di
Clitennestra o di Oreste, che sono del tutto arbitrarie. Altre poi hanno preso
il nome dal luogo in cui si trovano o da un loro caratteristico reperto.
Uscendo
dall'Acropoli di Micene, il visitatore può incontrare, alla sinistra della
Porta dei Leoni, le fondazioni di una costruzione quadrilatera lunga e stretta
di
età ellenistica, chiamata "Fontana Persea".
Nella
zona ad Ovest dell'Acropoli si stende la necropoli meso-elladica di Micene di
cui sono stati sistematicamente esplorati il Circolo Funerario A, all'interno
dell'Acropoli, e quello B che si incontra vicino all'ingresso, oggi recintato,
del Sito Archeologico, quasi al di sopra della via che conduce alla Porta dei
Leoni.

IL
CIRCOLO FUNERARIO B
- Il Circolo Funerario B si trova
all'estremità
occidentale della necropoli meso-elladica ed è più antico di quello A. Nel
circolo funerario furono aperte quattordici tombe a fossa e dieci a cassa più
antiche o contemporanee alle prime. Si calcola che vi furono sepolti in totale
quasi quaranta individui. Il recinto del Circolo Funerario B è costruito in
apparato ciclopico ed ha un diametro quasi identico a quello del Circolo
Funerario A.
Le
fosse qui aperte sono generalmente più piccole e meno profonde di quelle del
Circolo Funerario A. La più grande misura 3,90 x 3,10 metri e la più profonda
solo 0,60 metri.
 La
fossa più grande, tomba T (Gamma), conteneva le sepolture di tre uomini e di
una donna; le rimanenti avevano tre, due ed una sepoltura. I corredi sono meno
ricchi di quelli del Circolo Funerario A.
Ci
sono però alcuni capolavori dell'arte micenea quali una maschera d'oro, else
d'oro di spade e lame di pugnali decorate, un vaso d'oro ed anche una
meravigliosa kymbe (tazza) in cristallo di rocca con manico a forma di
testa di anatra.
A
breve distanza dal Circolo Funerario B si trova la Tomba a tholos di
Clitennestra e accanto a questa la Tomba a tholos di Egisto.
TOMBA
DI EGISTO
- È ritenuta tra le più antiche
tombe a tholos di Micene, intorno al 1500 a.C. Ha un dromos (corridoio) lungo e
stretto (22 x 5 metri) e le pareti recano in basso un rivestimento di pietre
grezze. La sua facciata originaria aveva un ingresso dalle dimensioni di 5 x 2
metri ed era costruita nella stessa maniera del thalamos (la camera).
 In
una fase edilizia più tarda fu costruita una seconda facciata decorativa in
calcare e breccia con modanatura intagliata. La tomba conteneva solo una fossa
vicino all'ingresso e fu depredata in età ellenistica. Nel 1997, da parte della
Direzione Restauri del Ministero della Cultura, è iniziato il restauro della
tomba. Nel corso dei lavori si è scoperto che anche lì, al di sopra
dell'architrave dell'ingresso, c'era un triangolo di scarico.
TOMBA
DI CLITENNESTRA
- È più tarda della precedente di 250 anni. Fu costruita intorno al 1220 a.C.
Il dromos è lungo 37 metri e largo 6 metri ed è rivestito da
pietre di conglomerato rettangolari. La facciata, anch'essa rivestita, ha una
porta di 5,40 x 2 metri con triplice architrave con triangolo di scarico. Della
sua decorazione scultorea si sono conservati ben pochi elementi.
La
tholos della tomba ha un diametro di 13,50; distrutta quando venne depredata, è
stata restaurata nel 1951. I lavori di restauro portarono alla scoperta del
Circolo Funerario B ed allo scavo di esso.
La
Tomba di Clitennestra deve essere stata colmata in età ellenistica perché su
di essa fu costruito il teatro del borgo ellenistico di Micene. Oggi si conserva
una serie dei seggi litici al di sopra della strada; i rimanenti erano di legno.

COMPLESSO
DI EDIFICI-BOTTEGHE. IL QUARTIERE DEL MERCANTE D'OLIO
- Nella stessa zona, a breve distanza, circa 75 metri più a Sud, dal Circolo
Funerario B e le due tombe a tholos di Egisto e di Clitennestra, si trova il
"Quartiere del Mercante d'olio" costituito da quattro edifici del XIII
secolo a.C. L'edificio più settentrionale è noto come "Casa degli
Scudi" poiché durante gli scavi vi furono rinvenute numerose piccole
placchette in avorio che rappresentavano scudi a forma di otto.
A
quello centrale fu dato il nome di "Casa del Mercante d'olio"
poiché in alcuni dei suoi magazzini furono ritrovati pithoi (orci) per
l'immagazzinamento di olio. Erano collocati su basi speciali con focolari per
mantenere, con il calore, durante i mesi invernali, in buone condizioni l'olio.
Il
terzo edificio è la "Casa delle Sfìngi". In
essa furono rinvenute piccole placchette in avorio con sfingi in rilievo.
La
"Casa Ovest" è il quarto edificio scoperto
nello stesso quartiere, che si trova alle spalle e ad un livello più alto
della "Casa del Mercante d'olio". È costituito da un edificio a
megaron e da una serie di ambienti; nell'angolo di uno di questi c'era un
focolare che penetrava nel muro divisorio e dava nel vano adiacente.
In
questi edifici furono rinvenute anche
tavolette fittili iscritte che si riferiscono al personale, a olio ed a
profumi, elemento questo che ha portato molti studiosi a ritenere che tali
installazioni non fossero abitazioni di mercanti ma botteghe per la produzione
di aromi e di olio profumato, un prodotto che i Micenei esportavano in Oriente.
Intorno al 1200 a.C. il "Quartiere del Mercante d'olio" venne
distrutto da un incendio e abbandonato. L'area fu riutilizzata in età
ellenistica.
ABITAZIONI
SULLA COLLINA DELLA PANAGHITSA
- Sulla pendice orientale della
collina della Panaghitsa, a breve distanza (200 m circa), ad Ovest del
"Quartiere del Mercante d'olio", nel corso degli scavi furono scoperti
resti di edifici civili di Micene. Generalmente presentano un ambiente centrale
con, al centro, focolare rotondo o quadrato, come si ha nel megaton dei palazzi,
una serie di vani, corridoi, sotterranei e un cortile all'aperto che comunica
con l'ambiente centrale dell'abitazione.
I
muri delle case sono costruiti alla base con pietre non lavorate e argilla; la
sovrastruttura è di mattoni. I pavimenti sono di solito rivestiti di
intonaco. In tutto il complesso delle abitazioni scavate risalta la "Casa
1". È costituita da un cortile, che comunica con un vano lungo e stretto
al centro del quale c'è un focolare rotondo (il tutto oggi ricoperto per motivi
di conservazione).
Adiacente
al vano centrale si apre un altro ambiente. Parallelamente a questi vani c'è un
corridoio che li divide dall'ala orientale dell'abitazione che non è stata
messa in luce poiché si trova sotto la strada asfaltata. L'edificio venne
distrutto da un terremoto nel 1250 a.C, come attestano i dati di scavo: i
numerosissimi frammenti ceramici, rinvenuti attorno al focolare, e lo scheletro
di una donna uccisa dal crollo del tetto e dei muri sulla soglia del vano.
IL
TESORO DI ATREO
- II monumento più imponente
dell'architettura micenea durante il periodo del suo
massimo splendore, il "Tesoro di Atreo" o, secondo altri, la
"Tomba di Agamennone',
fu costruito, come la Porta dei Leoni, intorno al 1250 a.C.
Sulla
pendice orientale della collina della Panaghitsa fu scavata un'enorme fossa al
fine di strutturare il dromos del monumento funebre e la tholos. Fu costruito
con grandi blocchi lisci in conglomerato disposti orizzontalmente secondo il
sistema pseudo-isodomo.
Con
l'apertura della fossa vennero distrutte molte costruzioni di età più antica
che si trovavano sul fianco della collina, come è dimostrato dai ritrovamenti
venuti alla luce durante gli scavi lì effettuati.
II
dromos della tomba, tagliato nella roccia, è lungo 36 metri e largo 6.
All'inizio di esso (estremità est) c'era un muro trasversale che lo ostruiva. I
lati del dromos furono rivestiti con blocchi rettangolari in conglomerato
disposti su filari orizzontali secondo il sistema pseudo-isodomo.
Hanno
tutti le stesse dimensioni eccetto quelli della prima fila di fondazione che
sono più grandi. I blocchi legano armoniosamente con la facciata monumentale
costruita con materiale simile che inquadra la porta della tomba, aperta
all'estremità occidentale del dromos. La facciata ha un'altezza di 10,50 metri;
la porta raggiunge i 5,40 metri ed è larga alla base 2,70 metri e
sull'architrave 2,50 metri. È inquadrata da una doppia modanatura intagliata e
al di sopra dell'architrave viene a formarsi il triangolo di scarico. L'intera
facciata recava una ricca decorazione oggi pressoché del tutto scomparsa.
Su
ogni lato dell'ingresso si conservano in situ basi a gradini che sorreggevano
semicolonne che si innalzavano fino all'altezza dell'architrave. Fatte di marmo
verdastro, erano decorate con scanalature
spezzate ornate da spirale. Parti delle semicolonne sono conservate nel British
Museum di Londra e nel Museo
Archeologico Nazionale di Atene.
Le semicolonne
terminavano in capitelli che sorreggevano semicolonne più piccole dello stesso
materiale con scanalature oblique. Queste ultime inquadravano il tamburo del
triangolo che era rivestito con lastre scolpite di marmo policromo ornato da
bande orizzontali di motivi ornamentali, spirali e rosette, di materiale
policromo.
L'ingresso
della tomba è sormontato da un enorme architrave, lungo 9 metri, largo 5 metri
e spesso 1,20, che pesa 120 tonnellate. Questo enorme blocco, all'interno,
presenta una curvatura che segue quella della struttura della tholos.
La
porta della tomba aveva due battenti di legno fissati per l'apertura e la
chiusura a dei cardini come dimostrato dalle cavità sulla soglia.
Il
thalamos (camera) rotondo della tomba, del diametro di 14,60 m, è coperto da
una tholos, che raggiunge in altezza i 13,50 metri, costruita con filari
successivi di blocchi disposti se trentatre assise circolari secondo il sistema
aggettante.
La
pietra che chiudeva la sommità di tutta questa costruzione, la cosiddetta
"chiave", è l'unico elemento della struttura litica del monumento
asportato durante la dominazione turca.

Al
di sopra della sommità della tholos, esternamente, fu accumulata terra al fine
di dare alla tomba l'aspetto di un tumulo. I lati della tholos nel punto di
contatto della pietra con la terra furono coperti all'esterno con uno spesso
strato di argilla per proteggere il monumento dall'umidità e dalle acque
piovane.
Internamente
doveva esserci
una decorazione applicata di
lamine di bronzo o di rosette e spirali sulle fronti dei blocchi, come
dimostrano i fori dei chiodi che si distinguono su alcune superfici.
Sul
lato orientale della camera rotonda si apre una piccola porta che reca anch'essa
un triangolo di scarico, come quella d'ingresso, e conduce in una camera
quadrata, dalle dimensioni di 6 x 6 x 6 metri. Solo qui e nel "tesoro di
Minyas" ad Orchomenòs di Beozia si incontra una camera a forma di cubo. Le
pareti, oggi nude, tagliate nella roccia recavano un rivestimento di lastre
litiche (gesso alabastrino). Al centro della camera un blocco di gesso
alabastrino indica la presenza di un pilastro centrale che serviva da sostegno
al soffitto piatto. Nel British Museum ci sono alcuni frammenti di lastre a
rilievo in gesso alabastrino che provengono forse dal rivestimento della camera
laterale.
Nulla
si è conservato del contenuto della tomba monumentale saccheggiata
nell'antichità. Pausania, però, ci informa che quando arrivò a Micene nel II
sec. d.C. si credeva che il monumento, che oggi incontriamo denudato dei tesori
che nascondeva, fosse il tesoro di Atreo e dei suoi celebri antenati.
LA
ZONA CIRCOSTANTE
- Nella zona attorno all'Acropoli di
Micene il visitatore può incontrare resti importanti con il presupposto, però,
di affrontare sentieri impraticabili, pendici scoscese ed anche sommità di
impervie colline.
Sulla
sommità del Profitis Ilias, attorno all'odierna chiesetta di campagna, si
conserva una piccola fortezza micenea, verosimilmente una postazione per le
segnalazioni col fuoco.
In
località "Aspra Chomata", a 1,5 Km a Nord dell'Acropoli di Micene,
nel 1966 fu
rinvenuto un piccolo santuario dedicato al dio della guerra, Ares Enyalios.
Questo santuario risale al III secolo a.C. ed è costituito da un piccolo
tempio, un altare ed un ambiente ausiliario dove i fedeli deponevano le loro
offerte, come uno scudo bronzeo frammentario con iscrizione, oggi esposto nel
nuovo Museo di Micene. Si tratta di un bottino degli Argivi della guerra contro
Pirro nel 272 a.C., quando questi trovò la morte nel tentativo di impadronirsi
di Argos.
Il
visitatore, se desidera dilungarsi nella passeggiata, può incontrare, nascoste
negli oliveti o nei campi, delle tombe a tholos o a camera.
Sul
lato occidentale della collina della Panaghitsa e sulle colline ad Ovest sono
state rinvenute altre cinque tombe a tholos,
più piccole e di costruzione più rudimentale di quelle già descritte. La
Tomba dei Ciclopi e di Oreste o dei Dèmoni, le Tombe di Pano Fournos
e di Kato Fournos
e della
Panaghitsa, costruite a grande distanza dall'Acropoli sono difficilmente
visitabili e se qualcuno volesse vederle deve prendere una guida.
Finita
la visita della famosa Micene, scendendo verso l'odierno villaggio il visitatore
può incontrare dopo il muro di sostegno del tesoro di Atreo sulla destra della
strada, i dromoi di altre tombe a camera. Avvicinandosi al villaggio, sulla
sinistra, si distinguono i resti del ponte miceneo che sormontava la gola del
Chavos. Il ponte fu costruito agli inizi del XIII secolo a.C. sopra una strada
che in epoca micenea portava da Micene ad Argos.
I
PREZIOSI RITROVAMENTI DI MICENE NEL MUSEO ARCHEOLOGICO NAZIONALE -
Il 1876 fu per Micene ed in generale per la Preistoria Greca un'annata storica.
Gli
scavi di Heinrich Schliemann con la scoperta delle tombe reali nell'area
dell'Acropoli di Micene, che in seguito fu chiamato Circolo Funerario A,
portarono alla luce mitici ritrovamenti che fecero rivivere la gloria della
"Micene ricca d'oro" di Omero. Parallelamente posero le basi della
preistoria greca e aprirono la strada per lo studio di una civiltà fino ad
allora sconosciuta.
Alla
fine del 1876 questi preziosi ritrovamenti furono trasportati ad Atene ed
esposti provvisoriamente in una sala della Banca Nazionale. Subito dopo, a cura
del Servizio Archeologico, furono esposti nel Politecnico, allora di recente
costruzione.
Nel
1891 uno speciale decreto reale stabilì la creazione nel Museo Archeologico
Nazionale appena ultimato, di una "Collezione
di Antichità della
cosiddetta arte
pre-ellenica". Così l'anno successivo questi importanti ritrovamenti di
Micene furono trasportati dal Politecnico nel Museo Archeologico Nazionale dove
sono rimasti fino ad oggi perché già da allora si ritenne che per la loro
importanza la loro sede dovesse essere nel primo Museo del Paese.
La
maggior parte proviene da tombe a tholos e a camera, i più sorprendenti però
appartengono ai due circoli funerari reali, quello A nell'Acropoli e quello B
scoperto
fuori delle mura, molto tempo dopo, nel 1951.
I
numerosissimi oggetti d'oro confermano la definizione data a Micene di
"ricca d'oro" e rispecchiano lo spirito pieno di forza, combattività
ma anche delicatezza del mondo miceneo.
I
ricchi corredi dei gruppi di tombe dei due Circoli Funerari A e B testimoniano
l'alta posizione sociale dei defunti che dovevano appartenere a famiglie reali
del XVI e XV secolo a.C.
Tra
i preziosi oggetti ed i simboli di potere rinvenuti nelle tombe risaltano cinque
maschere d'oro
lavorate a sbalzo, che coprivano
i volti dei sovrani defunti (tre dalla tomba IV e due dalla tomba V del Circolo
Funerario A).
Le due maschere dalla tomba V
rendono le caratteristiche di due tipi diversi. Sono entrambi imberbi. Gli occhi
di uno sono chiusi con le palpebre incise, mentre quelli del secondo sono tutti
tondi e sembrano aperti.
La
più bella e più
espressiva di tutte le maschere presenta l'aspetto imponente di un uomo barbuto
in età matura. È nota come "maschera di Agamennone" poiché lo
Schliemann tratto in inganno dalle sue idee, sostenne che appartenesse al
defunto condottiero di tutti i Greci nella spedizione contro Troia. I lineamenti
pronunciati con i particolari incisi (sopracciglia, baffi, barba) si addicono
all'immagine del capo degli Achei. La ricerca storica, però, data il regno di
Agamennone e la guerra di Troia almeno tre secoli dopo l'epoca a cui risale la
maschera (XVI secolo a.C).
I
gioielli che ornano i defunti sono ugualmente sorprendenti. Diademi d'oro con
decorazione impressa di motivi vegetali
o geometrici, gioielli d'oro intagliati per l'abbigliamento di forme
diverse, cinture e bracciali di lamine d'oro, spilloni in bronzo con teste di
cristallo di rocca e collane con vaghi sia d'oro sia di pietre semipreziose o di
ambra.
Il
diadema d'oro dalla tomba III, che apparteneva ad una principessa, è
decorato con rosoni impressi sulla cui estremità superiore sono state applicate
lamine d'oro che formano nove calici di fiori.
Dalla
stessa tomba proviene un altro diadema d'oro a forma di rombo con sette dischi
rotondi impressi. Sette lamine lanceolate con la stessa decorazione sono
collocate nella parte superiore.
Nella
tomba II del Circolo Funerario A fu rinvenuto in situ attorno al cranio del
defunto un elaborato diadema fabbricato con una sottile lamina d'oro. Reca una
decorazione impressa di spirali e di una pigna a forma di foglia con disco al
centro.
Simboli
del potere dei sovrani defunti sono gli anelli-sigillo d'oro con
rappresentazioni cesellate e gli scettri d'oro rinvenuti nelle tombe di Micene.
Sul castone gli anelli recano rappresentazioni che costituiscono importanti
fonti sul culto, le credenze ed anche la vita quotidiana.
L'anello
d'oro del XVI secolo a.C. rappresenta una scena di caccia. Su un carro tirato da
due cavalli ci sono due uomini. Uno tira una freccia su un cervo che corre
seguendo il galoppo dei cavalli. Su un altro anello-sigillo d'oro della stessa
epoca è rappresentato Io
scontro di quattro uomini. I due al centro combattono corpo a corpo con le
spade: uno è già in ginocchio; un terzo con uno scudo che copre tutto il
corpo, elmo e lancia prende di mira l'uomo ritto e un quarto a sinistra senza
armi e nudo sta seduto a terra.
Molti
elementi cultuali sono presenti in una delle più
importanti rappresentazioni di un altro anello d'oro del XV secolo a.C.
proveniente dal cosiddetto "tesoro" dell'Acropoli di Micene. È stato
chiamato "Pantheon Minoico" data la sua rappresentazione, preziosa per
la conoscenza della religione cretese-micenea. A sinistra, sotto un albero che
simboleggia un bosco sacro, sta seduta una dea che tiene dei papaveri con
attorno delle piccole ancelle. Due donne in piedi davanti a lei le offrono
fiori: la prima glieli ha già dati e la seconda tiene nelle mani dei gigli. Una
figura armata scende dal cielo tra le due figure femminili; al centro è
rappresentata una doppia ascia, il simbolo sacro, e più in alto il sole tra
linee ondulate che indicano il cielo.
In
una tomba a camera di Micene, del XIV secolo a.C, fu rinvenuto un altro
anello-sigillo con rappresentazione religiosa. Al centro una figura femminile
balla una danza religiosa; a sinistra un uomo scuote un albero e a destra una
seconda donna chinata su un banco piange.
Oltre
agli anelli-sigillo d'oro è
stato rinvenuto un gran numero di sigilli cesellati fatti con pietre
semipreziose con ricchi soggetti iconografici come animali selvaggi, leoni,
tori, grifi, sfingi ed anche scene di caccia, di battaglie e di cerimonie
religiose.
Il
sigillo a forma lenticolare di ametista dalla tomba T (Gamma) del Circolo
Funerario B di Micene risale agli inizi del XVI secolo a.C. Reca in rilievo la
testa di un uomo con marcati lineamenti, il cui profilo ricorda il tipo
"della figura dei sovrani micenei", secondo la definizione di G. Mylonàs.

Il
gran numero delle armi rinvenute nelle tombe dimostra che i defunti erano abili
guerrieri. Grandi spade di bronzo con else elaborate di materiale diverso: oro,
avorio, pietra oppure osso; pugnali, lance, coltelli ed anche asce accompagnano
i guerrieri-morti nel loro ultimo viaggio.
Famosi
sono i pugnali di bronzo che recano una decorazione incastonata sulla lama in
oro, argento e niello con rappresentazioni figurative. Dal Circolo Funerario A
abbiamo cinque pugnali con decorazione applicata, tutti di arte raffinata,
rinvenuti nelle tombe IV e V. Uno di questi è
il pugnale dalla tomba IV del Circolo Funerario A, del XVI secolo a.C, con
rappresentazione su una faccia della lama della caccia al leone da parte di
Micenei tutti armati e sull'altra un leone che insegue antilopi.
Un'altra
ammirevole scena su una lama di pugnale di arte simile è
il cosiddetto "Paesaggio sul Nilo". Leopardi cacciano anatre sulla
sponda del fiume tra filari di papiri; nelle acque nuotano pesci (tomba V). Ci
sono altri pugnali con impugnature d'oro sulle cui lame recano motivi decorativi
incastonati, come gigli o spirali.
Nel
pugnale si distingue la raffinata impugnatura d'oro sulla quale l'artigiano ha
usato la tecnica à
cloisonnée, riempiendo i vuoti della rete d'oro con smalto o cristallo di
rocca. L'impugnatura finisce in due teste affrontate di draghi.
Un
gran numero di utensili accompagnava anche i defunti sovrani di Micene. Coppe e
bicchieri d'oro e d'argento di vari forme si sono conservati in abbondanza. A
volte sono solo d'oro, a volte sono decorati con rappresentazioni di animali o
di piante; alcuni recano una decorazione plastica sulle anse. Una speciale
categoria è costituita
dai rhytà quali opere plastiche a tutto tondo. La tomba IV ne ha restituiti due
a forma di testa di leone e di toro. Il primo è costituito da una sola lamina
d'oro e rappresenta meravigliosamente il leone di fronte e di profilo; il
secondo è d'argento con le corna ed il muso del toro in oro e gli occhi
applicati.
Una
delle più famose opere dell'oreficeria micenea è il rhytón conico in argento
della prima metà del XVI secolo a.C. Su esso è rappresentato a sbalzo, non però
integro a causa della corrosione del materiale, l'assedio di una città. A
destra si distingue la città circondata da mura e torri da dove figure
femminili seguono vivacemente l'esito della battaglia sulla costa. Ad un livello
più basso, fuori delle mura della città, i difensori combattono nudi con
archi e fronde contro i nemici che sono arrivati con le navi. I conquistatori
sono Micenei, come si vede dall'abbigliamento del timoniere e dell'equipaggio,
mentre i difensori nudi della città devono appartenere ad una razza
"barbara". La scena verosimilmente immortala un avvenimento storico o
una tradizione epica di più antiche imprese eroiche dei Micenei. L'artigiano
del rhytón, che doveva essere minoico, realizzò questa eccellente opera d'arte
su ordine di un ricco guerriero miceneo.
Tra
le coppe d'oro con decorazione plastica sulle anse si distingue il cosiddetto
"Bicchiere di Nestore", secondo il nome datogli dallo Schliemann poiché
reca sulle anse due volatili, secondo alcuni colombi, come quelli ricordati da
Omero nell'Iliade quando descrive il bicchiere del re di Pylos; secondo altri
sono dei falchi.
Gli
slanciati bicchieri d'oro su piede alto, le coppe, le phialai del XVI secolo
a.C., realizzati con la tecnica a martello, sono ornati a volte con rosoni a
rilievo o a granuli e a volte con motivi spiraliformi, lineari o vegetali.
Sulla
famosa phiale monoansata in argento del XIII secolo a.C., attorno all'orlo c'è
una fascia su cui sono rappresentate di profilo
teste maschili realizzate con la tecnica della decorazione a sbalzo in lamina
d'oro e niello.
Vasi
da fiore a sbalzo pieni di dittamo, l'erba curativa di Creta, e gigli decorano
un bicchiere ben conservato in argento del XVI secolo a.C. rinvenuto nella tomba
IV de; Circolo Funerario A; dei leoni corrono tutt'intorno al di sotto dell'orlo
di una coppa della tomba V.
Simili
leoni a rilievo che inseguono cervi ornano il rivestimento in lamina d'oro di
una pisside lignea di importazione.
Oltre
agli elaborati vasi in oro e in argento risaltano anche gli utensili litici, in
marmo o alabastro, che ricordano con le loro forme delicate i modelli cretesi ed
egiziani. Notevole è il vaso in alabastro la cui forma è completata da tre
elaborate anse applicate a forma di S con la curva superiore chiusa. La sua
forma larga con collo che si restringe finendo in un orlo aperto, poggia su un
basso piede che si allarga armoniosamente come l'orlo. Sotto la spalla reca tre
scanalature decorative. È stato rinvenuto nella tomba IV del Circolo Funerario
A. Il vaso della metà del XVI secolo a.C. è un'opera che testimonia
l'applicazione sulla pietra della tecnica dei vasi in metallo.
Tra
le più importanti opere dell'artigianato in pietra viene annoverata la phiale a
forma di anatra in cristallo di rocca rinvenuta in una tomba del Circolo
Funerario B di Micene. Nella stessa tomba, chiamata "Tomba dei
cristalli" dato il gran numero di oggetti in cristallo di rocca, furono
rinvenuti anche gli spilloni con teste dello stesso materiale.
Un
altro vaso di uovo di struzzo, decorato a rhytón testimonia, i rapporti
commerciali tra Micene e l'Egitto o la Siria. Vasi simili sono
stati rinvenuti a Midea e recentemente a Thera.
Tra
le opere più elaborate sono i rilievi in avorio, vari per soggetti e stile.
Micene, nel corso della sua lunga vita, fu verosimilmente un centro di
produzione di simili opere. Pissidi, manici di specchio, pettini, placchette,
parti decorative di mobili, sia a rilievo sia incise sono ritrovamenti molto
frequenti.
La
più famosa scultura di Micene, dopo il rilievo della Porta dei Leoni, è il
gruppo in avorio a tutto tondo che rappresenta due figure femminili abbracciate
e tra di esse un bambino che gioca sulle loro ginocchia. Sono state date molte
interpretazioni soprattutto sull'importanza religiosa dell'opera. Non c'è
dubbio che si tratta della "Sacra Triade" che secondo alcuni erano le
Madri-Orse che allevarono Zeus, o secondo un'altra versione Demetra, Persefone e
Bacco.
Notevole
interesse presenta un'altra opera in avorio della miniaturistica micenea che
rappresenta un guerriero con elmo di denti di cinghiale. C'è una serie di teste
simili rinvenute in altre località, l'esempio migliore proviene da una tomba a
camera del XIV secolo a.C. di Micene. Nell'Iliade Omero descrive
meravigliosamente l'immagine dell'elmo di Merione di fabbricazione simile.
Una
dea seduta su una roccia con abiti lussuosi, ma acefala, è resa da un piccolo
rilievo plastico in avorio che ricorda soggetti cretesi da Cnosso e dall'isola
di Psira (Mirabello), dove furono rinvenute figure simili.
L'unica
scultura esistente a tutto tondo di grandezza naturale proveniente da Micene è
la testa femminile di una sfinge (?) in stucco. Le caratteristiche del volto
sono indicate con colori vivaci. Data al XIII secolo a.C.
e fu
rinvenuta in una casa di Micene dallo Tsountas.
A
breve distanza dal luogo in cui fu rinvenuta la testa femminile è stato
scoperto il più famoso vaso del periodo miceneo. Si tratta del cosiddetto
"Vaso dei Guerrieri", un cratere con doppie anse che finiscono in
bucrani. Sei guerrieri con scudo, lancia ed elmo partono per una spedizione
bellica ed una donna con il braccio alzato li saluta.
Famose
sono le stele funerarie litiche che erano erette come "semata" (segni)
al di sopra delle tombe a fossa dei due Circoli Funerari A e B. Recano
rappresentazioni a rilievo con scene di guerra o di caccia ed elementi
decorativi. Alcune erano completamente prive di decorazione: queste, è stato
sostenuto, venivano erette sulle tombe femminili. Sulla stele 1428 della metà
del XVI secolo a.C. ci sono nella parte superiore tre file di spirali
intrecciate; nella parte inferiore una scena di corsa coi carri. È probabile
che le corse coi carri rappresentate avvenissero in onore del morto sepolto
nella tomba.
Tra
le numerose e preziose opere d'arte di Micene, il centro della Civiltà Micenea,
che sono state raccolte nel Museo Archeologico Nazionale, sono esposti anche
affreschi provenienti dagli edifici del "Centro Religioso" di Micene.
Risalta la famosa "Micenea", così chiamata da G. Mylonàs che la trovò
nel 1970. Molto ben conservata, questa parte dell'affresco su fondo azzurro
rappresenta una figura femminile con il corpo reso di fronte e la testa di
profilo. Si tratta forse di una dea riccamente abbigliata con vari gioielli che
ornano i polsi delle sue bianche braccia, il collo ed i folti capelli che sono
artisticamente trattenuti da varie fasce. Il disegno forte e l'espressività
della figura sono unici nell'arte micenea (fine del XIII secolo a.C.).

Agosto
2013
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