Siti archeologici di Micene e Tirinto
  
PATRIMONIO DELL'UMANITÀ DAL 1999
  

   

L'odierno visitatore per arrivare all'ingresso principale dell'Acropoli di Micene segue lo stesso cammino dell'abitante o del visitatore antico, quello che percorse Pausania nel II secolo d.C. per andare a vedere l'Acropoli e la Porta dei Leoni, l'ammirevole monumento che descrive colpito, ammirando le enormi opere dei Ciclopi.

Una rampa ascendente conduce oggi all'ingresso principale che si trova ad Ovest dell'Acropoli, sull'unico lato accessibile della scoscesa ed impervia collina. All'estremità di esso, tra le mura ciclopiche viene a formarsi un cortile interno che finisce alla Porta dei Leoni.  

LA PORTA DEI LEONI - Uno dei più sorprendente e più importanti monumenti dell'arte fortificatoria di tutte le epoche, un "monumento megalitico", è l'ingresso principale all'Acropoli di Micene, noto a tutti con il nome "Porta dei Leoni".

La Porta si trova alla terminazione di una via principale che arriva dalla città bassa e continua in salita con una rampa inclinata che gradualmente finisce in uno stretto spazio. Questo spazio viene a formarsi tra la sporgenza della roccia del braccio occidentale delle mura, che si innalza alquanto costruito col sistema isodomo, ed un bastione oblungo (14,80 x 7,23 metri), costruito nella stessa maniera. Sul fondo di questa strettoia si trova la Porta. Viene a formarsi così, davanti ad essa, uno stretto cortile in modo da rendere quanto più difficile possibile il passaggio agli attaccanti che erano costretti da un lato a diminuire il loro numero e dall'altro ad essere esposti da tutti i lati ai colpi dalla guarnigione dell'Acropoli.

L'apertura della Porta, un quadrato quasi regolare, è circondato da quattro enormi blocchi monolitici ed ha un'altezza di 3,10 metri ed una larghezza di 2,95 metri davanti e in basso e di 3,10 metri dietro. Innalzandosi si restringe di 0,17 metri e raggiunge i 2,78 metri. Le due paraste monolitiche che delimitano l'apertura della Porta sono alte 3,10 metri, larghe 1,95 metri e spesse 0,50 metri. Su esse poggia l'architrave, delle dimensioni di 4,50 x 2,10x1 metri che al centro è più spesso e pesa più di 18 tonnellate.

La soglia, dalle dimensioni rispettivamente di 4,60 x 2,40 x 0,85 metri, anch'essa più spessa al centro, pesa circa 20 tonnellate e non poggia direttamente sulla roccia, ma su uno strato di pura terra sabbiosa. All'estremità di essa c'era, sotto la terra, una sottofondazione di piccole pietre. Oggi è coperta perché non si logori. Sulla soglia si distinguono varie scalpellature che risalgono alle epoche trascorse: tre larghi solchi incisi dalle ruote dei carri antichi che in seguito, durante l'età storica, furono allargati per facilitare lo scorrimento delle acque piovane dall'interno della Porta; scalpellature superficiali affinché non scivolassero gli animali al loro passaggio; ed anche un'incavatura quadrata poco profonda al centro della faccia anteriore ed una più piccola rotonda, tutte più tarde, dall'età arcaica a quella ellenistica.

Al periodo miceneo risalgono due incavi che si distinguono collocati vicino alle paraste sulla soglia e sull'architrave. Costituiscono gli incastri dei cardini delle due ante della porta. I cardini, due pali verticali arrotondati le cui estremità sporgevano al di sopra e al di sotto delle ante, erano fissati a questi incavi e giravano quando la porta si apriva e si chiudeva.

Sulle paraste si distingue un aggetto spesso 0,10 metri che continua anche sulla soglia per impedire ai battenti di girare verso l'esterno.

I pesanti battenti di legno della Porta dei Leoni che chiudevano l'entrata monumentale dell'Acropoli micenea venivano assicurati, quando erano chiusi, con un palo orizzontale fissato alle due estremità in due fori quadrati che si distinguono sulle facce laterali delle paraste. Altri fori rettangolari, due su ogni parasta, erano verosimilmente gli incastri delle doppie maniglie di ogni battente che vi si adattavano in modo che la porta potesse aprirsi per l'intera sua larghezza.

Nove filari di blocchi inquadrano la porta quadrata che si incorpora armoniosamente nel muro costruito con blocchi rettangolari, disposti secondo il sistema pseudoisodomo. Per alleggerire l'architrave dal peso della sovrastruttura, la serie dei blocchi che poggiano alle due estremità dell'architrave è interrotta come lo sono anche le successive assise sovrastanti, che sporgendo progressivamente formano un triangolo vuoto al di sopra di esso, il cosiddetto "triangolo di scarico", elemento caratteristico dell'architettura monumentale micenea. Nel vuoto triangolare, alto 3,10 x 3,60 metri e spesso 0,70 metri alla base, è collocata una lastra di calcare duro decorata all'esterno da una rappresentazione a rilievo che diede il nome alla porta.

Questa composizione è fino ad oggi il più antico esempio di scultura monumentale in Europa.

Il rilievo della Porta rappresenta due leoni ritti ed affrontati le cui zampe anteriori poggiano su un plinto collocato su due altari biconcavi noti da rappresentazioni minoiche. Le teste, non più esistenti, erano, a quel che sembra, rivolte di prospetto ed erano realizzate con un materiale pesante, forse steatite.

Tra i due animali, al centro della composizione, si innalza una colonna che poggia sugli altari e sorregge sul suo capitello una trabeazione, elemento che sta ad indicare il soffitto di un edificio.

Numerose sono le interpretazioni date da molti studiosi sul simbolismo di questo emblema dei sovrani micenei.

Molti in riferimento ai due animali hanno sostenuto che non erano leoni, ma leonesse o sfingi o anche grifi, opinioni che non vengono dimostrate dagli elementi esistenti sul rilievo. Pausania, che precede tutti quanti si sono occupati della questione, visitando Micene nel II secolo d.C, sia perché aveva visto le teste dei leoni prima che queste andassero perdute, sia perché aveva sentito la tradizione viva, le genti che vivevano nella zona chiamarli leoni, scrive: "... compresa la porta sormontata da leoni..." (II, 16,5).

I più importanti scavatori e studiosi di Micene hanno ritenuto che la colonna avesse un significato puramente religioso e vi vedevano la rappresentazione aniconica di una divinità la cui presenza al di sopra della Porta significava che essa era posta sotto la sua protezione come pure l'Acropoli. Altri poi credono che ci fosse un doppio simbolismo: di religione e di potere; più recentemente la colonna è stata interpretata come rappresentazione simbolica del palazzo dei sovrani che è custodito dai leoni, cioè come emblema di potere.

La posizione del rilievo al di sopra dell'ingresso principale dell'Acropoli, come pure la colonna che sorregge una trabeazione e denota in questo modo un edificio, custodito da due leoni, simboli anch'essi della potenza della dinastia, ci portano ad accettare l'idea che l'intera composizione costituisca l'emblema del potere della casa reale di Micene. Il sostegno della colonna e dei due leoni sui due altari dimostra l'origine divina dei sovrani che si basano sul volere divino.

Con le ultime ricerche di scavo è stato dimostrato che la Porta dei Leoni fu costruita alla metà del XIII secolo a.C, quando si ritiene che si trovasse al potere Atreo. Si può quindi presumere che il rilievo della Porta dei Leoni costituisse il blasone di Atreo, costruttore della porta, e di tutta la stirpe degli Atridi andata perduta nel corso dei secoli, lasciando dietro di sé, vigili custodi dell'Acropoli, i leoni del suo potere.  

All'interno, dopo aver superato la Porta dei Leoni, viene a formarsi un cortile quadrato (4 m di lato) che in origine era coperto. Aperto tra un muro perpendicolare alla Porta (lato sud) e la roccia naturale (nord) rivestita con pietre di conglomerato, comprende all'estremità nord-occidentale una piccola nicchia che era un santuario di porta, come si deduce da altri esempi simili.

Inizialmente questo piccolo spazio era stato interpretato come guardiola per la guardia della Porta o per il cane-custode dell'ingresso all'Acropoli.

A destra della Porta dei Leoni una rampa consentiva l'ascesa alla sommità della cinta muraria. Oggi si conserva solo il lastricato di uno spazio quadrato rinvenuto al di sotto delle rovine della rampa e del vicino "Granaio", ed anche associato a reperti ceramici.

Accanto alla rampa c'è un edificio costruito sul paramento interno delle mura, il cosiddetto "Granaio". È stato così chiamato perché nei suoi sotterranei furono rinvenuti pithoi con grano ed orzo carbonizzati. È più probabile però che fosse uno spazio utilizzato dalla guardia della Porta.

L'edificio in pietra adattato alle mura, aveva la facciata ad Est verso il Circolo Funerario A. È evidente che fu costruito dopo di questo e dopo la seconda fase edilizia delle mura (fine del XIII secolo a.C.). Era a due piani e comunicava all'interno con una scala di cui si conservano solo i primi due gradini in pietra.

Due stretti corridoi laterali che conducevano al piano superiore si trovano a Nord-Est dell'edificio. In una seconda fase edilizia furono ampliati con aggiunte poste obliquamente.

Il "Granaio" fu usato fino agli anni della distruzione finale dell'Acropoli (1120 a.C.). La ceramica che risale all'ultimo periodo della civiltà micenea è stata chiamata "stile del Granaio".

Lo spazio che viene a formarsi dietro la Porta dei Leoni, subito dopo il Santuario della Porta e il cosiddetto Granaio, si divide in due parti con orientamenti diversi. Sull'asse della Porta dei Leoni, subito dopo il Santuario della divinità della Porta, inizia la Grande Rampa che conduce verso la sommità dell'Acropoli e la sede del sovrano miceneo. Lo spiazzo, che viene a formarsi ad Est del "Granaio" e che si estende lungo il braccio occidentale e meridionale delle mura, ospita funzioni del tutto diverse che sono in rapporto con il ricordo e l'immortalità degli antenati ed anche con i rituali religiosi.  

CIRC0L0 FUNERARl0 A - A breve distanza dalla Porta dei Leoni, all'estremità sud-orientale dell'edificio del "Granaio" e ad Ovest della Grande Rampa si estende il Circolo Funerario A che attesta la gloria degli antenati dei re micenei, la tradizione delle stirpi sovrane.

Un recinto circolare, oggi visibile, costituito da lastroni ritti di psammite e di calcare conchiglifero in doppia fila, circonda uno spazio del diametro di 27,5 metri che contiene a grande profondità un complesso di tombe a fossa, tagliate nella roccia. Questa conformazione dello spazio non è l'originale. In questo luogo, nel XVI secolo a.C., sulla scoscesa pendice della collina e all'estremità orientale della necropoli medio-elladica di Micene, c'era un gruppo di grandi tombe a fossa, indubbiamente di sovrani, circondate, per essere evidenziate, da un basso recinto circolare di pietre a secco, di cui se ne conserva oggi una piccola parte.

Quando nel 1250 a.C. fu costruita la Porta dei Leoni insieme al braccio occidentale delle mura ed al loro ampliamento curvo verso Sud per comprendere le tombe dei sovrani-antenati che si trovavano a grande profondità, lo spazio doveva essere adattato al livello più alto dell'ingresso principale dell'Acropoli in maniera tale che le fosse che si trovavano in una profonda cavità artificiale venissero protette e parallelamente coperte a causa dei pericolosi differenti livelli venutisi a creare.

Per raggiungere il livello più alto della Porta dei Leoni, sul vecchio recinto fu costruito un possente contrafforte allo scopo da un lato di trattenere la colmata artificiale di terra che coprì le tombe, dall'altro di conformare uno spazio pianeggiante. Su questo furono collocate le lastre ritte che delimitano il Circolo Funerario A. Disposte in due cerchi concentrici, l'uno ad una distanza di 1,30 metri dall'altro, con un vuoto tra esse coperto con lastroni orizzontali su piccole travi lignee, formano un compatto parapetto circolare dello spessore massimo di 1,35 metri e alto da 0,92 a 1,52 metri. Nel lato settentrionale di questo recinto circolare c'è un'entrata (2,50 metri di larghezza x 3,63 metri di lunghezza) con tre gradini che è inquadrata dalle estremità quadrate del parapetto.  

Il recinto conteneva sei grandi tombe a fossa (numerate da I a VI) e alcune tombe comuni, piccole e poco profonde, che evidentemente vennero comprese insieme a quelle reali quando fu realizzato il primo recinto circolare. Di queste ultime se ne è conservata una soltanto, rinvenuta nel 1957 sotto i lastroni del parapetto; le rimanenti vennero distrutte nel corso degli scavi dello Schliemann.

Le tombe del circolo funerario A sono note come tombe a fossa perché hanno la forma di grandi fosse rettangolari dalle dimensioni di 3 x 3,50 la più piccola e 4,50 x 6,40 la più grande; la loro profondità oscilla da 1 a 4 metri. 

I lati, alti da 0,75 a 1,50 metri dalla base, erano rivestiti da bassi muri in pietre a secco. Su essi poggiava il soffitto della tomba fatto di lastre di scisto o di canne e paglia ricoperte da uno strato di materiale impermeabile e di argilla, che a Micene chiamano oggi "plesia" dal nome del villaggio dove viene prodotto il materiale. 

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La copertura della tomba non si trovava sulla sommità della fossa ma più in basso e tra essa ed il pavimento della tomba veniva a crearsi uno spazio che somigliava ad una camera funeraria. Il defunto insieme ai corredi veniva deposto in questo spazio vuoto e non veniva coperto con terra. 

Al di sopra della copertura della tomba, la parte rimanente della fossa veniva riempita di terra fino al livello del terreno. Sulla superficie veniva collocata, per segnalare la tomba, una stele litica ritta, a volte con rappresentazioni a rilievo a volte senza. Dopo la chiusura della fossa seguiva il banchetto funebre i cui resti venivano anch'essi ricoperti con terra.

Nelle sei fosse sono stati rinvenuti i resti di diciannove scheletri. Di questi otto appartenevano ad uomini, nove a donne e due a bambini. L'unico defunto imbalsamato di Micene è stato rinvenuto nella tomba V ed è probabile che fosse di una donna. Nella tomba III è stato trovato un solo defunto; nelle altre ne sono stati rinvenuti da due a cinque. Nella tomba VI, per fare posto ad un altro defunto, le ossa del morto erano state rimosse verso le pareti della stessa. 

Per ogni nuova inumazione venivano tolti la stele della tomba, il riempimento della fossa e la copertura e successivamente venivano ricollocati.  

Nelle tombe del Circolo A i corredi dei defunti erano abbondanti, ricchi e d'arte raffinata. I defunti venivano sepolti vestiti con abiti riccamente ornati. Alcuni portavano maschere d'oro (tombe IV e V) che dimostrano influenze egiziane. Accanto ai corpi degli uomini venivano deposte le spade di bronzo con else d'oro e d'avorio ed i pugnali con le lame incastonate a niello d'oro e d'argento.

I vasi d'oro, i vari gioielli preziosi, i diademi tutti d'oro e gli anelli con rappresentazioni tratte dalla vita dei Micenei (caccia, battaglie) ed anche con scene rituali dalla vita religiosa dimostrano l'alto grado artistico delle prime opere micenee che contengono molti elementi minoici ed egiziani, ma che al tempo stesso rivelano il futuro sviluppo della civiltà micenea. Si calcola che nella loro vita dopo la morte i defunti del Circolo Funerario A avessero preso con sé almeno 15 chili d'oro ed anche preziosi oggetti personali o dei loro antenati. Silenziosi testimoni di queste tombe reali familiari sono le 17 stele erette su esse per ricordarne la presenza e la gloria degli antenati micenei. Undici di queste decorate con disegni geometrici e rappresentazioni a  rilievo con scene di guerra o di caccia o anche scene di gare di corsa coi carri in onore del morto. Nessuna di queste stele è stata rinvenuta nella sua posizione originaria. Erano state tutte spostate, quando venne costruito il successivo recinto nel XIII secolo a.C., ad un livello superiore secondo la nuova sistemazione imposta dal risparmio dello spazio.

A Sud del Circolo Funerario A venne a crearsi uno spazio da un lato lungo le mura in direzione del Chavos e dall'altro a Sud-Ovest della grande e della piccola rampa, dove furono eretti alcuni importanti edifici che verosimilmente sono in rapporto con il Centro Religioso di Micene che si estende nella continuazione di essi.  

IL CENTRO RELIGIOSO - Subito dopo il Circolo Funerario A ci sono i resti edilizi di due edifici. Il primo si estende parallelamente e a breve distanza dalla cinta di fortificazione e poggia ad un livello più basso del secondo, che è addossato alla curva del muro di sostegno del Circolo A. Ha la faccia adattata schematicamente all'andamento del muro di sostegno del Circolo A. All'interno di esso si conservano due ambienti separati da un corridoio. Lo Schliemann che lo scavò per primo credette di aver scoperto il palazzo di Agamennone. È evidente che non ha alcun rapporto col palazzo di Micene, ma che costituisce il pianterreno di una costruzione distrutta nel periodo tardo-miceneo e nelle cui rovine furono rinvenuti i frammenti di un grande cratere con rappresentazione di guerrieri (oggi al Museo Archeologico Nazionale di Atene). Per questa ragione l'edificio è stato chiamato "Casa del Cratere dei Guerrieri".

Ad un livello più alto, incorporata nel prolungamento del muro di sostegno del Circolo Funerario A si trova la "Casa della Rampa" che deve il nome al fatto che accanto ad essa, a Nord, inizia la Piccola rampa. L'edificio, che si conserva in cattive condizioni, forma un ambiente a megaron e accanto a questo, sul lato occidentale, ci sono altri tre vani più piccoli che dovevano essere i magazzini.

La prima costruzione subito dopo la "Casa del Cratere dei Guerrieri" è la "Casa Sud". Fu così chiamata perché per un certo periodo di tempo costituì l'ultimo edificio in direzione Sud dell'area di scavo. Fa parte di un grande complesso edilizio chiamato "Casa Ovest" o "Casa della Cittadella" o "Edificio Wace" dal nome dello scavatore. I muri di questo complesso, costruiti in mattoni crudi, si sono conservati perché l'incendio che lo distrusse trasformò i mattoni da crudi in cotti. In questa muratura si è conservata la forma dell'armatura lignea di rinforzo.

Anche se non sono state ancora pubblicate le conclusioni di scavo, è evidente che l'edificio era indipendente e fungeva forse da laboratorio per la lavorazione dell'avorio. Si trova esattamente accanto al Centro Religioso dell'Acropoli ed il suo uso era forse in relazione con esso.  

Le costruzioni chiamate "case" non dovevano essere semplici abitazioni. Dovevano avere vari usi, indispensabili per il funzionamento del sistema. In alcune di queste risiedevano forse sommi dignitari con le loro famiglie, militari e amministrativi, ed anche sacerdoti. Gli abitanti della città risiedevano fuori dell'Acropoli in abitazioni di gruppo raccolte in isolati.

A Sud-Est del complesso della "Casa della Cittadella" (Ovest) o "Casa Sud", tra una via processionale che si sviluppa lungo il versante della collina e lungo la cinta di fortificazione, si trova il Centro Religioso di Micene con i suoi Santuari.  

A 40 m a Sud-Est dal punto in cui si interrompe la grande via in salita, una scala larga 1,75 metri conduce ad una strada con un percorso Sud-Ovest che poi svolta di nuovo verso Sud-Est per arrivare ad una porta con una larga soglia. Da questa il visitatore entrava in un corridoio coperto che continuava per arrivare nell'area di un tempio. Si tratta di una via processionale usata per le cerimonie sacre.

Il tempio è diviso in due ambienti di cui il primo (4,50 x 6,45 metri) comprende all'ingresso le fondazioni di un altare quadrato e all'interno una larga pietra, una tavola per sacrifici; dietro di esso ci sono un focolare a forma di ferro di cavallo e solchi nel pavimento per l'incanalamento dei liquidi delle libagioni. Dietro il focolare si trova un piccolo vano quadrato, l'adyton del tempio, dove è stata rinvenuta una placchetta con un palladio dipinto e parte di un affresco che raffigura una dea con elmo e con un grifo. Lo spazio venne strutturato intorno al 1250 a.C. Da questo edificio proviene la testa di Sfinge in stucco esposta nel Museo Archeologico Nazionale di Atene. In una seconda fase il focolare e la tavola per i sacrifici furono obliterati e ricoperti di terra e fu eretto l'altare all'aperto.

Un cortile lungo e stretto ad Ovest del tempio lo unisce ad un edificio sacro chiamato "Santuario degli Idoli". All'interno di esso c'era una tavola per offerte e due banchine in muratura dove venivano posti gli idoli durante i riti cultuali. In una parte sopraelevata della camera interna sono stati scoperti molti grandi idoli antropomorfi dalle sembianze paurose ed anche modellini di serpenti attorcigliati. In questo santuario veniva forse celebrato il culto di divinità ctonie o di demoni.

Vicino al "Santuario degli Idoli", più in basso verso le mura, si trova un altro luogo sacro, l' "Edifìcio degli Affreschi", un complesso di ambienti che avevano affreschi con rappresentazioni di divinità. Nella camera principale sono stati rinvenuti delle banchine, una tavola per offerte in muratura ed affreschi con figure femminili di cui una tiene delle spighe. Un piccolo adyton comunicava con la camera in cui è stato trovato un idolo di una dea su un piedistallo. Davanti ai due edifici sacri c'era un cortile con un altare rotondo all'aperto che conteneva ceneri ed un deposito votivo con ossa, statuine ed altri oggetti.

Ad un livello più basso, a brevissima distanza dai complessi sacri, si trova un altro edificio, la "Casa Tsountas", così chiamata dal nome dello scavatore. È costituita da un cortile, un appartamento al pianterreno con prodomos (vestibolo) e domos (vano principale) ed una serie di soglie a cui conduce una scala in pietra. Si tratta forse della Tesoreria del Centro Religioso. Qui venivano custoditi oggetti preziosi, offerte per il santuario. Una lunga scala in pietra divide il complesso dei Santuari e la "Casa Tsountas" dalle abitazioni dei sacerdoti e dalle camere del personale del Centro Religioso. Vicino ad essa un canale di scarico la segue lungo tutta la sua lunghezza.

Nella "Casa del Sommo Sacerdote", che si trova più a Sud della "Casa Tsountas", sono stati scoperti frammenti di affreschi con scudi a forma di otto ed anche un affresco con la famosa "Micenea".

È evidente che i santuari ed i luoghi di culto dell'Acropoli, il cosiddetto Centro Religioso erano concentrati in quest'area. Furono realizzati intorno al 1250 a.C. ma subirono molte distruzioni e rifacimenti. 

IL PALAZZO - Totalmente armonizzato con il paesaggio naturale ed anche con la sua tragica tradizione, il palazzo dei re di Micene occupa il posto culminante nell'Acropoli di Micene, sulla terminazione della collina cinta di mura, più in alto di ogni altra creazione umana.

Simbolo della potenza dei re e del sistema politico, sociale ed economico del periodo miceneo, esprime con la sua posizione e la sua forma architettonica un'ideologia che venne conformata attorno al personaggio del "wanax" (anax) delle tavolette iscritte della Scrittura Lineare B.

Dietro le mura ciclopiche dell'Acropoli, anch'esse testimonianza della potenza dei loro nobili proprietari, il megaron, un edificio centrale, dove si trova l'Estia dello Stato e il trono del re, circondato da un intero sistema di costruzioni di usi diversi che si sviluppano sotto il controllo del sovrano, diventa il centro politico, amministrativo, militare ma soprattutto economico dello stato, testimonianza delle tendenze monopolistiche di un sistema accentratore.

E' il periodo dell'acmè micenea (1400- 1200 a.C.) quando la Grecia Micenea risplende e si estende in tutto il Mediterraneo. Allora iniziano le grandi attività edilizie nei centri micenei. Vengono erette le prime fortificazioni ciclopiche sulle Acropoli di Tirinto, di Micene e di Gla e nello stesso tempo vengono a formarsi i palazzi nella loro forma monumentale.

Il palazzo che domina sulla sommità dell'Acropoli di Micene fu eretto in questo periodo, alla metà del XIII secolo a.C., quando era ancora all'apice la "Koinè Micenea". Nello stesso posto, però, un secolo prima esisteva un altro palazzo, come è dimostrato dai pochissimi resti conservatisi.

Le grandi opere realizzate con spianamenti, colmate, contrafforti e terrazzi artificiali e la costruzione dei palazzi monumentali della successiva fase, fecero scomparire la maggior parte dei dati così che non è possibile ricostruire la forma completa di questi edifici.

Parti delle fondazioni, frammenti di affreschi, pietre reimpiegate, hanno portato alla deduzione che sulla sommità della collina ci fosse un megaron con direzione da Nord a Sud, un orientamento che seguì il successivo tempio arcaico eretto nello stesso posto.

Il monumentale complesso palaziale, fondato un secolo dopo sui terrazzamenti artificiali, prendendo la forma definitiva che prevalse in tutti i centri palaziali, costituirà un'unità funzionale autonoma, un vero e proprio centro statale, comprendente nel suo insieme edilizio tutte le funzioni indispensabili.

L'ASCESA AL PALAZZO - L'ascesa al palazzo dei sovrani micenei avviene tramite un percorso mirato a colpire e ad esibire la loro potenza. La suggestione del visitatore inizia già con lo scorgere le possenti mura ciclopiche che circondano l'Acropoli. Continua con il superamento della maestosa, solenne Porta dei Leoni che reca sulla sua terminazione l'imponente blasone reale.

L'ascesa attraverso le mura ha inizio dalla Grande Rampa che si trova sull'asse della Porta. Costruito in apparato ciclopico, questo piano inclinato artificiale lastricato fu creato solo per i pedoni. Da un lato poggia sulla roccia della pendice della collina e dall'altro, dopo l'ultimo ampliamento (1200 a.C.), sul recinto del Circolo Funerario A.

Alla metà del XIII secolo a.C., nel periodo di grande splendore di Micene, un potente sovrano, a cui appartiene, a quel che sembra, anche il "Tesoro di Atreo", creò una serie di opere monumentali. Allora venne costruita la Porta dei Leoni con il suo bastione, venne ricostruita quasi tutta la cinta muraria meridionale che comprese le tombe degli antenati, il Circolo Funerario A, vennero eretti il bastione sud-orientale e la porta nord, venne coperta la parte settentrionale delle mura occidentali con un apparato isodomo e venne strutturata la grande rampa che conduce al palazzo: vale a dire tutto quanto mirato a far colpo ed a suscitare rispetto.

Il visitatore, avendo sulla destra, mentre percorre la rampa, il Circolo Funerario A, arriva sulla sommità della rampa da dove il suo sguardo spazia sulle costruzioni che si trovano sul pendio dell'altura, lungo le mura meridionali e in lontananza fino alla riva del Chavos. Un po' più lontano si trovano concentrati i Santuari del Centro Religioso di Micene. Una scala ed una grande via processionale che sale verso il palazzo, partendo dai Santuari, attestano i rapporti esistenti tra il centro del potere civile, il palazzo, ed il centro di culto, dal momento che la dignità civile e quella ieratica coesistono nella persona dell'anax.

Subito dopo la Grande Rampa, adattata alla morfologia della pendice, una strada in salita che porta verso la sommità, continua seguendo all'esterno il lato occidentale del palazzo ed infine si dirama per finire alle due entrate del palazzo.

L'accesso nel complesso palaziale vero e proprio avviene da due ingressi, quello nord-occidentale, più antico, e quello meridionale, l'entrata ufficiale più recente, che si trova alla terminazione della grande rampa e porta direttamente agli appartamenti ufficiali del palazzo. Il lato occidentale del complesso palaziale che si sviluppa lungo il grande muro esterno di analemma che ne sostiene l'estremità occidentale, concentra gli spazi di accesso e di entrata negli appartamenti principali, che si estendono su tre terrazzi. In sostanza il lato occidentale unisce il mondo esterno a quello interno del palazzo. All'estremità settentrionale di esso era articolato in un propylon, una costruzione a due ambienti con un passaggio centrale e due colonne assiali, secondo i modelli minoici.

Attraversando il propylon settentrionale, tramite una larga strada in salita, strutturato in un cortile aperto e piattaforme, il visitatore arriva a due accessi fondamentali, l'entrata del corridoio nord ed il portale ovest aperto all'inizio del corridoio sud. Questi due corridoi lunghi e stretti, quello settentrionale e quello meridionale, costituiscono la spina dorsale di tutto il complesso da cui hanno inizio gli accessi sia verso la terrazza settentrionale, la più alta, dove sono ubicati gli appartamenti privati, camere della vita quotidiana della casa reale, chiuse e inaccessibili, sia verso Sud, verso la terrazza più bassa, dove ci sono gli appartamenti ufficiali di svolgimento delle funzioni dello stato, spazi esterni, aperti ai visitatori.  

Questi corridoi uniscono il complesso palaziale nel suo insieme tramite alcuni passaggi ausiliari ma nello stesso tempo separano le sue funzioni formando con i loro muri esterni un cerchio protettivo attorno ad esso. Il corridoio sud che parte dal grande portale ovest e segue l'asse di base da Ovest ad Est chiudeva l'unità più fondamentale del complesso, creata sulla terrazza inferiore meridionale. All'estremità orientale di esso c'era una stretta camera con banchine in muratura ed una scala che portava agli appartamenti più alti. Là, negli appartamenti privati chiusi dei re, i resti di un vano che conservava pochissime tracce del pavimento rosso hanno portato la fantasia dei periegeti ad identificarlo con il bagno coloratosi dal sangue di Agamennone.

Tre  sono  gli accessi  verso gli appartamenti ufficiali che  si trovano  sulla terrazza inferiore più a Sud.  Il primo avviene tramite l' "appartamento dei tendaggi", all'estremità orientale del corridoio sud e conduce direttamente nel portico del megaron; il secondo dal corridoio ovest, da dove un piccolo passaggio più stretto subito a Sud del portale ovest introduce nel cortile del palazzo; e il terzo, l'entrata ufficiale sud-occidentale dall'imponente rampa meridionale.

Gli appartamenti ufficiali sono costituiti dal megaron, il nucleo di tutto il complesso palaziale, il grande cortile e lo xenon (padiglione di ricevimento). Il grande cortile (11,50 x 15 metri) al centro di questa unità, direttamente collegato sui tre lati con gli ambienti che si sviluppano attorno ad esso, è strutturato in maniera analoga. A Nord è chiuso dall'alto muro del corridoio sud costruito con blocchi parallelepipedi tenuti insieme da un'armatura lignea e ricoperto da un'intonacatura dipinta, come il pavimento del cortile. Ad Est si unisce al megaron tramite il portico che si apre su esso e ad Ovest comunica con il complesso delle camere dello xenon. L'unico lato libero è quello meridionale. Lì c'era un basso parapetto che consentiva la vista sulla piana argolica. Il pavimento del cortile era ricoperto da uno spesso intonaco decorato con quadrati policromi contenenti disegni lineari.

IL MEGARON - Ad Est del cortile si apre il Megaron, il più ufficiale di tutti gli appartamenti, con la disposizione nota dalle descrizioni di Omero, simile ai megara degli altri centri micenei, soprattutto a quello di Pylos. È costituito da tre parti: l'atrio (l'aithousa omerica), il prodomos (vestibolo) e il domos (l'ambiente principale). Il tutto forma un chiaro, semplice edificio rettangolare dalle dimensioni di 23 x 11,50 metri, il tipo precursore dei successivi templi degli antichi Greci.

L'Aithoasa è la "splendente" dell'epica omerica e da sul cortile. Ha la forma di uno stretto portico (3,85 x 11,50 metri), reca due colonne in antis sulla facciata e il pavimento è rivestito di lastre di gesso. Comunica con il rimanente palazzo tramite una piccola porta sul lato corto settentrionale; una grande porta a due battenti conduce nel prodomos.

Il prodomos (4,30 x 11,50 metri), con pavimento di intonaco dipinto inquadrato da un bordo in gesso, aveva una porta sul domos simile alla precedente, ma priva di battenti.

Il domos (12,95 x 11,50 metri) è il nucleo di tutto il palazzo, il centro di potere, dove si trovava il focolare (estia) dello stato e il trono dell'anax. Al centro di esso c'era il grande, basso focolare rotondo (Ø 3,70 m), la cui superficie era rivestita di intonaco dipinto, decorato con motivi a fiamma e a spirale. Attorno ad esso c'erano quattro colonne lignee rivestite di bronzo su basi di pietra che sostenevano il soffitto del megaron che era sopraelevato e veniva a formare un'apertura per l'illuminazione e la fuoriuscita del fumo. Il trono del re, come nei palazzi di Pylos e di Tirinto, doveva trovarsi davanti al focolare, sul muro meridionale del domos. Questa parte del megaron precipitò nel Chavos, ma è oggi restaurata. Il pavimento del domos, inquadrato da lastre di gesso, era rivestito con intonaco dipinto con motivi policromi; sulle pareti c'erano affreschi che raffiguravano guerrieri, cavalli, carri e gli edifici palaziali.

All'interno del megaron, chi ha letto la descrizione del palazzo di Alcinoo, può far rivivere l'immagine che scorse Ulisse quando lo visitò. Può immaginare il re dei Micenei seduto sul trono e gli anziani seduti all'intorno lungo i muri, su seggi fissati alle lastre di gesso. Attorno a lui può vedere i giovani seguaci che "su basi ben costruite stavano ritti con in mano fiaccole accese, rischiarando ai convitati nella casa le notti".

Di fronte all'ingresso del megaron, sul lato occidentale del cortile, un vano quadrato con focolare al centro serviva come xenon (padiglione di ricevimento) del palazzo. A Sud di esso c'era la sua avancorte che comunicava con il grande cortile e la scalinata monumentale meridionale del palazzo.

Il monumentale complesso palaziale, malgrado le successive aggiunte, le riparazioni ed i due incendi subiti negli ultimi anni della sua vita (1200 a.C.), da chiaramente al visitatore l'immagine del semplice, armonioso ma anche imponente palazzo. La sua progettazione appartiene puramente alla concezione degli Antichi Greci, che differisce radicalmente da quella minoica per una strutturazione molto complicata dello spazio. Non ci è noto il fondatore, però in base alla sua datazione possiamo dire che lì visse la leggendaria stirpe degli Atridi, Atreo, Agamennone, Oreste e suo figlio Tisameno, l'ultimo re di Micene.  

LUOGHI DI PRODUZIONE E DI IMMAGAZZINAMENTO - Perché sia completa la "topografia" del palazzo vanno riportate anche le ali per la produzione e l'immagazzinamento, settori inscindibili dalle sue caratteristiche e funzionalità. Queste installazioni si erano sviluppate nel lato orientale del palazzo vero e proprio, lato che era stato anch'esso strutturato su tre terrazze. In questo spazio si distinguono quattro complessi sul livello inferiore. Più vicino al palazzo in sé si trova l' "officina degli artisti", come è dimostrato dai resti dei materiali preziosi ivi rinvenuti. Nel palazzo quindi c'erano i laboratori reali con artisti che lavoravano per il re miceneo.

Sui due lati di un cortile lungo e stretto c'erano due serie di vani che avevano anche un piano superiore. Comunicante con l'officina c'era un altro edificio con cortile centrale a peristilio, la cosiddetta "casa delle colonne". Di questa importante costruzione si conservano gli scantinati con i ricchi magazzini e le fondazioni del megaron al pianterreno. La "casa delle colonne" era l'edificio più grande di questa ala ed è ritenuto come un annesso del palazzo appartenente ad un importante dignitario.

L'AMPLIAMENTO NORD-ORIENTALE E LA FONTANA SOTTERRANEA - Un sentiero conduce oggi all'ampliamento nord- orientale, l'aggiunta dell'ultima fase edilizia della cinta di fortificazione, avvenuta alla fine del XIII secolo a.C. non per aumentare la superficie fortificata dell'Acropoli ma per comprendervi la continuazione del suo approvvigionamento idrico.

Fuori dell'Acropoli, sulle colline vicine, c'erano delle sorgenti ancora oggi esistenti. L'incanalamento d'acqua da queste all'Acropoli si sarebbe potuto fare facilmente se non ci fosse stata la dura roccia che era difficile tagliare per realizzare una cisterna. Una fenditura nella roccia, esattamente fuori dell'angolo nord-orientale della fortificazione originaria, diede la soluzione alla costruzione della Fontana sotterranea, ad una profondità di 18 metri così da essere inespugnabile. Per inserire però all'interno della fortificazione l'inizio della discesa ad essa, dovevano essere ampliate le mura verso Nord-Est, sul pianoro che era rimasto fino ad allora non fortificato.

La discesa inizia nell'Acropoli con una galleria coperta con una volta di blocchi in aggetto. Sedici scalini conducono ad una postierla costruita in apparato ciclopico. La galleria taglia le mura di sbieco e attraversandole, esce fuori dell'Acropoli su un pianerottolo da dove svolta verso Ovest ad angolo retto. La discesa continua con altri venti scalini fino ad un secondo pianerottolo che svolta di nuovo ad angolo retto, ora però ad Est, parallelamente alle mura. Nell'ultima parte, con una brusca pendenza e 50 scalini, la galleria raggiunge la cisterna a pozzo che si trova ad una distanza di 12 metri.

La cisterna è quadrata, coperta ed ha un pozzetto verticale, dove finisce un canale in pietra che porta l'acqua dalla sorgente. La sorgente si trova a 360 metri ad Est dell'Acropli, ai piedi della collina del Profitis Ilias. La stessa sorgente alimentava anche in età storica la fontana Persea fuori dell'Acropoli, vicino alla Porta dei Leoni. La costruzione di una tale opera è ritenuta una notevole conquista della tecnica micenea.

Le mura che cingono l'ampliamento nord­orientale furono costruite anch'esse in apparato ciclopico, sono state però rimaneggiate in età ellenistica.

In due punti di esse, sui lati settentrionale e meridionale, ci sono due postierle aperte nello spessore delle mura e coperte a volta. Quella a Sud è stata considerata come un'uscita segreta per poter attaccare di sorpresa gli assalitori, ma poiché è visibile da molto lontano e conduceva su una terrazza esterna al di sopra del Chavos, è preferibile forse ritenerla come una semplice postierla che facilitava lo spostamento delle genti in armi e che veniva chiusa in caso di assedio. La postierla a Nord, stretta e bassa, era stata aperta per raggiungere la Fontana e la Porta Nord.

Nell'area circondata dalle mura di più tarda costruzione dell'ampliamento nord-orientale sono state scoperte le fondazioni di altri due edifici micenei e vicino al braccio settentrionale una cisterna di età ellenistica.  

PORTA NORD - Il visitatore, per ritornare dal punto più estremo dell'Acropoli al palazzo può procedere lungo le mura settentrionali. Seguendo una stretta strada passa da una serie di ambienti addossati alla roccia. Gli ambienti, che appartenevano a magazzini ed erano a due piani, furono distrutti da un incendio. Nei loro scantinati si erano conservati alcuni pithoi che oggi sono stati sostituiti da altri completamente identici. Questi magazzini si trovano ad un livello più alto rispetto alla Porta Nord, che si raggiunge tramite una scala che è stata completata con gradini moderni.

La Porta Nord è una fedele imitazione della Porta dei Leoni, ma più piccola. Fu costruita nello stesso periodo e venne aperta nel braccio settentrionale in una rientranza delle mura ciclopiche della prima fase edilizia della cinta di fortificazione di Micene. Da un lato è protetta da un bastione che fu aggiunto di fronte al braccio antico delle mura. Costruito in breccia, è lungo 6,54 metri e largo 3,25 metri. Tra essi venne a crearsi un'apertura, uno stretto cortile (largo 2,30 metri) sul fondo del quale fu eretta la Porta. La sua cornice è costituita da quattro monoliti in conglomerato come nella Porta dei Leoni. L'unica differenza è che al di sopra dell'architrave non c'è un triangolo di scarico. Al suo posto sono state collocate due lastre con un vuoto tra di loro per alleggerire l'architrave dal peso. Sulla soglia e sull'architrave sono stati praticati i fori per i cardini dei due battenti in legno. All'interno della porta, a sinistra, c'è anche qui, come nell'entrata principale, una nicchia di un santuario di porta.

Dalla Porta Nord uno stretto corridoio tra le mura ed i resti di muri di sostegno conduce fino alla rampa della più antica ascesa al palazzo. Dopo un percorso di 50 metri verso Nord-Ovest, tra numerosissime fondazioni di edifici ellenistici, si incontra un complesso edilizio miceneo, l' "Edificio M", che ha quattro vani al pianterreno e conserva l'inizio di una scala che portava al piano superiore. L'edificio è protetto da un doppio portale ed è fondato su un livello artificiale. È separato dalle mura settentrionali da uno stretto corridoio alla cui estremità occidentale si trovava un complesso di Magazzini.

Tre di questi Magazzini sono costruiti nello spessore delle mura stesse e accanto ad essi c'è un altro spazio simile ma più piccolo. Questi ambienti furono creati però in epoca posteriore e su imitazione delle gallerie di Tirinto.

Alla terminazione sud-occidentale del braccio settentrionale delle mura, esattamente al di sopra del lato settentrionale della Porta dei Leoni, si trova una grande costruzione quadrata micenea (Edifìcio N). Si ritiene che lì alloggiasse forse la guardia della Porta.

Agosto 2013

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