Chiesa
di San Giovanni Battista
Eretta
dirimpetto la primitiva chiesa che sorgeva a fianco del convento
di San Domenico, luogo di culto ormai scomparso, la nuova chiesa di
San Giovanni fu costruita tra il 1589 ed i primi decenni del Seicento,
grazie all'interesse e al patrocinio della famiglia Majo,
che contribuì largamente alle spese delle nuove fabbriche.
Dal
precedente luogo di culto vi si trasferì la statua di San Giovanni
Battista di Antonello
Gagini. Nel 1660 fu effettuata la solenne consacrazione del tempio.
Nel 1777 il
campanile adiacente l'abside, in pessime condizioni statiche, fu demolito e
ricostruito da Francesco Giacalone. La nuova torre campanaria fu edificata
sul lato sinistro dell'attuale prospetto, costituendone il manufatto posto a
meridione. Tra il 1797 ed il 1802 si modificarono le finestre, il tetto, le
cappelle, il cappellone ed il prospetto. Sotto la copertura lignea
furono realizzate le volte
a botte a tutto sesto sulla navata maggiore e sui bracci del
transetto, le volte furono fortemente ribassate sulle navate laterali. In
questo contesto di rinnovamento fu realizzata la cupola.
Nel 1898, a
causa di un incendio, la navata centrale subì gravi danni e la chiesa
rimase per molti anni chiusa al culto. La decorazione della volta,
dovuta a Francesco
Cutrona, andò perduta e sostituita dai riquadri di Gennaro
Pardo.
Il terremoto
del Belice del 1968 ha inferto un duro colpo alle strutture,
danni ovviati con campagne di restauro a partire dal 1983 concluse nel 2000.
Campanile:
il corpo della torre è costituito da tre ordini in conci squadrati, il
secondo presenta monofore strombate, la cella campanaria è delimitata da marcapiani,
il tutto sormontato da un lanternino cilindrico a forma di tempietto con
cupolino.
Cupola: alto tamburo con
finestrone, emisfero a spicchi con costoloni.
La struttura presenta una copertura esterna costituita da piastrelle
maiolicate con varie tonalità azzurre e turchesi. Sulla sommità domina un lanternino con
cupolino. Nei pennacchi sono raffigurate le fattezze e gli elementi
iconografici dei Quattro
Evangelisti.
Prospetto:
il piano stradale è raccordato al piano di calpestio dell'aula per mezzo di
una elegante scalinata di 13 gradini. Il primo ordine intonacato è
delimitato da paraste e
un imponente cantonale sulla destra. Due paraste centrali su alti plinti fanno
ala al portale, unico varco centrale.
L'ingresso
e abbellito da colonne binate con capitelli
corinzi sormontate da Timpano spezzato,
con sfere sulle cimase,
nicchia intermedia. Un cornicione ricco
di modanature.
Il secondo ordine è caratterizzato da lesene,
vele, volute, riccioli simmetrici e grande cornice tamponata. Un secondo
cornicione è delimitato da sfere, al centro svetta su un ornamento la croce
apicale.
Controfacciata con cantoria e
organo.

Impianto a croce
latina ripartito in tre navate per mezzo di coppie di colonne
binate.
Navata
destra
Prima
campata: Battistero.
Grande nicchia concava ospitante il fonte
battesimale, il coperchio ligneo finemente intagliato è opera di
Antonio Mangiapane del 1685.
Seconda
campata: Cappella di Santa Elisabetta. Nell'edicola della
sopraelevazione a timpano triangolare è custodito il dipinto raffigurante
la Visitazione a Santa Elisabetta.
Terza
campata: Cappella della Natività. Nell'edicola della
sopraelevazione a timpano triangolare è custodito il dipinto raffigurante
la Natività.
Quarta
campata: Cappella dell'Angelo Custode. Nell'edicola della
sopraelevazione a timpano triangolare è custodito il dipinto raffigurante
l'Angelo Custode.
Navata
sinistra
Prima
campata: l'area corrisponde alla base del campanile.
Seconda
campata: Cappella di San Giovanni Evangelista. L'ambiente ospita i
dipinti raffiguranti San Giovanni Evangelista e San Vincenzo
Ferreri, quest'ultimo quadro attribuito allo spagnolo Antonello
Benavides, operante a Castelvetrano tra il 1525 e il 1530.
Terza
campata: Cappella di San Carlo. Sulla sopraelevazione il dipinto
raffigurante San Carlo Borromeo, opera di Orazio
Ferraro del 1613.
Quarta
campata: Cappella della Passione. L'ambiente ospita i dipinti
raffiguranti la Negazione di Pietro e il Bacio di Giuda,
opere attribuite a Gherardo
delle Notti. Andata al Calvario, copia di Giovanni
Paolo Fondulli del 1574 dello Spasimo
di Sicilia di Raffaello
Sanzio, qui collocato dopo il restauro del 1982.
Fra la
coppia di colonne binate è collocato il pulpito ligneo
su fusto quadrato.
Transetto
Absidiola
destra: Cappella di San Raimondo. L'ambiente custodisce il dipinto
raffigurante San Raimondo di Pennafort con storie della sua vita,
opera del trapanese Vito
Carrera realizzata nel 1602. Adorazione dei Magi di Orazio
Ferraro firmata e datata 1602.
Transetto
destro: Cappella di San Giovanni Battista. Nell'edicola della
sopraelevazione con colonne e timpano triangolare è custodito il dipinto
raffigurante la Decollazione di San Giovanni Battista, opera attribuita
a Gherardo
delle Notti.
Absidiola
sinistra: Cappella della Presentazione. L'ambiente custodisce il
dipinto raffigurante la Presentazione al Tempio o Circoncisione, olio
su tavola di Simone
de Wobreck, con cornice lignea datata 1585. Nell'ambiente è
presente il dipinto raffigurante Vergine che appare a San Giacinto di Bartolomeo
Navarretta del 1599.
Transetto
sinistro: Cappella della Madonna delle Grazie. Nell'edicola della
sopraelevazione con colonne e timpano triangolare è custodito il dipinto
raffigurante la Madonna delle Grazie, tela attribuita a Pietro
Novelli. Nell'ambiente è documentata la Madonna di Loreto, statua
marmorea, attribuita da Benedetto Patera a Francesco
Laurana del 1489.
Presbiterio
- Ambiente
rialzato di 4 gradini rispetto all'aula. Grande Crocifisso collocato
sul lato destro dell'arco absidale. Ai lati del presbiterio il coro ligneo.
Sulla volta tre quadroni.
Altare
maggiore
- Sopraelevazione costituita da colonne ioniche sormontate da timpano.
Nella nicchia centrale è custodita la statua raffigurante San Giovanni
Battista, opera firmata e datata 1522, opera di Antonello
Gagini. Commissione per la Confraternita
di San Giovanni Battista, presenta nel piedistallo i bassorilievi del Battesimo
nel Giordano, la Nascita del Precursore e la Decollazione del
Battista.
Chiesa
della Santissima Trinità

La chiesa
della Santissima Trinità, detta la Cuba di Delia, eretta secondo i
canoni dell'architettura normanno-bizantina, sorge nella campagna a ovest di Castelvetrano,
a pochi chilometri dalla città.
Si tratta
di una piccola chiesa normanna, a modello della cuba bizantina, la cui
costruzione risale alla prima metà del XII secolo.
La chiesa
si caratterizza all'esterno per tre absidi visibilmente pronunciati che si
sviluppano sul lato orientale collegandosi idealmente alle tre porte
d'ingresso della struttura. Di queste, quelle laterali erano rigorosamente
riservate agli uomini che, accedendovi, prendevano posto nelle
corrispondenti navate laterali, mentre la porta centrale veniva destinata
alle donne che, nel pieno rispetto del rito greco, vi prendevano parte
rimanendo in una porzione delimitata da transenne lignee.
Al centro
della struttura si slancia una cupola a sesto rialzato poggiata su un
tamburo quadrato alleggerito da quattro finestre laterali e sostenuto a sua
volta da arcate a sesto acuto che si innestano su quattro colonne di marmo
cipollino e di granito rosso dotate di capitelli decorati con foglie
d'acanto. I bracci della croce sono voltati a botte mentre gli incroci
angolari sono chiusi da crociere.
La
struttura a croce greca si ripete anche nella cripta il cui accesso,
mediante una scala esterna, si trova sul lato est.
Fu
riscoperta e restaurata da Giuseppe Patricolo nel 1880 per
conto della famiglia Caime Saporito. La chiesa, tutt'oggi di proprietà
della medesima famiglia, contiene le sepolture di diversi membri della
casata castelvetranese.

Chiesa
di San Giuseppe
La
costruzione della chiesa intitolata a San Giuseppe iniziò nel 1616 e fu
completata nel 1646 quando ebbero inizio i lavori per la costruzione
dell’attiguo convento dei Carmelitani Scalzi, intitolato a Santa Teresa
d’Avila a causa della particolare devozione che la santa nutriva nei
confronti di San Giuseppe.
Nel
1655 la Compagnia dei Falegnami e dei Bottai, che reggeva inizialmente la
chiesa, ne delegò la cura dell'amministrazione e del culto al beneficiale
della stessa, con l’incarico di provvedere ai lavori di pittura e
stuccatura, in particolare del cappellone. In seguito la gestione passò ai
frati del Convento di Santa Teresa.
Oggi
della chiesa si possono ammirare soltanto l’abside con l’altare
maggiore, parte delle strutture murarie e il campanile, in quanto, dopo il
terremoto del 1968, sebbene scarsamente danneggiati, sia il convento che la
chiesa vennero demoliti.

Palazzo
Pignatelli
Il
Palazzo Pignatelli, rappresenta uno dei monumenti più rappresentativi di
Castelvetrano e appartiene per la maggiore estensione alla famiglia
Becchina, in parte minore al Comune di Castelvetrano e ad una
terza famiglia.
Probabilmente
anche questa “multi proprietà”, non ha giovato a tutto il complesso,
visto che si è per tanto tempo parlato di un museo selinuntino
all’interno del Palazzo, progetto che poi si arenò per una serie di
motivi, quando spesso c'è anche di mezzo la Pubblica Amministrazione.
Fu
nel contesto di quella decisione che cominciò a manifestarsi l’esigenza
di dare una destinazione il più possibile interessante al palazzo. Quella
che prese maggiormente corpo fu la destinazione museale: la vicinanza di
Selinunte lo imponeva.
Per
tale progetto, all’epoca della sindacatura
Bongiorno, ci fu una notevole partecipazione dell’amministrazione
comunale: alcuni meeting seguirono alla progettazione di massima, fra
l’altro relativamente alla possibilità di ospitarvi un centro per la
ricostruzione virtuale dell’antica Selinunte.
Venendo
alla storia meno recente, dal
13 marzo al 5 giugno del 1813 il Castello ospita la Regina
Maria Carolina d’Austria con il principe Leopoldo. A seguito
delle leggi “post unitarie”(1866) le parti occupate dalla collegiata di
San Pietro e Paolo diventano di proprietà comunale e a partire dal 1870, il
piano terra viene affidato alla Società Operaia.
Nel
1890 il palazzo è oggetto di un nuovo intervento di ampliamento. Viene
realizzato infatti, in un’area prima adibita a giardino, un nuovo corpo di
fabbrica, nell’ala dell’attuale Municipio, lungo la via Gagini,
destinato ad uffici.
Durante
la seconda guerra mondiale (1940-1943) Castelvetrano, è per il suo nodo
ferroviario e per l’aeroporto militare uno dei centri principali a
supporto della guerra in Africa.
Il
Palazzo Pignatelli viene allora utilizzato come alloggio
per gli ufficiali italo-tedeschi e diversi ambienti del piano
terra vengono utilizzati come deposito viveri.
Nel
dopo guerra,intorno agli anni 50, un ultimo corpo di fabbricato viene
realizzato lungo la via Pappalardo, quello che oggi ospita il Circolo della
Gioventù.

Castello
di Bellumvider
Bellumvider è
un castello della Sicilia occidentale annoverato nel 1239 nell’elenco dei castra
exempta, dell’imperatore Federico II di Svevia. A causa delle note vicende
storiche siciliane, a partire dal 1355, di esso non si ha alcun riscontro
nelle fonti storiche ed archivistiche; ne è stata accertata l’esatta
ubicazione. Nel palazzo Ducale della città di Castelvetrano, oggi palazzo
Pignatelli, residenza delle famiglie Tagliavia e Pignatelli Aragona Cortes,
sono stati individuati diversi resti di fabbrica riconducibili ad un
castello del XIII secolo. L’esistenza dei resti è ampiamente documentata
nelle fonti inedite da diversi storici; essi consistono principalmente in
due corpi di fabbrica, una torre ottagonale angolare e le fondazioni d una
torre ottagonale mediana.
Le
caratteristiche architettoniche dell’edificio, pianta quadrilatera con
torri ottagonali e l’uso del cubito salomonico, hanno permesso
recentemente di ipotizzare che si tratta di un edificio del XIII secolo, il
castello federiciano di Bellumvider, ideato da Riccardo da Lentini,
noto architetto di corte. I resti finora individuati consentono la
ricostruzione della pianta originaria stabilendo una sorta di anello di
congiunzione tra il castello
quadrilatero di Catania e
il castello ottagonale di Castel
del Monte presso Andria.
La
presenza a Castelvetrano del castello federiciano a pianta quadrilatera
(rettangolo aureo) con otto torri ottagonali, quattro angolari e quattro
mediane, infine, arricchisce il panorama degli studi dedicati
all’architettura sveva dell’isola, suggerendo una rivisitazione delle
conoscenze storiche riguardanti la Sicilia durante il XIII secolo.

Mura
e Porte
Alla
fine del XIV sec. la città aveva una cortina muraria e opere di
fortificazione. Oggi rimane un'unica porta d'accesso, risalente all'antica
cinta muraria, "Porta Garibaldi".
L'opera
fu realizzata nel 1626 per volontà dalla famiglia Aragona-Tagliavia.
Di mole monumentale, presenta una sobria eleganza manieristica con cornici
di tufo.
Prima
denominata "Porta di Mare" perché, partendo da questa porta, si
raggiungeva il litorale di Selinunte, successivamente, fu rinominata
"Porta di San Francesco d'Assisi" e infine "Porta
Garibaldi", in occasione del arrivo dei mille a
Castelvetrano.

Fontana
della Ninfa
La
macchina idraulica, concepita a quattro ordini di vasche, è alta in
tutto circa 10 metri. Tra la seconda e la terza vasca, e tra questa e
la quarta, è inserito il motivo stilizzato della palma, con
chiaro riferimento al testo della sottostante iscrizione. Lo stemma
civico con la legenda Palmosa Civitas Castrum Vetranun è stato
aggiunto alla fine dell’Ottocento.
In
apposita nicchia, sopra l’ultima e più alta vasca, una statua di
marmo bianco rappresenta una ninfa seduta su una rupe: nella destra
tiene un’anfora da cui sgorgava l’acqua copiosa proveniente
da Bigini, che scendeva e si diffondeva nelle vasche sottostanti, e
con la sinistra regge una cornucopia, simbolo di abbondanza. Il
braccio destro della statua riporta a rilievo su una fascia la
firma dell’artefice, il fontaniere napoletano Orazio Nigrone. Tra la
prima e la seconda vasca è collocata la lapide commemorativa
dell’imponente opera che, nel 1615, portò l’acqua in città, del
cui testo si dà la traduzione:
- A
Dio Ottimo Massimo
- Essendo
re Filippo III,
- e
principe di Castelvetrano Giovanni d’Aragona.
- La
fonte Biginia alimentava Selinunte repentinamente distrutta
- dopo
la guerra punica e così dolente giaceva semisepolta; ora scorre
gaiamente per Castelvetrano,
- esultando
poichè, se aveva già da tempo lasciato arida la palma dei
Selinuntini, riprende ad irrigare
- quella
nuovamente feconda dei pronipoti discendenti dai veterani medesimi.
- Giurati:
Francesco Giovanni Mangiapane, Pietro Femia,
- Giovanpietro
Ferrerio, Pietro Palazzotto;
- provvisori:
Giuseppe La Poma, Vincenzo De Maio, Carlo Monteleone;
- architetto:
Orazio Nigrone. 1615.
Riserva
naturale Foce del fiume Belice

La riserva
naturale Foce del Fiume Belice e dune limitrofe è un'area naturale
protetta situata nei comuni di Menfi e Castelvetrano,
nelle provincie rispettivamente di Agrigento e Trapani. La
riserva è stata istituita nel 1984 e gestita dalla provincia di
Trapani.
La riserva
ha un'estensione territoriale di circa 130 ettari denominata zona
A (riserva) alla quale si aggiungono altri 140 ettari, classificati come
zona B in quanto area della preriserva. La riserva naturale della foce del
fiume Belice è un'area lacustre costiera estesa per oltre 5,0 km sulla
costa meridionale della Sicilia e bagnata dal Canale di
Sicilia, tra Marinella di Selinunte e il promontorio di Porto
Palo, mentre all'interno è delimitata dalla linea ferroviaria
Castelvetrano-Sciacca, sospesa dal 1986. Qui sbocca in mare il fiume Belice dopo
un corso di 77 chilometri. Esso nasce all'interno della Sicilia a Piana
degli Albanesi ed ha andamento stagionale. La foce ha zone depresse che
periodicamente vengono inondate dall'acqua salmastra.
Il litorale
è sabbioso ed è costellato di piccole dune che si
spostano sotto l'azione dei venti. L'ultimo tratto del fiume, penetra
all'interno della riserva seguendo un percorso quasi rettilineo per poi
distendersi parallelamente al litorale e, dopo aver formato un'ultima ansa,
si getta nel mare. La riserva è stata istituita, soprattutto, per favorire
la conservazione e la ricostituzione delle formazioni dunali, della flora e
della fauna tipiche degli ambienti sabbiosi. Essa comprende ambienti
diversi: le dune, la foce del fiume con la tipica vegetazione palustre
e, nella parte più interna, la macchia mediterranea sempreverde.

Le piante
che si possono osservare, per la maggior parte erbacee, sono dotate di
particolari organi sotterranei (bulbi e rizomi) per accumulare e ritenere acqua, nelle parti aeree presentano accorgimenti
che permettono di limitare la traspirazione.
La flora
presente è di tipo palustre e comprende varie specie
endemiche oltre a specie proprie dei suoli paludosi. Fra le specie
presenti si ricordano il giglio di mare, la canna, il giunco, lo zigolo,
il ravastrello, l'acacia, la santolina, l'erba medica marina, la scilla
marittima, il tamericio e il papavero cornuto.
Molte di
queste specie sono pioniere, riescono, cioè, a colonizzare le dune,
operandone la fissazione e rendendole consolidate per il successivo
insediamento di arbusti e di erbe.
Le dune,
divenute stabili, diventano utili per l'ecosistema costiero, ostacolando i
venti carichi di salsedine e impedendo l'avanzata della sabbia verso
l'interno.
Nella parte
più interna, denominata preriserva, sul lato sinistro del fiume, si innalza
un pendio su cui cresce una macchia sempreverde, caratterizzata dalla
presenza di specie vegetali tipiche del paesaggio mediterraneo, come
l'olivastro, il lentisco, l'euforbia arborea, il cappero, l'asparago
spinoso, il carrubo e la palma nana.
La riserva
ospita una ricca avifauna, sia di tipo stanziale sia migratorio. Fra le
specie presenti si ricordano il martin pescatore, l'airone cenerino, il fratino,
la folaga, la gallinella d'acqua, il gabbiano, l'anatra, la ghiandaia ed
il cuculo.
Vi si
trovano anche invertebrati quali molluschi bivalvi e alcuni rettili come
il ramarro, la lucertola e la biscia dal collare. Sulle
dune sabbiose trovano il loro ambiente ideale alcune specie di artropodi il coleottero Pimelia
grossa e lo scarabeo Geotrupes marginatus.
Periodicamente
si verifica la presenza di tartarughe marine (Caretta caretta) che in questa
zona depositano le uova.

Area
archeologico di Selinunte
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