Chiesa
di Santa Lucia al Sepolcro
La
chiesa di Santa Lucia e il vicino Sepolcro della Santa erano considerati extra
moenia poiché isolati rispetto alla restante parte di Siracusa
(anche per questa ragione veniva chiamata Chiesa di Santa Lucia fuori le
mura), e si trovano nel quartiere Santa
Lucia.
La
chiesa, fu costruita intorno al 1100 dai normanni e dell'impianto normanno
a pianta basilicale, chiusa da absidi,
si conservano la facciata, il portale con i caratteristici capitelli
e i primi due ordini della torre campanaria. Successive aggiunte e
rimaneggiamenti ne hanno modificato l'aspetto a cominciare dal XIV
secolo, epoca a cui e fatto risalire il rosone
della facciata. Altri interventi si ebbero nel corso del '600,
forse ad opera di Giovanni
Vermexio, che costruì poco dopo la vicina chiesa del Sepolcro (1629),
pur non risultandone documentazione certa.
Nel
1693
il terremoto
creò parecchi danni subiti, determinando necessari interventi di
ricostruzione, con l'aggiunta verso la piazza e sul prospetto, del portico
(1723-34)
attribuito a Pompeo
Picherali (crollato nel 1970
e poi ricostruito) al quale si deve pure l'ultimo ordine della torre
del 1740.
L'interno
mostra i rifacimenti di età aragonese, ai quali va ascritto il soffitto
ligneo a travature dipinte (XIV secolo), restaurato nel 1940,
e i rifacimenti operati nei primi decenni del Seicento, a partire dal 1626,
quando alle colonne si sostituiscono i pilastri e furono aggiunte le
cantorie stilisticamente attribuibili a Giovanni Vermexio. I restauri
attuati in età moderna hanno poi liberato il tempio da molte
sovrastrutture del XVIII
e XIX
secolo, riconducendolo al primitivo nitore.

Posta
presso il pilastro destro del presbiterio, vi è la colonna
del martirio
della Santa,
un motivo che si ripete anche nella decorazione della chiesa.
Dietro
l'altare era collocata la grande tela del "Seppellimento
di S. Lucia" dipinta nel 1608
dal Caravaggio,
nel suo soggiorno siracusano; il quadro, dopo una serie di importanti
restauri, è stato esposto presso la galleria di palazzo
Bellomo e, dopo ulteriori interventi di restauro, recentemente
collocato nella chiesa
di Santa Lucia alla Badia.
Il
sepolcro - Nella speranza di
poter collocare le spoglie di santa Lucia in un luogo degno della sua
santità, si trassero nel seicento dei proventi da una delle gabelle
più cospicue del tempo con cui si avviarono i lavori del tempietto
ottagonale seminterrato, di cui fu incaricato l'architetto Giovanni
Vermexio. La fabbrica fu però interrotta quando sembrò alle
massime autorità militari, nella persona del duca di Albuquerque, che
l'edificio potesse rappresentare, nell'ottica della cittadella militare,
la possibile sede di postazioni di artiglieria, in caso di assedio.
All'interruzione
seguirono prescrizioni precise che determinarono la riduzione dell'opera e
l'attuale assetto del tempio. Esso presenta un ritmo di contropilastri
coronati da capitelli
corinzi
arricchiti da esuberante decorazione a conchiglie e mascheroni, interrotto
da superfici piane che accolgono in modo alterno il corpo delle nicchie e
lo slancio dei vani d'ingresso. Il coronamento è rappresentato dalla
"cuboletta" prescritta "militari manu".
La
statua di Gregorio Tedeschi del 1634 che trasudò miracolosamente durante
un'invasione spagnola nel 1735.
L'interno,
ricoperto a cupola, presenta un unico altare in corrispondenza del loculo
sepolcrale, ed accoglie la statua di santa Lucia giacente, scolpita da Gregorio
Tedeschi (1634).
Anche questa statua durante l'assedio
spagnolo
della città nel 1734-35,
secondo una pia leggenda tradizionale, avrebbe avuto una sudorazione
miracolosa, "quasi visibile segno che la Santa Patrona dolorasse
dell'imminente travaglio della diletta sua patria". Le macchie di
ruggine visibili sulla statua vengono indicate oggi come il resto visibile
di tale fenomeno.
Nel
dopoguerra venne installato sopra il fonte battesimale il bassorilievo di
S. Giovanni battista scolpito da Salvo
Monica.
Chiesa
di San Nicolò ai Cordari
La
chiesa di San Nicolò ai Cordari fu una delle prime chiese costruite a Siracusa.
Venne
costruita in epoca
normanna subito dopo il periodo della dominazione
araba nella città aretusea. Precedentemente nel sito dove ora
sorge la piccola chiesa vi era un'altra costruzione religiosa di epoca paleocristiana
con struttura basilicale. Nel periodo
bizantino la chiesa divenne sotterranea.
Sotto
di essa si trova la cosiddetta Piscina Romana; ovvero dei grandi serbatoi
d'acqua ricavati tagliando la pietra delle latomie.
Queste condotte idriche naturali servivano ai siracusani nei tempi dell'Antica
Roma per riempire d'acqua
l'anfiteatro
romano di Siracusa e dare inizio ai giochi nautici e lotte
acquatiche.
Nella
chiesa di San Nicolò ai Cordari nel 1093
vennero celebrati i funerali del conte
di Siracusa, Giordano
d'Altavilla, figlio del gran conte Ruggero
I di Sicilia.
I
normanni la vollero dedicare a san
Nicolò di Mira, santo a cui il popolo nordico si rivolse affinché
fosse aiutato nello scacciare gli arabi
dalla città di Siracusa. Qualche secolo dopo la chiesa venne sconsacrata
e abbandonata poiché la popolazione siracusana durante l'epoca
medievale (periodo angioino, periodo spagnolo, periodo austriaco,
periodo borbonico) si ridusse notevolmente di numero, divenendo così
esigua da occupare la sola isola
di Ortigia, circondata da spesse fortificazioni che incoraggiarono
il popolo a orientare la propria esistenza solo all'interno dell'isola
fortificata. Dunque tutto ciò che vi era fuori, come la piccola chiesa di
San Nicola, venne abbandonato.
Nel
1577
la chiesa fu concessa ai cordari (fabbricatori di corde artigianali) che
lavoravano le loro corde nelle latomie della Neapolis, poste oltre la
chiesa. Ecco perché oggi è detta chiesa di San Nicolò ai Cordari o
chiesa di San Nicolò dei Cordari, poiché venne frequentata dalle
famiglie siracusane dei cordari. La chiesa divenne in seguito un deposito
per il grano. I suoi sotterranei negli anni della peste, verso il 1600,
furono adoperati come "fossa comune".
Nei
primi anni del novecento la città riprese a crescere e ripopolando le
antiche zone di Siracusa si riprese anche la frequentazione della chiesa
di Neapolis che con l'istituzione del Parco nel 1955
divenne la sede dell'ufficio informazioni per i visitatori che si
apprestavano a visitare il vasto parco archeologico. La chiesa ne
rappresentava e ne rappresenta tutt'oggi l'ingresso. Al suo interno
attualmente si trova un piccolo museo fotografico dove sono esposte le
fotografie d'epoca di tutti i monumenti siracusani situati all'interno del
Parco della Neapolis.
La
sua pianta è rettangolare e la sua struttura architettonica risulta
abbastanza integra. Di stile austero, misura metri 16 x 8, ha due portali
ad arco cuspidato, di cui uno è laterale. La chiesa è infine chiusa da
un piccolo abside
di forma semicircolare con una cornice terminale, la quale rappresenta
l'unico elemento decorativo delle mura. Nell'abside sono visibili delle
strette e lunghe finestre, anch'esse di modeste dimensioni, con forma
arcuata.
Negli
anni novanta vennero fatti dei restauri nella chiesa e vennero scoperte al
di sotto della sua pavimentazione delle sepolture databili al I-III
secolo. La pavimentazione venne poi ricoperta con della barra di plexiglas
trasparente, per cui alcuni di questi scheletri sono visibili dall'interno
della chiesa guardando verso il basso.
Basilica
santuario Madonna delle Lacrime
La
basilica santuario Madonna delle Lacrime è una basilica
minore e santuario
mariano eretto a ricordo della miracolosa
lacrimazione di un'effigie in gesso raffigurante il Cuore
Immacolato di Maria, posta al capezzale dei coniugi Iannuso presso
la loro umile abitazione in via degli Orti a Siracusa,
nel 1953.
Nel
2002 Giovanni Paolo II ha elevato il santuario alla dignità di basilica
minore con il nome di "basilica santuario Madonna delle
Lacrime".
Secondo
la tradizione l'evento miracoloso si ripeté dal 29 agosto al 1º
settembre 1953
nella generale commozione di un'immensa moltitudine di fedeli, in casa dei
coniugi Iannuso. Raccolte le lacrime furono sottoposte ad un'analisi
scientifica secondo cui risulterebbero liquido lacrimale umano. La
devozione che ne è seguita è stata di enormi proporzioni. La piccola
effigie della Madonna
delle Lacrime, prima provvisoriamente ricoverata nella vicina
piazza Euripide dal 1953 al 1968, venne collocata all'interno del santuario,
nell'attuale cripta e vi rimase dal 1968 al 1994, per poi essere traslata
all'interno del tempio superiore del Santuario.
L'opera
fu progettata nel 1957 dagli architetti francesi Michel
Andrault e Pierre
Parat a seguito di un bando di concorso internazionale ma le opere
strutturali sono dell'ingegnere Riccardo
Morandi[1]. La costruzione ebbe inizio nel 1966: a causa
dell'estrema modernità del progetto vi furono fin dall'inizio molte
polemiche da parte della cittadinanza che reputava e reputa l'opera un
"mostro
di cemento armato" che andava a gravare ulteriormente su di
un'area urbana già pesantemente compromessa; queste diatribe ne
ritardarono molto la realizzazione che si concluse solo nel 1994. Durante
gli scavi delle fondamenta venne ritrovata un'area abitativa del VI secolo
a.C. e portato alla luce un pezzo di strada che in passato costituiva la
via principale del quartiere Akradina.
La costruzione fu completata dopo circa 28 anni ed il santuario venne
consacrato, inaugurato e dedicato alla Madonna
delle Lacrime il 6 novembre 1994
da papa
Giovanni Paolo II.
Lo
stemma di una basilica
minore. Infatti il santuario è stato elevato alla dignità di basilica
minore nel 2002 da papa
Giovanni Paolo II.
Otto
anni dopo, nel 2002, lo stesso Giovanni Paolo II lo elevò alla dignità
di basilica
minore.

Il
santuario è costituito dalla basilica
(o tempio superiore) e della cripta
(o tempio inferiore), con un corpo conico formato da costoloni in cemento
armato che raggiungono un'altezza complessiva di 103 m; 94,30 m a
partire dal piano di calpestio e sormontato da un coronamento in acciaio
che porta una statua della Madonna in bronzo dorato, opera di Francesco
Caldarella, circondata da un'aureola ad elementi circolari e
raggiera. Cappelle escluse, ha un diametro di 71,40 m. Ha una capienza di
11000 posti in piedi e 6000 a sedere.
Il
tempio superiore del santuario è stato consacrato da papa
Giovanni Paolo II il 6 novembre 1994
durante la sua visita pastorale a Siracusa.
L'altare maggiore custodisce il prodigioso quadretto, traslato nel tempio
superiore il 5 novembre 1994,
prima dell'arrivo del Papa in serata. Lungo la circonferenza della
basilica vi sono le tre sacrestie
(dietro l'altare maggiore) e varie cappelle: a sinistra le cappelle
della riproduzione della Sacra
Sindone e del Santissimo Sacramento; a destra la cappella
dell'Altare della Carità (in cui è anche esposta la statua raffigurante santa
Lucia), di san
Giuseppe e san
Pio da Pietrelcina, la cui statua era precedentemente esposta nella
rispettiva cappella nella cripta del santuario.
La
cripta del santuario è stata consacrata e dedicata al Cuore
Immacolato di Maria il 28 agosto 1968
da Giuseppe
Bonfiglioli, arcivescovo
di Siracusa. Il giorno seguente vi è stato traslato il prodigioso
quadretto che versò lacrime nel 1953.
Infine è stata inaugurata il 1º settembre successivo dal cardinale Francesco
Carpino, arcivescovo
di Palermo.
Sul
piano della cripta, sono conservati dei resti di età romana e
tardo-antica costituiti da un ipogeo
pagano e da un annesso vasto ambiente con pareti originariamente decorate
a mosaico.
In cripta vi sono varie cappelle,
tra cui quella di san Corrado
Confalonieri, sant'Agata,
santa
Lucia, san
Francesco d'Assisi, san
Pio da Pietrelcina e dell'iconostasi,
in cui vengono celebrate le sante messe in rito bizantino.
Nella
cappella di santa
Lucia vi è la tomba dell'arcivescovo Calogero
Lauricella, vescovo
di Siracusa dal 1973
fino alla morte nel 1989.
La
forma architettonica del santuario è stata criticata da famosi liturgisti
e urbanisti. La sua grande mole di cemento ha modificato negativamente le
prospettive urbanistiche di Siracusa e ha sovrastato luoghi di culto
antichi e importanti come le Catacombe
di Santa Lucia e la Cripta di San
Marciano. La struttura è soggetta a varie interpretazioni. Gli
architetti si proponevano di realizzare strutturalmente il concetto di
elevazione dell'umanità verso Dio.
Infatti, la pianta con la sua circolarità vuole rappresentare l'umanità
che protende verso Dio. Altri significati attribuiti sono quelli di: faro,
identificabile con Maria che conduce verso il porto che è Gesù;
tenda, entro la quale la Madre accoglie i suoi figli per condurli al
Padre; giglio capovolto, infine una lacrima che scende dall'alto vista
nella dinamica dell'impatto a terra.
Chiesa
di San Giovanni alle catacombe

La
chiesa di San Giovanni alle catacombe di Siracusa
conserva ancora tracce di quel fascino che spingeva i viaggiatori del '700
e dell'800 a visitarla.
La
facciata sud della chiesa quale si vede, distrutta dal terremoto del 1693
(si rovinò la Gran Basilica), e quella ricostruita nel '700 con notevoli
modifiche alla stessa facciata e al portico per la cui ricostruzione
furono usati elementi quattrocenteschi. A sinistra si nota invece l'antica
facciata normanna segnata dal rosone e dal portale decorato.
In
questo stesso luogo sorgeva in età greca classica una latomia,
nella quale in età tardo ellenistica fu installata un'officina di vasai
pertinente ad un'area cultuale pagana. Mentre in età tardo-imperiale
divenne area cimiteriale cristiana in uso almeno sino al 423.
Attorno alla metà del VI secolo (forse in relazione al soggiorno di papa
Vigilio a Siracusa) il sepolcreto fu manomesso per far posto alla
cripta di san
Marciano che doveva accogliere il sarcofago con le reliquie del
santo. Così sopra la cripta fu edificata la chiesa absidata, a tre
navate, suddivisa da 12 colonne di tipo dorico (con riferimento agli
apostoli), in modo che la sepoltura del Santo si trovasse in asse con
l'altare, posto al centro della navata, limitato da una balaustra.
Nell’878
durante l’assedio
arabo di Siracusa il comandante Giafar
ibn Muhammad pose il suo accampamento nella chiesa.
Dopo
le probabili devastazioni di età araba, la chiesa subì innovazioni col
rifacimento dei muri perimetrali, il prolungamento con semicolonne dei
pilastri dell'abside e della facciata, la riduzione a 10 del numero delle
colonne e inclinando il pavimento in direzione della facciata.
Nel
1428,
addossata alla parete nord, si costruì una cappella rettangolare,
preceduta da portico. Caduta in disuso fu concessa nel 1630
ai Carmelitani di Montesanto che inserirono all'interno una nuova
struttura diversamente orientata (N- S) che occupò lo spazio delle prime
due campate di quella preesistente.
Il
terremoto del 1693 causo gravi danni riparati nel 1705-6, quando fu
ricostruito con materiale di spoglio il portico odierno.
Una
scala di accesso alla cripta di san Marciano, dove nel 61 avrebbe
predicato l'apostolo
Paolo, si trova il sepolcro in muratura del Santo, con la piccola
apertura attraverso la quale si poteva accedere al contatto con le sacre
reliquie; al centro vi è un altare circondato da 4 colonne. In età
normanna lo spazio centrale attorno all'altare fu modificato da 4 pilastri
che hanno incorporato i capitelli con i simboli degli Evangelisti e
iscrizioni del Vangelo.
Si effettuò anche la pavimentazione, lembi della quale sono ancora
visibili. Dal piano della Basilica si discende a sinistra per visitare le
Catacombe di San Giovanni, le più recenti fra le siracusane (315-360), e
in uso fino alla fine del V sec.
Particolarmente
importante è la cripta di san Marciano sotto la chiesa, che ha accolto il
corpo del primo vescovo fin quando a causa dell'invasione araba furono
traslate a Gaeta.
La cripta è tuttora frequentata come luogo religioso sia da Cattolici sia
da Ortodossi.

Architetture
civili
Le
architetture di Siracusa mostrano quasi sempre facciate bianche (tendenti
al beige o al giallo-oro), poiché esse sono state erette con la pietra
bianca degli Iblei, detta pietra giuggiulena (pietra
torrone) per la sua modellabilità. Per tale motivo Siracusa viene spesso
appellata anche come «la città bianca».
La
maggior parte dei numerosi e antichi palazzi nobiliari si trova sull'isola
di Ortigia, poiché in epoca medievale e rinascimentale
la città era esclusivamente racchiusa al suo interno, mentre la Siracusa
di più recente edificazione ospita gli edifici di carattere
amministrativo e governativo, ad esempio il plesso ospedaliero e il tribunale
di giustizia. Tra le prime costruzioni civili dell'età post
classica si annoverano la trecentesca sede della Camera Reginale e il
trecentesco palazzo
Mergulese-Montalto, in stile gotico
chiaramontano. In città permangono altre architetture
medievali, soprattutto del periodo
aragonese-catalano: esempi ne sono il palazzo
Bellomo e gli elementi sopravvissuti del palazzo Zapata-Gargallo,
appartenuto alle omonime prestigiose famiglie (un loro discendente fu il
fondatore dell'originario borgo di Priolo Gargallo, Tommaso).
Tuttavia è dopo il terremoto seicentesco, e quindi con la conseguente
ricostruzione, che fa la sua comparsa lo stile predominante di Siracusa:
il barocco
siciliano. La città ha dato i natali ad uno dei principali
esponenti di questo stile: l'architetto Rosario
Gagliardi.
Il
palazzo
del Vermexio, attuale sede del governo comunale, rimane uno dei
maggiori esempi dell'arte barocca applicata ad un edificio amministrativo.
L'evoluzione definitiva del barocco fu il rococò;
Siracusa ne mostra chiaramente gli elaborati segni: palazzi come il Beneventano
del Bosco, l'Impellizzeri,
il Borgia
del Casale (proprietà del ramo siracusano dell'influente famiglia
dei Borgia)
vennero edificati adottando li suddetto stile ornamentale.
L'edificio
che ospita la curia
siracusana è il palazzo
Arcivescovile; al suo interno sono visibili vari secoli di
mutazioni architettoniche: dall'edificazione sveva a quella settecentesca
e ottocentesca. Risalgono direttamente all'800 e riflettono gli stili liberty
e neoclassico
(singolarmente o alle volte entrambi) i palazzi intitolati: della
Sovrintendenza ai Beni Culturali, dell'Orologio (così chiamato per
via del grande orologio
meccanico che sovrasta la sua sommità), dell'Antico mercato, della Camera
di Commercio
Ottocentesco
è anche il palazzo del teatro
comunale di Siracusa, costruito affinché «la terra di Epicarmo
avesse un teatro adatto» ad ospitare la vita artistica della popolazione.
Un decennio dopo venne inaugurato il palazzo della stazione
ferroviaria e a seguito di ciò vi fu l'inaugurazione dell'edificio
per la stazione marittima (odierna sede della Capitaneria
di Porto).
Nella
prima metà del Novecento vennero realizzati il palazzo dell'hotel
Des Etrangers, del Grand Hotel (entrambi tra i più antichi hotel
siracusani)
e il palazzo delle Poste (odiernamente convertito
anch'esso in struttura
ricettiva).
Le
principali e storiche ville della città sono essenzialmente tre: Politi,
Landolina e Reimann. La Villa
Politi sorge sopra le latomie siracusane (nata come Grand Hotel
Villa Politi) e venne edificata nel XIX secolo dalla nobile austriaca
Maria Theresa Laudien, moglie del siracusano Raffaello
Politi, la quale con il suo operato le fece conferire la nomea di
«salotto internazionale» (tra le tante personalità ospitò anche i principi
del Piemonte e Churchill).
La
Villa Landolina, sita nel quartiere della Neapolis,
è anch'essa una dimora del XIX secolo. Porta il nome della famiglia
Landolina, il cui più illustre membro fu l'archeologo e naturalista Saverio
Landolina (fu egli che scoprì la nota Venere
siracusana e che difese la colonia spontanea dei papiri aretusei).
Accanto ad essa, dentro il suo terreno, è stato costruito il museo
archeologico regionale Paolo Orsi. Un grande parco alberato e tombe
dei caduti di altre nazioni completano la sua complessa area.
Villa
Reimann invece, conosciuta anzitutto per il suo particolare ed esteso
giardino (copre 35.000 m² di suolo urbano), che è detto «Giardino delle
Esperidi», sorge a pochi passi dalla necropoli della tomba
di Archimede e prende il nome dalla nobile infermiera danese
Christian Reimann, che trasferendosi a Siracusa acquistò l'immobile nel 1933.
Per volere della stessa nobil donna, la Villa odiernamente è divenuta
proprietà del comune. La Reimann, in un carteggio con all'epoca ministero
dei beni culturali, così la descriveva:
Meritevole
di attenzione è anche la Villa Bonanno (nota pure come castello per via
del suo aspetto imponente), ormai purtroppo in stato di abbandono, la
quale sorge a Tremilia, periferia di Siracusa. Inizialmente fu un inglese,
Gould Francesco Leckie, che nel 1700 ottenne la concessione dell'antico
terreno ecclesiastico (nel VI secolo aveva ospitato il convento San Pietro
de Bajais e dal 1104
il monastero benedettino del vescovo Ruggero, donatogli dal conte Tancredi
d'Altavilla).
Leckie vi costruì un mulino
e una chiesa, in seguito i baroni siracusani Bonanno gli subentrarono ed
eressero l'edificio chiamato castello.
Architetture
militari

La
città di Siracusa ha fin dalle sue origini dedicato molto spazio alle
architetture con scopi militari. Al principio sorse il castello Eurialo
(ubicato nell'odierna frazione di Belvedere),
voluto dal tiranno Dionisio
il Grande come perno difensivo e punto di congiunzione delle sue lunghe
mura, alzate contro gli assalti dei Cartaginesi e di altri popoli
dalle intenzioni bellicose (Siracusa in quel periodo aveva appena respinto
l'offensiva di Atene, sentiva quindi la necessità di aumentare le proprie
difese per far fronte ad altre guerre). In seguito vi mise mano anche
Archimede, rendendo il castello ancora più ricco di insidie per i nemici
della pentapoli. Si tratta dell'opera militare che quando millenni dopo fu
veduta dal Kaiser
tedesco, Guglielmo
II di Germania, venne presa ad esempio per la guerra di tunnel
e trincee
combattuta dalla sua nazione.
Nella
prima metà del Duecento
sorse il castello Maniace, uno
dei più importanti monumenti del periodo svevo a Siracusa.
Il
castello prende il nome dal comandante bizantino Giorgio Maniace,
principe e Vicario dell'Imperatore di Bisanzio, discendente dalla famiglia
imperiale di Costantinopoli, i cui discendenti si imparentarono con la
casa reale d'Altavilla, che nel 1038 riconquistò la città in
mano agli Arabi, ma soltanto per un breve periodo. Secondo il Fazello,
fu nell'occasione dell'edificazione di una fortezza, detta dal popolo
"Torre Maniace", che offrì in dono due arieti bronzei di
fattura ellenistica, portati seco da Costantinopoli, che vennero
posti a decorazione dell'entrata della fortificazione.
Nel sito
in cui sorge il castello dovettero quasi certamente esistere delle
fortificazioni sin dai tempi dei Greci in quanto è strategicamente
importante per la difesa del Porto Grande. È pertanto credibile la
tesi che nel 1038 il comandante bizantino Giorgio Maniace,
da cui il castello prende nome, abbia promosso la restaurazione o la
costruzione di opere a difesa del porto di Ortigia nel corso della sua
campagna militare. Qualche anno dopo gli arabi si impadronirono nuovamente
di Siracusa e del maniero che tennero fino al 1087 quando furono
sconfitti e cacciati dai Normanni. Non ci sono tuttavia tracce
evidenti di tale costruzione precedente.
L'impianto
originario del castello Maniace è dovuto all'imperatore Federico II di
Svevia, che ne affidò la realizzazione all'architetto Riccardo da Lentini tra
il 1232 e il 1239, poco tempo dopo il ritorno dalla Crociata
in Terra Santa. La costruzione avvenne nello stesso lasso di tempo in cui
sorsero alcuni altri castelli "federiciani" di Sicilia e
dell'Italia meridionale. La somiglianza architettonica ne è l'evidenza.
Passato agli angioini nel 1266 venne assaltato ed espugnato dalla
popolazione siracusana in rivolta l'11 aprile del 1282. Nel 1302 Federico
d'Aragona vi siglò l'armistizio con gli angioini.
Nel 1321 ospitò
la seduta del Parlamento siciliano convocato per sancire l'eredità del
figlio di Federico III di Sicilia, Pietro II di Sicilia. Nel
1325 Pietro II di Sicilia fece riattare i fossati e costruire
due forti a supporto del castello.
Con gli
aragonesi Siracusa divenne sede della Camera Reginale, un istituto
che poneva la città a dote della regina, dal 1305 al 1536;
il castello ospitò successivamente le regine, Costanza nel 1362, Maria di
Sicilia nel 1399, Bianca d'Evreux nel 1416 e,
infine, anche l'ultima che ebbe in dominio la città, Germana de
Foix, seconda moglie di Ferdinando il Cattolico. A causa di ciò
Castel Maniace fu tuttavia teatro delle numerose contese tra i baroni
siracusani, che non accettavano l'istituto di Camera Reginale, e il potere
centrale.
Nel 1448 Alfonso
il Magnanimo per porre fine ai tumulti dei baroni inviò a Siracusa
il capitano generale Giovanni Ventimiglia, conte di Geraci, con pieni
poteri; questi, invitati a banchetto venti di quelli ritenuti i maggiori
responsabili dei torbidi, una volta entrati li fece decapitare.
Nell'occasione, i due arieti bronzei che ai lati del grande portale
impreziosivano la facciata del castello,(attribuiti al Maniace secondo
quanto riferisce Tommaso Fazello) vennero ceduti in premio dal viceré
Lopes Ximenes de Urrea al Ventimiglia il quale li portò seco a Castelbuono.
Alla sua morte il figlio Antonio li pose ad ornamento della tomba del
padre.
Dopo il
castello decadde da residenza reginale a costruzione militare e per quasi
tutto il XV secolo il castello venne adibito a prigione. Negli anni
successivi al 1535 il viceré Ferdinando Gonzaga, per porre
rimedio alla piaga delle frequenti incursioni piratesche saracene nelle
città costiere della Sicilia orientale fece approntare un piano di
rafforzamento delle difese costiere; l'incarico venne dato al famoso
ingegnere militare Ferramolino da Bergamo che avviò la
costruzione di nuove fortificazioni e il restauro o il potenziamento di
quelle esistenti. Tra queste vi fu il rafforzamento contro l'impiego di
artiglierie del castello Maniace; a scopo di costruzione venne impiegate
le pietre prelevate dagli antichi monumenti. Nel 1540 vi prese
alloggio l'ammiraglio Andrea Doria durante la spedizione
organizzata da Carlo V contro i musulmani.
Alla fine
del XVI secolo, il castello Maniace era divenuto il punto nodale della
cinta muraria di Ortigia ma, il 5 novembre 1704, l'edificio
venne squassato da una violenta esplosione della polveriera che proiettò
i pezzi di otto delle volte a crociera e di blocchi di pietra nel raggio
di alcuni chilometri. Negli anni successivi venne operato un
rimaneggiamento che, lasciando così com'erano le parti rovinate
dall'esplosione e demolendo sei delle otto volte danneggiate ne dispose
l'ampliamento del cortile e la realizzazione di magazzini.
Nel
periodo borbonico il castello riacquistò le sue funzioni militari e venne
munito di bocche da fuoco. Nel 1838 in seguito ai moti che
si stavano scatenando in tutto il regno borbonico venne dotato di una costruzione
di difesa. Anche dopo l'unificazione d'Italia rimase una struttura
militare e tale rimase fino alla seconda guerra mondiale.
Infine,
alle soglie degli anni duemila, dopo un restauro e alla smilitarizzazione
con la chiusura della storica caserma dell'esercito, il monumento è
tornato alla pubblica fruizione. L'apertura al pubblico ha permesso lo
svolgimento di spettacoli dell'Ortigia Festival ma anche di ospitare
il cosiddetto G8 ambiente dal 22 al 24 aprile 2009 che
ha visto la presenza dei ministri dell'ambiente dei paesi
industrializzati.
Il
castello Maniace è affidato alla Soprintendenza BB.CC.AA. di Siracusa.

Il
castello presenta una poderosa struttura a quadrilatero di 51 metri per
lato di circa 12 m di altezza di aspetto severo in virtù del suo
scopo difensivo. Ai quattro angoli della costruzione sono quattro torri
cilindriche inserite armoniosamente nell'opera muraria.
Castel
Maniace è accessibile attraverso la porta carraia della ex-caserma Abela
sita, a Siracusa, in piazza Federico di Svevia. Attraversando il
successivo cortile si trova un ponte in muratura che adduce ad una porta,
con colonne laterali, di epoca spagnola (XVI secolo). Tale ponte ha
sostituito l'antico ponte levatoio ligneo che scavalcava il
fossato che circondava il castello all'epoca della costruzione e lo
separava dalla estrema punta meridionale di Ortigia; il largo fossato,
colmato nel Cinquecento, metteva in comunicazione il Porto
Grande con il mare aperto e a ponte alzato permetteva una migliore
difesa del castello in caso di attacco. Scavi effettuati a scopo di saggio
hanno indicato che l'altezza originaria delle mura era di circa 18 metri.
Lo spessore medio delle mura principali è di circa 3,5 m. La facciata
principale è orientata verso Ortigia, i lati a nord-est e a sud-ovest
all'epoca della costruzione erano a picco sul mare e così rimasero fino
al XVI secolo quando gli spagnoli eressero i due rispettivi contrafforti.
Contrasta
con l'aspetto generale dell'opera, preminentemente militare, il portale
marmoreo decorato, la cui profondità della strombatura fu sfruttata dai
costruttori per realizzarvi dei virtuosismi artistici. Pur seriamente
erose dal tempo e danneggiate dall'opera degli uomini, tra gli stipiti
esterni ed i pilastri interni, una serie di colonnine marmoree con
capitelli a foglie uncinate permettono ancora l'individuazione di quattro
figure zoomorfe, disposte due per lato, di probabile significato
simbolico: sono individuabili due figure di leoni e di un ippogrifo;
l'arco inferiore e l'archivolto presentano dei motivi floreali.
Uno
stemma imperiale del XVII secolo è posto in cima all'ogiva del portale
stesso.
La sala
principale interna è costituita da 24 volte più una che dovrebbero
rappresentare i regni di Federico II con al centro quello di Sicilia.
In
memoria dell'imperatore Federico II, nel giugno 2018 fu eretto una Stauferstele a
sinistra dell'ingresso all'edificio quadrato.
Con
l'avanzare dei secoli del primo millennio d.C., Siracusa venne sempre più
fortificata. Nel Cinquecento, sotto il dominio degli spagnoli,
venne distrutta la gran parte dei monumenti greco-romani (alcuni già
compromessi dai molteplici terremoti) per riutilizzarne la pietra,
costruendo così poderosi bastioni
e muraglie, che mutarono definitivamente l'aspetto della città.
Essendo
un punto nevralgico per il controllo sulla Sicilia, la difesa di Siracusa
era tenuta in grande considerazione dai vari conquistatori. Perderla
avrebbe comportato serie conseguenze. Fu per tale motivo che quando la
città di Messina
si ribellò
alla Spagna, i monarchi iberici fecero pagare a Siracusa lo scotto
di quella ribellione (anche se i siracusani pare si fossero limitati a
inneggiamenti anti-spagnoli), imponendole un'eccessiva vita militare: nel 1676
venne costruito il baluardo
a punta di diamante e nel 1683,
sulle direttive dell'architetto Carlos
de Grunembergh, venne distrutto l'istmo
artificiale che da tempo univa l'isola di Ortigia alla terraferma;
entrarono in funzione i quattro ponti
levatoi, che una volta alzati isolarono del tutto i siracusani. Al
castello Maniace s'insediò un governatore militare e i cittadini
dovettero a lungo mantenere a proprie spese e nelle proprie case i soldati
spagnoli.
Le
fortificazioni della città e il regime militaresco nel Seicento e
Settecento raggiunsero un livello tale che la Siracusa di quel periodo è
stata definita «una caserma
abitata da civili», ma anche la «piazzaforte
d'Europa», pensata per risultare inespugnabile.

Bisognerà
attendere la fine dell'Ottocento per lo smantellamento completo delle
possenti architetture militari: di esse sono rimaste in piedi, e sono
tutt'oggi ben visibili, il forte Vigilena (prima chiamato forte della
Gradiglia) e il forte San Giovannello (ex forte della Ferraria). Va
inquadrato nell'ottica militare anche il palazzo che ha ospitato il carcere
ai tempi dei Borbone: la sua costruzione fu sollecitata dalle sempre più
crescenti ribellioni dei siracusani nei confronti della monarchia
napoletana. I Borbone quindi, non essendoci più spazio nel carcere che
sorgeva dietro Piazza del Duomo, fecero edificare nel 1853
questa nuova struttura. Il palazzo è odiernamente in attesa di restauro.
Nel
1735
venne edificata la caserma del Genio
militare, in seguito intitolata al patriota siracusano Gaetano
Abela. La caserma Abela è sita all'interno dell'area del castello
Maniace: fino al 2001
fu sede del reggimento
di Fanteria e del Genio
guastatori, mentre al giorno d'oggi è diventata la dimora
universitaria per la facoltà di architettura.
Con
l'espandersi della città si è ampliata anche l'architettura militare.
Nel decennio che precedette la seconda guerra mondiale sorse a Siracusa l'idroscalo
(odiernamente sede del 34º
Gruppo Radar dell'Aeronautica Militare), seguito dalla costruzione
della batteria
Lamba
Doria, che occupa 48.000 m² nella parte meridionale della Penisola
della Maddalena, da numerosi bunker,
disseminati un po' ovunque, e dall'edificio sotterraneo per il deposito di
carburante della Regia
Aeronautica di Siracusa.
Sempre
al secondo conflitto mondiale è legata la presenza della batteria
di Capo Santa Panagia, oggi incorporata nella vasta area della base
della Marina
militare siracusana e da essa tutelata come bene archeologico
bellico. Inoltre, d'interesse storico-bellico è divenuto l'ipogeo
di Piazza Duomo, poiché questo lungo tunnel (che dal sito della
cattedrale spunta al Foro Italiaco, presso la Marina) è stato uno dei
principali rifugi della popolazione durante i bombardamenti dell'ultimo
conflitto.
Altro
elemento architettonico militare predominante di Siracusa sono le torri:
l'area comunale che annovera molte (retaggio di un passato bellico
incentrato sull'avvistamento e la difesa del territorio); ben 10 le
principali: torre di Ognina, torre Cuba, torre Milocca, torre Tonda, torre
Landolina, torre Teatro Greco, torre Pizzuta, torre Targia, torre Bosco
Minniti, torre Modica.
Menzione
a parte merita la costruzione simbolo della frazione di Belvedere:
chiamato u Semafuru (il Semaforo), è una costruzione militare del
XIX secolo composta da una torretta merlata sulla cui cima sorgeva fino al
1955
un'antenna luminosa che tramite alfabeto
Morse
comunicava con le navi sottostanti: in transito e in avvicinamento ai
porti di Augusta e Siracusa.

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2019
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