Siracusa e Necropoli di Pantalica

 

 

Chiesa di Santa Lucia al Sepolcro

La chiesa di Santa Lucia e il vicino Sepolcro della Santa erano considerati extra moenia poiché isolati rispetto alla restante parte di Siracusa (anche per questa ragione veniva chiamata Chiesa di Santa Lucia fuori le mura), e si trovano nel quartiere Santa Lucia.

La chiesa, fu costruita intorno al 1100 dai normanni e dell'impianto normanno a pianta basilicale, chiusa da absidi, si conservano la facciata, il portale con i caratteristici capitelli e i primi due ordini della torre campanaria. Successive aggiunte e rimaneggiamenti ne hanno modificato l'aspetto a cominciare dal XIV secolo, epoca a cui e fatto risalire il rosone della facciata. Altri interventi si ebbero nel corso del '600, forse ad opera di Giovanni Vermexio, che costruì poco dopo la vicina chiesa del Sepolcro (1629), pur non risultandone documentazione certa.

Nel 1693 il terremoto creò parecchi danni subiti, determinando necessari interventi di ricostruzione, con l'aggiunta verso la piazza e sul prospetto, del portico (1723-34) attribuito a Pompeo Picherali (crollato nel 1970 e poi ricostruito) al quale si deve pure l'ultimo ordine della torre del 1740.

L'interno mostra i rifacimenti di età aragonese, ai quali va ascritto il soffitto ligneo a travature dipinte (XIV secolo), restaurato nel 1940, e i rifacimenti operati nei primi decenni del Seicento, a partire dal 1626, quando alle colonne si sostituiscono i pilastri e furono aggiunte le cantorie stilisticamente attribuibili a Giovanni Vermexio. I restauri attuati in età moderna hanno poi liberato il tempio da molte sovrastrutture del XVIII e XIX secolo, riconducendolo al primitivo nitore. 

Posta presso il pilastro destro del presbiterio, vi è la colonna del martirio della Santa, un motivo che si ripete anche nella decorazione della chiesa.

Dietro l'altare era collocata la grande tela del "Seppellimento di S. Lucia" dipinta nel 1608 dal Caravaggio, nel suo soggiorno siracusano; il quadro, dopo una serie di importanti restauri, è stato esposto presso la galleria di palazzo Bellomo e, dopo ulteriori interventi di restauro, recentemente collocato nella chiesa di Santa Lucia alla Badia.

Il sepolcro - Nella speranza di poter collocare le spoglie di santa Lucia in un luogo degno della sua santità, si trassero nel seicento dei proventi da una delle gabelle più cospicue del tempo con cui si avviarono i lavori del tempietto ottagonale seminterrato, di cui fu incaricato l'architetto Giovanni Vermexio. La fabbrica fu però interrotta quando sembrò alle massime autorità militari, nella persona del duca di Albuquerque, che l'edificio potesse rappresentare, nell'ottica della cittadella militare, la possibile sede di postazioni di artiglieria, in caso di assedio.

All'interruzione seguirono prescrizioni precise che determinarono la riduzione dell'opera e l'attuale assetto del tempio. Esso presenta un ritmo di contropilastri coronati da capitelli corinzi arricchiti da esuberante decorazione a conchiglie e mascheroni, interrotto da superfici piane che accolgono in modo alterno il corpo delle nicchie e lo slancio dei vani d'ingresso. Il coronamento è rappresentato dalla "cuboletta" prescritta "militari manu".

La statua di Gregorio Tedeschi del 1634 che trasudò miracolosamente durante un'invasione spagnola nel 1735.

L'interno, ricoperto a cupola, presenta un unico altare in corrispondenza del loculo sepolcrale, ed accoglie la statua di santa Lucia giacente, scolpita da Gregorio Tedeschi (1634). Anche questa statua durante l'assedio spagnolo della città nel 1734-35, secondo una pia leggenda tradizionale, avrebbe avuto una sudorazione miracolosa, "quasi visibile segno che la Santa Patrona dolorasse dell'imminente travaglio della diletta sua patria". Le macchie di ruggine visibili sulla statua vengono indicate oggi come il resto visibile di tale fenomeno.

Nel dopoguerra venne installato sopra il fonte battesimale il bassorilievo di S. Giovanni battista scolpito da Salvo Monica.  

Chiesa di San Nicolò ai Cordari

La chiesa di San Nicolò ai Cordari fu una delle prime chiese costruite a Siracusa.

Venne costruita in epoca normanna subito dopo il periodo della dominazione araba nella città aretusea. Precedentemente nel sito dove ora sorge la piccola chiesa vi era un'altra costruzione religiosa di epoca paleocristiana con struttura basilicale. Nel periodo bizantino la chiesa divenne sotterranea.

Sotto di essa si trova la cosiddetta Piscina Romana; ovvero dei grandi serbatoi d'acqua ricavati tagliando la pietra delle latomie. Queste condotte idriche naturali servivano ai siracusani nei tempi dell'Antica Roma per riempire d'acqua l'anfiteatro romano di Siracusa e dare inizio ai giochi nautici e lotte acquatiche.

Nella chiesa di San Nicolò ai Cordari nel 1093 vennero celebrati i funerali del conte di Siracusa, Giordano d'Altavilla, figlio del gran conte Ruggero I di Sicilia.

I normanni la vollero dedicare a san Nicolò di Mira, santo a cui il popolo nordico si rivolse affinché fosse aiutato nello scacciare gli arabi dalla città di Siracusa. Qualche secolo dopo la chiesa venne sconsacrata e abbandonata poiché la popolazione siracusana durante l'epoca medievale (periodo angioino, periodo spagnolo, periodo austriaco, periodo borbonico) si ridusse notevolmente di numero, divenendo così esigua da occupare la sola isola di Ortigia, circondata da spesse fortificazioni che incoraggiarono il popolo a orientare la propria esistenza solo all'interno dell'isola fortificata. Dunque tutto ciò che vi era fuori, come la piccola chiesa di San Nicola, venne abbandonato.

Nel 1577 la chiesa fu concessa ai cordari (fabbricatori di corde artigianali) che lavoravano le loro corde nelle latomie della Neapolis, poste oltre la chiesa. Ecco perché oggi è detta chiesa di San Nicolò ai Cordari o chiesa di San Nicolò dei Cordari, poiché venne frequentata dalle famiglie siracusane dei cordari. La chiesa divenne in seguito un deposito per il grano. I suoi sotterranei negli anni della peste, verso il 1600, furono adoperati come "fossa comune".

Nei primi anni del novecento la città riprese a crescere e ripopolando le antiche zone di Siracusa si riprese anche la frequentazione della chiesa di Neapolis che con l'istituzione del Parco nel 1955 divenne la sede dell'ufficio informazioni per i visitatori che si apprestavano a visitare il vasto parco archeologico. La chiesa ne rappresentava e ne rappresenta tutt'oggi l'ingresso. Al suo interno attualmente si trova un piccolo museo fotografico dove sono esposte le fotografie d'epoca di tutti i monumenti siracusani situati all'interno del Parco della Neapolis.

La sua pianta è rettangolare e la sua struttura architettonica risulta abbastanza integra. Di stile austero, misura metri 16 x 8, ha due portali ad arco cuspidato, di cui uno è laterale. La chiesa è infine chiusa da un piccolo abside di forma semicircolare con una cornice terminale, la quale rappresenta l'unico elemento decorativo delle mura. Nell'abside sono visibili delle strette e lunghe finestre, anch'esse di modeste dimensioni, con forma arcuata.

Negli anni novanta vennero fatti dei restauri nella chiesa e vennero scoperte al di sotto della sua pavimentazione delle sepolture databili al I-III secolo. La pavimentazione venne poi ricoperta con della barra di plexiglas trasparente, per cui alcuni di questi scheletri sono visibili dall'interno della chiesa guardando verso il basso.

Basilica santuario Madonna delle Lacrime

La basilica santuario Madonna delle Lacrime è una basilica minore e santuario mariano eretto a ricordo della miracolosa lacrimazione di un'effigie in gesso raffigurante il Cuore Immacolato di Maria, posta al capezzale dei coniugi Iannuso presso la loro umile abitazione in via degli Orti a Siracusa, nel 1953.

Nel 2002 Giovanni Paolo II ha elevato il santuario alla dignità di basilica minore con il nome di "basilica santuario Madonna delle Lacrime".

Secondo la tradizione l'evento miracoloso si ripeté dal 29 agosto al 1º settembre 1953 nella generale commozione di un'immensa moltitudine di fedeli, in casa dei coniugi Iannuso. Raccolte le lacrime furono sottoposte ad un'analisi scientifica secondo cui risulterebbero liquido lacrimale umano. La devozione che ne è seguita è stata di enormi proporzioni. La piccola effigie della Madonna delle Lacrime, prima provvisoriamente ricoverata nella vicina piazza Euripide dal 1953 al 1968, venne collocata all'interno del santuario, nell'attuale cripta e vi rimase dal 1968 al 1994, per poi essere traslata all'interno del tempio superiore del Santuario.

L'opera fu progettata nel 1957 dagli architetti francesi Michel Andrault e Pierre Parat a seguito di un bando di concorso internazionale ma le opere strutturali sono dell'ingegnere Riccardo Morandi[1]. La costruzione ebbe inizio nel 1966: a causa dell'estrema modernità del progetto vi furono fin dall'inizio molte polemiche da parte della cittadinanza che reputava e reputa l'opera un "mostro di cemento armato" che andava a gravare ulteriormente su di un'area urbana già pesantemente compromessa; queste diatribe ne ritardarono molto la realizzazione che si concluse solo nel 1994. Durante gli scavi delle fondamenta venne ritrovata un'area abitativa del VI secolo a.C. e portato alla luce un pezzo di strada che in passato costituiva la via principale del quartiere Akradina. La costruzione fu completata dopo circa 28 anni ed il santuario venne consacrato, inaugurato e dedicato alla Madonna delle Lacrime il 6 novembre 1994 da papa Giovanni Paolo II

Lo stemma di una basilica minore. Infatti il santuario è stato elevato alla dignità di basilica minore nel 2002 da papa Giovanni Paolo II.

Otto anni dopo, nel 2002, lo stesso Giovanni Paolo II lo elevò alla dignità di basilica minore.

Il santuario è costituito dalla basilica (o tempio superiore) e della cripta (o tempio inferiore), con un corpo conico formato da costoloni in cemento armato che raggiungono un'altezza complessiva di 103 m; 94,30 m a partire dal piano di calpestio e sormontato da un coronamento in acciaio che porta una statua della Madonna in bronzo dorato, opera di Francesco Caldarella, circondata da un'aureola ad elementi circolari e raggiera. Cappelle escluse, ha un diametro di 71,40 m. Ha una capienza di 11000 posti in piedi e 6000 a sedere.

Il tempio superiore del santuario è stato consacrato da papa Giovanni Paolo II il 6 novembre 1994 durante la sua visita pastorale a Siracusa. L'altare maggiore custodisce il prodigioso quadretto, traslato nel tempio superiore il 5 novembre 1994, prima dell'arrivo del Papa in serata. Lungo la circonferenza della basilica vi sono le tre sacrestie (dietro l'altare maggiore) e varie cappelle: a sinistra le cappelle della riproduzione della Sacra Sindone e del Santissimo Sacramento; a destra la cappella dell'Altare della Carità (in cui è anche esposta la statua raffigurante santa Lucia), di san Giuseppe e san Pio da Pietrelcina, la cui statua era precedentemente esposta nella rispettiva cappella nella cripta del santuario.

La cripta del santuario è stata consacrata e dedicata al Cuore Immacolato di Maria il 28 agosto 1968 da Giuseppe Bonfiglioli, arcivescovo di Siracusa. Il giorno seguente vi è stato traslato il prodigioso quadretto che versò lacrime nel 1953. Infine è stata inaugurata il 1º settembre successivo dal cardinale Francesco Carpino, arcivescovo di Palermo.

Sul piano della cripta, sono conservati dei resti di età romana e tardo-antica costituiti da un ipogeo pagano e da un annesso vasto ambiente con pareti originariamente decorate a mosaico. In cripta vi sono varie cappelle, tra cui quella di san Corrado Confalonieri, sant'Agata, santa Lucia, san Francesco d'Assisi, san Pio da Pietrelcina e dell'iconostasi, in cui vengono celebrate le sante messe in rito bizantino.

Nella cappella di santa Lucia vi è la tomba dell'arcivescovo Calogero Lauricella, vescovo di Siracusa dal 1973 fino alla morte nel 1989.  

La forma architettonica del santuario è stata criticata da famosi liturgisti e urbanisti. La sua grande mole di cemento ha modificato negativamente le prospettive urbanistiche di Siracusa e ha sovrastato luoghi di culto antichi e importanti come le Catacombe di Santa Lucia e la Cripta di San Marciano. La struttura è soggetta a varie interpretazioni. Gli architetti si proponevano di realizzare strutturalmente il concetto di elevazione dell'umanità verso Dio. Infatti, la pianta con la sua circolarità vuole rappresentare l'umanità che protende verso Dio. Altri significati attribuiti sono quelli di: faro, identificabile con Maria che conduce verso il porto che è Gesù; tenda, entro la quale la Madre accoglie i suoi figli per condurli al Padre; giglio capovolto, infine una lacrima che scende dall'alto vista nella dinamica dell'impatto a terra.

Chiesa di San Giovanni alle catacombe

La chiesa di San Giovanni alle catacombe di Siracusa conserva ancora tracce di quel fascino che spingeva i viaggiatori del '700 e dell'800 a visitarla.

La facciata sud della chiesa quale si vede, distrutta dal terremoto del 1693 (si rovinò la Gran Basilica), e quella ricostruita nel '700 con notevoli modifiche alla stessa facciata e al portico per la cui ricostruzione furono usati elementi quattrocenteschi. A sinistra si nota invece l'antica facciata normanna segnata dal rosone e dal portale decorato.

In questo stesso luogo sorgeva in età greca classica una latomia, nella quale in età tardo ellenistica fu installata un'officina di vasai pertinente ad un'area cultuale pagana. Mentre in età tardo-imperiale divenne area cimiteriale cristiana in uso almeno sino al 423. Attorno alla metà del VI secolo (forse in relazione al soggiorno di papa Vigilio a Siracusa) il sepolcreto fu manomesso per far posto alla cripta di san Marciano che doveva accogliere il sarcofago con le reliquie del santo. Così sopra la cripta fu edificata la chiesa absidata, a tre navate, suddivisa da 12 colonne di tipo dorico (con riferimento agli apostoli), in modo che la sepoltura del Santo si trovasse in asse con l'altare, posto al centro della navata, limitato da una balaustra.

Nell’878 durante l’assedio arabo di Siracusa il comandante Giafar ibn Muhammad pose il suo accampamento nella chiesa.

Dopo le probabili devastazioni di età araba, la chiesa subì innovazioni col rifacimento dei muri perimetrali, il prolungamento con semicolonne dei pilastri dell'abside e della facciata, la riduzione a 10 del numero delle colonne e inclinando il pavimento in direzione della facciata.

Nel 1428, addossata alla parete nord, si costruì una cappella rettangolare, preceduta da portico. Caduta in disuso fu concessa nel 1630 ai Carmelitani di Montesanto che inserirono all'interno una nuova struttura diversamente orientata (N- S) che occupò lo spazio delle prime due campate di quella preesistente.

Il terremoto del 1693 causo gravi danni riparati nel 1705-6, quando fu ricostruito con materiale di spoglio il portico odierno.

Una scala di accesso alla cripta di san Marciano, dove nel 61 avrebbe predicato l'apostolo Paolo, si trova il sepolcro in muratura del Santo, con la piccola apertura attraverso la quale si poteva accedere al contatto con le sacre reliquie; al centro vi è un altare circondato da 4 colonne. In età normanna lo spazio centrale attorno all'altare fu modificato da 4 pilastri che hanno incorporato i capitelli con i simboli degli Evangelisti e iscrizioni del Vangelo. Si effettuò anche la pavimentazione, lembi della quale sono ancora visibili. Dal piano della Basilica si discende a sinistra per visitare le Catacombe di San Giovanni, le più recenti fra le siracusane (315-360), e in uso fino alla fine del V sec.

Particolarmente importante è la cripta di san Marciano sotto la chiesa, che ha accolto il corpo del primo vescovo fin quando a causa dell'invasione araba furono traslate a Gaeta. La cripta è tuttora frequentata come luogo religioso sia da Cattolici sia da Ortodossi.

Architetture civili

Le architetture di Siracusa mostrano quasi sempre facciate bianche (tendenti al beige o al giallo-oro), poiché esse sono state erette con la pietra bianca degli Iblei, detta pietra giuggiulena (pietra torrone) per la sua modellabilità. Per tale motivo Siracusa viene spesso appellata anche come «la città bianca».

La maggior parte dei numerosi e antichi palazzi nobiliari si trova sull'isola di Ortigia, poiché in epoca medievale e rinascimentale la città era esclusivamente racchiusa al suo interno, mentre la Siracusa di più recente edificazione ospita gli edifici di carattere amministrativo e governativo, ad esempio il plesso ospedaliero e il tribunale di giustizia. Tra le prime costruzioni civili dell'età post classica si annoverano la trecentesca sede della Camera Reginale e il trecentesco palazzo Mergulese-Montalto, in stile gotico chiaramontano. In città permangono altre architetture medievali, soprattutto del periodo aragonese-catalano: esempi ne sono il palazzo Bellomo e gli elementi sopravvissuti del palazzo Zapata-Gargallo, appartenuto alle omonime prestigiose famiglie (un loro discendente fu il fondatore dell'originario borgo di Priolo Gargallo, Tommaso). Tuttavia è dopo il terremoto seicentesco, e quindi con la conseguente ricostruzione, che fa la sua comparsa lo stile predominante di Siracusa: il barocco siciliano. La città ha dato i natali ad uno dei principali esponenti di questo stile: l'architetto Rosario Gagliardi.

Il palazzo del Vermexio, attuale sede del governo comunale, rimane uno dei maggiori esempi dell'arte barocca applicata ad un edificio amministrativo. L'evoluzione definitiva del barocco fu il rococò; Siracusa ne mostra chiaramente gli elaborati segni: palazzi come il Beneventano del Bosco, l'Impellizzeri, il Borgia del Casale (proprietà del ramo siracusano dell'influente famiglia dei Borgia) vennero edificati adottando li suddetto stile ornamentale.

L'edificio che ospita la curia siracusana è il palazzo Arcivescovile; al suo interno sono visibili vari secoli di mutazioni architettoniche: dall'edificazione sveva a quella settecentesca e ottocentesca. Risalgono direttamente all'800 e riflettono gli stili liberty e neoclassico (singolarmente o alle volte entrambi) i palazzi intitolati: della Sovrintendenza ai Beni Culturali, dell'Orologio (così chiamato per via del grande orologio meccanico che sovrasta la sua sommità), dell'Antico mercato, della Camera di Commercio

Ottocentesco è anche il palazzo del teatro comunale di Siracusa, costruito affinché «la terra di Epicarmo avesse un teatro adatto» ad ospitare la vita artistica della popolazione. Un decennio dopo venne inaugurato il palazzo della stazione ferroviaria e a seguito di ciò vi fu l'inaugurazione dell'edificio per la stazione marittima (odierna sede della Capitaneria di Porto).

Nella prima metà del Novecento vennero realizzati il palazzo dell'hotel Des Etrangers, del Grand Hotel (entrambi tra i più antichi hotel siracusani) e il palazzo delle Poste (odiernamente convertito anch'esso in struttura ricettiva).

Le principali e storiche ville della città sono essenzialmente tre: Politi, Landolina e Reimann. La Villa Politi sorge sopra le latomie siracusane (nata come Grand Hotel Villa Politi) e venne edificata nel XIX secolo dalla nobile austriaca Maria Theresa Laudien, moglie del siracusano Raffaello Politi, la quale con il suo operato le fece conferire la nomea di «salotto internazionale» (tra le tante personalità ospitò anche i principi del Piemonte e Churchill).

La Villa Landolina, sita nel quartiere della Neapolis, è anch'essa una dimora del XIX secolo. Porta il nome della famiglia Landolina, il cui più illustre membro fu l'archeologo e naturalista Saverio Landolina (fu egli che scoprì la nota Venere siracusana e che difese la colonia spontanea dei papiri aretusei). Accanto ad essa, dentro il suo terreno, è stato costruito il museo archeologico regionale Paolo Orsi. Un grande parco alberato e tombe dei caduti di altre nazioni completano la sua complessa area.

Villa Reimann invece, conosciuta anzitutto per il suo particolare ed esteso giardino (copre 35.000 m² di suolo urbano), che è detto «Giardino delle Esperidi», sorge a pochi passi dalla necropoli della tomba di Archimede e prende il nome dalla nobile infermiera danese Christian Reimann, che trasferendosi a Siracusa acquistò l'immobile nel 1933. Per volere della stessa nobil donna, la Villa odiernamente è divenuta proprietà del comune. La Reimann, in un carteggio con all'epoca ministero dei beni culturali, così la descriveva:

Meritevole di attenzione è anche la Villa Bonanno (nota pure come castello per via del suo aspetto imponente), ormai purtroppo in stato di abbandono, la quale sorge a Tremilia, periferia di Siracusa. Inizialmente fu un inglese, Gould Francesco Leckie, che nel 1700 ottenne la concessione dell'antico terreno ecclesiastico (nel VI secolo aveva ospitato il convento San Pietro de Bajais e dal 1104 il monastero benedettino del vescovo Ruggero, donatogli dal conte Tancredi d'Altavilla). Leckie vi costruì un mulino e una chiesa, in seguito i baroni siracusani Bonanno gli subentrarono ed eressero l'edificio chiamato castello.

Architetture militari

La città di Siracusa ha fin dalle sue origini dedicato molto spazio alle architetture con scopi militari. Al principio sorse il castello Eurialo (ubicato nell'odierna frazione di Belvedere), voluto dal tiranno Dionisio il Grande come perno difensivo e punto di congiunzione delle sue lunghe mura, alzate contro gli assalti dei Cartaginesi e di altri popoli dalle intenzioni bellicose (Siracusa in quel periodo aveva appena respinto l'offensiva di Atene, sentiva quindi la necessità di aumentare le proprie difese per far fronte ad altre guerre). In seguito vi mise mano anche Archimede, rendendo il castello ancora più ricco di insidie per i nemici della pentapoli. Si tratta dell'opera militare che quando millenni dopo fu veduta dal Kaiser tedesco, Guglielmo II di Germania, venne presa ad esempio per la guerra di tunnel e trincee combattuta dalla sua nazione.

Nella prima metà del Duecento sorse il castello Maniace, uno dei più importanti monumenti del periodo svevo a Siracusa.

Il castello prende il nome dal comandante bizantino Giorgio Maniace, principe e Vicario dell'Imperatore di Bisanzio, discendente dalla famiglia imperiale di Costantinopoli, i cui discendenti si imparentarono con la casa reale d'Altavilla, che nel 1038 riconquistò la città in mano agli Arabi, ma soltanto per un breve periodo. Secondo il Fazello, fu nell'occasione dell'edificazione di una fortezza, detta dal popolo "Torre Maniace", che offrì in dono due arieti bronzei di fattura ellenistica, portati seco da Costantinopoli, che vennero posti a decorazione dell'entrata della fortificazione.

Nel sito in cui sorge il castello dovettero quasi certamente esistere delle fortificazioni sin dai tempi dei Greci in quanto è strategicamente importante per la difesa del Porto Grande. È pertanto credibile la tesi che nel 1038 il comandante bizantino Giorgio Maniace, da cui il castello prende nome, abbia promosso la restaurazione o la costruzione di opere a difesa del porto di Ortigia nel corso della sua campagna militare. Qualche anno dopo gli arabi si impadronirono nuovamente di Siracusa e del maniero che tennero fino al 1087 quando furono sconfitti e cacciati dai Normanni. Non ci sono tuttavia tracce evidenti di tale costruzione precedente.

L'impianto originario del castello Maniace è dovuto all'imperatore Federico II di Svevia, che ne affidò la realizzazione all'architetto Riccardo da Lentini tra il 1232 e il 1239, poco tempo dopo il ritorno dalla Crociata in Terra Santa. La costruzione avvenne nello stesso lasso di tempo in cui sorsero alcuni altri castelli "federiciani" di Sicilia e dell'Italia meridionale. La somiglianza architettonica ne è l'evidenza. Passato agli angioini nel 1266 venne assaltato ed espugnato dalla popolazione siracusana in rivolta l'11 aprile del 1282. Nel 1302 Federico d'Aragona vi siglò l'armistizio con gli angioini.

Nel 1321 ospitò la seduta del Parlamento siciliano convocato per sancire l'eredità del figlio di Federico III di Sicilia, Pietro II di Sicilia. Nel 1325 Pietro II di Sicilia fece riattare i fossati e costruire due forti a supporto del castello.

Con gli aragonesi Siracusa divenne sede della Camera Reginale, un istituto che poneva la città a dote della regina, dal 1305 al 1536; il castello ospitò successivamente le regine, Costanza nel 1362, Maria di Sicilia nel 1399, Bianca d'Evreux nel 1416 e, infine, anche l'ultima che ebbe in dominio la città, Germana de Foix, seconda moglie di Ferdinando il Cattolico. A causa di ciò Castel Maniace fu tuttavia teatro delle numerose contese tra i baroni siracusani, che non accettavano l'istituto di Camera Reginale, e il potere centrale. 

Nel 1448 Alfonso il Magnanimo per porre fine ai tumulti dei baroni inviò a Siracusa il capitano generale Giovanni Ventimiglia, conte di Geraci, con pieni poteri; questi, invitati a banchetto venti di quelli ritenuti i maggiori responsabili dei torbidi, una volta entrati li fece decapitare. Nell'occasione, i due arieti bronzei che ai lati del grande portale impreziosivano la facciata del castello,(attribuiti al Maniace secondo quanto riferisce Tommaso Fazello) vennero ceduti in premio dal viceré Lopes Ximenes de Urrea al Ventimiglia il quale li portò seco a Castelbuono. Alla sua morte il figlio Antonio li pose ad ornamento della tomba del padre.

Dopo il castello decadde da residenza reginale a costruzione militare e per quasi tutto il XV secolo il castello venne adibito a prigione. Negli anni successivi al 1535 il viceré Ferdinando Gonzaga, per porre rimedio alla piaga delle frequenti incursioni piratesche saracene nelle città costiere della Sicilia orientale fece approntare un piano di rafforzamento delle difese costiere; l'incarico venne dato al famoso ingegnere militare Ferramolino da Bergamo che avviò la costruzione di nuove fortificazioni e il restauro o il potenziamento di quelle esistenti. Tra queste vi fu il rafforzamento contro l'impiego di artiglierie del castello Maniace; a scopo di costruzione venne impiegate le pietre prelevate dagli antichi monumenti. Nel 1540 vi prese alloggio l'ammiraglio Andrea Doria durante la spedizione organizzata da Carlo V contro i musulmani.

Alla fine del XVI secolo, il castello Maniace era divenuto il punto nodale della cinta muraria di Ortigia ma, il 5 novembre 1704, l'edificio venne squassato da una violenta esplosione della polveriera che proiettò i pezzi di otto delle volte a crociera e di blocchi di pietra nel raggio di alcuni chilometri. Negli anni successivi venne operato un rimaneggiamento che, lasciando così com'erano le parti rovinate dall'esplosione e demolendo sei delle otto volte danneggiate ne dispose l'ampliamento del cortile e la realizzazione di magazzini.

Nel periodo borbonico il castello riacquistò le sue funzioni militari e venne munito di bocche da fuoco. Nel 1838 in seguito ai moti che si stavano scatenando in tutto il regno borbonico venne dotato di una costruzione di difesa. Anche dopo l'unificazione d'Italia rimase una struttura militare e tale rimase fino alla seconda guerra mondiale.

Infine, alle soglie degli anni duemila, dopo un restauro e alla smilitarizzazione con la chiusura della storica caserma dell'esercito, il monumento è tornato alla pubblica fruizione. L'apertura al pubblico ha permesso lo svolgimento di spettacoli dell'Ortigia Festival ma anche di ospitare il cosiddetto G8 ambiente dal 22 al 24 aprile 2009 che ha visto la presenza dei ministri dell'ambiente dei paesi industrializzati.

Il castello Maniace è affidato alla Soprintendenza BB.CC.AA. di Siracusa.

Il castello presenta una poderosa struttura a quadrilatero di 51 metri per lato di circa 12 m di altezza di aspetto severo in virtù del suo scopo difensivo. Ai quattro angoli della costruzione sono quattro torri cilindriche inserite armoniosamente nell'opera muraria.

Castel Maniace è accessibile attraverso la porta carraia della ex-caserma Abela sita, a Siracusa, in piazza Federico di Svevia. Attraversando il successivo cortile si trova un ponte in muratura che adduce ad una porta, con colonne laterali, di epoca spagnola (XVI secolo). Tale ponte ha sostituito l'antico ponte levatoio ligneo che scavalcava il fossato che circondava il castello all'epoca della costruzione e lo separava dalla estrema punta meridionale di Ortigia; il largo fossato, colmato nel Cinquecento, metteva in comunicazione il Porto Grande con il mare aperto e a ponte alzato permetteva una migliore difesa del castello in caso di attacco. Scavi effettuati a scopo di saggio hanno indicato che l'altezza originaria delle mura era di circa 18 metri. Lo spessore medio delle mura principali è di circa 3,5 m. La facciata principale è orientata verso Ortigia, i lati a nord-est e a sud-ovest all'epoca della costruzione erano a picco sul mare e così rimasero fino al XVI secolo quando gli spagnoli eressero i due rispettivi contrafforti.

Contrasta con l'aspetto generale dell'opera, preminentemente militare, il portale marmoreo decorato, la cui profondità della strombatura fu sfruttata dai costruttori per realizzarvi dei virtuosismi artistici. Pur seriamente erose dal tempo e danneggiate dall'opera degli uomini, tra gli stipiti esterni ed i pilastri interni, una serie di colonnine marmoree con capitelli a foglie uncinate permettono ancora l'individuazione di quattro figure zoomorfe, disposte due per lato, di probabile significato simbolico: sono individuabili due figure di leoni e di un ippogrifo; l'arco inferiore e l'archivolto presentano dei motivi floreali.

Uno stemma imperiale del XVII secolo è posto in cima all'ogiva del portale stesso.

La sala principale interna è costituita da 24 volte più una che dovrebbero rappresentare i regni di Federico II con al centro quello di Sicilia.

In memoria dell'imperatore Federico II, nel giugno 2018 fu eretto una Stauferstele a sinistra dell'ingresso all'edificio quadrato.

Con l'avanzare dei secoli del primo millennio d.C., Siracusa venne sempre più fortificata. Nel Cinquecento, sotto il dominio degli spagnoli, venne distrutta la gran parte dei monumenti greco-romani (alcuni già compromessi dai molteplici terremoti) per riutilizzarne la pietra, costruendo così poderosi bastioni e muraglie, che mutarono definitivamente l'aspetto della città.

Essendo un punto nevralgico per il controllo sulla Sicilia, la difesa di Siracusa era tenuta in grande considerazione dai vari conquistatori. Perderla avrebbe comportato serie conseguenze. Fu per tale motivo che quando la città di Messina si ribellò alla Spagna, i monarchi iberici fecero pagare a Siracusa lo scotto di quella ribellione (anche se i siracusani pare si fossero limitati a inneggiamenti anti-spagnoli), imponendole un'eccessiva vita militare: nel 1676 venne costruito il baluardo a punta di diamante e nel 1683, sulle direttive dell'architetto Carlos de Grunembergh, venne distrutto l'istmo artificiale che da tempo univa l'isola di Ortigia alla terraferma; entrarono in funzione i quattro ponti levatoi, che una volta alzati isolarono del tutto i siracusani. Al castello Maniace s'insediò un governatore militare e i cittadini dovettero a lungo mantenere a proprie spese e nelle proprie case i soldati spagnoli.

Le fortificazioni della città e il regime militaresco nel Seicento e Settecento raggiunsero un livello tale che la Siracusa di quel periodo è stata definita «una caserma abitata da civili», ma anche la «piazzaforte d'Europa», pensata per risultare inespugnabile.

Bisognerà attendere la fine dell'Ottocento per lo smantellamento completo delle possenti architetture militari: di esse sono rimaste in piedi, e sono tutt'oggi ben visibili, il forte Vigilena (prima chiamato forte della Gradiglia) e il forte San Giovannello (ex forte della Ferraria). Va inquadrato nell'ottica militare anche il palazzo che ha ospitato il carcere ai tempi dei Borbone: la sua costruzione fu sollecitata dalle sempre più crescenti ribellioni dei siracusani nei confronti della monarchia napoletana. I Borbone quindi, non essendoci più spazio nel carcere che sorgeva dietro Piazza del Duomo, fecero edificare nel 1853 questa nuova struttura. Il palazzo è odiernamente in attesa di restauro.

Nel 1735 venne edificata la caserma del Genio militare, in seguito intitolata al patriota siracusano Gaetano Abela. La caserma Abela è sita all'interno dell'area del castello Maniace: fino al 2001 fu sede del reggimento di Fanteria e del Genio guastatori, mentre al giorno d'oggi è diventata la dimora universitaria per la facoltà di architettura.

Con l'espandersi della città si è ampliata anche l'architettura militare. Nel decennio che precedette la seconda guerra mondiale sorse a Siracusa l'idroscalo (odiernamente sede del 34º Gruppo Radar dell'Aeronautica Militare), seguito dalla costruzione della batteria Lamba Doria, che occupa 48.000 m² nella parte meridionale della Penisola della Maddalena, da numerosi bunker, disseminati un po' ovunque, e dall'edificio sotterraneo per il deposito di carburante della Regia Aeronautica di Siracusa.

Sempre al secondo conflitto mondiale è legata la presenza della batteria di Capo Santa Panagia, oggi incorporata nella vasta area della base della Marina militare siracusana e da essa tutelata come bene archeologico bellico. Inoltre, d'interesse storico-bellico è divenuto l'ipogeo di Piazza Duomo, poiché questo lungo tunnel (che dal sito della cattedrale spunta al Foro Italiaco, presso la Marina) è stato uno dei principali rifugi della popolazione durante i bombardamenti dell'ultimo conflitto.

Altro elemento architettonico militare predominante di Siracusa sono le torri: l'area comunale che annovera molte (retaggio di un passato bellico incentrato sull'avvistamento e la difesa del territorio); ben 10 le principali: torre di Ognina, torre Cuba, torre Milocca, torre Tonda, torre Landolina, torre Teatro Greco, torre Pizzuta, torre Targia, torre Bosco Minniti, torre Modica.

Menzione a parte merita la costruzione simbolo della frazione di Belvedere: chiamato u Semafuru (il Semaforo), è una costruzione militare del XIX secolo composta da una torretta merlata sulla cui cima sorgeva fino al 1955 un'antenna luminosa che tramite alfabeto Morse comunicava con le navi sottostanti: in transito e in avvicinamento ai porti di Augusta e Siracusa.

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Agosto 2019