Sono
due
i
principali
itinerari
per
una
conoscenza
dei
monumenti
e
delle
opere
d'arte
di
Ragusa:
uno
per
la
città
nuova
e
uno
per
Ibla.
Le
"due
città"
sono
anche
collegate
da
una
linea
ferroviaria
che,
tramite
un
ingegnoso
ed
ardito
tracciato
elicoidale
in
costante
pendenza
del
25%,
permette
di
superare
il
dislivello
tra
le
due
stazioni
(340
e
512
metri)
e
di
attraversare
splendide
valli
selvagge
di
grande
bellezza
paesaggistica.
La
visita
di
Ragusa
moderna
può
cominciare
da
piazza
San
Giovanni,
cuore
della
città
nuova.
Su
un
lato
della
piazza
sono
facilmente
individuabili
le
arcate,
sulle
quali
poggia
la
pensile
terrazza
cinta
da
una
balaustrata,
che
un
tempo
formavano
un
ricco
loggiato,
ma
che
furono
poi
murate
per
ricavarvi
dei
locali.
La
magnifica
Cattedrale
di
San
Giovanni
sorgeva
anticamente,
prima
del
terremoto
del
1693,
nell’antico
centro
della
città
di
Ragusa,
al
di
sotto
del
Castello
medievale,
dove
oggi
è
possibile
ammirare
la
piccola
Chiesa
di
Santa
Agnese.
Dopo
questo
evento
la
Chiesa
fu
ricostruita
nel
cuore
del
nuovo
centro
abitato
di
Ragusa
e
la
prima
pietra
fu
posta
il
15
aprile
del
1694
e
in
solo
4
mesi
la
chiesa
fu
completata.
Era
una
chiesa
piccola
che
mal
si
adattava
alle
esigenze
di
una
popolazione
in
crescita,
infatti,
nel
1718
iniziarono
delle
opere
di
ampliamento
e
restauro.
Nel
XIX
secolo
le
navali
laterali
originarie
vengono
sostituite
da
piccole
cappelle
con
all’interno
degli
altari
e
nello
stesso
periodo
venne
realizzata
la
pavimentazione
di
lastre
di
pietra
pece
con
intarsi
in
calcare
bianco.
Il
6
maggio
1950
con
la
costituzione
della
Diocesi
di
Ragusa
è
diventata
Cattedrale.
La
facciata
si
presenta,
oggi,
con
numerosi
intagli
e
sculture.
È
divisa
in
5
parti
da
grandi
colonne
ed
è
arricchita
da
tre
maestosi
portali
(quello
centrale
è
ornata
da
colonne
e
statue
dell’Immacolata,
del
Battista
e
di
San
Giovanni
Evangelista).
Davanti
alla
Cattedrale
un
ampio
sacrato,
sopraelevato
rispetto
alla
piazza
antistante.
Sul
lato
sinistro
della
Cattedrale
si
trova
il
campanile,
alto
circa
50
metri.
L’interno
della
Cattedrale
è
a
croce
latina
con
tre
navate
divise
da
colonne
che
nel
1777
i
fratelli
Gianforma
decorarono
con
pregevoli
stucchi
e,
inoltre,
realizzarono
delle
grandi
nicchie
circondate
da
statue.
All’incrocio
del
transetto
(ornato
da
statue
rappresentati
la
Fede,
la
Speranza,
la
Carità
e
il
Padreterno)
con
la
navata
centrale
si
trova
la
cupola
(restaurata
nei
primi
anni
del
XX
secolo
per
ovviare
alle
infiltrazioni
di
acqua
che
stavano
rovinando
la
struttura).
L’altare
maggiore
è
caratterizzato
da
un
baldacchino
dell’800
in
velluto
rosso
e
rifinito
in
oro.
Molto
particolare
è
la
pavimentazione
fatta
da
lastre
in
pece
nera
adornata
da
disegni
in
pietra
calcarea
bianca,
opera
realizzata
nel
1848.
Nelle
cappelle
sono
conservate
numerose
opere
d'arte:
-
Nella
Cappella
del
Sacramento
un
alto
rilievo
in
marmo
che
raffigura
l’Ultima
Cena,
opera
dello
sculture
di
origine
Messinese
Giuseppe
Prinzi.
-
Nella
parte
del
transetto,
ovvero
una
parte
architettonica
che
interseca
perpendicolarmente
le
navate,
si
ammirano
le
opere
pittoriche
fantastiche
poste
sull’altare,
chiamate
pale
d’altare.
Infatti
attorno
all’elegante
altare
maggiore
si
possono
ammirare
due
affreschi
raffiguranti
la
Predicazione
e
la
Decapitazione
del
Battista
ad
opera
di
Panciroli.
Esse
sono
decorate
da
meravigliosi
elementi
artistici
come
ad
esempio
l’elegante
scultura
rappresentante
le
tre
Virtù
teologali
sul
lato
sinistro.
-
Sotto
l’altare
sul
lato
destro
del
transetto
si
osserva
un
meraviglioso
Presepio
con
statue
in
terracotta
del
1800.
-
Sui
pennacchi
della
cupola
vi
sono
raffigurati
gli
Evangelisti
ad
opera
di
Salvatore
Cascone.
-
Nella
Cappella
a
sinistra
del
presbiterio
si
trova
S.
Giovanni
Battista
ad
opera
di
Paolo
Vetri
del
1906,
ed
importanti
e
altorilievi
marmorei
del
1800
come
ad
esempio
la
Nascita
e
Decollazione
del
Battista.
Inoltre
si
possono
ammirare
il
Cristo
alla
Colonna
di
Antonio
Manno
ed
altre
pale
settecentesche
come
S.
Filippo
Neri
e
la
Vergine
ed
il
Bambino
e
il
meraviglioso
organo
“Serassi”
del
1858
posto
al
di
sopra
del
portale
maggiore.
Sulla
destra
della
cattedrale
si
erge
il
Monumento
ai
Caduti.

In
Corso
Italia,
a
fianco
della
Cattedrale,
si
ha
modo
di
ammirare
la
chiesa
del
Collegio
di
Maria
Addolorata
(1801).
Venne
edificata
nel
1795
per
volere
della
nobildonna
Felicia
Schininà
dei
marchesi
di
Sant'Elia,
che
volle
fondare
nella
sua
città
un
collegio
di
Maria,
istituzione
educativa
destinata
alle
giovani
ragusane
di
ogni
ceto
sociale
che
avrebbero
goduto
di
una
formazione
culturale
unita
a
quella
cristiana
e
morale.
All'esterno
la
facciata
della
chiesa
è
in
stile
neoclassico
con
reminiscenze
barocche
ed
è
caratterizzata
da
coppie
di
colonne
corinzie
e
dall'adiacente
palazzo
barocco,
sede
del
Convento.
Essa
è
suddivisa
in
due
ordini.
La
parte
inferiore
presenta
4
colonne
binate
accanto
al
portone
e
4
lesene.
Nella
parte
superiore
vi
sono
4
colonne
al
centro
delle
quali
si
trova
la
cella
campanaria
con
una
trifora.
L'interno
della
chiesa,
anch'esso
in
stile
neoclassico,
è
a
pianta
centrica
con
un
bel
pavimento
in
pece
a
motivi
geometrici.
L'aula
sacra,
ritmata
da
colonne
in
stile
composito,
è
sormontata
da
un'ampia
cupola;
sull'abside
a
pianta
quadrata
si
innalza
una
seconda
cupola.
La
chiesa
conserva
all'interno
pregevoli
quadri
del
pittore
palermitano
Tommaso
Pollace:
sulla
parete
sinistra
Santa
Giuliana
Falconari
e
la
Presentazione
al
Tempio
di
Gesù
Bambino;
dello
stesso
autore
la
Pietà
dell'altare
centrale
che,
per
la
presenza
della
Madonna
Addolorata,
fa
riferimento
al
nome
del
collegio.
Di
autore
ignoto
altri
due
quadri
che
si
trovano
nella
Chiesa,
la
Morte
di
San
Giuseppe
e
la
Circoncisione
di
Gesù.

All'estremità
nord
di
via
Roma,
da
una
scenografica
"rotonda",
si
ha
una
bellissima
visione
della
selvaggia
cava
di
San
Leonardo
e
del
quartiere
di
Ibla,
su
cui
domina
la
cupola
di
San
Giorgio.
Tornando
indietro
verso
l'estremità
opposta
della
stessa
via
e
passando
davanti
alla
settecentesca
Casa
Canonica,
si
arriva
al
Ponte
Nuovo,
lungo
160
metri
e
alto
50,
che
con
le
sue
arcate
scavalca
la
cava
di
Santa
Domenica,
coltivata
a
rigogliosi
orti.
Bello
e
vario
il
panorama
che
si
gode
dal
ponte:
da
una
parte
il
Ponte
Vecchio
e
i
monti
Iblei,
dall'altra
Villa
Margherita,
il
giardino
pubblico
della
Nuova
Ragusa.
All'inizio
del
ponte,
al
piano
inferiore
dello
stesso
palazzo
che
ospita
l'albergo
Mediterraneo
e
il
bar-pasticceria
omonimo
dove
si
possono
gustare
ottimi
gelati
e
dolci,
ha
sede
il
Museo
Archeologico
Ibleo,
che
raccoglie
materiale
proveniente
dagli
scavi
della
provincia.
Il
museo
fu
istituito
nel
1961
a
conclusione
di
una
serie
di
scavi
compiuti
nel
decennio
precedente
nelle
necropoli
di
Rito
e
di
Castiglione
e
negli
abitati
di
Scornavacche
e
di
Camarina.
Le
varie
sezioni
in
cui
il
Museo
è
suddiviso
vanno
dalle
stazioni
preistoriche
agli
insediamenti
romani
e
tardo
romani.
Dopo
la
visita
al
museo,
superato
il
Ponte
Nuovo
si
giunge
nell'ariosa
piazza
della
Libertà
(ex
Piazza
Impero),
i
cui
edifici
sono
stati
costruiti
secondo
lo
stile
caratteristico
dell'epoca
mussoliniana.
Sotto
la
torre
che
collega
due
edifici
gemelli
si
apre
un
passaggio
che
per
via
F.
Pennavaria
sbocca
in
piazza
dei
Cappuccini,
al
cui
centro
si
eleva
la
statua
di
S.
Francesco.
Un
lato
della
piazza
è
occupato
dalla
chiesa
dei
Cappuccini.
Il
primo
convento
dei
frati
Cappuccini
a
Ragusa
fu
edificato
nel
1537
a
valle,
sulla
riva
destra
del
torrente
San
Leonardo;
settant’anni
dopo
nel
1607
costruirono
un
nuovo
convento
attiguo
alla
chiesa
di
sant’Agata,
passata
di
loro
proprietà
e
chiamata Chiesa
di
Sant´Agata
ai
Giardini
Iblei
o chiesa
dei
Cappuccini.
Oggi
una
parte
del
convento
dei
Cappucini
è
sede
della
Biblioteca
Civica
mentre
una
parte
è
stata
trasformata
in
hotel.
Chiesa
modestissima
e
semplice,
presenta
un
piccolo
portone,
una
finestra
e
un
frontone
triangolare
in
cui
è
allocato
lo
stemma
dell’ordine
sormontato
da
una
Croce.
A
destra
trova
posto
un
piccolo
campanile
con
una
sola
campana,
e
in
seguito
il
convento.
L’interno
è
ad
unica
navata
con
cinque
altari
tutti
in
legno,
un
pulpito
e
una
tribunetta
per
il
coro. Il
tetto
ligneo
della
chiesa,
del
1614,
è
una
rara
testimonianza
pre
terremoto.
Importante
in
questa
chiesa
modestissima
è
la
pala
d’altare
dipinta
negli
anni
1640-1643
da
Pietro
Novelli,
detto
il
Monrealese,
insigne
artista
a
cui
fu
commissionata
l’opera
in
occasione
di
una
sua
visita
al
seguito
del
Vicerè
Don
Giovanni
Alfonso
Enriquez
conte
di
Modica,
nella
qualità
di
architetto
militare
del
regno.
L’opera,
incorniciata
da
una
pregevole
cornice
in
legno
intarsiato
e
scolpito,
si
divide
in
tre
dipinti,
uno
più
grande
al
centro
raffigura
l’Assunta
circondata
da
angeli
e
Cherubini
che
sale
in
cielo
in
mezzo
ad
una
nuvola
bianca
sotto
lo
sguardo
degli
Apostoli,
i
due
più
piccoli
laterali,
rappresentano
due
Sante
Martiri.
Il
trittico
è
uno
dei
dipinti
più
importanti
di
Ragusa.
Sotto
il
trittico
sono
presenti
due
quadri
con
cornice
lignea
con Sant’Antonio
da
Padova
da
un
lato
e
San
Francesco
dall’altro. A
sinistra
del
trittico
invece
è
presente
un
dipinto
del
1520,
chiamato
“la
Natività”,
in
cui
si
rappresenta
un
presepe
ambientato
in
un
paesaggio
che
ricorda
la
collina
di
Ibla.
Questa
antica
tempera
è
un’
opera
salvata
dal
terremoto
del
1693
e
appartenente
all’antica
chiesa
dei
cappuccini
che
sorgeva
vicina
al
torrente.
Posto
nei
pressi
dell’uscita,
è
da
menzionare
il
quadro
dedicato
a
Santa
Lucia
di
Antonio
Manoli
del
1725. Semplici
ma
di
buon
fattura
il
pulpito,
la
cantoria,
e
l´organo
del
1800.
Di
fronte
alla
chiesa
si
può
ancora
percorrere,
a
piedi,
il
primo
ponte
di
Ragusa,
detto
Ponte
Vecchio
o
dei
Cappuccini,
costruito
nel
1835.
Il
ponte
fu
concepito
a
due
ordini:
l'inferiore
a
quattro
arcate
e
il
superiore
a
dieci.
Scendendo
per
corso
Italia,
subito
a
destra
si
può
ammirare
il
palazzo
Lupis,
bell'esempio
di
dimora
signorile
del
700,
il
cui
piano
nobile
è
marcato
da
balconi
con
artistiche
mensole.
Proseguendo,
si
arriva
in
piazza
Matteotti
dove
sorge
il
palazzo
del
Comune,
eretto
nel
1880
ed
ampliato
nel
1929
per
ospitare
anche
la
Prefettura.
I
saloni
sono
stati
affrescati
da
Danilo
Cambellotti
nel
1933.
Di
fronte
al
Comune
spicca
il
moderno
palazzo
delle
Poste
e
Telegrafi
(1930
circa),
la
cui
facciata
è
scandita
da
nove
colonne
culminanti
con
statue.
Al
centro
della
piazza
vi
è
una
fontana
con
vasca
ellittica,
adorna
di
delfini
bronzei
stilizzati,
opera
di
C.
Cappello.
Proseguendo
lungo
il
corso
Italia,
si
incrocia
via
San
Vito
da
dove
inizia
il
Ponte
Nuovissimo
o
Giovanni
XXIII,
ad
una
sola
arcata,
inaugurato
nel
1964.
Poco
prima
del
ponte,
sulla
sinistra
ad
angolo
con
corso
Vittorio
Veneto,
sorge
il
bellissimo
palazzo
Zacco,
una
delle
più
notevoli
dimore
gentilizie.

Il
palazzo
venne
edificato
nella
seconda
metà
del XVIII
secolo
dal
barone
Melfi
di
Sant'Antonio
ed
acquistato
alla
fine
del
secolo
successivo
dalla
famiglia
Zacco,
da
cui
ha
preso
il
nome.
L'edificio
ha
due
prospetti
con
sei
ampi
balconi.
Nel
cantonale
d'angolo
si
trova
lo
stemma
gentilizio
della
famiglia
Melfi,
delineato
da
una
cornice
di
foglie
d'acanto
su
cui
si
appoggia
un
puttino,
mentre
un
altro
tira
fuori
la
testa
dal
lato
opposto.
Sul
prospetto
principale
si
aprono
tre
balconi:
quello
centrale
poggia
sulle
due
in
pietra
pece
con
capitello
corinzio,
che
delimitano
l'ingresso.
I
due
laterali,
invece,
hanno
grandi
mensole
con
la
raffigurazione
di
musici
che
sovrastano
volti
grotteschi
e
raffigurazioni
antropomorfe.
Particolarmente
originale
è
la
mensola
centrale
del
balcone
laterale
destro,
con
il
musico
che
suona
le
maracas
ed
il
sottostante
mascherone
che
si
rivolge
ai
passanti
con
una
smorfia
burlesca.
Anche
nel
prospetto
laterale
si
trovano
tre
balconi,
tra
cui
spicca
quello
al
centro,
che
si
appoggia
su
cinque
mensoloni;
uno
centrale,
più
grande,
raffigurante
una
sirena
e
quattro
laterali
con
la
raffigurazione
di
suonatori
di
flauto
e
di
tromba.
Anche
la
cornice
dell'apertura
è
ricca
di
sculture,
sia
nelle
lesene
laterali
che
nel
timpano,
al
centro
del
quale
si
trova
la
statua
di
S.
Michele
Arcangelo.
Ritornando
su
corso
Italia
e
procedendo
in
direzione
di
Ibla,
al
civico
35
si
può
ammirare
il
palazzo
Bertini.

Il
palazzo fu
edificato
alla
fine
del
settecento
per
iniziativa
di
don
Salvatore
Floridia,
lungo
la
cosiddetta
via
"Maestra"
o
"Cassero",
oggi
Corso
Italia,
uno
degli
assi
dell'impianto
urbanistico
ortogonale
del
nuovo
abitato
di
Ragusa.
Intorno
alla
metà
del
secolo
successivo
fu
acquistato
dalla
famiglia
Bertini
da
cui
ha
preso
il
nome.
Il
prospetto
ha
subito
una
sostanziale
modifica
a
seguito
dell'abbassamento
e
della
regolarizzazione
della
sede
stradale,
avvenuta
nel
1847.
Anticamente,
infatti
i
balconi
dell'attuale
piano
ammezzato
erano
a
livello
della
strada
e
costituivano
gli
ingressi
dei
locali
a
pianterreno.
Il
portone
d'ingresso
era
più
basso
e
cominciava
subito
sotto
le
paraste
mentre
i
locali
a
piano
terra
non
esistevano.
Gli
antichi
ingressi
del
pianterreno
costituiscono
la
caratteristica
più
originale
e
ricercata
del
palazzo
grazie
alle
chiavi
d'arco
che
recano
scolpite
tre
grandi
teste,
dette
"mascheroni",
che
raffigurano
tre
personaggi
caratteristici
della
cultura
barocca:
il
mendicante,
il
nobile
e
l'uomo
dell'oriente.
Il
primo
è
coperto
di
stracci
e
mostra
un
viso
deforme
con
un
gran
naso
e
la
bocca
sdentata,
il
ricco
signore
,
dallo
sguardo
altero,
ha
un
elegante
cappello
piumato
da
cui
fuori
esce
una
folta
capigliatura
a
boccoli,
mentre
l'orientale
ha
un
viso
paffuto
con
un
grande
turbante
ed
un
orecchino
con
una
grande
perla,
segno
della
ricchezza
e
dell'opulenza.
  Il
portone
d'ingresso,
posto
lateralmente,
ha
due
alte
paraste
culminanti
in
grandi
volute
che
reggono
un
balcone
dalle
caratteristiche
linee
spezzate.
Le
aperture
dei
balconi
hanno
cornici
ricche
di
intagli
e
decori
ed
hanno
inferriate
panciute
decorate
da
grandi
fiori
in
ferro
battuto.
Dal
portone
si
accede
in
un
atrio
da
cui
parte
la
pregevole
scalinata
in
pietra
asfaltica
che
conduce
agli
ambienti
interni
riccamente
decorati
con
stucchi
e
pitture.
In
fondo
al
corso
Italia
inizia
via
Mazzini
che,
serpeggiando,
conduce
ad
Ibla,
denominata
"iusu",
cioè
"giù".
Dopo
alcune
decine
di
metri
dall'inizio
della
via
Mazzini,
sulla
sinistra
si
nota
un'edicola
sacra
dedicata
alla
Madonna
del
Rosario;
di
edicole
come
questa,
dette
"fiuredde",
ve
ne
sono
molte,
non
solo
a
Ragusa
ma
in
tutta
la
Sicilia,
a
ricordo
di
importanti
avvenimenti
storici
e
religiosi.
Dopo
pochi
passi,
alla
prima
svolta,
si
apre
la
scenografica
visione
di
Ibla,
dominata
dalla
cupola
del
duomo.
Dopo
la
prima
rampa
di
scale
spicca
sovrana
la
chiesa
di
Santa
Maria
delle
Scale,
iniziata
in
periodo
normanno,
riedificata
in
forme
gotiche
sotto
i
Chiaramonte
nel
XIV
secolo
e
ricostruita
dopo
il
terremoto
del
1693
nelle
forme
attuali.
La
chiesa
di
Santa
Maria
delle
Scale
si
trova
al
vertice
delle
scale,
250
gradini,
che
uniscono
Ragusa
Superiore
con
Ragusa
Ibla
e
rappresenta
simbolicamente
il
confine
fra
i
due
centri.
Il
complesso
architettonico
è
composto
da
due
diversi
corpi
di
fabbrica:
il
corpo
della
chiesa
e
il
palazzo
della
canonica
ad
essa
annesso.
La
canonica,
risalente
al
XX
secolo,
è
posta
dietro
la
chiesa
in
corrispondenza
della
navata
laterale
destra
e
presenta
piccole
finestre.
È
composta
da
tre
piani:
al
piano
terra
ospita
la
sagrestia;
mentre
negli
altri
due
piani
sono
presenti
diverse
stanze.
La
chiesa,
circondata
da
scalinate
e
a
nord-ovest
da
un
alto
muro
di
roccia,
presenta
la
facciata
principale,
corrispondente
alla
navata
laterale
sinistra,
prospiciente
su
corso
Mazzini.
Secondo
una
tradizione
locale,
priva
tuttavia
di
riferimenti
documentari,
la
chiesa
sarebbe
stata
edificata
dai
monaci
Cistercensi
dell'abbazia
di
S.
Maria
di
Roccadia
di
Lentini,
nella
prima
metà
del
secolo
XIII,
sulle
tracce
di
un
precedente
oratorio
rupestre.
La
costruzione,
che
ospitava
l'ospizio
delle
Cateratte,
era
iniziata
in
periodo
normanno
e
ricostruita
dai
Chiaramonte
per
poi
essere
riedificata
dopo
il
terremoto.
Molto
probabilmente
l’antica
chiesa
era
ad
aula
unica,
presentava
tre
cappelle
terminali
(oggi
conservate
nella
navata
laterale
destra
e
delineate
da
grandi
arcate
in
stile
gotico-catalano)
ed
il
suo
l’orientamento
era
ruotato
di
90°
rispetto
a
quello
attuale.
Le
pareti
erano
decorate
con
numerose pitture
murali,
in
parte
conservate.
L'interno
della
chiesa
aveva
tre
cappelle,
delineate
da
grandi
arcate
di
stile
tardo-gotico
di
origine
catalana,
ricche
di
sculture
ed
intagli
in
pietra
raffiguranti
creature
celesti,
elementi
vegetali
ed
animali
e
creature
mostruose
e
fantastiche,
ad
indicare
il
dominio
di
Cristo
sulla
realtà
del
cielo,
su
quelle
terrestri
e
su
quelle
degli
inferi.
Tra
la
fine
del
XVI
e
l'inizio
del
XVI
secolo
fu
aggiunta
un'altra
cappella
dalle
linee
molto
semplici
con
i
piedritti
costituiti
da
due
colonne
appoggiate
a
lesene
che
reggono
un
arco
acuto
dalle
linee
molto
sobrie.
L'antica
chiesa
era
preceduta
da
un
portico
con
arcate,
chiamato
"le
pinnate
di
Santa
Maria",
pavimentato
con
lastre
di
calcare,
oggi
conservate
sotto
l'attuale
piano
di
calpestio
della
navata
laterale
sinistra.
Il
sisma
non
arrecò
gravi
danni
alla
chiesa
che
venne
risistemata
e
riutilizzata
per
il
culto
nella
seconda
metà
del
XVIII
secolo.

Per
le
mutate
esigenze
di
ampliamento
della chiesa,
dovute
presumibilmente
ad
un
aumento
della
popolazione,
e
con
il
pretesto
di
probabili
crolli,
l’edificio
venne
ampliato
e
in
gran
parte
ricostruito.
Il
nuovo
impianto
settecentesco
fu
concepito
a
pianta
longitudinale
con
tre
navate
a
tre
campate
con
volte
a
crociera
e
senza
transetto.
L'inconsueto
ingresso
laterale,
sulla
navata
sinistra,
derivò
o
dalla
particolare
morfologia
del
luogo,
costituita
da
rocce
e
dislivelli,
o,
presumibilmente, dalla
natura
monastica
del
complesso
originario.
In
una
piccola
cappella
di
gusto
rinascimentale,
che
si
trova
in
corrispondenza
del
campanile,
si
trova
un
pregevole
fonte
battesimale,
scolpito
nel
1552
in
un
solo
blocco
di
pietra
pece,
materiale
con
il
quale
è
fatto
il
pavimento.
Questo,
in
alcuni
punti
della
navata
centrale
e
della
navata
laterale
sinistra,
presenta
delle
inserzioni
con
bacchette
di
ottone
e
sei
botole
ispezionabili;
i
listelli
di
ottone
indicano
la
proiezione
della
posizione
di
alcune
tombe
scavate
nella
roccia,
delle
cripte
e
dell'ossario
sottostanti.
Tali
reperti,
insieme
a
tracce
di
elementi
architettonici,
furono
rinvenuti
durante
l’ultimo
lavoro
di
restauro.
Poiché
composta
da
stili
di
epoche
diverse,
la
chiesa
è
considerato
un
bene
architettonico
di
grande
importanza
storica.
Conserva
infatti
elementi
settecenteschi
(navata
centrale
e
laterale
sinistra)
e
gotici
(navata
destra)
antecedenti
al
terremoto
che
colpì
la
Sicilia
orientale
nel
1693.
L’esterno
della
chiesa
presenta
un
prospetto
caratterizzato
da
una
parte
più
bassa
ed
una
parte
arretrata,
più
alta,
corrispondente
alla
navata
centrale.
Illuminata
da
finestre
con
modeste
vetrate
e
telaio
in
ferro,
è
coperta
da
volta
a
botte
lunettata
e
termina
con
un’abside
a
pianta
semicircolare
e
catino
a
mezza
sfera.
Contiene,
oltre
all'altare,
un
coro
ligneo
del
XIX
secolo
di
pregevole
fattura.
Il
coro
è
costituito
da
sedici
scranni
e
caratterizzato
da
cornici,
fregi
ed
elementi
decorativi
a
rilievo
intagliati.
In
fondo
alla
navata
centrale
è
posta
la
cantoria.
L'organo,
chiuso
in
una
pregevole
cassa
artistica,
è
munito
di
consolle
ad
unica
tastiera
e
mantice
azionato
meccanicamente.
Nella
parte
terminale
della
navata
una
piccola
scala
permette
l'accesso
alla
cantoria
e
al
campanile.
Dalla
navata
centrale
si
possono
notare
quattro
portali
che
danno
sull’antica
navata
centrale
della
chiesa
originaria.
La
navata
laterale
sinistra,
suddivisa
in
tre
campate
coperte
da
volte
a
crociera,
ha
anch'essa
l'abside
semicircolare
e
presenta
una
bussola
in
legno
per
l'ingresso. Tutta
la
parte
settecentesca è
arricchita
da
semplici
decori
in
stucco
ed
è
caratterizzata
da
pilastri
con
lesene
addossate
senza
capitelli
e
trabeate
in
corrispondenza
dell'imposta
degli
archi
a
tutto
sesto.
Una
parte
del
pavimento
è
in
tavolato
e
fu
realizzato
a
seguito
dei
lavori
di
restauro
durante
i
quali
fu
rinvenuto
l'originario
sagrato
della
chiesa,
caratterizzato
da
basole
di
calcare
squadrate
disposte
in
filari
trasversali
e
terminante
con
due
gradini
che
permettevano
l'accesso
alla
chiesa.
La
navata
laterale
destra,
ripartita
in
quattro
campate,
raccoglie
quanto
è
rimasto
dell'antica
chiesa
e
precisamente:
le
volte
a
crociera
costolonate,
gli
archi
a
sesto
acuto
ricchi
di
sculture
ed
intagli
in
pietra
raffiguranti
creature
celesti,
elementi
vegetali,
animali
e
creature
mostruose
e
fantastiche
e
con
pilastri
a
fascio
finemente
decorati
con
pittura
murale,
ed
infine
le
tre
cappelle;
tra
queste,
la
cappella
maggiore,
dedicata
all'Assunzione
della
Madonna,
fu
rifatta
nel
1538
in
forme
rinascimentali
e
decorata
con una
pala
in
terracotta
policroma raffigurante
la
"Dormitio
Virginis".
La
parte
terminale
della
navata,
in
corrispondenza
dell'abside,
è
a
pianta
poligonale
e
permette
l'accesso
alla
sagrestia.
Ricavata
sotto
il
campanile,
una
piccola
cappella,
dalle
linee
molto
semplici,
custodisce
un
fonte
battesimale
in
pietra
pece
del
1552
e
una sinopia con
tracce
di
un
affresco,
recentemente
restaurati.
Dal
sagrato
della
chiesa
si
può
ammirare
lo
splendido
panorama
della
città
di
Ibla
forse,
uno
dei
più
belli
di
tutta
l’isola
siciliana.
Si
possono
ammirare
le
antichità
della
città,
gli
stretti
vicoli,
l'antico
centro,
la
vecchia
fontana,
il
pittoresco
slargo,
l'antica
scala
e
le
profonde
vallate.
La
visuale
che
si
gode
da
questo
luogo
è
stata
scelta
nella
serie
televisiva
il
Commissario
Montalbano
quale
punto
panoramico
sulla
città
di
Vigàta,
nella
realtà
Ibla.

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Agosto
2019
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