Ragusa
  
  

 

Sono due i principali itinerari per una conoscenza dei monumenti e delle opere d'arte di Ragusa: uno per la città nuova e uno per Ibla. Le "due città" sono anche collegate da una linea ferroviaria che, tramite un ingegnoso ed ardito tracciato elicoidale in costante pendenza del 25%, permette di superare il dislivello tra le due stazioni (340 e 512 metri) e di attraversare splendide valli selvagge di grande bellezza paesaggistica. 

La visita di Ragusa moderna può cominciare da piazza San Giovanni, cuore della città nuova. Su un lato della piazza sono facilmente individuabili le arcate, sulle quali poggia la pensile terrazza cinta da una balaustrata, che un tempo formavano un ricco loggiato, ma che furono poi murate per ricavarvi dei locali. 

La magnifica Cattedrale di San Giovanni sorgeva anticamente, prima del terremoto del 1693, nell’antico centro della città di Ragusa, al di sotto del Castello medievale, dove oggi è possibile ammirare la piccola Chiesa di Santa Agnese. Dopo questo evento la Chiesa fu ricostruita nel cuore del nuovo centro abitato di Ragusa e la prima pietra fu posta il 15 aprile del 1694 e in solo 4 mesi la chiesa fu completata. Era una chiesa piccola che mal si adattava alle esigenze di una popolazione in crescita, infatti, nel 1718 iniziarono delle opere di ampliamento e restauro. Nel XIX secolo le navali laterali originarie vengono sostituite da piccole cappelle con all’interno degli altari e nello stesso periodo venne realizzata la pavimentazione di lastre di pietra pece con intarsi in calcare bianco. Il 6 maggio 1950 con la costituzione della Diocesi di Ragusa è diventata Cattedrale.  

La facciata si presenta, oggi, con numerosi intagli e sculture. È divisa in 5 parti da grandi colonne ed è arricchita da tre maestosi portali (quello centrale è ornata da colonne e statue dell’Immacolata, del Battista e di San Giovanni Evangelista). Davanti alla Cattedrale un ampio sacrato, sopraelevato rispetto alla piazza antistante. Sul lato sinistro della Cattedrale si trova il campanile, alto circa 50 metri. L’interno della Cattedrale è a croce latina con tre navate divise da colonne che nel 1777 i fratelli Gianforma decorarono con pregevoli stucchi e, inoltre, realizzarono delle grandi nicchie circondate da statue. All’incrocio del transetto (ornato da statue rappresentati la Fede, la Speranza, la Carità e il Padreterno) con la navata centrale si trova la cupola (restaurata nei primi anni del XX secolo per ovviare alle infiltrazioni di acqua che stavano rovinando la struttura). L’altare maggiore è caratterizzato da un baldacchino dell’800 in velluto rosso e rifinito in oro. Molto particolare è la pavimentazione fatta da lastre in pece nera adornata da disegni in pietra calcarea bianca, opera realizzata nel 1848.  

Nelle cappelle sono conservate numerose opere d'arte:

- Nella Cappella del Sacramento un alto rilievo in marmo che raffigura l’Ultima Cena, opera dello sculture di origine Messinese Giuseppe Prinzi.

- Nella parte del transetto, ovvero una parte architettonica che interseca perpendicolarmente le navate, si ammirano le opere pittoriche fantastiche poste sull’altare, chiamate pale d’altare. Infatti attorno all’elegante altare maggiore si possono ammirare due affreschi raffiguranti la Predicazione e la Decapitazione del Battista ad opera di Panciroli. Esse sono decorate da meravigliosi elementi artistici come ad esempio l’elegante scultura rappresentante le tre Virtù teologali sul lato sinistro.

- Sotto l’altare sul lato destro del transetto si osserva un meraviglioso Presepio con statue in terracotta del 1800.

- Sui pennacchi della cupola vi sono raffigurati gli Evangelisti ad opera di Salvatore Cascone.

- Nella Cappella a sinistra del presbiterio si trova S. Giovanni Battista ad opera di Paolo Vetri del 1906, ed importanti e altorilievi marmorei del 1800 come ad esempio la Nascita e Decollazione del Battista.

Inoltre si possono ammirare il Cristo alla Colonna di Antonio Manno ed altre pale settecentesche come S. Filippo Neri e la Vergine ed il Bambino e il meraviglioso organo “Serassi” del 1858 posto al di sopra del portale maggiore.

Sulla destra della cattedrale si erge il Monumento ai Caduti

In Corso Italia, a fianco della Cattedrale, si ha modo di ammirare la chiesa del Collegio di Maria Addolorata (1801). Venne edificata nel 1795 per volere della nobildonna Felicia Schininà dei marchesi di Sant'Elia, che volle fondare nella sua città un collegio di Maria, istituzione educativa destinata alle giovani ragusane di ogni ceto sociale che avrebbero goduto di una formazione culturale unita a quella cristiana e morale.

All'esterno la facciata della chiesa è in stile neoclassico con reminiscenze barocche ed è caratterizzata da coppie di colonne corinzie e dall'adiacente palazzo barocco, sede del Convento. Essa è suddivisa in due ordini. La parte inferiore presenta 4 colonne binate accanto al portone e 4 lesene. Nella parte superiore vi sono 4 colonne al centro delle quali si trova la cella campanaria con una trifora.

L'interno della chiesa, anch'esso in stile neoclassico, è a pianta centrica con un bel pavimento in pece a motivi geometrici.

L'aula sacra, ritmata da colonne in stile composito, è sormontata da un'ampia cupola; sull'abside a pianta quadrata si innalza una seconda cupola. La chiesa conserva all'interno pregevoli quadri del pittore palermitano Tommaso Pollace: sulla parete sinistra Santa Giuliana Falconari e la Presentazione al Tempio di Gesù Bambino; dello stesso autore la Pietà dell'altare centrale che, per la presenza della Madonna Addolorata, fa riferimento al nome del collegio. Di autore ignoto altri due quadri che si trovano nella Chiesa, la Morte di San Giuseppe e la Circoncisione di Gesù.

All'estremità nord di via Roma, da una scenografica "rotonda", si ha una bellissima visione della selvaggia cava di San Leonardo e del quartiere di Ibla, su cui domina la cupola di San Giorgio.

Tornando indietro verso l'estremità opposta della stessa via e pas­sando davanti alla settecentesca Casa Canonica, si arriva al Ponte Nuovo, lungo 160 metri e alto 50, che con le sue arcate scavalca la cava di Santa Domenica, coltivata a rigogliosi orti. Bello e vario il panorama che si gode dal ponte: da una parte il Ponte Vecchio e i monti Iblei, dall'altra Villa Margherita, il giardino pubblico della Nuova Ragusa. All'inizio del ponte, al piano inferiore dello stesso palazzo che ospita l'albergo Mediterraneo e il bar-pasticceria omonimo dove si possono gustare ottimi gelati e dolci, ha sede il Museo Archeologico Ibleo, che raccoglie materiale proveniente dagli scavi della provincia. Il museo fu istituito nel 1961 a conclusione di una serie di scavi compiuti nel decennio precedente nelle necropoli di Rito e di Castiglione e negli abitati di Scornavacche e di Camarina. Le varie sezioni in cui il Museo è suddiviso vanno dalle stazioni preistoriche agli insediamenti romani e tardo romani.

Dopo la visita al museo, superato il Ponte Nuovo si giunge nell'ariosa piazza della Libertà (ex Piazza Impero), i cui edifici sono stati costruiti secondo lo stile caratteristico dell'epoca mussoliniana. Sotto la torre che collega due edifici gemelli si apre un passaggio che per via F. Pennavaria sbocca in piazza dei Cappuccini, al cui centro si eleva la statua di S. Francesco. Un lato della piazza è occupato dalla chiesa dei Cappuccini.

Il primo convento dei frati Cappuccini a Ragusa fu edificato nel 1537 a valle, sulla riva destra del torrente San Leonardo; settant’anni dopo nel 1607 costruirono un nuovo convento attiguo alla chiesa di sant’Agata, passata di loro proprietà e chiamata Chiesa di Sant´Agata ai Giardini Iblei o chiesa dei Cappuccini. Oggi una parte del convento dei Cappucini è sede della Biblioteca Civica mentre una parte è stata trasformata in hotel.  

Chiesa modestissima e semplice, presenta un piccolo portone, una finestra e un frontone triangolare in cui è allocato lo stemma dell’ordine sormontato da una Croce. A destra trova posto un piccolo campanile con una sola campana, e in seguito il convento. L’interno è ad unica navata con cinque altari tutti in legno, un pulpito e una tribunetta per il coro. Il tetto ligneo della chiesa, del 1614, è una rara testimonianza pre terremoto. 

Importante in questa chiesa modestissima è la pala d’altare dipinta negli anni 1640-1643 da Pietro Novelli, detto il Monrealese, insigne artista a cui fu commissionata l’opera in occasione di una sua visita al seguito del Vicerè Don Giovanni Alfonso Enriquez conte di Modica, nella qualità di architetto militare del regno.

L’opera, incorniciata da una pregevole cornice in legno intarsiato e scolpito, si divide in tre dipinti, uno più grande al centro raffigura l’Assunta circondata da angeli e Cherubini che sale in cielo in mezzo ad una nuvola bianca sotto lo sguardo degli Apostoli, i due più piccoli laterali, rappresentano due Sante Martiri. Il trittico è uno dei dipinti più importanti di Ragusa.

Sotto il trittico sono presenti due quadri con cornice lignea con Sant’Antonio da Padova da un lato e San Francesco dall’altro. A sinistra del trittico invece è presente un dipinto del 1520, chiamato “la Natività”, in cui si  rappresenta un presepe ambientato in un paesaggio che ricorda la collina di Ibla. Questa antica tempera è un’ opera salvata dal terremoto del 1693 e appartenente all’antica chiesa dei cappuccini che sorgeva vicina al torrente.

Posto nei pressi dell’uscita, è da menzionare  il quadro dedicato a Santa Lucia di Antonio Manoli del 1725. Semplici ma di buon fattura il pulpito, la cantoria, e l´organo del 1800.

Di fronte alla chiesa si può ancora percorrere, a piedi, il primo ponte di Ragusa, detto Ponte Vecchio o dei Cappuccini, costruito nel 1835. Il ponte fu concepito a due ordini: l'inferiore a quattro arcate e il superiore a dieci.

Scendendo per corso Italia, subito a destra si può ammirare il palazzo Lupis, bell'esempio di dimora signorile del 700, il cui piano nobile è marcato da balconi con artistiche mensole. 

Proseguendo, si arriva in piazza Matteotti dove sorge il palazzo del Comune, eretto nel 1880 ed ampliato nel 1929 per ospitare anche la Prefettura. I saloni sono stati affrescati da Danilo Cambellotti nel 1933. 

Di fronte al Comune spicca il moderno palazzo delle Poste e Telegrafi (1930 circa), la cui facciata è scandita da nove colonne culminanti con statue. Al centro della piazza vi è una fontana con vasca ellittica, adorna di delfini bronzei stilizzati, opera di C. Cappello.

Proseguendo lungo il corso Italia, si incrocia via San Vito da dove inizia il Ponte Nuovissimo o Giovanni XXIII, ad una sola arcata, inaugurato nel 1964. Poco prima del ponte, sulla sinistra ad angolo con corso Vittorio Veneto, sorge il bellissimo palazzo Zacco, una delle più notevoli dimore gentilizie. 

Il palazzo venne edificato nella seconda metà del XVIII secolo dal barone Melfi di Sant'Antonio ed acquistato alla fine del secolo successivo dalla famiglia Zacco, da cui ha preso il nome. L'edificio ha due prospetti con sei ampi balconi. Nel cantonale d'angolo si trova lo stemma gentilizio della famiglia Melfi, delineato da una cornice di foglie d'acanto su cui si appoggia un puttino, mentre un altro tira fuori la testa dal lato opposto. 

Sul prospetto principale si aprono tre balconi: quello centrale poggia sulle due in pietra pece con capitello corinzio, che delimitano l'ingresso. I due laterali, invece, hanno grandi mensole con la raffigurazione di musici che sovrastano volti grotteschi e raffigurazioni antropomorfe. Particolarmente originale è la mensola centrale del balcone laterale destro, con il musico che suona le maracas ed il sottostante mascherone che si rivolge ai passanti con una smorfia burlesca. 

Anche nel prospetto laterale si trovano tre balconi, tra cui spicca quello al centro, che si appoggia su cinque mensoloni; uno centrale, più grande, raffigurante una sirena e quattro laterali con la raffigurazione di suonatori di flauto e di tromba. Anche la cornice dell'apertura è ricca di sculture, sia nelle lesene laterali che nel timpano, al centro del quale si trova la statua di S. Michele Arcangelo.

Ritornando su corso Italia e procedendo in direzione di Ibla, al civico 35 si può ammirare il palazzo Bertini. 

Il palazzo fu edificato alla fine del settecento per iniziativa di don Salvatore Floridia, lungo la cosiddetta via "Maestra" o "Cassero", oggi Corso Italia, uno degli assi dell'impianto urbanistico ortogonale del nuovo abitato di Ragusa. Intorno alla metà del secolo successivo fu acquistato dalla famiglia Bertini da cui ha preso il nome. Il prospetto ha subito una sostanziale modifica a seguito dell'abbassamento e della regolarizzazione della sede stradale, avvenuta nel 1847. Anticamente, infatti i balconi dell'attuale piano ammezzato erano a livello della strada e costituivano gli ingressi dei locali a pianterreno. Il portone d'ingresso era più basso e cominciava subito sotto le paraste mentre i locali a piano terra non esistevano. 

Gli antichi ingressi del pianterreno costituiscono la caratteristica più originale e ricercata del palazzo grazie alle chiavi d'arco che recano scolpite tre grandi teste, dette "mascheroni", che raffigurano tre personaggi caratteristici della cultura barocca: il mendicante, il nobile e l'uomo dell'oriente. Il primo è coperto di stracci e mostra un viso deforme con un gran naso e la bocca sdentata, il ricco signore , dallo sguardo altero, ha un elegante cappello piumato da cui fuori esce una folta capigliatura a boccoli, mentre l'orientale ha un viso paffuto con un grande turbante ed un orecchino con una grande perla, segno della ricchezza e dell'opulenza.

Il portone d'ingresso, posto lateralmente, ha due alte paraste culminanti in grandi volute che reggono un balcone dalle caratteristiche linee spezzate. Le aperture dei balconi hanno cornici ricche di intagli e decori ed hanno inferriate panciute decorate da grandi fiori in ferro battuto. Dal portone si accede in un atrio da cui parte la pregevole scalinata in pietra asfaltica che conduce agli ambienti interni riccamente decorati con stucchi e pitture.

In fondo al corso Italia inizia via Mazzini che, serpeggiando, conduce ad Ibla, denominata "iusu", cioè "giù". Dopo alcune decine di metri dall'inizio della via Mazzini, sulla sinistra si nota un'edicola sacra dedicata alla Madonna del Rosario; di edicole come questa, dette "fiuredde", ve ne sono molte, non solo a Ragusa ma in tutta la Sicilia, a ricordo di importanti avvenimenti storici e religiosi.

Dopo pochi passi, alla prima svolta, si apre la scenografica visione di Ibla, dominata dalla cupola del duomo. Dopo la prima rampa di scale spicca sovrana la chiesa di Santa Maria delle Scale, iniziata in periodo normanno, riedificata in forme gotiche sotto i Chiaramonte nel XIV secolo e ricostruita dopo il terremoto del 1693 nelle forme attuali. 

La chiesa di Santa Maria delle Scale si trova al vertice delle scale, 250 gradini, che uniscono Ragusa Superiore con Ragusa Ibla e rappresenta simbolicamente il confine fra i due centri. Il complesso architettonico è composto da due diversi corpi di fabbrica: il corpo della chiesa e il palazzo della canonica ad essa annesso. La canonica, risalente al XX secolo, è posta dietro la chiesa in corrispondenza della navata laterale destra e presenta piccole finestre. È composta da tre piani: al piano terra ospita la sagrestia; mentre negli altri due piani sono presenti diverse stanze. La chiesa, circondata da scalinate e a nord-ovest da un alto muro di roccia, presenta la facciata principale, corrispondente alla navata laterale sinistra, prospiciente su corso Mazzini.

Secondo una tradizione locale, priva tuttavia di riferimenti documentari, la chiesa sarebbe stata edificata dai monaci Cistercensi dell'abbazia di S. Maria di Roccadia di Lentini, nella prima metà del secolo XIII, sulle tracce di un precedente oratorio rupestre. La costruzione, che ospitava l'ospizio delle Cateratte, era iniziata in periodo normanno e ricostruita dai Chiaramonte per poi essere riedificata dopo il terremoto.

Molto probabilmente l’antica chiesa era ad aula unica, presentava tre cappelle terminali (oggi conservate nella navata laterale destra e delineate da grandi arcate in stile gotico-catalano) ed il suo l’orientamento era ruotato di 90° rispetto a quello attuale. Le pareti erano decorate con numerose pitture murali, in parte conservate. 

L'interno della chiesa aveva tre cappelle, delineate da grandi arcate di stile tardo-gotico di origine catalana, ricche di sculture ed intagli in pietra raffiguranti creature celesti, elementi vegetali ed animali e creature mostruose e fantastiche, ad indicare il dominio di Cristo sulla realtà del cielo, su quelle terrestri e su quelle degli inferi. Tra la fine del XVI e l'inizio del XVI secolo fu aggiunta un'altra cappella dalle linee molto semplici con i piedritti costituiti da due colonne appoggiate a lesene che reggono un arco acuto dalle linee molto sobrie. L'antica chiesa era preceduta da un portico con arcate, chiamato "le pinnate di Santa Maria", pavimentato con lastre di calcare, oggi conservate sotto l'attuale piano di calpestio della navata laterale sinistra. Il sisma non arrecò gravi danni alla chiesa che venne risistemata e riutilizzata per il culto nella seconda metà del XVIII secolo. 

Per le mutate esigenze di ampliamento della chiesa, dovute presumibilmente ad un aumento della popolazione, e con il pretesto di probabili crolli, l’edificio venne ampliato e in gran parte ricostruito. Il nuovo impianto settecentesco fu concepito a pianta longitudinale con tre navate a tre campate con volte a crociera e senza transetto. 

L'inconsueto ingresso laterale, sulla navata sinistra, derivò o dalla particolare morfologia del luogo, costituita da rocce e dislivelli, o, presumibilmente, dalla natura monastica del complesso originario. In una piccola cappella di gusto rinascimentale, che si trova in corrispondenza del campanile, si trova un pregevole fonte battesimale, scolpito nel 1552 in un solo blocco di pietra pece, materiale con il quale è fatto il pavimento. Questo, in alcuni punti della navata centrale e della navata laterale sinistra, presenta delle inserzioni con bacchette di ottone e sei botole ispezionabili; i listelli di ottone indicano la proiezione della posizione di alcune tombe scavate nella roccia, delle cripte e dell'ossario sottostanti. 

Tali reperti, insieme a tracce di elementi architettonici, furono rinvenuti durante l’ultimo lavoro di restauro. Poiché composta da stili di epoche diverse, la chiesa è considerato un bene architettonico di grande importanza storica. Conserva infatti elementi settecenteschi (navata centrale e laterale sinistra) e gotici (navata destra) antecedenti al terremoto che colpì la Sicilia orientale nel 1693. 

L’esterno della chiesa presenta un prospetto caratterizzato da una parte più bassa ed  una parte arretrata, più alta, corrispondente alla navata centrale. 

Illuminata da finestre con modeste vetrate e telaio in ferro, è coperta da volta a botte lunettata e termina con un’abside a pianta semicircolare e catino a mezza sfera. Contiene, oltre all'altare, un coro ligneo del XIX secolo di pregevole fattura. Il coro è costituito da sedici scranni e caratterizzato da cornici, fregi ed elementi decorativi a rilievo intagliati. In fondo alla navata centrale è posta la cantoria. 

L'organo, chiuso in una pregevole cassa artistica, è munito di consolle ad unica tastiera e mantice azionato meccanicamente. Nella parte terminale della navata una piccola scala permette l'accesso alla cantoria e al campanile. Dalla navata centrale si possono notare quattro portali che danno sull’antica navata centrale della chiesa originaria. 

La navata laterale sinistra, suddivisa in tre campate coperte da volte a crociera, ha anch'essa l'abside semicircolare e presenta una bussola in legno per l'ingresso. Tutta la parte settecentesca è arricchita da semplici decori in stucco ed è caratterizzata da pilastri con lesene addossate senza capitelli e trabeate in corrispondenza dell'imposta degli archi a tutto sesto. 

Una parte del pavimento è in tavolato e fu realizzato a seguito dei lavori di restauro durante i quali fu rinvenuto l'originario sagrato della chiesa, caratterizzato da basole di calcare squadrate disposte in filari trasversali e terminante con due gradini che permettevano l'accesso alla chiesa. 

La navata laterale destra, ripartita in quattro campate, raccoglie quanto è rimasto dell'antica chiesa e precisamente: le volte a crociera costolonate, gli archi a sesto acuto ricchi di sculture ed intagli in pietra raffiguranti creature celesti, elementi vegetali, animali e creature mostruose e fantastiche e con pilastri a fascio finemente decorati con pittura murale, ed infine le tre cappelle; tra queste, la cappella maggiore, dedicata all'Assunzione della Madonna, fu rifatta nel 1538 in forme rinascimentali e decorata con una pala in terracotta policroma raffigurante la "Dormitio Virginis". La parte terminale della navata, in corrispondenza dell'abside, è a pianta poligonale e permette l'accesso alla sagrestia. Ricavata sotto il campanile, una piccola cappella, dalle linee molto semplici, custodisce un fonte battesimale in pietra pece del 1552 e una sinopia con tracce di un affresco, recentemente restaurati. 

Dal sagrato della chiesa si può ammirare lo splendido panorama della città di Ibla forse, uno dei più belli di tutta l’isola siciliana. Si possono ammirare le antichità della città, gli stretti vicoli, l'antico centro, la vecchia fontana, il pittoresco slargo, l'antica scala e le profonde vallate. La visuale che si gode da questo luogo è stata scelta nella serie televisiva il Commissario Montalbano quale punto panoramico sulla città di Vigàta, nella realtà Ibla.

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Agosto 2019