Messina

 

Duomo di Messina

Il Tempio è dedicato a Dio col titolo di Nostra Signora Assunta in Cielo altrimenti noto fino alla rivolta antispagnola (1678) come «Chiesa di Santa Maria la Nuova».

Il tempio protometropolitano è edificato durante l'Impero di Giustiniano I, sotto il pontificato di Papa Bonifacio II per opera di Belisario nell'anno 530. Anno determinato dal rinvenimento di alcune monete d'oro sepolte alla base di una delle torri del tempio. Esiodo all'inizio del VII secolo a.C. documenta il Tempio di Nettuno sulla «Riviera del Faro» . Il riutilizzo del materiale di risulta e le colonne, trasferiti nell'attuale sito, costituirono le basi per l'edificazione del tempio cristiano.

Durante i circa due secoli di dominazione araba la costruzione è miseramente devastata, verosimilmente per essere trasformata in moschea, così come accade per la cattedrale metropolitana della Santa Vergine Maria Assunta di Palermo.

La recrudescenza dei ripetuti assalti saraceni, le restrizioni culminate nelle limitazioni delle forme di culto cristiano, imposero alla stessa stregua della corte vescovile palermitana rifugiatasi a Monreale, il trasferimento della sede vescovile messinese che si insediò presso l'interna diocesi di Troina.

Un'ampia porzione di territorio costituito dal litorale settentrionale dell'isola rimase soggetto alla sola sede di Panormus trasferita temporaneamente presso l'Aghia Kiriaki di Monreale. Le diocesi di Cephaloedium e Lipari sono soppresse per poi essere ripristinate solo dopo la costituzione del Regno normanno di Sicilia, le diocesi di Patti e quella di Santa Lucia del Mela saranno istituite rispettivamente in epoca normanna la prima, in epoca sveva la seconda. 

La definitiva cacciata degli arabi comporta il reinsediamento della curia diocesana in città, il titolo e la cattedra vescovile sono trasferiti alla chiesa di San Nicolò all'Arcivescovadostatus che passerà alla restaurata chiesa di Santa Maria La Nova alla riconsacrazione del 1197.

Dopo svariati tentativi successivi al 1060, nel 1072 il normanno gran conte Ruggero conquista la città e restituisce la chiesa al culto cristiano avviando di fatto l'inizio della completa conquista Normanna della Sicilia sottraendola al dominio arabo. La chiesa è sommariamente ricostruita dal «miserabile stato» in cui versava dopo la profanazione e i guasti apportati dai Saraceni, come risulta da privilegio reale di rifondazione del 1096.

Il ritorno alla sovranità di matrice cattolica costituisce l'impulso per l'edificazione di una serie di splendide cattedrali normanne in Sicilia.

La solenne riconsacrazione avviene il 22 settembre 1197 sotto il pontificato di Papa Celestino III, presieduta dall'arcivescovo Bernardo di Masio, presenti l'imperatore Enrico VI di Svevia, figlio di Federico Barbarossa, e la regina Costanza d'Altavilla ultima principessa normanna, a lui andata in sposa portando in dote il Regno di Sicilia.

In questo tempio Sant'Angelo da Gerusalemme nel 1220 impartì il battesimo a numerosi barbari saccheggiatori convertiti al cristianesimo, nel 1307 di un altro grande esponente dell'Ordine carmelitano furono celebrate le solenni esequie: Alberto degli Abati.

Le strutture originarie del sacro edificio, lungo il corso dei secoli, sono state oggetto di frequentissime trasformazioni, talora con l'aggiunta di elementi architettonici e decorativi che indulgevano al gusto del tempo. Ciò fu dovuto quasi sempre alle ferite inflitte da disastrosi eventi, soprattutto da terremoti, e alla conseguente necessità di ricostruire in tutto o in parte. Una successiva distruzione avviene nel 1254, provocata da un furioso incendio durante i funerali di Re Corrado I di SiciliaRe Manfredi s'impegna a ripristinare l'edificio nel 1260, con l'arcivescovo Guidotto de Abbiate ha inizio un periodo di lento ma, continuo arricchimento che durò sino a tutto il '500.

Nella fabbrica sono introdotti elementi decorativi di grande rilievo, quali ventisei colonne di granito, mosaici policromi, una profusione di marmi mischi, le decorazioni del soffitto, gli splendidi portali, il rivestimento marmoreo a fasce bicrome della facciata, una selva di altari e altarini addossati alle colonne e alle superfici parietali. Mense, steli, cappelle, tombe e sepolcri furono numericamente ridimensionati a partire dalla realizzazione dell'imponente complesso dell'apostolato, il cui autore, Giovanni Angelo Montorsoli, discepolo e collaboratore di Michelangelo Buonarroti, costruì contemporaneamente alla splendida fontana di Orione che si ammira in piazza del Duomo.  

Il campanile fu danneggiato da un fulmine nel 1558 e ricostruito nel 1564 su disegno di Andrea Calamech. Il terremoto della Calabria del 27 marzo 1638 con tre scosse principali nello spazio temporale a cavallo tra vigilia e la Domenica delle Palme del marzo 1638, causa il crollo delle merlature, lo sfondamento del tetto, danni alla Cappella del Santissimo Sacramento, alla navata corrispondente e la morte di alcune persone. Scosse di pari intensità provocano ulteriori danni col sisma verificatosi appena tre mesi dopo.

Con la rivolta antispagnola il ricco patrimonio librario e documentale custodito nella torre campanaria, comprendente numerosi codici e pergamene con i privilegi della cattedrale e la biblioteca di Costantino Lascaris, fu requisito e trafugato in Spagna. La cella campanaria fu privata delle campane, restituite solo nel 1716 da Vittorio Amedeo di Savoia. Altri danni furono apportati al campanile dai due terremoti del Val di Noto del gennaio 1693 che interessarono l'intera Sicilia orientale.

Il fiorire del barocco determina la sovrapposizione di elementi che deturpano la nobiltà e semplicità delle linee: stucchi, cornici, putti, festoni, un'infinità di altari. In questo contesto si inseriscono i restauri commissionati dall'arcivescovo Giuseppe Cicala nel 1682 all'architetto napoletano Giovanni Andrea Gallo. Lavori che saranno in seguito definiti vandalismi perpetrati, atti a deturpare l'interno del duomo, ricoprendo intere superfici parietali non occupate da rivestimenti marmorei.

Anche qui, alla stessa stregua di una discutibile competizione tra capitali del Regno in tema di progetti architettonici arditi, come per la cattedrale metropolitana della Santa Vergine Maria Assunta di Palermo, ci si prodigò nella realizzazione di una cupola fittizia ricavata nel sottotetto, deturpando l'impianto gotico - normanno dell'edificio preesistente. Il manufatto con intelaiatura in legno comportò la distruzione della copertura del transetto, la riduzione dei volumi, la contrazione degli spazi, l'appesantimento delle strutture con la trasformazione degli archi ogivali in archi a tutto sesto.

Col terremoto della Calabria meridionale del 1783 una disastrosa scossa tellurica del copioso sciame sismico fece collassare gli ordini sommitali della torre campanaria. Lo scempio di una discordante cupola fu purtroppo riproposto con la ricostruzione da Gianfrancesco Arena, sfregio accompagnato dall'innalzamento dei due campanili laterali in corrispondenza delle absidi, progetto eseguito da Leone Savoia e Giacomo Fiore architetti. In tale frangente le funzioni di cattedrale furono svolte dalla sede temporanea, costruita provvisoriamente presso la villa dell'Arcipescheria, causa la distruzione del Palazzo Arcivescovile e della chiesa di San Nicolò all'Arcivescovado, causate dallo stesso evento. La tozza base del campanile fu distrutta nel 1863.

Negli ultimi decenni del XIX secolo sono stati eseguiti lavori di restauri diretti da Giuseppe Patricolo.

Il terremoto della Calabria meridionale del 1894 provocò dei danni nella parte superiore della facciata principale.

All'alba del 28 dicembre 1908, alle prime scosse del terremoto di Messina, l'edificio crollò quasi completamente. La ricostruzione, operata negli anni venti, riportò il tempio alle linee originarie. Grazie a pazienti opere di restauro fu possibile recuperare quasi tutte le opere d'arte.

La commissione incaricata a stilare il piano per la ricostruzione era costituita da Antonino Salinas, presidente, Giuseppe Rao e Francesco Valenti, sovrintendente ai monumenti della Sicilia, Pasquale Mallandrino, ispettore onorario ai monumenti di Messina, con la supervisione di Ernesto Basile. La ricostruzione fu avviata nel 1923 da Aristide Giannelli ex novo sul modello medievale, dopo i bombardamenti fu concepita come opera nuova sul disegno ed il ricordo di quella antica.

Una nuova distruzione e per certi aspetti più grave, la causarono gli eventi bellici. La notte del 13 giugno 1943 due spezzoni incendiari sganciati nel corso di un'incursione aerea alleata trasformarono in un rogo la cattedrale, inaugurata appena 13 anni prima: restarono solo le strutture perimetrali, mentre ciò che era stato recuperato dopo il terremoto fu quasi del tutto ridotto in cenere. Toccò all'Arcivescovo monsignore Angelo Paino, che aveva già fatto risorgere il tempio dalle macerie del terremoto, provvedere alla nuova ricostruzione. Il 13 agosto 1947 la Cattedrale è riaperta al culto e da papa Pio XII per essere insignita del titolo di basilica. Le statue, i marmi ed i mosaici sono quasi tutti pregevoli copie degli originali perduti. Nei cassettoni sono presenti dei dipinti opera di Salvatore Contino.

La mattina del 24 giugno 2011, in seguito ad una breve ma sentita cerimonia, l'antica lapide dell'imperatrice Costanza d'Altavilla, datata 1198 e conservata fino al 1908 nello stesso Duomo di Messina, è stata restituita alla Basilica Cattedrale ed esposta nei pressi del Trono Arcivescovile. Il suddetto monumento è realizzato in marmo di Paros ed è stato restaurato (2010) dal Prof. Ernesto Geraci del Museo regionale di Messina. L'antico marmo ha ritrovato una giusta riqualificazione in seguito alla sua riscoperta, avvenuta nel 2007 per opera di tre cultori di storia patria messinese, Daniele EsproDaniele Rizzo ed Aurora Smeriglio.

FACCIATA - La facciata della cattedrale è a salienti, sormontata da una merlatura. La parte inferiore è decorata a liste orizzontali di marmi policromi a tarsie, mentre la parte superiore è tutta in pietra, con tre monofore gotiche e un rosone, arricchiti da eleganti transenne. In corrispondenza delle tre navate si aprono altrettanti portali gotici, le cui primitive porte disegnate e scolpite da Polidoro Caldara da Caravaggio

Il portale centrale del 1412 c. opera di Antonio Baboccio da Piperno è caratterizzato da una solida ed armonica impostazione di eleganti colonnine tortili con intrecci di motivi ornamentali e figure di santi, con ai due lati serie di edicole sovrapposte con statue di santi. Nell'architrave Cristo tra i quattro Evangelisti. Nella lunetta ogivale affrescata da Letterio Subba nel 1840 è posta una statua della Vergine col Bambino di Giovan Battista Mazzolo del 1534, sormontata dalla ricca cuspide decorata da un medaglione raffigurante l'Incoronazione della Vergine, opera di Pietro de Bonitate del 1468

Ai lati della lunetta sono collocate le statuette raffiguranti San Pietro e San Paolo apostoli, anch'esse opere del Mazzolo, nell'ordine superiore è presente l'Annunciazione distinta nell'Angelo Annunciante a sinistra e la Vergine Annunciata a destra. I pinnacoli si chiudono con una coppia di angeli, sul vertice al centro domina la figura di Dio Padre Onnipotente in atto benedicente. Le lunette dei portali laterali, invece, raffigurano san Placido e la Vergine Maria

I fianchi della cattedrale sono scanditi da una doppia fila di finestre a conci bicromi, mentre la merlatura e la leggera cornice, sostenuta da mensolette, conferiscono ritmo e coerenza a tutto l'insieme. Le strutture sono in cemento armato, con tamponamenti in mattoni.

CAMPANILE E OROLOGIO - Varie calamità, e in particolare i sismi, hanno colpito più volte nei secoli la città, danneggiando o distruggendone i monumenti. Non sfugge alla regola il campanile del Duomo.

Già in epoca normanna suppliva a funzioni meramente decorative e liturgiche, infatti basta scostarsi qualche decina di metri a monte per avere una perfetta panoramica dell'intera area dello Stretto con orizzonte sulla Calabria e su una vasta porzione del mar Jonio.

- 1559, Colpito da un fulmine si incendiò per essere riedificato da Martino da Firenze, attività di ricostruzione continuata nel 1564 da Andrea Calamech.

- Fino al 1678, (anno della fine della rivolta antispagnola e della firma della pace di Nimega, con cui la città fu riconquistata dalla Spagna) nel basamento del campanile erano custoditi i preziosi documenti in pergamena contenenti le memorie storiche della città, portati in Spagna presso il monastero dell'Escorial con molte altre opere d'arte.

- 1693, Altri danni furono apportati dai due terremoti del Val di Noto che nel mese di gennaio interessarono l'intera Sicilia orientale.

- 1783, Le numerose scosse sismiche del terremoto della Calabria meridionale di febbraio lo distrussero determinando il collasso degli ordini sommitali. Per adeguare la struttura del tempio al cambiamento di gusto dell'epoca, il tozzo campanile fu distrutto nel 1863 e in sua vece furono erette due torri neogotiche sopra le absidi laterali.

Il campanile attuale fu ricostruito nella sede primitiva dopo il terremoto del 1908 e fu progettato sui disegni di quello vecchio. Alto circa 60 metri, a forma di torre con tetto a cuspide, alleggerito su tutti i lati da coppie di bifore con arco a sesto tondo, contiene un magnifico orologio animato, vero gioiello meccanico, commissionato dall'arcivescovo Angelo Angelo Paino alla ditta Ungerer di Strasburgo nel 1933. Tale sistema è considerato il più grande ed il più complesso orologio meccanico ed astronomico del mondo.

L’orologio astronomico fu costruito dalla ditta Ungerer di Strasburgo nel 1933. È integrato nel campanile della chiesa (ricostruito all'inizio del secolo dopo il terremoto), di cui costituisce l'elemento più caratteristico.

La parte tecnica è stata concepita da Frédéric Klinghammer, mentre dal punto di vista artistico si basa su piani di Théodore Ungerer. I meccanismi riprendono in parte quelli dell'orologio astronomico di Strasburgo. Fu commissionato dall'arcivescovo della città (Angelo Paino) in occasione del rifacimento del campanile di Messina, sotto consiglio di papa Pio XI, che gli regalò un modello funzionante dell'orologio di Strasburgo.

È articolato in parecchie parti distribuite ai diversi livelli della torre campanaria. Alcune sono costruite sul lato del campanile che dà sulla piazza, altre si trovano sul lato rivolto verso la facciata della chiesa.  

Il lato rivolto alla piazza è caratterizzato dalla ricchezza di rappresentazioni allegoriche.

Al livello più basso dell'installazione vengono rappresentati i giorni della settimana, indicati da figure allegoriche greche che quotidianamente si succedono tra di loro (Apollo per la domenica, poi Diana per il lunedì, Marte, Mercurio, Giove, Venere e Saturno): gli dei si danno quotidianamente il cambio guidando un carro trainato da un animale, che ha a sua volta un valore allegorico (ad esempio per Diana, dea della caccia, si avrà un cervo; per Venere, dea dell'amore, ci sarà una colomba).

Sono inoltre rappresentate anche le quattro fasi della vita, simbolizzate da figure delle rispettive età. Si succedono ogni quarto d'ora passando davanti alla figura di uno scheletro che funge da memento mori, che muove la sua falce in sincrono con la campana delle ore.

Sopra il carosello delle età, viene raffigurata quella che secondo la leggenda è la costruzione del Santuario della Madonna di Montalto, meglio definita Chiesa della Vittoria nella Guerra del Vespro; secondo la leggenda, una colomba volò su di un terreno, e in quel punto i messinesi edificarono la chiesa. Perciò, nel quadrante una statua a forma di colomba viene fatta volteggiare, mentre dal terreno emerge un modello della chiesa menzionata, per rimanere lì fino al cambio del giorno; la scena si ripete il giorno successivo. Rappresenta la collina su cui si svolse il tentativo di invasione dei guelfi angioini il 6 agosto 1282, respinto dalle donne siciliane che presidiavano le mura nelle ore notturne. Anche l'8 agosto i franco guelfi tentarono un secondo assalto, anche questo respinto dai siciliani sulle insuperate mura della Città di Messina, alte oltre 30 metri.

Più in alto, al secondo piano vengono rappresentate alcune scene bibliche, che si succedono quattro volte l'anno a seconda del calendario liturgico. Si tratta della Natività, ove un gruppo di pastorelli adorano il Redentore appena nato, dell'epifania, con i tre re Magi e i loro paggi, della Pasqua, con due guardie romane poste a guardia del sepolcro che assistono stupite la resurrezione di Gesù, e della Pentecoste, nella quale Maria e gli apostoli ricevono la visita dello Spirito Santo prima in forma di colomba e successivamente in forma di fiammella sulla loro testa.

La scena superiore raffigura la Madonna della Lettera, patrona di Messina. Un angelo porta la lettera alla Madonna, che la trattiene, e in seguito sei ambasciatori sfilano davanti a lei, inchinandosi. Il primo ambasciatore riprende la lettera; la Madonna risponde all'inchino con un gesto di benedizione, gesto che ripeterà davanti alla piazza come simbolo bene augurante per gli spettatori. La festa della Madonna della Lettera fu fissata nella data del 3 giugno, la stessa data di una grande festa a Messina: il 2 giugno 1282, sempre durante l'Assedio di Messina nella Guerra del Vespro, Carlo D'Angiò tentò l'assalto navale, respinto dalla flotta siciliana che uscì dal porto per affrontare il nemico nel canale. La flotta di Carlo ripiegò su Scilla e si salvò a stento da un disastro per le cattive condizioni del mare in burrasca; Il giorno dopo, 3 giugno, fu grande festa per i siciliani a Messina.

Il lato rivolto alla cattedrale (sulla destra guardando la chiesa dalla piazza) è quello che riproduce fenomeni siderali e che più propriamente corrisponde al concetto di orologio astronomico.

Il calendario perpetuo si distingue per la grazia del quadrante. Indica i 365 giorni dell'anno, ma tramite un pannello mobile, il quadrante può coprire alternativamente il 29 febbraio oppure la parte finale della frase in latino posta tra il 31 dicembre e il 1º gennaio, che ha comunque significato; così facendo, il quadrante può essere utilizzato sia negli anni normali che in quelli bisestili.

Più in alto, un modello del sistema solare riproduce le orbite dei pianeti intorno al sole (posto al centro del quadrante). Vengono raffigurati da sfere metalliche poste alla punta delle rispettive lancette, la cui lunghezza è proporzionale al raggio dell'orbita.

Dalla parte della piazza, si ritrovano i meccanismi più strettamente legati alla funzione del campanile. Data l'altezza, le sue figure hanno dimensioni superiori rispetto a quelle dei primi piani (anche 3-4 metri di altezza). Viene ancora ripreso il metodo della rappresentazione allegorica, stavolta riferito più alla storia messinese che non a vicende religiose.

A sinistra guardando la piazza, nella parte alta del campanile, le statue di Dina e Clarenza (eroine della Guerra del Vespro) battono i quarti d'ora con le campane della torre ricordando la lotta dei siciliani contro gli Angiò, l'esercito del papa e le Città guelfe italiane.. Tra di loro, si ritrova la statua di un gallo che a mezzogiorno muove le ali riproducendo il canto dell'uccello rappresenta gli Angioini sconfitti e messi in fuga dal Popolo Siciliano. Ancora oggi il simbolo della Francia è il Gallo.

Ancora in alto, al quarto piano, è installato un leone coronato ruggente di bronzo dorato, che sventola la bandiera di Messina, il leone è il simbolo del Popolo Siciliano Sovrano vittorioso nella Guerra del Vespro a Messina. È il punto più alto dell'insieme di grandi figure di bronzo dorato che caratterizza la parte alta del campanile. Come quella del gallo angioino, questa figura entra in azione a mezzogiorno in mezzo tra Dina e Clarenza. In cima al campanile le bandiere del Vespro.

La parte superiore del lato rivolto alla cattedrale (destra) è meno appariscente:

Da questa parte si ritrova soltanto un modello della Luna, che ne riproduce le fasi, e che ha dunque un ciclo quasi mensile. È situato sopra il modello del sistema solare.

L'orologio nel tempo - Si presenta come la somma di diverse parti azionate dal blocco centrale, posto all'altezza di Dina, Clarenza e il gallo. Il mantenimento del sistema è sempre stato molto oneroso, e i diversi restauri non hanno mirato a preservarne l'originalità, ma a aumentarne la spettacolarità. 

Nel tempo, i sistemi meccanici per la produzione del ruggito del leone e del canto del gallo sono stati sostituiti da sistemi audio a nastro prima e stato solido dopo, che danno un suono più realistico ma meno "autentico" per gli appassionati di storia della meccanica. 

Un'altra modifica effettuata è l'ordine di funzionamento: come si vede sia dallo schema originale di Ungerer sotto e dal video dell'istituto Luce girato per l'inaugurazione, l'orologio seguiva l'ordine dal basso verso l'alto, stupendo lo spettatore con il canto del gallo e il ruggito del leone. 

In tempi recenti è stata inserita l'Ave Maria di Schubert, e per non far collidere gli effetti sonori con la musica, si è pensato di far eseguire agli animali i loro movimenti, e poi far partire normalmente gli altri meccanismi.

Nel campanile non sono più presenti i meccanismi sonori originali.

INTERNO - Il sacro edificio ha pianta basilicale a tre navate, con transetto e tre absidi rivolte ad oriente secondo l'uso greco. Le dimensioni interne sono:

Lunghezza max. esterna:        92 mt.

Altezza navata centrale:        25 mt.

Altezza del transetto:            30 mt.

Altezza del campanile:           60 mt.

Altezza massima transetto:    39,60 mt.

Larghezza:                          30,50 mt.

Le tre navate sono divise da due file di tredici colonne ciascuna, che sorreggono ampi archi a sesto acuto; i capitelli in cemento hanno varietà di stile e di forma e sono copia fedele di quelli che, per la maggior parte, andarono distrutti, mentre alcuni sono conservati nella spianata del Museo regionale di Messina.  

La navata centrale è coperta da tetto realizzato con capriate lignee dipinte e decorate con figure geometriche e raffigurazioni di alcuni santi ripristinando il primitivo medievale. A metà della sua lunghezza, sotto il colonnato di destra, è collocato il pulpito o pergamo rifacimento dell'originale di fine '500 attribuito ad Andrea Calamech, la scultura è decorata da ricchi arabeschi alla base, sul pilastro e sul capitello vi sono realizzati i volti di eresiarchi (nella primitiva realizzazione Maometto, Giovanni Calvino, Martin Lutero, Zuinglio), mentre nel riquadro della coppa sono presenti delle figure in rilievo.

Le pareti delle navate laterali sono arricchite dalle Cappelle dell'Apostolato, una serie di dodici nicchie (sei per navata) contenenti altrettante statue raffiguranti gli Apostoli. Il complesso è ideato e in parte eseguito da Giovanni Angelo Montorsoli tra il XVI e il XVIII secolo.

Dopo l'intervento di restauro in seguito al rovinoso Terremoto di Messina del 1908, è totalmente distrutto dall'incendio causato dal devastante bombardamento angloamericano del giugno 1943 durante il secondo conflitto mondiale. Ricostruito negli anni a cavallo tra il 1950 e il 1960, le statue sopra gli altari sono tutte di artisti contemporanei eccetto il "San Giovanni Battista".

La lunga teoria di pilastri paraste scanalati con capitelli corinzi sostiene un elaborato cornicione, ogni coppia delimita gli altari addossati alle arcate a tutto sesto corrispondenti a ciascuna luce fra colonne. A parte il personaggio biblico e qualche variazione di forme di tarsie e cromie di marmi, gli altari si presentano pressoché identici: la mensa con penisola e paliotto squadrato centrale, ai lati gli stemmi coronati della città di Messina, basamento sfaccettato con bassorilievi. 

La sopraelevazione è costituita da colonne scanalate e capitelli corinzi reggenti un architrave finemente scolpito con motivi floreali. Il tutto delimita la nicchia con decorazione a conchiglia simboleggiante il pellegrinaggio.

L'architrave è sormontato da timpano spezzato ad arco con volute terminali verso l'interno. Costituisce stele intermedia bassorilievo raffigurante scena biblica, a sua volta sormontata da riccioli, volute e pinnacoli simmetrici con disco solare finale. Incassati sullo sviluppo del semiarco due altorilievi, pietra di volta con modanature e testa di putto alata.

Navata destra Prima campata: vuota.

Seconda campata: vuota.

Terza campata: Altare di San Giovanni Battista di Antonello Gagini opera del 1525 commissionata da Giovanni Giacomo Campagna, unica statua e altare superstiti al bombardamento e incendio del 13 giugno 1943.

Quarta campata: ingresso laterale destro.

Quinta campata: Altare di San Giuda Taddeo, la statua di Domenico Maria Lazzaro opera del 1948 sostituisce quella di Ignazio Buceti del XVIII secolo.

Sesta campata: Altare di San Matteo, la statua di Giuseppe Ciocchetti sostituisce quella di Antonino Amato del XVIII secolo.

Settima campata: Altare di San Giacomo minore, la statua di Biagio Poidimani sostituisce quella di Nicolò Francesco Maffei del XVII secolo.

Ottava campata: Altare di San Tommaso, la statua di Attilio Selva sostituisce quella di Nicolò Francesco Maffei del XVII secolo.

Nona campata: Altare di San Giacomo maggiore, la statua di Enrico Tadolini sostituisce quella di Giulio Scalzo del XVI secolo.

Decima campata: Altare di San Paolo, la statua di Pietro Canonica sostituisce quella di Martino Montanini del XVI secolo.

Undicesima campata: ingresso al vestibolo Museo del Tesoro. Portale della seconda metà del secolo XVI, ai lati due formelle provenienti dall'Apostolato raffiguranti "San Pietro che consegna il Vangelo a San Giacomo" e l'"Incredulità di San Tommaso". Di fronte, altro portale datato 1498, ai lati del quale sono presenti altre due formelle cinquecentesche provenienti dall'Apostolato, raffiguranti rispettivamente la "Caduta di San Paolo" e il "Martirio di San Giuda Taddeo".

Dodicesima campata: Ottavo altare dedicato all'"Assunta", statua di N. Richero. Dedicato all'Assunzione di Maria, rifacimento del primitivo altare commissionato dalla famiglia Spatafora con una statua della Vergine del 1610, oggi nella nicchia dell'ancona è collocata la statua della Vergine Assunta contornata da un fregio recante una serie di angeli osannanti.

Tredicesima campata: Addossato alla parete interna sinistra il "Monumento dei cinque Arcivescovi" del XV secolo, basamento in stile gotico con colonnine, archetti trilobati, capitelli fitoformi e fregi. Sacello eretto per ospitare il corpo dell'arcivescovo Iacopo Tudeschi.

Navata sinistra - Prima campata: vuota.

Seconda campata: vuota.

Terza campata: Altare di San Vittorio de Angelica, cittadino messinese e martire in Sardegna. Il rifacimento post bellico dello scultore Salvatore Cozzo sostituisce l'opera di Luca Villamaci.

Quarta campata: Battistero e Portale di Rinaldo Bonanno realizzato su disegni di Polidoro Caldara da Caravaggio. Nella Cappella ricostruita nel 1962 è presente il fonte battesimale del XV secolo a pianta ottagonale, decorato con tarsie marmoree e sorretto da colonnine cinquecentesche. L'ambiente, nel quale si accede tramite un portale rinascimentale con fini motivi ornamentali, è dominato da un crocifisso settecentesco, collocato alle spalle del fonte battesimale.

Quinta campata: Altare di San Simone, la statua di Emilio Martini sostituisce quella di Vincenzo Tedeschi del 1633.

Sesta campata: Altare di San Bartolomeo, la statua di Enzo Assenza sostituisce quella di Vincenzo Tedeschi del 1633.

Settima campata: Altare di San Filippo, la statua di Renato Marino Mazzacurati sostituisce quella della bottega del Calamech del XVI secolo.

Ottava campata: Altare di San Giovanni, la statua di Giuseppe Ciocchetti sostituisce quella di Martino Montanini del XVI secolo.

Nona campata: Altare di Sant'Andrea, la statua di Riccardo Assanti sostituisce quella di Andrea Calamech del XVI secolo.

Decima campata: Altare di San Pietro, la statua di Antonio Bonfiglio sostituisce quella di Giovanni Angelo Montorsoli del 1550, l'unica realizzata dall'artista dopo l'incarico conferito dal Senato Messinese.

Undicesima campata: ingresso laterale sinistro e sagrestia. La "Cappella dei Canonici" presenta un altare con bassorilievo marmoreo attribuito a Giovan Battista Mazzolo raffigurante la Vergine che consegna la lettera all'ambasceria messinese, sulla parete destra, il ritratto di fra' Gregorio, opera di Adolfo Romano.

Dodicesima campata: Altare del "Redentore" o del "Cristo Risorto". In posizione speculare rispetto all'altare dell'Assunta vi è quello del Cristo Risorto, ricostruzione di un altare del 1592 dominata dalla statua del "Cristo Benedicente", in sostituzione di un Cristo Risorto attribuito alla mano di Antonello Gagini o di Andrea Calamech, mentre l'architettura è curata da Jacopo del Duca. L'altare era patrocinato dal cardinale Pietro Isvalies per poi passare alla famiglia di Federico Spatafora per la rimodulazione del 1592. Sulla sinistra è posizionato un bassorilievo raffigurante "San Girolamo penitente" attribuito a Domenico Gagini.

Tredicesima campata: Monumento funebre dell'arcivescovo Luigi Natoli opera di Giuseppe Prinzi opera del XIX secolo.

Monumento funebre dell'arcivescovo Francesco di Paola Villadicani opera di Giuseppe Prinzi opera del XIX secolo.

A sinistra il busto di Monsignor Giovanni Retana e due putti testimonianza del monumento funebre composto da Rinaldo Bonanno.

Braccio transetto destro - Nel tratto del transetto in prossimità dell'abside laterale destra si trova il monumento funerario dell'arcivescovo Guidotto de Abbiate, insigne opera del senese Goro di Gregorio del 1333; di particolare interesse sono i quattro pannelli a rilievo con influssi di scuola pisana, da sinistra: "Annunciazione", "Natività", "Flagellazione", "Crocifissione". Di fronte ad esso, dietro la consolle dell'organo è collocato il monumento dell'arcivescovo monsignore Richard Palmer proveniente dalla cattedrale di San Nicolò all'Arcivescovado, la cui lastra tombale, di gusto bizantino, fu scolpita nel 1195.

Braccio transetto sinistro - Nella testata del transetto sinistro, sotto la cantoria, vi sono tre monumenti funebri: al centro quello dell'arcivescovo Antonio La Lignamine o Cappella della Pietà, opera di Antonello Gagini e Giovan Battista Mazzolo, realizzato tra il 1504 e il 1530; a destra il moderno monumento dell'arcivescovo Francesco Fasola (XX secolo), con al centro la sua immagine in uno scudo bronzeo; a sinistra quello dell'Arcivescovo monsignor Biagio Proto (XVII secolo).

Cappella della Madonna del Soccorso o Cappella della Madonna della Pietà, infine denominata Cappella della Madonna della Pace in virtù della concordia stabilitasi fra nobili e popolani dopo aspre e intestine contese, grazie alla mediazione della figura vescovile. Gli iniziali accordi tra l'alto prelato e lo scultore Antonello Gagini prevedevano la realizzazione di una sepoltura recante sul coperchio del sepolcro la figura giacente del committente in abiti pontificali. L'arco marmoreo incassato a muro recava decorazioni rappresentanti l'Angelo Annunciante e la Vergine Annunciata fra ricchi ornati e rosoni. Le tre nicchie che componevano il manufatto ospitavano la scultura della Madonna con il Cristo morto sulle ginocchia (la Pietà) delimitata dalle figure di San Pietro Apostolo e Sant'Antonio di Padova

Sulla sommità dell'arco ricco di fregi l'altorilievo raffigurante la primitiva titolare Vergine del Soccorso nell'atto di percuotere il Diavolo con una mazza, e, simmetricamente disposte, le raffigurazioni genuflesse di Sant'Antonio di Padova e dello stesso arcivescovo La Lignanime. Solo nel 1530 il manufatto è portato a compimento. Completamento e decorazioni verosimilmente eseguite da Giovan Battista Mazzolo, che nel lungo frangente temporale aveva assunto l'incarico di capomastro della «Fabbrica del Duomo». L'opera subisce le offese del terremoto della Calabria meridionale del 1783, è ricomposta in seguito alle distruzioni del terremoto di Messina del 1908. Ciò che è scampato alla furia dell'incendio del 13 giugno 1943 causato dai bombardamenti alleati, è stato sapientemente riassemblato e integrato. I bassorilievi con storie della Passione di Gesù fanno cornice alla figura dell'arcivescovo giacente, l'arco e le nicchie sono stati ricostruiti decorandoli con arabeschi, grottesche, figure e soggetti fitomorfi ispirati alla primitiva commissione.

Sul pilastro in prossimità della navata centrale trova collocazione, invece, il monumento funerario dell'arcivescovo mons. Pietro Bellorado (opera di Giovan Battista Mazzolo del 1513), con la raffigurazione delle Virtù teologali in tre nicchie. Di fronte ad esso vi è quello dell'arcivescovo mons. Angelo Paino (morto nel 1967), opera di M. Lucerna e di A. Indelicato.

Absidiola destra - L'abside, dedicata a san Placido, compatrono della città, contiene l'altare e il ciborio rifatti a imitazione di quelli barocchi, con putti bronzei del fiorentino cenzo Mangani del XVII secolo. Nel catino vi è il mosaico restaurato raffigurante san Giovanni evangelista fra i santi Nicola e Mena di Costantinopoli e le figure di re Ludovico d'Aragona e del suo tutore Giovanni d'Aragona duca di Randazzo.

Absidiola sinistra - L'abside assume la funzione di cappella del Santissimo Sacramento e delle Reliquie. Accoglie un ciborio e l'altare rifatti su disegno di quelli barocchi opera di Jacopo Del Duca e un grande mosaico originale del XIV secolo di palese gusto bizantino-senese con le figure della Vergine Theotókos, le sante Agata e Lucia con gli arcangeli Michele e Gabriele, sotto la cui protezione si genuflettono le regine Eleonora d'Angiò ed Elisabetta di Carinzia.

È l'unico mosaico del duomo sopravvissuto alle varie distruzioni. Nel sottarco sono raffigurate otto sante vergini. L'abside presenta una ricca decorazione a stucco, realizzata nel XVI secolo su disegno di Jacopo del Duca. Sopra la fascia del basamento angeli a tutto tondo reggono canestri di frutta, al livello superiore tondi marmorei racchiudono busti a rilievo di Profeti e di Evangelisti. Dietro l'altare settecentesco si trova la Cappella delle sante reliquie.

Abside maggiore - L'abside maggiore è introdotta da una bella gradinata marmorea ad intarsio. L'altar maggiore e ciborio, anch'essi riccamente intarsiati, sono sormontati da un baldacchino in rame dorato (iniziato nel 1628 su progetto di Simone Gullì e portato a termine da Guarino Guarini) particolarmente sontuoso per la ricchezza di elementi ornamentali (festoni, volute, raggiere e nimbi), ispirato alla profusione di marmi policromi arricchiti di agate, alabastri, ametiste, avventurine, calcedoni, corniole, diaspri, elitropie, lapislazzuli, quarzi, sardoniche, come nella primitiva realizzazione. In una elegante cornice al centro vi è l'immagine della Madonna della Lettera (patrona della città) di Adolfo Romano in sostituzione dell'antica e venerata ma, distrutta, icona lignea realizzata secondo tradizione dall'evangelista San Luca, ricoperta da una preziosa "manta" argentea, che viene sostituita da quella preziosissima d'oro e pietre preziose nelle ricorrenze festive, opera seicentesca di Innocenzo Mangani.

Il mosaico (l'originale era del XIV secolo) sia per l'impostazione iconografica, sia per il cromatismo riporta allo stile bizantino mediato attraverso la lezione senese; bella e solenne la figura di Cristo in trono fra gli arcangeli Michele e Gabriele, in senso orario da destra: la figura della Vergine Maria, del Re Federico III di Sicilia, di suo figlio Re Pietro II di Sicilia, dell'arcivescovo Guidotto De Abbiate, e di San Giovanni Battista. Il mosaico del "Pantocratore", bozzetto e progetto dell'artista Giulio Aristide Sartorio del 1930. Eseguito alla morte dell'autore dall'artista Plinio Missina è ispirato alla figura del "Salvator Mundi" dipinta da Antonello da Messina nel 1465 - 1475 ed oggi conservata alla National Gallery di Londra.

Nell'altare postconciliare versus populum è inglobato un prezioso paliotto d'argento lavorato a bulino, eseguito nel 1701 da Pietro e Francesco Juvarra, rispettivamente padre e fratello del grande architetto Filippo Juvarra. Esso raffigura la Madonna nell'atto di consegnare la Lettera agli Ambasciatori messinesi; ai due lati, fastose figure simboliche della Fede e della Fortezza contornate da fregi, cornici di bronzo dorato e puttini a tutto tondo. L'opera, autentico capolavoro d'oreficeria, testimonia l'alto livello di abilità e di dignità artistica raggiunto dagli argentieri messinesi, fra i più celebrati in Europa a cavallo del XVI e XVII secolo.

Sulla destra, sotto l'arco trionfale, vi è la grande cattedra, preceduta da un'ampia scalinata. Il primitivo coro intagliato e intarsiato risaliva al 1540.

Organo a canne - L'organo della cattedrale è il secondo più grande d'Italia (il primo è quello del duomo di Milano), uno dei più grandi in Europa, con 5 tastiere, 170 registri, 16.000 canne. È opera della ditta Tamburini di Crema del 1948 e ne sostituisce un altro, costruito dalla stessa ditta nel 1930, andato perduto durante i bombardamenti del 1943. Le canne sono collocate in 6 distinti corpi:

l'Organo Positivo (I tastiera) nel transetto settentrionale (cantoria di destra);

il Grand'Organo e il Recitativo Espressivo (II e III tastiera) sulla cantoria del transetto meridionale;

l'Organo Corale (II tastiera) dietro l'altar maggiore, nell'abside centrale;

l'Organo Solo (IV tastiera) nell'intercapedine sopra l'arco trionfale, con canneggio sia sulla navata centrale, sia sul transetto;

l'Organo Eco (V tastiera) sopra una piccola cantoria in controfacciata;

il Pedale è suddiviso fra il corpo del Grand'Organo e un corpo a parte, sulla cantoria di sinistra del transetto settentrionale;

La consolle, con cinque tastiere e pedaliera concavo-radiale è generalmente collocata nel transetto meridionale, in prossimità dell'altar maggiore post-conciliare

Tesoro del duomo - Il tesoro del duomo di Messina è custodito ed esposto nel corpo aggiunto sulla fiancata Sud del tempio, porzione di edificio contraddistinta da sei bellissime bifore contornate dai eleganti rilievi, accanto, il portale laterale d'ingresso che si apre sotto un poderoso arco acuto di ispirazione arabo - normanna.

La ricchissima raccolta consta di preziosi oggetti di culto appartenuti alla cattedrale sin dal Medioevo, in massima parte argenteria, opera della rinomata scuola orafa messinese.

Il pezzo più prezioso del tesoro è la cosiddetta "Manta d'oro". Essa si richiama all'uso molto comune in Oriente e in Russia di coprire le immagini sacre con vesti di argento e d'oro, in modo da lasciare scoperti soltanto il viso e le mani. La Manta d'oro, adoperata soltanto nelle grandi feste, è opera dell'orafo fiorentino Innocenzo Mangani, che la eseguì per incarico del Senato messinese completandola nel 1668. È tutta d'oro finemente cesellato con motivi floreali e geometrici. Alla preziosità della materia e del lavoro si sono aggiunti nei secoli numerosi doni di diamanti, rubini, zaffiri e altre pietre preziose, offerti come ex voto da parte di sovrani, vescovi, gentildonne e umili popolani.

Altri pezzi preziosi sono:

Braccio reliquiario di San Marciano, primo vescovo di Siracusa, donato dal vescovo Richard Palmer nel XII secolo.

Reliquiario del Sacro Capello di Maria del XIV secolo, contenente il capello con il quale, secondo la tradizione, la Madonna legò il rotolo della Lettera inviata ai messinesi.

Reliquiario di san Nicola, in argento a forma di braccio benedicente, del XV secolo.

Reliquiario di san Paolo, in argento, anch'esso a forma di braccio, risalente al XVII secolo.

Reliquiario di san Giacomo, in argento, a forma di braccio.

Calice d'argento dorato del XIV secolo.

Calice d'argento dorato, dono dell'arcivescovo Filippo Crispo (morto nel 1402).

Pigna in cristallo di rocca, lampada d'epoca araba. Serviva per contenere le reliquie della Madonna nelle processioni. È da ricordare che la maggior parte delle reliquie che possiede la città di Messina fino al 1435 furono custodite segretamente nella città di Capizzi.

XIV secolo, Madonna del Graffeo, dipinto su tavola raffigurante la Vergine col Bambino e la Lettera, opera donata da Luciano Foti, proveniente dalla chiesa di Santa Maria del Graffeo.

1670, Santa Rosalia, statua argentea, opera documentata.

1629, Sant'Alberto, statua argentea, opera documentata.

1613, Reliquiario, cassa argentea, opera documentata per la custodia dei resti di San Placido.

San Giovanni Crisostomo, mezzo busto argenteo, reliquiario.

San Bartolomeo di Simeri, mezzo busto argenteo, reliquiario.

San Placido Monaco e Compagni Martiri, palmette argentee, reliquiari.

San Gregorio Magno, palmetta argentea, reliquiario.

San Clemente, palmetta argentea, reliquiario.

Sant'Onofrio, palmetta argentea, reliquiario.

San Sebastiano, braccio argenteo, reliquiario.

Sant'Alfio, Cirino e Filadelfio, fratelli martiri, reliquiari argentei contenenti le calotte craniche.

San Vittorio de Angelica, reliquiari argentei contenenti numerosi frammenti ossei.

Sacrestia - Nella primitiva sacrestia sono documentati i dipinti raffiguranti l'Assunta di Salvo d'Antonio, le Nozze di Cana, la Parabola del Vangelo, gli Angeli visitano Lot di Alonso Rodriguez, i Re Magi, un bassorilievo marmoreo del 1544.

Canonica con quadri di Alonzo Rodriguez, Giovanni Quagliata, Antonino Catalano il giovane, dittico fiammingo, Presentazione al Tempio di Girolamo Alibrandi. Assunta, dipinto documentato, opera di Salvo d'Antonio.

Porta di San Placido, varco d'accesso alla sacrestia, manufatto marmoreo con altorilievi, timpano, stele intermedia, busto, recante in chiave di volta il motto di San Placido.

La meridiana - Una grande meridiana costruita da Antonio Maria Jaci sul pavimento della cattedrale di Messina nel 1802 segnalante con assoluta precisione mesi e giorni, ore e minuti, segni zodiacali, movimenti solari, solstizi ed equinozi, il tutto intagliato in marmi policromi. L'installazione rimane danneggiata dal terremoto di Messina del 1908, in seguito restaurata e distrutta dal bombardamento angloamericano nel giugno 1943 durante il secondo conflitto mondiale. L'attuale pavimento del duomo ha coperto tutto ma, il complesso meccanismo dell'orologio astronomico di Messina ubicato nel vicino campanile ha sostituito il tutto con tecnologie indipendenti dal contributo della luce solare.

Le porte - L'accesso anteriore in basilica è garantito da tre porte, un tempo di legno, che sono state rimpiazzate con portoni di bronzo. Le formelle dell'ingresso principale sono opere di Francesco Bruno di Salerno, Giuseppe Antonello Leone di Napoli, Roberto Joppolo di Viterbo.

Il grande portone bronzeo della navata centrale è stato installato in concomitanza dei festeggiamenti del Giubileo del 2000 dalla Fonderia Salvadori di Pistoia che ha fatto opera di fusione, rivestimento ed applicazione. Gli otto riquadri ritraggono: le Predicazioni San Paolo nel ricordo del suo passaggio a Messina e nomina del vescovo Bacchilo, la Madonna della Lettera o Ambasceria dei Messinesi a Gerusalemme guidata da San Paolo, la Consacrazione della Cattedrale al tempo di re Ruggero II nel XII secolo, la Madonna delle Vittorie o Dama Bianca in ricordo dell'apparizione della Madonna durante i Vespri siciliani, Santa Eustochia e la fondazione del monastero di Montevergine, la Battaglia di Lepanto in ricordo della grande impresa della flotta comandata da don Giovanni d'Austria che nel 1572 in Duomo fece celebrare la solenne cerimonia funebre per onorare i caduti in battaglia, il Terremoto del 1908 in ricordo del Duomo e della città distrutti, il Giubileo del 2000 celebrante la proiezione e il traghettamento della città e del Popolo Messinese nel Terzo Millennio.

Le tombe - All'interno della cattedrale, dal medioevo ai giorni nostri, hanno trovato degna sepoltura alcuni arcivescovi di Messina:

Richard Palmer (circa gennaio 1183 - 7 agosto 1195 deceduto) Lastra funeraria normanna proveniente dall'antica cattedrale di San Nicolò all'Arcivescovado.

Guidotto d'Abbiate (10 gennaio 1304 - 1333 deceduto). Monumento marmoreo nel transetto scolpito da Goro di Gregorio da Siena.

Pietro Bellorado, O.S.B. † (16 marzo 1502 - 1509 o 1510 deceduto). Monumento marmoreo di Giovan Battista Mazzolo con raffigurazioni della FedeSperanza e Carità.

Antonio de Lignamine Della Rovere (o La Legname) † (24 aprile 1514 - 13 novembre 1537 deceduto). Monumento marmoreo presso la Cappella della Madonna della Pace raffigurata fra San Pietro e Sant'Antonio di Padova, con la figura del prelato genuflesso e orante, opera di Antonello Gagini e Giovan Battista Mazzolo.

Biago Proto de Rubeis † (20 luglio 1626 - 7 aprile 1646 deceduto). Monumento funebre coevo.

Francesco di Paola Villadicani (1780-1861). Monumento funebre di Giuseppe Prinzi

Luigi Natoli (1799-1875). Monumento funebre di Giuseppe Prinzi.

Giuseppe Guarino (1827-1897), nel 1983 i resti mortali sono stati traslati nella cappella dell'Istituto Leone XIII delle Apostole della Sacra Famiglia in Via Elenuccia 15.

Letterio D'Arrigo Ramondini (1849-1922). Monumento funebre commemorativo del terremoto del 1908.

Angelo Paino (1870-1967). Monumento funebre opera di Mario Lucerna e Aldo Indelicato.

Francesco Fasola (1898-1988). Il monumento è in onice ed è opera della ArteMarmi Alberghina, su progetto di C. Favaloro.

Ignazio Cannavò (3 giugno 1977 succeduto - 17 maggio 1997 ritirato). Sepolto momentaneamente nell'avello D'Arrigo

Pietro de Luna in carica dal 7 luglio 1480 - 1489, † 1492, sepoltura documentata nella Cappella della Madonna della Lettera.

Gabriele Maria Di Blasi e Gambacorta in carica dal 9 luglio 1764 a prima del 29 giugno † 1767, opera documentata di Ignazio Marabitti con raffigurazione della Carità.

Giovanni Maria Spinelli in carica dal 10 luglio 1767 al marzo † 1770, opera documentata in prossimità dell'Altare dell'Assunta.

Giovanni Retana † 1582, opera documentata di Rinaldo Bonanno presso l'Altare della Pietà.

Giuseppe Migliaccio in carica dal 24 novembre 1698 al 25 marzo † 1729, opera documentata con le raffigurazioni della Prudenza e Mansuetudine.

Giovanni Andrea Gatto dell'Ordine dei Predicatori di San Domenico, vescovo inquisitore, i cui resti furono asportati nel 1525.

Francesco Velardi Cocchiglia, monsignore, † 1514, opera documentata nel transetto destro.

Giuseppe Costanzo Bonfiglio, storico e biografo, monumento funebre documentato.

Le tombe reali - Messina, essendo Capitale di Sicilia al pari di Palermo, conservava nella sua Cattedrale alcune tombe reali che, sopravvissute al terremoto, andarono distrutte nell'incendio del 1943. I sepolcri reali erano posti nell'abside maggiore, sopra gli stalli del coro, realizzati in legno rivestito di velluto.

Corrado IV di Svevia, nel cui sepolcro era presente la seguente dicitura: "IMPERIO PRAESTANS FORMA, CORRADUS, ET ARMIS, PRO MERITIS CINERES DAT TIBI ZANCLA SUOS".

Antonia del Balzo moglie di Federico III d'Aragona morta il 23 gennaio 1374, nel cui sepolcro era presente la seguente dicitura: "HIC REGUM SOBOLES, FRIDERICI ANTONIA CONJUX SICANIAE REGINA JACET, THUS ZANCLA SUPREMO, DAT CINERI ET RAPTAM FLORENTIBUS INGEMIT ANNIS".

Alfonso II di Napoli, nel cui sepolcro era presente la seguente dicitura: "ALPHONSUM LABITINA DIU FUGIS ARMA GERENTEM MOX POSITIS, QUAENAM GLORIA, FRAUDES NECAS".

La cripta normanna - La cripta normanna della cattedrale è la parte integralmente intatta rimasta fino ai giorni nostri dell'antica chiesa normanna; compresa la parte esterna con archi, colonnine e capitelli romanici. Il vasto interno è suddiviso da grandi colonne portanti con capitelli romanici. Il soffitto presenta decorazioni aggiunte nei secoli successivi. Custodia, manufatto marmoreo del 1504, attribuzione per stile ad Antonello Gagini, con le raffigurazioni di scene della Passione di Gesù, opera scomposta nel rifacimento del XVII secolo della Cappella del Sacramento della Cripta affrescata da Antonio Bova.

Nel 1638 gli ambienti sono documentati come sede della Congregazione dei Mercanti, Drappieri e Curiali.

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