- Duomo
di
Messina
Il
Tempio
è
dedicato
a
Dio
col
titolo
di Nostra
Signora
Assunta
in
Cielo altrimenti
noto
fino
alla
rivolta
antispagnola
(1678)
come
«Chiesa
di
Santa
Maria
la
Nuova».
Il
tempio
protometropolitano
è
edificato
durante
l'Impero
di Giustiniano
I,
sotto
il
pontificato
di Papa
Bonifacio
II per
opera
di
Belisario nell'anno 530.
Anno
determinato
dal
rinvenimento
di
alcune
monete
d'oro
sepolte
alla
base
di
una
delle
torri
del
tempio.
Esiodo all'inizio
del VII
secolo
a.C. documenta
il Tempio
di
Nettuno sulla
«Riviera
del
Faro»
.
Il
riutilizzo
del
materiale
di
risulta
e
le
colonne,
trasferiti
nell'attuale
sito,
costituirono
le
basi
per
l'edificazione
del
tempio
cristiano.
Durante
i
circa
due
secoli
di dominazione
araba la
costruzione
è
miseramente
devastata,
verosimilmente
per
essere
trasformata
in moschea,
così
come
accade
per
la cattedrale
metropolitana
della
Santa
Vergine
Maria
Assunta di Palermo.
La
recrudescenza
dei
ripetuti
assalti
saraceni,
le
restrizioni
culminate
nelle
limitazioni
delle
forme
di
culto
cristiano,
imposero
alla
stessa
stregua
della
corte
vescovile
palermitana
rifugiatasi
a Monreale,
il
trasferimento
della
sede
vescovile
messinese
che
si
insediò
presso
l'interna diocesi
di
Troina.
Un'ampia
porzione
di
territorio
costituito
dal
litorale
settentrionale
dell'isola
rimase
soggetto
alla
sola
sede
di
Panormus
trasferita
temporaneamente
presso
l'Aghia
Kiriaki di Monreale.
Le
diocesi
di Cephaloedium e Lipari sono
soppresse
per
poi
essere
ripristinate
solo
dopo
la
costituzione
del Regno
normanno
di
Sicilia,
le
diocesi
di Patti e
quella
di Santa
Lucia
del
Mela saranno
istituite
rispettivamente
in
epoca
normanna
la
prima,
in epoca
sveva la
seconda.
La
definitiva
cacciata
degli
arabi
comporta
il
reinsediamento
della curia
diocesana in
città,
il
titolo
e
la cattedra
vescovile sono
trasferiti
alla chiesa
di
San
Nicolò
all'Arcivescovado, status che
passerà
alla
restaurata chiesa
di
Santa
Maria
La
Nova alla
riconsacrazione
del 1197.
Dopo
svariati
tentativi
successivi
al 1060,
nel 1072 il normanno gran
conte
Ruggero conquista
la
città
e
restituisce
la
chiesa
al
culto cristiano avviando
di
fatto
l'inizio
della
completa conquista
Normanna della Sicilia sottraendola
al
dominio
arabo.
La
chiesa
è
sommariamente
ricostruita
dal
«miserabile
stato»
in
cui
versava
dopo
la
profanazione
e
i
guasti
apportati
dai Saraceni,
come
risulta
da privilegio reale
di
rifondazione
del 1096.
Il
ritorno
alla
sovranità
di
matrice
cattolica
costituisce
l'impulso
per
l'edificazione
di
una
serie
di
splendide cattedrali
normanne
in
Sicilia.
La
solenne
riconsacrazione
avviene
il
22
settembre 1197 sotto
il
pontificato
di Papa
Celestino
III,
presieduta
dall'arcivescovo
Bernardo
di
Masio,
presenti
l'imperatore Enrico
VI
di
Svevia,
figlio
di Federico
Barbarossa,
e
la
regina Costanza
d'Altavilla ultima
principessa
normanna,
a
lui
andata
in
sposa
portando
in
dote
il Regno
di
Sicilia.
In
questo
tempio Sant'Angelo
da
Gerusalemme nel 1220 impartì
il battesimo a
numerosi
barbari
saccheggiatori
convertiti
al
cristianesimo,
nel 1307 di
un
altro
grande
esponente
dell'Ordine
carmelitano furono
celebrate
le
solenni
esequie: Alberto
degli
Abati.
Le
strutture
originarie
del
sacro
edificio,
lungo
il
corso
dei
secoli,
sono
state
oggetto
di
frequentissime
trasformazioni,
talora
con
l'aggiunta
di
elementi
architettonici
e
decorativi
che
indulgevano
al
gusto
del
tempo.
Ciò
fu
dovuto
quasi
sempre
alle
ferite
inflitte
da
disastrosi
eventi,
soprattutto
da
terremoti,
e
alla
conseguente
necessità
di
ricostruire
in
tutto
o
in
parte.
Una
successiva
distruzione
avviene
nel 1254,
provocata
da
un
furioso
incendio
durante
i
funerali
di
Re Corrado
I
di
Sicilia. Re
Manfredi s'impegna
a
ripristinare
l'edificio
nel 1260, con
l'arcivescovo Guidotto
de
Abbiate ha
inizio
un
periodo
di
lento
ma,
continuo
arricchimento
che
durò
sino
a
tutto
il '500.
Nella
fabbrica
sono
introdotti
elementi
decorativi
di
grande
rilievo,
quali
ventisei
colonne
di
granito,
mosaici
policromi,
una
profusione
di
marmi
mischi,
le
decorazioni
del
soffitto,
gli
splendidi
portali,
il
rivestimento
marmoreo
a
fasce
bicrome
della
facciata,
una
selva
di
altari
e
altarini
addossati
alle
colonne
e
alle
superfici
parietali.
Mense,
steli,
cappelle,
tombe
e
sepolcri
furono
numericamente
ridimensionati
a
partire
dalla
realizzazione
dell'imponente
complesso
dell'apostolato,
il
cui
autore, Giovanni
Angelo
Montorsoli,
discepolo
e
collaboratore
di Michelangelo
Buonarroti,
costruì
contemporaneamente
alla
splendida fontana
di
Orione che
si
ammira
in
piazza
del
Duomo.
Il
campanile
fu
danneggiato
da
un
fulmine
nel 1558 e
ricostruito
nel 1564 su
disegno
di Andrea
Calamech.
Il terremoto
della
Calabria
del
27
marzo
1638 con
tre
scosse
principali
nello
spazio
temporale
a
cavallo
tra
vigilia
e
la Domenica
delle
Palme del
marzo 1638,
causa
il
crollo
delle
merlature,
lo
sfondamento
del
tetto,
danni
alla Cappella
del
Santissimo
Sacramento,
alla
navata
corrispondente
e
la
morte
di
alcune
persone.
Scosse
di
pari
intensità
provocano
ulteriori
danni
col sisma verificatosi
appena
tre
mesi
dopo.
Con
la rivolta
antispagnola il
ricco
patrimonio
librario
e
documentale
custodito
nella
torre
campanaria,
comprendente
numerosi
codici
e
pergamene
con
i
privilegi
della
cattedrale
e
la
biblioteca
di
Costantino
Lascaris,
fu
requisito
e
trafugato
in
Spagna.
La
cella
campanaria
fu
privata
delle
campane,
restituite
solo
nel
1716
da
Vittorio
Amedeo
di
Savoia.
Altri
danni
furono
apportati
al
campanile
dai
due terremoti
del
Val
di
Noto
del
gennaio
1693 che
interessarono
l'intera
Sicilia
orientale.
Il
fiorire
del barocco determina
la
sovrapposizione
di
elementi
che
deturpano
la
nobiltà
e
semplicità
delle
linee:
stucchi,
cornici,
putti,
festoni,
un'infinità
di
altari.
In
questo
contesto
si
inseriscono
i
restauri
commissionati
dall'arcivescovo
Giuseppe
Cicala
nel
1682 all'architetto
napoletano
Giovanni
Andrea
Gallo. Lavori
che
saranno
in
seguito
definiti
vandalismi
perpetrati,
atti
a
deturpare
l'interno
del
duomo,
ricoprendo
intere
superfici
parietali
non
occupate
da
rivestimenti
marmorei.
Anche
qui,
alla
stessa
stregua
di
una
discutibile
competizione
tra
capitali
del
Regno
in
tema
di
progetti
architettonici
arditi,
come
per
la cattedrale
metropolitana
della
Santa
Vergine
Maria
Assunta di
Palermo,
ci
si
prodigò
nella
realizzazione
di
una
cupola
fittizia
ricavata
nel
sottotetto,
deturpando
l'impianto
gotico
-
normanno
dell'edificio
preesistente.
Il
manufatto
con
intelaiatura
in
legno
comportò
la
distruzione
della
copertura
del
transetto,
la
riduzione
dei
volumi,
la
contrazione
degli
spazi,
l'appesantimento
delle
strutture
con
la
trasformazione
degli archi
ogivali in archi
a
tutto
sesto.
Col terremoto
della
Calabria
meridionale
del
1783 una
disastrosa
scossa
tellurica
del
copioso
sciame
sismico
fece
collassare
gli
ordini
sommitali
della
torre
campanaria.
Lo
scempio
di
una
discordante
cupola
fu
purtroppo
riproposto
con
la
ricostruzione
da Gianfrancesco
Arena,
sfregio
accompagnato
dall'innalzamento
dei
due
campanili
laterali
in
corrispondenza
delle
absidi,
progetto
eseguito
da Leone
Savoia e Giacomo
Fiore architetti.
In
tale
frangente
le
funzioni
di
cattedrale
furono
svolte
dalla
sede
temporanea,
costruita
provvisoriamente
presso
la
villa
dell'Arcipescheria,
causa
la
distruzione
del Palazzo
Arcivescovile e
della chiesa
di
San
Nicolò
all'Arcivescovado,
causate
dallo
stesso
evento.
La
tozza
base
del
campanile
fu
distrutta
nel 1863.
Negli
ultimi
decenni
del XIX
secolo sono
stati
eseguiti
lavori
di
restauri
diretti
da Giuseppe
Patricolo.
Il terremoto
della
Calabria
meridionale
del
1894 provocò
dei
danni
nella
parte
superiore
della
facciata
principale.
All'alba
del
28
dicembre
1908,
alle
prime
scosse
del terremoto
di
Messina,
l'edificio
crollò
quasi
completamente.
La
ricostruzione,
operata
negli anni
venti,
riportò
il
tempio
alle
linee
originarie.
Grazie
a
pazienti
opere
di
restauro
fu
possibile
recuperare
quasi
tutte
le
opere
d'arte.
La
commissione
incaricata
a
stilare
il
piano
per
la
ricostruzione
era
costituita
da Antonino
Salinas,
presidente, Giuseppe
Rao
e
Francesco
Valenti,
sovrintendente
ai
monumenti
della
Sicilia, Pasquale
Mallandrino,
ispettore
onorario
ai
monumenti
di
Messina,
con
la
supervisione
di Ernesto
Basile.
La
ricostruzione
fu
avviata
nel
1923
da Aristide
Giannelli ex
novo
sul
modello
medievale,
dopo
i
bombardamenti
fu
concepita
come opera
nuova
sul
disegno
ed
il
ricordo
di
quella
antica.
Una
nuova
distruzione
e
per
certi
aspetti
più
grave,
la
causarono
gli
eventi
bellici.
La
notte
del
13
giugno 1943 due
spezzoni
incendiari
sganciati
nel
corso
di
un'incursione
aerea
alleata
trasformarono
in
un
rogo
la cattedrale,
inaugurata
appena
13
anni
prima:
restarono
solo
le
strutture
perimetrali,
mentre
ciò
che
era
stato
recuperato
dopo
il
terremoto
fu
quasi
del
tutto
ridotto
in
cenere.
Toccò
all'Arcivescovo
monsignore Angelo
Paino,
che
aveva
già
fatto
risorgere
il
tempio
dalle
macerie
del
terremoto,
provvedere
alla
nuova
ricostruzione.
Il
13
agosto 1947 la
Cattedrale
è
riaperta
al
culto
e
da papa
Pio
XII per
essere
insignita
del
titolo
di basilica.
Le
statue,
i
marmi
ed
i
mosaici
sono
quasi
tutti
pregevoli
copie
degli
originali
perduti.
Nei
cassettoni
sono
presenti
dei
dipinti
opera
di Salvatore
Contino.
La
mattina
del
24
giugno 2011,
in
seguito
ad
una
breve
ma
sentita
cerimonia,
l'antica
lapide
dell'imperatrice Costanza
d'Altavilla,
datata 1198 e
conservata
fino
al 1908 nello
stesso
Duomo
di
Messina,
è
stata
restituita
alla
Basilica
Cattedrale
ed
esposta
nei
pressi
del
Trono
Arcivescovile.
Il
suddetto
monumento
è
realizzato
in
marmo
di Paros ed
è
stato
restaurato
(2010)
dal
Prof.
Ernesto
Geraci
del Museo
regionale
di
Messina.
L'antico
marmo
ha
ritrovato
una
giusta
riqualificazione
in
seguito
alla
sua
riscoperta,
avvenuta
nel 2007 per
opera
di
tre
cultori
di
storia
patria
messinese, Daniele
Espro, Daniele
Rizzo ed Aurora
Smeriglio.

FACCIATA
-
La facciata della cattedrale è a
salienti,
sormontata
da
una merlatura.
La
parte
inferiore
è
decorata
a
liste
orizzontali
di
marmi
policromi
a
tarsie,
mentre
la
parte
superiore
è
tutta
in
pietra,
con
tre monofore gotiche
e
un rosone,
arricchiti
da
eleganti
transenne.
In
corrispondenza
delle
tre navate si
aprono
altrettanti portali gotici,
le
cui
primitive
porte
disegnate
e
scolpite
da Polidoro
Caldara
da
Caravaggio.
Il
portale
centrale
del 1412 c.
opera
di Antonio
Baboccio
da
Piperno è
caratterizzato
da
una
solida
ed
armonica
impostazione
di
eleganti
colonnine
tortili
con
intrecci
di
motivi
ornamentali
e
figure
di
santi,
con
ai
due
lati
serie
di
edicole
sovrapposte
con
statue
di
santi.
Nell'architrave Cristo tra
i quattro
Evangelisti.
Nella lunetta ogivale
affrescata
da Letterio
Subba nel 1840 è
posta
una
statua
della Vergine
col
Bambino di Giovan
Battista
Mazzolo del 1534, sormontata
dalla
ricca cuspide decorata
da
un
medaglione
raffigurante
l'Incoronazione
della
Vergine,
opera
di Pietro
de
Bonitate del 1468.
Ai
lati
della
lunetta
sono
collocate
le
statuette
raffiguranti San
Pietro e San
Paolo apostoli,
anch'esse
opere
del
Mazzolo, nell'ordine
superiore
è
presente
l'Annunciazione distinta
nell'Angelo
Annunciante a
sinistra
e
la Vergine
Annunciata a
destra.
I
pinnacoli
si
chiudono
con
una
coppia
di
angeli,
sul
vertice
al
centro
domina
la
figura
di Dio
Padre
Onnipotente in
atto
benedicente.
Le
lunette
dei
portali
laterali,
invece,
raffigurano san
Placido e
la Vergine
Maria.
I
fianchi
della
cattedrale
sono
scanditi
da
una
doppia
fila
di
finestre
a
conci
bicromi,
mentre
la
merlatura
e
la
leggera
cornice,
sostenuta
da
mensolette,
conferiscono
ritmo
e
coerenza
a
tutto
l'insieme.
Le
strutture
sono
in
cemento
armato,
con
tamponamenti
in
mattoni.
CAMPANILE
E
OROLOGIO
-
Varie
calamità,
e
in
particolare
i sismi,
hanno
colpito
più
volte
nei
secoli
la
città,
danneggiando
o
distruggendone
i
monumenti.
Non
sfugge
alla
regola
il
campanile
del
Duomo.
Già
in epoca
normanna suppliva
a
funzioni
meramente
decorative
e
liturgiche,
infatti
basta
scostarsi
qualche
decina
di
metri
a
monte
per
avere
una
perfetta
panoramica
dell'intera
area
dello
Stretto
con
orizzonte
sulla
Calabria
e
su
una
vasta
porzione
del mar
Jonio.
-
1559,
Colpito
da
un
fulmine
si
incendiò
per
essere
riedificato
da Martino
da
Firenze, attività
di
ricostruzione
continuata
nel
1564
da Andrea
Calamech.
-
Fino
al 1678,
(anno
della
fine
della rivolta
antispagnola e
della
firma
della pace
di
Nimega,
con
cui
la
città
fu
riconquistata
dalla Spagna)
nel
basamento
del
campanile
erano
custoditi
i
preziosi
documenti
in
pergamena
contenenti
le
memorie
storiche
della
città,
portati
in
Spagna
presso
il monastero
dell'Escorial con
molte
altre
opere
d'arte.
-
1693,
Altri
danni
furono
apportati
dai
due
terremoti
del
Val
di
Noto che
nel
mese
di
gennaio
interessarono
l'intera
Sicilia
orientale.
-
1783,
Le
numerose
scosse
sismiche
del
terremoto
della
Calabria
meridionale di
febbraio
lo
distrussero
determinando
il
collasso
degli
ordini
sommitali.
Per
adeguare
la
struttura
del
tempio
al
cambiamento
di
gusto
dell'epoca,
il
tozzo
campanile
fu
distrutto
nel 1863 e
in
sua
vece
furono
erette
due
torri
neogotiche
sopra
le
absidi
laterali.
Il
campanile
attuale
fu
ricostruito
nella
sede
primitiva
dopo
il terremoto
del
1908 e
fu
progettato
sui
disegni
di
quello
vecchio.
Alto
circa
60
metri,
a
forma
di
torre
con
tetto
a
cuspide,
alleggerito
su
tutti
i
lati
da
coppie
di
bifore
con
arco
a
sesto
tondo,
contiene
un
magnifico
orologio
animato,
vero
gioiello
meccanico,
commissionato
dall'arcivescovo
Angelo Angelo
Paino alla
ditta
Ungerer
di
Strasburgo
nel 1933.
Tale
sistema
è
considerato
il
più
grande
ed
il
più
complesso
orologio
meccanico
ed
astronomico
del
mondo.
L’orologio
astronomico
fu
costruito
dalla
ditta
Ungerer
di Strasburgo nel 1933.
È
integrato
nel campanile
della
chiesa (ricostruito
all'inizio
del
secolo
dopo
il
terremoto),
di
cui
costituisce
l'elemento
più
caratteristico.
La
parte
tecnica
è
stata
concepita
da
Frédéric
Klinghammer,
mentre
dal
punto
di
vista
artistico
si
basa
su
piani
di
Théodore
Ungerer.
I
meccanismi
riprendono
in
parte
quelli
dell'orologio
astronomico
di
Strasburgo.
Fu
commissionato
dall'arcivescovo della
città
(Angelo
Paino)
in
occasione
del
rifacimento
del campanile di Messina,
sotto
consiglio
di papa
Pio
XI,
che
gli
regalò
un
modello
funzionante
dell'orologio
di
Strasburgo.
È
articolato
in
parecchie
parti
distribuite
ai
diversi
livelli
della
torre
campanaria.
Alcune
sono
costruite
sul
lato
del
campanile
che
dà
sulla
piazza,
altre
si
trovano
sul
lato
rivolto
verso
la
facciata
della
chiesa.
Il
lato
rivolto
alla
piazza
è
caratterizzato
dalla
ricchezza
di
rappresentazioni allegoriche.
Al
livello
più
basso
dell'installazione
vengono
rappresentati
i
giorni
della settimana,
indicati
da
figure
allegoriche
greche
che
quotidianamente
si
succedono
tra
di
loro
(Apollo per
la
domenica,
poi Diana per
il
lunedì,
Marte,
Mercurio,
Giove,
Venere
e
Saturno):
gli
dei
si
danno
quotidianamente
il
cambio
guidando
un
carro
trainato
da
un
animale,
che
ha
a
sua
volta
un
valore
allegorico
(ad
esempio
per
Diana,
dea
della
caccia,
si
avrà
un
cervo;
per
Venere,
dea
dell'amore,
ci
sarà
una
colomba).
Sono
inoltre
rappresentate
anche
le
quattro
fasi
della
vita,
simbolizzate
da
figure
delle
rispettive
età.
Si
succedono
ogni
quarto
d'ora
passando
davanti
alla
figura
di
uno
scheletro
che
funge
da memento
mori,
che
muove
la
sua
falce
in
sincrono
con
la
campana
delle
ore.
Sopra
il
carosello
delle
età,
viene
raffigurata
quella
che
secondo
la
leggenda
è
la
costruzione
del Santuario
della
Madonna
di
Montalto,
meglio
definita
Chiesa
della
Vittoria
nella Guerra
del
Vespro;
secondo
la
leggenda,
una
colomba
volò
su
di
un
terreno,
e
in
quel
punto
i
messinesi
edificarono
la
chiesa.
Perciò,
nel
quadrante
una
statua
a
forma
di
colomba
viene
fatta
volteggiare,
mentre
dal
terreno
emerge
un
modello
della
chiesa
menzionata,
per
rimanere
lì
fino
al
cambio
del
giorno;
la
scena
si
ripete
il
giorno
successivo.
Rappresenta
la
collina
su
cui
si
svolse
il
tentativo
di
invasione
dei
guelfi
angioini
il
6
agosto
1282,
respinto
dalle
donne
siciliane
che
presidiavano
le
mura
nelle
ore
notturne.
Anche
l'8
agosto
i
franco
guelfi
tentarono
un
secondo
assalto,
anche
questo
respinto
dai
siciliani
sulle
insuperate
mura
della
Città
di
Messina,
alte
oltre
30
metri.
Più
in
alto,
al
secondo
piano
vengono
rappresentate
alcune
scene
bibliche,
che
si
succedono
quattro
volte
l'anno
a
seconda
del calendario
liturgico.
Si
tratta
della Natività,
ove
un
gruppo
di
pastorelli
adorano
il
Redentore
appena
nato,
dell'epifania,
con
i
tre re
Magi e
i
loro
paggi,
della Pasqua,
con
due
guardie
romane
poste
a
guardia
del
sepolcro
che
assistono
stupite
la
resurrezione
di
Gesù,
e
della Pentecoste,
nella
quale
Maria
e
gli
apostoli
ricevono
la
visita
dello
Spirito
Santo
prima
in
forma
di
colomba
e
successivamente
in
forma
di
fiammella
sulla
loro
testa.
La
scena
superiore
raffigura
la Madonna
della
Lettera,
patrona
di
Messina.
Un
angelo
porta
la
lettera
alla
Madonna,
che
la
trattiene,
e
in
seguito
sei
ambasciatori
sfilano
davanti
a
lei,
inchinandosi.
Il
primo
ambasciatore
riprende
la
lettera;
la
Madonna
risponde
all'inchino
con
un
gesto
di
benedizione,
gesto
che
ripeterà
davanti
alla
piazza
come
simbolo
bene
augurante
per
gli
spettatori.
La
festa
della
Madonna
della
Lettera
fu
fissata
nella
data
del
3
giugno,
la
stessa
data
di
una
grande
festa
a
Messina:
il
2
giugno
1282,
sempre
durante
l'Assedio
di
Messina
nella
Guerra
del
Vespro,
Carlo
D'Angiò
tentò
l'assalto
navale,
respinto
dalla
flotta
siciliana
che
uscì
dal
porto
per
affrontare
il
nemico
nel
canale.
La
flotta
di
Carlo
ripiegò
su
Scilla
e
si
salvò
a
stento
da
un
disastro
per
le
cattive
condizioni
del
mare
in
burrasca;
Il
giorno
dopo,
3
giugno,
fu
grande
festa
per
i
siciliani
a
Messina.
Il
lato
rivolto
alla
cattedrale
(sulla
destra
guardando
la
chiesa
dalla
piazza)
è
quello
che
riproduce
fenomeni
siderali
e
che
più
propriamente
corrisponde
al
concetto
di
orologio
astronomico.
Il
calendario
perpetuo
si
distingue
per
la
grazia
del
quadrante.
Indica
i
365
giorni
dell'anno,
ma
tramite
un
pannello
mobile,
il
quadrante
può
coprire
alternativamente
il
29
febbraio
oppure
la
parte
finale
della
frase
in
latino
posta
tra
il
31
dicembre
e
il
1º
gennaio,
che
ha
comunque
significato;
così
facendo,
il
quadrante
può
essere
utilizzato
sia
negli
anni
normali
che
in
quelli
bisestili.
Più
in
alto,
un
modello
del sistema
solare riproduce
le
orbite
dei pianeti intorno
al
sole
(posto
al
centro
del
quadrante).
Vengono
raffigurati
da
sfere
metalliche
poste
alla
punta
delle
rispettive
lancette,
la
cui
lunghezza
è
proporzionale
al
raggio
dell'orbita.
Dalla
parte
della
piazza,
si
ritrovano
i
meccanismi
più
strettamente
legati
alla
funzione
del
campanile.
Data
l'altezza,
le
sue
figure
hanno
dimensioni
superiori
rispetto
a
quelle
dei
primi
piani
(anche
3-4
metri
di
altezza).
Viene
ancora
ripreso
il
metodo
della
rappresentazione
allegorica,
stavolta
riferito
più
alla
storia
messinese
che
non
a
vicende
religiose.
A
sinistra
guardando
la
piazza,
nella
parte
alta
del
campanile,
le
statue
di Dina
e
Clarenza (eroine
della Guerra
del
Vespro)
battono
i
quarti
d'ora
con
le
campane
della
torre
ricordando
la
lotta
dei
siciliani
contro
gli Angiò,
l'esercito
del
papa
e
le
Città
guelfe
italiane..
Tra
di
loro,
si
ritrova
la
statua
di
un
gallo
che
a
mezzogiorno
muove
le
ali
riproducendo
il
canto
dell'uccello
rappresenta
gli
Angioini
sconfitti
e
messi
in
fuga
dal
Popolo
Siciliano.
Ancora
oggi
il
simbolo
della
Francia
è
il
Gallo.
Ancora
in
alto,
al
quarto
piano,
è
installato
un
leone
coronato
ruggente
di
bronzo
dorato,
che
sventola
la
bandiera
di
Messina,
il
leone
è
il
simbolo
del
Popolo
Siciliano
Sovrano
vittorioso
nella
Guerra
del
Vespro
a Messina.
È
il
punto
più
alto
dell'insieme
di
grandi
figure
di
bronzo
dorato
che
caratterizza
la
parte
alta
del
campanile.
Come
quella
del
gallo
angioino,
questa
figura
entra
in
azione
a
mezzogiorno
in
mezzo
tra
Dina
e
Clarenza.
In
cima
al
campanile
le
bandiere
del
Vespro.
La
parte
superiore
del
lato
rivolto
alla
cattedrale
(destra)
è
meno
appariscente:
Da
questa
parte
si
ritrova
soltanto
un
modello
della
Luna,
che
ne
riproduce
le fasi,
e
che
ha
dunque
un
ciclo
quasi
mensile.
È
situato
sopra
il
modello
del
sistema
solare.
L'orologio
nel
tempo
-
Si
presenta
come
la
somma
di
diverse
parti
azionate
dal
blocco
centrale,
posto
all'altezza
di
Dina,
Clarenza
e
il
gallo.
Il
mantenimento
del
sistema
è
sempre
stato
molto
oneroso,
e
i
diversi
restauri
non
hanno
mirato
a
preservarne
l'originalità,
ma
a
aumentarne
la
spettacolarità.
Nel
tempo,
i
sistemi
meccanici
per
la
produzione
del
ruggito
del
leone
e
del
canto
del
gallo
sono
stati
sostituiti
da
sistemi
audio
a
nastro
prima
e
stato
solido
dopo,
che
danno
un
suono
più
realistico
ma
meno
"autentico"
per
gli
appassionati
di
storia
della
meccanica.
Un'altra
modifica
effettuata
è
l'ordine
di
funzionamento:
come
si
vede
sia
dallo
schema
originale
di
Ungerer
sotto
e
dal
video
dell'istituto
Luce
girato
per
l'inaugurazione,
l'orologio
seguiva
l'ordine
dal
basso
verso
l'alto,
stupendo
lo
spettatore
con
il
canto
del
gallo
e
il
ruggito
del
leone.
In
tempi
recenti
è
stata
inserita
l'Ave
Maria
di Schubert,
e
per
non
far
collidere
gli
effetti
sonori
con
la
musica,
si
è
pensato
di
far
eseguire
agli
animali
i
loro
movimenti,
e
poi
far
partire
normalmente
gli
altri
meccanismi.
Nel
campanile
non
sono
più
presenti
i
meccanismi
sonori
originali.
INTERNO
-
Il
sacro
edificio
ha
pianta
basilicale
a
tre navate,
con transetto e
tre absidi rivolte
ad
oriente
secondo
l'uso
greco. Le
dimensioni
interne
sono:
Lunghezza
max.
esterna:
92
mt.
Altezza
navata
centrale:
25
mt.
Altezza
del
transetto:
30
mt.
Altezza
del
campanile:
60
mt.
Altezza
massima
transetto:
39,60
mt.
Larghezza:
30,50
mt.
Le
tre
navate
sono
divise
da
due
file
di
tredici
colonne
ciascuna, che
sorreggono
ampi archi
a
sesto
acuto;
i capitelli in
cemento
hanno
varietà
di
stile
e
di
forma
e
sono
copia
fedele
di
quelli
che,
per
la
maggior
parte,
andarono
distrutti,
mentre
alcuni
sono
conservati
nella
spianata
del Museo
regionale
di
Messina.
La
navata
centrale
è
coperta
da
tetto
realizzato
con
capriate lignee dipinte
e
decorate
con
figure
geometriche
e
raffigurazioni
di
alcuni
santi
ripristinando
il
primitivo
medievale.
A
metà
della
sua
lunghezza,
sotto
il
colonnato
di
destra,
è
collocato
il pulpito o pergamo rifacimento
dell'originale
di
fine '500 attribuito
ad Andrea
Calamech, la
scultura
è
decorata
da
ricchi
arabeschi
alla
base,
sul
pilastro
e
sul
capitello
vi
sono
realizzati
i
volti
di
eresiarchi
(nella
primitiva
realizzazione Maometto, Giovanni
Calvino,
Martin
Lutero, Zuinglio), mentre
nel
riquadro
della
coppa
sono
presenti
delle
figure
in
rilievo.
Le
pareti
delle
navate
laterali
sono
arricchite
dalle
Cappelle
dell'Apostolato,
una
serie
di
dodici
nicchie (sei
per
navata)
contenenti
altrettante
statue raffiguranti
gli
Apostoli.
Il
complesso
è
ideato
e
in
parte
eseguito
da
Giovanni
Angelo
Montorsoli tra
il XVI e
il XVIII
secolo.
Dopo
l'intervento
di
restauro
in
seguito
al
rovinoso
Terremoto
di
Messina
del
1908,
è
totalmente
distrutto
dall'incendio
causato
dal
devastante
bombardamento
angloamericano
del
giugno 1943 durante
il
secondo
conflitto
mondiale.
Ricostruito
negli
anni
a
cavallo
tra
il 1950 e
il 1960,
le
statue
sopra
gli
altari
sono
tutte
di
artisti
contemporanei
eccetto
il
"San
Giovanni
Battista".
La
lunga
teoria
di pilastri paraste scanalati
con capitelli
corinzi sostiene
un
elaborato
cornicione,
ogni
coppia
delimita
gli
altari
addossati
alle
arcate
a
tutto
sesto
corrispondenti
a
ciascuna
luce
fra
colonne.
A
parte
il
personaggio
biblico
e
qualche
variazione
di
forme
di
tarsie
e cromie di
marmi,
gli
altari
si
presentano
pressoché
identici:
la mensa con
penisola
e
paliotto squadrato
centrale,
ai
lati
gli
stemmi
coronati
della
città
di
Messina,
basamento
sfaccettato
con bassorilievi.
La
sopraelevazione
è
costituita
da
colonne
scanalate
e capitelli
corinzi reggenti
un
architrave
finemente
scolpito
con
motivi
floreali.
Il
tutto
delimita
la nicchia con
decorazione
a conchiglia simboleggiante
il
pellegrinaggio.
L'architrave
è
sormontato
da timpano spezzato
ad
arco
con volute terminali
verso
l'interno.
Costituisce
stele
intermedia
bassorilievo
raffigurante
scena
biblica,
a
sua
volta
sormontata
da riccioli,
volute
e pinnacoli simmetrici
con
disco
solare
finale.
Incassati
sullo
sviluppo
del semiarco due altorilievi, pietra
di
volta con modanature e
testa
di
putto
alata.
Navata
destra
–
Prima
campata:
vuota.
Seconda
campata:
vuota.
Terza
campata:
Altare
di San
Giovanni
Battista di Antonello
Gagini opera
del 1525 commissionata
da
Giovanni
Giacomo
Campagna,
unica
statua
e
altare
superstiti
al
bombardamento
e
incendio
del
13
giugno 1943.
Quarta
campata:
ingresso
laterale
destro.
Quinta
campata:
Altare
di San
Giuda
Taddeo,
la
statua
di Domenico
Maria
Lazzaro opera
del 1948 sostituisce
quella
di Ignazio
Buceti del
XVIII
secolo.
Sesta
campata:
Altare
di San
Matteo,
la
statua
di Giuseppe
Ciocchetti sostituisce
quella
di Antonino
Amato del
XVIII
secolo.
Settima
campata:
Altare
di San
Giacomo
minore,
la
statua
di Biagio
Poidimani sostituisce
quella
di Nicolò
Francesco
Maffei del
XVII
secolo.
Ottava
campata:
Altare
di San
Tommaso,
la
statua
di Attilio
Selva sostituisce
quella
di Nicolò
Francesco
Maffei del
XVII
secolo.
Nona
campata:
Altare
di San
Giacomo
maggiore,
la
statua
di Enrico
Tadolini sostituisce
quella
di Giulio
Scalzo del
XVI
secolo.
Decima
campata:
Altare
di San
Paolo,
la
statua
di Pietro
Canonica sostituisce
quella
di Martino
Montanini del
XVI
secolo.
Undicesima
campata:
ingresso
al
vestibolo
Museo
del
Tesoro.
Portale
della
seconda
metà
del
secolo
XVI,
ai
lati
due
formelle
provenienti
dall'Apostolato
raffiguranti
"San
Pietro
che
consegna
il
Vangelo
a
San
Giacomo"
e
l'"Incredulità
di
San
Tommaso".
Di
fronte,
altro
portale
datato 1498,
ai
lati
del
quale
sono
presenti
altre
due
formelle
cinquecentesche
provenienti
dall'Apostolato,
raffiguranti
rispettivamente
la
"Caduta
di
San
Paolo"
e
il
"Martirio
di
San
Giuda
Taddeo".
Dodicesima
campata:
Ottavo
altare
dedicato
all'"Assunta",
statua
di N.
Richero. Dedicato
all'Assunzione
di
Maria,
rifacimento
del
primitivo
altare
commissionato
dalla
famiglia Spatafora con
una
statua
della Vergine del 1610, oggi
nella
nicchia
dell'ancona
è
collocata
la
statua
della Vergine
Assunta contornata
da
un
fregio
recante
una
serie
di
angeli
osannanti.
Tredicesima
campata:
Addossato
alla
parete
interna
sinistra
il
"Monumento
dei
cinque
Arcivescovi"
del XV
secolo,
basamento
in
stile
gotico
con
colonnine,
archetti
trilobati,
capitelli
fitoformi
e
fregi. Sacello eretto
per
ospitare
il
corpo
dell'arcivescovo Iacopo
Tudeschi.
Navata
sinistra
-
Prima
campata:
vuota.
Seconda
campata:
vuota.
Terza
campata:
Altare
di
San
Vittorio
de
Angelica, cittadino
messinese
e
martire
in Sardegna.
Il
rifacimento
post
bellico
dello
scultore Salvatore
Cozzo sostituisce
l'opera
di Luca
Villamaci.
Quarta
campata: Battistero e
Portale
di Rinaldo
Bonanno realizzato
su
disegni
di Polidoro
Caldara
da
Caravaggio.
Nella
Cappella
ricostruita
nel 1962 è
presente
il fonte
battesimale del XV
secolo a
pianta
ottagonale,
decorato
con
tarsie
marmoree
e
sorretto
da
colonnine
cinquecentesche.
L'ambiente,
nel
quale
si
accede
tramite
un portale
rinascimentale con
fini
motivi
ornamentali,
è
dominato
da
un crocifisso settecentesco,
collocato
alle
spalle
del
fonte
battesimale.
Quinta
campata:
Altare
di San
Simone,
la
statua
di Emilio
Martini sostituisce
quella
di Vincenzo
Tedeschi del 1633.
Sesta
campata:
Altare
di San
Bartolomeo,
la
statua
di Enzo
Assenza sostituisce
quella
di Vincenzo
Tedeschi del 1633.
Settima
campata:
Altare
di San
Filippo,
la
statua
di Renato
Marino
Mazzacurati sostituisce
quella
della
bottega
del Calamech del
XVI
secolo.
Ottava
campata:
Altare
di San
Giovanni,
la
statua
di Giuseppe
Ciocchetti sostituisce
quella
di Martino
Montanini del
XVI
secolo.
Nona
campata:
Altare
di Sant'Andrea,
la
statua
di Riccardo
Assanti
sostituisce
quella
di Andrea
Calamech del
XVI
secolo.
Decima
campata:
Altare
di San
Pietro,
la
statua
di Antonio
Bonfiglio
sostituisce
quella
di Giovanni
Angelo
Montorsoli
del
1550,
l'unica
realizzata
dall'artista
dopo
l'incarico
conferito
dal
Senato
Messinese.
Undicesima
campata:
ingresso
laterale
sinistro
e
sagrestia.
La
"Cappella
dei
Canonici"
presenta
un
altare
con
bassorilievo
marmoreo
attribuito
a Giovan
Battista
Mazzolo raffigurante
la Vergine
che
consegna
la
lettera
all'ambasceria
messinese,
sulla
parete
destra,
il
ritratto
di
fra'
Gregorio,
opera
di Adolfo
Romano.
Dodicesima
campata:
Altare
del
"Redentore"
o
del
"Cristo
Risorto". In
posizione
speculare
rispetto
all'altare
dell'Assunta
vi
è
quello
del Cristo
Risorto,
ricostruzione
di
un
altare
del
1592
dominata
dalla
statua
del
"Cristo
Benedicente",
in
sostituzione
di
un Cristo
Risorto attribuito
alla
mano
di Antonello
Gagini o
di
Andrea
Calamech,
mentre
l'architettura
è
curata
da Jacopo
del
Duca. L'altare
era
patrocinato
dal
cardinale
Pietro
Isvalies per
poi
passare
alla
famiglia
di
Federico
Spatafora
per
la
rimodulazione
del 1592.
Sulla
sinistra
è
posizionato
un
bassorilievo
raffigurante
"San
Girolamo
penitente"
attribuito
a Domenico
Gagini.
Tredicesima
campata:
Monumento
funebre
dell'arcivescovo Luigi
Natoli opera
di Giuseppe
Prinzi opera
del
XIX
secolo.
Monumento
funebre
dell'arcivescovo Francesco
di
Paola
Villadicani
opera
di Giuseppe
Prinzi opera
del
XIX
secolo.
A
sinistra
il
busto
di
Monsignor Giovanni
Retana e
due
putti
testimonianza
del
monumento
funebre
composto
da Rinaldo
Bonanno.
Braccio
transetto
destro
-
Nel
tratto
del transetto in
prossimità
dell'abside laterale
destra
si
trova
il
monumento
funerario
dell'arcivescovo Guidotto
de
Abbiate,
insigne
opera
del
senese Goro
di
Gregorio del 1333;
di
particolare
interesse
sono
i
quattro
pannelli
a
rilievo
con
influssi
di
scuola
pisana,
da
sinistra:
"Annunciazione",
"Natività",
"Flagellazione",
"Crocifissione".
Di
fronte
ad
esso,
dietro
la
consolle
dell'organo
è
collocato
il
monumento
dell'arcivescovo
monsignore Richard
Palmer proveniente
dalla cattedrale
di
San
Nicolò
all'Arcivescovado,
la
cui
lastra
tombale,
di
gusto
bizantino,
fu
scolpita
nel 1195.
Braccio
transetto
sinistro
-
Nella
testata
del
transetto
sinistro,
sotto
la cantoria,
vi
sono
tre
monumenti
funebri:
al
centro
quello
dell'arcivescovo Antonio
La
Lignamine o Cappella
della
Pietà,
opera
di Antonello
Gagini e Giovan
Battista
Mazzolo,
realizzato
tra
il 1504 e
il 1530; a
destra
il
moderno
monumento
dell'arcivescovo Francesco
Fasola (XX
secolo),
con
al
centro
la
sua
immagine
in
uno
scudo
bronzeo;
a
sinistra
quello
dell'Arcivescovo
monsignor Biagio
Proto (XVII
secolo).
Cappella
della
Madonna
del
Soccorso o Cappella
della
Madonna
della
Pietà,
infine
denominata Cappella
della
Madonna
della
Pace in
virtù
della
concordia
stabilitasi
fra
nobili
e
popolani
dopo
aspre
e
intestine
contese,
grazie
alla
mediazione
della
figura
vescovile.
Gli
iniziali
accordi
tra
l'alto
prelato
e
lo
scultore Antonello
Gagini prevedevano
la
realizzazione
di
una
sepoltura
recante
sul
coperchio
del
sepolcro
la
figura
giacente
del
committente
in
abiti
pontificali.
L'arco
marmoreo
incassato
a
muro
recava
decorazioni
rappresentanti
l'Angelo
Annunciante e
la Vergine
Annunciata fra
ricchi
ornati
e
rosoni.
Le
tre
nicchie
che
componevano
il
manufatto
ospitavano
la
scultura
della Madonna
con
il
Cristo
morto sulle
ginocchia
(la Pietà)
delimitata
dalle
figure
di San
Pietro
Apostolo
e
Sant'Antonio
di
Padova.
Sulla
sommità
dell'arco
ricco
di
fregi
l'altorilievo
raffigurante
la
primitiva
titolare Vergine
del
Soccorso
nell'atto
di
percuotere
il
Diavolo con
una
mazza,
e,
simmetricamente
disposte,
le
raffigurazioni
genuflesse
di Sant'Antonio
di
Padova e
dello
stesso
arcivescovo La
Lignanime.
Solo
nel
1530
il
manufatto
è
portato
a
compimento.
Completamento
e
decorazioni
verosimilmente
eseguite
da Giovan
Battista
Mazzolo,
che
nel
lungo
frangente
temporale
aveva
assunto
l'incarico
di
capomastro
della
«Fabbrica
del
Duomo».
L'opera
subisce
le
offese
del terremoto
della
Calabria
meridionale
del
1783,
è
ricomposta
in
seguito
alle
distruzioni
del
terremoto
di
Messina
del
1908.
Ciò
che
è
scampato
alla
furia
dell'incendio
del
13
giugno
1943
causato
dai
bombardamenti
alleati,
è
stato
sapientemente
riassemblato
e
integrato.
I
bassorilievi
con
storie
della Passione
di
Gesù fanno
cornice
alla
figura
dell'arcivescovo
giacente,
l'arco
e
le
nicchie
sono
stati
ricostruiti
decorandoli
con
arabeschi,
grottesche,
figure
e
soggetti
fitomorfi
ispirati
alla
primitiva
commissione.
Sul
pilastro
in
prossimità
della
navata
centrale
trova
collocazione,
invece,
il
monumento
funerario
dell'arcivescovo
mons. Pietro
Bellorado (opera
di Giovan
Battista
Mazzolo
del
1513),
con
la
raffigurazione
delle Virtù
teologali in
tre nicchie.
Di
fronte
ad
esso
vi
è
quello
dell'arcivescovo
mons. Angelo
Paino (morto
nel 1967),
opera
di
M.
Lucerna
e
di
A.
Indelicato.
Absidiola
destra
-
L'abside,
dedicata
a
san
Placido,
compatrono
della
città,
contiene
l'altare e
il ciborio rifatti
a
imitazione
di
quelli barocchi,
con
putti
bronzei
del
fiorentino
cenzo
Mangani del XVII
secolo.
Nel
catino
vi
è
il
mosaico
restaurato
raffigurante san
Giovanni
evangelista fra
i
santi
Nicola e Mena
di
Costantinopoli e
le
figure
di
re Ludovico
d'Aragona e
del
suo
tutore Giovanni
d'Aragona duca
di
Randazzo.
Absidiola
sinistra
-
L'abside
assume
la
funzione
di
cappella
del Santissimo
Sacramento e
delle Reliquie. Accoglie
un
ciborio
e
l'altare rifatti
su
disegno
di
quelli barocchi opera
di Jacopo
Del
Duca e
un
grande mosaico originale
del XIV
secolo di
palese gusto
bizantino-senese con
le
figure
della
Vergine
Theotókos,
le
sante Agata e Lucia con
gli
arcangeli
Michele
e
Gabriele,
sotto
la
cui
protezione
si
genuflettono
le
regine
Eleonora
d'Angiò ed Elisabetta
di
Carinzia.
È
l'unico
mosaico
del
duomo
sopravvissuto
alle
varie
distruzioni.
Nel
sottarco
sono
raffigurate
otto
sante
vergini.
L'abside
presenta
una
ricca
decorazione
a
stucco,
realizzata
nel XVI
secolo su
disegno
di Jacopo
del
Duca.
Sopra
la
fascia
del
basamento
angeli
a
tutto
tondo
reggono
canestri
di
frutta,
al
livello
superiore
tondi
marmorei
racchiudono
busti
a
rilievo
di Profeti e
di Evangelisti.
Dietro
l'altare
settecentesco
si
trova
la
Cappella
delle
sante
reliquie.
Abside
maggiore
-
L'abside
maggiore
è
introdotta
da
una
bella
gradinata
marmorea
ad
intarsio. L'altar
maggiore
e
ciborio,
anch'essi
riccamente
intarsiati,
sono
sormontati
da
un baldacchino in rame dorato
(iniziato
nel 1628 su
progetto
di Simone
Gullì e
portato
a
termine
da Guarino
Guarini) particolarmente
sontuoso
per
la
ricchezza
di
elementi
ornamentali
(festoni,
volute,
raggiere
e
nimbi),
ispirato
alla
profusione
di
marmi
policromi
arricchiti
di
agate,
alabastri,
ametiste,
avventurine,
calcedoni,
corniole,
diaspri,
elitropie, lapislazzuli, quarzi, sardoniche,
come
nella
primitiva
realizzazione. In
una
elegante
cornice
al
centro
vi
è
l'immagine
della
Madonna
della
Lettera (patrona
della
città)
di Adolfo
Romano in
sostituzione
dell'antica
e
venerata
ma,
distrutta,
icona
lignea
realizzata
secondo
tradizione
dall'evangelista San
Luca,
ricoperta
da
una
preziosa
"manta"
argentea,
che
viene
sostituita
da
quella
preziosissima
d'oro
e
pietre
preziose
nelle
ricorrenze
festive,
opera
seicentesca
di Innocenzo
Mangani.
Il mosaico (l'originale
era
del XIV
secolo)
sia
per
l'impostazione
iconografica,
sia
per
il
cromatismo
riporta
allo
stile
bizantino
mediato
attraverso
la
lezione
senese;
bella
e
solenne
la
figura
di
Cristo
in
trono
fra
gli arcangeli Michele e Gabriele, in
senso
orario
da
destra:
la
figura
della Vergine
Maria, del
Re Federico
III
di
Sicilia,
di
suo
figlio
Re Pietro
II
di
Sicilia,
dell'arcivescovo Guidotto
De
Abbiate, e
di San
Giovanni
Battista. Il
mosaico
del
"Pantocratore",
bozzetto
e
progetto
dell'artista Giulio
Aristide
Sartorio del 1930.
Eseguito
alla
morte
dell'autore
dall'artista Plinio
Missina è
ispirato
alla
figura
del
"Salvator
Mundi"
dipinta
da Antonello
da
Messina nel 1465 - 1475 ed
oggi
conservata
alla National
Gallery
di
Londra.
Nell'altare
postconciliare versus
populum è
inglobato
un
prezioso paliotto d'argento
lavorato
a
bulino,
eseguito
nel
1701
da
Pietro
e
Francesco
Juvarra,
rispettivamente
padre
e
fratello
del
grande
architetto Filippo
Juvarra. Esso
raffigura
la
Madonna
nell'atto
di
consegnare
la
Lettera
agli
Ambasciatori
messinesi;
ai
due
lati,
fastose
figure
simboliche
della Fede e
della Fortezza contornate
da
fregi,
cornici
di
bronzo
dorato
e
puttini
a
tutto
tondo.
L'opera,
autentico
capolavoro
d'oreficeria,
testimonia
l'alto
livello
di
abilità
e
di
dignità
artistica
raggiunto
dagli
argentieri
messinesi,
fra
i
più
celebrati
in
Europa
a
cavallo
del
XVI
e
XVII
secolo.
Sulla
destra,
sotto
l'arco
trionfale,
vi
è
la
grande
cattedra,
preceduta
da
un'ampia
scalinata.
Il
primitivo coro intagliato
e
intarsiato
risaliva
al
1540.
Organo
a
canne
-
L'organo della
cattedrale
è
il
secondo
più
grande
d'Italia
(il
primo
è
quello
del duomo
di
Milano),
uno
dei
più
grandi
in
Europa,
con
5
tastiere,
170
registri,
16.000
canne. È
opera
della
ditta Tamburini di Crema del 1948 e
ne
sostituisce
un
altro,
costruito
dalla
stessa
ditta
nel 1930,
andato
perduto
durante
i
bombardamenti
del 1943.
Le
canne
sono
collocate
in
6
distinti
corpi:
l'Organo
Positivo (I
tastiera)
nel
transetto
settentrionale
(cantoria
di
destra);
il Grand'Organo e
il Recitativo
Espressivo (II
e
III
tastiera)
sulla
cantoria
del
transetto
meridionale;
l'Organo
Corale (II
tastiera)
dietro
l'altar
maggiore,
nell'abside centrale;
l'Organo
Solo (IV
tastiera)
nell'intercapedine
sopra
l'arco
trionfale,
con
canneggio
sia
sulla
navata
centrale,
sia
sul transetto;
l'Organo
Eco (V
tastiera)
sopra
una
piccola
cantoria
in
controfacciata;
il Pedale è
suddiviso
fra
il
corpo
del
Grand'Organo
e
un
corpo
a
parte,
sulla
cantoria
di
sinistra
del
transetto
settentrionale;
La
consolle,
con
cinque
tastiere
e pedaliera
concavo-radiale è
generalmente
collocata
nel
transetto
meridionale,
in
prossimità
dell'altar
maggiore
post-conciliare
Tesoro
del
duomo
-
Il
tesoro
del
duomo
di Messina è
custodito
ed
esposto
nel
corpo
aggiunto
sulla
fiancata
Sud
del
tempio,
porzione
di
edificio
contraddistinta
da
sei
bellissime bifore contornate
dai
eleganti
rilievi,
accanto,
il
portale
laterale
d'ingresso
che
si
apre
sotto
un
poderoso
arco
acuto
di
ispirazione
arabo
-
normanna.
La
ricchissima
raccolta
consta
di
preziosi
oggetti
di
culto
appartenuti
alla
cattedrale
sin
dal Medioevo,
in
massima
parte
argenteria,
opera
della
rinomata
scuola
orafa
messinese.
Il
pezzo
più
prezioso
del
tesoro
è
la
cosiddetta
"Manta
d'oro".
Essa
si
richiama
all'uso
molto
comune
in
Oriente
e
in
Russia
di
coprire
le
immagini
sacre
con
vesti
di
argento
e
d'oro,
in
modo
da
lasciare
scoperti
soltanto
il
viso
e
le
mani.
La
Manta
d'oro,
adoperata
soltanto
nelle
grandi
feste,
è
opera
dell'orafo
fiorentino Innocenzo
Mangani,
che
la
eseguì
per
incarico
del
Senato
messinese
completandola
nel 1668.
È
tutta
d'oro
finemente
cesellato
con
motivi
floreali
e
geometrici.
Alla
preziosità
della
materia
e
del
lavoro
si
sono
aggiunti
nei
secoli
numerosi
doni
di
diamanti,
rubini,
zaffiri
e
altre
pietre
preziose,
offerti
come
ex
voto
da
parte
di
sovrani,
vescovi,
gentildonne
e
umili
popolani.
Altri
pezzi
preziosi
sono:
Braccio
reliquiario
di San
Marciano,
primo
vescovo
di Siracusa,
donato
dal
vescovo Richard
Palmer nel XII
secolo.
Reliquiario
del
Sacro
Capello
di Maria del XIV
secolo,
contenente
il
capello
con
il
quale,
secondo
la
tradizione,
la
Madonna
legò
il
rotolo
della
Lettera
inviata
ai
messinesi.
Reliquiario
di san
Nicola,
in
argento
a
forma
di
braccio
benedicente,
del XV
secolo.
Reliquiario
di san
Paolo,
in
argento,
anch'esso
a
forma
di
braccio,
risalente
al XVII
secolo.
Reliquiario
di san
Giacomo,
in
argento,
a
forma
di
braccio.
Calice
d'argento
dorato
del XIV
secolo.
Calice
d'argento
dorato,
dono
dell'arcivescovo Filippo
Crispo (morto
nel 1402).
Pigna
in
cristallo
di
rocca,
lampada
d'epoca
araba.
Serviva
per
contenere
le
reliquie
della
Madonna
nelle
processioni.
È
da
ricordare
che
la
maggior
parte
delle
reliquie
che
possiede
la
città
di
Messina
fino
al
1435
furono
custodite
segretamente
nella
città
di Capizzi.
XIV
secolo, Madonna
del
Graffeo,
dipinto
su
tavola
raffigurante
la
Vergine
col
Bambino
e
la
Lettera,
opera
donata
da Luciano
Foti,
proveniente
dalla chiesa
di
Santa
Maria
del
Graffeo.
1670, Santa
Rosalia,
statua
argentea,
opera
documentata.
1629, Sant'Alberto,
statua
argentea,
opera
documentata.
1613,
Reliquiario,
cassa
argentea,
opera
documentata
per
la
custodia
dei
resti
di
San
Placido.
San
Giovanni
Crisostomo,
mezzo
busto
argenteo,
reliquiario.
San
Bartolomeo
di
Simeri,
mezzo
busto
argenteo,
reliquiario.
San
Placido
Monaco e
Compagni
Martiri,
palmette
argentee,
reliquiari.
San
Gregorio
Magno,
palmetta
argentea,
reliquiario.
San
Clemente,
palmetta
argentea,
reliquiario.
Sant'Onofrio,
palmetta
argentea,
reliquiario.
San
Sebastiano,
braccio
argenteo,
reliquiario.
Sant'Alfio,
Cirino
e
Filadelfio,
fratelli
martiri,
reliquiari
argentei
contenenti
le
calotte
craniche.
San
Vittorio
de
Angelica,
reliquiari
argentei
contenenti
numerosi
frammenti
ossei.
Sacrestia
-
Nella
primitiva sacrestia sono
documentati
i
dipinti
raffiguranti
l'Assunta di Salvo
d'Antonio, le Nozze
di
Cana, la Parabola
del
Vangelo,
gli
Angeli
visitano
Lot di Alonso
Rodriguez, i Re
Magi,
un
bassorilievo
marmoreo
del 1544.
Canonica
con
quadri
di Alonzo
Rodriguez, Giovanni
Quagliata, Antonino
Catalano il
giovane,
dittico
fiammingo, Presentazione
al
Tempio di Girolamo
Alibrandi. Assunta,
dipinto
documentato,
opera
di Salvo
d'Antonio.
Porta
di
San
Placido,
varco
d'accesso
alla
sacrestia,
manufatto
marmoreo
con
altorilievi,
timpano,
stele
intermedia,
busto,
recante
in chiave
di
volta il motto di
San
Placido.
La
meridiana
-
Una
grande
meridiana
costruita
da Antonio
Maria
Jaci sul
pavimento
della
cattedrale
di
Messina
nel
1802
segnalante
con
assoluta
precisione
mesi
e
giorni,
ore
e
minuti, segni
zodiacali,
movimenti
solari, solstizi ed equinozi,
il
tutto
intagliato
in
marmi
policromi. L'installazione
rimane
danneggiata
dal terremoto
di
Messina
del
1908,
in
seguito
restaurata
e
distrutta
dal
bombardamento
angloamericano
nel
giugno 1943 durante
il
secondo conflitto
mondiale.
L'attuale
pavimento
del
duomo
ha
coperto
tutto
ma,
il
complesso
meccanismo
dell'orologio
astronomico
di
Messina ubicato
nel
vicino campanile ha
sostituito
il
tutto
con
tecnologie
indipendenti
dal
contributo
della
luce
solare.
Le
porte
-
L'accesso
anteriore
in
basilica
è
garantito
da
tre
porte,
un
tempo
di
legno,
che
sono
state
rimpiazzate
con
portoni
di
bronzo.
Le formelle dell'ingresso
principale
sono
opere
di
Francesco
Bruno
di
Salerno, Giuseppe
Antonello
Leone di
Napoli,
Roberto
Joppolo
di
Viterbo.
Il
grande
portone
bronzeo
della
navata
centrale
è
stato
installato
in
concomitanza
dei
festeggiamenti
del
Giubileo
del
2000
dalla
Fonderia
Salvadori
di Pistoia che
ha
fatto
opera
di
fusione,
rivestimento
ed
applicazione.
Gli
otto
riquadri
ritraggono:
le Predicazioni
San
Paolo nel
ricordo
del
suo
passaggio
a
Messina
e
nomina
del
vescovo
Bacchilo,
la Madonna
della
Lettera o Ambasceria
dei
Messinesi
a
Gerusalemme guidata
da
San
Paolo,
la
Consacrazione
della
Cattedrale al
tempo
di
re Ruggero
II nel
XII
secolo,
la Madonna
delle
Vittorie o Dama
Bianca
in
ricordo
dell'apparizione
della
Madonna
durante
i Vespri
siciliani, Santa
Eustochia e
la
fondazione
del monastero
di
Montevergine,
la Battaglia
di
Lepanto in
ricordo
della
grande
impresa
della
flotta
comandata
da don
Giovanni
d'Austria che
nel 1572 in
Duomo
fece
celebrare
la
solenne
cerimonia
funebre
per
onorare
i
caduti
in
battaglia,
il
Terremoto
del
1908 in
ricordo
del
Duomo
e
della
città
distrutti,
il Giubileo
del
2000 celebrante
la
proiezione
e
il
traghettamento
della
città
e
del
Popolo
Messinese
nel
Terzo
Millennio.
Le
tombe
-
All'interno
della
cattedrale,
dal
medioevo
ai
giorni
nostri,
hanno
trovato
degna
sepoltura
alcuni
arcivescovi
di
Messina:
Richard
Palmer (circa
gennaio 1183 -
7
agosto
1195
deceduto)
Lastra
funeraria
normanna
proveniente
dall'antica cattedrale
di
San
Nicolò
all'Arcivescovado.
Guidotto
d'Abbiate (10
gennaio 1304 - 1333 deceduto).
Monumento
marmoreo
nel
transetto
scolpito
da Goro
di
Gregorio da
Siena.
Pietro
Bellorado, O.S.B. †
(16
marzo
1502
-
1509
o
1510
deceduto).
Monumento
marmoreo
di Giovan
Battista
Mazzolo con
raffigurazioni
della Fede, Speranza e Carità.
Antonio
de
Lignamine Della
Rovere (o
La
Legname)
†
(24
aprile 1514 -
13
novembre 1537 deceduto).
Monumento
marmoreo
presso
la Cappella
della
Madonna
della
Pace
raffigurata
fra San
Pietro e Sant'Antonio
di
Padova,
con
la
figura
del
prelato
genuflesso
e
orante, opera
di Antonello
Gagini e Giovan
Battista
Mazzolo.
Biago
Proto
de
Rubeis †
(20
luglio 1626 -
7
aprile 1646 deceduto).
Monumento
funebre
coevo.
Francesco
di
Paola
Villadicani (1780-1861).
Monumento
funebre
di Giuseppe
Prinzi
Luigi
Natoli (1799-1875).
Monumento
funebre
di Giuseppe
Prinzi.
Giuseppe
Guarino (1827-1897),
nel
1983
i
resti
mortali
sono
stati
traslati
nella
cappella
dell'Istituto
Leone
XIII delle
Apostole
della
Sacra
Famiglia in
Via
Elenuccia
15.
Letterio
D'Arrigo
Ramondini (1849-1922).
Monumento
funebre
commemorativo
del
terremoto
del
1908.
Angelo
Paino (1870-1967).
Monumento
funebre
opera
di
Mario
Lucerna
e
Aldo
Indelicato.
Francesco
Fasola (1898-1988).
Il
monumento
è
in
onice
ed
è
opera
della
ArteMarmi
Alberghina,
su
progetto
di
C.
Favaloro.
Ignazio
Cannavò (3
giugno 1977 succeduto
-
17
maggio 1997 ritirato).
Sepolto
momentaneamente
nell'avello
D'Arrigo
Pietro
de
Luna in
carica
dal
7
luglio
1480
-
1489,
†
1492,
sepoltura
documentata
nella Cappella
della
Madonna
della
Lettera.
Gabriele
Maria
Di
Blasi
e
Gambacorta in
carica
dal
9
luglio
1764
a
prima
del
29
giugno
†
1767,
opera
documentata
di Ignazio
Marabitti con
raffigurazione
della Carità.
Giovanni
Maria
Spinelli in
carica
dal
10
luglio
1767
al
marzo
†
1770,
opera
documentata
in
prossimità
dell'Altare
dell'Assunta.
Giovanni
Retana †
1582,
opera
documentata
di Rinaldo
Bonanno presso
l'Altare
della
Pietà.
Giuseppe
Migliaccio in
carica
dal
24
novembre
1698
al
25
marzo
†
1729,
opera
documentata
con
le
raffigurazioni
della
Prudenza
e
Mansuetudine.
Giovanni
Andrea
Gatto dell'Ordine
dei
Predicatori di San
Domenico,
vescovo
inquisitore,
i
cui
resti
furono
asportati
nel
1525.
Francesco
Velardi
Cocchiglia,
monsignore,
†
1514,
opera
documentata
nel
transetto
destro.
Giuseppe
Costanzo
Bonfiglio,
storico
e
biografo,
monumento
funebre
documentato.
Le
tombe
reali
-
Messina,
essendo
Capitale
di
Sicilia
al
pari
di
Palermo,
conservava
nella
sua
Cattedrale
alcune
tombe
reali
che,
sopravvissute
al
terremoto,
andarono
distrutte
nell'incendio
del
1943.
I
sepolcri
reali
erano
posti
nell'abside
maggiore,
sopra
gli
stalli
del
coro,
realizzati
in
legno
rivestito
di
velluto.
Corrado
IV
di
Svevia,
nel
cui
sepolcro
era
presente
la
seguente
dicitura:
"IMPERIO
PRAESTANS
FORMA,
CORRADUS,
ET
ARMIS,
PRO
MERITIS
CINERES
DAT
TIBI
ZANCLA
SUOS".
Antonia
del
Balzo moglie
di Federico
III
d'Aragona morta
il
23
gennaio
1374,
nel
cui
sepolcro
era
presente
la
seguente
dicitura:
"HIC
REGUM
SOBOLES,
FRIDERICI
ANTONIA
CONJUX
SICANIAE
REGINA
JACET,
THUS
ZANCLA
SUPREMO,
DAT
CINERI
ET
RAPTAM
FLORENTIBUS
INGEMIT
ANNIS".
Alfonso
II
di
Napoli,
nel
cui
sepolcro
era
presente
la
seguente
dicitura:
"ALPHONSUM
LABITINA
DIU
FUGIS
ARMA
GERENTEM
MOX
POSITIS,
QUAENAM
GLORIA,
FRAUDES
NECAS".
La
cripta
normanna
-
La
cripta
normanna
della
cattedrale
è
la
parte
integralmente
intatta
rimasta
fino
ai
giorni
nostri
dell'antica
chiesa
normanna; compresa
la
parte
esterna
con
archi,
colonnine
e
capitelli
romanici.
Il
vasto
interno
è
suddiviso
da
grandi
colonne
portanti
con
capitelli
romanici.
Il
soffitto
presenta
decorazioni
aggiunte
nei
secoli
successivi. Custodia,
manufatto
marmoreo
del
1504,
attribuzione
per
stile
ad Antonello
Gagini,
con
le
raffigurazioni
di
scene
della Passione
di
Gesù,
opera
scomposta
nel
rifacimento
del XVII
secolo della Cappella
del
Sacramento della Cripta affrescata
da Antonio
Bova.
Nel 1638 gli
ambienti
sono
documentati
come
sede
della
Congregazione
dei
Mercanti,
Drappieri
e
Curiali.

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