Sito archeologico di Olimpia
Grecia
  
PATRIMONIO DELL'UMANITÀ DAL 1989
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Ai piedi del muro di analemma dei Tesori, lungo la via che porta allo Stadio, erano eretti di seguito gli Zanes (plurale di Zeus-Zanòs), statue in bronzo di Zeus, che venivano realizzate con le multe in denaro degli atleti che avevano violato le regole dei Giochi. Oggi sono rimaste soltanto le basi di queste statue, che in totale erano 16, relativamente poche, se calcoliamo la millenaria e più durata dei Giochi. 

Sulle basi delle statue veniva incisa un’iscrizione con il nome del trasgressore e un distico che esortava gli atleti a basarsi sulle loro capacità fìsiche per la vittoria olimpica ed a non servirsi dell’inganno. Alla fine veniva riportato anche il nome dell’artista. Gli Zanes erano stati volutamente eretti prima dell’entrata dello Stadio, in una posizione ben visibile, per dare un esempio a quanti partecipavano ai giochi. 

Pausania riporta tutte le punizioni degli atleti. I primi sei Zanes furono realizzati nella 98a Olimpiade (388 a.C.) con la multa in denaro imposta al pugile tessalo Eupolo, perché aveva corrotto tre suoi concorrenti. Nella 112a Olimpiade (332 a.C.) l’atleta ateniese del pentatlo, Callippo, fu punito con sei Zanes per corruzione. Infine, colpisce la pena imposta al pancraziaste di Alessandria, Sarapione, nella 201a Olimpiade (25 d.C.), non per violazione delle regole, ma per codardia. Vale la pena segnalare che le pene vengono imposte dal IV sec. a.C. in poi, quando i valori morali prevalenti si differenziano, influenzando così anche lo spirito atletico dei Giochi.  

Nello Stadio in cui si svolgevano i Giochi Olimpici, si entrava, come pure oggi, tramite la Krypté (Cripta), costruita in età ellenistica (III sec. a.C.). Si tratta di un corridoio lungo e stretto (lungh. 32 m) con copertura a volta, alla cui estremità occidentale fu costruito in età romana un propilo corinzio. Ad entrambi i lati dell’entrata c’erano due statue di Nemesi-Tyche, oggi esposte nel Museo della Storia dei Giochi Olimpici Antichi. Tramite la Cripta entravano nello Stadio atleti, giudici, personalità e sacerdoti; gli spettatori entravano dai terrapieni.

Lo Stadio che vede oggi il visitatore è il terzo in ordine di tempo e data al V sec. a.C. I due precedenti, di età arcaica, si trovavano nell'Altis. Lungo la terrazza dei Tesori si estendeva lo Stadio I, che data agli inizi del VI sec. a.C. Era un semplice spazio piano senza terrapieni, con il lato occidentale verso l’Altare di Zeus, davanti al quale era posto il traguardo. 

Probabilmente nello stesso posto si trovava anche lo Stadio più antico, dato che dal 776 a.C. i Giochi venivano celebrati regolarmente. Alla fine del VI sec. a.C. venne leggermente spostato verso Est e sui lati lunghi vengono strutturati dei terrapieni per gli spettatori (Stadio II). L’ubicazione degli Stadi arcaici nell’Altis manifesta il carattere chiaramente religioso dei Giochi.

Agli inizi del V sec. a.C., quando i Giochi raggiunsero il loro apogeo, lo Stadio acquisì la sua posizione definitiva. La partecipazione in continuo aumento di atleti e di spettatori da tutto il mondo, impose la creazione di uno Stadio più grande. La pista venne spostata di 82 m più ad Est e di 7 m verso Nord e vennero conformati terrapieni su tutti i lati (Stadio III). 

Alla metà circa del IV sec. a.C., quando fu costruito il Portico di Eco, si ha il definitivo isolamento dello Stadio dal sacro Altis. Questo fatto riecheggia lo spirito dell’epoca: i Giochi costituiscono ormai un evento più atletico e mondano che religioso.  

La pista dello Stadio è lunga 212,54 m e larga 28.50 m. La distanza tra le due apheseis litiche (balbidai), le linee di partenza e di arrivo, è di 192,27 m, vale a dire 600 piedi olimpici (I piede = 32,04 m). La partenza è segnalata dalla balbis ad Est e l’arrivo da quella ad Ovest dello Stadio. 

Sul terrapieno settentrionale c’è un altare di età romana di Demetra Chamyne. Durante i Giochi vi stava seduta la sua sacerdotessa. Sul terrapieno meridionale, sulla Esedra (Tribuna) litica che si conserva fino ad oggi, siedevano gli Ellanodici (giudici di gara). 

La capienza dello Stadio era di 40.000-45.000 spettatori circa, i quali sedevano direttamente sulla terra. I pochi seggi litici rinvenutivi erano posti d’onore per le personalità. Probabilmente in età romana furono costruiti banchi di legno sui terrapieni e furono eseguiti lavori di manutenzione. Attorno alla pista c’è un condotto fittile con piccoli bacini ad intervalli, nei quali veniva raccolta l’acqua dai terrapieni. 

Nello Stadio, oltre ai Giochi Olimpici, venivano celebrate anche le Heraia. Dallo scavo degli Stadi proviene una moltitudine di ritrovamenti, soprattutto di bronzo, rinvenuti in pozzi aperti nei terrapieni già in età arcaica, per assicurare sufficienza d’acqua agli spettatori. Quando questi furono messi fuori uso, vennero utilizzati come depositi votivi.  

A Sud e lungo lo Stadio si trovava l’Ippodromo, un’imponente costruzione del V sec. a.C. con terrapieni per gli spettatori, nel quale si svolgevano le gare ippiche e le corse coi carri. 

Il «dromos» (pista) dell’Ippodromo, di forma ellissoidale, era lungo 780 m e largo 320 m circa. Lungo la pista, al centro, c’era un elemento divisorio ligneo o forse litico attorno al quale correvano i concorrenti. L’impianto disponeva di un complesso e sorprendente sistema di partenza dei cavalli (hyppaphesis), ideato dallo scultore Cleeta. Il cancello di partenza (career) formava un triangolo, simile alla prora di una nave. Sulla sua punta, sopra un’alta asta era collocato un delfino di bronzo; lungo i lati del triangolo prendevano posto i cavalli e i carri in tramezzi appositamente digradanti. Al centro della prora, sopra un altare, c’era un’aquila di bronzo. Con un meccanismo che si trovava nell’altare, l’aquila scattava in alto, per essere visibile a tutti gli spettatori, e contemporaneamente il delfino si abbassava sulla terra. Allora le cordicelle davanti ai carceres in cui si trovavano i cavalli cadevano gradualmente e aveva inizio la gara. 

Verso il lato dell’Altis l’Ippodromo era chiuso dal Portico di Agnapto. Vicino alla linea di partenza c’era una statua di Ippodamia e all’estremità sud­orientale un piccolo altare dedicato a Tarassippo, una divinità che faceva imbizzarrire i cavalli. È probabile che la monumentale costruzione, ancora non individuata, sia stata completamente distrutta dal fiume Alfeo. Pausania ce ne dà una minuziosa descrizione.  

Il Portico di Eco (98 x 12,5 m) fu costruito intorno al 350 a.C. e costituiva il limite orientale del sacro Altis. È articolato in un colonnato esterno dorico ed uno interno forse corinzio. Fu costruito per isolare lo Stadio dall’Altis e deve il suo nome all’acustica, poiché la voce risuonava sette volte. Per questo motivo era chiamato anche Eptaechos, mentre per la sua decorazione pittorica nell’interno, è noto anche come «Stoà Pecile».

Una serie di dettagli tecnici e artistici suggeriscono che è stato costruito nella stessa epoca del Philippeion Con entrambi gli edifici fu abbellito l'Altis, e in questo modo Filippo II di Macedonia ha voluto ingraziare i greci dopo la battaglia di Cheronea.

Le sue dimensioni erano 96,50 m di lunghezza e 12,50 m di profondità. La facciata aperta che si affacciava sull'Altis era costituita da 44 colonne doriche. Un secondo colonnato in stile ionico sosteneva il soffitto a volta. La parte finale dell'edificio consisteva in uno spazio della stessa lunghezza totale dell'edificio, stretto e diviso in diversi compartimenti che probabilmente servivano per il deposito delle attrezzature sportive. Il muro di fondo fungeva da muro di confine e contenitore dell'argine della tribuna ad ovest dello stadio.

Alla metà del III sec. a.C. davanti al Portico fu costruito il monumento di Tolomeo II Filadelfo e di Arsinoe. Su due alte colonne ioniche (alt. 8,89 m), che poggiavano su una crepidine litica, erano collocate le statue dorate della coppia. Oggi si conservano soltanto la crepidine litica e parti delle colonne ioniche. Davanti al Portico erano collocati anche altri ex voto, come indicano i piedistalli rinvenuti lungo la facciata.    

Sotto il mandato dell'imperatore romano Adriano furono eseguite diverse riforme e riparazioni nell'edificio di cui a malapena rimase traccia dopo essere stato smantellato nell'anno 267, per usare i suoi materiali nella costruzione del muro difensivo contro l'invasione degli Eruli.  

Nella parte sud-orientale dell’Altis si trovava il Santuario di Estia dei Pisati, noto come Edificio sud-orientale. Costruito nel V sec. a.C., funzionava fino al IV sec. a.C., quando fu oggetto di nuovi interventi edilizi. Nel I sec. d.C. (65-67 d.C.) il suo posto fu occupato da un sorprendente complesso edilizio, con peristilio centrale, atrium, cortili, giardini, camere, ed altro. Si tratta della villa di Nerone, costruita appositamente per il soggiorno dell’imperatore, che si recò ad Olimpia, partecipò ai Giochi e fu proclamato Olimpionico. 

Agli inizi del III sec. d.C. sopra questi edifici furono erette le Terme orientali. Nell’angolo sud-orientale si trova la loro parte meglio conservata, nota come «Ottagono», a causa della forma della sua sala centrale. Gli straordinari mosaici del pavimento, che rappresentano esseri marini, sono in eccezionale stato di conservazione. 

A Sud-Ovest del complesso si conservano i resti di un piccolo Odeum di età romana e le fondazioni dell’arco di trionfo di Nerone, che era l’accesso principale alla Via delle Feste, che passa a Sud del tempio di Zeus.  

Il gigantesco tempio di Zeus fu eretto in una posizione ben visibile al centro dell’Altis con i bottini delle guerre vittoriose degli Elei contro le città della Trifilia. La sua costruzione iniziò nel 470 a.C. e fu completata nel 456 a.C. Il suo architetto fu l’eleo Libone. Si tratta del più grande tempio del Peloponneso, ritenuto il «canone», la perfetta espressione dell’architettuta templare dorica. Il materiale edilizio, come d’altronde anche della maggior parte degli edifici del Santuario, è la pietra conchiglifera locale, che veniva trasportata con zattere tramite l’Alfeo, che allora era navigabile. L’antica cava di pietra conchiglifera è stata rinvenuta ad una distanza di 14 Km ad Est di Olimpia, nell’odierno villaggio di Louvro. La superficie delle colonne ed i muri del tempio erano intonacati con polvere di marmo bianco; le sculture dei frontoni, la copertura e le teste leonine-gocciolatoi erano di marmo.

Il tempio ha un orientamento Est-Ovest ed è periptero, con 6 colonne sui lati corti e 13 su quelli lunghi (64,12 x 27,68 m). L’altezza delle colonne era di 10,43 m ed il loro diametro inferiore 2,25 m. Sulle colonne poggiava l’imponente trabeazione dorica, costituita dall’epistilio, il fregio (metope-triglifi), il frontone, le cornici e gli acroteri. L’altezza totale del tempio è calcolata in 20,25 m. È costituito da pronao, cella e opistodomo. Il pronao e l’opistodomo avevano due colonne in antis. Sul pavimento del pronao si conserva un mosaico di età ellenistica con rappresentazione di Tritoni. La cella è divisa in tre navate da due doppi colonnati sovrapposti. Ogni serie è costituita da 7 colonne doriche. Sul fondo della navata centrale era collocata la statua crisoelefantina di Zeus, opera del grande scultore Fidia, una delle sette meraviglie del mondo antico. Nelle navate laterali scale di legno conducevano alla galleria, da dove si poteva vedere la statua da vicino. Dopo l’abolizione dei Giochi Olimpici, la colossale statua fu trasportata a Costantinopoli, dove nel 475 d.C. venne distrutta da un incendio.  

Il tempio aveva ricche composizioni frontonali, eccezionali esempi di scultura dello stile severo, oggi esposte nel Museo Archeologico. Nel frontone orientale è rappresentata la corsa coi carri tra Pelope ed Enomao; su quello occidentale la lotta tra i Lapiti ed i Centauri. La decorazione scultorea del tempio era completata da dodici metope, che si trovavano al di sopra dell’entrata del pronao e dell’opistodomo, nelle quali erano rappresentate le fatiche di Eracle. Le metope esterne della peristasi erano prive di decorazione. Nel 146 a.C. su queste furono appesi 21 scudi di bronzo dorato, offerti al tempio dal proconsole romano Mummie in ricordo della sua vittoria sui Greci all’Istmo. L’acroterio centrale del frontone orientale era ornato da una Vittoria (Nike) dorata, opera dello scultore Peonio; sugli acroteri laterali erano stati collocati dei lebeti dorati. I lati lunghi erano decorati da una sorprendente sima con teste leonine-gocciolatoi di marmo, adattata alla cornice del tetto.

Davanti all’entrata del pronao, in un piccolo spazio quadrato con pavimento di lastre marmoree esagonali, si svolgeva l’incoronazione degli Olimpionici. Vicino all’angolo sud-occidentale del tempio c’era l’«olivo dalle belle corone», che, secondo la tradizione, era stato piantato dallo stesso Eracle e dal quale si tagliavano i rami per il «kotinos». Il tempio subì una grande distruzione nel 426 d.C., quando venne incendiato per ordine di Teodosio II. Successivamente, nel 522 e nel 551 d.C. crollò a causa di due grandi terremoti. Il tempio costituisce un monumento-tappa nell’arte greca, sia per la sua architettura, sia per le sue eccezionali composizioni frontonali.

Nell’estate del 2004 è stato completato il restauro della colonna nord-occidentale del tempio, la più importante opera di anastilosi che sia stata realizzata fino ad oggi nell'Altis.  

Vicino all’angolo sud-orientale del tempio di Zeus si trova in situ un alto (9 m circa) piedistallo triangolare, sulla cui sommità era collocata la Nike dello scultore di Mende, Peonie, esposta oggi nel Museo. 

Sul terzo filare è incisa l’iscrizione votiva e la firma dell’artista (copia sul piedistallo, l’originale nel Museo Archeologico di Olimpia).  

Il Bouleuterion, che si trova a Sud del tempio di Zeus, era la sede della Boulé (Consiglio) degli Elei e degli Ellanodici, che avevano la cura dello svolgimento dei Giochi. Lì venivano esaminati tra l'altro i ricorsi e le violazioni degli atleti e venivano decise le pene. 

Oltre a questa funzione, nel Bouleuterion conservava diverso materiale e utensili sportivi, gli archivi e i registri dove si constavano i risultati delle competizioni.

Si ignora la data della sua costruzione, è stata stimata una costruzione tra il 668 e il 572 a.C., dovuta alla similarità delle tecniche costruttive con quella dei pisani.

Il complesso architettonico era costituito da due navate absidali di diverse dimensioni (30.79 m dal nord e 30.53 m dal sud), che incorniciava un cortile quadrato di 14,28 m su ciascun lato nel suo spazio interno. Ai due edifici absidiali si accedeva da est.

Durante il periodo ellenistico all'edificio originario venne aggiunto un portico orientale di stile ionico. In epoca romana venne ampliato con un portico in stile dorico in forma di lettera Ρ greca (ro), orientato a est.

Al centro del cortile quadrato, si trovava una base o piedistallo, dove doveva essere eretta la statua di Zeus Horcio ("Zeus vendicatore"), davanti alla quale i partecipanti e i direttori nei giochi prestavano giuramento di fedeltà alle regole sportive. La posizione della statua in questo sito è basata sulla notizia che il giuramento che avveniva davanti alla statua del Bouleuterion doveva essere prestato presso una struttura aperta, secondo l'usanza greca che i giuramenti agli dei dovevano essere fatti all'aperto. 

Pausania dice della statua che "quella del bouleuterion è di tutte le immagini di Zeus la più appropriata per spaventare gli uomini ingiusti. Il suo nome è Horcio, e ha un fulmine in ogni mano." Descrive quindi in dettaglio l'atto del giuramento. Davanti ai piedi di Zeus Horcio c'era una tavoletta di ottone con un'iscrizione, in versi elegiaci, per infondere paura a coloro che facevano falsi giuramenti.

A Sud del Bouleuterion si trova il Portico meridionale, che costituiva l’entrata principale dell’Altis da Sud. Fu costruito nel 350 a.C. circa. Aveva un colonnato esterno di 34 colonne doriche ed uno interno corinzio. È il primo monumento di Olimpia nel quale fu usato lo stile corinzio. Un propilo monumentale sulla facciata meridionale gli dà la forma di una T. La sua parte occidentale non è stata finora esplorata.

La zona che si estende a Nord-Ovest del Portico meridionale è occupata da installazioni di bagni, le Terme meridionali di età romana. Tra esse si conserva un settore delle mura, costruito sotto la minaccia degli Eruli.

Il visitatore che arriva dalla porta sud-occidentale dell’Altis segue di nuovo la Via Sacra e ad Ovest di essa, fuori del recinto sacro, incontra il Leonidaion, una grande foresteria costruita nel 330 a.C. circa, destinata ad ospitare personalità illustri. Deve il suo nome al donatore e architetto Leonida di Nasso, come riporta l’iscrizione votiva sull’epistilio del monumento. Si tratta di un grande edificio, quasi quadrato (80,18 x 73,51 m), circondato esternamente da un colonnato ionico di 138 colonne. Al centro c’è un cortile a peristilio con 44 colonne doriche. Tra i due colonnati si sviluppavano camere su tutti e quattro i lati. In età romana, quando l’edificio era usato come residenza dei dignitari romani, nel cortile centrale venne realizzato un lago artificiale decorativo.

A Sud-Ovest del Leonidaion, nel III sec. d.C. fu costruita un’altra foresteria, di cui rimane solo il piccolo bagno, noto, per la sua posizione, come Terme del Leonidaion. È costituita da quattro piccole sale a volta. Fino ad oggi si conservano i pavimenti musivi, il sistema perfezionato di riscaldamento delle pareti ed anche l’eccezionale sistema di rifornimento idrico dell’edificio. Dal V fino al VI sec. d.C. funzionò come laboratorio di produzione del vino e di lavorazione del vetro. È l’unico edificio nel sito archeologico a conservare quasi interamente il suo soffitto.  

Nell’angolo sud-occidentale del Santuario si trova il cosiddetto Edificio sud-occidentale, costruito nel I sec. d.C. Era la sede di un’associazione atletica e molto probabilmente era dedicato all’eroe Eracle. La sua costruzione iniziò al tempo di Nerone e fu completata negli anni di Domiziano (84 d.C.). Il grande peristilio ipetrale che circondava la piscina si trova nella parte settentrionale. Dietro di questo ci sono tre grandi sale e ambienti ausiliari più piccoli (cucina, latrine, ecc.). La facciata settentrionale aveva delle nicchie che, nell’antichità, era ornate con statue. La grande sala centrale disponeva di un sistema di riscaldamento pavimentale (ipocausti). Dall’edificio, il cui scavo è stato completato alla fine degli anni ’90, proviene una lamina di bronzo iscritta con nomi di atleti, che data dal I al IV sec. d.C. ed è esposta nel Museo della Storia dei Giochi Olimpici Antichi.

Al fine di affrontare le necessità in continuo aumento degli spettatori, in età romana furono costruiti nel lato occidentale del Santuario gli Edifici per gli ospiti. Il complesso edilizio è costituito da due grandi case. La prima si trova ad Ovest e data intorno al 170 a.C.; poco tempo dopo fu costruita anche la seconda. Gli edifici seguono il modo di costruire dell’epoca in cui le camere si sviluppavano intorno al peristilio centrale. I bellissimi mosaici che ornavano i pavimenti non si sono conservati.  

Durante il V sec. a.C. vicino al fiume Cladeo furono costruiti i primi Bagni per le necessità degli atleti. Alla fine del IV sec. a.C. le installazioni furono ampliate verso Ovest e nel I sec. a.C. fu eseguito l’ultimo grande intervento con la costruzione di una grande sala a Sud, fornita di ipocausti. Contemporanea alla prima fase dei bagni (V sec. a.C.) era anche l’adiacente piscina (24 x 16 m, prof. 1,60 m), la più antica nota in Grecia. Nella sua parte meridionale furono costruite, in età romana, le Terme del Cladeo; una gran parte della piscina fu trascinata via dal Cladeo, ed oggi pochi sono i suoi resti.

Le Terme del Cladeo occupavano una superficie di circa 400 mq e disponevano di molti ambienti, come atrium, sale per il bagno freddo e caldo, spogliatoio, sudatorio, vasche da bagno, latrine ed anche un piccolo bagno privato. Il lato occidentale del complesso è stato trascinato via dal Cladeo. I muri erano rivestiti con marmi policromi e le belle composizioni musive dei pavimenti si conservano fino ad oggi. L’edificio era lussuoso, con molti e comodi ambienti, riccamente decorati secondo lo spirito dei tempi. Le Terme erano luoghi di riposo e di lusso e non rispondevano semplicemente alle abituali necessità, come invece accadeva con i bagni greci.  

Ad Est dei Bagni si trova l’Heroon, un piccolo edificio quadrato, al cui interno è inscritta una costruzione circolare, che data alla seconda metà del V sec. a.C. In origine funzionava come sudatorio dei vicini Bagni. In età ellenistica e romana fu usato come Heroon, come rivela un piccolo altare di cenere e argilla, che recava un'iscrizione dipinta inquadrata da un ramo d’olivo e rinvenuta all’interno della costruzione circolare. L’eroe al quale era dedicato l’edificio non è stato identificato.

Nella parte occidentale dell’Altis, esattamente di fronte al "Tempio di Zeus, nella seconda metà del V sec. a.C. fu costruita la Bottega di Fidia,dove il grande scultore ateniese realizzò la colossale statua crisoelefantina di Zeus, una delle sette meraviglie del mondo antico. L’edificio ha le stesse dimensioni della cella del tempio di Zeus (lungh. 32,18 m e largh. 14,50 m) e l’interno era diviso in tre navate da due serie di colonne. 

Nella navata centrale, più larga, era stata collocata la statua al tempo della sua realizzazione. La lavorazione dell’oro e dell’avorio avveniva nei vani della Bottega vera e propria, che occupava lo spazio a Sud e lungo il grande edificio. Da questi vani proviene un gran numero di oggetti esposti oggi nel Museo Archeologico.  

Tra il 435 e il 451 d.C. sulle rovine della Bottega fu costruita una Basilica paleocristiana a tre navate. Sulla facciata orientale, dove si trovava l’entrata della Bottega, fu aggiunta l’abside dello hierón (presbiterio), i cui parapetti marmorei si conservano ancora oggi in situ. 

L’entrata della chiesa si trova nel lato meridionale del nartece ed il pavimento era coperto con lastre marmoree. Nel nartece si conservano iscrizioni che ci informano sul rivestimento in marmo del pavimento e sulle professioni dell’epoca. 

La Basilica di Olimpia con tetto di legno, la più antica chiesa paleocristiana nota dell’Elide, fu distrutta dal terremoto del 551 d.C. Della Bottega si sono conservati soltanto gli ortostati dei muri; l’alzato e l’interno dell’edificio appartengono alla chiesa.  

Tra la Bottega di Fidia e la Palestra ci sono le rovine del Theekoleon o Theokoleon, dimora dei theokoloi o theekoloi, sacerdoti dell’Altis, e dei loro aiutanti, cioè gli xyleeis (raccoglievano la legna per i sacrifici), gli esegeti (facevano da guida ai visitatori nell’Altis), gli indovini e altro personale. Fu costruito nel V sec. a.C. ed in origine era costituito da otto camere con un atrium centrale. In età romana fu aggiunto un complesso simile più grande, con atrium e camere, ad Est di quello esistente.  

A Nord del Theekoleon, nella parte occidentale del Santuario si trovano le installazioni atletiche, la Palestra e il Ginnasio. La Palestra, che data al III sec. a.C., è un grande edificio quadrato (66,35 x 66,75 m) con un cortile centrale dorico a peristilio, circondato da portici con diverse camere all’intorno, come lo helaiothesion (ambiente in cui gli atleti si cospargevano il corpo con olio prima dell'allenamento), il konisterion (ambiente in cui si gettavano sabbia sottile sul corpo), latrine, bagni, aule di insegnamento per retori e filosofi, ed altri ambienti. 

Nel cortile centrale gli atleti si allenavano nella lotta, nel pugilato, nel pancrazio e nel salto. Nel lato meridionale l’edificio aveva un portico ionico e in stile ionico erano anche le colonne all’ingresso di ogni camera. Il propilo dorico nell’angolo nord-occidentale era l’entrata principale; due secondarie si trovavano nel lato meridionale. Delle 72 colonne del cortile a peristilio ne sono state restaurate 32. La Palestra comunicava con il Ginnasio tramite una piccola porta, che si trovava quasi al centro del muro settentrionale.  

Il visitatore completa la visita arrivando al Ginnasio. L’edificio fu costruito nel II sec. a.C. e, poco tempo dopo, nel I sec. a.C., nell’angolo sud-orientale, fu aggiunto un monumentale propilo anfiprostilo, in stile corinzio. È costituito da un enorme cortile ipetrale, circondato da quattro portici dorici (120 x 220 m). Nello spazio ipetrale si svolgeva l’allenamento degli atleti nelle gare di corsa, di lancio del disco e del giavellotto. 

Il portico orientale è il cosiddetto «xystòs» ed aveva la stessa lunghezza dello Stadio (192,27 m). Lì si svolgeva l’allenamento dei corridori in caso di condizioni di tempo sfavorevoli (pioggia o canicola). Il Ginnasio è stato esplorato per metà. Il portico occidentale, dove si trovavano gli alloggi degli atleti, è stato trascinato via dal fiume Cladeo.

Agosto 2013

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