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Vicino
alla coste occidentali del Peloponneso, nell'incantevole valle del fiume Alfeo,
"nel luogo più bello della Grecia", secondo Lisia, si trova Olimpia,
il più splendente, il più glorificato Santuario panellenico, dedicato a Zeus,
il padre degli dèi e degli uomini. Sotto il colle del Cranio, ricco di pini,
alla confluenza del piccolo fiume Cladeo con il mitico fiume Alfeo, abbondante
d'acqua, in un luogo che fino ad oggi emana bellezza e tranquillità olimpica,
si estende l'Altis, il bosco sacro di Olimpia.
Qui
furono adorati Zeus e gli altri dèi. Qui nacquero i Giochi Olimpici, i grandi
valori universali ed i puri ideali dell'atletismo e dello spirito olimpico. Qui
gli uomini impararono a competere con le regole della nobile emulazione, mirando
all'elevato ideale dell'armonia della mente e del corpo, solo per l'onore e la
gloria, che simboleggiava l'umile corona di olivo selvatico, il
"kotinos", il premio dei Giochi. Il cammino storico del Santuario è
inscindibilmente legato ai Giochi Olimpici, che venivano celebrati ogni quattro
anni sotto il vigile sguardo del dio sovrano Zeus lanciatore di fulmini. A
questi Giochi, che per più di un millennio forgiarono con i loro ideali
generazioni e generazioni di Greci e diedero una nuova dimensione all'esistenza
umana, Olimpia deve la sua singolarità e la sua fama.
Malgrado
la sua posizione isolata, lontano dai grandi centri della Grecia antica, in un
piccolo angolo del Peloponneso occidentale, nella terra degli Elei, Olimpia ben
presto si sviluppò nel più grande centro religioso ed atletico panellenico. In
tutto il grandioso cammino della sua storia secolare sviluppò fortissimi
legami, sia con la Magna Grecia in Occidente, sia con l'Oriente. Ciò rivelano
anche i miti di Alfeo e di Pelope. Alfeo, un giovane bello, si innamorò
appassionatamente, nella vicina Arcadia, di Aretusa, ninfa di Artemide. Lei, però,
non corrispose e pregò Artemide di liberarla. Così la dea la trasformò in
sorgente a Siracusa in Sicilia. Alfeo, disperato per l'amore irrealizzato,
chiese liberazione a Zeus e il padre degli dèi ebbe pietà di lui e lo trasformò
nel "limpidissimo" più volte lodato re dei fiumi del Peloponneso. Così
con le sue acque che sfociano nel mare Ionio, che continuano il loro cammino
fino ad arrivare in Sicilia per unirsi alle acque dell'Aretusa, il dio fluviale
trovò simbolicamente la sua compagna.
Il
più importante dei numerosi miti locali è quello del mitico eroe Pelope. Da
lui prese il nome il Peloponneso, che fino ad allora si chiamava Apia
dall'albero "leuke o apios" (pioppo), che Eracle aveva portato ad
Olimpia dal fiume Acheronte. Secondo altri il nome proveniva dal re argivo Apis.
Secondo il mito, Enomao, figlio di Ares e re di Pisa, la città che aveva la
tutela del Santuario, aveva una figlia, Ippodamia. A lui, dunque, era stato dato
il terribile vaticinio che sarebbe stato ucciso dal marito della figlia. Per
evitare la fine miserevole, Enomao istituì una gara di corsa coi carri. I
pretendenti dovevano competere con lui nella gara estenuante che aveva
come punto di partenza Olimpia e come arrivo il Santuario di Poseidone
all'Istmo. Il vincitore avrebbe sposato Ippodamia e sarebbe divenuto re di Pisa.
Enomao aveva istituito questa gara perché era sicuro della sua vittoria, in
quanto Ares gli aveva donato cavalli alati invincibili. Ponendo come condizione
che il vincitore avrebbe ucciso il vinto, si liberava degli indesiderati
pretendenti. Generosamente lasciava che ogni candidato partisse per primo, sulla
strada però lo raggiungeva con i suoi cavalli alati e lo uccideva. Tredici
pretendenti avevano già perso la vita quando arrivò ad Olimpia dalla lontana
Lidia Pelope, padre di Atreo e fondatore della stirpe dei Pelopidi, che tanto
soffrì.
L'eroe
era figlio di Tantalo e protetto del dio Poseidone, che, affinché partecipasse
alla gara, gli aveva regalato cavalli alati, con i quali Pelope risultò
vincitore. Una versione del mito riporta che Mirtilo,figlio di Ermes ed auriga
di Enomao, fu corrotto da Pelope ed Ippodamia, della quale era innamorato, e
sostituì le biette metalliche dei mozzi delle ruote del carro con altre di
cera. Quando queste si sciolsero, il carro si disgregò ed Enomao si impigliò
nelle redini e morì. Pelope dopo la sua vittoria uccide Mirtilo affinchè non
rivelasse l'inganno e ne gettò il corpo nel mare ad Est del Peloponneso. Da
allora questo mare si chiama "Mirtoo". Successivamente, per espiare la
sua azione, istituì gare in onore di Zeus, e per ciò era ritenuto il fondatore
di Giochi Olimpici. Ippodamia a sua volta istituì le Heraia, gare di
corsa in onore di Hera, moglie di Zeus, protettrice della famiglia e del
matrimonio. La gara di Pelope ed Enomao è rappresentata nell'imponente
composizione del frontone orientale del tempio di Zeus.
Storia
del Santuario

Età
preistorica (4300-1100 a.C.) - La
storia di Olimpia si perde nelle profondità dei secoli. Le prime tracce di
frequentazione risalgono al Neolitico Finale (4300-3100 a.C.). Nell'Antico
Elladico viene costruito il tumulo che è stato esplorato negli strati inferiori
del Pelopion (2500 a.C.) e poco tempo dopo (2150-1900 a.C.) vengono eretti i
primi edifici absidati e rettangolari. Durante questo periodo alle pendici del
colle Cranio funziona un piccolo santuario nel quale sono adorate divinità
preistoriche, come Gea, Crono, Ilizia, Rea, Eracle Ideo,Temi, il dèmone
Sosipoli e le Ninfe; c'era anche l'antichissimo oracolo di Gea. Costruzioni
preistoriche sono state individuate anche fuori del Santuario, nell'area
circostante.
In
età micenea (XI secolo
a.C.) nell'Elide si insediano gli Etoli con a capo Ossilo e attorno al Santuario
sorge un piccolo abitato, la cui necropoli è stata esplorata sulle colline che
circondano il Museo. Durante questo periodo inizia il culto di Zeus e Olimpia da
luogo di abitazione diventa esclusivamente luogo di culto, restando tale in
tutto il corso della sua storia. Il mito di Pelope e di Enomao, che si svolge in
età micenea, rivela che già in quegli anni vi venivano celebrati Giochi.
Età
geometrica (X-VIII sec. a.C.) - I
numerosissimi ex voto bronzei e fittili
(statuine, tripodi, ed altri) di età geometrica sono una prova che Olimpia
durante questo periodo è già un importantissimo centro religioso panellenico
nonostante la semplice forma che aveva il Santuario. C'è soltanto un bosco
lussureggiante di pini, querce, olivi selvatici, pioppi e platani, l'Altis
(bosco sacro), senza edifici, delimitato da un basso recinto. Tra gli alberi ci
sono il Pelopion (temenos di Pelope), il grande altare di Zeus, la casa
di Enomao, l'Hippodameion (temenos dedicato ad Ippodamia) ed altri altari
più piccoli per il culto degli dèi. I
fedeli appendevano le loro offerte ai rami degli alberi o li depositavano
davanti agli altari. Nell'VIII secolo a.C. i Giochi Olimpici vengono
riorganizzati da Ifito (776 a.C.), re di Elis, la più importante città degli
Elei, a seguito di un vaticinio dell'Oracolo di Delfi. È allora che
acquisiscono un carattere panellenico. Nella stessa epoca viene proclamata da
Ifito anche l'istituzione della ekecheiria
(tregua sacra), la cessazione cioè delle ostilità durante i Giochi. Da questo
periodo e per secoli iniziano lunghi contrasti tra le due potenti città
dell'Elide, Elis e Pisa, per la tutela del Santuario. Alla fine prevarrà Elis,
che sarà la città organizzatrice dei Giochi fino alla fine degli stessi.
Età
arcaica (Vll-VI sec. a.C.) - Vengono
eretti i primi importanti edifici: il tempio di Hera, il Bouleuterion, il
Pritaneo ed i Tesori. Migliaia di preziosi ex voto vengono dedicati da tutto il
mondo greco nel Santuario che in questo periodo conosce una grande prosperità.
Lo Stadio si trova nell'Altis, il bosco sacro, davanti al grande altare di Zeus,
fatto che dimostra il carattere religioso dei Giochi.
Età
classica (V-IV sec. a.C.) - Gli
sconvolgenti avvenimenti che hanno luogo nel mondo greco agli inizi del V
sec. a.C., soprattutto le vittorie dei Greci sui Persiani, influenzano
anche l'arte, che raggiunge ora il suo apogeo. Il Santuario conosce il culmine
più elevato e attraversa un'epoca di grande attività edilizia. Vengono
costruiti l'imponente tempio di Zeus, gli altri Tesori, il Metroon (tempio
dedicato alla madre degli dèi), la Bottega di Fidia, il Theekoleon (dimora di
sacerdoti) e i Bagni. Vengono eseguite delle aggiunte ad edifici preesistenti,
come al Bouleuterion e al Pritaneo. Portici nella parte orientale e meridionale
delimitano l'Altis. Agli inizi del V
sec. a.C. lo Stadio viene trasferito fuori dello spazio sacro, viene
ampliato e dotato di un terrapieno al fine di far fronte alle nuove esigenze
dell'epoca ed ai numerosissimi spettatori; contemporaneamente viene realizzato
l'ippodromo. Verso la fine del IV
sec. a.C. vengono eretti il Leonidaion (foresteria), il Philippeion
(offerta della famiglia reale macedone) e viene ampliato il recinto dell'Aids,
che acquisisce due porte nel lato occidentale ed una in quello meridionale. Nel IV
sec. a.C. vicino al frugale stile dorico compaiono nell'Altis il leggero
stile ionico ed il ricco stile corinzio.
Età
ellenistica (fine del IV-I sec. a.C.) - La
costruzione di edifici monumentali, ormai di carattere civile non più sacro,
continua durante l'età ellenistica. Ad Ovest dell'Aids, vicino al fiume Cladeo
vengono erette installazioni atletiche (Palestra-Ginnasio), per agevolare gli
atleti, che fino ad allora si allenavano nello spazio piano preesistente.
Accanto alle statue degli Olimpionici nell'Altis, vengono ora collocate statue e
monumenti di molti sovrani di regni ellenistici, quali Antigono, Seleuco,
Demetrio Poliorcete, Antioco, ed altri, che in questo modo desiderano dichiarare
la loro presenza e la loro potenza in Grecia. Tra essi risaltava in maniera
particolare il monumento di Tolomeo ed Arsinoe.
Età
romana (I sec.
a.C.-IV sec. d.C.) - In età romana,
che è caratterizzata dalla decadenza dello spirito olimpico ed agonistico dei
Giochi, il programma edilizio nel Santuario continua con la costruzione di
imponenti edifici, adattati completamente allo spirito dell'epoca, come il
Ninfeo (fontana monumentale), le Terme (impianti di bagni), lussuose ville e
edifici per gli ospiti. Anche se viene saccheggiato dal generale romano Siila
(87 a.C.), il Santuario prospera e conosce una particolare acme al tempo di
Augusto. Il II sec. d.C., quando Pausania visitò Olimpia, costituisce un
periodo di rinascita sia del Santuario sia dell'antichissimo oracolo. Agli inizi
del III sec. d.C. Caracalla (211-217 d.C.) concedette il diritto di cittadinanza
romana a tutti i sudditi dell'impero romano ed i Giochi Olimpici da panellenici
divennero universali.
Poco
tempo dopo, nel 267 d.C., sotto la minaccia dell'incursione della tribù
germanica degli Eruli, che però non arrivarono mai fino ad Olimpia, vengono
frettolosamente costruite delle mura per la protezione del tempio di Zeus e
della parte meridionale dell'Altis. Per la loro costruzione fu usato materiale
edilizio proveniente dai Tesori, dal Bouleuterion, dal Leonidaion, dal Metroon,
dal Portico di Eco e dal propilo del Pehpion, che furono tutti gravemente
danneggiati.
Età
paleocristiana - fine della vita del Santuario (IV-VII sec. d.C.) - Nel
393 d.C. l'imperatore di Bisanzio Teodosio I
con un editto abolisce i Giochi Olimpici. Poco tempo dopo, Teodosio II
ordina l'incendio dei monumenti (426 d.C.) e la cessazione del funzionamento dei
Santuari antichi. La distruzione degli edifici di Olimpia viene completata da
due grandi terremoti nel 522 e nel 551 d.C. Durante questo periodo un piccolo
abitato rurale si sviluppa nell'Altis, tra il tempio di Zeus e lo Stadio fino
alla Basilica Paleocristiana, che fu costruita sulle rovine della Bottega di
Fidia. Il luogo viene definitivamente abbandonato nel VII sec. d.C. e pian piano
viene sepolto dalle frane del Cronio e dalle alluvioni dell'Alfeo. Olimpia passa
nell'oblio per secoli, fino al XIX,
quando gli scavi mettono in luce i maestosi monumenti e ridanno vita alla
storia del luogo sacro. La ricerca di scavo viene continuata ad intervalli fino
ad oggi dall'Istituto Archeologico Germanico di Atene. Nel 2002-2004,
nell'ambito di un grande programma di conservazione dei monumenti dell'Altis ad
opera del Ministero della Cultura, sono stati oggetto di restauro tutti i
mosaici degli edifici e le iscrizioni litiche; in collaborazione con l'Istituto
Archeologico Germanico è stato realizzato un difficile e nel contempo
sorprendente programma di anastilosi del tempio di Zeus e del Phìlippeion.
Sito
archeologico
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1. Propilei a
Nord-Est – 2. Pritaneo – 3. Philippeion – 4. Heraion –
5. Pelopion – 6. Ninfeo di Erode Attico – 7. Metroon
8. Terrazza dei Tesori – 9. Portico nascosto – 10. Stadio –
11. Echo Stoà – 12. Edificio di Tolomeo II e Arsinoe
II 13. Stoà di Estia – 14. Edificio ellenistico –
15. Tempio di Zeus – 16. Altare di Zeus – 17.
Ex-voto di Acaia – 18. Ex-voto di Mikythos – 19. Nike di Peonio
di Mende – 20. Ginnasio – 21. Palestra –
22. Theokoleon – 23. Heroon – 24. Officina di Fidia e basilica
paleocristiana – 25. Terme del Cladeo – 26. Bagni
greci – 27 e 28. Ostelli – 29. Leonidaion – 30. Bagni
a Sud – 31. Bouleuterion – 32. Stoà a Sud – 33. Villa
di Nerone
Treasuries. I. Sicyon – II. Siracusa – III. Epidamnus ?
– IV. Byzantium ? – V. Sybaris ? – VI. Cirene ?
– VII. Non identificato – VIII. Altar ? – IX. Selinunte –
X. Metapontum – XI. Megara – XII. Gela
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Vagando
tra le antiche rovine, non si può che pensare che, sia la storia, sia la natura
donarono generosamente al luogo sacro gloria eterna e bellezza. Le rovine si
estendono a Sud-Ovest del colle Cronio, tra gli alberi, gli oleandri ed i fiori
selvatici, i ciclamini e gli anemoni che fioriscono ovunque, offrendo con un
eccezionale tripudio di colori uno spettacolo unico agli odierni pellegrini di
Olimpia.
La
parte centrale del sito archeologico è occupata dall'Altis, il Santuario
principale, definito da un recinto, dentro il quale si trovano i templi, i
Tesori e gli altari. Nell'antichità tra questi monumenti c'erano centinaia di
statue, offerte in bronzo e in marmo, che però non si sono conservate fino ad
oggi. Ad Est dell'Altis si estende lo Stadio e ad Ovest ci sono gli edifici
ausiliari: installazioni sportive (ginnasio, palestra), bagni, terme,
foresterie, botteghe e altri ancora, divisi dall'Altis dalla Via Sacra, che
attraversa il Santuario da Nord a Sud.
Scendendo
la Via Sacra, il primo edificio a sinistra sono le Terme del Cronio o
Terme settentrionali. Si tratta di un grande complesso edilizio di età romana,
costruito sopra un edificio e bagni di età ellenistica. Attorno alla cisterna
centrale, circondata da un peristilio, si sviluppano molte camere e spazi
ausiliari.
I
pavimenti del
peristilio sono ornati con meravigliosi mosaici di età romana: Tritone su un
carro tirato da ippocampi; Nereide sopra un toro marino e delfini. Nel III
secolo d.C. le terme furono distrutte da un terremoto, ma vennero
successivamente riparate e ampliate. Ne lV secolo d.C. l'edificio funzionava
come luogo di elaborazione di prodotti agricoli (produzione di vino) e
laboratorio di ceramica.
Un
po' più a Sud si trova il Pritaneo. Era il
luogo in cui vivevano i pritani:
i magistrati incaricati della direzione economica e dell'amministrazione, della
programmazione dei giochi celebrati ogni quattro anni ad Olimpia
e avevano anche la responsabilità dei sacrifici sugli altari.
Il
Pritaneo si trova a nord-ovest del tempio di Hera, nell'angolo nord-est
dell'Altis e ai piedi del Monte Cronio.
La sua costruzione iniziò alla fine del Vl - inizi del V
secolo a.C.
Il
pritaneo originale era costituito da un quadrato di 32,80 m. Il luogo in cui si
trovava l'altare di Estia era una stanza quadrata di 6,5 m di lato.
Fu
sede di una variegata serie di funzioni amministrative, pubbliche, liturgiche e
festive. Il suo nome, è dovuto alla dimora abituale dei pritani, da qui il nome
di pritaneo. Oltre ad essere la sua residenza permanente, gli incontri
deliberativi o esecutivi avevano luogo qui.
Sulla
facciata nord c'era un colonnato, uno spazio per la celebrazione dei grandi
banchetti ufficiali. C'erano inoltre le cucine e i lavandini che probabilmente
occupavano le stanze situate negli edifici ad ovest e la sala da pranzo per
l'uso quotidiano. Questa presunta distribuzione è corroborata dalle scoperte
archeologiche ottenute durante gli scavi, poiché c'erano una varietà di vasi,
scodelle e vari oggetti domestici nell'angolo ovest.
L'aspetto
pubblico e festoso del Pritaneo era incentrato sull'essere il luogo destinato ai
grandi banchetti ufficiali che la polis ospitante teneva per coloro che
partecipavano all'Olimpiade, così come agli atleti vincitori. Oltre al
banchetto ufficiale che si svolgeva nella grande sala da pranzo o Hestiatorio,
c'era anche un'altra stanza più piccola per l'uso quotidiano e che
probabilmente serviva come la solita sala da pranzo per gli atleti registrati
per partecipare ai giochi.
Nelle sale del
lato settentrionale o occidentale si svolgevano i banchetti ufficiali in onore
degli Olimpionici. In uno dei vani centrali c'era un altare di Estia, dove
ardeva perennemente il fuoco sacro. Su questo altare, primi fra tutti,
sacrificavano gli Elei nel primo giorno dei Giochi.

Entrando
nell’Altis, il visitatore scorge per primo il Philippeion vicino
all’entrata nord-occidentale del recinto sacro. L’edificio deve il nome al
re di Macedonia Filippo II, che lo dedicò a Zeus dopo la sua vittoria nella
battaglia di Cheronea nel 338 a.C. Dopo la morte di Filippo, nel 336 a.C.,
l’edifìcio fu completato dal figlio, Alessandro Magno.
E
un edificio circolare (diam. 15,25 m) con 18 colonne ioniche all’esterno e 9
semicolonne corinzie all'Interno. Aveva una trabeazione ionica e un tetto di
marmo, la cui sommità finiva in un calice di fiore in bronzo.
La tholos doveva
rappresentare il monumento dinastico degli Argeadi e
ospitava al suo interno statue criselefantine dello stesso Filippo, di suo
padre, Aminta,
di sua madre Euridice, di sua moglie Olimpiade e
di suo figlio Alessandro Magno, opere dello scultore Leocare.
Sopra
una crepidine di
tre gradini, l'edificio consisteva di una cella a
pianta circolare, costruita in opera
quadrata isodomica con blocchi di poros,
circondata da una peristasi di 18 colonne di ordine
ionico, sempre in poros, rivestito di stucco, ad eccezione della sima,
che era in marmo e decorata da un anthemion dipinto.
Le
proporzioni di quest'ordine ionico sono caratterizzate da un interasse ampio
(3,5 volte il diametro di base del fusto) e da fusti snelli (alti circa 10 volte
il diametro), mentre la traveazione è in proporzione più grande:
presenta, infatti sia il fregio continuo,
sia la cornice con dentelli (che
nell'ordine ionico di classico non
si presentano mai insieme): si tratta di uno dei primi edifici a mostrare questa
compresenza, che sarà poi normale nell'architettura
romana.
La
struttura presenta un diametro complessivo di 15 metri. Alla cella si accedeva
da un portale inquadrato da finestre e le pareti interne erano arricchite da 9
semicolonne di ordine
corinzio sopraelevate sopra uno zoccolo. Al centro era un basamento
semicircolare, destinato ad ospitare le statue di Leocare.
Il
Philippeion, unico edificio circolare dell’Altis, è ritenuto tra i più
eleganti edifici antichi. La famiglia reale macedone lo dedicò al più
importante Santuario, come segno della sovranità assoluta in terra greca.
L’eccezionale programma di anastilosi del monumento è stato completato nel
2005.

Ad
Est del Philippeion si trova l’Heraion, tempio dedicato dagli abitanti
di Scillunte, alleati dei Pisati, alla dea Hera. In origine vi era adorato anche
Zeus. Costituisce uno degli esempi più antichi di architettura templare
monumentale in Grecia e data al 600 a.C. circa. E' in stile dorico, con 6
colonne sui lati corti e 16 su quelli lunghi (50,10 x 18,76 m) ed è costituito
da pronao, cella e opistodomo. La cella è divisa in tre navate con due serie di
otto colonne doriche; muretti trasversali rispetto ai muri della cella
all’altezza di ogni seconda colonna formavano cinque piccole nicchie. Il
pronao e l’opistodomo avevano due colonne in antis.
La
pianta, particolarmente oblunga, del tempio di Hera è una delle caratteristiche
dei templi dorici dell'età arcaica. Secondo una teoria nello stesso posto
preesisteva un tempio di Hera, costruito nel 650 a.C. con pronao e cella. Nel
600 a.C. fu aggiunto lo pteron e l’opistodomo.
Le
colonne, alte 5,21 m, in origine erano lignee e gradualmente furono sostituite
con altre litiche. Quando Pausania visitò Olimpia nel 170 d.C. c’era ancora
una colonna lignea nell’opistodomo del tempio. Dal momento che la sostituzione
delle colonne avveniva gradualmente, quelle nuove e soprattutto i capitelli non
erano uguali tra di loro, perché seguivano lo stile dell’epoca durante la
quale venivano realizzati. Cosi, sul tempio viene impressa l’intera evoluzione
dello stile dorico dall’età arcaica a quella romana.

Nelle
cavità rettangolari poco profonde delle colonne dello pteron erano collocate
immagini dipinte delle vincitrici delle Heraia. In pietra conchiglifera erano
state costruite la parte inferiore del tempio e le colonne, quando venivano
sostituite. L’alzato dei muri era costituito da mattoni crudi, la trabeazione
era di legno con rivestimento fittile dipinto, e la copertura in tegole fittili.
L’angolo centrale del frontone era ornato con un grande acroterio fittile a
forma di disco, esposto oggi nel Museo Archeologico di Olimpia. Sul fondo della
cella, lì dove oggi si conserva una base litica, erano erette le statue di
culto di Zeus ed Hera. Ogni 4 anni 16 nobili donne elee, che organizzavano le
Heraia, tessevano un nuovo peplo per la dea e lo deponevano sulla statua di
culto della divinità.
Nell’Heraion
era custodito il disco di Ifito, sul quale era inciso il trattato della
ekecheiria (tregua sacra). Un altro importante ex voto
era la tavola di Colore, allievo di Rasitele, fatta in oro ed avorio, sulla
quale venivano collocate le corone di olivo selvatico con cui erano coronati gli
Olimpionici. Nell’opistodomo si trovava l’arca di Cipselo, offerta dei
discendenti del tiranno di Corinto, fatta di legno, oro ed avorio e decorata con
molte scene mitologiche. Di queste opere, che non si sono conservate, abbiamo la
descrizione dettagliata e preziosa di Pausania. Durante gli scavi nella cella
dell’Heraion è stata rinvenuta la celebre statua dell’Ermes, opera del
grande scultore Prassitele. In età romana il tempio fu trasformato in una
specie di Museo, in cui erano custoditi alcuni tra i più preziosi ex voto del
Santuario; nel pronao erano state collocate statue di nobili donne elee.
Nell’angolo
nord-occidentale del tempio una piccola scala conduceva all’antichissimo
Santuario di Gea, ai piedi meridionali del Cronio.
Davanti
al tempio c’è un altare litico di Hera. Lì avviene oggi
l’accensione della Fiamma Olimpica, la cerimonia istituita nel 1936 durante le
Olimpiadi di Berlino, che segna l’inizio dei Giochi Olimpici moderni. La
fiamma sacra, simbolo di pace e di riconciliazione dei popoli, viene accesa con
uno specchio grazie ai raggi del sole. Quindi da una processione di sacerdotesse
viene trasportata nello Stadio dove la prima sacerdotessa la consegna al primo
corridore: ha così inizio il lungo viaggio della fiamma che porta dalla culla
dell’Olimpismo il messaggio di pace in tutto il mondo.

A
Sud dell’Heraion si trova il Pelopion, temenos dedicato all’eroe
Pelope. L’enorme tumulo (diam. 27 m) e il suo recinto litico nei suoi strati
inferiori datano all’Antico Elladico II (2500 a.C.) e costituiscono la più
antica costruzione dell'Altis. Evidentemente in quell’epoca vi era adorata una
divinità preistorica, probabilmente in rapporto alla fecondità.
Successivamente il posto del tumulo preistorico venne occupato dal Pelopion. Lo
spazio, strutturato nel VI sec. a.C., fu circondato nel V sec. a.C. da un
recinto pentagonale, con propilo dorico monumentale nell’angolo sud-orientale.
Nell’antichità, all’interno del recinto c’erano alberi e statue. Come ci
informa Pausania, ogni anno gli arconti sacrificavano nello spazio del Pelopion
un ariete nero per onorare l’eroe morto.
Ad
Est del Pelopion molto probabilmente c’era l’Hippodameion, temenos dedicato
alla moglie di Pelope, Ippodamia. La sua ubicazione precisa non è stata ancora
individuata. In quest’area doveva esserci anche l’unica colonna lignea
rimasta della casa di Enomao, che era stata distrutta da un incendio, come
riporta Pausania.
A
Sud-Est dell’Heraion sono stati esplorati sei edifici preistorici, di cui è
oggi visibile solo l’edificio III. E' a pianta absidata e data alla
fine dell’Antico Elladico III (2150-2000 a.C.). Le ultime ricerche hanno
rivelato che durante questo periodo c’erano contatti con la civiltà Cetina
delle coste della Dalmazia. Questi edifici e il tumulo preistorico sotto
l’adiacente Pelopion costituiscono le più antiche
costruzioni del Santuario e furono realizzate nel periodo in cui nell’area
erano adorate le divinità preistoriche. Nel Medio Elladico I (2000-1900 a.C.)
sopra gli edifici absidati ne furono costruiti altri rettangolari.
Successivamente lo spazio fu interrato e strutturato per la costruzione degli
edifici del periodo storico.

Nell’area
che si estende ad Est del Pelopion e dell’Heraion molto probabilmente si
trovava il grande altare di Zeus, che per secoli costituì il nucleo del
culto del dio. Dell’altare non si è conservata traccia, è attestato però
dalla presenza di uno spesso ed esteso strato di cenere. Secondo il mito la
posizione dell’altare fu decisa dallo stesso Zeus con un fulmine lanciato
dall’Olimpo.
Per
i sacrifici veniva usata soltanto legna di pioppo bianco, come aveva fatto
Eracle nei sacrifici a Zeus. Sopra una crepidine alta 3 m circa (protisi,
piattaforma per l’altare) si elevava l’altare vero e proprio, a forma di
cono, che si veniva a formare dall’accumulo delle ceneri dei sacrifici e di
quelle del focolare del Pritaneo. Si calcola che raggiungesse un’altezza di
6,50 m e che avesse un perimetro di 9,50 m.
Il
sacrificio degli animali avveniva sulla protisi; successivamente i sacerdoti
trasportavano le cosce sulla sommità dell’altare e le bruciavano. Pausania,
dal quale abbiamo le informazioni sul monumento, riporta che nel diciannovesimo
giorno del mese Elafio (fine Marzo) veniva trasportata la cenere dal focolare
del Pritaneo, sacro ad Estia, veniva mescolata con acqua soltanto del fiume
Alfeo e con l’impasto veniva intonacato l’altare, che verosimilmente venne
distrutto negli anni degli imperatori Teodosio I e II.
A
Nord-Est dell’Heraion si trova il Ninfeo. Si tratta dei resti
dell’acquedotto offerto al Santuario dal mecenate Erode Attico e dalla moglie
Regilla nel 160 d.C. La fornitura di acqua era sempre stata un problema dovuta
all'elevato numero di visitatori al Santuario, soprattutto in estate quando
avvenivano i Giochi
Olimpici. Con il passare del tempo il problema si aggravò, non solo
per l'aumento di visitatori, ma anche per la costruzione dei bagni romani, il
cui funzionamento aveva contribuito a diminuire notevolmente la portata di acqua
disponibile. Per risolverlo, venne costruito il ninfeo come parte finale di
un acquedotto che conduceva l'acqua da una fonte situata a est.
La
costruzione principale consisteva in un contenitore semicircolare di 16,62 m
posto di fronte allo sbocco dell'acquedotto. Da questo primo approvvigionamento
e tramite cinque gargolla con
forma di testa di leone in marmo, l'acqua cadeva in una grande pila rettangolare
di 3,76 m di profondità per 21,90 di lunghezza, da dove il liquido tornava a
fluire tramite altre 83 gargolla in una prima conduttura esterna, che ne
assicurava la distribuzione lungo tutto il recinto e lo Stadio.
All'esterno
il complesso era ornato da un frontone che occupava 34 m di larghezza per 17 di
altezza. Le fondazioni e le strutture della base erano fabbricate con mattoni
coperti di marmo. Ad entrambi gli estremi del grande serbatoio inferiore
rettangolare furono innalzati due templi in forma di chiosco con tetto e peristilio e
una fonte in miniatura al suo interno. Sopra la grande pila rettangolare del
livello superiore si levava un muro semicircolare, che nella parte alta aveva
una serie di nicchie con piccole colonne. Nella sommità del muro e nella parte
centrale, si trovavano collocate le statue degli imperatori romani, Adriano,
Antonino Pio e Marco
Aurelio. Nelle 13 nicchie inferiori c'erano, nei due spazi centrali, le
statue in posizione frontale di Erode Attico e della moglie Regilla; le restanti
erano della famiglia di Erode e della famiglia imperiale.
Sul
muro che separava il ricettacolo semicircolare superiore e il grande serbatoio
rettangolare inferiore, era posto un toro di marmo, con la testa rivolta a est e
con un'iscrizione sul dorso menzionante Regilla, sacerdotessa di Demetra,
che consacrava l'acqua e la struttura a Zeus.
Pausania,
nella sua Periegesi
della Grecia, non parla del Ninfeo. Gli archeologi come Alfred Mallwitz
giustificano l'omissione ragionando sul fatto che quando il geografo era a
Olimpia, non era ancora stato costruito. Ciò nonostante Drees, partendo
dal presupposto che Pausania abbia visitato Olimpia nell'anno 174 e che
l'edificio fosse stato costruito per gratitudine di Erode per la nomina di sua
moglie come sacerdotessa nell'anno 155, opina che Pausania abbia
prestato poca attenzione, nella sua opera di descrizione, agli edifici
funzionali.
Nelle
cisterne veniva concentrata l’acqua portata con condotti dalle sorgenti delle
colline della zona circostante. Tramite l’acquedotto l’acqua veniva
trasportata con canali in tutto il
Santuario. Molte delle statue del Ninfeo sono esposte nel Museo Archeologico.

Ai
piedi meridionali del Cronio, ad Est del Ninfeo e ad un livello più alto, in età
arcaica fu strutturata una terrazza artificiale, sulla quale furono costruiti i Tesori.
Si tratta di piccoli edifici a forma di tempio con pronao e cella, offerte di
varie città al Santuario. Presero il nome dai preziosi ex voto, che in epoche
posteriori erano lì custoditi.
La
sua costruzione risale all'inizio del VI secolo a.C. Per le colonie greche del
Mediterraneo occidentale, situate lontano dalle loro metropoli, il legame più
unificante era la loro fede nel grande dio Zeus adorato specialmente ad Olimpia,
al quale era necessario periodicamente offrire sacrifici per onorarlo e avere il
suo favore. Siccome per le cerimonie sacrificali erano necessari recipienti e
utensili adatti e preziosi, oltre a un luogo sicuro per tenerli, sorse l'idea
della costruzione delle varie camere dei Tesori, che a spese di da ogni città
furono erette ai piedi del monte
Cronio. Dei dodici tesori costruiti solo dieci sono stati identificati,
da ovest ad est sono stati dedicati da: Sicione, Siracusa, Epidamno, Bisanzio, Sibari, Cirene, Selinunte, Metaponto, Megara e Gela.
Il tesoro meglio conservato e più antico è quello dedicato da Sicione. Pausania cita
dieci dei dodici che esistevano perché quando visitò Olimpia, due degli
edifici del complesso sarebbero stati distrutti per far posto al sentiero che
portava dal Santuario al Monte Cronio.
Il
Drees osserva che con la costruzione dei loro rispettivi tesori, le varie
colonie volevano anche adempiere ad un dovere devozionale, raggiungere fama e
notorietà politica davanti ai loro concittadini d'origine. Quindi, tutte
le polis (città) che le costruirono erano di popolazione Dorica, poiché
Olimpia era il principale Santuario dei Dori.
Negli
edifici della Terrazza dei Tesori non dovevano essere conservati oggetti
artistici di grande valore, ma è anche molto probabile che nelle casse dei loro
recinti si depositassero somme considerevoli dalle varie offerte fatte a Zeus e
al resto delle divinità onorate nell'Altis.
Quindi, come afferma Drees, Olimpia deve essere diventata un importante centro
finanziario, che ha contribuito alla sua reputazione e al suo potere, come
dimostra il fatto che la Lega
del Peloponneso durante la guerra
del Peloponneso aveva aiuti finanziari dei capi Elei.
Architettonicamente
i Tesori sono stati costruiti mantenendo un ordine precostituito. Generalmente
offrivano l'aspetto di un tempietto con due colonne sul davanti che formavano
una specie di anticamera e che conteneva un arco e un frontone sullo stesso
ingresso. Alcuni dei frontoni erano decorati con rilievi e gruppi scultorei.
Lo
spazio interno, ad eccezione di quello di Gela,
aveva una forma rettangolare e consisteva in un'unica camera in cui tutti gli
oggetti preziosi venivano depositati e custoditi, e se venivano lasciati
all'aperto, erano in pericolo di deterioramento, perdita o furto.
Tutti
i piccoli edifici erano stati rialzati su una specie di terrazzo a tre metri
sopra il livello medio dell'Altis, che era formato da gradini di pietra porosa
che avrebbero dovuto essere costruito dopo i tesori, probabilmente nell'anno 330
Sullo sfondo, un muro delimitava le camere della base del Monte Cronio che,
oltre a servire per impedire i trascinamenti di terra e le frane, chiudeva
l'eventuale ingresso al Santuario in quel punto. È stato anche costruito in una
data successiva al complesso principale.
Il
tesoro di Sicione venne
eretto tra la fine del VI
secolo e l'inizio del V
secolo a.C. È l'edificio di cui sono stati conservati più resti.
Il tesoro era l'offerta di Mirone, tiranno di Sicione. Era fatto di pietra
calcarea, con un soffitto di marmo interno, un lusso che a Olimpia aveva solo il Tempio
di Zeus Olimpico.
Le
sue dimensioni interne erano 6,40 metri di larghezza per 11,78 metri di
profondità. Le colonne della facciata misuravano 3,85 m.
Pausania descrive
vari oggetti nella stanza del tesoro: "Ci sono tre dischi che vengono usati
per la prova del pentathlon. C'è anche uno scudo di bronzo che adornato con
dipinti all'interno, un elmo e alcuni schinieri con lo scudo. Tra le armi è
inscritto che sono quelli offerti dai mioni come primizia a Zeus... C'è anche
la spada di Pelope con
l'elsa d'oro, un corno di Amaltea,
offerta di Miltiade". Alla fine egli riferisce di aver visto "una
statua di Apollo in bosso con la testa incolta, offerta dai Locresi,
opera di Patrocle,
figlio di Catilo di Crotone".
Per
la costruzione del Tesoro di Siracusa, i siracusani si procurarono il
materiale di base costituito da pietra bianca proveniente da Siracusa.
A causa della forma dell'edificio e della sua enclave, sembra che sia stato
eretto sfruttando uno spazio intermedio lasciato vuoto, ed è probabile che
la sua struttura sia stata demolita prima che fosse eretto il muro di protezione
posteriore.
Il
Tesoro di Epidamno
è stato creato da Pirro e dai suoi figli Lacrate e Ermone. Si diceva che
tenesse come le offerte del mondo tenuto da Atlante e Eracle,
il melo, l'albero delle Esperidi,
con un serpente attorcigliato al melo, fatto di legno di cedro.
Il
Tesoro di Megara contava
su una Gigantomachia artistica,
le cui figure erano dipinte di blu e le armi usate, in rosso.
Sul
tesoro dei megaresi,
Pausania fornisce una descrizione dettagliata. Evidenzia l'esistenza di piccole
figure di cedro intarsiate d'oro, che rappresentavano la battaglia di Eracle
contro Acheloo.
Lì appaiono Zeus, Deianira,
Acheloo, Eracle e Ares che succedono ad Acheloo. C'era anche una statua di Atena
come alleata di Eracle, ma quando Pausania li vide, era vicino alle Esperidi
dell'heraion.
Nel
frontone del tesoro è scolpita la guerra dei giganti e degli dei. Sopra il
frontone c'è uno scudo che mostra i megaresi che hanno dedicato il tesoro
quando hanno sconfitto i Corinzi.
Il
Tesoro di Metaponto, costruito
accanto al Tesoro di Selinunte,
contiene una rappresentazione di Endimione in
avorio, ad eccezione del vestito. Polemone
di Ilio riferisce che in questo tesoro c'erano molte tazze di
diversi tipi, d'oro e argento. Pausania ignora il motivo della distruzione
del Tesoro. Sottolinea che a suo tempo solo un teatro e una parte del recinto
del muro sono rimasti in piedi a Metaponto.
Nel
Tesoro di Cirene c'erano
statue di imperatori
romani.

Il
Tesoro di Gela o Geloón offerto
dai cittadini di Gela era il Tesoro incentrato nell'estremo est della Terrazza
nelle immediate vicinanze con il passaggio di ingresso allo Stadio di Olimpia.
Era forse l'edificio più completo e meglio costruito di tutti, e aveva
un'anticamera. La sua costruzione originale che avrebbe dovuto aver luogo nel VI
secolo a.C., era orientato a ovest e in tempi successivi e in seguito
alla necessità di allineare tutti gli edifici che si trovavano sul terrazzo
quando fu disegnato, fu cambiato l'ingresso del Geloón, che era orientato a
sud, dotandolo di un portico. Pausania vide l'iscrizione dedicatoria
dell'edificio in cui erano conservate una serie di statue di cui non ne era
rimasta nessuna.
I
sibariti costruirono il Tesoro di Bisanzio e Sibari vicino a quello dei
Bizantini. Bisanzio, insieme al tesoro di Cirene ed Epidamno erano gli
edifici più ornati con rappresentazioni scultoree nei loro rispettivi frontoni.
Davanti alla terrazza dei Tesori si trova il Metroon, un piccolo tempio
dorico (20,67 x 10,62 m) del IV secolo a.C. dedicato a Rea, la madre degli déi,
che successivamente fu chiamata Cibele. Il tempio aveva 6 colonne sui lati brevi
e 11 su quelli lunghi ed è costituito da pronao, cella e opistodomo.
In
età romana fu usato come luogo di culto degli imperatori romani le cui statue
erano state poste nella cella. Nel Metroon è stato rinvenuto anche un tronco di
una statua di Augusto di dimensioni colossali oggi custodito al Museo
Archeologico di Olimpia.

Agosto
2013
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