Sito archeologico di Mystras
  

PATRIMONIO DELL'UMANITÀ DAL 1989

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Mistra o Mistrà era una città fortificata nel Peloponneso meridionale (chiamato nel medioevo Morea), alle pendici del monte Taigeto, vicino all'antica Sparta. Dista circa 8 km dalla moderna città di Sparta. Fu la capitale del Despotato bizantino di Morea.  

Nel 1249, Mistrà divenne sede del principato latino di Acaia, creato nel 1205 dopo la conquista di Costantinopoli da parte dei crociati nel corso della Quarta crociata. Il principe Guglielmo II di Villehardouin, pronipote dello storico della Quarta crociata, Goffredo di Villehardouin, vi costruì un palazzo.

Nel 1259 Mistrà fu ceduta dai latini insieme ad altre piazzeforti, come riscatto per Guglielmo II, che era stato catturato nella battaglia di Pelagonia. L'imperatore bizantino Michele VIII Paleologo, fece della città la sede del Despotato di Morea. Rimase la capitale del despotato, sotto il controllo dei parenti dell'imperatore, sebbene i veneziani controllassero la costa e le isole. Mistrà e il resto della Morea conobbero una certa prosperità, se comparata alla situazione del resto dell'Impero bizantino nel 1261. Sotto il despota Teodoro, Mistrà divenne la seconda città più importante dell'impero dopo Costantinopoli e il palazzo di Guglielmo II divenne la seconda residenza imperiale.

L'ultimo imperatore bizantino, Costantino XI Paleologo (che venne ucciso durante la presa di Costantinopoli da parte dei Turchi ottomani nel 1453), era stato in precedenza despota di Mistrà. Demetrio Paleologo, ultimo despota di Morea, si arrese e consegnò la città al sultano ottomano Maometto II nel 1460. 

veneziani conquistarono Mistrà nel 1687 e la tennero fino al 1715. Nuovamente riconquistata dai turchi, rimase nelle loro mani fino al 1832, quando fu abbandonata allorché Ottone I di Grecia decise di ricostruire l'antica città di Sparta. Mistrà si spopolò lentamente e tuttora è abitata da non più di 1.500 persone (4.000 nell'intero territorio comunale).

Alla fine del XIV secolo, la maggior parte dei greci viveva in territorio ottomano e molti altri erano sotto l'autorità dei veneziani o di altri signori italiani. L'imperatore bizantino governava una compagine territoriale assai ridotta. Tuttavia, Costantinopoli continuò ad attrarre gli intellettuali dell'Impero, siano essi teologi, storici o scienziati. Inoltre, accolse anche molti italiani, attratti dallo studio del greco antico. A metà del XIV secolo, Salonicco era anche rinomata per la sua erudizione, più a est, l'Impero di Trebisonda aveva le sue rinomate scuole per lo studio della matematica e dell'astronomia, anche se molti studiosi si trasferirono a Costantinopoli. Alla fine del XIV secolo, Mistrà divenne una capitale culturale.

Con il raggiungimento del rango di capitale del Despotato, Mistrà attirò l'attenzione degli intellettuali bizantini. A metà del IV secolo, il teologo Demetrio Cidone, segretario, primo ministro e amico di Giovanni VI, vi si stabilì e portò nel mondo culturale bizantino i testi di Tommaso d'Aquino. La presenza di despoti che erano essi stessi degli studiosi, come Manuele e Matteo Cantacuzeno, facilitò anche l'insediamento di intellettuali nella città. Le frequenti visite del padre, l'imperatore Giovanni VI, considerato uno dei più grandi studiosi del suo tempo, aumentarono il prestigio della città. Anche se la maggior parte dei testi copiati nella Morea fino al XIV secolo erano testi religiosi, teologici e liturgici, oltre a qualche trattato di medicina e di diritto, l'arrivo di una nuova aristocrazia da Costantinopoli permise l'introduzione di opere classiche come le Vite Parallele di Plutarco, che un nobile tessalonicese arrivato a Mistra contemporaneamente al despota Matteo, Demetrio Casandeno, aveva copiato per sé nel 1362, l'Anabasi di Arriano (1370), Erodoto (1372), e autori contemporanei come Niceforo Gregorio, che manteneva un rapporto epistolare con Manuele e Demetrio.

Tuttavia, ciò che ha reso Mistrà di fama internazionale tra gli studiosi è stata la visita del filosofo Gemisto Pletone all'inizio del XV secolo. Pletone, le cui idee non piacevano alla Chiesa, fu invitato a lasciare Costantinopoli. Si stabilì a Mistra intorno al 1407, su suggerimento del suo amico l'imperatore Manuele. Fu in questo periodo che iniziò il governo di Teodoro II, il più erudito dei figli di Manuele. Pletone, un seguace di Platone, disapprovava la costituzione democratica dell'antica Atene. Seguace di Licurgo, preferiva la disciplina spartana e ora poteva vivere e insegnare nelle immediate vicinanze della città di Licurgo, ovvero l'antica Sparta. Tranne nel 1438-1439, Pletone trascorse il resto della sua vita a Mistrà, dove fu membro del Senato e magistrato. Vi morì il 26 giugno 1452, all'età di 98 anni. Pletone credeva che il despota dovesse avere pieni poteri, ma dovesse essere circondato da un consiglio di uomini di tutti i ranghi della società, scelti per la loro moderazione e devozione. Pleto sosteneva una divisione della società in due classi: i soldati e i contribuenti (mercanti, agricoltori e contadini), per sostenere i costi dell'esercito. Pletone si espresse anche sulla schiavitù e credeva che il despota e i suoi ministri dovessero avere solo un numero limitato servi chiamati come gli antichi Iloti. La presenza di Gemisto Pletone a Mistrà attirò altri intellettuali. 

Già nel 1409, un giovane ecclesiastico di nome Isidoro fu scelto per recitare l'elogio in onore di Teodoro I. Questi fu allievo di Pletone fino al 1413, divenne in seguito metropolita di Monemvassia, poi metropolita di Kiev e capo della Chiesa russa, quindi patriarca latino di Costantinopoli. Giorgio Scolario visitò più volte Mistrà negli anni 1430. Anche Giovanni Bessarione, una grande figura intellettuale del XV secolo, trascorse diversi anni a Mistra. Questi fu forse l'allievo più famoso di Pletone, che arrivò a Mistrà nel 1431 e vi trascorse sei anni. Dopo il soggiorno italiano di Pletone (1438-1439), anche alcuni degli intellettuali italiani, suoi contemporanei, fecero visita a Mistrà. Questo fu il caso di Ciriaco di Ancona, che vi soggiornò due volte.

Altri autori bizantini dell'epoca, come Giorgio Sfranze e Laonico Calcondila erano consapevoli dell'importanza strategica del Peloponneso per l'Impero. Pertanto, nei loro resoconti storici, descrivono con attenzioni gli eventi che hanno avuto luogo lì e infine anche lo storico Georgio Sfranze andò a Mistrà nel 1446 e vi fu persino nominato governatore

L'insediamento di Mistra presenta moltissime vestigia del suo passato, fra monumenti religiosi e profani.

Alcune chiese come San Giorgio e Santa Sofia (Agia Sofia) sono ben conservate; uno dei monasteri, il monastero di Pantanassa, è anche ancora abitato. Le chiese di Mistra sono costruite nel cosiddetto tipo Mistra, che è parzialmente interpretato come una combinazione di forme di costruzione latina occidentale e bizantina: il secondo piano dell'edificio è pianta con cupola a croce inscritta, sviluppandosi su un primo piano a croce latina, tipico delle basiliche occidentali. La chiesa principale è la cosiddetta Metropolis, ossia la cattedrale metropolitana dedicata a San Demetrio. Famosa è anche la chiesa appartenente al monastero di Periblepto, che è in parte costruita in una grotta di roccia (la Grotta di Demetra, che era probabilmente un santuario pagano nei tempi antichi) e, come molte altre chiese della città, è riccamente decorata con affreschi bizantini.

Ai monumenti di interesse religioso si aggiungono anche quelli secolari come il palazzo del Despota, la fortezza voluta da Villehardouin con la sua cinta muraria e alcune abitazioni private che offrono uno spaccato della vita quotidiana della città di Mistrà.

Castello di Villehardouin 

Il castello di Villehardouin è fortezza inaccessibile che domina la parte alta della collina e custodisce la cittadella storica.  

La storia della fortezza di Mistrà sul monte Taigeto, a pochi chilometri di distanza a ovest dell’odierna Sparta in Laconia, è legata alla 4a crociata (1204). Nel 1249 Guglielmo II di Villehardouin fece costruire una fortezza sulla ripida collina di Mistrà, al fine di consolidare il suo dominio nella Morea, che però non era destinato a durare a lungo. Dieci anni dopo, Guglielmo II fu catturato dalle truppe bizantine e costretto a consegnare loro la fortezza di Mistrà. 

Le aree ancora bizantine intorno al castello furono finalmente unite nel 1348-1349 per formare il Despotato di Morea (detto anche di Mistrà) e furono governate da principi imperiali di Bisanzio. Costantino Paleologo fu incoronato l'ultimo imperatore bizantino a Mistrà. Il "Palazzo del Despota" di Mistrà era il più grande edificio rappresentativo bizantino al di fuori di Costantinopoli. 

Castello2.jpg (137010 byte)Nel 1460 Mistrà fu conquistata dagli Ottomani. Durante questo periodo storico, si trasformò in uno dei più importanti centri commerciali della seta nel Mediterraneo. Con la fondazione della moderna città di Sparta da parte del re Ottone nel 1834, gli abitanti di Mistrà iniziarono a trasferirsi nella nuova città.

L’accesso è dominato dalla poderosa torre di guardia quadrata, oltre la quale si sviluppano i bastioni difensivi. 

Nella zona bassa del castello sono conservati i resti di alcune residenze risalenti al periodo ottomano.

Agia Sofia

Fatta edificare nel 1350 da Manuele Cantacuzeno, primo despota di Morea (1349-1380) è del tipo a due colonne (gli altri due angoli della cupola poggiano su setti murari longitudinali provenienti dall'abside) e a pianta allungata con nartece e paraekklesion.

La facciata è decorata con pietre policrome che creano motivi geometrici. Inoltre, sono presenti gli stemmi con l’aquila bicipite bizantina.

Sul lato settentrionale la chiesa è fiancheggiata da un porticato a tre arcate che termina ad est con un'ampia cappella – la cui muratura appare simile a quella delle absidi, sì da farla ritenere coeva alla fondazione della chiesa – che sporge dalla facciata absidale mentre lungo il lato meridionale è affiancata dal paraekklesion che appare invece incluso nella pianta originale.

Il porticato settentrionale termina inoltre ad ovest con la torre campanaria, ad ovest della quale sono addossate tre camere quadrate a calotta probabilmente destinate ad altrettante sepolture reali.

La facciata occidentale era preceduta a sua volta da un porticato oggi completamente in rovina.

Sepolture: Maddalena Tocco (Teodora), prima moglie di Costantino XI, quando Costantino ascese al trono imperiale le sue spoglie furono però trasferite nella chiesa costantinopolitana di S. Salvatore in chora, (probabilmente nella tomba del XV secolo non ancora identificata nel nartece esterno), qui dovrebbe essere rimasto quindi solo un cenotafio; Cleofe Malatesta, moglie di Teodoro II despota di Morea. Si avanza l'ipotesi che, nella più occidentale delle tre camere a calotta sia stata inizialmente sepolta Cleofe Malatesta

Tuttavia il vero gioiello è custodito al suo interno. Infatti, sotto la grande cupola decorata dedicata a Dio Padre, è conservato un pavimento di mosaico che rappresenta L’ombelico del mondo

Nell’abside è raffigurato il Cristo benedicente. Questo fa pensare che in origine la chiesa fosse dedicata al Redentore (Cristo Zoodotis, dispensatore di vita, come è nominata nella Cronaca di Sfranze la chiesa dove furono sepolte le due spose reali) anziché alla Divina Saggezza. 

Nella volta del bema è raffigurata l'Ascensione, con il Cristo racchiuso in una gloria circolare sostenuta da quattro angeli.

Cappelle orientali: A (paraekklesion). Nella cupola la Vergine blacherniotissa circondata, sul registro inferiore, dalla Divina Liturgia. Sulla parete ovest, la Natività di Maria.  

B. Nella cupola il Cristo tra le schiere degli angeli. In due nicchie lungo le pareti sud e nord  due grandi Arcangeli in piedi, a sottolineare la natura funeraria della cappella che contiene anche una tomba. Nell'abside la Vergine platytera (“più ampia dei cieli”, col bambino racchiuso in un disco) tra due angeli. La Dormizione della Vergine sulla parete sud e la Discesa agli inferi in quella nord. L'Annunciazione ad est e la Crocifissione ad ovest.

Nel catino absidale, la Vergine platytera affiancata da due angeli. L'arcangelo Gabriele, a sinistra del catino, e la Vergine inginocchiata, a destra, rappresentano l'Annunciazione.

L’elegante edificio oblungo a nord ovest del campanile, con numerose absidi e aperture, era il refettorio del monastero, decorato con numerose figure di santi.

Palazzo del Despota

Sede dell'amministrazione di Mistrà era il complesso palaziale che si affacciava sulla piazza di Ano Chora. Qui risiedeva anche il governatore e successivamente vi risiedettero i Despoti. L'edificio a forma di L risulta da quattro diverse fasi costruttive che vanno dal XIII al XV secolo.

Alla prima fase corrisponde l'edificio più orientale (A), una struttura a due piani a pianta rettangolare e completata da una torre, che risale probabilmente alla dominazione latina (1205-1259) giacchè presenta alcuni tratti decisamente occidentali come le finestre ad arco acuto. 

Durante il regno di Andronico II, alla fine del XIII secolo o agli inizi del XIV, il Palazzo si espanse verso ovest con un fabbricato a due piani di caratteristiche più marcatamente bizantine che presenta finestre sovrastate da un archeggiatura semicircolare (D); qui si trovavano le cucine ed altre aree occupate dai servizi. 

Manuele Cantecuzeno - figlio dell'imperatore Giovanni VI - despota di Morea dal 1349 al 1380, aggiunse un terzo edificio (E) sempre lungo l'asse est-ovest con caratteristiche simili a edifici veneziani coevi. La stanza centrale del piano superiore venne successivamente trasformata in cappella e vi si conservano lacerti di affresco. 

L'ultimo edificio in ordine di tempo (F) – noto anche come Palazzo dei Paleologhi - è costituito da un'ala che si sviluppa su tre piani: il piano terra destinato a magazzino, quello rialzato – che appare diviso in otto ambienti da setti murari perpendicolari – a casermaggio e l'ultimo che era occupato esclusivamente dalla sala del trono che affacciava con otto grandi finestre su una ampia balconata che prospetta sulla piazza antistante. 

La sala del trono era riscaldata da otto grandi camini le cui canne fumarie sporgono sulla facciata esterna a guisa di contrafforti. Questo edificio è per solito attribuito all'imperatore Manuele II (1391-1425) che soggiornò a Mistrà per due lunghi periodi nel 1408 e nel 1415. Quest'ala del palazzo, inoltre, fu fortemente danneggiato da un incendio quando la città era già in mano ai turchi durante la spedizione di Sigismondo Malatesta (1464-1466). 

La Gilliland Wright (2010) restringe invece l'arco di datazione di quest'ala al 1429-1433 e attribuisce gli elementi squisitamente occidentali che presenta (come le finestre circolari che illuminano la sala del trono o il complesso balconata-portico) all'influenza della despoina Cleofe Malatesta (1419-1433) - moglie del despota Teodoro II – e di personalità legate al suo entourage, senza escludere l'intervento diretto di maestranze venute dall'Italia. E' comunque da notare una certa somiglianza del prospetto del Palazzo dei Paleologhi con quello del Palazzo ducale di Venezia.  

L’edificio si sviluppa su due piani, sono presenti sei grandi stanze per la corte e una terrazza panoramica. Da qui i sovrani godevano di un’ampia visuale sulla valle dell’Eurota.

Ma il vero punto forte è senza dubbio la sala del trono. Infatti, qui possiamo ammirare la grande vetrata, i decori in stile gotico e la grande aquila bicipite che simboleggia il potere reale.

Cattedrale di Agios Dimitrios

La chiesa di San Demetrio è una chiesa ortodossa. Il complesso contiene al suo interno il palazzo Metropolita, che ospita il Museo archeologico di Mistra, ed è incluso insieme all'intero sito archeologico tra i patrimoni dell'umanità.  

La costruzione della chiesa iniziò probabilmente nel XIII secolo ad opera dell'igumeno Eugenio nel 1270, per esser poi ampliata sotto il metropolita di Lacedomonia Niceforo Moschopoulos intorno al 1291-1292, stando alle iscrizioni rinvenute. Infatti sull'architrave dell'entrata principale si trova un'iscrizione che ricorda Niceforo, il fondatore della chiesa, un'altra nella prima colonna a destra entrando nell'edificio, risale al 1311-1312, afferma che Niceforo è il fondatore della chiesa, che restaurò i mulini di Magoula, piantò ulivi e comprò le case vicino alla chiesa. Questi interventi del XIII secolo coincisero con lo spostamento della sede della diocesi da Sparta a Mistra, divenuta il centro del Peloponneso bizantino.

Successivamente nel XV secolo la costruzione originaria fu ampliata, con l'aggiunta di un bassorilievo di pietra in memoria dell'incoronazione dell'ultimo imperatore bizantino Costantino XI Paleologo.

La chiesa è un peculiare esempio di commistione tra una basilica a tre navate e la tradizionale chiesa bizantina a croce greca inscritta in un quadrato. Gran parte del complesso circostante risale invece al rifacimento del XV secolo e al periodo ottomano.

Nel XV sec., il metropolita Matteo fece ricostruire le parti superiori, sovrapponendo una struttura cruciforme a cupole, nel maldestro tentativo di renderla simile alla Afendicò: nella navata centrale si scorge perfettamente la linea di transizione tra la fase di costruzione del XIII sec. e quella del XV sec., segnata da un fregio scolpito sotto il quale sussistono tracce di pitture parietali. La decorazione parietale fu infatti gravemente danneggiata dalla ristrutturazione voluta da Matteo, sì che tutte le figure dipinte sul lato meridionale della nave appaiono oggi"decapitate".

Le arcate della navata centrale poggiano su capitelli bizantini* di reimpiego e le colonne recano incisioni che riassumono i privilegi concessi dagli imperatori alla chiesa. Di reimpiego sono anche le lastre marmoree che formano il parapetto del matroneo. Parte della primitiva pavimentazione a tarsie marmoree policrome si è conservata.

Davanti all'iconostasi, una lastra collocata in epoca moderna, che reca un rilievo con l'aquila bicipite  incoronata, indicherebbe il luogo in cui Costantino Dragaze fu consacrato imperatore di Bisanzio il 6 gennaio 1449 alla presenza del fratello Tommaso e di due alti funzionari costantinopolitani, Alessio Filantropeno Lascaris e Manuele Paleologo Iagari.

Nella navata destra si nota un'insolita cattedra episcopale del XVII sec. 

La facciata absidale risale quasi interamente alla chiesa originaria e si contraddistingue per l'ordinata muratura “a castone” (opera cloisonné), la decorazione seghettata in mattoni che enfatizza le finestre absidali. Al di sopra delle absidi laterali, la monotonia della muratura è rotta da due lastre rettangolari con un cerchio di mosaico rosso. 

Gli affreschi non presentano unità né di programma né di stile. Parte risalgono alla fine del XIII sec, parte alla prima metà del XIV.  

Catino absidale: E' una delle pitture più antiche. La Vergine è ritratta in piedi con in braccio il bambino (Kyriotissa). La figura di un prelato prosternato in preghiera, il donatore, fu successivamente cancellata.  

Prothesis: la prothesis e gran parte della navata settentrionale sono occupate da ritratti di S.Demetrio di Tessalonica e da scene della sua vita e del suo martirio.

Il diakonikon è invece dedicato ai SS.Cosma e Damiano che sono raffigurati a figura intera nella nicchia con lo sguardo rivolto al Cristo misericordioso raffigurato nella conca absidale. Sulle pareti quattro scene dei miracoli compiuti dai due santi.

Nella volta del diakonikon si trova l'affresco forse più caratteristico dell'intera chiesa in cui è rappresentata l'Etimasia: un trono vuoto sormontato dalla croce patriarcale che simboleggia l'attesa del ritorno di Cristo per il Giudizio Universale; magnifici gli angeli per l'armonia del movimento e l'espressione estatica del volto.

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Monastero della Pantanassa

Il monastero è situato 5 km a nord di Filippiada lungo la strada Arta-Giannina.  

Secondo la Vita di S. Teodora del monaco Melias, la chiesa monastica della Teotokos Pantanassa (regina del mondo) fu fatta edificare dal despota Michele II verso la metà del XIII secolo, come la Kato Panagia, per manifestare il proprio pentimento per la sua condotta nei confronti della moglie Teodora.

Sembra però avere una storia più antica come testimoniato dall'ambone paleocristiano ritrovato in situ.

Il katholikon presentava originariamente una pianta a croce greca inscritta con una cupola centrale sorretta da 4 colonne e altre quattro cupole sui quattro ambienti d'angolo che riecheggiava il modello costantinopolitano della chiesa dei SS. Apostoli

L'abside era fiancheggiata dai pastoforia ed il naos sopravanzato da un nartece rettangolare.

Alla fine del XIII secolo il despota Niceforo I (il suo nome è stato ritrovato inciso su una placca in mattone nel corso degli scavi) fece aggiungere un deambulatorio sostenuto sui lati ovest e sud da un doppio colonnato e a nord da pilastri.  

Sul lato orientale il deambulatorio terminava con due cappelle sormontate da cupola, quella meridionale delle quali è ancora in piedi. Dedicata a S. Basilio fu infatti restaurata nel XIX secolo.  

MonasteroPantanassa2.jpg (225189 byte)Il nome “Io(annes) Despot(es) Spatas” è inciso su una delle due colonne superstiti del colonnato del lato meridionale del deambulatorio. È l'unica evidenza ritrovata del regime albanese di Gijn Boua Spata che fu despota d'Epiro dal 1374 al 1399.

All'angolo sud-ovest dell'edificio sono visibili i resti della torre campanaria.

Sono sopravvissute solo modeste tracce della decorazione a fresco. Nell'abside centrale si distinguono i Gerarchi mentre concelebrano la messa, nelle parte bassa delle pareti nord e sud pannelli rettangolari con motivi geometrici.  

La chiesa crollò nel corso del XV secolo per problemi di statica già evidenziatisi all'atto della sua costruzione ed esacerbati dai terremoti.

Monastero di Perivleptos

Questo monastero è arroccato su un ripido pendio roccioso nella parte occidentale della città.

Fu probabilmente costruito nella metà del XIV secolo dal primo despota della Morea, Manuele Cantacuzeno, e prende il nome da uno dei più celebri monasteri della Costantinopoli bizantina.  

Al di sopra dell'arco d'ingresso è posto inoltre un blasone che raffigura due leoni araldici a fianco del monogramma rotondo della Peribleptos, a cui è stata aggiunta la scritta "5 marzo 1714. Costruito a spese di Panajotis Thebaios", vale a dire nel breve periodo che i veneziani ebbero il controllo di Mistrà.

Il monastero è costruito sul lato di una parete rocciosa con una grotta che sostiene la struttura. Questo stile architettonico è noto come stile Mistra ed è prevalente in diverse chiese e monasteri della zona, questo stile è caratterizzato da una somiglianza con un castello. È costruito con pietre squadrate con tegole intarsiate. La complessità e le variazioni uniche della forma della struttura dell'esterno creano una superficie interna al monastero che si presta alla qualità eterea degli affreschi che coprono le pareti. Questi sono stati descritti come "delicati e sommessi".  

La pianta è quella di una chiesa a due colonne con il braccio occidentale della croce straordinariamente allungato. Le absidi, costruite in una accurata muratura 'a castone' sono poligonali all'esterno.

Originariamente sul lato meridionale della chiesa si trovava un portico che fu successivamente trasformato - probabilmente da Leone Mauropapas - in nartece laterale. La porta di questo nartece si apre su una scalinata che scende nel piazzale.  

I vasti affreschi che coprono l'interno del monastero di Peribleptos sono stati creati dal 1350 al 1375. Queste opere sono state collegate alle scuole d'arte cretese e macedone. A causa dell'abside e di altre superfici che creano superfici spaziali complesse, gli artisti che dipinsero queste opere ebbero il vantaggio di mostrare immagini del Nuovo Testamento con un flusso perpetuo con un affresco che conduce ad un altro. Non è chiaro chi fossero gli artisti.

Nella cupola è raffigurato il Cristo Pantokrator, la fascia inferiore è divisa, da colonne dipinte, in otto spicchi in sei dei quali sono rappresentate altrettante coppie di apostoli sormonate dallo Spirito Santo; negli altri due spicchi sono rappresentati rispettivamente la Vergine fiancheggiata da due angeli e due angeli che preparano il trono celeste (etimasìa), sempre sormontati dallo Spirito Santo.

Nel catino dell’abside è raffigurata la vergine in trono tra i due arcangeli; nella volta del bema è invece raffigurata l'Ascensione.  

Nel complesso i tre cicli del programma iconografico (le Grandi feste, la Passione e la Vita di Maria) appaiono mescolati tra loro e non esposti in maniera ordinata. In particolare il ciclo della Vergine appare insolitamente esteso (25 scene) soppiantando completamente le scene del ministero di Cristo. 

La disposizione è comunque concepita in maniera tale che le ampie lunette dei bracci della croce siano occupate dalle scene considerate più importanti secondo la tradizione.

Nel registro superiore dell'abside, il Padre troneggia al centro di una ambientazione paradisiaca, in quello inferiore, il Cristo Vescovo riceve la processione degli angeli che recano le offerte entro recipienti coperti da veli ricamati (Divina Liturgia). Al di sotto di questa scena, appare il Cristo di Pietà con la croce dietro di sé.  

Chiesa Evangelistria

Questa chiesa di Mystras è avvolta da un mistero. Infatti, gli studiosi non sono riusciti a risalire con certezza al periodo di costruzione. Nell'insieme la fondazione dell'edificio è molto più probabilmente riconducibile agli inizi del XV secolo che non alla fine del XIV, proprio perchè la sua costruzione meno curata ed il tratto “provinciale” delle sue pitture sembrano indicare un periodo in cui si imitano modelli precedenti senza raggiungerne la bellezza.

Le sue dimensioni ridotte fanno pensare ad una chiesa cimiteriale ma è la sola chiesa di Mistrà a non essere ricordata in alcun modo nelle fonti scritte. Dedicata alla Vergine "annunciata" (evangelistria) come la Peribleptos Santa Sofia è del tipo a due colonne con nartece, abside e pastoforia.

L'esterno appare poco decorato, le alte absidi non hanno neppure la consueta cornice di mattoni disposti a dente di sega. La muratura a castone è limitata alla facciata absidale, ai bracci nord e sud della croce ed al tamburo ottagonale della cupola, che appare forato da quattro finestre centinate che si alternano ad altrettante nicchie. Le finestre sono sormontate da archi doppi sostenuti da colonnette, la maggior parte delle quali oggi mancano.  

Il timpano del lato nord presenta una finestra bifora circondata da una ricca cornice in mattoni. Nella parte inferiore del lato settentrionale si aprivano due porte, una delle quali oggi tamponata, l'architrave – troppo corta rispetto alla mostra della porta – presenta un'intaglio molto simile a quello dell'iconostasi e probabilmente proviene dalla protesis o dal diakonikon.  

Sul lato meridionale la chiesa era fiancheggiata da un piccolo portico a due arcate.

Il timpano di un'arcata doppia con una ricca decorazione in mattoni è conservato sul muro occidentale del cortile della chiesa ma ad un livello nettamente inferiore: è probabilmente quanto rimane di un secondo portico che correva lungo il lato occidentale.  

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Come nell'Aphendikò il nartece è sormontato da un matroneo.  

Gli scarsi resti di affreschi non permettono di ricostruire dettagliatamente il programma iconografico.

Al vertice della cupola è raffigurato il Cristo Pantokrator, più in basso si dispongono alcuni angeli sotto un portico ad archi ogivali trilobati di stile tardo gotico. Nei pennacchi, i quattro evangelisti.

Sulla parete absidale al centro l'Agnus Dei, al di sopra del quale è raffigurata la Comunione degli Apostoli. Nel catino la Vergine in trono tra due angeli e, nella vota del bema, l'Ascensione.

Monastero Brontochion

Questo famoso monastero è formato da due chiese, quella di Odiyitria-Aphentiko e quella dedicata a San Teodoro. La prima sorge sul lato nord, ed è molto complessa dal punto di vista architettonico. Infatti, nasce dalla fusione di una basilica a tre navate con una chiesa cristiana con pianta a croce. Nonostante gli affreschi interni non siano in buone condizioni questa chiesa permette di visitare il sepolcro del despota Teodoro II.

Gli affreschi di questa sala sono meglio conservati e rappresentano i ritratti del sovrano. La chiesa di San Teodoro invece è stata costruita per svolgere la funzione di cappella funeraria per gli abati.

Eretta tra il 1290 e il 1295 come katholikon del monastero di Brontochion dall'igumeno Pachomios (secondo l'iscrizione ritrovata nell'epistilio e oggi al museo di Mistrà la chiesa fu costruita da Daniele e Pachomios, probabilmente i lavori furono avviati durante l'igumenia di Daniele e terminati da Pachomios).

Probabilmente, a seguito della costruzione della chiesa dell'Hodegitria, che la sostituì nel ruolo di chiesa principale del monastero, assunse le funzioni di chiesa cimiteriale dei monaci.

Presenta una pianta a croce inscritta con cupola impostata su trombe angolari ed appartiene al tipo a “pianta ottagonale” che comincia ad apparire nella Grecia meridionale intorno all'XI sec., caratterizzato da un vano quadrato centrale, con cupola di ampio diametro, senza sostegni liberi.

La cupola e il tamburo sono raccordati da 4 trombe angolari e da un conseguente sistema di 8 pennacchi e 8 pilastri che rappresentano il vero sostegno della cupola.

La denominazione "a pianta ottagonale" si riferisce alla conformazione dello spazio centrale della chiesa coperto da una cupola sostenuta da 8 archi. Sono quindi gli 8 pilastri posti ai vertici di un ottagono a configurare l'ottagono come base della cupola mentre lo spazio centrale sottostante ad essa rimane quadrato. 

La pianta è caratterizzata anche dalla presenza di ambienti collaterali che attorniano su tre lati il vano centrale formando quattro cappelle in corrispondenza dei quattro angoli dell'edificio.

La facciata occidentale appare parzialmente nascosta da un nartece aggiunto in epoca successiva alla fondazione della chiesa. Il nartece presenta una porta ad arco ribassato fiancheggiata da due monofore, al disopra delle aperture e per tutta la larghezza del muro corre una decorazione in mattoni disposti a dente di sega. La facciata occidentale appare impreziosita dalla conformazione a timpano del braccio della croce con una finestra bifora incorniciata da mattoni e filari alterni di pietre e mattoni. 

Da notare la facciata orientale, concepita piuttosto come un disegno, il cui elemento portante è rappresentato dalle cornici di mattoni di cotto disposti a dente di sega, tralasciando la funzionalità degli elementi architettonici.Le cornici delimitano infatti tre fascie di muratura “cloisonnè” che si alternano a due che originariamente dovevano avere un rivestimento – oggi completamente scomparso – di placche smaltate, questa alternanza sottolinea le linee orizzontali dell'edificio per armonizzare la sua massa cubica con la verticalità della cupola svettante sull'alto tamburo.

Fino all'altezza di un metro circa c'era un fregio dipinto che imitava un rivestimento di marmo. Al di sopra era rappresentata una fila di santi guerrieri rappresentati a figura intera. Sulla fascia superiore a quella dei santi guerrieri erano rappresentate piccole scene della vita di Cristo e della Madonna.  Nella fascia più alta che comprendeva le volte dei bracci della croce erano raffigurate le Dodici Feste (Dodekaorton) e scene dei Vangeli.

La cappella nordorientale contiene una sepoltura sul lato nord. Sul muro opposto è raffigurato un "Manuele Paleologo" inginocchiato davanti alla Vergine che regge il Bambino in atto di ricevere la benedizione. In basso, a piccole lettere scritte affrettatamente, c'è la data di morte: 1423. E' abitualmente identificato in Manuele II Paleologo che però morì nel 1425 e non fu sepolto a Mistrà. Inoltre la figura non indossa abiti regali nè l'iscrizione allude alla sua dignità imperiale.

Fonti: