Città medioevale di Rodi
Grecia
  

PATRIMONIO DELL'UMANITÀ DAL 1988

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La città medioevale

L’antica Rodi fu fondata nel 408 a.C. dopo una decisione comunemente presa dalle tre città-stato più importanti dell’isola - Kamiros, lalysos, Lindos - di creare un’unica città.

Per costruire la nuova città fu scelta l’estremità più settentrionale dell’isola, da dove si poteva controllare il movimento delle imbarcazioni che navigavano nell’Egeo orientale. Fu chiamata “damos dei Rodii”, costruita in base al sistema ippodameo, ed era famosa per la sua disposizione urbanistica. Aveva strade larghe, articolate in senso orizzontale e verticale tra di loro onde formare angoli retti. Secondo le notizie tramandateci dai testi degli scrittori antichi, era ornata da numerosissimi templi e statue e aveva cinque porti. Di questi ne sono stati individuati tre, mentre le tracce degli altri due sono andate perdute. Uno di questi era il grande porto che è stato identificato con l’odierno porto commerciale. L’altro era il porto da guerra, che occupava la zona di Mandraki e che veniva chiuso con una catena quando la città veniva attaccata. Il terzo si trovava nel porto di Akandia.

Molte delle strade della successiva città medievale coincidono con quelle della città antica. Ad esempio, la via dei Cavalieri corre su un antico tracciato che partiva dal tempio del dio Helios e finiva al grande porto. Il tempio del dio Helios si suppone che fosse costruito nello stesso punto o quasi in cui oggi si trova il palazzo del Gran Maestro. All’estremità nord del grande porto c’era il tempio dedicato ad Afrodite. Resti del tempio, portati alla luce, lo datano al III sec. a.C. Più ad Ovest di questo sito erano stati realizzati degli arsenali.

La città antica era circondata da mura. La cinta com­prendeva anche l’acropoli, che non era fortificata, e si trovava nella parte sud-occidentale della città, sulla collina di Haghios Stephanos o Monte Smith. I cinque porti erano protetti da una fortificazione a parte. La città murata occupava quasi la stessa area su cui si estende la città odierna, che era pari a circa 15 Km e la sua popolazione raggiunse, nel periodo di massimo splendore, i 60.000-100.000 abitanti.

L’antica città di Rodi conobbe il suo maggiore sviluppo nel III e nel II sec. a.C. In questo periodo fu il centro più importante per il commercio di transito nel Mediterraneo orientale. Gli scavi archeologici, oltre allo stadio, al teatro ed ai templi, che si trovano sull’acropoli, hanno messo in luce fondazioni di edifici, di strade, di impianti sotterranei di scarico e di approvvigionamento idrico e parti della fortificazione antica.

Sull’acropoli di Rodi antica, nella parte più settentrionale, si conservano le rovine del tempio di Athena Poliade. A Sud e ad Est del tempio sono venute alla luce costruzioni scavate nel terreno. Questi edifici, che sono collegati all’acquedotto ipogeico della città, sono chiamati Ninfei, perché si ritiene fossero dei luoghi dedicati al culto delle Ninfe. A Sud-Est dei Ninfei e del tempio di Athena è stato scavato un piccolo teatro, che oggi è stato completamente restaurato. Le piccole dimensioni del teatro (solo 800 posti) indicano che non si trattava del teatro della città ma di un luogo che serviva per manifestazioni musicali e d’altro genere in onore di Apollo od anche per discorsi di retori.

A Sud-Est del teatro è stato scoperto lo stadio della città antica, opera del II sec. a.C. Anche lo stadio è stato restaurato e solo poche gradinate nella curva sono originali. Ad Est dello stadio si trovava il ginnasio, di cui si conservano solo pochi resti. Il punto più alto dell’acropoli, ad Ovest, è occupato dal tempio di Apollo Pizio, a cui conduce una grande scalinata. Sono state restaurate tre delle colonne del tempio, che sorreggevano parte del fregio. A Sud-Ovest dello stadio sono venute alla luce delle tombe, ma le necropoli della città antica (IV e III sec. a.C.) si trovano vicino a Rodini, dove la tomba più importante di quelle conservatesi è quella detta tomba dei Tolomei. Tombe sono state scavate anche nella zona di Sgouròs, sulla strada verso Koskinoù e nell’abitato di Haghia Triada.

Nel periodo bizantino (IV sec. d.C.-1309) la città di Rodi, il capoluogo del “tema” dei Ciberreoti, costituiva un’importante base navale e militare ed era sede del metropolita ortodosso. Col terremoto del 515 d.C. subì molti danni che portarono ad un notevole restringimento dell’impianto urbano rispetto a quello della città antica, e benché non sia stata ancora accertata né la sua estensione né il suo impianto è tuttavia certo che essa era costituita dal castello bizantino e dalla città fortificata.

A questo periodo appartiene un gran numero di chiese paleocristiane, sparse in tutta l’isola. All’interno della città sono stati scoperti, nella parte sud-occidentale, una basilica con pavimenti musivi del V sec. d.C. (all’incrocio delle vie Pavlou Mela e Chimarras), un edificio dello stesso periodo con pavimenti musivi (in via Chimarras) e, infine, un’altra basilica vicino al nuovo stadio. Nel XIII sec. d.C., periodo in cui Rodi era governata da Leone e Giovanni Gavalàs, le chiese bizantine della città venivano costruite all’interno del castello. Quando i Turchi arrivarono sull’isola, trasformarono queste chiese, per far fronte alle loro necessità religiose, in moschee.

Nel 1309, con l’arrivo dei Cavalieri Giovanniti, la città di Rodi fu il centro dell’Ordine. Il suo porto conobbe un notevole sviluppo e rappresentò una tappa obbligata per i pellegrini in viaggio verso la Terra Santa e che avevano per meta Gerusalemme. Vennero costruiti nuovi edifici e le fortificazioni furono rinforzate e migliorate. La città acquisì allora il suo carattere medievale. 

Con una cinta interna fu divisa in due parti disuguali, il Collachio, il settore più piccolo, e la Chora o Borgo, quello più grande. Il Collachio aveva quale asse principale la via dei Cavalieri e comprendeva il palazzo del Gran Maestro, il centro amministrativo, la cattedrale dei cattolici, l’ospedale, gli alberghi delle varie “Lingue”, le dimore dei Cavalieri, l’arsenale e l’armeria. La Chora o Borgo si trovava a Sud del Collachio. All’interno delle sue mura comprendeva le abitazioni delle varie genti che vivevano nella città, tra cui c’erano Greci ed Ebrei, il mercato, le chiese cattoliche e ortodosse, la sinagoga, gli edifici pubblici e le caserme.

L’architettura adottata al tempo dei Cavalieri può essere divisa in due fasi. Nella prima (1309-1480) fu adottato lo stile gotico con alcune varianti. La manodopera impiegata in questo periodo era del luogo, col risultato che le opere presentano anche elementi bizantini. Nella seconda fase (1480-1522), che inizia dopo il primo assedio della città per mano dei Turchi (1480) e il terremoto catastrofico del 1481, fu applicato lo stile tardo-gotico influenzato dall’arte rinascimentale italiana. Durante questo periodo furono riparate le fortificazioni e gli edifici pubblici dai danni subiti durante l’assedio dei Turchi e il terremoto.

Tra tutti i Gran Maestri il d’Aubusson fu quello che si occupò maggiormente del rinforzo delle fortificazioni. Le mura che circondavano la città avevano un perimetro di 4 Km lungo il quale correva un fossato che in alcuni punti era doppio. La fortificazione comprendeva le mura della terraferma, il muro del porto e le mura dei moli. Ogni “Lingua” aveva una posizione ben precisa sulle mura che doveva difendere in caso di attacco nemico. Nel castello c’erano in totale sette porte: quella di San Paolo all’estremità nord, che comunicava con la torre di Naillac all’estremità del molo settentrionale; quella di d’Amboise costruita nel 1512; quella di Sant’Atanasio, nella parte sud-occidentale della città; quella di Koskinoù, che si chiamava anche porta di San Giovanni; quella di Santa Caterina o dei Mulini, che deve il secondo nome ai tredici mulini che si ergevano sul molo (oggi se ne conservano solo tre); la Porta a Mare, al centro del porto commerciale, e infine, più a Nord, la Porta dello Scalo.

Di tanto in tanto le fortificazioni venivano rinforzate con la costruzione di torri, come la torre di Spagna, quella della Madonna, di San Paolo (all’estremità del molo settentrionale) e quella di San Nicola (all’estremità del molo sud).

Nel 1522, con l’occupazione di Rodi da parte delle orde di Solimano il Magnifico, i Greci furono scacciati dalla città murata e furono costretti a vivere fuori di questa in quartieri creati da loro e chiamati marasia. I Turchi, quando si insediarono nella città, non ebbero bisogno di costruire nuovi edifici dal momento che usarono quelli già esistenti aggiungendovi i loro propri elementi e adattandoli alle loro necessità. Le chiese con l'aggiunta del minareto divennero moschee, mentre le case dei cristiani, con l’aggiunta dei sachnisià, coprirono completamente le necessità dei nuovi abitanti. Furono costruiti solo poche moschee, tre bagni turchi, alcune botteghe e magazzini nel mercato.

Gli Italiani, che succedettero ai Turchi nel 1912, ricostruirono la città eliminando le aggiunte dei Turchi e innalzando nuovi edifici nel porto di Mandraki e attorno alla città medievale.

Fortificazioni

Le fortificazioni della città di Rodi consistono in una cintura difensiva attorno alla città vecchia composta per lo più da una fortificazione alla moderna cioè composta da un terrapieno rivestito in pietra con bastionifossatocontroscarpa e spalto. La parte di fortificazione che si affaccia sul porto è invece costituita da un semplice muraglione merlato, mentre sui moli sono poste torri e forti di difesa.

Esse furono costruite dai Cavalieri Ospitalieri di San Giovanni ampliando le preesistenti mura bizantine a partire dal 1309, anno in cui essi presero possesso dell'Isola dopo tre anni di azioni militari per conquistare l'isola. Come la maggior parte delle mura difensive furono realizzate con la tecnica della muratura a sacco che consente di disporre di una grande massa capace di resistere al cannone e mura esterne lisce per impedirne la scalata.  

Grazie alla sua posizione geografica di porta dell'Egeo, Rodi ebbe sempre una posizione vantaggiosa sulle rotte del commercio tra Oriente ed Occidente e fu uno scalo importante grazie ai suoi porti ben protetti. In epoca ellenistica, nel tardo IV secolo a.C., la città di Rodi era già dotata di mura difensive che furono capaci di sostenere nel 305 a.C. l'assedio di Demetrio I Poliorcete re di Macedonia. Filone di Bisanzio, autore del trattato "Paraskeuastica" sulle opere di difesa, soggiornò a Rodi nel III secolo a.C. ed ebbe parole di ammirazione per le sue mura.

Il terremoto del 226 a.C. causò gravi danni alle fortificazioni, ma esse furono rapidamente ricostruite. I Bizantini costruirono una fortezza nella parte più elevata della città.

Con l'arrivo dei Cavalieri Ospitalieri la città commerciale, benestante ma un po' in declino, vide una rinascita economica grazie all'apporto delle ricchezza dell'Ordine ed all'eredità dei beni dei Templari, ceduti agli Ospitalieri dopo l'abolizione dell'ordine templare nel 1312 per decreto del re di Francia Filippo il Bello. A causa di ciò la minaccia ottomana dalla vicina Turchia (la costa dista solo 18 km ed è ben visibile dalla città) si fece costante e comportò un aggiornamento continuo delle fortificazioni, sia per includere i nuovi insediamenti a sud del nucleo storico bizantino sia dal punto di dell'adeguamento alle nuove tecniche di difesa militare dopo l'avvento dell'artiglieria.

I Cavalieri di San Giovanni avevano maturato un'ottima esperienza nella costruzione di fortezze e fortificazioni nei quasi 3 secoli passati in Terrasanta, tuttavia il modello di riferimento per la costruzione della cinta muraria fu quello teodosiano delle mura di Costantinopoli che avevano dimostrato una grande capacità di resistere agli assedi nel corso dei secoli. L'espansione delle mura fu intrapresa dal Gran Maestro Antonio Fluvian de Riviere che consentì alla città (medioevale) di Rodi di raggiungere l'attuale estensione di circa 42 ettari. Il completamento della cinta muraria fu terminato tra il 1457 ed il 1465. Le fortificazioni bizantine furono abbattute lasciando solo in piedi quelle del vecchio forte noto all'epoca dei Cavalieri come "Collachio".

Nel 1440 il sultano d'Egitto tentò senza successo di prendere la città assediandola per 40 giorni.

Nel 1480 Rodi venne assediata dalla truppe di Maometto II ma il possente esercito del conquistatore di Costantinopoli forte di 100.000 uomini e 170 navi fu respinto dal valore dei cavalieri e dalle ottime fortificazioni, nonostante l'enorme superiorità numerica dell'esercito assediante. Nel 1481 un violento terremoto colpì l'isola provocando gravissimi danni alle abitazioni ed alle mura e causando circa 30.000 morti. Un nuovo assedio Ottomano non sarebbe stato sostenibile, pertanto i Cavalieri misero a disposizione le loro ingenti risorse finanziarie portando a termine in breve tempo non solo la ricostruzione dei principali palazzi della città di Rodi ma anche delle fortificazioni. I Grandi Maestri Pierre d'AubussonEmery d'AmboiseFabrizio del Carretto e Philippe de Villiers de L'Isle-Adam fecero adattare le mura all'uso del cannone chiamando a Rodi i migliori architetti militari italiani. Tra questi Matteo Gioeni, Basilio della Scuola, Gerolamo Bartolucci e Gabriele Tadino da Martinengo. Questi ultimi due erano presenti sull'isola durante l'assedio del 1522.  

Il Bastione d'Italia (o Posta d'Italia) nel quale gli Ottomani avevano aperto una breccia, venne ricostruito dotandolo di una possente rondella per il fuoco rovescio sul tratto di mura adiacente. Tale bastione prese nome di "Bastione del Carretto". Chiusa la porta di San Giorgio venne eretto il bastione pentagonale con lo stesso nome sul lato ovest a copertura della porta d'Amboise.

Grazie al fatto che i conquistatori ottomani non demolirono le mura, anzi le ripararono e le tennero in manutenzione durante i circa quattro secoli della loro dominazione le fortificazioni di Rodi vennero congelate al 1522 facendo della città medioevale di Rodi la sola città europea che conserva intatta la transizione tra le mura antiche e le "fortificazioni alla moderna".

Le fortificazioni, che cingono ancora oggi la città vecchia, facendone di fatto una zona separata dalla città moderna attuale, furono oggetto di restauro durante l'amministrazione italiana dell'isola e sono attualmente (2011) in fase di studio, restauro e manutenzione.

Porte della città vecchia

Sono 11 le porte di accesso alla città vecchia. Alcune sono antiche, altre moderne. L'antica Porta di San Giorgio fu chiusa dal Gran Maestro d'Aubusson dopo l'assedio del 1480 e trasformata in un bastione. Partendo dal palazzo del Gran Maestro cioè da nord ovest verso sud, si susseguono le seguenti porte.

Porta d'Amboise - La porta d'Amboise è una grandiosa porta dominata dal palazzo del Gran Maestro. È dotata di una tripla cinta difensiva con cammini di ronda, due torrette rotonde ed accesso coperto. Sono in sito i resti di antiche porte in legno borchiato. Fu completata nel 1512. Sulla porta esterna un rilievo di angelo e gli stemmi del gran maestro Emery d'Amboise.

Il bastione di San Giorgio di forma pentagonale copriva con i suoi cannoni l'accesso alla Porta d'Amboise.

Porta di Sant'Atanasio - La porta di Sant'Atanasio fu costruita tra il 1441 ed il 1442. È nota oggi ai locali come porta di San Francesco, per il fatto che la chiesa di San Francesco di Assisi, costruita dagli italiani sta appena fuori della porta stessa. La torre rotonda di Santa Maria che controllava l'accesso alla porta fu costruita nel 1441 dal gran maestro Jean de Lastic.

PortaSantAtanasioStemmaJeanLastic.jpg (554521 byte)CavalcaviaPortaSantAtanasio.jpg (571489 byte)Secondo la tradizione turca da questa porta erano entrate le truppe conquistartici di Solimano e, sempre secondo la tradizione, la porta fu chiusa per ordine del sultano stesso che voleva impedire che ogni altro conquistatore passasse dopo di lui, probabilmente la porta era stata murata dagli stessi ospitalieri per motivi di sicurezza. Venne riaperta dagli italiani nel 1922 in occasione del quattrocentesimo anniversario della presa di Rodi da parte degli ottomani.

PortaSanGiovanni.JPG (285334 byte)Porta di San Giovanni - La porta di San Giovanni è comunemente nota come Porta Koshkinou o Porta Kokkini che significa "rossa". Secondo la tradizione nell'assedio del 1522 furono così tanti i caduti davanti a questa porta che ne tinsero di rosso le pietre.

La fortificazione esterna della porta di San Giovanni fu costruita dal Gran maestro d'Aubusson per proteggere le precedenti fortificazioni costruite dai Grandi Maestri Fluvian, Jacques de Milly e Pietro Raimondo Zacosta.

Nel 1912 le truppe italiane entrarono in città da questa porta. Una cornice oggi vuota, conteneva una lapide commemorativa dell'evento.

PortaAcandia.jpg (322253 byte)Porta Acandia - La porta di Acandia venne aperta nel 1935 dall'amministrazione italiana nella parte di fortificazione a nordest del Bastione del Carretto per collegare il porto commerciale alla zona sudest di Rodi oltre la città medievale. Fu tracciata per l'occasione la nuova Via del Carretto (oggi Alhadef) che congiunge Porta Acandia con Porta della Vergine.

PortaSantaCaterina.JPG (285294 byte)Porta di Santa Caterina - La porta di Santa Caterina, nota anche come porta dei Mulini, consentiva il passaggio dalla zona commerciale della città ai mulini da grano sul molo del porto.

PortaDellaVergine.jpg (363580 byte)Porta della Vergine - La porta della Vergine è una porta moderna prevista nel piano regolatore della città di Rodi dell'amministrazione italiana per favorire il traffico veicolare, ma fu aperta solo nel 1955 dall'amministrazione greca. Prende nome dalla chiesa della Madonna del Borgo (o Madonna di Chora, cioè del villaggio) nome assegnato alla zona della città abitata dai borghesi (intesi come i non cavalieri).

PortaMarina.jpg (230952 byte)Porta Marina - La porta Marina costituiva l'accesso principale alla città dal porto. Le sue torri difensive hanno un compito più di rappresentanza che di difesa, visto l'esiguo spazio tra lo specchio d'acqua ed il porto nessun esercito sarebbe mai riuscito a sferrare un attacco da questo lato delle mura. Nella seconda guerra mondiale i bombardamenti alleati distrusse la parte superiore della torre nord. Fu restaurata dall'amministrazione greca assieme alla Porta di San Paolo nel 1951.

PortaArnaldo.jpg (264761 byte)Porta di Arnaldo - La porta di Arnaldo è una piccola e doppia porta che dà accesso all'ospedale di San Giovanni, oggi Museo archeologico di Rodi. Secondo i riferimenti di un documento risalente al 1391 questa porta era tradizionalmente usata dai novizi Cavalieri Ospitalieri di Rodi per entrare in città . La porta dava accesso diretto al vecchio ospedale dei Cavalieri, oggi Museo Archeologico. I novizi erano denominati Filii Arnaldi in onore del Gran Maestro Arnaldo Zamperetti da Cornedo, che fu tra i fondatori dell'Ordine dei Cavalieri Ospitalieri nel 1120 d.C. I Cavalieri trasferirono il loro potere da Gerusalemme a Cipro, quindi a Rodi per due secoli ed infine, a Malta.

PortaArsenale.jpg (330772 byte)Porta dell'Arsenale - La porta dell'Arsenale venne costruita nel 14 secolo dal Gran Maestro Juan Fernández de Heredia come testimonia lo stemma sopra di essa. Nel 1908 l'amministrazione ottomana fece abbattere le due torri laterali per allargare la strada di accesso al porto di Kolona. Oggi grazie al collegamento diretto con la Porta della libertà consente anche il rapido transito degli autoveicoli tra il porto di Kolona e la città nuova. 

Porta di San Paolo - Costruita nella metà del XV secolo consentiva l'accesso sia alla città fortificata che al porto di Kolona. La Porta di San Paolo fu quasi completamente distrutta durante la seconda guerra mondiale e venne ricostruita assieme alla Porta marina nel 1951.

PortaLiberta.jpg (340643 byte)Porta della libertà - La porta della Libertà fu aperta dagli italiani nel 1924 che le assegnarono il nome sentendosi liberatori dell'isola dai turchi. È la porta principale di accesso al porto di Kolona e di collegamento tra i porti di Kolona e Mandraki. Pur essendo moderna è costruita rispettando nelle grandi linee i canoni architettonici delle porte medioevali. La strada che l'attraversa prosegue attraverso la Porta dell'arsenale.

Bastioni e torri

BastioneSanGiorgio.jpg (219064 byte)Bastione di San Giorgio - Il bastione di San Giorgio, di forma pentagonale, è uno degli esempi di trasformazione di una porta in bastione tramite successive modifiche che ebbero luogo fino all'assedio finale del 1522. Con l'aggiunta del potente terrapieno di Spagna il bastione di San Giorgio rappresenta l'archetipo delle successive fortezza bastionata. La sua trasformazione finale fu progettata dall'architetto italiano Basilio della Scuola e porta l'insegna dell'ultimo Gran maestro Philippe de Villiers de L'Isle-Adam.

BastioneItalia.jpg (265819 byte)Bastione d'Italia - Il bastione d'Italia o del Carretto fu il luogo nel quale le truppe di Maometto II fecero breccia nelle mura e vennero poi respinte nell'assedio del 1480. Venne fortificato e munito di passo di ronda con postazioni per cannone dal Gran Maestro Fabrizio del Carretto.

Torre di Naillac - Nota oggi come torre di Nayak fu costruita tra 1396 ed il 1421 sul molo ad est della Porta di San Paolo che chiude il porto commerciale dal Gran Maestro Philibert de Naillac prima dello sviluppo del cannone. Aveva pianta quadrata come molte torri medievali e raggiungeva i 46 m di altezza. Era il punto finale della cinta muraria della città sul porto e fu usata come torre di avvistamento. Fu gravemente danneggiata dai terremoti nel XIX secolo e divenuta pericolante, fu demolita dall'amministrazione ottomana.

Torre dei mulini - Nota anche come Torre di Francia o torre di Sant'Angelo, era una delle due torri di protezione del porto commerciale ("emporium" in greco Εμπόριον). Fu costruita sul molo naturale ad est del porto dal Gran Maestro d'Aubusson che mise su di essa lo stemma di Francia (da cui la torre prende uno dei suoi nomi). Sul molo erano originariamente presenti ben 13 mulini. Oggi ne resta uno solo.

Torre e forte di San Nicola - Il Mandracchio (Mandraki in greco Μανδράκι) ossia il porto militare era protetto da una torre costruita tra nel 1464 – 67 dal gran maestro Zacosta alla fine del molo naturale. Dopo l'assedio di Rodi del 1480 Gran Maestro d'Aubusson fece aggiungere un bastione attorno alla torre trasformandola in una fortezza di guardia sul mare.

Torre di Spagna

Torre della Vergine

Bastione di San Giovanni

TerrapienoSpagna.jpg (229604 byte)Terrapieno di Spagna - Questo terrapieno, come gli altri due fu costruito dopo l'assedio del 1480 nel mezzo del fossato. Evitava che i cannoni avessero libero tiro sulle mura ed in caso di invasione del fossato Poteva essere raggiunto tramite passaggi sotterranei che potevano essere rapidamente fatti saltare in caso di ritirata. 

Nel 1522 gli ottomani cercarono di minare i terrapieni scavando tunnel sotto il fossato.

Il terrapieno di Spagna è posto nella zona sudovest delle mura a fianco della porta si Sant'Attanasio ed era affidato ai cavalieri della lingua di Spagna.

TerrapienoInghilterra.jpg (441423 byte)Terrapieno d'Inghilterra - Posto nel lato sud delle mura tra le porte di Sant'Attanasio e di San Giovanni, il terrapieno d'Inghilterra era affidato ai cavalieri della lingua di Inghilterra.

Terrapieno d'Italia - Il terrapieno d'Italia, posto subito a nord del bastione d'Italia ed affidato ai cavalieri della lingua d'Italia è stato parzialmente demolito dall'amministrazione italiana per aprire la porta di Acandia.

Castello dei Cavalieri (Kollakio)

Il Kollakio era il centro della vita pubblica della città dei Cavalieri. I suoi edifici, costruiti al tempo del dominio dei Cavalieri, si conservano oggi nella forma acquisita in seguito ai restauri effettuati dagli Italiani durante la loro occupazione dell’isola.

Si entra nella città medievale tramite la porta della Libertà che si trova sul lato settentrionale delle mura. Questa porta, di età posteriore, fu aperta nel 1924 dagli italiani che si consideravano i liberatori di Rodi dall'occupazione turca. Subito dopo essere entrati, ci si trova nella piazza di Syme, dove davanti a noi si possono vedere le rovine del tempio antico di Afrodite, opera del III sec. a.C. La Piazza Symis si chiama anche piazza Nafstathmou perchè si pensa che qui ci fosse l'arsenale dei Cavalieri. L'edificio a destra ospita al pianterreno la Banca Ionica e al piano superiore la Pinacoteca Comunale, la cui collezione comprende anche opere di pittori greci contemporanei.

A Sud della piazza di Syme se ne incontra un’altra, la piazza Arghyrokastrou, una piccola piazza pittoresca con una bella fontana al centro. Nella piazza si trova uno dei più vecchi edifici del castello, che ora ospita l'Istituto Storico-Archeologico. A sinistra, guardando l'Istituto archeologico, si trova il Museo del Folclore. Continuando la strada, si passa sotto un arco che porta alla cattedrale dei Cavalieri, la Chiesa della Madonna del Castello, all'inizio di Via dei Cavalieri. Forse la chiesa originale era una chiesa bizantina, costruita nel XII secolo. Subito dopo la Madonna del Castello c'è Piazza del Museo, ove si trova l'ostello della Lingua Inglese e l'ospedale dei Cavalieri.

Ad Est della piazza Arghyrokastrou c’è la residenza di Hassan Bey: si tratta di una dimora signorile della fine del XVIII-inizi del XIX secolo.

Ad Ovest della casa di Hassan Bey si erge l’Albergo di Alvernia, che data al XV secolo. Nella città c’erano tanti “alberghi” quante erano le “Lingue” dei Cavalieri. Questi “alberghi” erano delle grandi costruzioni che disponevano anche di spazi ausiliari. Le loro dimensioni erano in proporzione al numero dei Cavalieri che ospitavano. I membri dell’Ordine non alloggiavano negli “alberghi”, ma in residenze che si trovavano all’interno del Collachio. Gli “alberghi” venivano usati dai membri di ogni “Lingua” come ambienti in cui si raccoglievano per mangiare e per discutere questioni di interesse comune. A volte servivano anche per ospitare personaggi illustri che arrivavano sull’isola. Nel lato meridionale dell’albergo di Alvernia c’è un’iscrizione su una lastra di marmo che reca il nome del Gran Maestro Guy de Blanchefort e la data 1507.

Ad Ovest dell’edificio si trova una costruzione in cui oggi ha sede la Biblioteca dell’Istituto Storico ed Archeologico. In origine questo edificio, che deve essere tra i più vecchi della città, sembra che servisse come ospedale dei Cavalieri. Probabilmente fu costruito nel periodo in cui Gran Maestro dell’isola era R. de Pin (1355-1365).

Museo archeologico di Rodi

Avanzando verso Sud, attraverso la piazza Megalou Alexandrou, si entra in piazza Mousiou (del Museo). Ad Ovest si erge l’entrata principale del nuovo Ospedale dei Cavalieri, oggi sede del Museo Archeologico di Rodi. L’Ospedale dei Cavalieri era uno tra i più importanti edifici della città dei Cavalieri. Al di sopra dell’ingresso principale a sesto acuto c’è una lastra di marmo a rilievo con la rappresentazione di due angeli che sorreggono il blasone del Gran Maestro A. Fluvian.

Nella parte inferiore della rappresentazione un’iscrizione ricorda che il Gran Maestro diede 10.000 fiorini d’oro per le spese di ricostruzione dell’edificio, iniziata il 15 luglio 1440 sotto il Gran Maestro I. de Lastic (1437-1454) e completata nel 1489, quando Gran Maestro era P. d’Aubusson (1476-1503). Questa lastra era murata sul lato esterno della nicchia centrale della cappella dell’ospedale, che si trova esattamente al di sopra dell’entrata.

L’edificio è costituito da un grande cortile centrale, circondato da un porticato a due piani. Nel cortile sono esposti un leone in marmo di età ellenistica, un mosaico paleocristiano con raffigurazioni di uccelli e di pesci e un gran numero di granate di pietra e di ferro, provenienti rispettivamente dall’assedio di Demetrio Poliorcete e da quello dei Turchi. Sul lato sud del cortile centrale si apre un altro cortile, più piccolo, ornato di mosaici.

A sinistra dell’entrata una larga scala conduce al piano superiore dell’Ospedale. Il lato est dell’edificio è occupato da una sala rettangolare, divisa in lunghezza da un’arcata sorretta da sette colonne. In questa sala c’erano i letti degli ammalati; sul lato sud c’era un focolare e su quelli est ed ovest, lungo le pareti, erano state ricavate delle cavità per l’isolamento degli ammalati. Qui sono state oggi collocate delle pietre tombali del periodo dei Cavalieri e un sarcofago in marmo di età classica che fu usato per la sepoltura del Gran Maestro Pierre de Corneillan.

Ad Ovest si apre una grande sala usata come refettorio per il personale dell'Ospedale; è divisa in ambienti più piccoli e vi sono esposti oggetti databili dall’epoca arcaica a quella romana. Tra questi risaltano delle stele funerarie, torsi da statue di kouroi ed alcune sculture classiche. Di eccezionale bellezza e influenzata dall’arte fidiaca è la stele di Crito e Timarista, realizzata a Kamiros alla fine del V sec. a.C. La stele, alta 2 m, rappresenta la defunta, Timarista, che abbraccia la figlia Crito. 

Di pari interesse è un perirrhanterio (vaso per purificazioni) del VII sec. a.C., che è sorretto da tre figure femminili che poggiano sul corpo di un leone, allusione al predominio sulla natura selvaggia. Queste sale portano ad un giardino pensile che è ornato da stele funerarie e da sculture.

Nelle sale successive, in cui sono esposte sculture ellenistiche, risaltano tre statue della dea Afrodite. In una di queste la dea è resa a grandezza naturale, nell’atteggiamento della cosiddetta Afrodite Pudica (III sec. a.C.), mentre in un’altra poggia il piede su una roccia (II sec. a.C.). Non può sfuggire all’attenzione dei visitatori una piccola statua in marmo che rappresenta Afrodite che si lava i capelli alzandoli con le mani e appoggiando il ginocchio su una roccia (Afrodite Bagnante o Afrodite dei Rodii -1 sec. a.C.). Questo piccolo capolavoro è ritenuto un rifacimento di un’opera dello scultore Daidalsa della Bitinia, che visse nel III sec. a.C.

Vicino a questa statua sono esposte una testa fittile del dio Helios della prima metà del II sec. a.C., numerosissime statue di Ninfe, quella di Artemide-Ecate, una statua acefala di Musa, una testa di atleta e due piccole statue di Asclepio e di Igea del III sec. d.C. In una sala adiacente si trova una testa in marmo che è stata identificata con una copia romana di un ritratto del poeta Menandro.

Attorno al cortile del Museo, nelle rimanenti sale del piano sono esposti notevoli esempi della produzione ceramica di Rodi dal periodo geometrico fino all’età classica, mentre nel loggiato ci sono stele funerarie e altari d’età ellenistica e romana.

Via dei Cavalieri

Con il lato orientale della piazza Mousiou confina la residenza di Guy de Melay, oggi sede della Banca Nazionale. Esattamente accanto, a Sud-Est della piazza, si trova l’Albergo di Inghilterra. Sul suo lato settentrionale ci sono i blasoni della “lingua” e gli stemmi di tre cavalieri.

A Nord della residenza di Guy de Melay si incontrano le rovine della chiesa della “Panaghia tou Kastrou” (S. Maria del Castello). Si tratta di una vecchia chiesa bizantina (la sua costruzione iniziò nell’XI o nel XII sec. d.C.) con pianta a croce ed elementi gotici aggiunti, il cui completamento fu realizzato dai Cavalieri. Presenta affreschi bizantini (XIV secolo) e franchi. S. Maria del Castello era la cattedrale dei Cattolici. I Turchi in seguito la trasformarono in moschea col nome di Enteroum. 

Esattamente di fronte, ad Ovest della chiesa, si apre la via dei Cavalieri (Ippotòn), l’arteria principale della città medievale. La sua larghezza raggiunge i 6 metri e in due punti è attraversata da archi. A destra e a sinistra della strada si ergono gli “alberghi” delle rimanenti “lingue” dell’Ordine. Per primo sulla destra si incontra l'Albergo d’Italia, mentre sulla sinistra si innalza la facciata nord del nuovo Ospedale.

L’edificio che è stato riconosciuto come “albergo” d’Italia è di dimensioni relativamente piccole rispetto al numero dei membri della “lingua” d’Italia. Al di sopra della porta c’è un rilievo marmoreo con il blasone del Gran Maestro F. del Carretto (1513- 1521).

Accanto all' “albergo” d’Italia si incontra l’Albergo di Francia, l’edificio più bello della città dei Cavalieri. La facciata è ornata con i blasoni della “lingua” di Francia, del Gran Maestro P. d’Aubusson (1476-1503) e dell’ultimo Gran Maestro P. Villiers de l’Isle Adam (1521-1534). Accanto all'ostello c'è la Cappella della Lingua Francese, sulla cui facciata c'è una statua in stile gotico della Madonna con il Bambino. Questa fu costruita quando il Gran Maestro Raymond Beranger copriva la carca di Gran Maestro, di conseguenza è uno degli edifici più vecchi di Via dei Cavalieri. Con la cappella confina la canonica del sacerdote della Lingua Francese, che ora ospita il consolato Italiano. Il magnifico complesso dei tre edifici francesi sottolinea il ruolo dominante dei Francesi nell'Ordine.

A Nord-Ovest dell’edificio risalta una costruzione che è chiamata casa del principe Djem. La tradizione vuole che qui il Gran Maestro P. d’Aubusson ospitasse il principe Djem, fratello esiliato del Sultano Bayazid e pretendente al trono.

Sul fondo della piccola strada, che nasce in questo punto e che è fiancheggiata da un portico, si trova la chiesa gotica di Haghios Dimitrios (S.Demetrio), ad una navata. Si dice che esattamente in questo punto fosse costruito il tempio di Dioniso, il tempio antico più riccamente decorato di Rodi.

Sul lato sinistro della via dei Cavalieri, ad Ovest dell’Ospedale, si innalza la residenza di Diomede de Villaragout. Si tratta di un edificio del XV secolo con un cortile interno quadrato. Più ad Ovest, salendo la strada, si vedono a sinistra l’albergo di Spagna e a destra l’albergo di Provenza. Al di sopra della porta dell’albergo di Provenza, che presenta molte somiglianze con quello di Francia, c’è un rilievo in marmo con il blasone della “lingua” di Francia, del Gran Maestro F. del Carretto e del cavaliere Francis Flote.

L’albergo di Spagna, che ospitava le “lingue” di Aragona e di Castiglia, è più semplice nella forma rispetto agli altri alberghi e reca il blasone del Gran Maestro A. Fluvian. Sullo stesso lato della strada si incontrano le rovine della chiesa di San Giovanni del Collachio, costruita agli inizi del XIV secolo in onore del protettore dell’Ordine. Era a tre navate in stile gotico e in essa venivano seppelliti i Gran Maestri. Gran parte della chiesa e del portico che la collegava col palazzo dei Gran Maestri (a destra della strada) venne distrutta nel 1856 da un’esplosione causata da un fulmine caduto sulla polveriera esistente fin dal 1522 nell’interrato del campanile della chiesa. Copia della chiesa di San Giovanni del Collachio è la chiesa dell’Annunciazione, a Mandraki, costrui­ta dagli Italiani. Il posto della chiesa di San Giovanni del Collachio fu occupato da una scuola turca; il portico è stato in gran parte restaurato.

Palazzo dei Gran Maestri

A Nord della via dei Cavalieri si innalza imponente il Palazzo dei Gran Maestri, la più grande costruzione della città medievale. Il palazzo dei Gran Maestri venne distrutto anch'esso dall’esplosione nella polveriera di San Giovanni.

Fu restaurato dagli Italiani che ornarono i suoi pavimenti con mosaici ellenistici, romani e bizantini, portati soprattutto da Kos. Il palazzo, costruito nel XIV secolo, era eccezionalmente fortificato e disponeva di magazzini sotterranei, dove i Cavalieri custodivano viveri e munizioni per poter far fronte in maniera efficace agli attacchi nemici. Dopo l’occupazione dell’isola da parte dei Turchi nel 1522, venne trasformato in prigione.

Prima della distruzione del 1856, aveva subito gravi danni a causa del sisma del 1851.

L’entrata del Castello è imponente: a destra e a sinistra di essa si ergono due torri semicircolari con spalti. Il grande cortile interno quadrato con le arcate è ornato con statue romane. I soffitti delle stanze sono di legno e spesso sorretti da colonnati e i pavimenti sono rivestiti con marmi policromi.

Il visitatore, dopo aver salito l’imponente scala in marmo, raggiunge il primo piano, dove si trovano le sale principali.

- La sala con il trofeo delle guerre contro Mitridate, che risale al I sec. d.C. e proviene dalla necropoli della città antica di Rodi. La statua poggia su un piedistallo marmoreo del periodo ellenistico, che è decorato con figure a rilievo del dio Dioniso e delle Menadi. Il pavimento della sala è ornato da mosaici d’età tardo-romana e paleocristiana, portati tutti da Kos. I seggi in legno che si trovano nella sala provengonodall’Europa Occidentale e risalgono al XVI secolo.

- La sala con la statua di Laocoonte con i figli. Questo gruppo è una copia di un’opera romana del I sec. a.C., che si trova oggi nei Musei Vaticani ed è una creazione degli scultori rodensi Agesandros, Athenadoros e Polydoros. Anche qui il pavimento è ornato con mosaici del periodo tardo-ellenistico provenienti da Kos. Il tavolo di legno e le sedie sono del XVI secolo, mentre le due cassapanche sono del XVIII secolo.

- La sala con il mosaico della Medusa. Portato anch’esso da Kos, è un’opera del II sec. a.C. Nelle rientranze delle pareti della sala è esposta una collezione di vasi cinesi.

- La sala con le tre volte a crociera a sesto acuto. Nel loro punto di incontro recano simboli dei mazzieri di Roma. Il pavimento è decorato da due mosaici provenienti da Kos. Uno, che rappresenta pesci e animali marini, è del periodo tardo-ellenistico, e l’altro, con volatili entro motivi geometrici, data al periodo paleocristiano (prima metà del VI sec. d.C.). Le cassapanche in legno sono del XVI secolo e provengono anch’esse dall’Europa Occidentale.

- La sala con il mosaico della tigre. Parte del pavimento di questa sala è occupata da un mosaico con la figura di una tigre pronta all’assalto e da un secondo d’età tardo-cristiana con disegni geometrici.

- La sala che servì da ufficio del governatore italiano del Dodecaneso durante il periodo dell’occupazione italiana. Anche questa sala ha tre volte a crociera a sesto acuto. Esattamente sotto la seconda volta a crociera sul pavimento c’è un mosaico proveniente da Kos, che risale alla seconda metà del V sec. d.C. Rappresenta dodici cerchi in cui sono compresi papere, alberi e vasi. I mobili (sedie, scrivania, bauli, candelabri) sono del XVI secolo.

- La sala con i capitelli. Due colonnati con capitelli teodosiani dividono la sala in tre navate. Qui molto probabilmente si riunivano i Cavalieri. Il centro del pavimento è ornato da un grande mosaico quadrato della seconda metà del V sec. d.C. con complessi motivi decorativi. Questo mosaico proviene dalla basilica di San Giovanni di Kos. Le rientranze della parete sono ornate da due candelabri del XVII secolo a forma di angeli.

- La sala col mosaico che rappresenta un tirso, opera della seconda metà del I sec. a.C. Questo mosaico è opera rodia. Il lampadario appeso al soffitto della sala è in vetro di Murano.

- La sala con la lanterna. Ad una parete di questa sala è appesa una lanterna in legno, che è tenuta alla parete da una mano. Il pavimento è ornato da un mosaico di Kos della seconda metà del V sec. d.C.

- La sala con i delfini. Il pavimento di questa sala oblunga è decorato da un mosaico di Kos del periodo tardo-ellenistico. Nella fascia perimetrale del mosaico nuotano dei delfini ed il centro è occupato dalla figura di un grosso pesce. 

Dopo la sala con i delfini, una scala in marmo conduce al piano superiore e da lì in un corridoio il cui pavimento è coperto da una serie di mosaici. Il primo rappresenta un gladiatore che si difende davanti ad una tigre che lo assale. Opera del periodo tardo-ellenistico, proviene anch'esso da Kos. Il secondo è a motivi geometrici ed il terzo raffigura Poseidone nella sua competizione con il gigante Polibote.

- La sala con l’amorino. Il mosaico che si trova in questa sala è del periodo tardo-ellenistico. Proviene da Kos e rappresenta in una policromia vivace la figura di un amorino che pesca.

- La sala con il mosaico delle Nove Muse. Al centro del pavimento di questa sala domina un mosaico del periodo tardo-ellenistico (I sec. d.C.) che riporta le protomi delle nove Muse. I mobili della sala e le tappezzerie sono del XVI secolo.

Chora o Bourgo (Borgo)

In questa parte della città medievale è possibile visitare molte chiese, costruite nel periodo bizantino e durante la dominazione dei Cavalieri, nonché edifici pubblici, come la Castellania, l’Ammiragliato e l’ “Ospizio” di Santa Caterina. Iniziamo la visita da piazza Ippokratous, alla cui estremità nord-orientale si trova l'edificio della Castellania che, al pianterreno, ospita oggi la Biblioteca di Rodi. Sul lato sud-occidentale una larga scala esterna conduce ad un terrazzo rettangolare che dà sulla piazza Ippokratous. Su un lato del terrazzo una porta, incorniciata da stipiti in marmo scolpiti, conduce ad una grande finestra che è divisa in quattro da una croce di marmo.

Sulla stessa parete c’è un rilievo in marmo con il blasone del Gran Maestro E. d’Amboise e la data 1507. Pare che la Castellania fosse il Tribunale Commerciale dell’isola e che servisse anche come centro di raccolta dei mercanti.

Procedendo verso Sud- Est si arriva in piazza dei Martiri Ebrei. Sul lato nord si conserva un edificio che è noto come palazzo dell’Ammiragliato.

Molto probabilmente fu costruito verso la fine del XV e gli inizi del XVI secolo e doveva essere la residenza del metropolita greco (ortodosso) di Rodi. Sulla facciata dell’edificio c’è l’iscrizione in latino: PAX HUIC DOMUI ET OMNIBUS HABITANTIBUS INEA, cioè “Pace a questa casa e a coloro che la abitano”. La stessa iscrizione tradotta in greco è incisa sul muro nord del cortile interno. Sul muro al di sopra della porta principale è incorporata una lapide con un blasone non identificato.

Più ad Est, sul lato sud di via Aristotelous si conserva l’ "Ospizio” di Santa Caterina, del periodo dei Cavalieri. Costruito nel XIV secolo dall’ammiraglio dell’Ordine Domenico d’Alemagna, funzionò sotto la direzione della “lingua” d’Italia e serviva da foresteria per ospitare i Cavalieri. Vicino alla porta di Santa Caterina si trova la chiesa di Haghios Panteleimon, oggi chiesa parrocchiale, costruita, nel 1481, in ricordo della vittoria contro i Turchi.

Dalla piazza dei Martiri Ebrei si dipartono via Dimosthenous e via Perikleous. In queste strade si conservano due chiese bizantine, note rispettivamente come Doulaplì Djiamì e Il Michrab Djamì: la loro inusuale denominazione è dovuta al fatto che furono trasformate in moschee turche. Ritornando in piazza Ippokratous si può seguire la via Sokratous, la strada più centrale e più commerciale della città vecchia, che ancora oggi conserva il suo aspetto pittoresco fiancheggiata com’è da vecchie, basse case.

Alla fine di via Sokratous domina la moschea di Solimano, costruita al posto della chiesa bizantina degli Haghii Apostoli (S.ti Apostoli); nel suo giardino si può ammirare una fontana tradizionale del XVI secolo.

A via Sokratous segue via Orpheos, dove, all’inizio, si trova il celebre Orologio, una torre a tre piani, dono fatto ai Turchi della città da Tachtì Pascià nel 1851. Oggi è stata trasformata in bar; da essa si ha una bella vista panoramica sul porto. 

Di fronte all’Orologio spicca l’edificio della Biblioteca Turca, fondata nel 1794 da Havouz Achmet Agà. In essa sono conservati rari manoscritti, tra cui un particolare interesse presentano un Corano miniato del 1540 e una cronaca dell’assedio del 1522.

Nella stessa zona, in via Apollonion, si conserva una chiesa quadriabsidata del XIV secolo, che nel XV secolo divenne proprietà dei Francescani e fu decorata con elementi gotici. Sotto il dominio turco fu trasformata in Scuola teologica e prese il nome di Hourmalì Medresè

Nelle immediate vicinanze, in via Ippodamou ci sono altre due chiese bizantine. Anche queste furono usate dai Turchi come moschee e oggi sono note come Taketzì Djiamì e Kadì Meszid. L'estremità sud di via Ippodamou, vicino alla porta di S. Atanasio, è ornata dall'omonima chiesa bizantina ad una navata, che ebbe la stessa sorte delle precedenti ed è nota col nome di Bab-ou-Mestoud.

Parallela a via Ippokratous è la via Haghiou Phanouriou, la più pittoresca della città vecchia. Qui si trova la chiesa bizantina di Haghios Phanourios, che fu costruita nel XIII secolo con pianta a croce libera e fu decorata con interessantissimi affreschi. Al tempo della dominazione turca, al posto della chiesa fu costruito il Kavouklì Metalì Djamì. Un’altra moschea si conserva dietro la chiesa di Haghios Phanourios; si tratta della moschea di Retzep Pascià, per la cui costruzione furono usati elementi architettonici provenienti da edifici classici, bizantini e cavallereschi. 

In via Platonos, perpendicolare a via Haghiou Phanouriou, si può vedere il Demirlì Djiamì, una grande chiesa del XIV secolo, in uso sia al tempo dei Cavalieri che durante la dominazione turca.

Nella città vecchia di Rodi si trovano ancora diverse altre chiese bizantine, la maggior parte delle quali ha oggi la forma di moschea a seguito delle modificazioni apportate dagli occupatori turchi. D'altra parte di particolare interesse sono anche i monumenti turchi, che offrono un aspetto architettonico diverso e si abbinano armoniosamente agli edifici più antichi, bizantini e cavallereschi.

Proprio questa multiformità dà alla città vecchia un aspetto unico e costituisce una notevole attrazione per i turisti, presenti in tutte le stagioni dell’anno.

Dietro i frequentatissimi negozi, i ristoranti, i caffè ed i locali di divertimento, si possono distinguere gli innumerevoli monumenti storici della città, che rispecchiano nella maniera migliore il glorioso passato della città.

Agosto 2014 - Agosto 2015

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