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Versante
Nord e Sud dell'Acropoli
Sulla
pendice nord dell’Acropoli si stabilirono i primi abitanti di Atene e nelle
grotte della zona si svilupparono i più antichi culti della città.
La
sorgente, che nella preistoria costituì il centro del primo abitato, nel V sec.
a.C. fu trasformata in fontana e rimase nota come Clepsidra (18). Ad Est
della Clepsidra tre aperture a grotta ospitavano i culti di Apollo Ypoakraios
(che è adorato alle estremità delle rocce, 19), di Zeus Olimpio (20) e
del dio con i piedi di capra Pan (21). Più ad Est c’era il santuario di
Afrodite ed Eros (22), che attraverso un passaggio segreto comunicava con la
Casa delle Arrefore sull’Acropoli.
Vicino
alla Clepsidra si incrociavano due strade: la via delle Panatenee (23) e
il cosiddetto Peripatos (24). La prima partiva dalla porta del Dipylon
nel Ceramico e attraverso l’Agorà arrivava fino ai Propilei. Come rivela il
suo nome, era la strada che percorreva la processione delle Panatenee. Il
Peripatos costeggiava l’Acropoli perimetralmente e finiva all’Odeion di
Erode Attico (38).
Un’altra
strada passava inoltre dal versante sud dell’Acropoli, la via dei Tripodi.
Partiva dal Prytaneion nell’Agorà e terminava al Teatro di Dioniso (27). Il
suo nome è dovuto al gran numero di monumenti coregici con tripodi che ornavano
i suoi lati.
I
tripodi, i premi cioè dei coregi vincitori nelle gare drammatiche, dovevano
essere collocati sopra una base ed eretti in un qualche punto della città. I
piedistalli dei tripodi potevano essere semplici o monumentali a seconda della
generosità dei coregi. Particolarmente monumentale era il monumento coregico
di Lisicrate sulla via dei Tripodi, che si conserva ancora oggi. Fu dedicato
nel 334 a.C. e disponeva di una base composita: sopra un piedistallo quadrato,
che finiva in tre gradini, poggiava un monumento
cilindrico. Il tripode poggiava su questo grazie ad un capitello corinzio.
Il
versante sud dell’Acropoli, già dal VI sec. a.C., costituiva il centro
spirituale di Atene quando Pisistrato portò da Eleutherai di Beozia il culto di
Dioniso. Fu allora fondato il temenos di Dioniso Eleuthereus che
comprendeva un tempietto con lo xóanon del dio (25). Nel IV sec. a.C. furono
costruiti una stoà a Nord (26) ed un nuovo tempio (27) che ospitava la statua
crisoelefantina di Dioniso, opera dello scultore Alkamenes.
A
Nord del temenos Pisistrato aveva adattato uno spazio circolare per
l’esecuzione di una danza cultuale in onore di Dioniso. In quel luogo nel V
sec. a.C. fu costruito il Teatro di Dioniso (28), che in origine era in
struttura lignea. Nel IV sec. a.C. vennero aggiunti sedili litici e una scena
fissa, che ha subito notevoli trasformazioni nel corso dei secoli. Il teatro fu
distrutto due volte, da Siila nell’86 a.C. e dagli Eruli nel 267 d.C., e
ricostruito.
Nel
V sec. d.C. vi fu costruita una chiesa cristiana. Il teatro di Dioniso è il
primo teatro del mondo ed il luogo in cui furono rappresentate per la prima
volta le opere dei grandi drammaturghi antichi.
Ad
Est del Teatro di Dioniso nel 447-442 a.C. fu costruito il celebre Odeion di
Pericle (29), destinato a concorsi musicali. Lo spazio interno era
strutturato attorno ad una parte centrale con l’aiuto di colonne disposte a
raggi. Sulle colonne poggiava un tetto a forma di piramide che, secondo la
tradizione, era un’imitazione della tenda del re persiano Serse. L’Odeion fu
incendiato al tempo dell’invasione di Siila nell’86 a.C. e fu ricostruito
nel 61 a.C. dal re di Cappadocia Ariobarzane II. Fu distrutto completamente
dagli Eruli nel 267 d.C.
Dietro
il Teatro di Dioniso, nel 319 a.C., fu collocato il monumento coregico di
Trasillo (30): come base del tripode fu usata una cavità della rocca, che
venne tagliata e chiusa con due porte marmoree. Due colonne corinzie più
in alto rispetto al monumento di Trasillo (31), costituivano ugualmente basi di
tripodi coregici.
A
Nord-Ovest del santuario di Dioniso si sono conservate pochissime vestigia del
monumento coregico di Nicia (32), a forma di tempio, dedicato nel 319 a.C. I
suoi elementi architettonici, dopo l’incursione degli Eruli del 267 d.C.,
furono murati nella porta Beulé.
Ad
Ovest del Teatro di Dioniso c’era il santuario di Asclepio. Asclepio,
divinità-medico, prestava le cure agli ammalati col metodo dell’incubatio. Il
suo culto fu portato ad Atene nel 420 a.C. da un privato cittadino di nome
Telemaco. Furono allora costruiti un tempio con le statue di Asclepio e di sua
figlia Igea (33), un altare (34), una stoà-enkoimeterion (35) e un ambiente che
comprendeva un pozzo circolare ove gettare i resti sacri del sacrificio (36).
Successivamente al complesso vennero aggiunti altri due portici. Vicino
all’Asklepieion c’era acqua sorgiva, elemento indispensabile per i riti che
vi si svolgevano.
Ad
Ovest dell’Asklepieion c’erano la fonte di Leucippe, un tempietto
di Themis e l’Ippolyteion, un heroon dedicato al figlio di Teseo,
Ippolito.
Più
a Sud fu costruita la stoà di Eumene (37), a due piani, per agevolare
gli spettatori del Teatro di Dioniso in caso di mal tempo. Era dono del re di
Pergamo Eumene II (II sec.a.C.) e disponeva di un colonnato dorico sulla
facciata e di uno ionico all’interno. Attraverso una scala sul lato est
comunicava con il Peripatos che passava a Nord ad un livello più alto.
La
stoà di Eumene collegava il Teatro di Dioniso con l’Odeion di Erode Attico
(38). Il celebre Odeion era un dono di Erode, originario di Maratona in Attica,
fatto in memoria della moglie Regilla. Erode, erede di un grande patrimonio,
mise a disposizione notevoli somme di denaro per la costruzione di edifici
pubblici in tutta la Grecia. Nell’Odeion, realizzato tra il 160 ed il 174
d.C., venivano eseguiti concorsi musicali e drammatici. Era ad anfiteatro,
secondo i modelli romani, ed aveva una capienza di 5.000 posti. I suoi muri
erano rivestiti di marmo e i pavimenti lastricati con marmo e con mosaici. In
marmo furono realizzati anche i sedili degli spettatori; la facciata a tre piani
della scena era riccamente decorata con colonne e nicchie. Il retto doveva
essere in legno di cedro, Oggi l'Erodion è stato restaurato e nei mesi estivi
viene utilizzato per manifestazioni artistiche.
Teatro
antico (Teatro di Dioniso)
Il teatro
di Dioniso fu il teatro più importante del mondo greco nel V e IV
secolo a.C. e venne utilizzato dai più significativi autori greci
(Eschilo, Sofocle ed Euripide per la tragedia, Aristofane e Menandro per
la commedia) per mettere in scena le loro opere. Venne costruito agli inizi
del V secolo a.C. a ridosso del santuario di Dioniso. Accanto
all'ingresso sorgeva l'Odeo di Pericle.
Secondo
i pochi documenti storici noti, pare che quando ad Atene cominciarono
le rappresentazioni teatrali (attorno al 534 a.C., secondo il Marmor
Parium), esse avvenissero nell'agorà. Tra la fine del VI e l'inizio
del V secolo a.C., però, si verificò un incidente: il crollo delle impalcature
(ikria) dove sedevano gli spettatori. Si decise allora di spostare le
rappresentazioni in un luogo ad esse dedicato, che venne identificato sulle
pendici meridionali dell'acropoli, presso il santuario di Dioniso.
Sfruttando il naturale pendio dell'Acropoli stessa, in un imprecisato anno
all'inizio del V secolo a.C. fu costruito il teatro.

Una
delle più importanti conquiste di Atene fu la concezione del senso teatrale,
un’espressione artistica che sopravvisse nei secoli e venne diffusa in ogni
angolo della terra. Nell’Atene antica si formarono per la prima volta le
condizioni da cui nacque il teatro, sia come istituzione sia come edificio.
Le
sue radici si trovano nelle antiche manifestazioni cultuali in onore del dio
Dioniso, figlio di Zeus e della mortale Semele. Dio del vino e protettore della
fecondità e della vegetazione, Dioniso fu adorato inizialmente in zone rurali a
partire dalla Tracia o dalla Frigia. Suoi seguaci erano le Menadi (Ninfe che
allevarono il dio) ed i Satiri con piedi di capro, che arrivando all’ebbrezza
danzavano in estasi e offrivano agli uomini un senso di libertà illimitata.
Il
culto di Dioniso fu portato ad Atene da Eleutherai di Beozia al tempo di
Pisistrato (VI sec.a.C.). Gli Ateniesi adottarono fin dall’inizio le cerimonie
orgiastiche che accompagnavano il dio. Prima nell’Agorà e poi nel santuario
di Dioniso venne strutturato uno spazio per l’esecuzione di una danza
cultuale, il ditirambo (danza ciclica), durante cui i fedeli mascherati da
Satiri (capri) cantavano e danzavano in onore del loro giovane dio. Dal gruppo
presto si distinse “capo del coro” che dava inizio al canto che veniva
continuato dai rimanenti. Questa evoluzione costituì il primo nucleo della
tragedia greca artica (tragon odé, canto dei capri). Attraverso una serie di
cambiamenti i canti corali si arricchirono di movimenti imitativi, la metrica e
il dialogo. Per la prima volta, alla metà del VI sec. a.C., Tespi del demos
attico di Icaria presentò un attore, cioè un personaggio che non apparteneva
alla danza corale ma che conversava con essa. Lo stesso poeta istituì anche la
maschera teatrale.
Nel
V sec. a.C. il teatro ormai nella sua forma definitiva raggiunse il suo culmine
e coltivò tre forme di dramma: la tragedia, la commedia e la satira (in questa
coesiste l’elemento serio con quello allegro). Gradualmente il contenuto delle
opere cessò di avere un carattere religioso ma le rappresentazioni venivano
eseguite sempre durante le feste di Dioniso, le Lenee e soprattutto le Grandi
Dionisie. Le Lenee venivano celebrate in inverno e duravano due giorni: vi
concorrevano due poeti tragici con due tragedie ciascuno e cinque commediografi
con cinque commedie in totale. Le Grandi Dionisie, che acquisirono fama
panellenica, venivano celebrate in primavera e duravano una settimana.
All’inizio venivano presentate cinque commedie, mentre negli ultimi tre giorni
concorrevano tre poeti tragici, ciascunocon una tetralogia (tre tragedie ed una
satira).

Un
ruolo importante nell’organizzazione delle rappresentazioni avevano i coregi,
ricchi cittadini ateniesi che si assumevano le spese per l’istruzione ed i
costumi dei danzatori. L’istituzione della coregia era obbligatoria e
costituiva una specie di tassazione indiretta, dato che i coregi pagavano somme
enormi. Gli altri partecipanti ai concorsi drammatici erano i poeti, gli
interpreti (sempre uomini, anche nei ruoli femminili), i danzatori, i musici, i
maestri del coro ed i giudici.
I
poeti scrivevano il testo e la musica delle opere, si assumevano la messa in
scena e per un certo periodo interpretavano i ruoli di protagonista. Tra i poeti
del V sec. a.C. i tragici Eschilo, Sofocle, Euripide ed il comico Aristofane
crearono opere uniche, che continuano a commuovere per la contemporaneità e
l’universalità dei loro messaggi. Il Teatro di Dioniso, dove venivano
presentate le rappresentazioni teatrali, era un luogo di insegnamento e di
istruzione. In questo clima si inserisce anche l’istituzione dei biglietti
gratuiti da parte di Pericle (theorikà).
Al
tempo dei più grandi autori teatrali dell'antica Grecia, il teatro era formato
da una orchestra del diametro di 25 metri, in cui recitavano gli attori e
il coro. Probabilmente non esisteva un palcoscenico riservato
agli attori, sicché questi ultimi e il coro erano sullo stesso livello e
interagivano tra loro. Alle spalle degli attori stava la skené, ossia
alcuni pannelli di legno dove era rappresentato un paesaggio o un palazzo
(l'ambientazione dell'opera). All'orchestra si accedeva tramite due
corridoi laterali (detti parodoi o eisodoi) e tramite una porta
centrale, situata nel centro della skené.
Nella
direzione opposta, dall'orchestra si dipartivano le gradinate per il pubblico,
in forma semicircolare, formate da sedili in legno che seguivano la naturale
pendenza del terreno, sicché gli spettatori (eccetto quelli seduti in prima
fila) avevano una visuale dall'alto. Pare che il teatro di Dioniso potesse
arrivare a contenere anche 15.000 spettatori.
Da
qualche parte ai margini dell'orchestra (secondo alcuni in cima alla skené)
era situato il theologeion, una pedana rialzata, solitamente usata per
l'apparizione degli dei. Erano inoltre presenti la mechanè, una sorta di che
permetteva di sollevare da terra l'attore, simulando il volo, e l'ekkyklema, una
piattaforma con delle ruote che poteva essere manovrata e ruotata per scoprire
l'interno dell'edificio scenico.
In
questo secolo, e in quello successivo, il teatro di Dioniso fu senz'altro il più
importante dell'intero mondo greco, poiché tutti i più grandi autori del tempo
vi mettevano in scena i loro drammi.
In
un periodo collocabile tra la fine del V secolo a.C. ed il 330 a.C., il
teatro assunse gradualmente la seguente fisionomia: venne introdotto il
palcoscenico, rialzato rispetto all'orchestra e ad essa collegato tramite alcuni
gradini. Sul palcoscenico agivano gli attori, mentre l'orchestra, più in basso,
era riservata al coro. Vennero inoltre costruite gradinate di pietra in
sostituzione delle precedenti di legno, suddivise in settori corrispondenti al
censo e alla nobiltà degli spettatori. Il posto centrale della prima gradinata,
un sedile di marmo riccamente decorato, era riservato al sacerdote di Dioniso.
Il
teatro di Dioniso venne utilizzato almeno fino al periodo dell'impero romano (ed
è a questo periodo che risale la maggior parte delle rovine oggi visibili), ma
in seguito cadde in disuso, al punto da essere sepolto dal terreno e dalla
vegetazione. Dal periodo bizantino, l'intero complesso era completamente
distrutto. Venne riportato alla luce grazie agli scavi dell'archeologo
Wilhelm Dörpfeld, condotti tra il 1882 ed il 1895.
Odeion
di Erode Attico
Tra
il teatro di Dioniso e l’Odeion si estende la Stoà di Eumene II, re di
Pergamo, costruita nel II sec. a.C. da questo grande ammiratore di Atene, per
servire da riparo agli spettatori del teatro in caso di maltempo e come luogo di
passeggio. Era lunga 164 m e assomigliava alla Stoà di Attalo nell’Agorà.
L'odeion di
Erode Attico è un piccolo teatro in pietra situato sul pendio
meridionale dell'Acropoli di Atene, originariamente coperto e pensato per
esecuzioni musicali. Costruito a partire dal 161 e completato prima
del 174, fu fatto erigere dal ricchissimo politico e sofista greco Erode
Attico in memoria della moglie Appia Annia Regilla.
Erode
Attico era un nobile ateniese del demo di Maratona, vissuto nel II sec. d.C. Fu
un importante retore e maestro di molti sofisti e di molte personalità della
sua epoca, tra cui l’imperatore Marco Aurelio. Tra i numerosi monumenti e
opere di utilità pubblica che costruì in tutta la Grecia c’è anche
l’Odeion, un teatro coperto destinato a manifestazioni musicali.
Originariamente
si trattava di un anfiteatro in pendenza, la cui scena misurava 35 m
di larghezza, con un muro frontale in pietra e il pavimento in legno. Era
protetto da una copertura in legno. Veniva utilizzato come luogo di ritrovo per
concerti musicali. I gradini, disposti su 32 file, potevano contenere 5000
persone.
È
una delle varie opere commemorative che Erode Attico fece costruire
per ricordare la moglie Regilla, uccisa da un liberto forse per
suo stesso ordine. Si trattava di un teatro coperto per ospitare esecuzioni
musicali. I lavori durarono una decina di anni, perché questo odéon era
già terminato nel 174, quando Pausania lo vide e lo descrisse nella
sua Guida. In molti mattoni dell'imponente costruzione si trovano
incise le lettere ΘHΡ, a significare forse «Teatro di Erode e Regilla», ma
potrebbero essere semplicemente i marchi di fabbrica degli artigiani.
Il
teatro fu distrutto nel 267, in seguito all'invasione degli Eruli. Il
7 dicembre del 1887, un gruppo di studenti dell’Università di Atene in onore
della Regina Olga di Grecia e al suo cospetto, si esibiscono in Antigone di
Sofocle. Il coro è composto da quindici elementi che declama i versi
dell’antico testo Sofocle “selon la musique de Mendelssohn”.
La
scena è lunga 35,40 m; l’orchestra (diam. 18,80 m) è rivestita con lastre
bianche e nere di marmo di Caristo e la cavea (con 32 file di sedili) ha una
capienza di circa 5.000 spettatori. Il tetto era in legno di cedro. La facciata
era a tre piani con aperture ad arco. La cavea è stata ricostruita con marmo
pentelico e ogni estate si riempie di spettatori che assistono a
rappresentazioni del dramma antico, concerti, balletti e opere liriche,
nell’ambito del Festival di Atene.
Negli anni
cinquanta vennero restaurati l'uditorio e l'"orchestra"
(l'attuale palcoscenico), utilizzando marmo bianco e cipollino. Da allora
il teatro è sempre stato uno dei maggiori auditorium del Festival
Ateniese, che si svolge ogni anno da giugno a settembre. L'Odéon ha ospitato Maria
Callas, Jonas Kaufmann, Maurice Béjart, Mikīs Theodōrakīs, Dionysis
Savvopoulos, Maria Dragoni e molti altri importanti artisti. Nel
settembre 1993, il teatro è stato scena del concerto Yanni Live at
the Acropolis, ad opera del pianista e compositore greco Yannis
Hrysomallis. Altra memorabile performance fu data, nel 1984, dalla cantante
Greca Nana Mouskouri, di ritorno sulle scene del proprio Paese dopo
vent'anni di assenza.
Agorà
antica (Agorà romana - Biblioteca di Adriano)
L'agorà
(raduno, raccolgo) era nella Grecia antica un luogo assolutamente indispensabile
per il funzionamento e l’organizzazione delle città. Costituiva il centro
politico ed amministrativo e concentrava le attività sociali, commerciali e
religiose. L’ideale dell’epoca classica, secondo cui il cittadino doveva
partecipare efficacemente alla vita pubblica, trovava la sua espressione
migliore nel nucleo della città, l’agorà.
L’Agorà
antica di Atene si estendeva a Nord-Ovest dell’Acropoli ed era delimitata a
Sud dalla collina dell’Areopago e ad Ovest da quella di Kolonòs Agoràios. Il
sito archeologico si trova oggi nella zona di Monastiraki.
La
frequentazione nel luogo dell’Agorà ateniese risale agli inizi del Neolitico.
Nell’Età del Bronzo e fino al periodo geometrico la zona servì soprattutto
da necropoli e, intorno al 700 a.C., fu di nuovo concessa per uso abitativo.
Le
funzioni pubbliche venivano esercitate inizialmente nella parte occidentale
dell’Acropoli e solo nel VI sec. a.C. si svilupparono gradualmente nello
spazio dell’Agorà classica.
Agli
inizi del VI sec. a.C. nell’Agorà si riuniva l’Ekklesia del Demos e
venivano celebrati i ditirambi in onore di Dioniso; successivamente queste
attività vennero trasferite rispettivamente sulla Pnice e nel Teatro di
Dioniso.
Il
tiranno Pisistrato costruì nell’Agorà il suo palazzo e realizzò uno Stadio
per l’esecuzione dei giochi Panatenaici. Dall’Agorà passava tra l’altro
la via Panatenaica, parti della quale si conservano ancora oggi. A
Pisistrato è dovuta anche la costruzione di una fontana, la cosiddetta
Enneakrounos (dai nove zampilli), situata nella parte sud-orientale (fontana
sudorientale). Pisistrato il Giovane, nipote del tiranno, eresse, nel 522/1
a.C., un altare per il culto dei Dodici Dèi, che era circondato da
balaustre con rappresentazioni a rilievo. In periodi successivi questo altare
servì da rifugio per i perseguitati e da punto di riferimento per la
misurazione delle distanze della città. Con l’Agorà è in relazione anche
una vicenda che scosse la società ateniese. Vicino al Leokoreion
(santuario delle Leocori, figlie dell’eroe attico Leos, sacrificate per la
salvezza di Atene) fu assassinato nel 514 a.C. Ipparco, figlio di Pisistrato,
durante le Panatenee. Gli assassini, Armodio e Aristogitone, furono glorificati
dagli Ateniesi quali liberatori. Intorno al 500 a.C. lo scultore Antenore eseguì
le loro statue che furono erette nell’Agorà e che vennero sottratte dai
Persiani nel 480 a.C. Nel 477 a.C. altri due scultori, Kritios e Nesiotes,
eressero due nuove statue; molto tempo dopo, Alessandro Magno riportò dalla
Persia le vecchie opere di Antenore.
Con
l’instaurazione della democrazia da parte di Clistene nel 508 a.C., l’Agorà
acquisì definitivamente un carattere politico. Alla fine del VI sec. a.C. a
Sud-Ovest dell’Agorà venne strutturato un peribolo (cortile aperto) come sede
del tribunale dell’Eliea. In seguito, nel IV sec.a.C., accanto
all’Eliea fu costruito un orologio idraulico, la Clepsidra, che era in
rapporto con il funzionamento dei tribunali. Al tempo di Clistene il palazzo di
Pisistrato venne usato per il ristoro dei Pritani, consiglieri con potere esecutivo
e legislativo (Prytanikón).
Da
quest’epoca in poi una serie di edifici pubblici venne a concentrasi
sull’asse occidentale dell’Agorà. A Nord del Prytanikón fu costruito il
cosiddetto Vecchio Bouleuterion, sede della Boulé dei 500, corpo con
competenze amministrative. Alla fine del V sec. a.C. fu sostituito da un nuovo
edificio (Nuovo Bouleuterion) e il suo uso venne limitato alla custodia degli
archivi di Stato e al culto della Madre degli Dèi, Rea. All'interno di esso era
stata posta la statua di quella divinità, opera dello scultore Agorakritos.
Alla fine del VI sec.a.C. all’estremità nord-occidentale dell’Agorà fu
costruita la Stoà
Basileios, sede dell’arconte-re. L’arconte-re organizzava le grandi
feste della città e giudicava alcuni tipi di omicidi. Davanti alla costruzione
fu mantenuta una pietra rettangolare su cui l’arconte-re prestava il suo
giuramento. All’interno della Stoà Basileios furono custodite per molti
secoli le leggi di Solone e di Draconte.
Nel
480 a.C. l’invasione persiana provocò molti danni nella zona. Nei decenni
successivi furono eretti, su iniziativa di Cimone, nuovi edifici. Intorno al 460
a.C. fu costruita la Stoà Poikile (Pecile), l’edificio più
settentrionale dell’Agorà (oggi fuori del sito archeologico recintato). Il
suo nome è dovuto al fatto che era ornata con composizioni di grandi pittori,
come Polignoto e Paneno.
Questa
stoà, luogo di refrigerio, serviva contemporaneamente anche per sedute di
alcuni tribunali. Dal III sec. a.C. fu sede dei filosofi stoici, che proprio da
questa presero il loro nome (stoici).
Nel
470-460 a.C., sulle rovine dell’antico Prytakinón, fu costruita la Tholos:
una costruzione circolare con tetto conico, sorretto all’interno da sei
colonne. Fu usata come sede e luogo di ristoro dei Pritani e per la custodia dei
pesi e delle misure, del sigillo e dell’estia della città. Fu più volle
ristrutturata e in epoca romana acquisì un propylon monumentale.
Cimone
è dovuta anche la costruzione di un tempio monumentale sulla collina di
Agoraios Kolonós (450 a.C. - 421/415 a.C.), dedicato ad Efesto e ad Athena
Ergane, protettori della ceramica e dell’arte dei metalli. L'Hēphaistêion o tempio
di Efesto è uno dei templi dorici meglio conservati al mondo, pur
essendo meno noto del vicino Partenone. Il tempio è conosciuto anche come Thēsêion perché
ritenuto erroneamente in epoca bizantina, e anche da alcuni studiosi
dell'Ottocento, il luogo di sepoltura di Teseo.
Il
tempio è posto sull'altura che domina il lato occidentale dell'agorà, nota
come Kolonos Agoraios e, contrariamente a quanto accade spesso per gli
edifici di culto antichi, non sembra aver sostituito un qualche tempio
precedente.
Si
tratta di un tempio lungo 39,44 metri e largo 16,90 con trentaquattro colonne
(sei frontali e tredici di lato): è un edificio periptero, esastilo, con
tredici colonne sui lati lunghi (secondo la proporzione canonica del tempio
dorico che pone sui lati lunghi le colonne in numero doppio più uno rispetto
alla fronte). La cella è distila in antis, con il pronao più
profondo rispetto all'opistodomo. All'interno la cella vera e propria
dovrebbe avere avuto un doppio colonnato interno che correva sui due lati lunghi
e sul fondo, facendo da quinta scenica per il gruppo delle due statue di culto
di Atena ed Efesto eseguite da Alkamenes tra il
421 e il 415, come testimoniato dai rendiconti epigrafici delle spese
per la realizzazione del gruppo in bronzo, su una base di calcare di Eleusi e
rilievi in marmo.
Dopo
essere stato costruito verso la metà del V secolo a.C. come tempio di Efesto,
esso viene nel VII secolo d.C. convertito in chiesa cristiana dedicata
alla memoria di San Giorgio. Questo processo di rifunzionalizzazione porta
le prime e più grandi modifiche: l'orientamento del tempio viene invertito, il pronao viene
rivoluzionato mediante l'abbattimento della parete divisoria tra pronao e cella e
l'occlusione dell'apertura tra le ante con un'abside, la rimozione delle due
colonne in antis e loro sostituzione con un muro trasversale nel quale
è ricavato un grande arco a tutto sesto la cui luce corrispondeva
quasi completamente con la larghezza del pronao. Inoltre il muro divisorio tra
la cella e l'opistodomo viene forato da un grande portale, che diventa
l'ingresso principale della nuova chiesa. È pure a questo periodo che dobbiamo
probabilmente ascrivere la intenzionale distruzione delle teste di tutte le
figure umane, ma solo di quelle presenti sulle metope e sui fregi scolpiti.
Nel
corso del Medioevo si susseguono nuovi rimaneggiamenti. Nel XII
secolo viene tamponato il portale principale, e viene invece aperta una più
modesta apertura sul lato meridionale della cella. Viene inoltre eretta una
grande volta a botte in concreto, con mattoni e alcune delle formelle di marmo dei lacunari reimpiegate,
che copre lo spazio della cella e del pronao del tempio classico. Nel
frattempo nella chiesa vengono anche alloggiate delle sepolture, come era allora
in uso: ventisei nel peristilio, cinque nel nartece (quello che era
l'opistodomo) e ventidue nella navata della chiesa.
Con
l'occupazione turca la chiesa continua a mantenere la sua funzione di
edificio di culto cristiano, forse anche grazie alla sua posizione al di fuori
della città. L'unico rischio in tal senso lo corse nel 1660, quando solo
un ordine diretto da Costantinopoli poté fermare una distruzione a quanto pare
già intrapresa dai turchi per farne una moschea.
Ma
nonostante ciò il deperimento e la trasformazione continuano: infatti nel corso
dei secoli il pavimento di marmo subisce continue spoliazioni, vuoi a causa
della escavazione delle tombe, vuoi per semplice depredamento. Almeno parte del
pavimento nella parte est del peristilio doveva ancora essere presente nel 1751,
quando Stuart e Revett annotano la presenza di una linea che
corre in senso N-S, incisa sulle lastre della pavimentazione. Nel 1770 è
testimoniata una incursione di Albanesi, seguita da una guerra nel 1785 e
una carestia nel 1800, tutti fatti ricordati dalle iscrizioni
graffite sulle colonne della peristasi.
Nel
frattempo diviene una chiesa protestante e nel suo interno sono poste le tombe
di alcuni viaggiatori europei (soprattutto anglosassoni) e di caduti per
l'indipendenza greca, tra cui due giovani italiani di Novara, Giuseppe
Tosi di 16 anni e Carlo Serassi di 18 anni (23 aprile 1819).
Durante
il periodo della guerra di indipendenza greca l'edificio cambia ancora
destinazione per essere sfruttato come stalla della cavalleria ottomana. In
seguito all'indipendenza, dopo un breve ritorno alla funzione sacra per
celebrarvi un solenne Te Deum di ringraziamento per l'arrivo e poi
l'incoronazione di Ottone di Baviera, il Theseion diventa sede
espositiva delle raccolte di antichità in attesa che venga costruito il Museo
Nazionale.
Attualmente,
il tempio è classificato come sito archeologico dal ministero della
cultura ellenico.
Le metope,
dieci sulla fronte, e ventiquattro sulla parte orientale di ognuno dei lati
lunghi, rappresentano rispettivamente le fatiche di Eracle e le
imprese di Teseo. I due eroi sono spesso associati sia nella scultura che
nella pittura vascolare di età classica per il fatto che, secondo Plutarco,
Teseo voleva essere considerato un secondo Eracle. Lo stile delle sculture, per
quello che si può ormai vedere, è molto corposo, con le figure quasi a tutto
tondo che si staccano considerevolmente dalla lastra di fondo; i corpi sono resi
in modo massiccio e scattante; i pochissimi panneggi non coprono le aree vuote
del campo figurativo lasciando vistosi spazi inutilizzati.
I
fregi dell'Hephaisteion sono posti sull'architrave del pronao e
dell'opistodomo della cella. Il fregio orientale, più lungo di quello
occidentale, conta ventitré figure impegnate in una scena di battaglia alla
presenza di sei divinità sedute su due gruppi di grosse rocce.
L'interpretazione più accreditata al momento, ma non senza contestazioni,
dipende dalla lettura della scena centrale del fregio che inquadra una figura
maschile nuda, con un mantello che pende da una spalla, che blocca con una sola
mano un gruppo di quattro altre robuste figure che gli lanciano contro grossi
massi di pietra. Pertanto è stato ipotizzato (H. A. Thompson) che si tratti di Teseo che
combatte contro i Pallantidi. Il fregio occidentale invece tratta di una centauromachia di
Teseo.
Il
rilievo è più basso rispetto alle metope, ma prevale comunque il tuttotondo.
Lo stile delle figure è vigoroso e punta alla resa plastica delle masse
muscolari contratte dei combattenti, risentendo in questo ancora degli
insegnamenti della grande scuola severa di scultura.
Dei frontoni non
si sa molto, dal momento che andarono completamente perduti in età post-antica.
Forse erano fatti di marmo pario, a differenza delle parti strutturali del
tempio che erano realizzate in marmo pentelico. Le scene raffigurate,
composte di figure a grandezza naturale, dovevano riguardare Atena (frontone est)
e una scena di gigantomachia (frontone ovest).
Il
gruppo bronzeo di Atena ed Efesto fu creato dallo scultore Alkamenes,
vicino agli ambienti dei conservatori ateniesi guidati da Nicia, tra il 421 e
il 416 a.C. come sappiamo dalla datazione dei rendiconti delle spese. Probabilmente
venne vista ancora da Pausania nel II secolo d.C. periodo
dopo il quale ne perdiamo le tracce. Le due statue erano poste su una base bassa
e larga sulla quale era scolpita la narrazione del mito attico della
nascita di Erittonio, altro tema - quello dell'autoctonìa - caro ai
conservatori ateniesi.

Nel
V sec.a.C. nell’Agorà vennero edificati il cosiddetto Strategeion (a
Sud-Ovest), sede dei capi militari (strateghi), una stoà (ad Ovest) dedicata a Zeus
Eleutherios e la cosiddetta Stoà meridionale I con sale per simposi.
Un’intensa
attività edilizia si ebbe nel IV sec. a.C. In questo periodo davanti al
Bouleuterion fu costniito il Recinto degli Eroi Eponimi. Sul recinto erano
erette le statue degli eroi che avevano dato i loro nomi alle dieci tribù
dell’Attica. Alle basi delle statue venivano messi documenti pubblici per
l’aggiornamento dei cittadini. Nello stesso periodo nella parte occidentale
dell’Agorà furono eretti il tempio ionico di Apollo Patroos e uno più
piccolo dedicato a Zeus Fratrios e ad Athena Fratria, protettori delle
stirpi o fratrie di Atene. A Sud-Ovest fu costruita un’altra fontana (fontana
sudoccidentale).
Fuori
dell’Agorà, a Sud-Ovest, c’era un quartiere, densamente abitato specie in
epoca classica, che comprendeva anche alcuni edifici pubblici. Uno di questi è
stato identificato col Desmoterion, la prigione in cui il filosofo
Socrate bevve la cicuta. Nel periodo ellenistico l’Agorà fu ornata con
imponenti edifici, doni dei sovrani d’Oriente. Accanto alla Tholos, nel II
sec. a.C., fu costruito il cosiddetto Metroon, dove furono trasportati
gli archivi di Stato e il culto della Madre degli Dèi, Rea. Nello stesso secolo
a Sud dell’Agorà venne strutturata una piazza che era delimitata dalla Stoà
di Mezzo, dalla Stoà meridionale II (al posto della Stoà
meridionale I) e dal cosiddetto edifìcio est. Più ad Est fu costruita
dal re di Pergamo Attalo II (159-138 a.C.) un’altra stoà, che oggi,
completamente restaurata, funge da museo archeologico. La Stoà di Attalo
aveva un carattere commerciale e sul lato posteriore possedeva una serie di
botteghe. Era a due piani e poggiava su colonne ioniche ad eccezione di quelle
esterne del pianterreno, che erano doriche.
Dopo
l’incursione di Silla dell’86 a.C., i Romani costruirono nuovi edifici e
ripararono quanti avevano subito danni. Nel 15 a.C. Agrippa, genero di Augusto,
costruì un Odeion nello spazio centrale libero dell’Agorà, che nel II
sec.d.C. fu decorato sulla facciata con statue di Tritoni e di Giganti.
L’edificio assunse un nuovo aspetto nel V sec.d.C. e prese la denominazione di
Ginnasio dei Giganti, molto probabilmente sede di Scuole filosofiche. Al
tempo di Augusto (I sec. a.C. - I sec. d.C.) fu trasportato dalla Pnice
nell’Agorà l’altare di Zeus Agoraios (IV sec. a.C.) e da Acharnai (Attica)
il tempio dorico di Ares (V sec. a.C.). Il trasporto di costruzioni nell’Agorà
fu un fatto dopo l’incursione di Silla, dato che molti monumenti erano stati
rovinati o distrutti. Con elementi di edifici distrutti dell’Attica furono
costruiti tra l’altro due templi non identificati, il cosiddetto tempio
sud-occidentale e il tempio nord-orientale.
Nel
I sec. a.C. ad Est dell’Agorà antica gli Ateniesi crearono una nuova agorà,
la cosiddetta Agorà Romana o Agorà di Cesare ed Augusto; oggi
costituisce un sito archeologico a parte: come in epoca romana le due Agorà
erano collegate da una strada che partiva dalla Stoà di Aitalo.
L’Agorà Romana occupava uno spazio rettangolare circondato da portici ionici
con un propylon ad Est ed un secondo, più monumentale, ad Ovest. Il suo
carattere era commerciale.
Ad
Est dell’Agorà Romana nel I sec. d.C. l’astronomo Andronikos Kyrrhestes
(dalla città di Cyrrus in Siria) costruì un orologio idraulico. È noto come Torre
dei Venti dal momento che era decorato con le rappresentazioni a rilievo
degli otto venti. Questo edificio ottagonale era anche orologio solare,
indicatore dei venti e planetario. A breve distanza dall’orologio idraulico si
conservano resti di Vespasiani (latrine pubbliche romane) e un edificio
che è stato interpretato come Agoranomeion (cancelleria dell’ispettore
del mercato). Entrambi datano al I sec. d.C.
A
Nord dell’Agorà Romana si trovava la Biblioteca di Adriano,
inaugurata nel 132.
È citata da Pausania,
che ne ricorda colonne in marmo frigio (pavonazzetto), tetto dorato e
decorazioni di alabastro.
L'edificio
venne distrutto in occasione del sacco di Atene ad opera degli Eruli,
nel 267.
Nel V secolo al
centro del cortile fu costruito un edificio cristiano a pianta quadriloba, sul
quale furono successivamente edificate due chiese (VII e XI-XII
secolo). Durante il periodo
ottomano divenne la sede del governatore cittadino e vi si
insediarono edifici moderni. Fu possibile identificare i resti dell'edificio
antico in seguito all'incendio del bazar nel 1885.
La
biblioteca di Adriano era costituita da un vasto recinto rettangolare (122 m
x 82 m), con accesso sul lato corto occidentale. Su questo lato la facciata
era decorata da 14 colonne aggettanti con trabeazione sporgente, in origine
probabilmente sormontate da statue; al centro era l'accesso monumentale a
quattro colonne.
All'interno
era costituita da un vasto quadriportico con un totale di cento colonne, con un
bacino d'acqua allungato al centro, che doveva essere circondato da un giardino
con statue.
Sul
fondo dei portici dei due lati lunghi si aprivano tre esedre per lato, a pianta
rettangolare quella al centro e a pianta semicircolare le due laterali:
l'apertura di ciascuna esedra aveva due colonne.
Sul
fondo del portico, nel lato opposto all'ingresso si aprivano le sale della
biblioteca: quella centrale più ampia, aperta sul portico con quattro colonne,
presentava le pareti decorate da colonne e due ordini di nicchie per ospitare i volumina (rotoli
di papiro). A questa erano affiancate due sale più piccole, aperte sul portico
con due colonne, alle spalle delle quali erano ricavate le scale. Alle estremità
erano ambienti con gradinate, utilizzati come auditoria.
Oggi
si conserva visibile in particolare un tratto della facciata occidentale, con le
sette colonne che decoravano la metà destra della parete, rialzate su
piedistalli e con trabeazione sporgente. I fusti delle colonne sono in marmo
cipollino e gli altri elementi dell'ordine e i blocchi della parete
in marmo
pentelico. Resta visibile anche una parte dell'ingresso centrale, ad
avancorpo sporgente originariamente a quattro colonne, sopraelevate su sette
gradini, con fusti scanalati in marmo
pavonazzetto.

Un’altra
biblioteca era stata costruita nell’Agorà antica intorno al 100 d.C., la Biblioteca
di Pantainos. Era un edificio quadrato con peristilio al centro e due
portici ionici sulle facciate. Si trovava alla confluenza della via delle
Panatenee e della strada che portava all’Agorà Romana.
A
Sud-Est dell’Agorà, Adriano costruì un sontuoso Ninfeo, una fontana
dove venivano adorate le Ninfe, decorato con colonne, nicchie e statue. Alla metà
del II sec. d.C. data anche la Basilica, un edificio, con funzioni
giudiziarie, nella parte settentrionale dell’Agorà.
Notevoli
le distruzioni subite dai monumenti dell’Agorà nel 267 d.C. per mano degli
Eruli e nel 396 d.C. per mano dei Goti di Alarico. Nel periodo bizantino fu
costruita nella parte sudorientale la chiesa degli Haghi Apostoli (1000
d.C.). Dall’XI secolo fino al 1931, allorquando iniziarono i lavori di scavo,
la zona fu usata come spazio abitativo.
Nella
restaurata Stoà di Attalo sono custoditi reperti provenienti dall’Agorà
Antica.
Nel
portico del pianterreno sono esposte sculture classiche, ellenistiche e romane.
Di particolare importanza sono: la statua cultuale di Apollo Patroos, opera di
Eufranor (IV sec. a.C.), una base di statua, che reca la firma dello scultore
Prassitele (IV sec. a.C.); le statue-personificazioni dell’Iliade e
dell’Odissea del II sec. d.C.; una statua di Tritone proveniente dall’Odeion
di Agrippa (150 d.C.); una statua di Athena di 430 a.C., una statua di Afrodite
del II sec.d.C. e una protome di Erodoto, copia del II sec. d.C.
Museo
dell'Agorà antica
Nella
sala del pianterreno sono esposti ritrovamenti che datano dal Neolitico fino
all’epoca della Dominazione turca. Tra i reperti di età preistorica risaltano
una statuetta femminile in marmo del periodo neolitico e una pyxis (cofanetto
per la custodia di gioielli) in avorio con rappresentazione in rilievo di
grifoni che sbranano cervi. Si possono inoltre vedere: ricostruzioni di tombe e
corredi funebri del periodo geometrico; la matrice per una statua bronzea di
Apollo (VI sec. a.C.); teste di sculture arcaiche; epigrafi; oggetti relativi
all’organizzazione militare e alla vita pubblica (pesi e misure, orologio
idraulico, urna per sorteggi, ostraka (cocci) con i nomi di quanti dovevano
essere esiliati - ostracismo); un vaso per profumi del periodo arcaico a forma
di atleta-vincitore; vasi a figure nere e a figure rosse; un cratere del pittore
Exekias; ceramica ellenistica e gioielli; una statuetta romana in avorio di
Apollo Lykeios; vasi bizantini ed altri reperti ancora.
Agosto
2013
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