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L'Acropoli
e la sua storia
La storia
dell'acropoli di Atene inizia
in epoca micenea, con la
costruzione di un mégaron,
e si sviluppa attraverso la
tirannide dei Pisistratidi e
l'epoca di Pericle, durante
la quale vengono costruiti gli
edifici più importanti (il Partenone,
i Propilei, l'Eretteo e
il tempio di Atena Nike);
nei secoli gli edifici subirono
molte trasformazioni e la
maggior parte di essi fu
gravemente danneggiata nel 1687 da
un colpo di mortaio veneziano,
che colpì il Partenone e ne
distrusse ingenti parti.
PRIMI
INSEDIAMENTI - L'acropoli
si trova su un pianoro a 150
metri sul livello del mare
all'interno della città di
Atene, con un'area di circa 3
ettari. Era conosciuta anche
come Cecropia, dal
nome del primo leggendario re
di Atene, l'uomo-serpente Cecrope
I. Anche se i primi resti
archeologici risalgono al Neolitico medio,
sono documentati insediamenti in Attica fin
dall'inizio del Neolitico (sesto
millennio a.C.).
Ci
sono pochi dubbi riguardo alla
presenza di un mégaron miceneo in
cima alla rocca alla fine
dell'età del bronzo; di questo
mégaron restano probabilmente
la base di una colonna in
calcare e vari pezzi di gradino
in arenaria.
Poco
dopo la costruzione del palazzo
fu costruito un imponente
circuito di mura
poligonali, lunghe circa 760
metri, alte fino a 10 m e
di uno spessore compreso fra 3,5
e 6 metri; questo muro fu la
principale difesa dell'acropoli
fino al V secolo a.C. Il
muro consisteva di due parapetti
costruiti con grandi blocchi di
pietra e cementati con una malta
di terra chiamata emplekton. Il
muro segue la tipica convenzione
micenea di seguire la
conformazione del terreno e il
suo ingresso era posto
obliquamente, con un parapetto e
una torre che incombeva sul lato
destro di chi arrivava,
facilitando la difesa
dell'acropoli. C'erano due
accessi minori sul lato nord,
costituiti da strette ripide
scalinate tagliate nella pietra.
Omero probabilmente
si riferisce a questa
fortificazione quando parla
della "ben costruita Casa
di Eretteo". Prima
del XIII secolo a.C. un
terremoto creò una fessura sul
bordo settentrionale
dell'acropoli. Questa fessura di
circa 35 metri arrivava fino a
un giacimento di marna morbida,
nel quale fu scavato un pozzo. Fu
costruita un'elaborata rampa di
scale e il pozzo fu
un'importantissima fonte di
acqua potabile durante gli
assedi subiti nel periodo
miceneo.
Non
ci sono prove sufficienti per
stabilire con certezza
l'esistenza di un palazzo
miceneo sull'acropoli; se tale
palazzo è esistito, sembra che
sia stato soppiantato dalle
costruzioni successive.
ACROPOLI
ARCAICA - Non
si sa molto degli edifici
presenti sull'acropoli, almeno
fino all'era arcaica. Nel VII e
nel VI secolo a.C.
l'acropoli fu presa da Cilone durante
la sua rivolta fallita, e in
seguito due volte da Pisistrato,
che instaurò una tirannide.
Pisistrato
costruì i Propilei e
forse costruì un primo tempio
sul sito dove in seguito sorse
il Partenone; sono stati
ritrovati frammenti di sculture
calcaree e le fondamenta di un
grande tempio incompiuto. Sembra
che sia stato costruito anche
una cerchia di mura con nove
ingressi, il cosiddetto enneapylon, attorno
alla più grande sorgente
d'acqua, la Clessidra, sul lato
nord-ovest.
Attorno
al 570/550 a.C. fu
costruito un tempio di Atena
"Poliàs"
("protettrice della città").
Questo edificio di ordine
dorico costruito con pietre
calcaree, delle quali esistono
numerosi resti, è chiamato
solitamente Hekatompedon,
"avente cento piedi")
o Ur-Parthenon (in
tedesco "Partenone
originale"). Non si sa se
questo edificio rimpiazzasse un
tempio preesistente, un altare o
un semplice recinto sacro.
Probabilmente l'Hekatompedon si
trovava nel punto in cui poi
sorse il Partenone.
Tra
il 529 e il 520
a.C. i Pisistratidi
costruirono un nuovo tempio,
l'antico tempio di Atena Poliàs,
di solito chiamato Arkhaios
Neōs, tra
l'Eretteo e l'attuale Partenone.
Questo edificio fu distrutto dai Persiani,
che occuparono Atene nel 480
a.C. Il tempio fu
probabilmente ricostruito, dato
che nel 454 a.C. il
tesoro della lega
delio-attica fu trasferito
nel suo opistodomo, e forse
fu raso al suolo da un incendio
nel 406/405 a.C., dato che Senofonte menziona
l'incendio di un antico tempio
di Atena. Pausania il
Periegeta non lo menziona
nella sua Periegesi
della Grecia, quindi nel II
secolo d.C. era già stato
distrutto.
Attorno
al 500 a.C. l'Hekantompedon fu
smantellato per fare spazio ad
un tempio più grande,
l'"antico Partenone"
(o "pre-Partenone").
Gli Ateniesi decisero di fermare
la costruzione del tempio
di Zeus Olimpio, che era legato
ai Pisistratidi, e usarono il
calcare del Pireo che che
gli avevano destinato per
costruire l'antico Partenone.
Per accoglierlo la parte
meridionale del pianoro fu
ripulita, fu spianata
aggiungendo circa 8000 blocchi
di calcare da due tonnellate,
delle fondamenta spesse 11 metri
in alcuni punti, e il resto fu
riempito con della terra tenuta
in posizione da un muro di
contenimento. Nel 490 a.C.,
dopo la vittoria di
Maratona, il piano fu rivisto e
al posto del calcare si decise
di usare il marmo. La prima fase
dell'edificio, in calcare, è
detta "pre-Partenone
I", la seconda fase, in
marmo, "pre-Partenone
II". Nel 485 a.C. Serse salì
al trono, quindi gli Ateniesi
bloccarono i lavori al fine
conservare le loro risorse per
un'eventuale guerra.
L'antico
Partenone era ancora incompleto
quando i Persiani presero Atene
nel 480 a.C.: l'edificio fu
saccheggiato e incendiato, così
come l'antico tempio di Atena
Poliàs e tutti gli altri
edifici della rocca. Finita
la seconda guerra persiana,
gli Ateniesi incorporarono molte
parti del tempio incompiuto
(rocchi di colonne scanalate,
triglifi, metope.) nel nuovo
muro costruito sul lato nord
dell'acropoli, dove servivano da
"memoriale di guerra"
e sono tuttora visibili.
L'acropoli fu ripulita dai
detriti: le statue, gli oggetti
di culto, le offerte votive e i
membri architettonici
irrecuperabili furono bruciati
cerimonialmente in profonde
fosse scavate sulla rocca e in
questo modo andarono a formare
un altopiano artificiale attorno
al Partenone classico. La
cosiddetta "colmata
persiana" è il più ricco
deposito archeologico
dell'acropoli ed è diventata
molto famosa.
IL
PROGRAMMA EDILIZIO DI PERICLE - Dopo
aver vinto la battaglia
dell'Eurimedonte (468
a.C.), Cimone e Temistocle ordinarono
la ricostruzione del muro
settentrionale e di quello
meridionale dell'acropoli. La
maggior parte dei templi più
importanti, incluso il
Partenone, furono ricostruiti
sotto la guida di Pericle durante
l'età d'oro di Atene (460–430
a.C.). Fidia, un importante
scultore ateniese, e Ictino e Callicrate,
due famosi architetti, erano i
responsabili della
ricostruzione.
Nel 437
a.C. Mnesicle cominciò
a costruire i Propilei, un
ingresso monumentale sul lato
ovest dell'acropoli con colonne
di ordine dorico fatte con marmo
pentelico; la costruzione fu
edificata in parte sopra gli
antichi Propilei di Pisistrato. Questi
colonnati furono sostanzialmente
finiti nel 432 a.C. e avevano
due ali; quella settentrionale
era decorata da dipinti di Polignoto.
In
quegli anni, a sud dei Propilei,
fu iniziato il piccolo tempio di
Atena Nike, tetrastilo, avente
colonne di ordine ionico in
marmo pentelico. Dopo
l'interruzione causata dalla guerra
del Peloponneso, il tempio fu
finito al tempo della pace
di Nicia, tra il 421 a.C. e
il 409 a.C.
La
costruzione dell'elegante tempio
dell'Eretteo (421–406 a.C.),
in marmo pentelico, dovette
tener conto del terreno
estremamente irregolare e la
necessità di evitare molti
santuari presenti nell'area.
L'entrata, rivolta ad est,
presenta sei colonne di ordine
ionico. Il tempio ha due
portici, uno nell'angolo
nord-ovest sostenuto da colonne
ioniche, l'altro nell'angolo
sud-ovest sostenuto da delle
cariatidi. La parte orientale
del tempio era dedicata ad Atena
Poliàs, mentre la parte
occidentale serviva al culto del
leggendario re Eretteo,
ospitava gli altari di Efesto e
di Vuto, fratello di Eretteo. Si
sa poco del piano originale
dell'interno, che fu distrutto
da un incendio nel I secolo
a.C. e fu ricostruito più
volte.
Nello
stesso periodo fu iniziato
l'insieme dei recinti sacri del
tempio di Atena Polìas, Poseidone,
Eretteo, Cecrope, Erse, Pandroso
e Aglauro, col suo portico delle
cariatidi. Tra il tempio di
Atena Nike e il Partenone c'era
il santuario di Artemide
Brauronia, la divinità
rappresentata come un orso e
venerata a Braurone;
secondo Pausania nel santuario
c'erano uno xoanon e
una statua di Artemide fatti
da Prassitele nel IV
secolo a.C.
Dietro
i Propilei dominava la
gigantesca statua bronzea di
Fidia raffigurante Atena
Promachos ("Atena che
combatte in prima linea"),
costruita tra il 450 e
il 448 a.C. La base
era alta 1,5 metri, mentre
l'altezza totale era di ben 9
metri. La dea nella mano destra
impugnava una lancia la cui
doratura poteva essere vista
riflessa dai marinai che
doppiavano capo Sunio,
mentre nella mano sinistra
teneva uno scudo gigante,
decorato da Mys con
immagini di una centauromachia. Altri
monumenti di cui restano
pochissimi resti sono la Calcoteca,
il Pandroseion, il santuario
di Pandion, l'altare di Atena,
il santuario di Zeus
Polieus.
PERIODO
ELLENISTICO E ROMANO - Durante
il periodo ellenistico e quello
romano molti edifici
dell'acropoli furono riparati,
visti i danni dovuti al tempo e,
in alcuni casi, alle guerre. Vennero
eretti monumenti a re stranieri:
tra i più importanti quelli
dedicati ai re Attalidi di
Pergamo Attalo II (di
fronte all'angolo nord-ovest del
Partenone) ed Eumene II (di
fronte ai Propilei); all'inizio
dell'età imperiale essi
furono ridedicati
rispettivamente ad Augusto o Claudio (incerto)
e ad Agrippa. Eumene
fece costruire anche una Stoà sul
pendio meridionale, non molto
diversa dalla quella di
Attalo, posta nell'agorà.
Sotto
la dinastia giulio-claudia fu
costruito l'ultimo edificio
significativo dell'età antica:
il tempio di Roma e di
Augusto, un piccolo edificio
rotondo posto a circa 23 metri
dal Partenone. In quella
stessa epoca sul pendio
meridionale fu fondato, in una
grotta adiacente a quella
dedicata a Pan fin dal
periodo classico, un santuario
dove gli arconti facevano
voti ad Apollo quando entravano
in carica. Nel 161 sul
pendio meridionale Erode
Attico costruì il suo grande odeo,
distrutto dagli Eruli nel
secolo successivo ma ricostruito
negli anni 1950.
Nel III
secolo, vista la minaccia degli
Eruli, furono riparati i muri
dell'acropoli e fu costruita la porta
Beulé per restringere
l'entrata di fronte ai Propilei,
visto che l'acropoli stava
tornando ad essere una fortezza.
PERIODO
BIZANTINO, LATINO E OTTOMANO - In epoca
bizantina il Partenone fu
trasformato in una chiesa
dedicata alla Vergine
Maria. Sotto il ducato
di Atene l'acropoli divenne
il centro amministrativo della
città: il Partenone era la
cattedrale e i Propilei facevano
parte del Palazzo Ducale. Fu
aggiunta una grande torre, la Torre
Franca, demolita nel 1874.
Dopo
l'antichità, Ciriaco
d'Ancona fu il primo a
descrivere l'acropoli di Atene e
a identificare il Partenone, di
cui tante volte aveva letto nei
testi antichi e del quale si era
persa la memoria della
localizzazione. Grazie a lui
l'Europa occidentale poté avere
il primo disegno del Partenone, che
Ciriaco chiamò "tempio
della dea Atena",
diversamente dai viaggiatori
precedenti, che l'avevano
chiamato "chiesa di Santa
Maria"; dopo la visita
disse di avere ammirato:
|
(latino)
«mirabile
Palladis Divae marmoreum
templum, divum quippe opus
Phidiae» |
(italiano)
«il
meraviglioso tempio
marmoreo della dea Atena,
opera divina di Fidia» |
Ciriaco
fu anche il primo a chiamare col
suo nome l'acropoli, in
precedenza chiamata
"rocca" o
"palazzo dei duchi
d'Atene": scrisse di aver
incontrato il signore della città in
Acropoli summa civitatis arce.
Sotto
gli ottomani il Partenone
era usato come caserma della
guarnigione turca, e
l'Eretteo divenne l'harem privato
del governatore; la principale
caratteristica dell'acropoli era
la moschea ricavata all'interno
del Partenone, completa di
minareto. Gli edifici
dell'acropoli furono gravemente
danneggiati dall'assedio
veneziano del 1687 durante
la guerra di Morea: il
Partenone, usato come
polveriera, fu in parte
distrutto da un colpo di
mortaio.
PERIODO
DEL REGNO DI GRECIA - Dopo
la fine della guerra
d'indipendenza greca, il
principe Ottone I fu
nominato nuovo re nel 1832 e
contattò l'architetto tedesco Karl
Friedrich Schinkel per la
costruzione di un nuovo palazzo
per il re. L'architetto sviluppò
un piano per costruire un
palazzo e dei giardini
sull'Acropoli di Atene, sulle
rovine degli antichi templi. Non
fu possibile costruirlo, poiché
Schinkel sopravvalutò la
capacità economica del nuovo
regno, il che significava che le
rovine dei templi non andavano
completamente perdute.
Successivamente la maggior parte
dei rimaneggiamenti bizantini,
latini, e ottomani furono
rimossi, nel tentativo di
riportare il monumento alla sua
forma originale.
Monumenti
dell'Acropoli

Porta
Beulè (1)
La porta
Beulé è una porta fortificata,
costruita dai Romani nel III
secolo, dopo l'incursione degli
Eruli nel 267 d.C. Fornisce
l'accesso principale ai Propilei e
al complesso dell'Acropoli di
Atene.
La
porta si colloca ai piedi della
grande scalinata che, al tempo
dei Romani, conduceva ai
Propilei. Il nome di questa
porta fortificata deriva da
quello dell'archeologo francese Charles
Ernest Beulé che la scoprì
nel 1852-1853 sotto le
mura di un bastione turco,
assieme alla grande scalinata
dei Propilei.
Fu
costruita nel III secolo,
in parte con dei blocchi di
pietra di reimpiego provenienti
dal monumento coregico di
Nicia, come si può vedere dagli
elementi decorativi sulla faccia
esterna. L'accesso, in asse con
i Propilei e largo 1,89 m, era
fiancheggiato da due torrioni quadrangolari alti
9 metri. Il committente fu il
magistrato romano Flavio
Settimio Marcellino.
Santuario
di Afrodite Pandemos
La
dea Afrodite, protettrice del
demos, doveva essere adorata
vicino alla torre della Nike.
Del suo santuario si è
conservata parte
dell’epistilio, collocato
vicino alla porta Beulé.
Piedistallo
di Agrippa (2)
Il piedistallo,
oggi noto come Piedistallo
di Agrippa, situato ad ovest dei Propilei di Atene alto
8,9 metri, costruito in marmo e
che arriva all'incirca alla
stessa altezza della sommità
del tempio
di Atena Nike più a
sud, fu probabilmente costruito
in onore di Eumene
II di Pergamo nel 178 a.C.
per commemorare la sua
vittoria nella corsa delle bighe
dei Giochi
Panateneici. Era
la base di una quadriga
di bronzo guidata da
Eumene e da suo fratello Attalo,
a grandezza naturale.
Intorno
al 27 a.C.
quella vasca fu
sostituita da un'altra dedicata
dalla città di Atene a Marco
Agrippa, figlio di
Augusto, in riconoscimento della
ricostruzione dell'Odeon
di Atene prima dell'Agorà e
andata in data sconosciuta.
Propilei
(3)
L'unico
accesso all'Acropoli si trovava
sempre nel lato occidentale, fin
dall'età preistorica. Da lì
entrava Teseo per recarsi nel
suo palazzo, ma anche Pericle,
quando partecipava alla
processione delle Panatenee, La
Via delle Panatenee, che aveva
come punto di partenza il
Ceramico, arrivava ai Propilei
seguendo un percorso curvilineo
ed era priva di gradini, ma
soltanto solcature trasversali
poco profonde, per facilitare la
salita degli uomini e degli
animali che trasportavano i
materiali per la costruzione
degli edifici o che erano
destinati ai sacrifici durante
le cerimonie.
In
età romana davanti ai Propilei
fu costruita una rampa
monumentale e successivamente
una porta, chiamata oggi Beulè.
Sulla sommità quasi della
salita si trova un enorme
piedistallo rettangolare,
realizzato per ospitare la
statua onorifica di Eumene II,
re di Pergamo; in età romana vi
fu posta la statua di Agrippa,
genero di Augusto e benefattore
di Atene.
I
Propilei sostituirono un
propylon più vecchio, del
490-480 a.C. Si tratta di un
edificio complesso con una
pianta rivoluzionaria per la sua
epoca. È il primo propylon
nell’antichità ad avere
frontalmente l’aspetto di
tempio. D’altronde oltre alla
sua funzione laica il luogo era
collegato molto probabilmente
anche a culti di divinità che
proteggevano porte ed entrate
(Hermes Propyleos, ecc.).
Si
estendono per una lungheza di 74
metri, vale a dire occupano
tutto il lato occidentale
dell'Acropoli. Si tratta di un
imponente edifico degno dei
meravigliosi templi che ornavamo
la sacra rocca. Il famoso
architetto Mnesikles, che ne
assunse la realizzazione, usò
marmo bianco del monte Pentelico
e, in alcuni punti, marmo grigio
di Eleusi. La costruzione iniziò
nel 437 a.C. e fu interrotta nel
431 a causa della guerra del
Peloponneso, tanto che sui muri
esterni non furono asportate le
sporgenze che servivano per
issare e posizionare i marmi.

I
Propilei sono costituiti da un
edificio centrale (24x 18,20 m)
e da due ali, una a destra e una
a sinistra. Un muro trasversale
in marmo, interrotto da 5 porte,
divide
l’edificio centrale in due
facciate, una orientale e una
occidentale e ciascuna di esse
è costituita da 6 colonne
doriche ed un frontone.
L’edificio
centrale è diviso in lunghezza
in tre settori da due file di
colonne ioniche. Gli
spazi vuoti tra le colonne dei
portici servivano per
l’ingresso dei fedeli; gli
animali per il sacrificio
entravano dall’apertura
centrale che era più ampia.
L’armonia
e la simmetria di questo
capolavoro dell’architettura
sono evidentemente dovute anche
a questa combinazione dello
stile dorico con lo ionico.
Il
soffitto era costituito da travi
di marmo, che si sorreggevano
sui muri e sulle colonne
ioniche, e da cassettoni in
marmo. Le tracce delle stelle
metalliche e dipinte che erano
applicate nei cassettoni ci
consentono di ricostruire la
fantasmagoria del soffitto, che
doveva presentare l’immagine
di un cielo pieno di stelle
d’oro.

L’ala
settentrionale era occupata da
una grande sala, ornata da
quadri di grandi artisti, come
Polignoto (V sec. a.C.). Era la
Pinacoteca, che, dotata di
triclini, serviva per il riposo
dei visitatori ed anche per
l’offerta di pranzi ufficiali
da parte della città di Atene.
L’edificio
meridionale è più piccolo dal
momento che era limitato da una
parte della cinta micenea che
era ancora in uso (5). D’altra
parte nella stessa zona veniva
costruito, contemporaneamente,
anche il tempio di Athena Nike
(4), per il quale doveva essere
assicurato uno spazio.
Nel
periodo bizantino i Propilei
divennero sede di un vescovo.
Franchi e Fiorentini se ne
servirono come sede di comando o
abitazione; i Turchi li
trasformarono in polveriera. Nel
1645 un fulmine causò
l’esplosione della polvere da
sparo e distrusse
irrimediabilmente il capolavoro
di Mnesikles.
Tempio
di Athena Nike (4)
Il tempio
di Atena Nike o tempio
della Nike Aptera è uno
dei principali monumenti
dell'Acropoli di Atene. Si
trova sul lato ovest
dell'acropoli, presso i Propilei, a pochi metri dall'orlo delle rocce a strapiombo che caratterizzano
l'Acropoli.
Il culto di Athena in questo
punto era antichissimo, poichè
la torre, fin dal periodo
miceneo, proteggeva la porta
dell'Acropoli e forse serviva
come osservatorio fino al mare.
Successivamente la Nike
(Vittoria) fu identificata con
la dea Athena. E
poichè lo xoanon, cioè la
statua lignea di culto di
Athena, che la rappresentava
stante con una melagrana in
mano, non aveva ali, come
avevano le raffigurazione della
Nike, fu chiamata Nike Apteron.
Successivamente fu detto che non
aveva bisogno delle ali, in
quanto non doveva andare mai via
di lì.
STORIA
- Questo
esempio di architettura
dell'epoca classica, probabile
opera dell'architetto Callicrate,
coautore del Partenone, è
stato il primo edificio in stile
completamente ionico dell'Acropoli;
tutti gli altri edifici
presentano falsi fusioni di
stile ionico e dorico.
Intorno
al 410 a.C. fu
circondato da una balaustra scolpita
con motivi di Nike colte
in varie attività (celebre
quella che si riallaccia un
sandalo) che assolveva inoltre
allo scopo di evitare che i
visitatori del tempio cadessero
nel precipizio; i rilievi, ora
al museo dell'Acropoli,
eseguiti in un momento storico
gravido di cattivi presagi per
Atene, costituiscono un passo
indietro sul versante
dell'attenzione alla resa
naturalistica del corpo umano e
delle vesti, e sembrano indicare
che l'artista ricercava effetti
diversi, di carattere pittorico,
che ha spinto alcuni critici a
parlare di protoellenismo.
Il
fatto che potessero venire
osservati dalla ripida salita ai Propilei, unica via d'accesso all'acropoli, consentì la ricerca di particolari
effetti prospettici. La statua
di culto, come ci viene
descritta da Pausania,
era di legno e portava in mano
una melagrana. La statua era
aptera, cioè senz'ali, il che
si spiegava col fatto che la dea
non avrebbe dovuto mai più
lasciare la città.
Sul
sito dell'attuale tempio scavi
archeologici hanno individuato
nell'area una fossa per offerte
dell'età del Bronzo; in epoca
arcaica vi sorse un tempio che
come il resto dell'Acropoli fu
distrutto dai Persiani nel 480
a.C. La ricostruzione del tempio viene da alcuni collegata alla pace di Nicia,
che avrebbe potuto inaugurare un
periodo di grande gloria per la
città infatti, alla firma del
trattato di pace di
quest'ultimo, la città finì di
combattere temporaneamente con
Sparta.
Ma
la crisi creativa di Atene, che
era come un presagio della
sconfitta totale della città
nella seconda parte della Guerra
del Peloponneso pare
echeggiata nella monotona
ripetizione di Vittorie nella
balaustra costruita solo pochi
anni prima dell'Egospotami.
Sotto la dominazione turca il tempio fu smantellato e le pietre riutilizzate nel 1687 per costruire un bastione difensivo; quest'ultimo rimase sul sito
dell'antico tempio fino
all'indipendenza della Grecia, quando nel 1831 fu
decisa la (altamente simbolica)
ricostruzione del sacello; il
tempio è stato smontato ancora
due volte (1930 e 1998) per
permettere il restauro delle
pietre e l'integrazione di altri
pezzi ritrovati in successivi
scavi.
ARCHITETTURA
- La
costruzione del tempio iniziò
nel 421 a.C., furono interrotti
a causa della guerra del
Peloponneso e vennero ultimati
nel 427-424/3 a.C. Il progetto
era di Kallikrates, che aveva
partecipato anche alla
costruzione del Partenone. Il
tempio è anfiprostilo,
tetrastilo, con 4 colonne
ioniche alte 4,66 metri sulla
facciata anteriore e altre 4 su
quella posteriore; il materiale
usato è il marmo pentelico. La
crepidine con tre gradini, sulla
quale è costruito, evidenzia la
grazia attica e l'eleganza che
caratterizzano l'edificio.
Il
fregio nel lato orientale
rappresenta gli dèi
dell'Olimpo, con Athena al
centro, tra Zeus e Poseidone.
Sugli altri lati sono
raffigurate battaglie tra Greci
o tra Greci e Persiani. I
rilievi dei lati settentionale e
occidentale si trovano nel
British Museum e quelli presenti
sul tempio sono copie. Il tempio
fu distrutto dai Turchi per
costruire un bastione;
fortunatamente il materiale fu
rinvenuto nel 1834 e così fu
possibile il suo restauro.
Alla
fine del V sec. a.C. la torre fu
circondata sui tre lati da un
parapetto alto un metro. Il lato
esterno era ornato da rilievi
d'arte eccezionale (alcuni si
trovano nel Museo
dell'Acropoli), che
rappresentavano Vittorie alate
che si affrettavano, con agili
movimenti, a preparare gli
animali per il sacrifici e i
trofei delle vittorie per
offrirli ad Athena. La dea
aspetta al centro, seduta su una
roccia. Una piccola Vittoria si
scioglie il sandalo, per
poggiarsi con il piede nudo
sull'altare. Le vesti aderiscono
sul bel corpo come se fossero
bagnate e la vivacità nei loro
movimenti e nelle ali ci dà
l'impressione del volo.
Il
visitatore che passava dai
Propilei nell'area sacra
dell'Acropoli vedeva nel lato
meriodionale, alla sua destra, i
Santuari di Athena Igea e di
Artemide Brauronia (il cui culto
era stato introdotto dal Demo di
Brauron), ed anche, prima del
Partenone, la Calcoteca, dove
erano custoditi armi e rostri di
navi in bronzo, tutti prodotti
dell'artigianato, la cui
protettrice era Athena Ergane.
Doveva
vedere anche innumerevoli statue
ed ex voto, che fiancheggiavano
la via dalla quale passava la
processione delle Panatenee. Nel
lato sinistro, immediatamente di
fronte ai Propilei, dominava la
statua colossale in bronzo
dell'Athena Promachos di Fidia,
che insieme alla base
raggiungeva i 9 metri di
altezza. Si diceva che la punta
della lancia tenuta dalla dea,
quando brillava al sole, fosse
visibile dal mare.

RESTAURO
1935-1940 - Nel
gennaio 1934, il Consiglio di Stato greco formò una commissione per ispezionare il
bastione e il santuario di Atena
Nike. Nel corso degli anni
precedenti, le strutture si
erano gradualmente assestate: il
tempio si era abbassato di venti
centimetri sui lati occidentale
e meridionale; la muratura
fatiscente del bastione aveva
iniziato a inclinarsi e a
cedere. La commissione raccomandò
un restauro approfondito.
Nikolaos Balanos fu incaricato
di dirigere i lavori, che
iniziarono nell'ottobre 1935.
Il
tempio fu completamente
smontato, il bastione
parzialmente. Balanos smontò la
muratura del periodo
classico, così come alcune
parti delle mura tardo-elladiche,
per raggiungere la roccia. Il
lavoro ha portato alla luce un
santuario del primo periodo
classico con una testa di
tempio. Balanos documentò
attentamente lo svolgimento
dello scavo. Sulla superficie
rocciosa esposta è stata posta
una fondazione in calcestruzzo
come nuovo supporto per il
bastione. Sulla fondazione
formata è stato ricostruito il naiskos del tempio con pareti in cemento e l'accesso al santuario
sotterraneo attraverso un
foro nel pavimento del tempio.
Balanos
non fece uno studio approfondito
prima dei lavori. Ha risistemato
molte parti, ma nuovamente, come
nel primo restauro, le ha
collocate nei posti sbagliati e
ha preso in prestito alcune
parti da altri edifici. A quanto
pare, il restauratore utilizzò
deliberatamente parti che non
appartenevano originariamente al
tempio e al muro del bastione
perché voleva usare un marmo
esteticamente bello e
considerava l'origine del
materiale un fattore di minore
importanza.
La
crepidoma del tempio fu
restaurata con una pendenza
deliberata per compensare il
cedimento del bastione. Uno
studio preliminare del monumento
avrebbe potuto prevenire questi
errori. Inoltre, Balanos utilizzò
tecniche non ammesse nella
moderna pratica del restauro: i
nuovi blocchi furono uniti ai
frammenti originali, pur non
combaciando, e le superfici
furono smussate; i nuovi inserti
furono invecchiati
artificialmente in modo da
essere indistinguibili dagli
originali; le parti furono
fissate l'una all'altra con aste
di colla, cemento e malta di
calce; per le fondazioni fu
utilizzato calcestruzzo armato,
approvato dalla Carta di Atene
nel 1931, ma oramai vietato nei
lavori di restauro; per
rinforzare il tempio furono
utilizzate staffe e travi di
ferro che, a causa della
corrosione e
dell'allungamento-compressione,
danneggiarono in modo grave il
marmo (le prime crepe apparvero
già negli anni '50).
Nel
1939 Balanos si dimise per
motivi di salute. Il Tempio di
Atena Nike era ormai stato
restaurato fino alla
trabeazione. alla trabeazione.
Il progetto fu portato a termine
da Anastasios Orlandos, il
principale critico dei metodi di
restauro di Balanos. Egli aveva
precedentemente effettuato uno
studio approfondito del tempio e
del bastione e, durante l'anno
di lavoro, corresse molti degli
errori commessi da Balanos e
Ross: risistemò correttamente
alcuni blocchi della cella e
dell'architrave, sostituì gli
intarsi in calcare con il marmo
e restaurò personalmente le
colonne e la trabeazione del
tempio. Orlandos
studiò molto meglio i dati e
colse l'occasione per
risistemare i blocchi
erroneamente installati da
Balanos, ma fu in grado di
eseguire questo lavoro solo
nelle parti superiori del
tempio. Tuttavia, anche il suo
lavoro contiene alcuni errori,
probabilmente causati dal
desiderio di terminare il
restauro il prima possibile a
causa dell'avvicinarsi della Seconda
guerra mondiale. In
particolare, il capitello di
Pittakis, parzialmente
restaurato, fu sostituito da una
replica completa e furono
aggiunte le scanalature mancanti
sulle colonne che non erano
state ricreate durante il primo
restauro. Il
restauro fu completato nel
settembre 1940.
Orlandos
pubblicò una relazione di
restauro intitolata “Nouvelles
observations sur la construction
du temple d'Athèna Nikè” nel
1947-1948 nel Bulletin
de Correspondance Hellenique.
La
pubblicazione descriveva
dettagliatamente l'edificio e le
sue dimensioni. La relazione
sintetica di Balanos, redatta
nel 1940, fu pubblicata solo nel
1956 sulla rivista Archaiologike
Ephemeris. A seguito
del restauro, il tempio ha
assunto l'aspetto di una
struttura più coerente di
quanto non consentisse la
quantità degli elementi
superstiti. Ciò è dovuto in
parte alla scoperta di nuovi
blocchi, ma soprattutto alle
tecniche di restauro. Orlandos
ha usato il termine
“anapaleosis” (“ritorno
allo stato antico”) per
descrivere il suo lavoro. Il
lavoro del 1935-1940 è quindi
classificato come ricostruzione
piuttosto che come restauro.
RESTAURO
2000-2010 - Alla
fine della Seconda guerra
mondiale, per trent'anni i
lavori sull'Acropoli furono
scarsi o nulli a causa delle
difficoltà economiche. Nel
1971, l'UNESCO pubblicò una
relazione sul degrado dei
monumenti, dovuto al crescente
inquinamento di Atene e alle
crepe nel marmo causate da
graffe di ferro. A partire dal
1965, il Servizio archeologico
ellenico cercò di porre rimedio
alla situazione, ma non
disponeva di fondi necessari
poiché il Regime dei
colonnelli del 1967-1974
portò la Grecia a una crisi
economica. Nel 1975 è stato
istituito il Comitato per la
conservazione dei monumenti
dell'Acropoli (ESMA), con il
compito di guidare i lavori di
restauro e conservazione. Il
Comitato era composto da
specialisti e scienziati nei
settori di storia, architettura, ingegneria
strutturale e ingegneria
chimica. Il Comitato basò le
sue attività sui principi della Carta
di Venezia. Al fine di
preservare i monumenti, l'ESMA
organizzò nuovi lavori di
restauro. L'Eretteo fu smontato, riparato e ricostruito tra il 1979 e il 1987. In seguito,
è iniziato il restauro del Partenone e
dei Propilei. I lavori dovevano essere completati nel 2000, ma le condizioni dei
monumenti risultarono peggiori
del previsto. Nel 1999, sulla
base del Comitato, è stato
costituito il Servizio di
restauro dell'Acropoli (YSMA),
con l'incarico di eseguire i
lavori di restauro e
conservazione.
Nel
1994, Demostene Giraud,
architetto e capo della
Direzione per il restauro dei
monumenti antichi, presentò il
suo “Studio di restauro del
Tempio di Atena Nike”. Il
progetto fu sostenuto dai
partecipanti a una speciale
conferenza internazionale e nel
1999 fu approvato dal governo
greco. Nel corso dei lavori si
prevedeva di smontare
completamente il tempio, di
conservarne gli elementi
architettonici, di restaurare la
crepidoma (le fondamenta),
preservando il naiskos del tempio. In seguito, il tempio doveva essere completamente
ricomposto, con la corretta
disposizione degli elementi e il
recupero della curvatura
originale. Nel
1998, le parti originali del fregio della trabeazione sono state asportate e poste presso il Museo
dell'Acropoli di Atene. I
lavori iniziarono nell'ottobre
del 2000; il loro termine era
previsto per il 2004, ma fin
dall'inizio si scoprì che il
monumento subì molti più danni
di quanto si pensasse. Dei 319
elementi del tempio, solo le
colonne non erano seriamente
danneggiate. Con grande
difficoltà è stato possibile
rimuovere l'intonaco di cemento
dei precedenti restauri. Un
altro problema fu la mancanza di
spazio lavorativo sul lato ovest
del bastione. Questo problema
venne risolto erigendo
un'impalcatura lungo tutto
il perimetro del santuario.
Il
Tempio di Atena Nike venne
completamente smontato nel 2002
e la ricostruzione iniziò nel
2004. In questo periodo, tutti
gli elementi furono conservati
ed è stata rimossa la lastra in
cemento armato posata sotto il
santuario da Balanos. Il
sistema di travi in ferro che
sosteneva l'angolo nord-est del
tempio e la soletta di cemento
armato sono stati sostituiti con
una griglia in acciaio
inossidabile appositamente
progettata. La
ricostruzione ha riscontrato
problemi con la cella del
tempio. È stato effettuato un
attento studio del
posizionamento originale di
tutti gli elementi, che ha
permesso di collocare 22 vecchi
blocchi e due nuovi blocchi
recentemente scoperti al loro
posto. I nuovi inserti sono
stati ridotti da 14 a 10 pezzi.
Uno studio analogo è stato
condotto nel 2007 riguardo alla
corretta collocazione dei
capitelli delle colonne. I
lavori si conclusero nell'estate
del 2010, quando i restauratori
installarono i blocchi
dell'architrave, i cassettoni,
le copie del fregio scultoreo,
la cornice, la sima e parte del frontone est.
Nel
2011-2012 è stato aperto
l'accesso alla cripta sotterranea del santuario, sono stati restaurati quattro blocchi del
coronamento della facciata
settentrionale del bastione, è
stato curato il territorio
adiacente dopo lo smontaggio
delle impalcature.

Santuario
di Artemide Brauronia (7)
Il santuario
di Artemide Brauronia o Brauroneion
era un santuario che
sorgeva nell'Acropoli
di Atene, nell'angolo
sud-occidentale del pianoro
dell'Acropoli, tra la Calcoteca e
i Propilei. ll
culto della dea Artemide fu
portalo sull’Acropoli da
Pisistrato dal suo paese natale,
Brauron.
Il
santuario sull'Acropoli era di
insolita forma trapezoidale e
non conteneva un tempio formale:
la sua funzione era assolta da
un portico o stoà.
La stoà misurava circa 38 per
6,8 metri; si ergeva
davanti alla parete sud
dell'Acropoli, affacciata a
nord. Agli angoli vi erano due
ali laterali come avancorpi,
ciascuna di circa 9,3 m di
lunghezza, quella occidentale
rivolta verso est e viceversa. A
nord dell'ala orientale c'era
un'altra corta stoà rivolta a
occidente. Tutta la parte
occidentale del santuario, oggi
perduto, sorgeva sui resti del
muro di fortificazione miceneo.
Tutto ciò che rimane del
paramento orientale sono
fondazioni di pareti scavate
nella roccia così come
pochissimi elementi
architettonici in calcare.
Una
delle ali conteneva la statua di culto in
legno (xoanon)
della dea. Le donne che
chiedevano l'intercessione di
Artemide abitualmente portavano
in offerta capi di abbigliamento
che venivano drappeggiati
attorno alla statua. Nel 346
a.C. venne eretta
una seconda statua di culto che,
secondo Pausania,
era opera di Prassitele. La
testa di questa statua è
esposta al Museo
dell'Acropoli.
L'ingresso
al piccolo recinto
sacro, vicino al suo
angolo nord-est, è ancora
segnato da sette gradini scavati
nella roccia. Essi, e il
loro recinto settentrionale,
probabilmente erano stati eretti
da Mnesicle durante
la costruzione del Propilei.
La datazione del complesso nella
sua forma finale è incerta ma
si presume attorno al 430
a.C., analogamente ai
Propilei adiacenti.
Calcoteca
(8)
La Calcoteca o Chalkotheke (negozio
di bronzi) era un edificio
situato sull'Acropoli
di Atene utilizzato
come deposito per i bronzi, le
armi e i rostri delle
navi, oltre che per la mobilia
sacra e le offerte preziose
proveniente dai santuari
dell'Acropoli. Il suo nome e la
funzione sono noti solo grazie
alle iscrizioni del IV
secolo a.C.. Un
decreto ordina il censimento di
tutti gli oggetti immagazzinati
nella Calcoteca e l'erezione di
una stele incisa
con l'elenco davanti al palazzo.
Sono
stati identificati come
appartenenti alla Calcoteca i
resti di una struttura scoperta
a est del santuario
di Artemide Brauronia e
immediatamente a sud-ovest del Partenone.
Di essa sopravvivono solo poche
fondazioni di calcare e trincee
scavate nella roccia di
fondazione. L'edificio sorgeva
di fronte alla parete
meridionale dell'Acropoli ed era
di circa 43 m di lunghezza per
14 m di larghezza, affacciato
sul lato settentrionale da un
lungo portico di
4,5 m di larghezza. Per fare
spazio a quel portico fu
tagliata la parte più
meridionale dei gradini scavati
nella roccia che conducevano
alla facciata occidentale del
Partenone. Si ritiene pertanto
il portico un'aggiunta degli
inizi del IV
secolo a.C.,
mentre la parte principale della
struttura si pensa fosse
pressoché contemporanea al
Partenone, vale a dire della metà
del V
secolo a.C..
Sembra
che durante la dominazione
romana fosse
avvenuta una importante
ristrutturazione dell'edificio,
come indicato da numerosi
frammenti di elementi
architettonici che sono
decisamente romani come
datazione e hanno dimensioni
corrispondenti a quelli della
Calcoteca.

Agosto
2013
Pag.
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Pag.
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