Acropoli di Atene
Grecia
  

PATRIMONIO DELL'UMANITÀ DAL 1986

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L'Acropoli e la sua storia

La storia dell'acropoli di Atene inizia in epoca micenea, con la costruzione di un mégaron, e si sviluppa attraverso la tirannide dei Pisistratidi e l'epoca di Pericle, durante la quale vengono costruiti gli edifici più importanti (il Partenone, i Propilei, l'Eretteo e il tempio di Atena Nike); nei secoli gli edifici subirono molte trasformazioni e la maggior parte di essi fu gravemente danneggiata nel 1687 da un colpo di mortaio veneziano, che colpì il Partenone e ne distrusse ingenti parti.

PRIMI INSEDIAMENTI - L'acropoli si trova su un pianoro a 150 metri sul livello del mare all'interno della città di Atene, con un'area di circa 3 ettari. Era conosciuta anche come Cecropia, dal nome del primo leggendario re di Atene, l'uomo-serpente Cecrope I. Anche se i primi resti archeologici risalgono al Neolitico medio, sono documentati insediamenti in Attica fin dall'inizio del Neolitico (sesto millennio a.C.).

Ci sono pochi dubbi riguardo alla presenza di un mégaron miceneo in cima alla rocca alla fine dell'età del bronzo; di questo mégaron restano probabilmente la base di una colonna in calcare e vari pezzi di gradino in arenaria.

Poco dopo la costruzione del palazzo fu costruito un imponente circuito di mura poligonali, lunghe circa 760 metri, alte fino a 10 m e di uno spessore compreso fra 3,5 e 6 metri; questo muro fu la principale difesa dell'acropoli fino al V secolo a.C. Il muro consisteva di due parapetti costruiti con grandi blocchi di pietra e cementati con una malta di terra chiamata emplekton. Il muro segue la tipica convenzione micenea di seguire la conformazione del terreno e il suo ingresso era posto obliquamente, con un parapetto e una torre che incombeva sul lato destro di chi arrivava, facilitando la difesa dell'acropoli. C'erano due accessi minori sul lato nord, costituiti da strette ripide scalinate tagliate nella pietra.

Omero probabilmente si riferisce a questa fortificazione quando parla della "ben costruita Casa di Eretteo". Prima del XIII secolo a.C. un terremoto creò una fessura sul bordo settentrionale dell'acropoli. Questa fessura di circa 35 metri arrivava fino a un giacimento di marna morbida, nel quale fu scavato un pozzo. Fu costruita un'elaborata rampa di scale e il pozzo fu un'importantissima fonte di acqua potabile durante gli assedi subiti nel periodo miceneo.

Non ci sono prove sufficienti per stabilire con certezza l'esistenza di un palazzo miceneo sull'acropoli; se tale palazzo è esistito, sembra che sia stato soppiantato dalle costruzioni successive.

ACROPOLI ARCAICA - Non si sa molto degli edifici presenti sull'acropoli, almeno fino all'era arcaica. Nel VII e nel VI secolo a.C. l'acropoli fu presa da Cilone durante la sua rivolta fallita, e in seguito due volte da Pisistrato, che instaurò una tirannide.

Pisistrato costruì i Propilei e forse costruì un primo tempio sul sito dove in seguito sorse il Partenone; sono stati ritrovati frammenti di sculture calcaree e le fondamenta di un grande tempio incompiuto. Sembra che sia stato costruito anche una cerchia di mura con nove ingressi, il cosiddetto enneapylon, attorno alla più grande sorgente d'acqua, la Clessidra, sul lato nord-ovest.

Attorno al 570/550 a.C. fu costruito un tempio di Atena "Poliàs" ("protettrice della città"). Questo edificio di ordine dorico costruito con pietre calcaree, delle quali esistono numerosi resti, è chiamato solitamente Hekatompedon, "avente cento piedi") o Ur-Parthenon (in tedesco "Partenone originale"). Non si sa se questo edificio rimpiazzasse un tempio preesistente, un altare o un semplice recinto sacro. Probabilmente l'Hekatompedon si trovava nel punto in cui poi sorse il Partenone.

Tra il 529 e il 520 a.C. i Pisistratidi costruirono un nuovo tempio, l'antico tempio di Atena Poliàs, di solito chiamato Arkhaios Neōs, tra l'Eretteo e l'attuale Partenone. Questo edificio fu distrutto dai Persiani, che occuparono Atene nel 480 a.C. Il tempio fu probabilmente ricostruito, dato che nel 454 a.C. il tesoro della lega delio-attica fu trasferito nel suo opistodomo, e forse fu raso al suolo da un incendio nel 406/405 a.C., dato che Senofonte menziona l'incendio di un antico tempio di Atena. Pausania il Periegeta non lo menziona nella sua Periegesi della Grecia, quindi nel II secolo d.C. era già stato distrutto.

Attorno al 500 a.C. l'Hekantompedon fu smantellato per fare spazio ad un tempio più grande, l'"antico Partenone" (o "pre-Partenone"). Gli Ateniesi decisero di fermare la costruzione del tempio di Zeus Olimpio, che era legato ai Pisistratidi, e usarono il calcare del Pireo che che gli avevano destinato per costruire l'antico Partenone. Per accoglierlo la parte meridionale del pianoro fu ripulita, fu spianata aggiungendo circa 8000 blocchi di calcare da due tonnellate, delle fondamenta spesse 11 metri in alcuni punti, e il resto fu riempito con della terra tenuta in posizione da un muro di contenimento. Nel 490 a.C., dopo la vittoria di Maratona, il piano fu rivisto e al posto del calcare si decise di usare il marmo. La prima fase dell'edificio, in calcare, è detta "pre-Partenone I", la seconda fase, in marmo, "pre-Partenone II". Nel 485 a.C. Serse salì al trono, quindi gli Ateniesi bloccarono i lavori al fine conservare le loro risorse per un'eventuale guerra.

L'antico Partenone era ancora incompleto quando i Persiani presero Atene nel 480 a.C.: l'edificio fu saccheggiato e incendiato, così come l'antico tempio di Atena Poliàs e tutti gli altri edifici della rocca. Finita la seconda guerra persiana, gli Ateniesi incorporarono molte parti del tempio incompiuto (rocchi di colonne scanalate, triglifi, metope.) nel nuovo muro costruito sul lato nord dell'acropoli, dove servivano da "memoriale di guerra" e sono tuttora visibili. L'acropoli fu ripulita dai detriti: le statue, gli oggetti di culto, le offerte votive e i membri architettonici irrecuperabili furono bruciati cerimonialmente in profonde fosse scavate sulla rocca e in questo modo andarono a formare un altopiano artificiale attorno al Partenone classico. La cosiddetta "colmata persiana" è il più ricco deposito archeologico dell'acropoli ed è diventata molto famosa.

IL PROGRAMMA EDILIZIO DI PERICLE - Dopo aver vinto la battaglia dell'Eurimedonte (468 a.C.), Cimone e Temistocle ordinarono la ricostruzione del muro settentrionale e di quello meridionale dell'acropoli. La maggior parte dei templi più importanti, incluso il Partenone, furono ricostruiti sotto la guida di Pericle durante l'età d'oro di Atene (460–430 a.C.). Fidia, un importante scultore ateniese, e Ictino e Callicrate, due famosi architetti, erano i responsabili della ricostruzione.

Nel 437 a.C. Mnesicle cominciò a costruire i Propilei, un ingresso monumentale sul lato ovest dell'acropoli con colonne di ordine dorico fatte con marmo pentelico; la costruzione fu edificata in parte sopra gli antichi Propilei di Pisistrato. Questi colonnati furono sostanzialmente finiti nel 432 a.C. e avevano due ali; quella settentrionale era decorata da dipinti di Polignoto.

In quegli anni, a sud dei Propilei, fu iniziato il piccolo tempio di Atena Nike, tetrastilo, avente colonne di ordine ionico in marmo pentelico. Dopo l'interruzione causata dalla guerra del Peloponneso, il tempio fu finito al tempo della pace di Nicia, tra il 421 a.C. e il 409 a.C.

La costruzione dell'elegante tempio dell'Eretteo (421–406 a.C.), in marmo pentelico, dovette tener conto del terreno estremamente irregolare e la necessità di evitare molti santuari presenti nell'area. L'entrata, rivolta ad est, presenta sei colonne di ordine ionico. Il tempio ha due portici, uno nell'angolo nord-ovest sostenuto da colonne ioniche, l'altro nell'angolo sud-ovest sostenuto da delle cariatidi. La parte orientale del tempio era dedicata ad Atena Poliàs, mentre la parte occidentale serviva al culto del leggendario re Eretteo, ospitava gli altari di Efesto e di Vuto, fratello di Eretteo. Si sa poco del piano originale dell'interno, che fu distrutto da un incendio nel I secolo a.C. e fu ricostruito più volte.

Nello stesso periodo fu iniziato l'insieme dei recinti sacri del tempio di Atena Polìas, Poseidone, Eretteo, Cecrope, Erse, Pandroso e Aglauro, col suo portico delle cariatidi. Tra il tempio di Atena Nike e il Partenone c'era il santuario di Artemide Brauronia, la divinità rappresentata come un orso e venerata a Braurone; secondo Pausania nel santuario c'erano uno xoanon e una statua di Artemide fatti da Prassitele nel IV secolo a.C.

Dietro i Propilei dominava la gigantesca statua bronzea di Fidia raffigurante Atena Promachos ("Atena che combatte in prima linea"), costruita tra il 450 e il 448 a.C. La base era alta 1,5 metri, mentre l'altezza totale era di ben 9 metri. La dea nella mano destra impugnava una lancia la cui doratura poteva essere vista riflessa dai marinai che doppiavano capo Sunio, mentre nella mano sinistra teneva uno scudo gigante, decorato da Mys con immagini di una centauromachia. Altri monumenti di cui restano pochissimi resti sono la Calcoteca, il Pandroseion, il santuario di Pandion, l'altare di Atena, il santuario di Zeus Polieus.

PERIODO ELLENISTICO E ROMANO - Durante il periodo ellenistico e quello romano molti edifici dell'acropoli furono riparati, visti i danni dovuti al tempo e, in alcuni casi, alle guerre. Vennero eretti monumenti a re stranieri: tra i più importanti quelli dedicati ai re Attalidi di Pergamo Attalo II (di fronte all'angolo nord-ovest del Partenone) ed Eumene II (di fronte ai Propilei); all'inizio dell'età imperiale essi furono ridedicati rispettivamente ad Augusto o Claudio (incerto) e ad Agrippa. Eumene fece costruire anche una Stoà sul pendio meridionale, non molto diversa dalla quella di Attalo, posta nell'agorà.

Sotto la dinastia giulio-claudia fu costruito l'ultimo edificio significativo dell'età antica: il tempio di Roma e di Augusto, un piccolo edificio rotondo posto a circa 23 metri dal Partenone. In quella stessa epoca sul pendio meridionale fu fondato, in una grotta adiacente a quella dedicata a Pan fin dal periodo classico, un santuario dove gli arconti facevano voti ad Apollo quando entravano in carica. Nel 161 sul pendio meridionale Erode Attico costruì il suo grande odeo, distrutto dagli Eruli nel secolo successivo ma ricostruito negli anni 1950.

Nel III secolo, vista la minaccia degli Eruli, furono riparati i muri dell'acropoli e fu costruita la porta Beulé per restringere l'entrata di fronte ai Propilei, visto che l'acropoli stava tornando ad essere una fortezza.

PERIODO BIZANTINO, LATINO E OTTOMANO - In epoca bizantina il Partenone fu trasformato in una chiesa dedicata alla Vergine Maria. Sotto il ducato di Atene l'acropoli divenne il centro amministrativo della città: il Partenone era la cattedrale e i Propilei facevano parte del Palazzo Ducale. Fu aggiunta una grande torre, la Torre Franca, demolita nel 1874.

Dopo l'antichità, Ciriaco d'Ancona fu il primo a descrivere l'acropoli di Atene e a identificare il Partenone, di cui tante volte aveva letto nei testi antichi e del quale si era persa la memoria della localizzazione. Grazie a lui l'Europa occidentale poté avere il primo disegno del Partenone, che Ciriaco chiamò "tempio della dea Atena", diversamente dai viaggiatori precedenti, che l'avevano chiamato "chiesa di Santa Maria"; dopo la visita disse di avere ammirato:

(latino)

«mirabile Palladis Divae marmoreum templum, divum quippe opus Phidiae»

(italiano)

«il meraviglioso tempio marmoreo della dea Atena, opera divina di Fidia»

Ciriaco fu anche il primo a chiamare col suo nome l'acropoli, in precedenza chiamata "rocca" o "palazzo dei duchi d'Atene": scrisse di aver incontrato il signore della città in Acropoli summa civitatis arce.

Sotto gli ottomani il Partenone era usato come caserma della guarnigione turca, e l'Eretteo divenne l'harem privato del governatore; la principale caratteristica dell'acropoli era la moschea ricavata all'interno del Partenone, completa di minareto. Gli edifici dell'acropoli furono gravemente danneggiati dall'assedio veneziano del 1687 durante la guerra di Morea: il Partenone, usato come polveriera, fu in parte distrutto da un colpo di mortaio.

PERIODO DEL REGNO DI GRECIA - Dopo la fine della guerra d'indipendenza greca, il principe Ottone I fu nominato nuovo re nel 1832 e contattò l'architetto tedesco Karl Friedrich Schinkel per la costruzione di un nuovo palazzo per il re. L'architetto sviluppò un piano per costruire un palazzo e dei giardini sull'Acropoli di Atene, sulle rovine degli antichi templi. Non fu possibile costruirlo, poiché Schinkel sopravvalutò la capacità economica del nuovo regno, il che significava che le rovine dei templi non andavano completamente perdute. Successivamente la maggior parte dei rimaneggiamenti bizantini, latini, e ottomani furono rimossi, nel tentativo di riportare il monumento alla sua forma originale.

Monumenti dell'Acropoli

Porta Beulè (1)

La porta Beulé è una porta fortificata, costruita dai Romani nel III secolo, dopo l'incursione degli Eruli nel 267 d.C. Fornisce l'accesso principale ai Propilei e al complesso dell'Acropoli di Atene.

La porta si colloca ai piedi della grande scalinata che, al tempo dei Romani, conduceva ai Propilei. Il nome di questa porta fortificata deriva da quello dell'archeologo francese Charles Ernest Beulé che la scoprì nel 1852-1853 sotto le mura di un bastione turco, assieme alla grande scalinata dei Propilei.

Fu costruita nel III secolo, in parte con dei blocchi di pietra di reimpiego provenienti dal monumento coregico di Nicia, come si può vedere dagli elementi decorativi sulla faccia esterna. L'accesso, in asse con i Propilei e largo 1,89 m, era fiancheggiato da due torrioni quadrangolari alti 9 metri. Il committente fu il magistrato romano Flavio Settimio Marcellino.

Santuario di Afrodite Pandemos

La dea Afrodite, protettrice del demos, doveva essere adorata vicino alla torre della Nike. Del suo santuario si è conservata parte dell’epistilio, collocato vicino alla porta Beulé.

Piedistallo di Agrippa (2)

PiedestalloAgrippa.jpg (39904 byte)Il piedistallo, oggi noto come Piedistallo di Agrippa, situato ad ovest dei Propilei di Atene alto 8,9 metri, costruito in marmo e che arriva all'incirca alla stessa altezza della sommità del tempio di Atena Nike più a sud, fu probabilmente costruito in onore di Eumene II di Pergamo nel 178 a.C. per commemorare la sua vittoria nella corsa delle bighe dei Giochi Panateneici. Era la base di una quadriga di bronzo guidata da Eumene e da suo fratello Attalo, a grandezza naturale. 

Intorno al 27 a.C. quella vasca fu sostituita da un'altra dedicata dalla città di Atene a Marco Agrippa, figlio di Augusto, in riconoscimento della ricostruzione dell'Odeon di Atene prima dell'Agorà e andata in data sconosciuta.

Propilei (3)

L'unico accesso all'Acropoli si trovava sempre nel lato occidentale, fin dall'età preistorica. Da lì entrava Teseo per recarsi nel suo palazzo, ma anche Pericle, quando partecipava alla processione delle Panatenee, La Via delle Panatenee, che aveva come punto di partenza il Ceramico, arrivava ai Propilei seguendo un percorso curvilineo ed era priva di gradini, ma soltanto solcature trasversali poco profonde, per facilitare la salita degli uomini e degli animali che trasportavano i materiali per la costruzione degli edifici o che erano destinati ai sacrifici durante le cerimonie.

In età romana davanti ai Propilei fu costruita una rampa monumentale e successivamente una porta, chiamata oggi Beulè. Sulla sommità quasi della salita si trova un enorme piedistallo rettangolare, realizzato per ospitare la statua onorifica di Eumene II, re di Pergamo; in età romana vi fu posta la statua di Agrippa, genero di Augusto e benefattore di Atene.

I Propilei sostituirono un propylon più vecchio, del 490-480 a.C. Si tratta di un edificio complesso con una pianta rivoluzionaria per la sua epoca. È il primo propylon nell’antichità ad avere frontalmente l’aspetto di tempio. D’altronde oltre alla sua funzione laica il luogo era collegato molto probabilmente anche a culti di divinità che proteggevano porte ed entrate (Hermes Propyleos, ecc.).

Si estendono per una lungheza di 74 metri, vale a dire occupano tutto il lato occidentale dell'Acropoli. Si tratta di un imponente edifico degno dei meravigliosi templi che ornavamo la sacra rocca. Il famoso architetto Mnesikles, che ne assunse la realizzazione, usò marmo bianco del monte Pentelico e, in alcuni punti, marmo grigio di Eleusi. La costruzione iniziò nel 437 a.C. e fu interrotta nel 431 a causa della guerra del Peloponneso, tanto che sui muri esterni non furono asportate le sporgenze che servivano per issare e posizionare i marmi.

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I Propilei sono costituiti da un edificio centrale (24x 18,20 m) e da due ali, una a destra e una a sinistra. Un muro trasversale in marmo, interrotto da 5 porte, divide l’edificio centrale in due facciate, una orientale e una occidentale e ciascuna di esse è costituita da 6 colonne doriche ed un frontone. 

L’edificio centrale è diviso in lunghezza in tre settori da due file di colonne ioniche. Gli spazi vuoti tra le colonne dei portici servivano per l’ingresso dei fedeli; gli animali per il sacrificio entravano dall’apertura centrale che era più ampia. 

L’armonia e la simmetria di questo capolavoro dell’architettura sono evidentemente dovute anche a questa combinazione dello stile dorico con lo ionico.

Il soffitto era costituito da travi di marmo, che si sorreggevano sui muri e sulle colonne ioniche, e da cassettoni in marmo. Le tracce delle stelle metalliche e dipinte che erano applicate nei cassettoni ci consentono di ricostruire la fantasmagoria del soffitto, che doveva presentare l’immagine di un cielo pieno di stelle d’oro.

L’ala settentrionale era occupata da una grande sala, ornata da quadri di grandi artisti, come Polignoto (V sec. a.C.). Era la Pinacoteca, che, dotata di triclini, serviva per il riposo dei visitatori ed anche per l’offerta di pranzi ufficiali da parte della città di Atene.

L’edificio meridionale è più piccolo dal momento che era limitato da una parte della cinta micenea che era ancora in uso (5). D’altra parte nella stessa zona veniva costruito, contemporaneamente, anche il tempio di Athena Nike (4), per il quale doveva essere assicurato uno spazio.

Nel periodo bizantino i Propilei divennero sede di un vescovo. Franchi e Fiorentini se ne servirono come sede di comando o abitazione; i Turchi li trasformarono in polveriera. Nel 1645 un fulmine causò l’esplosione della polvere da sparo e distrusse irrimediabilmente il capolavoro di Mnesikles.

Tempio di Athena Nike (4)  

Il tempio di Atena Nike o tempio della Nike Aptera è uno dei principali monumenti dell'Acropoli di Atene. Si trova sul lato ovest dell'acropoli, presso i Propilei, a pochi metri dall'orlo delle rocce a strapiombo che caratterizzano l'Acropoli. 

Il culto di Athena in questo punto era antichissimo, poichè la torre, fin dal periodo miceneo, proteggeva la porta dell'Acropoli e forse serviva come osservatorio fino al mare. Successivamente la Nike (Vittoria) fu identificata con la dea Athena. E poichè lo xoanon, cioè la statua lignea di culto di Athena, che la rappresentava stante con una melagrana in mano, non aveva ali, come avevano le raffigurazione della Nike, fu chiamata Nike Apteron. Successivamente fu detto che non aveva bisogno delle ali, in quanto non doveva andare mai via di lì.

STORIA - Questo esempio di architettura dell'epoca classica, probabile opera dell'architetto Callicrate, coautore del Partenone, è stato il primo edificio in stile completamente ionico dell'Acropoli; tutti gli altri edifici presentano falsi fusioni di stile ionico e dorico.

Intorno al 410 a.C. fu circondato da una balaustra scolpita con motivi di Nike colte in varie attività (celebre quella che si riallaccia un sandalo) che assolveva inoltre allo scopo di evitare che i visitatori del tempio cadessero nel precipizio; i rilievi, ora al museo dell'Acropoli, eseguiti in un momento storico gravido di cattivi presagi per Atene, costituiscono un passo indietro sul versante dell'attenzione alla resa naturalistica del corpo umano e delle vesti, e sembrano indicare che l'artista ricercava effetti diversi, di carattere pittorico, che ha spinto alcuni critici a parlare di protoellenismo.

Il fatto che potessero venire osservati dalla ripida salita ai Propilei, unica via d'accesso all'acropoli, consentì la ricerca di particolari effetti prospettici. La statua di culto, come ci viene descritta da Pausania, era di legno e portava in mano una melagrana. La statua era aptera, cioè senz'ali, il che si spiegava col fatto che la dea non avrebbe dovuto mai più lasciare la città.

Sul sito dell'attuale tempio scavi archeologici hanno individuato nell'area una fossa per offerte dell'età del Bronzo; in epoca arcaica vi sorse un tempio che come il resto dell'Acropoli fu distrutto dai Persiani nel 480 a.C. La ricostruzione del tempio viene da alcuni collegata alla pace di Nicia, che avrebbe potuto inaugurare un periodo di grande gloria per la città infatti, alla firma del trattato di pace di quest'ultimo, la città finì di combattere temporaneamente con Sparta.

Ma la crisi creativa di Atene, che era come un presagio della sconfitta totale della città nella seconda parte della Guerra del Peloponneso pare echeggiata nella monotona ripetizione di Vittorie nella balaustra costruita solo pochi anni prima dell'Egospotami. Sotto la dominazione turca il tempio fu smantellato e le pietre riutilizzate nel 1687 per costruire un bastione difensivo; quest'ultimo rimase sul sito dell'antico tempio fino all'indipendenza della Grecia, quando nel 1831 fu decisa la (altamente simbolica) ricostruzione del sacello; il tempio è stato smontato ancora due volte (1930 e 1998) per permettere il restauro delle pietre e l'integrazione di altri pezzi ritrovati in successivi scavi.

ARCHITETTURA - La costruzione del tempio iniziò nel 421 a.C., furono interrotti a causa della guerra del Peloponneso e vennero ultimati nel 427-424/3 a.C. Il progetto era di Kallikrates, che aveva partecipato anche alla costruzione del Partenone. Il tempio è anfiprostilo, tetrastilo, con 4 colonne ioniche alte 4,66 metri sulla facciata anteriore e altre 4 su quella posteriore; il materiale usato è il marmo pentelico. La crepidine con tre gradini, sulla quale è costruito, evidenzia la grazia attica e l'eleganza che caratterizzano l'edificio.

Il fregio nel lato orientale rappresenta gli dèi dell'Olimpo, con Athena al centro, tra Zeus e Poseidone. Sugli altri lati sono raffigurate battaglie tra Greci o tra Greci e Persiani. I rilievi dei lati settentionale e occidentale si trovano nel British Museum e quelli presenti sul tempio sono copie. Il tempio fu distrutto dai Turchi per costruire un bastione; fortunatamente il materiale fu rinvenuto nel 1834 e così fu possibile il suo restauro.

Alla fine del V sec. a.C. la torre fu circondata sui tre lati da un parapetto alto un metro. Il lato esterno era ornato da rilievi d'arte eccezionale (alcuni si trovano nel Museo dell'Acropoli), che rappresentavano Vittorie alate che si affrettavano, con agili movimenti, a preparare gli animali per il sacrifici e i trofei delle vittorie per offrirli ad Athena. La dea aspetta al centro, seduta su una roccia. Una piccola Vittoria si scioglie il sandalo, per poggiarsi con il piede nudo sull'altare. Le vesti aderiscono sul bel corpo come se fossero bagnate e la vivacità nei loro movimenti e nelle ali ci dà l'impressione del volo.

Il visitatore che passava dai Propilei nell'area sacra dell'Acropoli vedeva nel lato meriodionale, alla sua destra, i Santuari di Athena Igea e di Artemide Brauronia (il cui culto era stato introdotto dal Demo di Brauron), ed anche, prima del Partenone, la Calcoteca, dove erano custoditi armi e rostri di navi in bronzo, tutti prodotti dell'artigianato, la cui protettrice era Athena Ergane.

Doveva vedere anche innumerevoli statue ed ex voto, che fiancheggiavano la via dalla quale passava la processione delle Panatenee. Nel lato sinistro, immediatamente di fronte ai Propilei, dominava la statua colossale in bronzo dell'Athena Promachos di Fidia, che insieme alla base raggiungeva i 9 metri di altezza. Si diceva che la punta della lancia tenuta dalla dea, quando brillava al sole, fosse visibile dal mare.

RESTAURO 1935-1940 - Nel gennaio 1934, il Consiglio di Stato greco formò una commissione per ispezionare il bastione e il santuario di Atena Nike. Nel corso degli anni precedenti, le strutture si erano gradualmente assestate: il tempio si era abbassato di venti centimetri sui lati occidentale e meridionale; la muratura fatiscente del bastione aveva iniziato a inclinarsi e a cedere. La commissione raccomandò un restauro approfondito. Nikolaos Balanos fu incaricato di dirigere i lavori, che iniziarono nell'ottobre 1935. 

Il tempio fu completamente smontato, il bastione parzialmente. Balanos smontò la muratura del periodo classico, così come alcune parti delle mura tardo-elladiche, per raggiungere la roccia. Il lavoro ha portato alla luce un santuario del primo periodo classico con una testa di tempio. Balanos documentò attentamente lo svolgimento dello scavo. Sulla superficie rocciosa esposta è stata posta una fondazione in calcestruzzo come nuovo supporto per il bastione. Sulla fondazione formata è stato ricostruito il naiskos del tempio con pareti in cemento e l'accesso al santuario sotterraneo attraverso un foro nel pavimento del tempio.

Balanos non fece uno studio approfondito prima dei lavori. Ha risistemato molte parti, ma nuovamente, come nel primo restauro, le ha collocate nei posti sbagliati e ha preso in prestito alcune parti da altri edifici. A quanto pare, il restauratore utilizzò deliberatamente parti che non appartenevano originariamente al tempio e al muro del bastione perché voleva usare un marmo esteticamente bello e considerava l'origine del materiale un fattore di minore importanza. 

La crepidoma del tempio fu restaurata con una pendenza deliberata per compensare il cedimento del bastione. Uno studio preliminare del monumento avrebbe potuto prevenire questi errori. Inoltre, Balanos utilizzò tecniche non ammesse nella moderna pratica del restauro: i nuovi blocchi furono uniti ai frammenti originali, pur non combaciando, e le superfici furono smussate; i nuovi inserti furono invecchiati artificialmente in modo da essere indistinguibili dagli originali; le parti furono fissate l'una all'altra con aste di colla, cemento e malta di calce; per le fondazioni fu utilizzato calcestruzzo armato, approvato dalla Carta di Atene nel 1931, ma oramai vietato nei lavori di restauro; per rinforzare il tempio furono utilizzate staffe e travi di ferro che, a causa della corrosione e dell'allungamento-compressione, danneggiarono in modo grave il marmo (le prime crepe apparvero già negli anni '50).

Nel 1939 Balanos si dimise per motivi di salute. Il Tempio di Atena Nike era ormai stato restaurato fino alla trabeazione. alla trabeazione. Il progetto fu portato a termine da Anastasios Orlandos, il principale critico dei metodi di restauro di Balanos. Egli aveva precedentemente effettuato uno studio approfondito del tempio e del bastione e, durante l'anno di lavoro, corresse molti degli errori commessi da Balanos e Ross: risistemò correttamente alcuni blocchi della cella e dell'architrave, sostituì gli intarsi in calcare con il marmo e restaurò personalmente le colonne e la trabeazione del tempio. Orlandos studiò molto meglio i dati e colse l'occasione per risistemare i blocchi erroneamente installati da Balanos, ma fu in grado di eseguire questo lavoro solo nelle parti superiori del tempio. Tuttavia, anche il suo lavoro contiene alcuni errori, probabilmente causati dal desiderio di terminare il restauro il prima possibile a causa dell'avvicinarsi della Seconda guerra mondiale. In particolare, il capitello di Pittakis, parzialmente restaurato, fu sostituito da una replica completa e furono aggiunte le scanalature mancanti sulle colonne che non erano state ricreate durante il primo restauro. Il restauro fu completato nel settembre 1940.

Orlandos pubblicò una relazione di restauro intitolata “Nouvelles observations sur la construction du temple d'Athèna Nikè” nel 1947-1948 nel Bulletin de Correspondance Hellenique. La pubblicazione descriveva dettagliatamente l'edificio e le sue dimensioni. La relazione sintetica di Balanos, redatta nel 1940, fu pubblicata solo nel 1956 sulla rivista Archaiologike Ephemeris. A seguito del restauro, il tempio ha assunto l'aspetto di una struttura più coerente di quanto non consentisse la quantità degli elementi superstiti. Ciò è dovuto in parte alla scoperta di nuovi blocchi, ma soprattutto alle tecniche di restauro. Orlandos ha usato il termine “anapaleosis” (“ritorno allo stato antico”) per descrivere il suo lavoro. Il lavoro del 1935-1940 è quindi classificato come ricostruzione piuttosto che come restauro.

RESTAURO 2000-2010 - Alla fine della Seconda guerra mondiale, per trent'anni i lavori sull'Acropoli furono scarsi o nulli a causa delle difficoltà economiche. Nel 1971, l'UNESCO pubblicò una relazione sul degrado dei monumenti, dovuto al crescente inquinamento di Atene e alle crepe nel marmo causate da graffe di ferro. A partire dal 1965, il Servizio archeologico ellenico cercò di porre rimedio alla situazione, ma non disponeva di fondi necessari poiché il Regime dei colonnelli del 1967-1974 portò la Grecia a una crisi economica. Nel 1975 è stato istituito il Comitato per la conservazione dei monumenti dell'Acropoli (ESMA), con il compito di guidare i lavori di restauro e conservazione. Il Comitato era composto da specialisti e scienziati nei settori di storia, architettura, ingegneria strutturale e ingegneria chimica. Il Comitato basò le sue attività sui principi della Carta di Venezia. Al fine di preservare i monumenti, l'ESMA organizzò nuovi lavori di restauro. L'Eretteo fu smontato, riparato e ricostruito tra il 1979 e il 1987. In seguito, è iniziato il restauro del Partenone e dei Propilei. I lavori dovevano essere completati nel 2000, ma le condizioni dei monumenti risultarono peggiori del previsto. Nel 1999, sulla base del Comitato, è stato costituito il Servizio di restauro dell'Acropoli (YSMA), con l'incarico di eseguire i lavori di restauro e conservazione.

Nel 1994, Demostene Giraud, architetto e capo della Direzione per il restauro dei monumenti antichi, presentò il suo “Studio di restauro del Tempio di Atena Nike”. Il progetto fu sostenuto dai partecipanti a una speciale conferenza internazionale e nel 1999 fu approvato dal governo greco. Nel corso dei lavori si prevedeva di smontare completamente il tempio, di conservarne gli elementi architettonici, di restaurare la crepidoma (le fondamenta), preservando il naiskos del tempio. In seguito, il tempio doveva essere completamente ricomposto, con la corretta disposizione degli elementi e il recupero della curvatura originale. Nel 1998, le parti originali del fregio della trabeazione sono state asportate e poste presso il Museo dell'Acropoli di Atene. I lavori iniziarono nell'ottobre del 2000; il loro termine era previsto per il 2004, ma fin dall'inizio si scoprì che il monumento subì molti più danni di quanto si pensasse. Dei 319 elementi del tempio, solo le colonne non erano seriamente danneggiate. Con grande difficoltà è stato possibile rimuovere l'intonaco di cemento dei precedenti restauri. Un altro problema fu la mancanza di spazio lavorativo sul lato ovest del bastione. Questo problema venne risolto erigendo un'impalcatura lungo tutto il perimetro del santuario.

Il Tempio di Atena Nike venne completamente smontato nel 2002 e la ricostruzione iniziò nel 2004. In questo periodo, tutti gli elementi furono conservati ed è stata rimossa la lastra in cemento armato posata sotto il santuario da Balanos. Il sistema di travi in ferro che sosteneva l'angolo nord-est del tempio e la soletta di cemento armato sono stati sostituiti con una griglia in acciaio inossidabile appositamente progettata. La ricostruzione ha riscontrato problemi con la cella del tempio. È stato effettuato un attento studio del posizionamento originale di tutti gli elementi, che ha permesso di collocare 22 vecchi blocchi e due nuovi blocchi recentemente scoperti al loro posto. I nuovi inserti sono stati ridotti da 14 a 10 pezzi. Uno studio analogo è stato condotto nel 2007 riguardo alla corretta collocazione dei capitelli delle colonne. I lavori si conclusero nell'estate del 2010, quando i restauratori installarono i blocchi dell'architrave, i cassettoni, le copie del fregio scultoreo, la cornice, la sima e parte del frontone est.

Nel 2011-2012 è stato aperto l'accesso alla cripta sotterranea del santuario, sono stati restaurati quattro blocchi del coronamento della facciata settentrionale del bastione, è stato curato il territorio adiacente dopo lo smontaggio delle impalcature.

Santuario di Artemide Brauronia (7)

Il santuario di Artemide Brauronia o Brauroneion era un santuario che sorgeva nell'Acropoli di Atene, nell'angolo sud-occidentale del pianoro dell'Acropoli, tra la Calcoteca e i Propilei. ll culto della dea Artemide fu portalo sull’Acropoli da Pisistrato dal suo paese natale, Brauron.

Il santuario sull'Acropoli era di insolita forma trapezoidale e non conteneva un tempio formale: la sua funzione era assolta da un portico o stoà. La stoà misurava circa 38 per 6,8 metri; si ergeva davanti alla parete sud dell'Acropoli, affacciata a nord. Agli angoli vi erano due ali laterali come avancorpi, ciascuna di circa 9,3 m di lunghezza, quella occidentale rivolta verso est e viceversa. A nord dell'ala orientale c'era un'altra corta stoà rivolta a occidente. Tutta la parte occidentale del santuario, oggi perduto, sorgeva sui resti del muro di fortificazione miceneo. Tutto ciò che rimane del paramento orientale sono fondazioni di pareti scavate nella roccia così come pochissimi elementi architettonici in calcare.

Una delle ali conteneva la statua di culto in legno (xoanon) della dea. Le donne che chiedevano l'intercessione di Artemide abitualmente portavano in offerta capi di abbigliamento che venivano drappeggiati attorno alla statua. Nel 346 a.C. venne eretta una seconda statua di culto che, secondo Pausania, era opera di Prassitele. La testa di questa statua è esposta al Museo dell'Acropoli.

L'ingresso al piccolo recinto sacro, vicino al suo angolo nord-est, è ancora segnato da sette gradini scavati nella roccia. Essi, e il loro recinto settentrionale, probabilmente erano stati eretti da Mnesicle durante la costruzione del Propilei. La datazione del complesso nella sua forma finale è incerta ma si presume attorno al 430 a.C., analogamente ai Propilei adiacenti.

Calcoteca (8)

La Calcoteca o Chalkotheke (negozio di bronzi) era un edificio situato sull'Acropoli di Atene utilizzato come deposito per i bronzi, le armi e i rostri delle navi, oltre che per la mobilia sacra e le offerte preziose proveniente dai santuari dell'Acropoli. Il suo nome e la funzione sono noti solo grazie alle iscrizioni del IV secolo a.C.. Un decreto ordina il censimento di tutti gli oggetti immagazzinati nella Calcoteca e l'erezione di una stele incisa con l'elenco davanti al palazzo.

Sono stati identificati come appartenenti alla Calcoteca i resti di una struttura scoperta a est del santuario di Artemide Brauronia e immediatamente a sud-ovest del Partenone. Di essa sopravvivono solo poche fondazioni di calcare e trincee scavate nella roccia di fondazione. L'edificio sorgeva di fronte alla parete meridionale dell'Acropoli ed era di circa 43 m di lunghezza per 14 m di larghezza, affacciato sul lato settentrionale da un lungo portico di 4,5 m di larghezza. Per fare spazio a quel portico fu tagliata la parte più meridionale dei gradini scavati nella roccia che conducevano alla facciata occidentale del Partenone. Si ritiene pertanto il portico un'aggiunta degli inizi del IV secolo a.C., mentre la parte principale della struttura si pensa fosse pressoché contemporanea al Partenone, vale a dire della metà del V secolo a.C..

Sembra che durante la dominazione romana fosse avvenuta una importante ristrutturazione dell'edificio, come indicato da numerosi frammenti di elementi architettonici che sono decisamente romani come datazione e hanno dimensioni corrispondenti a quelli della Calcoteca.

Agosto 2013

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