Cuba
delle Rose
La Cuba
delle Rose di Alcamo è una cisterna araba che risale a circa
mille anni fa e si trova a circa 300 metri dal lato nord/ovest del Castello
di Calatubo.
Il termine
Cuba potrebbe provenire dall'arabo qubbah, da cui la parola
siciliano cubba, cupola che ricopre un serbatoio per la raccolta
delle acque o sorgente. È una particolare costruzione di origine araba che
ha resistito al passare dei secoli, che ancora oggi raccoglie le acque di
una sorgente antidistante e che rappresenta un'opera molto importante dal
punto di vista archeologico e architettonico, unica nel suo genere in
Sicilia; è infatti una delle rare costruzioni tuttora esistenti aventi
alcune caratteristiche tipiche dei “dammusi”, a forma quadrata e con un
tetto simile a una cupola, utilizzate per raccogliere le acque piovane.
Le cube,
come le gebbie, la saie, li gibbiuna, li cunnutta
d'acqua, i wattali e i mulini, sono la
riprova di una tradizione culturale e tecnologica di immenso valore storico,
che deve essere recuperata e salvaguardata dall'oblìo.
L'edificio
era la fonte di rifornimento d'acqua per gli abitanti che risiedevano nel
distretto medievale di Calatubo: le acque di una vicina sorgente
venivano convogliate per mezzo di particolari canali di scolo dalle stesse
funzioni dei qanat persiani, un sistema di condutture di origine
araba che, grazie a delle pendenze, faceva riaffiorare l’acqua nel
serbatoio. La fontana è composta da una camera interna contenente
l’acqua, comunicante con una vasca esterna (bevaio animali grossa taglia)
che a sua volta, un tempo, riportava le acque in eccesso ad altri piccoli
bevai (per animali di stazza minore) ormai perduti per sempre. I bevai,
frutto dell'esigenza di diverse attività di allevamento, vennero costruiti
in epoche successive allo spopolamento dell'abitato di Calatubo, dovuto alla
fuga forzata dei contadini saraceni a causa della pulizia etnica condotta da Federico
II.
Secondo
antiche testimonianze e leggende, un giardino e un folto palmeto
circondavano la Cuba: le palme davano l’ombra, rinfrescando durante la
calda estate e rendendo possibile la coltivazione di alberi da frutto e
ortaggi, introdotti nel territorio.
Il giardino
di tipo arabo rivela un grande simbolismo: aveva una forma rettangolare
e l’area circondata da muri e divisa in quattro parti (come i quattro
elementi sacri, cioè il fuoco, l'aria, l'acqua e la terra); esso è
attraversato da canali d’acqua, con una fontana collocata al centro.
I
lavori di restauro facevano parte del Piano Triennale delle Opere
Pubbliche 2012/2014 e sono stati finanziati attraverso il GAL
(gruppo di azione locale) "Golfo di Castellammare", con il
contributo del Comune di Alcamo (per il restauro, il consolidamento e la
riqualificazione del sito), sfruttando il P.S.R. Sicilia 2007-2013 (Programma
Sviluppo Rurale), riguardante la tutela e la riqualificazione del patrimonio
rurale.
Scopo
finale del restauro è stato quello di riattivare l'utilizzo dello stesso
impianto, assieme a quello di mantenere viva la memoria dell'antica comunità,
salvaguardando la protezione del bene ai fini del pubblico utilizzo. Dopo
questi lavori la cuba è divenuta un luogo di richiamo per i turisti.
Una
leggenda legata alla Cuba delle Rose, racconta di un giardino lussureggiante
nei pressi del Castello di Calatubo: nei primi anni del 1700, qui
c’era il roseto della baronessa Donna Gaetana De Ballis, ultima baronessa
della nobile famiglia proprietaria del castello di Calatubo e del feudo dal
1584, e moglie di Giuseppe Papè Principe di Valdina e Protonotaro del
Regno.
La
bellissima Gaetana fu sposata dal principe Papè (molto più grande di lei)
per puro interesse, priva del vero amore, riversò tutto il suo affetto
verso suo figlio Ugo Papè che ben presto fu indirizzato dal padre a
prendere i voti diventando uno dei più grandi vescovi della diocesi di
Mazara del Vallo (ancora oggi ricordato per le sue opere).
Ancora una
volta priva dell'amore, la baronessa, divenuta principessa all'atto del
matrimonio, riversò tutto il suo affetto verso le sue amate rose, da lei
coltivate segretamente per non farsi vedere dalle cortigiane e dai
residenti; secondo la leggenda esse fiorivano solo di notte e in sua
presenza, e da quando lei morì, nel 1769, le rose smisero di fiorire. Ma si
racconta: che ogni anno, la notte del 19 febbraio, il suo fantasma, con un
candeliere in mano esce dal Castello di Calatubo per recarsi in giro per la
Cuba in cerca dei suoi amati fiori.
Altre
leggende sono legate all'antico serbatoio arabo; si dice anche che la Cuba
fosse nota per la sua riconosciuta peculiarità di profetizzare l'incombente
nefasto futuro, tramite i riflessi della luna piena nello specchio delle sue
limpide acque.
Un'altra
antichissima leggenda rievoca la storia dell'eterno amore tra due giovani
nobili legati a baronie di fazioni opposte, durante il tremendo periodo
(1300) delle fratricide guerre baronali per la gestione dei feudi. Una
storia d'amore e di morte che non ha nulla di meno della più nota storia di
Giulietta e Romeo.
Geosito
Travertino della Cava Cappuccini
Fin dal
2010 il Ministero dell’Ambiente, attraverso l’ISPRA (Istituto
superiore per la protezione e la ricerca ambientale) aveva inserito il geosito delle
ex cave Cappuccini nell’elenco ufficiale dei geositi italiani.
Con decreto del
1 dicembre 2015, l'Assessorato Regionale del Territorio e Ambiente ha
istituito questo geosito, riconoscendolo come geosito di tipo Paleontologico/Stratigrafico di
rilevanza Mondiale.
L'area del
geosito è formata dalla parete di cava e da una stretta fascia
all'inizio della stessa.
Le cave di
travertino sono state recuperate alcuni anni fa, grazie al finanziamento con
i fondi europei del Por-Fesr 2007/2013. Il progetto di
riqualificazione, e la prevista realizzazione di un Anfiteatro a
servizio della Cittadella dei giovani nella zona Orto di Ballo, avevano
messo in pericolo parte del geosito paleontologico; dopo le proteste del
Comitato cittadino Difendiamo il Geosito Cave Cappuccini, il progetto
originario è stato modificato nel novembre 2014, allo scopo di tutelare
l'area interessata.
Tra
le modifiche al progetto precedente, ci sono dei lavori tendenti a ridurre
l’impatto visivo dell’anfiteatro alla distanza di sei metri dalle pareti
della cava: la gradinata andrà quindi ad appoggiare sulla scarpata naturale
che già esisteva a sud.
Le cave di travertino poste
a Nord dell'abitato di Alcamo sono un sito molto importante per la paleontologia sia
perché il travertino risale al Pleistocene sia perché ha
interessanti caratteristiche geologiche e morfogeologiche; grazie
al grande numero di reperti fossili scoperti, esso dà la possibilità di
ricostruire le vicende geologiche di quest'area.
Fin dai
primi anni del '900 venivano raccolti e portati all'università di Palermo
curiosi resti /ossa fossili provenienti dalle cave di travertino alcamesi.
Una scatola contenente questi reperti è conservata presso il museo
paleontologico di Palermo e riporta con provenienza Cava di Fontana della
Pietra. Migliaia invece sono le sfere calcaree raccolte negli anni dei
cavatori ed utilizzate per farne curiosi "souvenirs"; solo il
ritrovamento più recentemente del calco del carapace di una grossa
tartaruga ha permesso di associare queste "strane" sfere calcaree
a quello che in effetti sono, calchi di uova di tartaruga gigante, ritrovate
spesso nello posizione naturale della deposizione, raccolte cioè a
grappolo. Alla fine del 1984, infatti, nella cava della cooperativa
"Siciltravertino" in contrada "gammara", è stata
trovata l'impronta o il calco del carapace di una grande tartaruga, Geochelone
sp, della lunghezza di metri 1,15, e alcune uova: questi due reperti
fossili sono conservati presso il Museo di paleontologia e geologia
Gaetano Giorgio Gemmellaro di Palermo. La tartaruga, pure
presente nel Pleistocene di Malta, richiama quelle che tuttora vivono
numerose ad Aldabra, un grande atollo e riserva naturale protetta,
situato vicino alle Seychelles.
Il geosito
di Alcamo ha portato anche al ritrovamento dello scheletro di un elefante
nano, Elephas falconeri, (e anche delle sue zanne, denti e crani);
nel 1985 il professore Giorgio Belluomini, esperto del C.N.R.,
utilizzando il metodo della racemizzazione degli aminoacidi sui
denti del fossile, ha scoperto che questo elefante nano risale a 260.000
anni fa.
Nel
travertino sono stati scoperti anche degli esemplari di ghiro gigante,
cervo nobile, Cervus elaphus, e cinghiale, Sus scrofa, conservati
al Museo Civico Torre di Ligny di Trapani.
Il
sito ha reso possibile stabilire la datazione esatta degli Elephas in Sicilia perché
in una spaccatura del travertino sono stati scoperti i resti di un elefante
di media grandezza, l'Elephas mnaidriensis, dapprima considerato
erroneamente il progenitore dell'elefante nano.
Basilica Santa Maria Assunta

La basilica
di Santa Maria Assunta (detta anche chiesa madre o matrice)
è una basilica di origine trecentesca, intitolata
all'Assunta.
Sorge
nel pieno centro cittadino, a due passi da piazza Ciullo.
La
prima chiesa madre di Alcamo, posizionata nel versante nord del quartiere di
San Vito, fu dedicata prima a Santa Maria Fonte della Misericordia (1200) e
successivamente alla Madonna della Stella. Tale chiesa è ancora
esistente sotto il nome di Santa Maria della Stella, sebbene in stato
di abbandono.
Nel
1332 i residenti dal quartiere di San Vito si spostarono vicino al castello
dei conti di Modica, per cui venne costruita una nuova chiesa madre,
dedicata a Maria Santissima Assunta in Cielo, in corrispondenza del luogo
dove sorge la chiesa madre attuale. Tale chiesa, aperta al culto nel
1402, era costruita in stile gotico-catalano a tre navate e
presentava un soffitto ligneo e cappelle laterali non allineate. Venne
ampliata e modificata negli anni 1471, 1530-1558 e 1581. Di questa
costruzione originaria rimangono visibili il campanile a finestre
bifore (restaurato nel 1942), la cappella della sacra spina e il fonte
battesimale.
Intorno
al XVI secolo diede il nome ad uno dei quattro quartieri in cui era divisa
la città di Alcamo, in particolare il quartiere detto "Maggiore
Chiesa".
Nel
1602 fu fondata all'interno della chiesa la compagnia di Santa Maria dello
Stellario, costituita da "villani" e macellai, trasferita
nella Chiesa dello Stellario nel 1625.
La
chiesa fu ricostruita nel 1699 per opera di Giuseppe Diamante e Angelo
Italia (architetto della compagnia del Gesù), mentre la facciata neoclassicheggiante risale
al 1786 per opera di Emanuele Cardona e su progetto dell'architetto
Francesco Alessandro.
Al
1918 risale la fondazione nella chiesa madre della congregazione delle
sacramentine, alla quale seguirono la congregazione delle orsoline
(1919) e la congregazione delle assuntine (1936).
Fino
alla prima metà del '900 la superficie della cupola era rivestita da
piastrelle in maiolica, successivamente sostituite da lastre in rame.
Nell'anno mariano 1954, che corrisponde al centenario
dell'introduzione del dogma dell'Immacolata Concezione, è stata collocata
sul campanile una statua raffigurante la madonna alta 3 metri.
Nel
maggio 1969 la chiesa di Santa Maria Assunta fu elevata da papa
Paolo VI alla dignità di basilica minore.
Nel
2015, in concomitanza con il Giubileo straordinario della misericordia,
la chiesa madre di Alcamo è stata proclamata "Porta santa" della
città di Alcamo assieme al santuario della Madonna dei Miracoli.
Nella
villetta adiacente alla Basilica, a partire dal XV secolo è esistito un
cimitero con fosse comuni per le persone povere, un altare dove si celebrava
la Messa in periodi di epidemie e una croce di pietra con una fiuredda (cioè
un'edicola) consacrata alla Madonna della Pietà. Nel Novecento è
diventato una pubblica villa, dove nel 1929 vi fu collocato il monumento ai
Caduti, realizzato dallo scultore Bentivegna di Sciacca.

La
chiesa presenta una pianta basilicale a tre navate, divise da due file
di colonne con fusti monolitici di marmo rosso estratto dal vicino monte
Bonifato. Gli stucchi sono opera della famiglia Curti, mentre il
pavimento fu realizzato su disegno dell'architetto Giuseppe Patricolo.
All'interno
della chiesa sono presenti 38 affreschi dipinti da Guglielmo
Borremans; in particolare i tre affreschi sulla volta, realizzati dal
Borremans nel 1735, raffigurano l'"Assunzione della Vergine con la
Trinità e i Santi Anna e Gioacchino, Giuseppe, Giovanni Battista, Davide e
i patriarchi, cherubini, angeli e arcangeli" (nel primo vano), "Incoronazione
della Vergine con in petto il verbo eucaristico, la Trinità e angeli"
(nel secondo vano) e "Madonna Regina coronata e sedente fra
nubi con lo scettro in mano con alla destra San Pietro e alla sinistra San
Paolo e in basso santi e sante fondatori degli ordini religiosi e monacali,
tra cui Santa Rosalia" (nel terzo vano).
Oltre
agli affreschi, si trovano altri dipinti del Borremans, in particolare:
-
Nozze
di Cana e Moltiplicazione
dei pani e dei pesci (nelle pareti laterali della cappella del
Sacramento)
-
Fede cattolica assistita dal Paracleto, coronata da fiori e portata in
trionfo (nella
volta della cappella del Sacramento)
-
Quattro evangelisti coi loro simboli in atto di scrivere un motto del
Vangelo in onore di Maria (nei
vani sovrastanti i pilastroni marmorei)
-
Angeli con insegne pontificali e Cattedra
di Pietro sorretta dai quattro animali dell'apocalisse (nella volta
della cappella di San Pietro)
-
Melchisedech che benedice Abramo, Mosè
e il passaggio nel mar rosso, Elia che fa scendere il fuoco
sull'altare e Pontefice ebreo sedente sulla cattedra di Mosè
ed assistito dai suoi sacerdoti, dinanzi a cui prostrati i lebbrosi scoprono
le loro piaghe (nel vano laterale sotto il cornicione della
cappella di San Pietro)
-
Gruppo di angeli con strumenti della passione e Arcangelo
Michele con la croce splendente e circondata di serafini (nella
volta della cappella del Crocifisso)
-
Morte di Abele, Sacrificio
di Abramo, Storia del serpente di bronzo e Morte
di Sansone (nel vano laterale sotto il cornicione della cappella
del Crocifisso)
-
Vergine con in petto il verbo eucaristico e sul capo lo Spirito Santo in
forma di splendida fiamma e angeli prostrati, Vergine
in gloria alla destra del divin figlio che le porge il suo scettro e Paracleto
in forma di colomba fra due angeli che spargono rose in attesa della
vergine, sposa diletta (nella volta del cappellone maggiore)
-
Giovanni, l'estatico di Patmos, l'angelo con canna d'oro indicante la
Gerusalemme celeste in oro e gemme con l'albero della vita, illuminata dalla
luce dell'agnello divino (nella
parete interna sovrastante la porta maggiore)
-
Abigaille che placa l'ira di Davide contro Nabal suo marito e Booz che fa dono del frumento a Ruth moabita (nella
cappella della Madonna del Rosario).
La
chiesa conta 5 cappelle nella navata sinistra, 6 nella navata
destra e altre 6 nella zona vicino all'abside. In passato, le cappelle
erano di proprietà delle famiglie alcamesi, che avevano il compito di
custodirle e abbellirle. Le cappelle venivano inoltre utilizzate dalle
famiglie proprietarie come luogo di sepoltura. Le famiglie proprietarie
erano tutte nobili, tranne la famiglia Abbati.
 |
Pianta
della Basilica di Santa Maria Assunta
A:
porta principale
B:
porte laterali
C:
uscita dalla parte del campanile
D:
entrata della sagrestia e del museo d'arte
1-6:
cappelle nella navata destra
7:
transetto a destra
8,
9, 11, 12: cappelle nei pressi dell'abside
10:
abside
13:
transetto a sinistra
14-18:
cappelle nella navata sinistra. |
Entrando
nella chiesa, nella navata destra, si trovano nell'ordine:
1.
Cappella del Privilegio: appartenuta alla famiglia Mastrandrea. Contiene
l'ancona di marmo scolpita da Antonello Gagini nel 1519, con il trittico
della Madonna tra i Santi Filippo e Giacomo e la Dormitio Virginis
in predella e due dipinti su tela di San Carlo Borromeo e San
Filippo Neri risalenti al XVII secolo. In particolare, la tela di San
Filippo Neri è stata dipinta nel 1637 da Francesco Minutilla e
originariamente si trovava nella Chiesa di Santa Maria del Soccorso.
2.
Cappella di Santa Lucia: appartenuta alla famiglia De Ballis. Contiene due
sarcofagi di Giovannello De Ballis (fondatore della cappella) e del figlio
Graziano De Ballis e i due ritratti di Don Giovanni e del fratello Giuseppe
De Ballis, risalenti alla prima metà del XVII secolo e attribuiti a Filippo
Paladini.
3.
Cappella dei Santi Crispino e Crispiniano: contiene un dipinto su tela di
Santi Crispino e Crispiniano realizzato nel 1776 da Tommaso Pollaci.
4.
Cappella del Crocifisso: contiene il Crocifisso dell'Abbondanza,
realizzato da Antonello Gagini tra il 1519 e il 1523. Quest'ultimo è
un crocifisso realizzato in mistura, copia di un altro crocifisso che si
trova nella Chiesa di San Domenico a Palermo, realizzato dalla famiglia
Matinati.
5.
Cappella della Madonna di Fatima: con la statua lignea di L. Santifaller
(1949), contiene un dipinto su tela che raffigura la Madonna delle Grazie
realizzato da Giovan Leonardo Bagolino (padre di Sebastiano Bagolino)
nel 1566. Tale dipinto proviene dalla chiesa della Madonna del
Soccorso.
6.
Cappella Don Rizzo: fu realizzata su progetto dell'architetto Paolo
Portoghesi e inaugurata nel 1995. Contiene un'opera di
architettura moderna dedicata a don Giuseppe Rizzo (fondatore
dell'oratorio salesiano e dell'omonima Banca) e le sue spoglie.

Nella
zona in prossimità dell'abside si trovano:
7.
Cappella del Sacro Cuore di Gesù, statua lignea del 1955 di Luigi
Santifaller, collocata sul transetto destro.
8.
Cappella della Sacra Spina (chiamata in passato "cappella dello Spirito
Santo"): costruita nel 1430 per volere di Palma de Gambono e poi
tramite matrimonio passata alla famiglia Marcanza (proprietari della Chiesa
di San Tommaso apostolo). Venne murata nei primi del '700 e riaperta
successivamente nel 1958. Oltre all'affresco della Pentecoste
realizzato da autore ignoto, vi si conserva un reliquiario d'argento
del 1636, contenente la "sacra spina". Si dice che essa
appartenesse alla corona di spine di Gesù Cristo e che fu portata
ad Alcamo nel 1535 da Carlo V. Secondo il racconto, la spina
pervenne assieme ad altre due; tutte e tre vennero fatte bruciare dal vescovo
di Mazara Girolamo de Terminis e solo una restò intatta, dimostrando
così la sua autenticità.
9.
Cappella del Santissimo Sacramento: contiene il dipinto dell'Ultima Cena
realizzato dal trapanese Giuseppe Carrera nel 1614, su
commissione dei confrati del Santissimo Sacramento.
10.
Abside: contiene il dipinto su tela dell'Assunta (1605), attribuito al
pittore fiammingo Franz Van Castel (Francesco da Castello) e il coro ligneo,
realizzato nel 1748.
11.
Cappella della Madonna dei Miracoli: contiene la statua in legno della
Madonna dei Miracoli, realizzata da Lorenzo Curti nel 1720. La
statua viene portata in processione durante i festeggiamenti della Madonna
dei Miracoli, che si svolgono nel mese di giugno. Quella della Madonna dei
Miracoli, patrona di Alcamo, è la festività più importante di Alcamo.
12.
Cappella di Sant'Anna: con i due sarcofagi dei fratelli Giovanni e Giuseppe
De Ballis, risalenti ad XVI secolo.
13.
Cappella di San Pietro, sul transetto sinistro: contiene un altare, la
statua in marmo con dorature di San Pietro, realizzata da Giacomo Gagini nel
1586, e il corpo di San Vincenzo martire. Accanto all'altare, dal
lato della cappella di San Pietro, è presente inoltre una cripta, un tempo
visitabile, dove venivano seppelliti i sacerdoti.

Nella
navata sinistra si trovano invece (partendo dalla cappella più vicina
all'altare):
14.
Cappella di San Francesco: contiene l'affresco della Madonna della Neve
realizzato da autore ignoto alla fine del XIV secolo.
15.
Cappella dei Quattro Incoronati: contiene il dipinto su tela dei Quattro
Santi, realizzato da Filippo Randazzo nel 1737; tale cappella
apparteneva alla Maestranza dei muratori, fondata nel 1548;
16.
Cappella della Madonna di Trapani (o Madonna delle Grazie): contiene la
statua in marmo della Madonna col Bambino, opera di Giuseppe Marino del 1730
e il bassorilievo della Dormizione della Vergine (o Dormitio
Virginis o Transito della Vergine), realizzato nel 1529
da Antonello Gagini.
17.
Cappella della Madonna del Carmine: contiene due dipinti su tela di
Guglielmo Borremans e la statua in legno della Madonna del Carmelo,
realizzata tra la fine del XVII secolo e gli inizi del XVIII secolo.
18.
Cappella della Madonna del Lume: appartenuta alla famiglia Abbati. Contiene
un fonte battesimale in marmo, opera di Antonello Gagini, risalente
all'inizio del XVI secolo e il dipinto su tela della Madonna del Lume, opera
di Giuseppe Renda, risalente alla fine secolo XVIII.

Nella
sagrestia sono presenti opere attribuite a Bartolomeo Berrettaro, quali
la statua della Madonna del Soccorso e la lunetta del
portale dell'ex chiesa del Soccorso. Sempre al Berrettaro è attribuita
la porta cinquecentesca del campanile eseguita nel 1499. Gioacchino di Marzo documenta
tale manufatto marmoreo con raffigurazioni dell'Annunciazione, la Madonna
con bambino fra gli apostoli Pietro e Paolo e
la Crocifissione apicale quale espressione del rinascimento
siciliano, committente Stefano Adragna. Un altro portale documentato come
varco d'accesso alla sagrestia e datato 1500 riporta decorazioni
fitoformi sui pilastri laterali.
Sulla
navata sinistra della chiesa si apre una porta che conduce alla sagrestia e
al museo d'arte sacra. Quest'ultimo è stato allestito nel 2010 per
volere del vescovo di Trapani e contiene al suo interno moltissime
opere pittoriche, scultoree e d'oreficeria provenienti dalle chiese
alcamesi, risalenti al periodo che va dal XV al XIX secolo, per un
totale di 150 opere disposte in uno spazio di 400 metri quadrati, ricavato
dall'ex oratorio del Santissimo Sacramento annesso alla basilica. Tali
opere erano state messe al riparo nella chiesa e nei locali attigui da
monsignore Vincenzo Regina, dopo il terremoto del Belice del 1968 che
aveva reso molte chiese inagibili.
Chiesa
di Santa Maria della Stella
La chiesa
di Santa Maria della Stella (originariamente chiamata Santa Maria
della Misericordia) è una chiesa ormai
ridotta in rudere e totalmente abbandonata..
Secondo
un'iscrizione del secolo XVII, riportata in corrispondenza dell'angolo
inferiore destro dell'affresco di
Santa Maria della Stella (oggi collocato all'interno della Chiesa
di Santa Maria del Rosario o di san
Domenico), la chiesa di Santa Maria della Stella fu edificata prima
del 1130, in concomitanza con l'ampliamento urbanistico del casale di Alcamo verso
nord.
Nel
1221 la chiesa venne ingrandita dagli antenati delle famiglie De Ballis,
Comes, Gentilis e Maurici. Venne poi consacrata come chiesa
madre di Alcamo nel maggio del 1313 dal vescovo della diocesi
di Mazara Gotofredo Roncione, nel giorno dell'Ascensione.
Successivamente
il centro della città si spostò più a sud, per cui nel 1332 si iniziò la
costruzione della nuova
chiesa madre dedicata a Santa Maria Assunta, che terminò nel 1402;
nello stesso anno dunque terminò la dedicazione della chiesa di Santa Maria
della Stella come chiesa madre.
Nel
XV secolo la famiglia Comes e Gentiles assegnò ai padri Domenicani il
terreno adiacente alla chiesa per costruirvi un convento, con giardino e
orto. Nel 1427 il domenicano padre
Geremia viene ad Alcamo per visitare i conventi e stabilire una riforma
generale.
Nel
1604 la confraternita del Rosario si associò ai domenicani e insieme
stabilirono di festeggiare a proprie spese il giorno festivo in onore della Madonna
del Rosario. Constatata la distanza che separava il convento dal
centro abitato, i padri pensarono di costruire un nuovo convento ed una
nuova chiesa dedicata alla Madonna
del Rosario nell'attuale sede della via Giovanni
Amendola, abbandonando il vecchio convento nel 1660. Nel 1661
trasferirono dunque nella chiesa del Rosario l'immagine della Madonna della
Stella con tutto il muro.
Nel
1706 i gesuiti chiesero
ai giurati della città la concessione dell'ex convento dei domenicani (detto
"il vecchio" e ridotto in deplorevole stato di abbandono) per
potervi fare una casa di ritiro
spirituale, dove praticare gli esercizi di "Sant'Ignazio
di Loyola". L'ex convento, una volta ristrutturato, poteva
ospitare 40 persone e da quel momento venne chiamato "il Ritiro"
dagli alcamesi.
Di
questa antica costruzione rimane il suo unico portale in calcarenite travertinoide di
stile trecentesco, con arco
a sesto acuto nello stile gotico-chiaramontano.
Secondo un atto notarile del 1582, il portale della
chiesa fu costruito originariamente all'inizio del XIV secolo. Successivamente
la chiesa passò alla famiglia Diana, che sostituì il vecchio portale con
quello attuale; in questo modo si spiega la presenza dello stemma dei
Diana in corrispondenza della sommità di uno dei capitelli ai
lati del portale. Dunque il portale attuale risalirebbe tra la seconda
metà del XIV secolo e i primi del XV secolo.
Il
dipinto della Madonna della Stella, affresco che era contenuto al suo
interno, è attribuito a Tommaso
De Vigilia da Gioacchino
Di Marzo e secondo lo stesso storico risalirebbe al 1464.
Rappresenta la Vergine con in braccio il bambino Gesù in atto di
allontanare con una mano il velo che le copre il seno. Gli angeli che la
circondano sono stati aggiunti successivamente; l'immagine reca la scritta
in basso a destra "dipinto nel 1130". Nel 1661 tale dipinto fu
portato nella chiesa
del Rosario. Esso risulta molto danneggiato, sbiadito e mancante
di un occhio.
Era
inoltre presente all'interno della chiesa il dipinto della Madonna del Miele
del 1300 che fu trasferito nella chiesa
dei Santi Paolo e Bartolomeo. Tale dipinto è attribuito a Barnaba
da Modena ed è considerato il più antico dipinto presente ad
Alcamo.
Chiesa
di Santa Maria del Soccorso
È
una delle chiese più antiche di Alcamo, essendo stata fondata nel 1470
(essendo citata in un testamento di Nicolò Bonanno dell'8 maggio 1470
presso il notaio Giorgio Rogerio) probabilmente da un gruppo di mercanti di Genova,
che facevano parte della confraternita di Maria
santissima del Soccorso.
Questa
chiesa faceva parte del complesso di un convento, restaurato nel 1654 dai
padri Filippini, in quanto era un convento dell'Ordine di San Filippo che
nel 1802 vendette l'intero complesso alla famiglia Rocca e Filippi assieme
alla stessa chiesa del Soccorso che era la cappella del convento, e poi
divenne la cappella padronale dei Rocca; tale cappella poi fu donata dalla
stessa famiglia alla curia nel primi anni del 1900.
Originariamente
era in stile
gotico e con tre navate ma la sua forma diventò ellittica nel
corso della ricostruzione avvenuta nel 1736, allorché venne demolita,
ricostruita e decorata con diversi stucchi
realizzati da Nicolò
Curti fratello di Lorenzo Curti che scolpì la statua lignea di
Maria Santissima dei Miracoli di Alcamo.
Il portale centrale,
in pietra bianca, con lo stipite e architrave con modanature,
è sormontato da una lunetta attribuita
al Berrettaro;
rappresenta l'immagine di Santa Maria del Soccorso fra Angeli. Dopo i
danni provocati alla chiesa dal terremoto del 1968, sia la statua che la
lunetta sono stati custoditi nella Basilica: oggi si trovano nel luogo
originario.
Oggi
sia il campanile che la chiesetta del soccorso sono di proprietà della
Basilica, essendo stati ricevuti per dono di Rocca Vincenzo.
All'interno
sono custodite varie opere:
-
Madonna del Soccorso: probabile scultura di Bartolomeo
Berrettaro, rimaneggiata da Giacomo
Gagini nel 1545
-
Natività di Nostro Signore (1735), attribuita al catanese Olivio Sozzi
(primo altare a destra)
-
Madonna di Monserrato (1735), tela posta sul primo altare a sinistra
(attribuita al catanese Olivio Sozzi)
-
San Carlo
Borromeo tela del XVII secolo
-
San Filippo
Neri tela dipinta nel 1637 da Francesco
Minutilla, nel Museo
d'arte sacra di Alcamo
-
Santissima Trinità: dipinto
realizzato dal sacerdote Francesco
Alesi nel 1925
-
Sant'Onofrio: dipinto del
sacerdote Francesco Alesi.
-
Madonna delle Grazie, dipinto
realizzato da Giovan
Leonardo Bagolino (padre di Sebastiano
Bagolino) nel 1566. Oggi si trova nella Cappella della Madonna
di Fátima dentro la Basilica.
Il
culto di questa Madonna nacque a Palermo nel 1306, a seguito
dell'apparizione al padre agostiniano Nicola La Bruna. Si dice che il
monaco, in preda a un male incurabile e ormai in fin di vita, fosse stato
guarito grazie alla Madonna, che in cambio gli chiese di spargere la notizia
dell'avvenuto miracolo e di farla invocare col nome di Santa Maria del
Soccorso.
Grazie
ai frati agostiniani, il culto della Madonna del Soccorso si estese in tutta
Italia. Un altro titolo per la Santissima Vergine è quello di “Madonna
della Mazza”, poiché viene rappresentata nell’atto di brandire una
piccola mazza per percuotere il demonio che si rannicchia terrorizzato ai
suoi piedi.
La
Confraternita di Maria Santissima del Soccorso, attiva già nel 1430, era
considerata una delle più antiche Confraternite di Alcamo. Scopo principale
era quello di praticare il culto della Madonna
del Soccorso; secondo lo storico Ignazio de Blasi, i suoi
appartenenti erano "uomini di campagna". Come abitino portavano
sacco, visiera e mantello bianchi: sulla parte posteriore del mantello c'era
l'immagine della Madonna.
I
confrati concedevano 10 onze a
5 figlie di confratelli, orfane e vergini a seguito di sorteggio in alcuni
giorni designati durante l'anno (5 febbraio festa di Sant'Agata,
l'8 settembre, 8
dicembre e un altro giorno a loro scelta). La festa di Santa
Maria del Soccorso veniva celebrata l'8 dicembre, con la processione a cui
partecipavano tutti i confrati preceduti da un Crocifisso.
La
Confraternita era ancora attiva nel 1924: da diversi anni non esiste più.
Accanto
alla chiesa fu istituita ed aggregata alla stessa, la nuova casa
dell’Oratorio di San Filippo Neri, fondata dai sacerdoti Don Francesco
Terranova, Vincenzo Graffeo e Vincenzo Fontana.
Questo
oratorio non ebbe lunga durata, poiché dopo circa 100 anni, essendo
deceduto Don Nicolò Cutino (1754) e non essendoci più alcun prete, venne
chiuso: una parte di esso fu concesso alla chiesa del Soccorso, e un'altra
parte al Conservatorio delle orfane.
Chiesa
di San Tommaso Apostolo
La
chiesa di San Tommaso Apostolo fu
probabilmente costruita dagli antenati della famiglia Marcanza nel 1450
circa; fra le chiese anteriori al XVI secolo ad Alcamo, è l'unica che
sia pervenuta integra.
Nel
1599 venne fondata nella chiesa la compagnia dello Spirito
Santo.
Il tetto, essendo stato danneggiato dalle piogge, venne
rifatto nel 1928 a spese del governo e del comune di
Alcamo.
A
partire dal 1984, è sede del Rotary
Club di Alcamo.
La
chiesa è di piccole dimensioni (10,50×5,30 metri). L'interno è a navata unica
diviso da un arco
a sesto acuto poggiante su due colonne a muro; il soffitto
della chiesa è coperto da due volte
a crociera a sesto
acuto con costole e chiavi rilevate e sagomate, interrotte da capitelli all'altezza
della volta, che si prolungano fino a terra, dove trovano una base comune
con quella delle colonne che portano l'arco.
Uno
dei capitelli è decorato a foglie
di acanto, l'altro ad intreccio di
vimini.
Notevole
il portale esterno a sesto
acuto riccamente intagliato (noto con il nome di portale di
San Tommaso), che unisce il modulo svevo dell'arco a quello chiaramontano
degli intagli; l'insieme è sovrastato da una monofora riccamente
intagliata e arricchita da due colonnine incassate nel muro.
Il fonte
battesimale in marmo bianco del '500 oggi si trova nel Museo
della Basilica di Santa Maria Assunta.
Chiesa
di Santa Maria di Gesù
La
chiesa di Santa Maria di Gesù fu fondata secondo alcune fonti intorno al
1450 dal beato Arcangelo
da Calatafimi, dopo la fondazione dell'attiguo convento dei padri
Minori Osservanti (detto convento di Santa Maria di Gesù) da
parte dello stesso beato Arcangelo per mandato del beato Matteo
Guimerà. Altre fonti spostano la data di fondazione della
chiesa alla fine del XV secolo.
Inizialmente
tale chiesa si trovava fuori dalle mura cittadine, in aperta campagna. Intorno
al 1500 la chiesa dava il nome ad una porta delle mura difensive della città,
detta appunto "Porta di Gesù".
Nel
1507 la chiesa subì un rifacimento ed ingrandimento, finanziato dai
governatori di Alcamo Federico
Enriquez e Anna
I Cabrera (sua consorte). Questa data viene interpretata da
altre fonti come la data di completamento dell'opera architettonica. Allo
stesso tempo si procedette al restauro del convento. Tra il 1762 ed il
1776, per volontà del padre Lorenzo da Casteltermini, subì un successivo
ampliamento, testimoniato dallo storico Ignazio
De Blasi. Nel 1920 la chiesa fu intitolata parrocchia autonoma
dal vescovo di Mazara.
Al
1960 risale un'opera di ristrutturazione del convento, a cui ne seguì
un'altra nel 1984. Infine, nel 1997 vennero svolti dei lavori di
restauro dell'area presbiteriale: sono stati rinnovati l'altare (arcuato che
rimanda al sepolcro di Gesù), l'ambone,
il fonte
battesimale, il candelabro e la sede presidenziale, su progetto
dell'architetto Vincenzo Settipani. Lo stesso ha provveduto
anche al restauro degli affreschi e della Via Crucis, oltre alla
progettazione del nuovo impianto di illuminazione che è stato adeguato alle
attuali norme legislative.
Il
portale di ingresso alla chiesa, realizzato nel 1507 in marmo
di Carrara, è stato comprato da Luigi
Enriquez e Anna
Cabrera (proprietari a quel tempo del castello
dei Conti di Modica) ed è attribuito a Bartolomeo
Berrettaro, scultore italiano vissuto tra la fine del XV secolo
e l'inizio del XVI secolo; altri studiosi lo attribuiscono a Giuliano
Mancino.
Un
tempo sull'altare maggiore della chiesa era presente un affresco del XVI
secolo del pittore Giovan
Leonardo Bagolino dedicato alla Visitazione della Beata
Vergine, poi spostato in una parete dietro l'abside.
Sulla
volta si trova un affresco che rappresenta l'Assunzione,
opera di Leopoldo Messina: questo ha sostituito il precedente affresco
realizzato da Carlo Righetti e che rappresentava l'Immacolata, sul modello
di Murillo;
lo stesso Messina ha pure dipinto l'affresco che raffigura San
Francesco nell'atto di contemplare Gerusalemme (1944),
che ha sostituito quello precedente di Carlo Righetti e che rappresentava
Duns Scoto teologo dell'Immacolata
Concezione; gli altri tre affreschi sulla vita di san
Francesco d'Assisi, furono dipinti dal padovano Carlo
Righetti nel 1901. Essi rappresentano: San Francesco in
partenza per la Terrasanta, San Francesco manda i frati a
predicare il Vangelo in
terre lontane e San Francesco dinanzi al Sultano di
Damiata.
Nel
battistero, a sinistra, ci sono una piccola statua in marmo di San
Giovanni Battista di Giuliano Mancino (inizio secolo XVI) e due
medaglioni in marmo.
All'interno
della chiesa sono presenti:
-
Acquasantiera in marmo, risalente al XVI secolo, entrando a destra
-
Madonna con San
Filippo Neri, santa
Lucia e santa Caterina d'Alessandria, tela di Tommaso Pollaci (1788),
sulla parete accanto l'altare maggiore
-
La Madonna in trono tra san
Francesco e santa
Chiara, tela attribuita a Tommaso Pollaci (1788)
-
Crocifisso in legno del secolo XVIII, nel primo altare a sinistra; sul
modello di altri esemplari realizzati da Benedetto Valenza
-
San Francesco d'Assisi, statua lignea del 1912, opera di Giovanni
Piscitello, da Palermo
-
Custodia Eucaristica marmorea di Baldassare
Massa del 1557, indorata da Giovan
Leonardo Bagolino: raffigura il Padre Eterno, san Francesco,
sant'Antonio; alla base Gesù con gli Apostoli nell'Ultima
Cena; si trova nella cappella a destra vicino all'entrata.
-
Madonna delle Grazie o Madonna
greca (1515): dipinto attribuito al pittore palermitano Pietro
Ruzzolone e commissionato da Federico
Enriquez e Anna
I Cabrera, detto ), che rappresenta la Madonna della Grazia con il
bambino Gesù in braccio, ai lati san Francesco d'Assisi e san Benedetto e
in ginocchio tre paggi vicini al conte Federico Enriquez e tre damigelle
accanto ad Anna I Cabrera. Tale dipinto fu oggetto di restauro nel
1855.
Nel primo altare a destra.Ai piedi c'è un'urna in vetro,
in cui si trovano le spoglie del beato Arcangelo da Piacenza, provenienti
dalla Chiesa
di San Michele Arcangelo di Calatafimi e
qui sistemate nel 1961. Su una parete laterale è inoltre visibile la
pietra tombale del beato Arcangelo, con il libro delle Regole e
dell'Ossevanzatra le mani.
-
Sant'Antonio da Padova, statua in legno d'ignoto autore
-
Via Crucis (14 stazioni), opera di Fra
Felice da Sambuca (1785-1786)
-
Statuetta dell'Immacolata del secolo XVIII, in marmo e in stile barocco,
sullo stile di Murillo
-
Santa Lucia, statua in legno policromo d'ignoto autore del XVI secolo;
proviene dalla omonima chiesetta extraurbana
-
Croce lignea con lavori in intarsio di madreperla (1830)
Nella controfacciata ci
sono due monumenti funebri in marmo, realizzati in stile barocco: uno è
quello di Giovan Franceso Aversa, barone di Bellavilla, morto da giovane nel
1649, e l'altro di Leonardo Aversa, barone e presbitero, morto nel 1658. Il Cenotafio,
in stile rococò e
datato 1755, appartiene al barone Nicolò Pastore, padre di Felice
Pastore; le sue ceneri furono esumate e trasferite nella cappella
all'interno della Pia
Opera Pastore dal figlio. Gioacchino
di Marzo documenta una cappella e arco marmorei
commissionati a Giovanni
Battista Vernazza nel 1519,
opere non più esistenti.
Nella
sacrestia si trova una statua lignea raffigurante san
Pasquale Baylon, opera di Giovanni Stellino (1835), mentre nel
convento si trovano una bella statua lignea di Sant'Antonio
Abate (d'ignoto autore locale del XVI secolo) e un'antica tela
di San Bernardino da Siena.
Chiesa
del Santissimo Salvatore
La chiesa,
attigua al monastero Badia Grande (oggi adibito ad
edificio scolastico) era già esistente dal 1300: infatti venne citata in un
documento del 1308 per la riscossione della decima apostolica. Fu
ricostruita a metà del '500 e negli anni 1690-1697; nel 1737 fu restaurata
ed adornata di stucchi e riaperta nel 1759.
Dopo il terremoto
del 1968, la chiesa rimase chiusa per diversi anni a causa dei danni
riportati.
Fino a
qualche anno fa, ogni mercoledì sera si celebrava la Santa Messa in
latino, accompagnata dal canto gregoriano e polifonico del del
coro "Jacopone da Todi". All'interno della chiesa si tengono
inoltre attività culturali connesse al canto sacro e antico in particolare,
grazie all'attività dello stesso coro, che di solito utilizza la struttura
la domenica pomeriggio e il mercoledì sera.
Il
prospetto, con annessi portali e finestre, è in stile classico, sormontato
da un campanile di forma quadrata, con quattro archi a tutto sesto.
L’interno
ha una sola navata con volta a botte e cinque altari. La chiesa è
abbellita da diverse opere, fra cui dieci statue in stucco:
- Due
grandi angeli nel presbiterio e otto statue allegoriche alle
pareti (Religione, Fede, Pazienza, Rinuncia
al mondo, Vigilanza, Felicità, Carità e Speranza)
realizzate nel 1758 da Bartolomeo Sanseverino, allievo del Serpotta.
- Una tela
sull'altare maggiore, raffigurante la Trasfigurazione di Carlo Brunetti
(1759-60).
- Gli affreschi sulla
volta raffiguranti san Benedetto fra una schiera di santi e
l'Agnello sacrificale fra angeli, opere di Carlo Brunetti.
- una
statua in marmo di San Benedetto da Norcia, realizzata da Antonino
Gagini (1545). Il santo è rappresentato nell'atto di benedire e ha
indosso un piviale. Lo scanello presenta le raffigurazioni in
rilievo del Miracolo di San Placido tratto dal fiume e Giovinetto
risuscitato.
- L'Estasi
di Santa Teresa, attribuita a Pietro Novelli, primo altare a destra.
-
L'Assunzione della Vergine, attribuita a Pietro Novelli, primo altare a
sinistra.
-
L'Annunciazione, ovali realizzati da Baldassare Massa.
Nel 1981
gli ovali con l'Annunciazione furono rubati assieme agli altorilievi di san
Michele Arcangelo e san Giovanni Battista; furono poi ricomprati (senza
l'ovale della Madonna) all'asta di Sotheby's di Londra nel 1994
per la somma di 25 milioni di lire, senza considerare le spese di trasporto
e assicurazione, pagate da un comitato di cittadini.
La Custodia
Eucaristica (altorilevo in marmo alto circa 4 metri) è stata
realizzata da Antonino Gagini e Baldassare Massa (1557-558). Il ciborio,
fra 4 angeli inginocchiati, è sormontato da un Crocifisso al di
sopra delle figure di san Giovanni Apostolo, Maria Santissima e
dello Spirito Santo in forma di colomba fra 4 teste di angeli.
Vi sono
inoltre la scena della flagellazione e la figura di san
Giovanni Battista con il battesimo di Gesù, san Michele
Arcangelo nell'atto di sconfiggere Satana, la cacciata degli angeli
ribelli nell'inferno, e infine gli stemmi di Alcamo e
della badessa Margherita di Montesa. Fu lei a fare completare
l'opera cominciata da Gagini a Baldassare Massa (scultore
palermitano) che inserì sette scene della Passione di Cristo, 2 ovali
che rappresentano san Benedetto e il Redentore, e una
raffigurazione del Padre Eterno con braccia aperte. La custodia
marmorea del Santissimo Sacramento fu infine indorata nel 1558 dal
pittore veronese Giovan Leonardo Bagolino, padre di Sebastiano
Bagolino.
Le suore
del monastero provenivano da famiglie nobili; oltre alle pratiche religiose,
le monache creavano opere di artigianato sacro come smaltoplastica, ceroplastica e
forse anche paramenti sacri.
Nel 1567 la
badessa Margherita de Montesa, assieme ad un gruppo di suore, vennero
trasferite nel monastero di San Francesco di Paola (poi chiamato
Badia Nuova) allo scopo di fondare una nuova comunità. Per evitare la
soppressione del monastero a causa delle leggi del 1866, organizzarono delle
attività scolastiche dal 1862 in poi. In particolare le suore gestirono un Collegio
di Civili Donzelle con 3 classi operanti all'interno di esso. Oltre
a leggere e scrivere correttamente, si dedicavano al ricamo, allo
studio dell'aritmetica, la geografia e l'italiano. Nell'ultima classe
studiavano la storia, la musica e il francese. Nella retta pagata dalle
ragazze erano compresi anche i libri, le attrezzature e le eventuali cure
mediche.
Il
monastero venne soppresso nel 1906. Le monache rimaste furono trasferite al
monastero della Badia Nuova. I locali vennero poi utilizzati prima a
caserma, quindi a scuole elementari e asilo, scuola professionale.
Chiesa
di San Francesco d'Assisi
Sebbene
secondo la tradizione storiografica la chiesa fu costruita tra il 1224 e il
1226 dal Beato
Angelo Tancredi da Rieti, compagno di san Francesco, il
documento di acquisizione della chiesa da parte della provincia siciliana,
bollato da papa
Clemente VI, risale al 1348.
Tra
il 1379 e il 1380 subì un rifacimento.
A
partire dal XVI secolo, la chiesa di San Francesco d'Assisi diede il nome ad
uno dei quartieri più antichi di Alcamo assieme agli altri tre quartieri di
San Giacomo de Spada, San Calogero e Maggiore Chiesa.
La
chiesa su soggetta ad un secondo rifacimento tra il 1608 e il 1648, periodo
durante il quale venne prima demolita e poi ricostruita. In questo
periodo venne inoltre ricostruito il convento annesso alla chiesa. Venne
poi ingrandita e abbellita nel 1716.
Al
1916 risale la fondazione nella chiesa della congregazione del Preziosissimo
Sangue di Cristo, alla quale seguì la congregazione della Madonna
della Salute (1944).
In
seguito al terremoto
del Belice del 1968, per riparare ai danni subiti della chiesa e del
convento, venne iniziata l'attività di restauro, che durò dal 1975 al
1976.
I Frati
Minori furono presenti ad Alcamo dal 1348 al 1866 per ritornarci
poi nel 1962. Cominciarono poi ad essere chiamati Conventuali, per decreto
di Papa
Innocenzo III del 1250.
Il
convento, che nel 1612 si estendeva sul tratto del corso 6 aprile adiacente
alla chiesa e a nord di esso, venne riedificato dove si trova oggi. Nel 1866
fu confiscato dal comune e diventò la sede del Convitto degli
Artigianelli nel 1871, quindi ci fu la caserma dei carabinieri e nel 1946-47
la scuola media "N. Navarra"; in seguito i locali furono
utilizzati dall'Istituto Professionale per l'Agricoltura, e oggi da un
plesso della scuola
primaria "Luigi Pirandello".
I
Padri Francescani vi hanno fatto ritorno nel 1962: essi hanno avuto in
affidamento la chiesa, divenuta parrocchia nel 1969, e hanno a disposizione
alcune stanze.
L'interno
della chiesa è ad una navata, con volta a botte, e con una cappella
laterale dedicata all'Immacolata
Concezione. e otto altari. Il campanile annesso alla chiesa e il
portale sono le parti che sono rimaste immutate rispetto al progetto
originale.
Gli
edifici attigui alla chiesa sono il chiostro francescano
e l'Oratorio della "Compagnia dell'Immacolata", fondata nel 1596 e
costituita da "gente civile", "professori e sacerdoti".
All'interno
della chiesa si trovano le seguenti opere:
Sull'altare
maggiore: tela del 1677 di Andrea
Carrera raffigurante San Francesco d'Assisi che chiede
l'Indulgenza della Porziuncola.
Primo
altare sulla sinistra: ancona in
marmo intitolata Madonna col Bambino, ritenuta probabile opera
di Giacomo
Gagini (1568).
Secondo
altare sulla sinistra: la Purità, statua lignea d'autore ignoto
Terzo
altare sulla sinistra: san Francesco d'Assisi, statua in legno
di Giuseppe
Ospedale (1933)
Quarto
altare sulla sinistra: San
Marco, statua in marmo bianco di Antonello
Gagini del 1520.
Quinto
altare sulla sinistra: Crocifisso in
legno del "Preziosissimo Sangue" (opera di ignoto autore del
'600), al quale è fissata una tela ovale raffigurante l'Addolorata,
attribuita al pittore alcamese settecentesco Giuseppe
Renda.
lato
destro dell'abside:
tela del XVII secolo raffigurante la Madonna
della Mercede, in colloquio con un cardinale e
con attorno un gruppo di uomini di colore
Primo
altare a destra (dopo la Cappella dell'Immacolata): statua di san
Massimiliano Kolbe
Secondo
altare a destra: Sant'Antonio, statua in legno d'ignoto autore
Terzo
altare a destra: dipinto su tela dedicato alla Madonna
della Salute, opera del sacerdote Francesco
Alesi (1942)
Quarto
altare a destra: statua in marmo raffigurante Santa
Maria Maddalena scolpita da Antonello
Gagini nel 1520, che riporta alla sua base lo stemma della
famiglia Scalisi, che commissionò l'opera. La statua si trovava
originariamente in una cappella a destra dell'ingresso della chiesa, dove fu
poi costruita la Cappella dell'Immacolata, per cui fu
successivamente spostata.
Inoltre
sulle pareti in alto della navata ci sono 4 dipinti: due rappresentano San
Francesco e le altre due, santa
Chiara e san
Bonaventura.
Nella Cappella
dell'Immacolata è presente il dipinto raffigurante l'Immacolata,
di Giuseppe
Carrera, realizzato nel 1610 e restaurato nel 1980. Nella stessa
cappella fino al 1884 erano presenti 34 quadri dei santi, che vennero
aggiunti nel 1613 grazie ai confratelli della Compagnia
dell'Immacolata Concezione, che su ciascuno di essi avevano fatto
scrivere il proprio nome.
In
una nicchia della
cappella è presente inoltre la statua lignea di Maria
Santissima Immacolata, scolpita nel 1695 dallo scultore trapanese Ignazio
Ingrassia.
Nella
cappella sono presenti inoltre quattro quadri realizzati da Rosalino
la Mattina che raffigurano i momenti salienti della Concezione
di Maria e un altare in marmo realizzato nel 1951 dal castellammarese Giovan
Battista Di Girolamo. Infine, all'interno dell'Oratorio è collocato un
quadro realizzato nel 1888 dal pittore alcamese Nicolò Pizzitola che
raffigura San
Benedetto Giuseppe Labre.
Nel
convento si trovano due dipinti ovali con l'Ecce
Homo e l'Addolorata (probabilmente
del XVIII secolo).
Chiesa
dei Santi Paolo e Bartolomeo
Nel
1533 don Adamo Morfino, in seguito ad una promessa di voto,
iniziò la costruzione di un ospedale per gli infermi e incurabili con
annessa una cappella dedicata a San
Paolo in Conversione, che a quei tempi si trovava alla fine
dell'attuale Corso VI Aprile (allora chiamato "Corso Imperiale"). Tale
costruzione, che era necessaria a causa dell'elevato numero di abitanti che
richiedevano cure mediche, non arrivò ad essere ultimata completamente e
venne chiusa nel 1590 per assenza di fondi.
A
partire dal 1615, venne iniziata la costruzione della chiesa
parrocchiale "San Paolo in Conversione" per volere
dell'allora vescovo di Mazara, ampliando la precedente cappella di San Paolo
in Conversione. Lo stesso vescovo fece costruire, contemporaneamente a
quella di San Paolo in Conversione, la chiesa
della Santissima Trinità che nel 1639 fu aggregata alla prima
per rimediare alla mancanza di rendite.
Nel
1662 venne fondata la congregazione notturna di Santa Maria del Miele, alla
quale partecipavano "uomini di campagna".
Nel
1689 la chiesa fu demolita e ricostruita grazie alle offerte dei fedeli,
ultimando la costruzione nel 1692. Successivamente, essendo ancora
disponibili offerte da parte dei fedeli (in particolare da parte del ricco
possidente Mariano Balli), la chiesa fu ulteriormente ampliata (1702-1705),
portando a termine la costruzione della cupola.
Nel
1765 venne fondata nella chiesa dei Santi Paolo e Bartolomeo la
congregazione del Santissimo Viatico (successivamente chiamata congregazione
del Sacro Cuore di Gesù), alla quale partecipavano "sacerdoti,
gentiluomini, professori, benestanti e artigiani principali".
Tra
il 1775 e il 1809 si procedette all'ultimazione del prospetto, alla
costruzione delle cappelle lateriali del Santissimo Sacramento in fondo e
della Madonna dei Miracoli (patrona della città di Alcamo) e di
un'antisagrestia. Durante questo periodo (precisamente nel 1778) fu
inoltre collocato un orologio in rame nel campanile sulla
facciata a sinistra (guardando dall'esterno), che fu sostituito nel
1846 con uno in acciaio e definitivamente rimosso nel 1910 in quanto
non più funzionante. Nel 1916 fu poi restaurato l'altro dei campanili
sulla facciata.
Dopo
il terremoto
del Belice del 1968, vennero svolte delle opere di restauro sulla
facciata, eliminando la calce e
lo stucco che
erano stati aggiunti durante altre manutenzioni svolte in passato.
La
chiesa, con pianta
a croce latina, presenta tre navate,
a ognuna della quali è associata una porta sul prospetto (una
centrale e due laterali).
Sulla
facciata, realizzata su disegno del 1782 di Emanuele
Cardona, sono visibili due campanili, dove sono collocate 4 campane del
peso complessivo di 20 quintali, delle quali una era utilizzata per il
funzionamento dell'orologio non più esistente.
Le
navate sono divise da due file di quattro colonne monolitiche di marmo rosso
del monte
Bonifato poggiate su basi di forma quadrangolare. L'abside presenta
una finestra
ad occhio, dove nel 1927 venne aggiunta una croce in ferro battuto.
Nella
chiesa si trovano il battistero (decorato
da Carlo Brunetti), entrando sul lato sinistro, e due altari sulle navate
minori:
-
altare della Madonna dei Sette Angeli, a destra; Sette Arcangeli tela
realizzata da Giuseppe
Felice nel 1703;
-
altare di San Bartolomeo, a sinistra; tela dipinta da Narciso
Guidone nel 1616.
Si
trovano inoltre le seguenti cappelle:
-
cappella del Santissimo
Crocifisso e cappella della Madonna
del Miele sul transetto;
-
cappella del Santissimo
Sacramento e cappella della Madonna
di Pompei accanto al presbiterio.
Sull'abside
si trova un dipinto su tela, raffigurante i Santi Paolo e Bartolomeo,
realizzata da Giuseppe
Felice nel 1701. Nella cappella della Madonna del Miele si
trova un dipinto della Madonna
del Miele risalente al 1300 circa,
che è il più antico dipinto che si trova ad Alcamo. Tale dipinto
proviene dalla chiesa
di Santa Maria della Stella (che fu la prima chiesa
madre di Alcamo) ed è attribuito a Barnaba da Modena.
La
realizzazione degli stucchi all'interno della chiesa è dovuta a Vincenzo e Gabriele
Messina, mentre gli affreschi sono opera di Antonio
Grano.
Nella
sacrestia della chiesa è conservata una tela del Sacro
Cuore di Gesù, opera di Giuseppe
Carta del 1858, e una statua del Sacro Cuore di Gesù,
scolpita nel 1932 da Giuseppe Ospedale per conto della Congregazione che
porta lo stesso nome: veniva portata in processione a fine luglio.
Nell'antisagrestia c'è una tela di Giuseppe
Carrera realizzata nel 1610 e che raffigura san
Nicolò da Tolentino inginocchiato davanti a un altare e dentro
una stanza buia, e il Simulacro ligneo della Madonna del Miele, scolpito nel
1846 dall'alcamese Giovanni Stellino. Veniva venerato sull'altare fino
al 1903 ed è stato restaurato pochi anni fa da Rosa Maria Puma.
Nell'ufficio
ci sono:
-
Madonna dei Miracoli, pittura su zinco
-
Scaffarrata barocca in
legno: con dentro un Bambino
Gesù che tiene la mano destra sul petto, e con l'altra mano
sostiene un cuore di colore rosso sangue. Ha tre collane al collo, una di corallo,
una di perle e una d'oro con crocifisso.
Ai due lati ci sono due angeli.
Madonna
dell'Aiuto (fine 800): quadro devozionale donato nel 1983 dagli eredi della
signorina Girolama Monticciolo, nella cui casa ogni sera si recitava il
Rosario. Presenta un'immagine (in bianco e nero) della Madonna con Gesù
Bambino in braccio; ai due lati sono fissati alcuni gioielli, come ex-voto,
mentre sul capo della Madonna e di Gesù ci sono due corone in bassorilievo
e uno stellario.
Chiesa
di Sant'Oliva

La
fondazione della chiesa di Sant'Oliva risale al 1533. Inizialmente la
chiesa era divisa in tre navate, in stile gotico-catalano.
Nel 1687
venne fondata nella chiesa la congregazione notturna dei Sette Dolori,
costituita da artisti.
Nel 1724 la
chiesa venne ricostruita nelle forme attuali, a pianta longitudinale con
un'unica navata, su disegno dell'architetto trapanese Giovanni Biagio
Amico.
Dopo la sua
edificazione, tale chiesa diede il nome alla piazza in cui si affaccia (dal
lato dell'ingresso principale), che venne chiamata piano Sant'Oliva. Nel
XVII secolo la piazza venne allargata con la costruzione della Ex
Chiesa di Santa Maria dello Stellario (ultimata nel 1625) e
successivamente della chiesa del collegio dei gesuiti (1684).
Probabilmente durante questo periodo la piazza viene ridenominata in
"piazza Maggiore": tale nome rimase fino al 1875, quando venne
cambiato nell'odierna denominazione piazza Ciullo.
Nel 1927
venne fondata nella chiesa la congregazione di Santa Rita, a cui seguì
nel 1933 la congregazione di Maria Santissima Addolorata. Nel 1949
inoltre l'Azione Cattolica ha iniziato la sua attività all'interno
della chiesa.
Nella notte
fra il 7 e 8 agosto del 1987, un incendio divampò nella chiesa distruggendo
il soffitto, che venne ricostruito dopo alcuni anni grazie all'attività
della Sovrintendenza ai Beni culturali per la Sicilia.
Nel 1990
sono stati svolti diversi restauri delle opere all'interno della chiesa, tra
cui sculture, dipinti, i due organi lignei, cornici in stucco dorate e
alcuni arredi in legno.
Pianta
della chiesa di Sant'Oliva
A: porta principale
B: porta laterale
C: uscita dalla parte del campanile
D: entrata della sagrestia
E: uscita secondaria
1-4: cappelle nella navata sinistra
5: abside
6-9: cappelle nella navata destra. |
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La chiesa
è provvista di due portali: quello principale si affaccia sulla piazza
Ciullo, mentre il portale laterale, al di sopra del quale è posizionata una
statua di sant'Oliva, si affaccia su corso VI Aprile. Inizialmente era
presente un portale principale risalente al 1572. Dopo l'acquisizione di
alcuni fondi in concomitanza con il Giubileo del 2000, entrambi i
portoni della chiesa vennero sostituiti con altri due in bronzo dorato
realizzati dall'architetto Vincenzo Settipani, che rappresentano Gesù
che entra nel Cenacolo a porte chiuse (sull'ingresso principale) e L'ingresso
di Gesù a Gerusalemme (sull'ingresso laterale).
Su un
angolo della chiesa attiguo al corso VI Aprile si innalza la torre
campanaria, sprovvista di cuspide.
La chiesa
contiene al suo interno altari di marmi policromi opera di Mariano e Simone
Pennino. Le pareti sono ornate da stucchi creati da Gabriele
Messina nel 1756 e da Francesco e Giuseppe Russo nel 1771.
Sull'altare
maggiore è collocata una tela intitolata Le anime del Purgatorio
liberate per il sacrificio della messa, dipinta nel 1639 da Pietro
Novelli su commissione dei congregati del Purgatorio.
All'interno
della chiesa sono inoltre collocate le seguenti sculture:
-
L'Annunciazione, gruppo marmoreo scolpito nel 1545 da Antonino e Giacomo
Gagini, proveniente dalla chiesa dell'Annunziata; Fonte
battesimale di Salvatore Occhipinti del 1947
- la statua
di sant'Eligio in marmo bianco di Carrara, scolpita da Filippo
Pennino nel 1776 su commissione dei confrati di Sant'Eligio; prima
del 1577 l'altare di Sant'Eligio apparteneva alla Maestranza dei fabbri
ferrai;
-
Crocifisso in legno, realizzato da Giovan Pietro D'Angelo di
Erice: dal 1954 vi si trova anche la statua lignea dell'Addolorata di Lorenzo
Curti;
- Madonna
del Rifugio, statua in marmo probabile opera di Filippo Pennino;
- la statua
in marmo dedicata a sant'Oliva, opera di Antonello Gagini del 1511, commissionata
dai confrati di Sant'Oliva;
- la statua
di san Giuseppe con il Bambino Gesù, collocata nell'altare
appartenente alla Maestranza dei falegnami (o "fabri lignarii") e
alla Maestranza dei bottai; la creazione di tale statua è attribuita a Girolamo
Bagnasco a metà dell'Ottocento;
- la statua
lignea di Maria Santissima dei Miracoli, opera di Luigi Santifaller
(1949).
- la statua
lignea raffigurante santa Rita, opera di Luigi Santifaller (1962);
- la statua
in marmo di san Luca, opera dei Gagini;
- la statua
in marmo di sant'Angelo, anch'essa opera dei Gagini;
- Due
acquasantiere, ai lati dell'entrata, opere di Mariano Pennino (1774)
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