Alcamo
(Trapani)
  

 

Cuba delle Rose

La Cuba delle Rose di Alcamo è una cisterna araba che risale a circa mille anni fa e si trova a circa 300 metri dal lato nord/ovest del Castello di Calatubo.

Il termine Cuba potrebbe provenire dall'arabo qubbah, da cui la parola siciliano cubba, cupola che ricopre un serbatoio per la raccolta delle acque o sorgente. È una particolare costruzione di origine araba che ha resistito al passare dei secoli, che ancora oggi raccoglie le acque di una sorgente antidistante e che rappresenta un'opera molto importante dal punto di vista archeologico e architettonico, unica nel suo genere in Sicilia; è infatti una delle rare costruzioni tuttora esistenti aventi alcune caratteristiche tipiche dei “dammusi”, a forma quadrata e con un tetto simile a una cupola, utilizzate per raccogliere le acque piovane.

Le cube, come le gebbie, la saie, li gibbiuna, li cunnutta d'acqua, i wattali e i mulini, sono la riprova di una tradizione culturale e tecnologica di immenso valore storico, che deve essere recuperata e salvaguardata dall'oblìo.

L'edificio era la fonte di rifornimento d'acqua per gli abitanti che risiedevano nel distretto medievale di Calatubo: le acque di una vicina sorgente venivano convogliate per mezzo di particolari canali di scolo dalle stesse funzioni dei qanat persiani, un sistema di condutture di origine araba che, grazie a delle pendenze, faceva riaffiorare l’acqua nel serbatoio. La fontana è composta da una camera interna contenente l’acqua, comunicante con una vasca esterna (bevaio animali grossa taglia) che a sua volta, un tempo, riportava le acque in eccesso ad altri piccoli bevai (per animali di stazza minore) ormai perduti per sempre. I bevai, frutto dell'esigenza di diverse attività di allevamento, vennero costruiti in epoche successive allo spopolamento dell'abitato di Calatubo, dovuto alla fuga forzata dei contadini saraceni a causa della pulizia etnica condotta da Federico II.

Secondo antiche testimonianze e leggende, un giardino e un folto palmeto circondavano la Cuba: le palme davano l’ombra, rinfrescando durante la calda estate e rendendo possibile la coltivazione di alberi da frutto e ortaggi, introdotti nel territorio.

Il giardino di tipo arabo rivela un grande simbolismo: aveva una forma rettangolare e l’area circondata da muri e divisa in quattro parti (come i quattro elementi sacri, cioè il fuoco, l'aria, l'acqua e la terra); esso è attraversato da canali d’acqua, con una fontana collocata al centro.

I lavori di restauro facevano parte del Piano Triennale delle Opere Pubbliche 2012/2014 e sono stati finanziati attraverso il GAL (gruppo di azione locale) "Golfo di Castellammare", con il contributo del Comune di Alcamo (per il restauro, il consolidamento e la riqualificazione del sito), sfruttando il P.S.R. Sicilia 2007-2013 (Programma Sviluppo Rurale), riguardante la tutela e la riqualificazione del patrimonio rurale.

Scopo finale del restauro è stato quello di riattivare l'utilizzo dello stesso impianto, assieme a quello di mantenere viva la memoria dell'antica comunità, salvaguardando la protezione del bene ai fini del pubblico utilizzo. Dopo questi lavori la cuba è divenuta un luogo di richiamo per i turisti.

Una leggenda legata alla Cuba delle Rose, racconta di un giardino lussureggiante nei pressi del Castello di Calatubo: nei primi anni del 1700, qui c’era il roseto della baronessa Donna Gaetana De Ballis, ultima baronessa della nobile famiglia proprietaria del castello di Calatubo e del feudo dal 1584, e moglie di Giuseppe Papè Principe di Valdina e Protonotaro del Regno.

La bellissima Gaetana fu sposata dal principe Papè (molto più grande di lei) per puro interesse, priva del vero amore, riversò tutto il suo affetto verso suo figlio Ugo Papè che ben presto fu indirizzato dal padre a prendere i voti diventando uno dei più grandi vescovi della diocesi di Mazara del Vallo (ancora oggi ricordato per le sue opere).

Ancora una volta priva dell'amore, la baronessa, divenuta principessa all'atto del matrimonio, riversò tutto il suo affetto verso le sue amate rose, da lei coltivate segretamente per non farsi vedere dalle cortigiane e dai residenti; secondo la leggenda esse fiorivano solo di notte e in sua presenza, e da quando lei morì, nel 1769, le rose smisero di fiorire. Ma si racconta: che ogni anno, la notte del 19 febbraio, il suo fantasma, con un candeliere in mano esce dal Castello di Calatubo per recarsi in giro per la Cuba in cerca dei suoi amati fiori.

Altre leggende sono legate all'antico serbatoio arabo; si dice anche che la Cuba fosse nota per la sua riconosciuta peculiarità di profetizzare l'incombente nefasto futuro, tramite i riflessi della luna piena nello specchio delle sue limpide acque.

Un'altra antichissima leggenda rievoca la storia dell'eterno amore tra due giovani nobili legati a baronie di fazioni opposte, durante il tremendo periodo (1300) delle fratricide guerre baronali per la gestione dei feudi. Una storia d'amore e di morte che non ha nulla di meno della più nota storia di Giulietta e Romeo.

Geosito Travertino della Cava Cappuccini

Fin dal 2010 il Ministero dell’Ambiente, attraverso l’ISPRA (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) aveva inserito il geosito delle ex cave Cappuccini nell’elenco ufficiale dei geositi italiani.

Con decreto del 1 dicembre 2015, l'Assessorato Regionale del Territorio e Ambiente ha istituito questo geosito, riconoscendolo come geosito di tipo Paleontologico/Stratigrafico di rilevanza Mondiale.

L'area del geosito è formata dalla parete di cava e da una stretta fascia all'inizio della stessa.

Le cave di travertino sono state recuperate alcuni anni fa, grazie al finanziamento con i fondi europei del Por-Fesr 2007/2013. Il progetto di riqualificazione, e la prevista realizzazione di un Anfiteatro a servizio della Cittadella dei giovani nella zona Orto di Ballo, avevano messo in pericolo parte del geosito paleontologico; dopo le proteste del Comitato cittadino Difendiamo il Geosito Cave Cappuccini, il progetto originario è stato modificato nel novembre 2014, allo scopo di tutelare l'area interessata.

Tra le modifiche al progetto precedente, ci sono dei lavori tendenti a ridurre l’impatto visivo dell’anfiteatro alla distanza di sei metri dalle pareti della cava: la gradinata andrà quindi ad appoggiare sulla scarpata naturale che già esisteva a sud.

Le cave di travertino poste a Nord dell'abitato di Alcamo sono un sito molto importante per la paleontologia sia perché il travertino risale al Pleistocene sia perché ha interessanti caratteristiche geologiche e morfogeologiche; grazie al grande numero di reperti fossili scoperti, esso dà la possibilità di ricostruire le vicende geologiche di quest'area.

Fin dai primi anni del '900 venivano raccolti e portati all'università di Palermo curiosi resti /ossa fossili provenienti dalle cave di travertino alcamesi. Una scatola contenente questi reperti è conservata presso il museo paleontologico di Palermo e riporta con provenienza Cava di Fontana della Pietra. Migliaia invece sono le sfere calcaree raccolte negli anni dei cavatori ed utilizzate per farne curiosi "souvenirs"; solo il ritrovamento più recentemente del calco del carapace di una grossa tartaruga ha permesso di associare queste "strane" sfere calcaree a quello che in effetti sono, calchi di uova di tartaruga gigante, ritrovate spesso nello posizione naturale della deposizione, raccolte cioè a grappolo. Alla fine del 1984, infatti, nella cava della cooperativa "Siciltravertino" in contrada "gammara", è stata trovata l'impronta o il calco del carapace di una grande tartaruga, Geochelone sp, della lunghezza di metri 1,15, e alcune uova: questi due reperti fossili sono conservati presso il Museo di paleontologia e geologia Gaetano Giorgio Gemmellaro di Palermo. La tartaruga, pure presente nel Pleistocene di Malta, richiama quelle che tuttora vivono numerose ad Aldabra, un grande atollo e riserva naturale protetta, situato vicino alle Seychelles.

Il geosito di Alcamo ha portato anche al ritrovamento dello scheletro di un elefante nano, Elephas falconeri, (e anche delle sue zanne, denti e crani); nel 1985 il professore Giorgio Belluomini, esperto del C.N.R., utilizzando il metodo della racemizzazione degli aminoacidi sui denti del fossile, ha scoperto che questo elefante nano risale a 260.000 anni fa.

Nel travertino sono stati scoperti anche degli esemplari di ghiro gigante, cervo nobile, Cervus elaphus, e cinghiale, Sus scrofa, conservati al Museo Civico Torre di Ligny di Trapani.

Il sito ha reso possibile stabilire la datazione esatta degli Elephas in Sicilia perché in una spaccatura del travertino sono stati scoperti i resti di un elefante di media grandezza, l'Elephas mnaidriensis, dapprima considerato erroneamente il progenitore dell'elefante nano.

Basilica Santa Maria Assunta

La basilica di Santa Maria Assunta (detta anche chiesa madre o matrice) è una basilica di origine trecentesca, intitolata all'Assunta.

Sorge nel pieno centro cittadino, a due passi da piazza Ciullo.  

La prima chiesa madre di Alcamo, posizionata nel versante nord del quartiere di San Vito, fu dedicata prima a Santa Maria Fonte della Misericordia (1200) e successivamente alla Madonna della Stella. Tale chiesa è ancora esistente sotto il nome di Santa Maria della Stella, sebbene in stato di abbandono.

Nel 1332 i residenti dal quartiere di San Vito si spostarono vicino al castello dei conti di Modica, per cui venne costruita una nuova chiesa madre, dedicata a Maria Santissima Assunta in Cielo, in corrispondenza del luogo dove sorge la chiesa madre attuale. Tale chiesa, aperta al culto nel 1402, era costruita in stile gotico-catalano a tre navate e presentava un soffitto ligneo e cappelle laterali non allineate. Venne ampliata e modificata negli anni 1471, 1530-1558 e 1581. Di questa costruzione originaria rimangono visibili il campanile a finestre bifore (restaurato nel 1942), la cappella della sacra spina e il fonte battesimale.

Intorno al XVI secolo diede il nome ad uno dei quattro quartieri in cui era divisa la città di Alcamo, in particolare il quartiere detto "Maggiore Chiesa".

Nel 1602 fu fondata all'interno della chiesa la compagnia di Santa Maria dello Stellario, costituita da "villani" e macellai, trasferita nella Chiesa dello Stellario nel 1625.

La chiesa fu ricostruita nel 1699 per opera di Giuseppe Diamante e Angelo Italia (architetto della compagnia del Gesù), mentre la facciata neoclassicheggiante risale al 1786 per opera di Emanuele Cardona e su progetto dell'architetto Francesco Alessandro.

Al 1918 risale la fondazione nella chiesa madre della congregazione delle sacramentine, alla quale seguirono la congregazione delle orsoline (1919) e la congregazione delle assuntine (1936).

Fino alla prima metà del '900 la superficie della cupola era rivestita da piastrelle in maiolica, successivamente sostituite da lastre in rame. Nell'anno mariano 1954, che corrisponde al centenario dell'introduzione del dogma dell'Immacolata Concezione, è stata collocata sul campanile una statua raffigurante la madonna alta 3 metri.

Nel maggio 1969 la chiesa di Santa Maria Assunta fu elevata da papa Paolo VI alla dignità di basilica minore.

Nel 2015, in concomitanza con il Giubileo straordinario della misericordia, la chiesa madre di Alcamo è stata proclamata "Porta santa" della città di Alcamo assieme al santuario della Madonna dei Miracoli.

Nella villetta adiacente alla Basilica, a partire dal XV secolo è esistito un cimitero con fosse comuni per le persone povere, un altare dove si celebrava la Messa in periodi di epidemie e una croce di pietra con una fiuredda (cioè un'edicola) consacrata alla Madonna della Pietà. Nel Novecento è diventato una pubblica villa, dove nel 1929 vi fu collocato il monumento ai Caduti, realizzato dallo scultore Bentivegna di Sciacca.

La chiesa presenta una pianta basilicale a tre navate, divise da due file di colonne con fusti monolitici di marmo rosso estratto dal vicino monte Bonifato. Gli stucchi sono opera della famiglia Curti, mentre il pavimento fu realizzato su disegno dell'architetto Giuseppe Patricolo.

All'interno della chiesa sono presenti 38 affreschi dipinti da Guglielmo Borremans; in particolare i tre affreschi sulla volta, realizzati dal Borremans nel 1735, raffigurano l'"Assunzione della Vergine con la Trinità e i Santi Anna e Gioacchino, Giuseppe, Giovanni Battista, Davide e i patriarchi, cherubini, angeli e arcangeli" (nel primo vano), "Incoronazione della Vergine con in petto il verbo eucaristico, la Trinità e angeli" (nel secondo vano) e "Madonna Regina coronata e sedente fra nubi con lo scettro in mano con alla destra San Pietro e alla sinistra San Paolo e in basso santi e sante fondatori degli ordini religiosi e monacali, tra cui Santa Rosalia" (nel terzo vano).

Oltre agli affreschi, si trovano altri dipinti del Borremans, in particolare:

- Nozze di Cana e Moltiplicazione dei pani e dei pesci (nelle pareti laterali della cappella del Sacramento)

- Fede cattolica assistita dal Paracleto, coronata da fiori e portata in trionfo (nella volta della cappella del Sacramento)

- Quattro evangelisti coi loro simboli in atto di scrivere un motto del Vangelo in onore di Maria (nei vani sovrastanti i pilastroni marmorei)

- Angeli con insegne pontificali e Cattedra di Pietro sorretta dai quattro animali dell'apocalisse (nella volta della cappella di San Pietro)

- Melchisedech che benedice AbramoMosè e il passaggio nel mar rossoElia che fa scendere il fuoco sull'altare e Pontefice ebreo sedente sulla cattedra di Mosè ed assistito dai suoi sacerdoti, dinanzi a cui prostrati i lebbrosi scoprono le loro piaghe (nel vano laterale sotto il cornicione della cappella di San Pietro)

- Gruppo di angeli con strumenti della passione e Arcangelo Michele con la croce splendente e circondata di serafini (nella volta della cappella del Crocifisso)

- Morte di AbeleSacrificio di AbramoStoria del serpente di bronzo e Morte di Sansone (nel vano laterale sotto il cornicione della cappella del Crocifisso)

- Vergine con in petto il verbo eucaristico e sul capo lo Spirito Santo in forma di splendida fiamma e angeli prostratiVergine in gloria alla destra del divin figlio che le porge il suo scettro e Paracleto in forma di colomba fra due angeli che spargono rose in attesa della vergine, sposa diletta (nella volta del cappellone maggiore)

- Giovanni, l'estatico di Patmos, l'angelo con canna d'oro indicante la Gerusalemme celeste in oro e gemme con l'albero della vita, illuminata dalla luce dell'agnello divino (nella parete interna sovrastante la porta maggiore)

- Abigaille che placa l'ira di Davide contro Nabal suo marito e Booz che fa dono del frumento a Ruth moabita (nella cappella della Madonna del Rosario).

La chiesa conta 5 cappelle nella navata sinistra, 6 nella navata destra e altre 6 nella zona vicino all'abside. In passato, le cappelle erano di proprietà delle famiglie alcamesi, che avevano il compito di custodirle e abbellirle. Le cappelle venivano inoltre utilizzate dalle famiglie proprietarie come luogo di sepoltura. Le famiglie proprietarie erano tutte nobili, tranne la famiglia Abbati.

Pianta della Basilica di Santa Maria Assunta

A: porta principale

B: porte laterali

C: uscita dalla parte del campanile

D: entrata della sagrestia e del museo d'arte

1-6: cappelle nella navata destra

7: transetto a destra

8, 9, 11, 12: cappelle nei pressi dell'abside

10: abside

13: transetto a sinistra

14-18: cappelle nella navata sinistra.

Entrando nella chiesa, nella navata destra, si trovano nell'ordine:

1. Cappella del Privilegio: appartenuta alla famiglia Mastrandrea. Contiene l'ancona di marmo scolpita da Antonello Gagini nel 1519, con il trittico della Madonna tra i Santi Filippo e Giacomo e la Dormitio Virginis in predella e due dipinti su tela di San Carlo Borromeo e San Filippo Neri risalenti al XVII secolo. In particolare, la tela di San Filippo Neri è stata dipinta nel 1637 da Francesco Minutilla e originariamente si trovava nella Chiesa di Santa Maria del Soccorso.

2. Cappella di Santa Lucia: appartenuta alla famiglia De Ballis. Contiene due sarcofagi di Giovannello De Ballis (fondatore della cappella) e del figlio Graziano De Ballis e i due ritratti di Don Giovanni e del fratello Giuseppe De Ballis, risalenti alla prima metà del XVII secolo e attribuiti a Filippo Paladini.

3. Cappella dei Santi Crispino e Crispiniano: contiene un dipinto su tela di Santi Crispino e Crispiniano realizzato nel 1776 da Tommaso Pollaci.

4. Cappella del Crocifisso: contiene il Crocifisso dell'Abbondanza, realizzato da Antonello Gagini tra il 1519 e il 1523. Quest'ultimo è un crocifisso realizzato in mistura, copia di un altro crocifisso che si trova nella Chiesa di San Domenico a Palermo, realizzato dalla famiglia Matinati.

5. Cappella della Madonna di Fatima: con la statua lignea di L. Santifaller (1949), contiene un dipinto su tela che raffigura la Madonna delle Grazie realizzato da Giovan Leonardo Bagolino (padre di Sebastiano Bagolino) nel 1566. Tale dipinto proviene dalla chiesa della Madonna del Soccorso.

6. Cappella Don Rizzo: fu realizzata su progetto dell'architetto Paolo Portoghesi e inaugurata nel 1995. Contiene un'opera di architettura moderna dedicata a don Giuseppe Rizzo (fondatore dell'oratorio salesiano e dell'omonima Banca) e le sue spoglie.

Nella zona in prossimità dell'abside si trovano:

7. Cappella del Sacro Cuore di Gesù, statua lignea del 1955 di Luigi Santifaller, collocata sul transetto destro.

8. Cappella della Sacra Spina (chiamata in passato "cappella dello Spirito Santo"): costruita nel 1430 per volere di Palma de Gambono e poi tramite matrimonio passata alla famiglia Marcanza (proprietari della Chiesa di San Tommaso apostolo). Venne murata nei primi del '700 e riaperta successivamente nel 1958. Oltre all'affresco della Pentecoste realizzato da autore ignoto, vi si conserva un reliquiario d'argento del 1636, contenente la "sacra spina". Si dice che essa appartenesse alla corona di spine di Gesù Cristo e che fu portata ad Alcamo nel 1535 da Carlo V. Secondo il racconto, la spina pervenne assieme ad altre due; tutte e tre vennero fatte bruciare dal vescovo di Mazara Girolamo de Terminis e solo una restò intatta, dimostrando così la sua autenticità.

9. Cappella del Santissimo Sacramento: contiene il dipinto dell'Ultima Cena realizzato dal trapanese Giuseppe Carrera nel 1614, su commissione dei confrati del Santissimo Sacramento.

10. Abside: contiene il dipinto su tela dell'Assunta (1605), attribuito al pittore fiammingo Franz Van Castel (Francesco da Castello) e il coro ligneo, realizzato nel 1748.

11. Cappella della Madonna dei Miracoli: contiene la statua in legno della Madonna dei Miracoli, realizzata da Lorenzo Curti nel 1720. La statua viene portata in processione durante i festeggiamenti della Madonna dei Miracoli, che si svolgono nel mese di giugno. Quella della Madonna dei Miracoli, patrona di Alcamo, è la festività più importante di Alcamo.

12. Cappella di Sant'Anna: con i due sarcofagi dei fratelli Giovanni e Giuseppe De Ballis, risalenti ad XVI secolo.

13. Cappella di San Pietro, sul transetto sinistro: contiene un altare, la statua in marmo con dorature di San Pietro, realizzata da Giacomo Gagini nel 1586, e il corpo di San Vincenzo martire. Accanto all'altare, dal lato della cappella di San Pietro, è presente inoltre una cripta, un tempo visitabile, dove venivano seppelliti i sacerdoti.

Nella navata sinistra si trovano invece (partendo dalla cappella più vicina all'altare):

14. Cappella di San Francesco: contiene l'affresco della Madonna della Neve realizzato da autore ignoto alla fine del XIV secolo.

15. Cappella dei Quattro Incoronati: contiene il dipinto su tela dei Quattro Santi, realizzato da Filippo Randazzo nel 1737; tale cappella apparteneva alla Maestranza dei muratori, fondata nel 1548;

16. Cappella della Madonna di Trapani (o Madonna delle Grazie): contiene la statua in marmo della Madonna col Bambino, opera di Giuseppe Marino del 1730 e il bassorilievo della Dormizione della Vergine (o Dormitio Virginis o Transito della Vergine), realizzato nel 1529 da Antonello Gagini.

17. Cappella della Madonna del Carmine: contiene due dipinti su tela di Guglielmo Borremans e la statua in legno della Madonna del Carmelo, realizzata tra la fine del XVII secolo e gli inizi del XVIII secolo.

18. Cappella della Madonna del Lume: appartenuta alla famiglia Abbati. Contiene un fonte battesimale in marmo, opera di Antonello Gagini, risalente all'inizio del XVI secolo e il dipinto su tela della Madonna del Lume, opera di Giuseppe Renda, risalente alla fine secolo XVIII.

Nella sagrestia sono presenti opere attribuite a Bartolomeo Berrettaro, quali la statua della Madonna del Soccorso e la lunetta del portale dell'ex chiesa del Soccorso. Sempre al Berrettaro è attribuita la porta cinquecentesca del campanile eseguita nel 1499. Gioacchino di Marzo documenta tale manufatto marmoreo con raffigurazioni dell'Annunciazione, la Madonna con bambino fra gli apostoli Pietro e Paolo e la Crocifissione apicale quale espressione del rinascimento siciliano, committente Stefano Adragna. Un altro portale documentato come varco d'accesso alla sagrestia e datato 1500 riporta decorazioni fitoformi sui pilastri laterali.

Sulla navata sinistra della chiesa si apre una porta che conduce alla sagrestia e al museo d'arte sacra. Quest'ultimo è stato allestito nel 2010 per volere del vescovo di Trapani e contiene al suo interno moltissime opere pittoriche, scultoree e d'oreficeria provenienti dalle chiese alcamesi, risalenti al periodo che va dal XV al XIX secolo, per un totale di 150 opere disposte in uno spazio di 400 metri quadrati, ricavato dall'ex oratorio del Santissimo Sacramento annesso alla basilica. Tali opere erano state messe al riparo nella chiesa e nei locali attigui da monsignore Vincenzo Regina, dopo il terremoto del Belice del 1968 che aveva reso molte chiese inagibili.

Chiesa di Santa Maria della Stella

La chiesa di Santa Maria della Stella (originariamente chiamata Santa Maria della Misericordia) è una chiesa ormai ridotta in rudere e totalmente abbandonata..

Secondo un'iscrizione del secolo XVII, riportata in corrispondenza dell'angolo inferiore destro dell'affresco di Santa Maria della Stella (oggi collocato all'interno della Chiesa di Santa Maria del Rosario o di san Domenico), la chiesa di Santa Maria della Stella fu edificata prima del 1130, in concomitanza con l'ampliamento urbanistico del casale di Alcamo verso nord.

Nel 1221 la chiesa venne ingrandita dagli antenati delle famiglie De Ballis, Comes, Gentilis e Maurici. Venne poi consacrata come chiesa madre di Alcamo nel maggio del 1313 dal vescovo della diocesi di Mazara Gotofredo Roncione, nel giorno dell'Ascensione.

Successivamente il centro della città si spostò più a sud, per cui nel 1332 si iniziò la costruzione della nuova chiesa madre dedicata a Santa Maria Assunta, che terminò nel 1402; nello stesso anno dunque terminò la dedicazione della chiesa di Santa Maria della Stella come chiesa madre.

Nel XV secolo la famiglia Comes e Gentiles assegnò ai padri Domenicani il terreno adiacente alla chiesa per costruirvi un convento, con giardino e orto. Nel 1427 il domenicano padre Geremia viene ad Alcamo per visitare i conventi e stabilire una riforma generale.

Nel 1604 la confraternita del Rosario si associò ai domenicani e insieme stabilirono di festeggiare a proprie spese il giorno festivo in onore della Madonna del Rosario. Constatata la distanza che separava il convento dal centro abitato, i padri pensarono di costruire un nuovo convento ed una nuova chiesa dedicata alla Madonna del Rosario nell'attuale sede della via Giovanni Amendola, abbandonando il vecchio convento nel 1660. Nel 1661 trasferirono dunque nella chiesa del Rosario l'immagine della Madonna della Stella con tutto il muro.

Nel 1706 i gesuiti chiesero ai giurati della città la concessione dell'ex convento dei domenicani (detto "il vecchio" e ridotto in deplorevole stato di abbandono) per potervi fare una casa di ritiro spirituale, dove praticare gli esercizi di "Sant'Ignazio di Loyola". L'ex convento, una volta ristrutturato, poteva ospitare 40 persone e da quel momento venne chiamato "il Ritiro" dagli alcamesi.  

Di questa antica costruzione rimane il suo unico portale in calcarenite travertinoide di stile trecentesco, con arco a sesto acuto nello stile gotico-chiaramontano. Secondo un atto notarile del 1582, il portale della chiesa fu costruito originariamente all'inizio del XIV secolo. Successivamente la chiesa passò alla famiglia Diana, che sostituì il vecchio portale con quello attuale; in questo modo si spiega la presenza dello stemma dei Diana in corrispondenza della sommità di uno dei capitelli ai lati del portale. Dunque il portale attuale risalirebbe tra la seconda metà del XIV secolo e i primi del XV secolo.

Il dipinto della Madonna della Stella, affresco che era contenuto al suo interno, è attribuito a Tommaso De Vigilia da Gioacchino Di Marzo e secondo lo stesso storico risalirebbe al 1464. Rappresenta la Vergine con in braccio il bambino Gesù in atto di allontanare con una mano il velo che le copre il seno. Gli angeli che la circondano sono stati aggiunti successivamente; l'immagine reca la scritta in basso a destra "dipinto nel 1130". Nel 1661 tale dipinto fu portato nella chiesa del Rosario. Esso risulta molto danneggiato, sbiadito e mancante di un occhio.

Era inoltre presente all'interno della chiesa il dipinto della Madonna del Miele del 1300 che fu trasferito nella chiesa dei Santi Paolo e Bartolomeo. Tale dipinto è attribuito a Barnaba da Modena ed è considerato il più antico dipinto presente ad Alcamo.

Chiesa di Santa Maria del Soccorso

È una delle chiese più antiche di Alcamo, essendo stata fondata nel 1470 (essendo citata in un testamento di Nicolò Bonanno dell'8 maggio 1470 presso il notaio Giorgio Rogerio) probabilmente da un gruppo di mercanti di Genova, che facevano parte della confraternita di Maria santissima del Soccorso.

Questa chiesa faceva parte del complesso di un convento, restaurato nel 1654 dai padri Filippini, in quanto era un convento dell'Ordine di San Filippo che nel 1802 vendette l'intero complesso alla famiglia Rocca e Filippi assieme alla stessa chiesa del Soccorso che era la cappella del convento, e poi divenne la cappella padronale dei Rocca; tale cappella poi fu donata dalla stessa famiglia alla curia nel primi anni del 1900.  

Originariamente era in stile gotico e con tre navate ma la sua forma diventò ellittica nel corso della ricostruzione avvenuta nel 1736, allorché venne demolita, ricostruita e decorata con diversi stucchi realizzati da Nicolò Curti fratello di Lorenzo Curti che scolpì la statua lignea di Maria Santissima dei Miracoli di Alcamo.

Il portale centrale, in pietra bianca, con lo stipite e architrave con modanature, è sormontato da una lunetta attribuita al Berrettaro; rappresenta l'immagine di Santa Maria del Soccorso fra Angeli. Dopo i danni provocati alla chiesa dal terremoto del 1968, sia la statua che la lunetta sono stati custoditi nella Basilica: oggi si trovano nel luogo originario.

Oggi sia il campanile che la chiesetta del soccorso sono di proprietà della Basilica, essendo stati ricevuti per dono di Rocca Vincenzo. 

All'interno sono custodite varie opere:

- Madonna del Soccorso: probabile scultura di Bartolomeo Berrettaro, rimaneggiata da Giacomo Gagini nel 1545

- Natività di Nostro Signore (1735), attribuita al catanese Olivio Sozzi (primo altare a destra)

- Madonna di Monserrato (1735), tela posta sul primo altare a sinistra (attribuita al catanese Olivio Sozzi)

- San Carlo Borromeo tela del XVII secolo

- San Filippo Neri tela dipinta nel 1637 da Francesco Minutilla, nel Museo d'arte sacra di Alcamo

- Santissima Trinità: dipinto realizzato dal sacerdote Francesco Alesi nel 1925

- Sant'Onofrio: dipinto del sacerdote Francesco Alesi.

- Madonna delle Grazie, dipinto realizzato da Giovan Leonardo Bagolino (padre di Sebastiano Bagolino) nel 1566. Oggi si trova nella Cappella della Madonna di Fátima dentro la Basilica.

Il culto di questa Madonna nacque a Palermo nel 1306, a seguito dell'apparizione al padre agostiniano Nicola La Bruna. Si dice che il monaco, in preda a un male incurabile e ormai in fin di vita, fosse stato guarito grazie alla Madonna, che in cambio gli chiese di spargere la notizia dell'avvenuto miracolo e di farla invocare col nome di Santa Maria del Soccorso.

Grazie ai frati agostiniani, il culto della Madonna del Soccorso si estese in tutta Italia. Un altro titolo per la Santissima Vergine è quello di “Madonna della Mazza”, poiché viene rappresentata nell’atto di brandire una piccola mazza per percuotere il demonio che si rannicchia terrorizzato ai suoi piedi.  

La Confraternita di Maria Santissima del Soccorso, attiva già nel 1430, era considerata una delle più antiche Confraternite di Alcamo. Scopo principale era quello di praticare il culto della Madonna del Soccorso; secondo lo storico Ignazio de Blasi, i suoi appartenenti erano "uomini di campagna". Come abitino portavano sacco, visiera e mantello bianchi: sulla parte posteriore del mantello c'era l'immagine della Madonna.

I confrati concedevano 10 onze a 5 figlie di confratelli, orfane e vergini a seguito di sorteggio in alcuni giorni designati durante l'anno (5 febbraio festa di Sant'Agata, l'8 settembre8 dicembre e un altro giorno a loro scelta). La festa di Santa Maria del Soccorso veniva celebrata l'8 dicembre, con la processione a cui partecipavano tutti i confrati preceduti da un Crocifisso.

La Confraternita era ancora attiva nel 1924: da diversi anni non esiste più.  

Accanto alla chiesa fu istituita ed aggregata alla stessa, la nuova casa dell’Oratorio di San Filippo Neri, fondata dai sacerdoti Don Francesco Terranova, Vincenzo Graffeo e Vincenzo Fontana.

Questo oratorio non ebbe lunga durata, poiché dopo circa 100 anni, essendo deceduto Don Nicolò Cutino (1754) e non essendoci più alcun prete, venne chiuso: una parte di esso fu concesso alla chiesa del Soccorso, e un'altra parte al Conservatorio delle orfane.

Chiesa di San Tommaso Apostolo

La chiesa di San Tommaso Apostolo fu probabilmente costruita dagli antenati della famiglia Marcanza nel 1450 circa; fra le chiese anteriori al XVI secolo ad Alcamo, è l'unica che sia pervenuta integra.

Nel 1599 venne fondata nella chiesa la compagnia dello Spirito Santo. Il tetto, essendo stato danneggiato dalle piogge, venne rifatto nel 1928 a spese del governo e del comune di Alcamo.

A partire dal 1984, è sede del Rotary Club di Alcamo.

La chiesa è di piccole dimensioni (10,50×5,30 metri). L'interno è a navata unica diviso da un arco a sesto acuto poggiante su due colonne a muro; il soffitto della chiesa è coperto da due volte a crociera a sesto acuto con costole e chiavi rilevate e sagomate, interrotte da capitelli all'altezza della volta, che si prolungano fino a terra, dove trovano una base comune con quella delle colonne che portano l'arco. 

Uno dei capitelli è decorato a foglie di acanto, l'altro ad intreccio di vimini.

Notevole il portale esterno a sesto acuto riccamente intagliato (noto con il nome di portale di San Tommaso), che unisce il modulo svevo dell'arco a quello chiaramontano degli intagli; l'insieme è sovrastato da una monofora riccamente intagliata e arricchita da due colonnine incassate nel muro.

Il fonte battesimale in marmo bianco del '500 oggi si trova nel Museo della Basilica di Santa Maria Assunta.

Chiesa di Santa Maria di Gesù

La chiesa di Santa Maria di Gesù fu fondata secondo alcune fonti intorno al 1450 dal beato Arcangelo da Calatafimi, dopo la fondazione dell'attiguo convento dei padri Minori Osservanti (detto convento di Santa Maria di Gesù) da parte dello stesso beato Arcangelo per mandato del beato Matteo Guimerà. Altre fonti spostano la data di fondazione della chiesa alla fine del XV secolo.

Inizialmente tale chiesa si trovava fuori dalle mura cittadine, in aperta campagna. Intorno al 1500 la chiesa dava il nome ad una porta delle mura difensive della città, detta appunto "Porta di Gesù".

Nel 1507 la chiesa subì un rifacimento ed ingrandimento, finanziato dai governatori di Alcamo Federico Enriquez e Anna I Cabrera (sua consorte). Questa data viene interpretata da altre fonti come la data di completamento dell'opera architettonica. Allo stesso tempo si procedette al restauro del convento. Tra il 1762 ed il 1776, per volontà del padre Lorenzo da Casteltermini, subì un successivo ampliamento, testimoniato dallo storico Ignazio De Blasi. Nel 1920 la chiesa fu intitolata parrocchia autonoma dal vescovo di Mazara.

Al 1960 risale un'opera di ristrutturazione del convento, a cui ne seguì un'altra nel 1984. Infine, nel 1997 vennero svolti dei lavori di restauro dell'area presbiteriale: sono stati rinnovati l'altare (arcuato che rimanda al sepolcro di Gesù), l'ambone, il fonte battesimale, il candelabro e la sede presidenziale, su progetto dell'architetto Vincenzo Settipani. Lo stesso ha provveduto anche al restauro degli affreschi e della Via Crucis, oltre alla progettazione del nuovo impianto di illuminazione che è stato adeguato alle attuali norme legislative.  

Il portale di ingresso alla chiesa, realizzato nel 1507 in marmo di Carrara, è stato comprato da Luigi Enriquez e Anna Cabrera (proprietari a quel tempo del castello dei Conti di Modica) ed è attribuito a Bartolomeo Berrettaro, scultore italiano vissuto tra la fine del XV secolo e l'inizio del XVI secolo; altri studiosi lo attribuiscono a Giuliano Mancino.

Un tempo sull'altare maggiore della chiesa era presente un affresco del XVI secolo del pittore Giovan Leonardo Bagolino dedicato alla Visitazione della Beata Vergine, poi spostato in una parete dietro l'abside.

Sulla volta si trova un affresco che rappresenta l'Assunzione, opera di Leopoldo Messina: questo ha sostituito il precedente affresco realizzato da Carlo Righetti e che rappresentava l'Immacolata, sul modello di Murillo; lo stesso Messina ha pure dipinto l'affresco che raffigura San Francesco nell'atto di contemplare Gerusalemme (1944), che ha sostituito quello precedente di Carlo Righetti e che rappresentava Duns Scoto teologo dell'Immacolata Concezione; gli altri tre affreschi sulla vita di san Francesco d'Assisi, furono dipinti dal padovano Carlo Righetti nel 1901. Essi rappresentano: San Francesco in partenza per la TerrasantaSan Francesco manda i frati a predicare il Vangelo in terre lontane e San Francesco dinanzi al Sultano di Damiata.

Nel battistero, a sinistra, ci sono una piccola statua in marmo di San Giovanni Battista di Giuliano Mancino (inizio secolo XVI) e due medaglioni in marmo.

All'interno della chiesa sono presenti:

- Acquasantiera in marmo, risalente al XVI secolo, entrando a destra

- Madonna con San Filippo Nerisanta Lucia e santa Caterina d'Alessandria, tela di Tommaso Pollaci (1788), sulla parete accanto l'altare maggiore

- La Madonna in trono tra san Francesco e santa Chiara, tela attribuita a Tommaso Pollaci (1788)

- Crocifisso in legno del secolo XVIII, nel primo altare a sinistra; sul modello di altri esemplari realizzati da Benedetto Valenza

- San Francesco d'Assisi, statua lignea del 1912, opera di Giovanni Piscitello, da Palermo

- Custodia Eucaristica marmorea di Baldassare Massa del 1557, indorata da Giovan Leonardo Bagolino: raffigura il Padre Eterno, san Francesco, sant'Antonio; alla base Gesù con gli Apostoli nell'Ultima Cena; si trova nella cappella a destra vicino all'entrata.

- Madonna delle Grazie o Madonna greca (1515): dipinto attribuito al pittore palermitano Pietro Ruzzolone e commissionato da Federico Enriquez e Anna I Cabrera, detto ), che rappresenta la Madonna della Grazia con il bambino Gesù in braccio, ai lati san Francesco d'Assisi e san Benedetto e in ginocchio tre paggi vicini al conte Federico Enriquez e tre damigelle accanto ad Anna I Cabrera. Tale dipinto fu oggetto di restauro nel 1855. Nel primo altare a destra.Ai piedi c'è un'urna in vetro, in cui si trovano le spoglie del beato Arcangelo da Piacenza, provenienti dalla Chiesa di San Michele Arcangelo di Calatafimi e qui sistemate nel 1961. Su una parete laterale è inoltre visibile la pietra tombale del beato Arcangelo, con il libro delle Regole e dell'Ossevanzatra le mani.

- Sant'Antonio da Padova, statua in legno d'ignoto autore

- Via Crucis (14 stazioni), opera di Fra Felice da Sambuca (1785-1786)

- Statuetta dell'Immacolata del secolo XVIII, in marmo e in stile barocco, sullo stile di Murillo

- Santa Lucia, statua in legno policromo d'ignoto autore del XVI secolo; proviene dalla omonima chiesetta extraurbana

- Croce lignea con lavori in intarsio di madreperla (1830)

Nella controfacciata ci sono due monumenti funebri in marmo, realizzati in stile barocco: uno è quello di Giovan Franceso Aversa, barone di Bellavilla, morto da giovane nel 1649, e l'altro di Leonardo Aversa, barone e presbitero, morto nel 1658. Il Cenotafio, in stile rococò e datato 1755, appartiene al barone Nicolò Pastore, padre di Felice Pastore; le sue ceneri furono esumate e trasferite nella cappella all'interno della Pia Opera Pastore dal figlio. Gioacchino di Marzo documenta una cappella e arco marmorei commissionati a Giovanni Battista Vernazza nel 1519, opere non più esistenti.

Nella sacrestia si trova una statua lignea raffigurante san Pasquale Baylon, opera di Giovanni Stellino (1835), mentre nel convento si trovano una bella statua lignea di Sant'Antonio Abate (d'ignoto autore locale del XVI secolo) e un'antica tela di San Bernardino da Siena.  

Chiesa del Santissimo Salvatore

La chiesa, attigua al monastero Badia Grande (oggi adibito ad edificio scolastico) era già esistente dal 1300: infatti venne citata in un documento del 1308 per la riscossione della decima apostolica. Fu ricostruita a metà del '500 e negli anni 1690-1697; nel 1737 fu restaurata ed adornata di stucchi e riaperta nel 1759.

Dopo il terremoto del 1968, la chiesa rimase chiusa per diversi anni a causa dei danni riportati.

Fino a qualche anno fa, ogni mercoledì sera si celebrava la Santa Messa in latino, accompagnata dal canto gregoriano e polifonico del del coro "Jacopone da Todi". All'interno della chiesa si tengono inoltre attività culturali connesse al canto sacro e antico in particolare, grazie all'attività dello stesso coro, che di solito utilizza la struttura la domenica pomeriggio e il mercoledì sera.  

Il prospetto, con annessi portali e finestre, è in stile classico, sormontato da un campanile di forma quadrata, con quattro archi a tutto sesto.

L’interno ha una sola navata con volta a botte e cinque altari. La chiesa è abbellita da diverse opere, fra cui dieci statue in stucco:

- Due grandi angeli nel presbiterio e otto statue allegoriche alle pareti (ReligioneFedePazienzaRinuncia al mondo, VigilanzaFelicitàCarità e Speranza) realizzate nel 1758 da Bartolomeo Sanseverino, allievo del Serpotta.

- Una tela sull'altare maggiore, raffigurante la Trasfigurazione di Carlo Brunetti (1759-60).

- Gli affreschi sulla volta raffiguranti san Benedetto fra una schiera di santi e l'Agnello sacrificale fra angeli, opere di Carlo Brunetti.

- una statua in marmo di San Benedetto da Norcia, realizzata da Antonino Gagini (1545). Il santo è rappresentato nell'atto di benedire e ha indosso un piviale. Lo scanello presenta le raffigurazioni in rilievo del Miracolo di San Placido tratto dal fiume e Giovinetto risuscitato.

- L'Estasi di Santa Teresa, attribuita a Pietro Novelli, primo altare a destra.

- L'Assunzione della Vergine, attribuita a Pietro Novelli, primo altare a sinistra.

- L'Annunciazione, ovali realizzati da Baldassare Massa.

Nel 1981 gli ovali con l'Annunciazione furono rubati assieme agli altorilievi di san Michele Arcangelo e san Giovanni Battista; furono poi ricomprati (senza l'ovale della Madonna) all'asta di Sotheby's di Londra nel 1994 per la somma di 25 milioni di lire, senza considerare le spese di trasporto e assicurazione, pagate da un comitato di cittadini.

La Custodia Eucaristica (altorilevo in marmo alto circa 4 metri) è stata realizzata da Antonino Gagini e Baldassare Massa (1557-558). Il ciborio, fra 4 angeli inginocchiati, è sormontato da un Crocifisso al di sopra delle figure di san Giovanni Apostolo, Maria Santissima e dello Spirito Santo in forma di colomba fra 4 teste di angeli.

Vi sono inoltre la scena della flagellazione e la figura di san Giovanni Battista con il battesimo di Gesù, san Michele Arcangelo nell'atto di sconfiggere Satana, la cacciata degli angeli ribelli nell'inferno, e infine gli stemmi di Alcamo e della badessa Margherita di Montesa. Fu lei a fare completare l'opera cominciata da Gagini a Baldassare Massa (scultore palermitano) che inserì sette scene della Passione di Cristo, 2 ovali che rappresentano san Benedetto e il Redentore, e una raffigurazione del Padre Eterno con braccia aperte. La custodia marmorea del Santissimo Sacramento fu infine indorata nel 1558 dal pittore veronese Giovan Leonardo Bagolino, padre di Sebastiano Bagolino.  

Le suore del monastero provenivano da famiglie nobili; oltre alle pratiche religiose, le monache creavano opere di artigianato sacro come smaltoplastica, ceroplastica e forse anche paramenti sacri.

Nel 1567 la badessa Margherita de Montesa, assieme ad un gruppo di suore, vennero trasferite nel monastero di San Francesco di Paola (poi chiamato Badia Nuova) allo scopo di fondare una nuova comunità. Per evitare la soppressione del monastero a causa delle leggi del 1866, organizzarono delle attività scolastiche dal 1862 in poi. In particolare le suore gestirono un Collegio di Civili Donzelle con 3 classi operanti all'interno di esso. Oltre a leggere e scrivere correttamente, si dedicavano al ricamo, allo studio dell'aritmetica, la geografia e l'italiano. Nell'ultima classe studiavano la storia, la musica e il francese. Nella retta pagata dalle ragazze erano compresi anche i libri, le attrezzature e le eventuali cure mediche.

Il monastero venne soppresso nel 1906. Le monache rimaste furono trasferite al monastero della Badia Nuova. I locali vennero poi utilizzati prima a caserma, quindi a scuole elementari e asilo, scuola professionale. 

Chiesa di San Francesco d'Assisi

Sebbene secondo la tradizione storiografica la chiesa fu costruita tra il 1224 e il 1226 dal Beato Angelo Tancredi da Rieti, compagno di san Francesco, il documento di acquisizione della chiesa da parte della provincia siciliana, bollato da papa Clemente VI, risale al 1348.

Tra il 1379 e il 1380 subì un rifacimento.

A partire dal XVI secolo, la chiesa di San Francesco d'Assisi diede il nome ad uno dei quartieri più antichi di Alcamo assieme agli altri tre quartieri di San Giacomo de Spada, San Calogero e Maggiore Chiesa.

La chiesa su soggetta ad un secondo rifacimento tra il 1608 e il 1648, periodo durante il quale venne prima demolita e poi ricostruita. In questo periodo venne inoltre ricostruito il convento annesso alla chiesa. Venne poi ingrandita e abbellita nel 1716.

Al 1916 risale la fondazione nella chiesa della congregazione del Preziosissimo Sangue di Cristo, alla quale seguì la congregazione della Madonna della Salute (1944).

In seguito al terremoto del Belice del 1968, per riparare ai danni subiti della chiesa e del convento, venne iniziata l'attività di restauro, che durò dal 1975 al 1976.

Frati Minori furono presenti ad Alcamo dal 1348 al 1866 per ritornarci poi nel 1962. Cominciarono poi ad essere chiamati Conventuali, per decreto di Papa Innocenzo III del 1250.

Il convento, che nel 1612 si estendeva sul tratto del corso 6 aprile adiacente alla chiesa e a nord di esso, venne riedificato dove si trova oggi. Nel 1866 fu confiscato dal comune e diventò la sede del Convitto degli Artigianelli nel 1871, quindi ci fu la caserma dei carabinieri e nel 1946-47 la scuola media "N. Navarra"; in seguito i locali furono utilizzati dall'Istituto Professionale per l'Agricoltura, e oggi da un plesso della scuola primaria "Luigi Pirandello".

I Padri Francescani vi hanno fatto ritorno nel 1962: essi hanno avuto in affidamento la chiesa, divenuta parrocchia nel 1969, e hanno a disposizione alcune stanze.

L'interno della chiesa è ad una navata, con volta a botte, e con una cappella laterale dedicata all'Immacolata Concezione. e otto altari. Il campanile annesso alla chiesa e il portale sono le parti che sono rimaste immutate rispetto al progetto originale.

Gli edifici attigui alla chiesa sono il chiostro francescano e l'Oratorio della "Compagnia dell'Immacolata", fondata nel 1596 e costituita da "gente civile", "professori e sacerdoti".

All'interno della chiesa si trovano le seguenti opere:

Sull'altare maggiore: tela del 1677 di Andrea Carrera raffigurante San Francesco d'Assisi che chiede l'Indulgenza della Porziuncola.

Primo altare sulla sinistra: ancona in marmo intitolata Madonna col Bambino, ritenuta probabile opera di Giacomo Gagini (1568).

Secondo altare sulla sinistra: la Purità, statua lignea d'autore ignoto

Terzo altare sulla sinistra: san Francesco d'Assisi, statua in legno di Giuseppe Ospedale (1933)

Quarto altare sulla sinistra: San Marco, statua in marmo bianco di Antonello Gagini del 1520.

Quinto altare sulla sinistra: Crocifisso in legno del "Preziosissimo Sangue" (opera di ignoto autore del '600), al quale è fissata una tela ovale raffigurante l'Addolorata, attribuita al pittore alcamese settecentesco Giuseppe Renda.

lato destro dell'abside: tela del XVII secolo raffigurante la Madonna della Mercede, in colloquio con un cardinale e con attorno un gruppo di uomini di colore

Primo altare a destra (dopo la Cappella dell'Immacolata): statua di san Massimiliano Kolbe

Secondo altare a destra: Sant'Antonio, statua in legno d'ignoto autore

Terzo altare a destra: dipinto su tela dedicato alla Madonna della Salute, opera del sacerdote Francesco Alesi (1942)

Quarto altare a destra: statua in marmo raffigurante Santa Maria Maddalena scolpita da Antonello Gagini nel 1520, che riporta alla sua base lo stemma della famiglia Scalisi, che commissionò l'opera. La statua si trovava originariamente in una cappella a destra dell'ingresso della chiesa, dove fu poi costruita la Cappella dell'Immacolata, per cui fu successivamente spostata.

Inoltre sulle pareti in alto della navata ci sono 4 dipinti: due rappresentano San Francesco e le altre due, santa Chiara e san Bonaventura.

Nella Cappella dell'Immacolata è presente il dipinto raffigurante l'Immacolata, di Giuseppe Carrera, realizzato nel 1610 e restaurato nel 1980. Nella stessa cappella fino al 1884 erano presenti 34 quadri dei santi, che vennero aggiunti nel 1613 grazie ai confratelli della Compagnia dell'Immacolata Concezione, che su ciascuno di essi avevano fatto scrivere il proprio nome.

In una nicchia della cappella è presente inoltre la statua lignea di Maria Santissima Immacolata, scolpita nel 1695 dallo scultore trapanese Ignazio Ingrassia.

Nella cappella sono presenti inoltre quattro quadri realizzati da Rosalino la Mattina che raffigurano i momenti salienti della Concezione di Maria e un altare in marmo realizzato nel 1951 dal castellammarese Giovan Battista Di Girolamo. Infine, all'interno dell'Oratorio è collocato un quadro realizzato nel 1888 dal pittore alcamese Nicolò Pizzitola che raffigura San Benedetto Giuseppe Labre.

Nel convento si trovano due dipinti ovali con l'Ecce Homo e l'Addolorata (probabilmente del XVIII secolo).

Chiesa dei Santi Paolo e Bartolomeo

Nel 1533 don Adamo Morfino, in seguito ad una promessa di voto, iniziò la costruzione di un ospedale per gli infermi e incurabili con annessa una cappella dedicata a San Paolo in Conversione, che a quei tempi si trovava alla fine dell'attuale Corso VI Aprile (allora chiamato "Corso Imperiale"). Tale costruzione, che era necessaria a causa dell'elevato numero di abitanti che richiedevano cure mediche, non arrivò ad essere ultimata completamente e venne chiusa nel 1590 per assenza di fondi.

A partire dal 1615, venne iniziata la costruzione della chiesa parrocchiale "San Paolo in Conversione" per volere dell'allora vescovo di Mazara, ampliando la precedente cappella di San Paolo in Conversione. Lo stesso vescovo fece costruire, contemporaneamente a quella di San Paolo in Conversione, la chiesa della Santissima Trinità che nel 1639 fu aggregata alla prima per rimediare alla mancanza di rendite.

Nel 1662 venne fondata la congregazione notturna di Santa Maria del Miele, alla quale partecipavano "uomini di campagna".

Nel 1689 la chiesa fu demolita e ricostruita grazie alle offerte dei fedeli, ultimando la costruzione nel 1692. Successivamente, essendo ancora disponibili offerte da parte dei fedeli (in particolare da parte del ricco possidente Mariano Balli), la chiesa fu ulteriormente ampliata (1702-1705), portando a termine la costruzione della cupola.

Nel 1765 venne fondata nella chiesa dei Santi Paolo e Bartolomeo la congregazione del Santissimo Viatico (successivamente chiamata congregazione del Sacro Cuore di Gesù), alla quale partecipavano "sacerdoti, gentiluomini, professori, benestanti e artigiani principali".

Tra il 1775 e il 1809 si procedette all'ultimazione del prospetto, alla costruzione delle cappelle lateriali del Santissimo Sacramento in fondo e della Madonna dei Miracoli (patrona della città di Alcamo) e di un'antisagrestia. Durante questo periodo (precisamente nel 1778) fu inoltre collocato un orologio in rame nel campanile sulla facciata a sinistra (guardando dall'esterno), che fu sostituito nel 1846 con uno in acciaio e definitivamente rimosso nel 1910 in quanto non più funzionante. Nel 1916 fu poi restaurato l'altro dei campanili sulla facciata.

Dopo il terremoto del Belice del 1968, vennero svolte delle opere di restauro sulla facciata, eliminando la calce e lo stucco che erano stati aggiunti durante altre manutenzioni svolte in passato.

La chiesa, con pianta a croce latina, presenta tre navate, a ognuna della quali è associata una porta sul prospetto (una centrale e due laterali).

Sulla facciata, realizzata su disegno del 1782 di Emanuele Cardona, sono visibili due campanili, dove sono collocate 4 campane del peso complessivo di 20 quintali, delle quali una era utilizzata per il funzionamento dell'orologio non più esistente.

Le navate sono divise da due file di quattro colonne monolitiche di marmo rosso del monte Bonifato poggiate su basi di forma quadrangolare. L'abside presenta una finestra ad occhio, dove nel 1927 venne aggiunta una croce in ferro battuto.

Nella chiesa si trovano il battistero (decorato da Carlo Brunetti), entrando sul lato sinistro, e due altari sulle navate minori:

- altare della Madonna dei Sette Angeli, a destra; Sette Arcangeli tela realizzata da Giuseppe Felice nel 1703;

- altare di San Bartolomeo, a sinistra; tela dipinta da Narciso Guidone nel 1616.

Si trovano inoltre le seguenti cappelle:

- cappella del Santissimo Crocifisso e cappella della Madonna del Miele sul transetto;

- cappella del Santissimo Sacramento e cappella della Madonna di Pompei accanto al presbiterio.

Sull'abside si trova un dipinto su tela, raffigurante i Santi Paolo e Bartolomeo, realizzata da Giuseppe Felice nel 1701. Nella cappella della Madonna del Miele si trova un dipinto della Madonna del Miele risalente al 1300 circa, che è il più antico dipinto che si trova ad Alcamo. Tale dipinto proviene dalla chiesa di Santa Maria della Stella (che fu la prima chiesa madre di Alcamo) ed è attribuito a Barnaba da Modena.

La realizzazione degli stucchi all'interno della chiesa è dovuta a Vincenzo e Gabriele Messina, mentre gli affreschi sono opera di Antonio Grano.

Nella sacrestia della chiesa è conservata una tela del Sacro Cuore di Gesù, opera di Giuseppe Carta del 1858, e una statua del Sacro Cuore di Gesù, scolpita nel 1932 da Giuseppe Ospedale per conto della Congregazione che porta lo stesso nome: veniva portata in processione a fine luglio. Nell'antisagrestia c'è una tela di Giuseppe Carrera realizzata nel 1610 e che raffigura san Nicolò da Tolentino inginocchiato davanti a un altare e dentro una stanza buia, e il Simulacro ligneo della Madonna del Miele, scolpito nel 1846 dall'alcamese Giovanni Stellino. Veniva venerato sull'altare fino al 1903 ed è stato restaurato pochi anni fa da Rosa Maria Puma.

Nell'ufficio ci sono:

- Madonna dei Miracoli, pittura su zinco

- Scaffarrata barocca in legno: con dentro un Bambino Gesù che tiene la mano destra sul petto, e con l'altra mano sostiene un cuore di colore rosso sangue. Ha tre collane al collo, una di corallo, una di perle e una d'oro con crocifisso. Ai due lati ci sono due angeli.

Madonna dell'Aiuto (fine 800): quadro devozionale donato nel 1983 dagli eredi della signorina Girolama Monticciolo, nella cui casa ogni sera si recitava il Rosario. Presenta un'immagine (in bianco e nero) della Madonna con Gesù Bambino in braccio; ai due lati sono fissati alcuni gioielli, come ex-voto, mentre sul capo della Madonna e di Gesù ci sono due corone in bassorilievo e uno stellario.

Chiesa di Sant'Oliva

La fondazione della chiesa di Sant'Oliva risale al 1533. Inizialmente la chiesa era divisa in tre navate, in stile gotico-catalano.

Nel 1687 venne fondata nella chiesa la congregazione notturna dei Sette Dolori, costituita da artisti.

Nel 1724 la chiesa venne ricostruita nelle forme attuali, a pianta longitudinale con un'unica navata, su disegno dell'architetto trapanese Giovanni Biagio Amico.

Dopo la sua edificazione, tale chiesa diede il nome alla piazza in cui si affaccia (dal lato dell'ingresso principale), che venne chiamata piano Sant'Oliva. Nel XVII secolo la piazza venne allargata con la costruzione della Ex Chiesa di Santa Maria dello Stellario (ultimata nel 1625) e successivamente della chiesa del collegio dei gesuiti (1684). Probabilmente durante questo periodo la piazza viene ridenominata in "piazza Maggiore": tale nome rimase fino al 1875, quando venne cambiato nell'odierna denominazione piazza Ciullo.

Nel 1927 venne fondata nella chiesa la congregazione di Santa Rita, a cui seguì nel 1933 la congregazione di Maria Santissima Addolorata. Nel 1949 inoltre l'Azione Cattolica ha iniziato la sua attività all'interno della chiesa.

Nella notte fra il 7 e 8 agosto del 1987, un incendio divampò nella chiesa distruggendo il soffitto, che venne ricostruito dopo alcuni anni grazie all'attività della Sovrintendenza ai Beni culturali per la Sicilia.

Nel 1990 sono stati svolti diversi restauri delle opere all'interno della chiesa, tra cui sculture, dipinti, i due organi lignei, cornici in stucco dorate e alcuni arredi in legno.

Pianta della chiesa di Sant'Oliva
A: porta principale
B: porta laterale
C: uscita dalla parte del campanile
D: entrata della sagrestia
E: uscita secondaria
1-4: cappelle nella navata sinistra
5: abside
6-9: cappelle nella navata destra.

La chiesa è provvista di due portali: quello principale si affaccia sulla piazza Ciullo, mentre il portale laterale, al di sopra del quale è posizionata una statua di sant'Oliva, si affaccia su corso VI Aprile. Inizialmente era presente un portale principale risalente al 1572. Dopo l'acquisizione di alcuni fondi in concomitanza con il Giubileo del 2000, entrambi i portoni della chiesa vennero sostituiti con altri due in bronzo dorato realizzati dall'architetto Vincenzo Settipani, che rappresentano Gesù che entra nel Cenacolo a porte chiuse (sull'ingresso principale) e L'ingresso di Gesù a Gerusalemme (sull'ingresso laterale).

Su un angolo della chiesa attiguo al corso VI Aprile si innalza la torre campanaria, sprovvista di cuspide.

La chiesa contiene al suo interno altari di marmi policromi opera di Mariano e Simone Pennino. Le pareti sono ornate da stucchi creati da Gabriele Messina nel 1756 e da Francesco e Giuseppe Russo nel 1771.

Sull'altare maggiore è collocata una tela intitolata Le anime del Purgatorio liberate per il sacrificio della messa, dipinta nel 1639 da Pietro Novelli su commissione dei congregati del Purgatorio.

All'interno della chiesa sono inoltre collocate le seguenti sculture:

- L'Annunciazione, gruppo marmoreo scolpito nel 1545 da Antonino e Giacomo Gagini, proveniente dalla chiesa dell'Annunziata; Fonte battesimale di Salvatore Occhipinti del 1947

- la statua di sant'Eligio in marmo bianco di Carrara, scolpita da Filippo Pennino nel 1776 su commissione dei confrati di Sant'Eligio; prima del 1577 l'altare di Sant'Eligio apparteneva alla Maestranza dei fabbri ferrai;

- Crocifisso in legno, realizzato da Giovan Pietro D'Angelo di Erice: dal 1954 vi si trova anche la statua lignea dell'Addolorata di Lorenzo Curti;

- Madonna del Rifugio, statua in marmo probabile opera di Filippo Pennino;

- la statua in marmo dedicata a sant'Oliva, opera di Antonello Gagini del 1511, commissionata dai confrati di Sant'Oliva;

- la statua di san Giuseppe con il Bambino Gesù, collocata nell'altare appartenente alla Maestranza dei falegnami (o "fabri lignarii") e alla Maestranza dei bottai; la creazione di tale statua è attribuita a Girolamo Bagnasco a metà dell'Ottocento;

- la statua lignea di Maria Santissima dei Miracoli, opera di Luigi Santifaller (1949).

- la statua lignea raffigurante santa Rita, opera di Luigi Santifaller (1962);

- la statua in marmo di san Luca, opera dei Gagini;

- la statua in marmo di sant'Angelo, anch'essa opera dei Gagini;

- Due acquasantiere, ai lati dell'entrata, opere di Mariano Pennino (1774)

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