Itinerario
Modica
Alta
Dalla
chiesa
di
S.
Pietro
inizia
via
Garibaldi
che,
con
una
serie
di
curve,
porta
a
Modica
Alta
offrendo
belle
vedute
della
parte
bassa
della
città.
All'altezza
del
n.
106
si
può
ammirare
un
caratteristico
angolo
barocco
rimasto
ancora
intatto;
esso
è
formato
da
un
piccolo
ingresso
coperto
da
basole
di
calcare
e
da
un
arco
che
immette
nel
portico
del
palazzo
Zacco-Pirrera.
Da
questa
via
inizia
la
scenografica
scalinata
che,
a
più
rampe
e
con
250
gradini,
porta
alla
monumentale
chiesa
di
San
Giorgio,
uno
dei
più
importanti
capolavori
artistici
di
Modica.
Il
sisma
del
1693
danneggiò
il
tempio
in
maniera
talmente
seria
che
fu
necessario
riedificarlo
in
base
ad
un
nuovo
progetto
del
Gagliardi.
Il
validissimo
architetto,
con
questa
chiesa
e
quella
di
Ragusa
Ibla
(San
Giorgio),
creò
quello
che
sarà
il
prototipo
delle
altre
chiese
settecentesche
della
regione.
I
lavori
iniziarono
nel
1702.
La
gradinata,
costruita
per
superare
un
enorme
dislivello,
fu
portata
a
termine
nel
1818
dal
gesuita
Francesco
Di
Marco;
il
terzo
ordine
e
la
cuspide
furono
conclusi
nel
1834
dal
modicano
don
Gaspare
Cannata.
La
colossale
scalinata,
vero
e
proprio
prodigio
dell'architettura
del
700,
si
inerpica
fino
alla
chiesa
con
quattro
rampe
che
formano
un
calice;
le
rampe
sono
interrotte
ad
intervalli
regolari
da
quattro
spiazzi,
ottimi
per
il
riposo
durante
la
faticosa
salita
ed
utili
per
poter
ammirare,
man
mano
che
si
sale,
panorami
sempre
più
ampi
della
città
bassa
e
visioni
sempre
nuove
e
complete
della
maestosa
facciata
della
chiesa.
La
solenne
facciata
della
chiesa,
scandita
nella
parte
centrale
da
più
ordini
di
colonne
aggettanti,
"tende
con
una
spinta
ascensionale
verso
il
culmine
della
torre
campanaria,
che
svetta
dal
corpo
centrale
a
conferisce
un
vigoroso
accento
curvilineo
all'intero
impianto".
L'interno,
riccamente
ornato
di
stucchi,
è,
come
si
intuisce
dai
cinque
portali
esterni,
a
cinque
navate
che,
all'incrocio
col
transetto,
danno
luogo
ad
un'aerea
cupola
centrale
e
a
due
cupolette
laterali.
Nel
pavimento
del
transetto
è
stata
tracciata
una
meridiana
solare
dal
matematico
Armando
Perini
nel
1895.
Molti
sono
i
tesori
ed
i
capolavori
conservati
in
questa
chiesa.
La
solennità
dell'interno,
oltre
che
dalla
sapiente
luce,
è
data
dagli
stucchi,
dalle
artistiche
decorazioni,
dagli
arredi
sacri,
come
l'organo
a
canne
del
1885,
dall'altare
d'argento
intarsiato
con
scene
della
vita
di
S.
Giorgio
e
S.
Ippolito,
dal
coro
intagliato
del
1630,
dal
grandioso
polittico
in
dieci
tavole
del
1513
dell'altare
centrale,
del
pittore
modicano
Niger.
Di
enorme
valore
artistico
è
il
tesoro
della
chiesa
che,
oltre
ai
pissidi,
candelabri
ed
ostensori
in
argento,
comprende
l'''Arca
Santa"
comunemente
chiamata
"Santa
Cassa",
una
pregevole
opera
d'argento
intarsiato
costruita
a
Venezia
nel
XIV
secolo.
All'ingresso
della
navata
centrale
si
nota
a
sinistra
il
sepolcro
del
poeta
filosofo
modicano
Tommaso
Campania
morto
nel
1740.
Nella
cappella,
alla
fine
della
navata
sinistra,
è
posta
la
statua
della
"Madonna
della
Neve"
di
G.
Mancino
e
B.
Berrettaro,
eseguita
verso
il
1511.
Fra
i
quadri
è
notevole
l'Assunta
di
F.
Paladino
realizzata
nel
1610.
Adiacente
alla
chiesa
è
il
palazzo
Polara,
donato
dalla
proprietaria
alla
città.
Nelle
sale
è
ospitata
una
pinacoteca
che,
oltre
ad
antichi
mobili,
raccoglie
tele
del
Seicento,
del
Settecento
ed
opere
di
pittori
contemporanei.
In
questa
zona
si
notano
ancora,
sui
muri
delle
strade,
le
mattonelle
che
indicano
il
"Limite
delle
due
Matrici".
Sono
i
confini
che
i
devoti
delle
chiese
di
S.
Giorgio
e
di
S.
Pietro
non
potevano
oltrepassare
durante
le
processioni,
altrimenti
si
innescavano
lotte
che
potevano
anche
sfociare
nel
sangue.
Proseguendo
nella
salita
verso
Modica
Alta,
dal
primo
tornante
si
può
avere
una
visione
d'insieme
della
città
bassa
e
del
grande
ponte
Guerrieri
che
la
sovrasta.
Da
questo
punto
si
entrava
nel
castello
dei
conti
di
Modica.
Del
castello
rimangono
pochi
resti:
le
mura
esterne,
la
torre
circolare,
sulla
quale
è
stato
impiantato
un
orologio,
e
le
carceri,
alle
cui
pareti
si
notano
antichi
graffiti
e
stelle
di
David.
Oggi
ospita
un'opera
pia
e
una
scuola
di
scherma.
Il
castello
è
stato
edificato
su
un
alto
sperone
roccioso,
facilmente
difendibile
e
molto
importante
per
la
posizione
strategica.
I
primi
abitatori
vi
hanno
scavato
un
rilevante
numero
di
grotte,
erigendo
templi
per
i
loro
dei.
Qualche
scrittore
nel
'600
testimonia
che
vi
fossero
resti
di
un
antico
tempio,
forse
dedicato
a
Cibele.
Alcuni
scavi
hanno
portato
alla
luce
le
scale
d'ingresso
al
castello,
le
mura
esterne,
alcuni
sotterranei
che
portavano
verso
la
chiesa
di
Santa
Maria
di
Betlemme
e
verso
il
fiume,
utili
come
vie
di
fuga
e
di
rifornimento
idrico
in
caso
di
assedio.
Lungo
la
salita
s'incontrano
l'abside
della
chiesa
di
San
Giorgio,
con
la
bella
cupola
coperta
da
squame,
e,
proprio
di
fronte
al
tempio,
il
palazzo
Napolino,
uno
degli
edifici
barocchi
più
belli
di
Modica.
Il
palazzo
è
caratterizzato,
nel
piano
inferiore,
da
un
ampio
portale
in
pietra
calcarea
ben
lavorato
ma
ormai
consumato
dal
tempo;
nel
piano
nobile
spiccano
i
bellissimi
balconi
in
ferro
battuto
dalle
inferriate
panciute
e
sostenuti
da
mensoloni
a
mascheroni
e
foglie
d'acanto;
in
alto
troneggia
lo
stemma
dei
Napolino,
sormontato
dalla
corona
baronale.
Proseguendo
lungo
i
tornanti
per
Modica
Alta,
si
incontrano
molte
altre
chiese
settecentesche,
tutte
dalle
belle
facciate
e
dagli
interni
caldi
e
sereni,
palazzi
nobiliari
dai
balconi
barocchi,
cortili
ed
angoli
suggestivi.
Nella
parte
più
alta
della
città,
imponente
è
la
chiesa
di
San
Giovanni,
sulla
sommità
di
una
ampia
scalinata
che
conferisce
al
tempio
slancio
e
maestosità.
Lungo
la
gradinata
si
elevano
26
pilastri
che
sorreggevano
statue,
oggi
ne
restano
solo
tre.
La
barocca
facciata,
costruita
nel
1839,
si
presenta
su
due
ordini
ravvivati
da
due
coppie
di
colonne
nel
corpo
centrale.
Al
luminosissimo
interno,
a
tre
navate
con
transetto,
risaltano
le
pregevoli
opere
in
stucco
della
volta,
il
presbiterio,
le
cappelle
laterali
e
il
transetto
con
stucchi,
opera
del
palazzolese
Sebastiano
Giuliana.
Attraverso
il
vicolo
a
destra
della
chiesa
si
giunge
alla
diruta
ex
chiesa
di
Santa
Maria
del
Gesù
con
annesso
convento
del
XV
secolo.
I
resti,
oltre
allo
stile
gotico
chiaramontano,
mostrano
influenze
prettamente
spagnole.
La
chiesa,
di
cui
rimane
solo
la
stupenda
facciata,
crollò
durante
il
terremoto
del
1693.
Il
portale
ad
ogiva
presenta
una
forte
strombatura,
ingentilita
da
fasci
di
colonnine
dai
capitelli
finemente
lavorati,
e
ha
sull'ultima
fascia
delle
colonne
un
lavoratissimo
cartiglio
con
uno
stemma
centrale.
Nella
lunetta,
ormai
completamente
deteriorata,
s'intravedono
sculture
di
animali.
Ai
lati
del
cartiglio
due
stupende
monofore
completano
la
bellezza
di
questo
portale.
Le
due
finestre
sono
un
vero
capolavoro
di
scultura
e
di
pazienza,
veri
e
propri
ricami.
L'autore,
un
certo
Mastru
Ramunnu,
fu
anche
l'artefice
del
chiostro
che
ancora
conserva
meravigliose
colonnine
binate.
La
cinquecentesca
chiesa
di
San
Francesco
si
trova
nei
pressi
della
stazione
ferroviaria
ed
è
raggiungibile
risalendo
la
collina
dell'ldria.
A
metà
strada
comincia
una
scalinata
che
porta
fino
alla
chiesa.
La
facciata
si
presenta
nuda
e
semplice;
l'interno,
luminoso
ed
austero,
è
ad
una
sola
navata
con
due
ringhiere
ai
lati,
unico
esempio
di
questo
genere
nella
zona.
Bellissimi
il
pavimento
del
presbiterio,
in
ceramica
di
Caltagirone,
e
l'altare
in
legno
scolpito.
Affiancato
alla
chiesa
è
il
convento
con
un
tipico
chiostro.
Sulla
strada
per
Scicli
sorge
la
chiesa
di
S.
Giacomo,
isolata
in
un
bel
boschetto
di
pini
e
di
eucalipti,
proprio
sotto
il
grandioso
ponte,
in
un
luogo
altamente
suggestivo.
Si
tratta,
molto
probabilmente,
della
più
antica
chiesa
di
Modica
che
ha
resistito
quasi
intatta
alla
furia
del
tempo
e
degli
uomini.
La
chiesetta,
la
cui
costruzione
si
può
fare
risalire
al
XIV
sec,
si
presenta
in
forme
semplici,
in
conci
a
vista,
con
due
portali
ogivali
privi
di
decorazioni,
strette
feritoie
e
un
piccolo
e
modesto
campanile
a
vela.
All'interno,
nudo
e
semplice,
si
trovano
resti
di
un
affresco,
nella
lunetta
dell'abside,
rappresentante
l'"Altissimo
fra
angeli".
Nel
vano
adiacente,
al
quale
si
accede
mediante
un
arco
acuto,
si
trova
un
antico
altare
in
pietra
Palazzo
Zacco
Pirrera

Palazzo
Zacco,
tra
i
più
belli
di
Ragusa
superiore,
fu
costruito
dal
barone
Melfi.
Si
presenta
con
due
prospetti,
in
ognuno
dei
quali
si
aprono
tre
balconi
nel
piano
nobile.
Il
portone
d’ingresso
è
fiancheggiato
da
due
colonne
su
alti
plinti
in
pietra
pece,
con
capitelli
corinzi
sui
quali
poggia
il
balcone
centrale
con
una
ringhiera
mistilinea
in
ferro
battuto. Gli
stipiti
dei
balconi
sono
sorretti
da
mensoloni
con
due
registri:
in
quello
inferiore
mascheroni
grotteschi,
in
quello
superiore
figure
fantastiche
che
ricalcano
quelli
di
altri
palazzi
nobiliari
coevi
o
realizzati
nei
decenni
precedenti.
Nella
testata
ad
angolo
tra
le
due
strade
l’enorme
scudo
araldico
dei
Melfi
di
S.
Antonio.
Con
questo
palazzo
entra
a
Ragusa
lo stile
rococò più
sfrenato
che
ha
riscontro
solo
in
pochi
altri
edifici.
Il
palazzo
diverrà
la
sede
del
museo
delle
tradizioni
ragusane.
Duomo
di
San
Giorgio

Il
Duomo
di
San
Giorgio è
la
chiesa
madre
della
città
ed
è
inserito
nella
Lista
Mondiale
dei Beni
dell'Umanità dell'UNESCO.
Esso
viene
spesso
indicato
e
segnalato
come
monumento
simbolo
del Barocco
siciliano,
di
cui
rappresenta
l'architettura
più
scenografica
e
monumentale.
Lo storico
dell'arte Maurizio
Fagiolo
dell'Arco ha
dichiarato
che
tale
Chiesa
«forse
andrebbe
inserita
tra
le
sette
meraviglie
del
mondo
barocco».
L'edificio
è
il
risultato
finale
della
ricostruzione
sei/settecentesca,
avvenuta
in
seguito
ai
disastrosi
terremoti
che
colpirono
Modica
nel 1542,
nel 1613 e
nel 1693 (il
più
grave,
vedi Terremoto
del
Val
di
Noto);
lievi
danni
apportarono
i
sismi
nell'area
iblea
succedutisi
nel
corso
del
Settecento
e
nel 1848.
Il
primo
documento
ufficiale
che
certifica
la
presenza
di
una
chiesa
dedicata
a
San
Giorgio
nella
città
di
Modica
è
una bolla
pontificia del 1150,
emanata da papa
Eugenio
III,
con
la
quale
bolla
la Ecclesia
S.
Giorgi
de
Mohac
veniva
posta,
insieme
alla
consorella
di
S.
Giovanni
Evangelista
già
presente
nella
parte
alta
della
città,
sotto
la
tutela
del Monastero
di
Mileto,
in
Calabria.
Ma
verosimilmente
la
sua
prima
edificazione
sarebbe
stata
voluta
direttamente
dal
Conte Ruggero
d'Altavilla,
a
partire
dalla
conquista
normanna
della
Sicilia,
intorno
al 1090.
San
Giorgio
fu
eretta
a Collegiata con
bolla
di Urbano
VIII del
6
novembre 1630.
L'impianto
secentesco
era
stato
progettato
dall'architetto
Frate
Marcello
da
Palermo,
dei
Minori
Riformati
di
San
Francesco di
Modica,
con
la
posa
della
prima
pietra nel 1643.
Il capomaestro
della
fabbrica
di
S.
Giorgio,
promosso
poi
nel 1649 a capomaestro
incegniero
della
città
di
Modica,
era
Carlo
D'Amico,
anch'egli
originario
di
Palermo.
Misterioso
rimane
il
nome
dell'autore
del
progetto
di
risistemazione
settecentesca
della
facciata,
anche
se
indicazioni
ricavate
da
attenti
studi
inducono
a
pensare,
anche
in
considerazione
della
lunga
durata
dei
lavori,
ad
una
continua
rielaborazione
ad
opera
dei
più
validi
architetti
del
Settecento
isolano,
fra
i
quali Rosario
Gagliardi per
il
progetto
iniziale, Francesco
Paolo
Labisi
da
Noto
dal
1761
in
poi
(per
quanto
riguarda
la
costruzione
del
II
e
del
III
ordine,
ma
la
direzione
dei
lavori
gli
venne
tolta,
ed
affidata
a
capimastri),
infine
Carmelo
Cultraro
limitatamente
al
coronamento
del
III
ordine
grazie
alla
costruzione
di
una
guglia,
fra
il
1841
ed
il
1842.
Il
Gagliardi
ed
il
Làbisi,
pur
agendo
in
ambito
squisitamente
siciliano,
erano
professionisti
aggiornati
e
buoni
conoscitori
dello
stile barocco
e
tardo
barocco italiano
ed
europeo
dell'epoca.
In
particolare
il
Làbisi,
per
quanto
riguarda
l'originale
soluzione
della
facciata-torre,
pare
essersi
ispirato
alla Cattedrale
di
Dresda,
completata
nel
1753
su
progetto
dell'italiano
Gaetano
Chiaveri.
I
lavori
per
la
ristrutturazione
e
rimodulazione
del
I
ordine
della
facciata
secentesca,
che
aveva
resistito
alle
forti
scosse
del terremoto
del
1693,
con
la
modalità
della
giustapposizione,
ovvero
dello
sfabbricare
piccole
porzioni
per
rifabbricare
sopra,
iniziarono
nel 1702 e
furono
completati
nel 1738,
mantenendo
il
vecchio
stile.
Cospicue
furono
le
offerte,
per
i
restauri
o
i
rifacimenti
ex
novo,
da
parte
dei
fedeli
modicani,
cui
si
aggiunsero
un
grosso
contributo
del
Comune,
e
la
generosa
elargizione
di
re
Filippo
IV,
che
rinunciò
a
favore
della
chiesa
al
contributo
annuale
che
la
Contea
versava
al
Real
Patrimonio
di
Spagna;
in
pochi
mesi,
si
raccolsero
ben
5.350
onze,
parecchi
milioni
di
euro
attuali
come
valore
spendibile.
Della
facciata
antecedente
il
terremoto,
quella
costruita
secondo
il
modello
di
Frate
Marcello,
se
ne
lesionò
solo
un
pezzo,
un
arco
di
una
porta,
rifatto
fra
il
1702
ed
il 1704 conforme
all'antica
pianta,
al
costo
di
appena
300
onze,
comprendendo
tale
spesa
il
rifacimento
di
un
pezzo
di
tetto
della
navata
centrale,
e
del
campanile.
La
consegna
dei
lavori
fu
solennemente
festeggiata
in
città
il
9
febbraio
del 1738 con
un
corteo
alla
presenza
di
tutte
le
autorità
religiose
(il
vescovo
di
Siracusa,
Mons.
Matteo
Trigona
in
testa),
civili
e
militari
dell'epoca.
Poi
una
lunga
pausa
fra
il
1738
ed
il
1760.
Il
I
ordine
della
facciata
attuale
era
dunque
già
completo nel 1760,
anno
in
cui
fu
dato
l'incarico
al
Làbisi
di
un
progetto
che,
partendo
da
un
rafforzamento
plastico
della
struttura
portante
del
I
ordine,
consentisse
a
quest'ultimo
di
sostenere
il
peso
del
II
e
del
III
ordine,
previsto
dal
progetto
stesso,
mantenendo
una
uniformità
stilistica,
nonostante
l'ardito
disegno
di
innalzare
una
facciata
a
torre.
Il
lavoro
del
Labisi
fu
oltremodo
importante,
in
quanto
l'architetto
netino
riuscì
a
disegnare
il
II
ed
il
III
ordine
in
maniera
perfettamente
armonica
rispetto
allo
stile
tardo-barocco
con
cui
era
stato
ricostruito
il
I
ordine
della
facciata,
rimodulato
qualche
decennio
prima
sui
disegni
o
del
Gagliardi
(dei
quali
disegni
non
abbiamo
testimonianza,
ma
che
operava
a
Modica,
ad
esempio,
nel 1714,
per
la
facciata
gesuitica
dell'attuale
chiesa
dedicata
a
Santa
Maria
del
Soccorso)
o
di
altro
architetto
(risultano
pagamenti,
anteriori
al
1761,
da
parte
del
canonico
Francesco
Gaetano
Basile,
tesoriere
di
San
Giorgio,
a
favore
di Vincenzo
Sinatra,
anch'egli
di
Noto,
allievo
del
Gagliardi)
che
ai
suoi
dettami
si
rifaceva.
Il
III
ordine
fu
completato
nel 1780 avendo
previsto
nel 1777 il
posizionamento
delle
campane
più
grandi
nell'apposita
cella,
e
dell'orologio
meccanico
nel
suo
quadrante.
Le
campane
e
l'orologio,
completato
il
III
ordine,
furono
spostati
nel 1777 al
piano
superiore,
lasciando
vuoti,
come
li
vediamo
attualmente,
la
cella
campanaria
del
II
ordine
ed
il
relativo
quadrante
dell'orologio.
Il
rifacimento
in
nuovo
stile
della
facciata
del
Duomo,
a
distanza
di
78
anni
dall'inizio
dei
lavori,
poteva
definirsi
quasi
completato,
mancando
però
il
coronamento
del
III
ordine
e
la
guglia
finale
con
la
croce.
A
questo
provvede,
con
un
suo
progetto,
il
ragusano
Carmelo
Cultraro,
coadiuvato
dai
maestri
di
fabbrica
Primo
Muccio
e
Gaudenzio
Lauretta,
dal 1841 al 1842.
Nel
1841
(atto
del
26
marzo)
fu
infatti
dato
incarico
al
"capomaestro
di
fabbrica"
Carmelo
Cultraro
di
realizzare,
entro
un
anno
e
cinque
mesi,
una
guglia
su
cui
apporre
la
croce
in
ferro,
a
completamento
del
progetto
originario
della
chiesa
madre.
La
committenza
al
Cultraro
elenca
minuziosamente
le
sculture,
le
forme,
i
fregi,
i
decori,
di
cui
dotare
la
cuspide
della
chiesa.
Nel
1842
anche
questo
progetto
era
interamente
compiuto,
come
attesta
un
cartiglio
lapideo
apposto
nel
coronamento
che
sormonta
il
III
ordine.

L'imponente
facciata
a
torre,
che
si
eleva
per
un'altezza
complessiva
di
62
metri,
fu
costruita
a
partire
dal 1702 e
completata,
nel
coronamento
finale
e
con
l'apposizione
della
croce
in
ferro
sulla
guglia,
nel 1842.
La
facciata
attuale
-
dalle
sorprendenti
analogie
con
la
coeva Katholische
Hofkirche di Dresda -
fu
realizzata
modificando,
forse
anche
con
parziali
demolizioni,
quella
secentesca
preesistente,
di
cui
non
abbiamo
documenti
o
disegni
ma
che
aveva
resistito
alla
forza
del
terremoto.
Peraltro
mai
furono
sospese
le
attività
liturgiche
nel
Duomo,
salvo
qualche
mese
dopo
il
tremendo terremoto
del
1693 che
ne
aveva
fatto
crollare
i
tetti,
ripristinati
i
quali
già
nel 1696,
alla
visita
pastorale
del vescovo
di
Siracusa,
la
chiesa
era
nel
pieno
esercizio
delle
sue
funzioni.
La
cupola
s'innalza
per
36
metri.
Una
scenografica
scalinata
di
164
gradini,
disegnata
per
la
parte
sopra
strada
dal
gesuita
Francesco
Di
Marco nel
1814
e
completata
nel 1818,
conduce
ai
cinque
portali
del
tempio,
che
fanno
da
preludio
alle
cinque
navate
interne
della
chiesa,
che
ha
pianta
basilicale
a
croce
latina
e
tre
absidi
dopo
il
transetto.
La
parte
della
scalinata
sotto
il
Corso
San
Giorgio
fu
progettata
nel 1874 dall'architetto Alessandro
Cappellani
Judica e
completata
nel 1880.
La
prospettiva
frontale
di
tutto
l'insieme
è
arricchita
da
un
giardino
pensile
su
più
livelli,
detto
Orto
del
Piombo,
costeggiato
dalla
scalinata
monumentale,
e
compone
una
scenografia
che
ricorda Trinità
dei
Monti in
Roma.
L'interno
della
chiesa
è
a
cinque
navate,
con
22
colonne
sormontate
da
capitelli
corinzi.
Il
tempio
è
dedicato
ai
martiri San
Giorgio e Ippolito,
e
fra
le
navate
vi
si
possono
ammirare
un
grandioso
organo
con
4
tastiere,
80
registri
e
3000
canne,
perfettamente
funzionante,
costruito
tra
il
1885
e
il
1888
dal
bergamasco
Casimiro
Allieri;
un
dipinto
di
scuola
toscana, L'Assunta,
del
tardo-manierista
fiorentino Filippo
Paladini (1610);
una
deliziosa
pittura naif su
legno, La
Natività del
pittore
milanese Carlo
Cane (1615-1688),
della
seconda
metà
del
Seicento;
la
tela
secentesca
(1671) Il
Martirio
di
Sant'Ippolito,
firmata
dal
poco
noto
Cicalesius,
una
statua
marmorea
di
scuola
gaginiana,
la Madonna
della
Neve,
della
bottega
palermitana
dei
carraresi Bartolomeo
Berrettaro e Giuliano
Mancino,
del 1511.
Sull'altare
in
fondo
ad
una
delle
due
navate
di
destra,
poggia
l'Arca
Santa,
chiamata
Santa
Cassa,
opera
in
argento
intarsiato
costruita
a
Venezia
nel
XIV
secolo,
e
donata
alla
Chiesa
dai
conti
-
mecenati
della
dinastia
dei
Chiaramonte.

Sul
pavimento
dinanzi
l'altare
maggiore,
nel 1895 il
matematico
Armando
Perini
disegnò
una meridiana solare;
il
raggio
di
sole,
che
entra
dal
foro
dello
gnomone
posto
in
alto
sulla
destra,
a
mezzogiorno,
segna
sulla
meridiana
il
mezzogiorno
locale.
All'estremo
sinistro
della
meridiana,
una
lapide
del
pavimento
contiene
l'indicazione
delle
coordinate
geografiche
della
chiesa,
e
dunque
della
stessa
città
di
Modica.
L'elenco
dei
siti
ospitanti
le
installazioni
di
meridiane:
la Cattedrale
di
Maria
Santissima
Annunziata di Acireale,
la
Scuola
Tecnica
Regia
di Caltanissetta,
la
Chiesa
dei
Santissimi
Apostoli
Pietro
e
Paolo
di Castiglione
di
Sicilia,
il Duomo
di
Santa
Maria
Assunta
di
Castroreale,
la Chiesa
di
San
Nicolò
l'Arena di Catania,
la Basilica
Cattedrale
Protometropolitana
della
Santa
Vergine
Maria
Assunta
di Messina,
il
Duomo
di
San
Giorgio
di Modica,
la Cattedrale
Metropolitana
della
Santa
Vergine
Maria
Assunta di Palermo.
Un
paragrafo
a
parte
merita
il
grandioso
polittico
posto
nel
fondo
della
parete
absidale
dietro
l'altare
maggiore,
composto
da
ben
10
tavole,
dipinte,
si
credeva
fino
agli
anni
Settanta
del
secolo
scorso,
dal
messinese Girolamo
Alibrandi nel 1513,
e
raffiguranti
le
scene
della
Sacra
Famiglia
e
della
vita
di
Gesù,
dalla
Nascita
fino
alla
Resurrezione
e
all'Ascensione,
oltre
a
2
riquadri
con
le
classiche
iconografie
dei
due
santi
cavalieri,
San
Giorgio
che
sconfigge
il
Drago,
e
San
Martino
che
divide
il
proprio
mantello
con
Gesù,
che
gli
si
presenta
sotto
le
vesti
di
un
povero
accattone.
La
datazione
e
l'autore
del
polittico,
contestati
per
la
difficile
lettura
della
terza
cifra
sotto
la
pancia
del
cavallo
di
San
Martino,
sembravano
avvalorati dal
fatto
che Girolamo
Alibrandi,
oltre
ad
essere
contemporaneo
e
concittadino,
era
anche
cognato
di
Giovanni
Resalibra
da
Messina,
l'abile
intarsiatore
ed
indoratore
delle
cornici
e
dell'intera
tribuna
che
contiene
le
10
pale
che
compongono
il
polittico.
Nessun
dubbio
che
l'autore
del
Polittico
di
San
Giorgio
fosse
stato Girolamo
Alibrandi (1470-1524,
noto
come
il
"Raffaello
di
Sicilia")
ebbe
mai
lo
storico
dell'arte
Gioacchino
Di
Marzo (1839-1916),
il
quale
adduceva
come
prove,
oltre
alla
datazione,
anche
l'affinità
di
stile
che
la Presentazione
di
Gesù
al
Tempio (una
delle
dieci
tavole
di
Modica),
presenta
con
il
famoso
dipinto
della Presentazione
al
Tempio eseguito
dall'Alibrandi
per
la
Compagnia
della
Candelora
in Messina,
oggi
esposto
presso
il
Museo
Nazionale
della
stessa
città.
Chiesa
di
San
Giovanni
Evangelista

La chiesa
di
San
Giovanni
Evangelista
presenta
una facciata la
cui
ultima
versione
è
stata
rifatta
dopo
il 1839,
per
essere
completata
fra
il 1893 ed
il 1901.
Il
luogo
di
culto
si
trova
in
questo
sito
dal 1150 (bolla
papale di papa
Eugenio
III).
Un
documento
del
marzo 1217 cita
le
chiese
di
San
Giovanni
e
di
San
Giorgio
in
Modica
come
poste
sotto
la
tutela
della Diocesi
di
Mileto,
in Calabria.
Si
trovava
in
questa
spianata
il
primo
edificio
religioso
di
Modica,
la
chiesa
di
San
Pietro extra
moenia del VII
secolo,
con
adiacente
un
coevo monastero dei Benedettini,
uno
dei
sei
fondati
in Sicilia da San
Gregorio
Magno.
Ma
un
diploma
di
cui
riferisce
lo
storico Placido
Carrafa,
riporta
che
il
Preposto
di San
Giorgio ordinò
la
demolizione,
avvenuta
nel 1454,
del
monastero
attiguo
a
San
Pietro
fuori
le
mura,
lasciando
spazio
ad
una
nuova
e
più
grande
costruzione,
un
sol
corpo
con
quella
di San
Pietro,
e
che
venne
dedicata
anche
a
San
Giovanni
Evangelista.
Successivamente,
essendo
sorta
nel
frattempo,
nel Trecento,
una
chiesa
dedicata
a
San
Pietro
nella
parte
bassa
della
città,
la
chiesa
di
Modica
Alta
mantenne
la
sola
intitolazione
a
San
Giovanni
Evangelista,
per
quanto
una
campana
fusa
nel 1550 riporti
ancora
incise
le
effigi
di
ambedue
gli
Apostoli.
Danneggiato
il
primo
tempio
dal terremoto
del
1542,
fu
presto
riedificato
nelle
dimensioni
attuali,
per
essere
poi
gravemente
colpito
dal terremoto
del
1693.
La
chiesa
fu
ricostruita
in forme
barocche tra
i
primi
decenni
del
Settecento
ed
il 1839,
anno
in
cui
l'architetto Salvatore
Toscano progetta
il
II
e
III
ordine
e
la
scalinata
monumentale
che
scende
fino
alla
piazza.
Il
prospetto
fu
lievemente
lesionato
dall'ulteriore
sisma
del 1848,
il
che
portò
alla
decisione,
nel 1893,
di
modificare
ulteriormente
la
facciata,
dando
forma
a
quella
definitiva
di
fine
Ottocento,
in stile
neoclassico,
simile
al
prospetto
della basilica
Collegiata
di
Catania,
che
possiamo
ammirare
ancor
oggi.
L'ultima
ridefinizione
architettonica
della
facciata
fu
operata
dal
capomastro
modicano
Giuseppe
Garofalo
Giannone,
su
disegno
dell'architetto
Salvatore
Rizza
di
Avola.
Ricca
di
stucchi
decorativi
all'interno,
con
le
rappresentazioni
dei quattro
Evangelisti,
vi
si
conserva
il
gruppo
statuario
dell'Addolorata,
del
Cinquecento,
composto
dalle
statue
della Vergine
Maria e
di
Marta
che
piangono
Gesù
appena
spirato,
staccato
dalla
Croce,
e
sostenuto
dalle
braccia
amorose
della Maddalena.
Al
gruppo
statuario
originario,
nell'Ottocento,
furono
aggiunte
le
statue
del Redentore moribondo
pendente
dalla
Croce,
e
quella
del
suo
discepolo
preferito,
Giovanni
(poi
Evangelista).
Ai
piedi
dell'Altare
di
San
Giovanni
Evangelista
è
poggiata
un'arca,
contenente
quasi
tutti
i
resti
del
corpo
di Santa
Temperanza martire,
donati
alla
chiesa
da
un
certo
don
Fidenzio
di
Ascoli,
su
licenza
di
don Ottavio
Carafa, Arcivescovo
di
Patrasso,
donazione
avvenuta
alla
metà
circa
del XVII
secolo (come
risulta
dai
documenti
custoditi
in
parrocchia,
fra
cui
gli
Atti
di
una
ricognizione
eseguita
il
20
giugno 1664 dal Vicario
generale di Siracusa,
Giuseppe
Capobianco,
su
disposizione
del
cardinale Ginetti).
La
chiesa
presenta
all'esterno
scalinata,
che
contribuisce
al
contesto
scenografico
urbano,
ai
cui
lati
i
muri
perimetrali
sono
intercalati
da
ventisei
pilastri,
che
in
tempi
passati
dovevano
sorreggere
altrettante
statue,
mentre
ora
se
ne
conservano
solo
tre.
La
chiesa
si
trova
nella
parte
alta
del
centro
storico
della
città,
e
la
croce
che
sormonta
l'apice
della
guglia
rappresenta,
con
i
suoi
449
m,
il
punto
più
alto
di
Modica.
Sul
lato
sinistro
della
chiesa,
un
tortuoso
reticolo
di
vicoli
di
retaggio
medievale
conducono
al
Belvedere
della
città
alta,
il
cosiddetto Pizzo,
da
cui
si
domina
il
centro
storico
di
Modica.
Chiesa
di
Santa
Maria
del
Gesù

Il
Convento
dei
Frati
Francescani
Minori
Osservanti
con
l’annessa
Chiesa
di
Santa
Maria
del
Gesù
è
uno
dei
monumenti
superstiti
dell’architettura
del
quattro
-
cinquecento
siciliano
tra
i
più
rilevanti
e
meno
conosciuti.
Conservano
uno
splendido
chiostro
a
due
ordini
in
stile
tardo-gotico,
con
tante
colonnine
tortili,
a
spiga,
romaniche
o
arabo-normanne,
variamente
ricamate
e
ognuna
diversa
da
quella
accanto.
Furono costruiti
in
quella
che
era
allora
la
«
Vicaria»,
la
parte
esterna
alla
città
e
rimasero
per
questo
motivo
isolati.
Vi
si
accedeva
da
un
viale
monumentale
voluto
dagli
Henriquez
ma
che
nell’800’
fu
poi
demolito
per
costruire
uno
dei
quartieri
più
popolosi
della
città.
La
Chiesa fu
costruita
restaurando
una
preesistente
chiesa
francescana
già
presente
almeno
dal
1343,
per
la
volontà
e
la
munificenza
della
Contessa
Giovanna
Ximenes,
al
fine
di
celebrarvi,
nel
gennaio
del
1481,
le
nozze
della
propria
figlia
Anna
Cabrera
con
Federico
Enriquez,
primo
cugino
del
Re
di
Spagna
Ferdinando
il
Cattolico.
Purtroppo
la
chiesa
e
il
convento
attualmente
non
sono
visitabili,
in
quanto
l'ex
Convento
è
sede
carceraria
sin
dal
1865
dopo
l’Unità
d’Italia
e
ciò
ha
determinato
un
mutamento
d’uso
isolandolo
totalmente
dalla
vita
urbana
della
Città.
Castello

Il castello
di
Modica
rappresentò
per
secoli
la
sede
del
potere
politico
e
amministrativo
della contea
storica
di
Modica.
Era
infatti
presidio
fortificato
militare
e
carcerario,
residenza
dei
Conti
prima,
del
Governatore
della
contea
in
nome
del
Conte,
dopo Carlo
I
d'Angiò fece
redigere
due
elenchi
dei
castelli
demaniali
siciliani:
gli Statuta
Castrorum
Siciliae,
emanati
nel 1268 e
nel 1272.
È
nel
secondo
elenco che
troviamo
citato
il
castello
di
Modica.
Oltre
che
nello Statutum
Castrorum
Siciliae del 1272,
il
castello
di
Modica
compare
inserito in
una Bolla
papale datata Anagni 21
agosto 1255,
indirizzata
a
fra
Ruffino
de'
Minori,
cappellano
e
penitenziere
del
Papa.
Fu
in
questo
castello
che
il
conte Matteo
Chiaramonte ospitò,
nel 1366 il
re Federico
IV
d'Aragona,
e
nel 1401 il
conte Bernardo
Cabrera vi
accolse
il re
di
Sicilia Martino
I.
Ivi
si
amministrava
anche
la
Giustizia,
essendo
sede,
dal 1361,
della
Gran
Corte,
cui
si
aggiunse
nel 1392 la
Corte
delle
I
e
II
Appellazioni,
per
divenire
poi
dal
2
giugno 1862 Tribunale
civile
e
penale
di
I
grado
e Corte
d'Assise.
La
città
divenne
Capoluogo
di
Distretto
della
Intendenza
di
Siracusa,
e
la
sede
di
tutti
gli
uffici
rimase
nel
castello
fino
al 1865.
Con
l'Unità
d'Italia,
furono
cacciati
dai
loro
conventi
e
monasteri
gli
Ordini
religiosi,
ed
il
Castello
dei
Conti
fu
definitivamente
abbandonato,
andandosi
a
trasferire
il
Carcere,
il
Tribunale
e
gli
Uffici
Circondariali
pressi
i
vari
conventi
resisi
disponibili.
Dal
punto
di
vista
monumentale,
il
Castello,
o
ciò
che
di
esso
rimane,
nato
come
fortificazione
rupestre
che
si
sovrappone
ad
un'emergenza
funeraria
del
tipo
di Pantalica,
viene
modificato
in
varie
epoche
tra
l'VIII
e
il
XIX
secolo,
e
si
erge
su
un
promontorio
roccioso
difficilmente
attaccabile,
con
due
lati
su
tre
costituiti
da
pareti
a
strapiombo.
All'esterno
rimane
una
torre
poligonale
(XIV
sec).
Nel
cortile
interno
sono
visitabili
le
carceri
medievali,
civili
e
"criminali",
una
serie
di
stanze
squadrate
ricavate
dalla
roccia,
ognuna
riservata
ad
una
specifica
categoria
di
carcerati:
donne,
condannati
comuni,
galantuomini,
persone
in
attesa
di
giudizio.
Per
i
briganti
più
pericolosi
c'erano
(una
è
ancor
oggi
visibile)
due
grandi
fosse
profonde
circa
sette
metri,
chiuse
in
alto
da
una
possente
grata
di
ferro,
dalla
quale
entravano
la
luce
e
l'aria.
Nello
stesso
cortile
poi
è
presente
la
più
recente
chiesa
della
Madonna
del
Medagliere (sorta
nel 1930 sui
ruderi della
chiesa
di
San
Leonardo,
a
conforto
dei
carcerati
fino
al 1865),
inoltre
è
visibile
ciò
che
resta
della
chiesa
di
San
Cataldo,
che
era
la
cappella
privata
del
Conte
e
del
Governatore,
e
infine
tre
nicchie
campanarie
oggi
murate
all'esterno,
il
suono
delle
cui
campane
indicava
alla
città
le
ore,
ed
i
momenti
che
si
vivevano
all'interno
del
Castello.
Crollate
a
causa
del terremoto
del
1693,
o
demolite
perché
di
intralcio
allo
sviluppo
urbanistico
moderno
della
zona,
quasi
nulla
più
resta
delle
5
torri,
delle
4
porte
e
della
cinta
muraria
dell'antico
maniero.
Recentemente
è
venuto
alla
luce,
e
reso
fruibile,
un
suggestivo
cunicolo
sotterraneo
scavato
nella
roccia,
che
trapassa
lo
sperone
roccioso
su
cui
sorge
il
Castello:
era
un
passaggio
di
ronda
militare.
Recentissimi
scavi
archeologici
nell'area
del
castello,
che
vanno
di
pari
passo
coi
lavori
di
un
grande
progetto
per
un
riuso
moderno
della
parte
nuova
del
castello
stesso
come
centro
congressi,
stanno
portando
alla
luce
suppellettili
varie,
arredi
funerari,
ceramiche,
monete
bronzee,
vasellame,
pavimentazioni,
fondamenta
di
grosse
mura
portanti,
nascosti
sotto
carichi
secolari
di
materiali
di
risulta,
e
risalenti
dal
bronzo
antico,
passando
per
il
periodo
ellenistico,
quello
romano,
poi
tracce
del
periodo
arabo,
per
arrivare
a
coprire
tutto
il
periodo
dell'uso
amministrativo,
militare
e
carcerario
del
castello,
fino
a
tutto
l'Ottocento.

Sui
resti
post-terremoto
(fine
XVII
secolo)
di
una
torretta
di
avvistamento
medioevale
del
castello
dei
Conti,
posta
a
cavaliere
delle
mura
sottostanti,
è
stato
apposto,
nel 1725,
un
orologio
meccanico
a
contrappesi,
ancora
perfettamente
funzionante,
i
cui
complessi
meccanismi
vengono
controllati
e
riavviati
ogni
24
ore
circa.
Nel 1777 viene
inviata
lettera
a
Re
Ferdinando
di
Borbone,
in
cui
si
chiede
autorizzazione
alla
spesa
per
un
primo
restauro,
in
quanto il
primo
orologio
è
arrivato
a
tale
stato
che
rendesi
affatto
inservibile...
perché
tutte
le
ruote
sono
contorte
in
grado
che
da
più
tempo
a
questa
parte
or
non
suona,
ed
or
trasferisce
notabilmente
le
ore
in
grave
pregiudizio
del
pubblico
nella
vita
civile.
Gli
ingranaggi,
che
permettono
il
funzionamento
di
quest'orologio
esclusivamente
in
modo
meccanico,
vengono
quotidianamente
curati
e
regolati
da
un
tecnico
del
Comune.
L'interno
della
torretta
-
caratterizzato
grandi
molle
metalliche,
pesi
e
contrappesi,
grosse
funi
e
catene -
è
visitabile
soltanto
in
particolari
occasioni.
Dalla
balaustra
della
torre
si
può
godere
di
un
suggestivo,
insolito,
panorama
sulla
parte
bassa
del
centro
storico.
La
torre
dell'orologio
-
imponente
testimone
secolare
della
vita
cittadina
-
è
sempre
stata
considerata
il
"simbolo"
dell'antica
nobile
Città
di
Modica
e
insieme
alle
due
chiese
maggiori
di
Modica
-
dichiarate
"patrimonio
dell'Umanità"
-
è
il
monumento
più
fotografato
della
Città.
Palazzo
Polara
Sul
lato
sinistro
del
Duomo
di
San
Giorgio
è
visibile
Palazzo
Polara,
della
fine
del
Settecento,
sul
cui
frontone
spicca
lo
stemma
della
famiglia
con
la
stella
polare. Palazzo
Polara,
è
una
costruzione
in
stile
tardo
barocco,
introdotta
da
un
elegante
scalone.
La
facciata,
in
un
tutt'uno
scenografico
con
la
scalinata
monumentale
ed
il
prospetto
del
Duomo
di
San
Giorgio,
domina
la
parte
bassa
del
centro
storico
di
Modica
e
le
colline
che
la
circondano
facendole
corona,
in
un
suggestivo
colpo
d'occhio
che
ci
conduce
verso
il
Belvedere
della
città
alta,
il
cosiddetto Pizzo.
Palazzo
Napolino-Tommasi
Rosso
Posto
nel
cuore
dell'antico
quartiere
di
Francavilla,
alle
spalle
del
Duomo
di
San
Giorgio
e
nei
pressi
dell'entrata
del
Castello
dei
Conti,
è
fra
le
testimonianze
più
significative
dell'architettura
tardo-barocca
di
Modica.
La
sua
costruzione
risale
alla
seconda
metà
del
XVIII
secolo.
La
sua
facciata
comprende
un
bel
portale
d'ingresso,
le
cui
colonne
ai
lati
lasciano
scendere
degli
eleganti
tendaggi
scolpiti
nella
pietra,
ed
emergenti
dalla
bocca
di
due
leoni.
Il
portale
è
sovrastato
da
un
elegante
balcone
in
ferro
battuto,
sorretto
da
mensoloni
decorati
con
mascheroni.
Altri
due
balconi
sono
posti
simmetricamente
ai
lati
di
quello
centrale,
a
completare
il
prospetto
di
quella
che
è
riconosciuta
come
la
più
elegante
architettura
civile
del
barocco
modicano.
Edificato
dai
Lorefice,
poi
passato
ai
Napolino
ed
infine
ai
Tommasi
Rosso.
Palazzo
Castro
Grimaldi
Situato
nel
cuore
di
Modica
Alta,
Palazzo
Castro
Grimaldi
fu
costruito,
tra
la
fine
dell’800
e
l’inizio
del
‘900,
su
commissione
del
cav.
Francesco
Castro,
per
abitarlo
con
la
consorte
donna
Grazietta
Grimaldi,
benefattrice
della
città
e
discendente
di
un
ramo
dei
principi
Grimaldi
di
Monaco.
Il
Palazzo
si
trova
in
una
posizione
strategica,
a
pochi
metri
dal
maestoso
Duomo
di
San
Giorgio.
Dai
suoi
terrazzi
è
possibile
godere
di
una
vista
unica
che
racchiude
il
meraviglioso
centro
storico,
i
palazzi
nobiliari
di
Modica
Alta
e
Modica
Bassa,
fino
ai
quartieri
più
lontani
che
si
ergono
sulle
colline
della
città.
Nel
1903,
per
volere
della
famiglia
Castro
-
Grimaldi,
il
palazzo
subì
dei
lavori
di
ristrutturazione
e
da
allora
gli
interni
non
sono
più
stati
rimaneggiati.
Gli
arredi,
i
suppellettili,
i
dipinti,
gli
affreschi,
la
carta
da
parati,
tutto
è
rimasto
intatto,
al
fine
di
preservare
il
fascino
storico
della
dimora
e
mantenerne
vive
le
tradizioni.
Gli
interni
del
Palazzo,
con
i
dettagli
preziosi
e
le
decorazioni
eleganti,
opera
dei
migliori
artigiani
siciliani
dell’epoca,
rivelano
il
gusto
tipico
della
nobiltà
siciliana
di
fine
‘800
e
inizio
‘900.
Palazzo
degli
Studi
Il
Palazzo
degli
Studi
(1610 - 1630)
era
in
realtà
il
convento
dei Gesuiti,
i
quali
fin
dal
loro
insediamento
nella
struttura
ne
fecero
il
Collegio
dove
istruire
i
rampolli
dell'aristocrazia
di
Modica.
Il
Collegio,
costruito
ampliando
e
restaurando
un
palazzo
donato
al
Comune
dal
nobile
palermitano
Alliata,
era
annesso
alla
chiesa
dei
SS.
Gesù
e
Maria,
o
del
Collegio
(poi
diventata S.
Maria
del
Soccorso),
il
cui
prospetto
barocco
fu
rifatto
nel 1714 su
progetto
di Rosario
Gagliardi,
mentre
il
convento,
resistendo
al
terremoto
del
1693,
determinò
la
scelta
dei
Gesuiti
e
del
popolo
modicano
di
non
spostare
la
città
sugli
altopiani
limitrofi.
L'intero
edificio
sorse
per
volontà
della
contessa Vittoria
Colonna
de
Cabrera,
che
si
fece
promotrice della
venuta
a
Modica
dei
Gesuiti,
e
contribuì
finanziariamente,
insieme
al
Comune
e
ai
possidenti
del
tempo,
al
che
nella
capitale
della
Contea
si
istituissero
corsi
di
studio
di
livello
universitario.
Fu
dunque
sede
del
Collegio
Gesuitico
sin
dal 1630,
del
Ginnasio
comunale
nel 1862,
del
Regio
Istituto
Tecnico
"Archimede"
dal 1866,
e
ospita,
dal 1878,
il Liceo
Classico intitolato
allo
scienziato
e
filosofo
modicano
Tommaso
Campailla.
Pag.
2

Agosto
2019
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