- Cattedrale
La cattedrale
metropolitana primaziale della Santa Vergine Maria Assunta, nota
semplicemente come cattedrale di Palermo, è il principale luogo
di culto cattolico della
città di Palermo e sede
vescovile dell'omonima
arcidiocesi metropolitana.
La
Cattedrale metropolitana di Palermo è dedicata alla Santa Vergine
Maria Assunta in Cielo. La patrona della
città è Santa
Rosalia cui è dedicata la Cappella meridionale posta
nell'abside minore del transetto destro.
Importantissimo è il culto che Palermo e la Sicilia tributano alla Vergine
Maria, venerazione che trova fondamento nel rapporto epistolare tra
l'ambasceria del Senato Messinese e Maria Madre di Gesù Cristo, Madre di
Dio, Madre della Chiesa, secondo il dogma Theotókos formulato
dal Concilio
di Efeso e riaffermato da alcuni principii del Concilio
di Nicea I. Legame rafforzato dall'opera evangelizzatrice degli Apostoli, San
Pietro e San
Paolo nei rispettivi transiti in terra sicula. In tutte le
accezioni è Patrona delle principali città dell'isola, Patrona Principale
del Regno delle Due Sicilie e attuale Patrona della Sicilia, a lei sono
dedicate la maggior parte delle Cattedrali e numerosi luoghi di culto.
Con Gualtiero
Offamilio la cattedrale è dedicata all'Assunzione
della Vergine rappresentata in tre diverse iconografie: una è
la Dormizione
della Madre di Dio o «Koimesis tes Theotokou» o «Dormitio
Virginis», che appartiene alla tradizione bizantina, le altre due
appartenenti alla tradizione latina: l'Assunzione e
l'Incoronazione in
cielo.
- Nella
prima, la Vergine Maria è rappresentata sul letto di morte, circondata
dagli apostoli e una bambina, che simboleggia l'anima pura di Maria pronta a
salire al cielo. Questa iconografia è spesso rappresentata anche da artisti
latini con il titolo di Dormitio Virginis, fino all'attuazione delle
disposizioni della riforma del Concilio
di Trento (1545 - 1563).
Raffigurazione mirabilmente ripresa e illustrata nel "teatrino"
marmoreo, opera di Antonello
Gagini, dove i Sette Arcangeli aprono il corteo processionale, uno di
essi conduce per mano una bambina, gli Apostoli trasportano e seguono la
lettiga.
-
Assunzione: la tradizione iconografica della Chiesa Latina rappresenta la
Vergine in preghiera ascendente verso il cielo in un cerchio di nuvole e
circondata, sorretta e quasi trasportata dai Sette
Arcangeli.
-
Incoronazione: la rappresentazione raffigura la Vergine insieme a Gesù
Cristo seduti su due troni in cielo tra le nuvole e angeli, nel momento in
cui il figlio cinge con una corona il capo della Madre.
L'Angelo
Custode e i Sette Angeli che accompagnano l'Assunzione sono elementi
iconografici comuni alla topografia delle immediate adiacenze della
cattedrale: la chiesa e Monastero
dei Sette Angeli, la strada e la Chiesa
dell'Angelo Custode.
Sulla
facciata occidentale, accoglie il pellegrino la "Madonna del
Tocco" o "Madonna della Porta", allegoria della Vergine Maria
quale porta d'accesso a Dio. La "Madonna della Luce", poi più
comunemente nota in Sicilia come Madonna
del Lume, verosimilmente un derivato della Vergine
Odighitria bizantina, che è colei che indica la via, la
direzione, la "Santa Maria del Cammino". Riconducibile nella
tradizione siciliana alla Madonna del Lume, identificabile e configurabile
nella protettrice dei viaggi via mare, dei porti, dei fari. Immediato il
collegamento con l'alta torre di segnalazione - odierno campanile - posta
davanti al duomo, incastonata nella cerchia delle mura difensive della città.
La Vergine Maria: "luce", "faro", "via",
"rivelazione della meta" nel cammino terreno del credente lungo la
strada verso il vero compimento.
Santa
Rosalia - Nel 1130 nasce
Rosalia de' Sinibaldi (o Berardi), il cui nome è la contrazione latina di Rosa
et Lilium, figlia del conte Sinibaldo de' Sinibaldi, vassallo del re
normanno Ruggero
II, il quale per i servizi resi, gli affida i feudi di Quisquina e
del Monte
delle Rose. Sinibaldo discendente dai Conti Marsi e da Carlo
Magno alla dodicesima generazione. La madre Maria Guiscardi
(immediato è il collegamento con Roberto
il Guiscardo), nipote di Ruggero
II è una nobildonna normanna.
Per
estrazione, educazione, cortesia, regalità e bellezza, Rosalia diviene
damigella d'onore e dama di compagnia della regina Margherita
di Navarra e di Sicilia, figlia del re García
IV Ramírez di Navarra e moglie di Guglielmo
I di Sicilia, figlio di Ruggero
II, ma, per via di incongruenze, è molto più probabile che Rosalia
fosse la damigella di una delle spose di Ruggero II. La giovane Rosalia si
forma e matura presso la corte regale, nella splendida cornice di Palazzo
dei Normanni, a pochi passi dalla primitiva Cattedrale bizantina,
futuro teatro della grande ricostruzione Gualtieriana dopo la distruzione
causata dal terremoto
di Sant'Agata, divenendo spettatrice di eleganti e sontuosi eventi
mondani.
Sposa
promessa del conte (o principe) Baldovino, cavaliere distintosi per aver
salvato dalle fauci di un leone re Ruggero II, Rosalia preferisce la vita
monastica e la solitaria contemplazione. Già da fanciulla dedica gran parte
del tempo alla preghiera sia nella casa paterna all'Olivella,
sia nel Palazzo dei Normanni. La giovane si rifugia nel monastero
del Santissimo Salvatore come seguace dell'ordine
basiliano di rito
greco. Oppressa dai genitori e dal promesso sposo, dopo due anni
circa abbandona anche le spartane comodità del monastero cittadino.
Comincia la sua esperienza di eremitaggio nei boschi di Palazzo
Adriano per poi rifugiarsi sul Monte
Quisquina, all'interno di una spelonca, dove scrisse un'epigrafe in
latino, vivendo da anacoreta,
ricevendo assistenza religiosa dalla locale comunità basiliana ma più
probabilmente da un abate, Cirillo, che le forniva la Santa Comunione. Dopo
un isolamento di circa dodici anni, trascorre alcuni mesi all'interno di un
bosco a Bivona, infine si trasferisce per un altro lungo periodo in una
grotta di Monte
Pellegrino di Palermo, presso una preesistente chiesa bizantina
retta da monaci
benedettini, dove visse per otto anni, concludendo in contemplazione
la vita terrena il 4 di settembre del 1170.
Per la
condotta esemplare è considerata santa già in vita e seppur non
riconosciuta, fu oggetto di culto con l'edificazione di numerose chiese e
cappelle a lei dedicate. Dopo oltre quattro secoli il culto lentamente
affievolisce al punto che il suo nome non è più invocato nelle litanie dei
Santi Protettori di Palermo fino ai primi anni del XVII
secolo. Con la peste del 1624,
che imperversa nell'Italia di allora con due diversi flussi di contagio:
incontrollate ondate migratorie al settentrione determinano la peste
di San Carlo Borromeo, scambi commerciali con paesi ove
contrabbandavano ciurme di pirati infetti al meridione, la figura di Rosalia
torna in auge, in un contesto alimentato da mito e leggenda, storia e
rivelazioni, sogni e scienza, umana rassegnazione e cristiano affidamento,
devozione e intelletto, prudenza e circospezione.
La data del
7 maggio 1624 è
ricordata per la propagazione della peste dovuta
allo sbarco alla Cala di
una nave carica d'infettati a bordo proveniente da Tunisi via Trapani.
Il 15 luglio 1624 si
registra il ritrovamento del corpo di Santa Rosalia coincidente con
l'affievolimento dei focolai di peste.
Il 27 luglio 1624 Curia
e Senato di Palermo proclamano Rosalia Patrona e Protettrice della città,
decretano il primato sulle compatrone dei quattro mandamenti storici Santa
Cristina, Santa
Oliva, Santa
Ninfa e Sant'Agata e
su San Rocco fervidamente
invocato durante l'epidemia del 1575.
Il 15 luglio 1625 si
svolge il primo Festino
in onore di Santa Rosalia.
Il 26
gennaio 1630, Papa
Urbano VIII, con lo Scriptam in Coelesti inserisce Rosalia
nel Martirologio
Romano, fissando l'origine palermitana, di stirpe reale facendola
risalire a Carlo
Magno, con la paternità di Sinibaldo de' Sinibaldi e la maternità
di Maria Guiscardi, nipote di re Ruggero II.
Un
buon numero di pitture della Santuzza realizzate tra il XIII e
il XIX secolo,
sono raccolte nella sala Verde del museo
diocesano che si trova nell'adiacente Palazzo
Arcivescovile. Tra queste la presunta prima icona del XIII
secolo che la raffigura in abiti di monaca basiliana.

Storia
- Epoca punica - Paleopolis: antica
città. Nel primitivo insediamento fenicio - punico fu
delimitata a oriente da una torre d'avvistamento e fortificazioni lungo il
corso del fiume porto - canale Papireto:
rispettivamente gli antesignani della torre
campanile e la cinta muraria superstite a ridosso dei resti
dell'attuale strada
dei Pellegrini.
Epoca
romana - Neapolis: nuova città.
In origine il piano è occupato da una necropoli esterna
a ridosso della cinta muraria punica. La prima testimonianza della
diffusione del culto cristiano è dovuta alla presenza di cimiteri
all'aperto e catacombe ricavate in fitte reti di grotte utilizzate come
luoghi di culto e rifugio dei cristiani perseguitati. Verosimilmente già
ritenuta un'area sacra, probabilmente un «Santuario della Salute» di
natura pagana.
La prima
chiesa è costruita nell'attuale area a poche centinaia di metri dal
primitivo insediamento fenicio - punico dove
adesso sorge il Palazzo
dei Normanni (Alcassar, la dimora degli emiri), lo stesso
luogo deputato durante il I, II e III secolo al sacrificio dei primi martiri
palermitani oggetto di persecuzioni
cristiane operate da Decio e Diocleziano.
L'edificio sorge fra la paleopolis «città primitiva» e la neapolis «nuovo
insediamento», distrutta dai Vandali all'inizio
del V secolo.
440,
Durante una delle frequenti incursioni in Sicilia, i Vandali di Genserico attaccano
di sorpresa Palermo e catturano il vescovo Mamiliano, i discepoli Eustochio,
Proculo, Golbudeo e altri personaggi di rango, tra i quali le giovani Ninfa e Oliva.
Deportati inizialmente in nord Africa per alterne vicende subiscono il
martirio e in seguito sono proclamati santi.
444,
L'edificio è menzionato in una bolla
pontificia di Papa
Leone Magno e in una in una lettera al clero siciliano del 21
ottobre 447.
476, Odoacre re
degli ostrogoti riscatta
la Sicilia cacciando i Vandali di Genserico,
con la Caduta
dell'Impero romano d'Occidente l'isola transita nell'Impero
romano d'Oriente dipendendo direttamente da Costantinopoli.
In questo
frangente la Chiesa di Roma proclama santi Agatone martire
e Mamiliano entrambi
vescovi di Palermo.
Epoca
bizantina
- 535, Belisario, alla
testa delle truppe bizantine, conquista Palermo. Del luogo di culto
edificato intorno al IV secolo e in seguito distrutto dai Vandali,
non sono pervenute testimonianze riportate alla luce.
592,
Il vescovo Vittore la
demolisce e ne promuove la ricostruzione secondo i canoni bizantini.
603, papa
Gregorio I affida la commissione all'arcivescovo Giovanni. Due
importanti arcivescovi e cardinali palermitani siedono sul soglio di Pietro: papa
Agatone e papa
Sergio I.
Il secondo
tempio d'epoca
bizantina dedicato alla Vergine
Maria Assunta, è edificato sulle rovine del precedente nel 604 del
quale sono pervenute la cripta e
la pianta basilicale a forma quadrata.
Sono
modificati il prothesis e
il diakonikon secondo
lo schema bizantino pervenuto con altri impianti basilicali, le maestose
absidi a oriente e rivolte come la facciata verso occidente. Di impronta
bizantina la collocazione dell'iconostasi e l'aspetto decorativo con le
caratteristiche proprie dell'arte del mosaico, secondo i preziosi canoni
della tradizione di Costantinopoli.
Sono compiuti tutti gli sforzi per mantenere vitale il rito
latino ma, nell'anno 732 passa al Patriarca
di Costantinopoli, e alla cattedrale sono apportate modifiche al fine
di adeguarla alle modalità proprie del culto della Chiesa
ortodossa.
732,
Con l'imperatore bizantino Leone
III Isaurico diminuisce il prestigio e l'influenza del pontefice
di Roma, si consolidata il rito
bizantino sul rito
romano.
Epoca
araba - Con la sconfitta di Michele
II l'Amoriano, Basileus
dei Romei (il Balbo o Balbuziente) nell'829, e
l'invasione dell'isola da parte dei Saraceni,
nel lungo contesto della dominazione
araba, che a Palermo spazia dall'anno 831 al 1072,
la chiesa è trasformata in luogo di culto musulmano, la grande moschea
Gami, capace di contenere 7 mila fedeli.
831,
I Saraceni conquistano Palermo, modificano chiese e edificano in città ben
trecento moschee. Nella metà del X
secolo il geografo Ibn
Hawqal riporta che, fatte le debite proporzioni, a Palermo si
contano più moschee che in altre città islamiche dell'epoca. Quella
più grande detta “Gami” o «Grande Moschea del Venerdì» è il
riadattamento della cattedrale bizantina. La conversione a moschea risale
alla dinastia musulmana degli Aghlabiti,
la sala
ipostilaubicata sotto la cappella
dell'Incoronata è verosimilmente ritenuta parte dell'antica
moschea - basilica. Colonne e altri elementi architettonici d'impronta
islamica sono rinvenuti e riutilizzati in tutti gli ambienti.
La corte
vescovile è "invitata" ad abbandonare le sedi cittadine, trovando
temporaneamente rifugio presso luoghi di culto nella vicina cittadina di Monreale.
L'evento determina la costituzione della futura Arcidiocesi
di Monreale. Il ruolo di cattedrale fu ricoperto da una modesta,
piccolissima chiesa: la «Aghia Kiriaki» ovvero la chiesa di Santa Ciriaca
o Santa Domenica.
Epoca
normanna
- Il ritorno alla sovranità di matrice cristiana e cattolica avviene con l'avvento
dei Normanni grazie al contributo del Gran
Conte Ruggero e del fratello Roberto
il Guiscardo. Per celebrare la riconquista territoriale dell'isola,
la casata degli Altavilla promuove e favorisce la costruzione di splendide e
monumentali cattedrali
normanne in tutte le località teatro delle battaglie più
cruente, riservando a Palermo la costruzione più laboriosa ma, altrettanto
fastosa. La moschea è riadattata rapidamente al culto cristiano, affidata
ancora per poco tempo al vescovo Nicodemo di
tradizione greco - ortodossa, molto amato dal popolo. È ipotizzabile che
all'esterno della Gami non siano stati apportati grossi cambiamenti col
passaggio a chiesa cristiana, eccezione solo per la trasformazione del
minareto in campanile.
1098, Apostolica
Legazia: Privilegio concordato tra sovrano e papa. Accordo che
prevedeva la nomina regia dei vescovi e conseguente approvazione,
consacrazione papale.
1167,
La regina Margherita
di Navarra, vedova di Guglielmo
I di Sicilia, nomina vescovo il cugino Stefano
di Perche, cancelliere del regno di Sicilia, sostenuto dalla
compagine francese. L'ambiguità personale e la fiducia riposta in
personaggi poco cristallini dislocati a vario titolo nell'amministrazione
del regno, suscitano il malcontento popolare.
1168,
La popolazione stanca degli abusi perpetrati dagli amici di Stefano e per la
sua condotta poco trasparente, si ribella. Il vescovo e i suoi scagnozzi
sono aggrediti, la vecchia cattedrale è incendiata bruciando le grandi
porte. Riusciti a porsi in salvo il vescovo e i suoi seguaci, sono
irrevocabilmente espulsi e spediti in medio
oriente.
1169 4
febbraio, Il terremoto
di Sant'Agata arreca danni al monumento. L'evento sismico
danneggia gravemente la sommità della torre campanaria e la parte superiore
della facciata che crollano devastandosi vicendevolmente. Interpretato come
punizione divina per causa della corruzione dilagante, l'evento costituisce
il pretesto per una radicale riedificazione del tempio, progetto che prevede
la costruzione di un edificio all'altezza dello splendore del regno.
Durante
il regno di Guglielmo
II di Sicilia, nel disegno che prevede il ripristino delle
preesistenti diocesi, mira a creare un secondo
arcivescovado nel comprensorio palermitano dando inizio alla
costruzione della Cattedrale
di Monreale. L'arcivescovo di Palermo, Gualtiero
Offamilio, nel 1170 ne
promuove contestualmente la costruzione della nuova cattedrale, completata
nel 1184 - 1185. Del primitivo impianto gregoriano perviene solo la parte
inglobata nell'odierna Cappella
dell'Incoronazione.
1185 6
aprile, Solenne consacrazione presieduta da Gualtiero
Offamilio.
Sotto le
dominazioni di normanni e svevi si assiste in città alla pacifica
convivenza di un crogiolo di razze rappresentate dalle religioni monoteiste
del mondo allora conosciuto: cristiani, musulmani e ebrei.
Palermo è capitale
del Sacro Romano Impero con Federico II. Per quasi due secoli le
arti e l'architettura sono permeate da canoni stilistici tipici del medio
oriente amalgamati con le concezioni nordiche e germaniche.
La chiesa
è modificata ancora più volte, ma lo sviluppo in pianta della nuova
cattedrale è oggetto sempre dei forti influssi religioso - architettonici
precedenti. Ripetutamente rimaneggiata e riedificata per svariati eventi,
risente anche di interventi dovuti a fenomeni
sismici, soprattutto nell'alta torre campanaria slanciata dinanzi al
prospetto occidentale.
Epoca
spagnola
- I decenni a cavallo del secolo sono caratterizzati dalla massima
espressione artistica nell'isola nota come Rinascimento
siciliano. Geni del calibro di Domenico
Gagini, Antonello Gagini, Francesco Laurana, Orazio
Alfani (detto il Perugino), Giovanni
da Maiano, le relative scuole e botteghe lasciano capolavori senza
eguali nell'aggregato, così come nell'intero palcoscenico artistico
palermitano e siciliano.
1574,
Nel cimitero divenuto piazza, in occasione della festa di Santa
Cristina è accordata da Pietro
II di Sicilia, confermata da Carlo
V d'Asburgo e qui trasferita da Filippo
I di Sicilia, col consenso di Papa
Gregorio XIII, la Fieravecchia. L'area destinata alle
sepolture era denominata Cimiterio Santi Angeli del Plano Matris
Panormitane Ecclesiæ, di cui una parte riservata ai canonici e vescovi. Con
la rimodulazione in piazza il Plano Matris Panormitane Ecclesiæ ospitò
la Fera de lo Plano. Una parte di esso o comunque una porzione
adiacente era chiamato Plano dei Cavalieri di San Giovanni Evangelista,
accezione derivante dalla medievale chiesa
di San Giovanni Evangelista al Plano, luogo di culto inglobato in
epoca spagnola nell'aggregato facente capo alla chiesa
dei Sette Angeli.
L'ambiente
fu sempre sede di pomposi spettacoli teatrali incentrati su temi religiosi
che prevedevano coreografici cortei processionali e la partecipazione delle
più alte cariche civili e religiose del regno, manifestazioni che
contemplavano pause di ristoro in padiglioni appositamente eretti e molto
spesso annoveravano la partecipazione del monarca o dell'imperatore. Fra
essi si annoverano gli Atti di fede o Auto
da Fé celebrati dal Tribunale del Santo Uffizio di Sicilia.
1º agosto 1536,
Solenne consacrazione presieduta da Arnaldo
Albertin vescovo di Patti.
Dal 1643 al 1647 Pietro
Novelli, ingegnere del Regno e architetto del Senato Palermitano
realizza grandiosi apparati effimeri consistenti in macchine e opere
architettoniche, pitture a guazzo, carri trionfali per il Festino (dal
1643 al 1647), archi celebrativi, scenografie. Per le commemorazioni
funebri reali allestisce monumentali opere di architettura, pittura,
scultura realizzati in memoria di Isabella
di Borbone (7 aprile 1645), moglie di Filippo
IV e dell'infante Baltasar
Carlos.
Epoca
asburgico - borbonica
- L'edificio,
già felice espressione di molteplici stili, subisce nel corso dei secoli
vari rimaneggiamenti. Il Barocco
siciliano s'innesta con arricchimenti tipici della cultura
decorativa dell'epoca.
Tra
il 1741 e il 1743 l'incaricato
regio monsignor Giovanni
Angelo de Ciocchis compie per conto del sovrano di Sicilia Carlo III di Spagna una ricognizione generale
di benefici e beni religiosi soggetti a patronato regio, all'interno dell'intero
territorio siciliano e contemplati nella raccolta di atti e documenti
denominati "Acta e Monumenta". Tra magnificenza e
sfarzi di tesori d'arte custoditi nel tempio, il relatore pone in risalto le
debolezze e le criticità delle strutture delineando gli interventi che
alcuni decenni più tardi caratterizzeranno il più complesso dei cantieri di restauro. Sulla base del resoconto
e di altri progetti di fattibilità mirati commissionati a posteriori
matureranno: l'ingrandimento dell'impianto, la garanzia della stabilità
strutturale, il miglioramento dell'illuminazione, la copertura dei soffitti
con volte
a botte, l'anelata cupola in muratura. Il conseguimento di
determinati risultati ha comportato in tutti i casi il pagamento di
pesantissimi scotti, talora ravvisabili in autentiche scempiaggini agli
occhi dei moderni estimatori, spesso derivati in iterazioni d'errori e
bizzarrie senza logica, come nel caso dello smantellamento del capolavoro
noto come Tribuna di Antonello Gagini.
1748 - 1753, José Alfonso Meléndez incarica Giovanni Battista Vaccarini,
l'architetto che ha curato la ricostruzione del patrimonio di Catania dopo
il terremoto del 1693, per la
stesura di una relazione tecnica per il restauro del duomo con l'avallo del
re Carlo III.
1767,
L'arcivescovo Serafino Filangieri affida una commissione
tecnica a Ferdinando
Fuga, architetto del re, per l'attuazione di un restauro conservativo
dell'edificio, volto solamente al consolidamento della struttura.
Restauri
1726
- È
interamente rimodulato il complesso campanario nel 1726,
su progetto dell'architetto Giovanni
Amico in seguito al «terremoto di Terrasini» avvenuto in
quell'anno. Definito brutto e borrominesco, in epoca neoclassica, e
stridente con gli esterni della chiesa, è riconfigurato in seguito al
terremoto del 1823.
Restauri
1781 - 1801 - Il
più poderoso e invasivo dei restauri è effettuato alla fine del Settecento, quando in occasione del
consolidamento strutturale si rimodella
radicalmente l'interno su progetto di Ferdinando Fuga.
1781
20 febbraio - 1801 3 giugno. Durante
i restauri il Capitolo metropolitano e gli uffici parrocchiali sono
trasferiti presso la chiesa del Gesù a Casa
Professa che in tale frangente assume il titolo e ricopre le funzioni di
concattedrale.
I
lavori hanno inizio nel 1781, eseguiti non
dal Fuga ma dal palermitano Carlo
Chenchi con l'assistenza di Giuseppe Venanzio Marvuglia e
durano fino ai primi anni del XIX
secolo. Il restauro complessivo comporta un allargamento sui fianchi
con la trasformazione delle cappelle laterali sulle navate laterali e le
nuove cappelle costruite di sana pianta, il Portico meridionale avanzato di
parecchi metri e interamente riassemblato per anastilosi a cura del
capomastro Francesco
Patricolo. Rimodulazione della facciata nord.
I
rifacimenti sono in realtà molto più radicali dei progetti dell'architetto
fiorentino, che secondo alcuni studiosi, pensa invece di conservare, almeno
in parte, il complesso longitudinale delle navate e l'originario soffitto
ligneo del XII
secolo. Il restauro interviene a cambiare l'aspetto originario del
complesso, dotando la chiesa della caratteristica ma discordante cupola,
eseguita secondo i disegni del Fuga.
Durante
questo intervento è smontata la preziosa tribuna innalzata da Antonello
Gagini dal 1510 e con la
collaborazione dei figli e altri scultori fino al 1574,
ornata di statue, fregi e rilievi, sono distrutti gli affreschi di Andrea Carrera nell'absidiola sinistra o Cappella del Santissimo Sacramento, è
completamente rifatta l'absidiola destra o Cappella di Santa Rosalia con
conseguente rimozione dei sarcofagi reali antistanti.
Nei
primi lustri del XIX
secolo sulla coronatura con merli è documentata la collocazione
di numerose statue, le restanti temporaneamente parcheggiate nella Cappella
delle Sacre Reliquie. Nella metà del Novecento per
volontà del cardinale Ernesto
Ruffini le statue medesime trovano una migliore collocazione
nella navata principale. Anche le pittoresche cupolette maiolicate con
lanternini destinate alla copertura delle navate laterali risalgono al
rifacimento del 1781.
4
giugno 1815, Solenne
consacrazione presieduta da Gabriele
Gravina, vicario in sede vacante.
Restauri
1826 - 1835
- 1826 al 1835, Intervento
risolutivo dell'architetto Emmanuele Palazzotto per i danni subiti
dal campanile conseguenti al terremoto del 1823, per volontà e
incarico dell'arcivescovo Pietro
Gravina di Montevago. Il complesso di campanili e pinnacoli neogotici
posti sulla torre del Palazzo Arcivescovile domina
il prospetto della Cattedrale e rappresenta uno delle principali monumenti
nello skyline di Palermo.
1860,
Durante i moti dell'Insurrezione di Palermo si
registrano danni esterni al monumento e la completa distruzione del prezioso
"Archivio della Maramma", custodito all'interno della cosiddetta Cappella dell'Incoronazione.
In
questa cattedrale, sintesi di storia e di arte dell'ultimo millennio in
Sicilia, oltre ai sovrani normanni (Ruggero II di Sicilia, Guglielmo II d'Altavilla e Giovanna Plantageneto (13 febbraio 1177)), svevi,
aragonesi (Federico III di Sicilia, Alfonso il Magnanimo dei Trastámara),
catalani, sono stati incoronati Vittorio Amedeo II di Savoia e Carlo III di Borbone 3 luglio 1735.

ESTERNO
- Prospetto
occidentale
Il
prospetto principale o occidentale dà su via Matteo
Bonello. La via prende nome dal signore di Caccamo dapprima
ambasciatore, in seguito cospiratore contro Guglielmo I di Sicilia. La
facciata si presenta molto articolata dal punto di vista prospettico, anche
nello spazio, per la presenza di due archi a sesto acuto ispirati
all'architettura islamica che raccordano la Cattedrale all'adiacente Palazzo Arcivescovile oggi
anche sede del Museo diocesano, retaggio di
antichi passaggi aerei coperti, vie di fuga assieme la fitta rete di
cuniculi sotterranei che garantivano il riparo nella zona fortificata in
caso di attacchi.
Una
cancellata e una balaustra a
colonnine, in sostituzione dell'antica recinzione costruita da Vincenzo Gagini nel 1575, protegge lo
spazio antistante alla facciata, sui pilastri che delimitano i varchi sono
poste le statue di San
Giuseppe, San
Pietro, San
Paolo e San Francesco di Paola opere
di Giovanni Battista Ragusa del 1724 - 1725. Sul
prolungamento della successiva recinzione lato Cassaro sono collocate le sculture
marmoree raffiguranti San
Gregorio Papa e Sant'Agostino opere
di Giovanni
Travaglia del 1673; San
Girolamo e Sant'Ambrogio opere realizzate da Antonio
Anello, quest'ultimi manufatti commissioni dell'arcivescovo Giovanni Lozano nel quadro
dell'abbellimento del «Piano della Cattedrale» posto in essere nel periodo 1655 - 1673.
Un'intricata,
quanto spettacolare selva di torri campanarie neogotiche realizzate nel
torrione medievale dell'arcivescovado su progetto dell'architetto Emmanuele Palazzotto dal 1826 al 1835 si
fronteggia con i due torrioni occidentali
che delimitano lateralmente la facciata della Cattedrale. Il complesso
presenta raccordi ad arco e decorazioni opera di maestri lapicidi
trecenteschi e quattrocenteschi. Il portale
strombato centrale in stile gotico è
del 1353 ed è
sormontato da un'edicola contenente un bassorilievo di Maria con il
Bambino. I pannelli bronzei a rilievo della porta centrale sono del
palermitano Filippo
Sgarlata del XX secolo. Questa porta è stata aperta il 13
dicembre 2015 dall'Arcivescovo Corrado
Lorefice quale Porta Santa nell'ambito del Giubileo della Misericordia. In simmetria e
speculari all'asse dell'ingresso sono poste quattro iscrizioni lapidee
sovrastate da altrettante nicchie. Il portale è arricchito in alto da una
bellissima bifora
posta in prossimità della navata centrale all'interno di una cornice
mistilinea. I due portali laterali sono sormontati da targhe marmoree e
grandiose monofore
strombate cieche con più ordini di colonnine e ghiere
prospettiche. Tutte le pareti sono coronate dalla caratteristica merlatura.
Prospetto
settentrionale - Il prospetto
settentrionale o di via Incoronazione, sul fianco sinistro della Cattedrale,
si affaccia su un edificio la cosiddetta "Loggia
dell'Incoronazione". Del primitivo isolato costituito dall'Arcivescovado
Vecchio, poi convertito in monastero di Santa Maria di Monte
Oliveto e "Badia Nuova" dell'Ordine benedettino, sono pervenuti solo dei
resti inglobati nella Cappella dell'Incoronata.
Secondo la tradizione, dopo l'incoronazione in Cattedrale, i Sovrani di Sicilia si mostravano ai
sudditi affacciandosi dallo spazio sopraelevato presentandosi per la prima
volta al popolo.
Il pronao e
l'attigua Cappella coeva alla Cattedrale, erano collegati al grande tempio
normanno tramite un portico che grazie alla copertura assicurava a reali,
cortigiani e clero di spostarsi da un luogo all'altro anche con condizioni
climatiche avverse, a distanza dalla folla per motivi di sicurezza. Appunti
d'illustri viaggiatori, cronisti e storiografi, quali Ibn
Jubayr, Ugo
Falcando, Tommaso
Fazello, Giovanni
Francesco Pugnatore, Vincenzo Di Giovanni, Michele
Amari, riconducono alla "Via Coperta", che identifica il
corridoio che attraverso l'Arcivescovado
Vecchio collegava la Torre Pisana del Palazzo Reale con la Cattedrale, il
cui tracciato seguiva verosimilmente lo sviluppo della primitiva cinta di
mura puniche poste lungo il corso del fiume Papireto.
Gli
elementi architettonici che decorano l'ingresso alla navata sinistra sono
recuperati dal portico realizzato su questo lato della Cattedrale da Fazio e Vincenzo
Gagini nel 1563 - 1567,
discutibilmente rimodulati durante i lavori del grande intervento di
restauro della fine del XVIII secolo, praticamente appiattiti sulla parete
esterna. Il monumentale ingresso è contraddistinto da quattro gruppi di
colonne binate in conci di pietra reggenti un complesso architrave spezzato
dall'articolata modanatura. Le coppie centrali delimitano l'apertura vera e
propria, i vani simmetrici laterali, rientrati e ciechi, ospitano
altrettante coppie di colonne ornate da capitelli
corinzi. Il portale costituito da colonne marmoree con timpano ad
arco spezzato reca al centro una stele a sua volta sovrastata da timpano e
aquila imperiale.
Prospetto
orientale - Il
prospetto orientale o di Piazza dei Sette Angeli dà su via Simone Beccadelli di Bologna,
arcivescovo di Palermo e promotore della costruzione dell'attuale Palazzo Arcivescovile oggi
anche sede del Museo diocesano. Le statue
della balaustra della via sono: San
Mamiliano di Giovanni
Travaglia e Sant'Eustozio di Antonio
Anello opere entrambe realizzate nel 1673, San
Procolo e San
Golbodeo di Giovanni
Travaglia, quest'ultima realizzata nel 1673.
La
parte absidale stretta
fra le torricelle è quella più originale del XII secolo. Il prospetto orientale, visibile dalla
Piazza Sette Angeli, è delimitato dalle torri angolari orientali poste sud
e nord che racchiudono il maestoso vano corrispondente al vasto presbiterio,
dalle pareti esterne sono visibili i due catini absidali laterali aperti e
ricollegabili all'antico tempio gualteriano incastonati fra le torri di
raccordo dalle quali si protende la mole cilindrica dell'abside principale
che presenta nel complesso, solo il primo ordine decorato con archi ciechi
con più ordini di rilievi.
Questo
prospetto della Cattedrale è un mirabile esempio di decorazioni a tarsie
laviche ottenute con la realizzazione di figure geometriche e floreali in
pietra lavica alloggiate fra conci di tufo che determina un delicato e
tipico contrasto cromatico, l'intero secondo ordine è caratterizzato
dall'intreccio di doppi rilievi d'archi a tutto sesto che sottintendono
monofore o oculi.
Una serie di alte monofore cieche sottese da archi segnati da doppia ghiera,
decorata a bugne e conci a guanciale, contiene un doppio ordine di strette
finestre. Un terzo ordine comprende due grandi archi, il quarto ordine dieci
altissime monofore cieche con più ordini di rilievi con inscritte finestre,
piccole monofore e oculi ciechi. Le estremità superiori sono ornate da
merlatura sinusoidale comune ai vani orientali.
Prospetto
meridionale
- Il
prospetto meridionale è sul lato di Via Vittorio Emanuele o anticamente
strada del Cassaro,
parola di derivazione araba indicante la "fortificazione". Il
fianco destro della costruzione, con le caratteristiche torrette avanzate e
l'ampio portico
in stile gotico
catalano eretto intorno al 1465, si
affaccia sul planum Ecclesiae, a sua volta recintato da una
balaustra di marmo sui cui pilastri sono poste statue di santi, piazza la
cui pavimentazione è stata ridisegnata nell'anno 2000.
Le
statue che adornano i piedistalli dei varchi prospicienti su Corso Vittorio
Emanuele partendo da sinistra: San
Agatone e Santa
Silvia di Carlo
D'Aprile, opere realizzate nel biennio 1655 - 1656, Santa
Cristina di Carlo
D'Aprile (1655) e Santa
Rosalia di Gaspare
Guercio (1655), Sant'Agata di Carlo
D'Aprile (1655) e Santa
Ninfa di Gaspare
Guercio (1655), Sant'Oliva di Gaspare
Guercio (1656) e San
Sergio di Carlo
D'Aprile (1655). Al centro
della piazza si trova la statua di Santa
Rosalia di Vincenzo
Vitaliano del 1744 collocata
al posto della Fontana dei tre vecchioni, che già nel 1664 aveva
subito un primo intervento di restauro.
Il
portale d'ingresso è opera di Antonino
Gambara, eseguito nel 1426 per
l'incoronazione di Alfonso il Magnanimo, i cui battenti lignei
sono di Francesco
Miranda del 1432, occupa la
porzione di spazio anteriore compresa tra la seconda cupoletta maiolicata con lanternino e la sesta,
corrispondenti alle rispettive campate interne della navata destra. Il
portico dalla conformazione a capanna, presenta l'accesso costituito da tre arcate ogivali corrispondenti
a tre volte
a crociera nell'interno, sorrette da capitelli fioriti e sostenuti da colonne
provenienti dalla moschea,
la prima colonna a sinistra reca scolpita un'iscrizione tratta dal Corano. L'arco centrale più ampio e più
elevato presenta come i due laterali, una ricca decorazione tortile,
l'insieme è riconosciuto come «Albero della Vita» o «Albero
della Conoscenza». La trave di
sostegno del timpano del portico è
decorata da un arabesco nelle cui intercapedini è raffigurata una teoria di
Sante Vergini, Profeti, Apostoli, Dottori della Chiesa, Evangelisti,
alternata in corrispondenza dei vertici ogivali degli archi, dagli stemmi del Regno
di Sicilia, del Senato
Palermitano e da quello della Cattedrale.
Il timpano è caratterizzato
dalla figura di Dio Padre, al centro della scena dell'Annunciazione,
inserito in una trina scolpita raffigurante fiori stilizzati dalla
forte e complessa connotazione geometrica di matrice araba. Il portico è
delimitato da piloni,
ognuno contraddistinto da tre ordini decorati con monofore appaiate cieche e
strombate. All'interno un portale di Antonino
Gambara del 1426, ricco di
figure floreali e immagini antropomorfe, chiuso in alto da un'edicola
contenente un mosaico riproducente la Madonna, del XIII secolo; i due monumenti
alle pareti commemorano l'incoronazione di Carlo III di Borbone del 1735 a destra
quella di Vittorio Amedeo II di Savoia del 1713 a
sinistra realizzata da Giovanni Battista Ragusa del 1714. Ai lati del
mausoleo sono poste le statue provenienti dalla Tribuna di Antonello Gagini: San Giovanni, San Matteo, San
Marco e San
Luca, insieme a numerose targhe, epigrafi e steli marmoree. Il
secondo ordine del prospetto meridionale corrisponde alle pareti della
navata centrale, risale al periodo normanno ed è caratterizzato da una
sequenza di monofore che si alternano aperte e cieche e dalle cupolette che
danno luce alla navata laterale.
La
mole del transetto interseca
il lungo parallelepipedo della navata centrale è sovrastato dal tamburo e
dalla cupola di Ferdinando
Fuga che domina il prospetto meridionale, opera realizzata durante il
grande restauro del 1781 - 1801. A sinistra i
volumi degradanti dei locali adibiti a Museo, sagrestia dei canonici,
con la tipica decorazione a colonnine pensili, dominati dalla mole del corpo
sovrastante il "Titulo e Antitulo", dalla torre dell'orologio di Vincenzo
Gagini e l'iscrizione OPERIBVS CREDITE di sud -
est e dal muraglione di raccordo con il corpo centrale. Tutte le pareti sono
ingentilite dalla presenza di cornici e decorazioni dovute alla
realizzazione di serie contigue di monofore aperte o cieche; ad arco, a ogiva con cuspide acuta, ad arco
ribassato; lobate o strombate con più ordini di rilievi, per culminare
nelle pareti absidali, con la presenza di monofore sovrapposte inscritte in
monofore allungate, rispettando sempre criteri di raffinata simmetria.
Cupola
- Come
ogni capitale e città d'arte dell'antico continente, anche a Palermo si
crea un clima di celebrazione personale: ciascuno alto prelato emula e si
prodiga per superare in splendore artistico i predecessori, ogni arcivescovo
o cardinale si spende per lasciare traccia indelebile del proprio operato,
concorre per magnificare il sovrano o viceré di turno, contribuisce per
osannare l'artista in voga. Spontaneamente si crea una competizione tra le
commissioni dei principali monumenti cittadini nonché l'esibizionistica
concorrenza tra capolavori nel regno, nella penisola e in ambito europeo.
Nessuna
fonte fa riferimento all'esistenza di una cupola anteriore al XV
secolo, se non accenni alle calotte delle absidi orientali
d'ispirazione araba, colorate con tinte vivaci, costruite come elementi
decorativi alla stessa stregua di particolari architettonici presenti nei
numerosi monumenti cittadini edificati in epoca normanna.
Sarcofagi,
portali, altari, torri, archi trionfali, piazze, dipinti, sculture, tribune,
retabli sono elementi che arricchiscono nel tempo i locali della magnifica
costruzione, tra essi manca la realizzazione di una vera e propria cupola,
la cui costruzione nelle stime e progetti di massima, avrebbe comportato la
ristrutturazione dell'impianto per la ridistribuzione del peso.
Accanito
promotore e sostenitore del progetto è l'arcivescovo Nicolò Puxades che trova una
soluzione alternativa, al tempo stesso elegante, economica e originale,
conciliante in termini di opere e costi: la messa in opera di una cupola in
legno, posta internamente sotto il tetto, che copra l'area del coro senza
comportare gravosi e pesanti interventi di stabilizzazione strutturale. Il
manufatto così concepito è eretto sull'intersezione dei due bracci, il
tamburo a base ottagonale è decorato con iscrizioni d'oro con caratteri
gotici e la calotta, ridotta a causa della presenza della copertura.
XVI
secolo,
L'esplosione delle correnti note come rinascimento e barocco in ogni nuovo
cantiere ecclesiale cittadino, prevede la costruzione di una cupola
provvista d'apparati decorativi di spessore, utilizzando le tecniche più
diverse, ricorrendo ai materiali più disparati: marmo, intarsi, affreschi,
stucchi, ferro per le armature, legno, oro, mosaici. In alternativa si fa
ricorso a cupole fittizie realizzate con la tecnica del Trompe-l'œil.
La
cattedrale con la primitiva impostazione presentava interni spartani anche
se arditi e imponenti con ambienti scuri e spogli. Una approssimativa e
grossolana intonacatura, successive imbiancature delle pareti ovviano
temporaneamente il problema ma, non costituiscono la soluzione definitiva.
Al duomo spetterebbe il primato della realizzazione più grandiosa e
spettacolare che consenta contestualmente la soluzione dei problemi
dell'illuminazione interna.
I
disegni di magnificenza coinvolgono Martín de León Cárdenas seriamente
intenzionato nel demolire la cupola di legno ed erigere il manufatto in
muratura, ma il costoso progetto è respinto dal capitolo della cattedrale
il 20 settembre 1651. Il prelato abbandona il suo sogno e rivolge
l'attenzione alla risistemazione e rimodulazione della piazza meridionale.
1781
20 febbraio - 1801 3 giugno, In seguito ai resoconti delle visite regie,
delle verifiche di stabilità post terremoto del Val di Noto del 1693,
dei progetti avanzati da Ferdinando
Fuga, tra i lavori di consolidamento e i restauri, è finalmente
realizzata la cupola.
Con
irrobustimenti le colonne e gruppi di colonne sono state trasformati in
possenti pilastri, le snelle arcate ogivali modificate in archi a tutto sesto. Gli interni perdono
profondità e la lunghezza originale, con drastiche riduzioni delle
superfici e dei volumi, risaltano le evidenti manomissioni sullo stile
primitivo dei manufatti. Il portico settentrionale è appiattito sulla
parete. Sul lato sud, i muri esterni delle cappelle espansi verso la piazza,
sono allineati con la vecchia sacrestia. Di conseguenza, il triportico è
accuratamente disassemblato e rimontato in avanti di circa sei metri.
Addossati ai quattro pilastri del presbiterio sono
stati costruiti quattro grandi archi che definiscono un quadrato. Su questi
è stato posto un alto tamburo cilindrico
costituito da una parete circolare provvista di otto finestroni. Concepito
dal Fuga piuttosto elevato, affinché fosse assicurato il primato di
grandezza su tutte le cupole della città, in stile classico, calotta con
nervature binate sormontata da lanterna - lucernario.
Scompare la copertura lignea, il soffitto della navata è realizzato con volte
a botte. Sui tetti delle navate laterali sono costruite sedici
cupolette con lanternini, otto su ogni nave, e le rispettive finestre
lucernari per illuminare ciascuna cappella.

INTERNO
- L'interno,
che ha subito profonde trasformazioni tra la fine del Settecento e i primi
dell'Ottocento, è a croce latina con tre navate divise da pilastri (gruppi
tetrastili con 4 colonne incastonate provenienti dalla antica costruzione)
con statue di santi che facevano parte della decorazione della tribuna del
Gagini.
Nella navata destra,
la prima e la seconda cappella, comunicanti fra di loro, custodiscono le
tombe imperiali e reali dei normanni, intorno alle quali ruota una storia
romanzesca e ricca d'interesse. Ruggero II, re dal 1130, aveva
stabilito già nel 1145 che il Duomo di Cefalù da lui
fondato diventasse il mausoleo della famiglia reale. In tal senso aveva
predisposto la sistemazione di due sarcofagi in porfido, un granito molto
prezioso e di notevole durezza, originario dell'Egitto, dal colore rosso
cupo che, nell'antichità, era usato esclusivamente per le commissioni
imperiali. Alla sua morte nel 1154, però, egli venne sepolto nella
cattedrale di Palermo in un avello di porfido dalla forma molto più
semplice. Nel 1215 Federico II fece trasportare i due sarcofagi da
Cefalù alla cattedrale di Palermo destinandoli a sé e al padre Enrico
VI. Il sarcofago di Federico II è sormontato da un baldacchino con colonne
in porfido e l'urna è sorretta da due coppie di leoni; insieme a quelli di
Federico II sono stati conservati anche i resti di Pietro II di
Sicilia. Le altre tombe sono quelle di Costanza d'Aragona, sorella del
re d'Aragona e moglie di Federico II, di Guglielmo, duca d'Atene figlio
di Federico III di Sicilia, e dell'Imperatrice Costanza d'Altavilla,
figlia di Ruggero II e madre di Federico II.
Sul
pavimento della navata centrale fu realizzata, durante i rifacimenti
moderni, una meridiana in marmo con tarsie colorate che rappresentano le
costellazioni per opera di Giuseppe Piazzi, astronomo e scopritore del
supposto pianeta Cerere, e fu qui collocata nell'anno 1801). Il
ricco altare del Sacramento, in bronzo, lapislazzulo e marmi
colorati, è stato realizzata su disegno di Cosimo Fanzago (XVII
secolo). Nel presbiterio si dispone il bellissimo coro ligneo
tardo-quattrocentesco in stile gotico-catalano e il trono
episcopale, ricomposto in parte con frammenti d'antichi mosaici del XII
secolo. Durante la fase dei restauri della fine del XVIII secolo, fu
incaricato il pittore di Sciacca Mariano Rossi di decorare la
cattedrale. Gli affreschi, secondo il disegno originale, dovevano ricoprire
il catino dell'abside, la volta del coro, la cupola e la navata centrale, e
dovevano rappresentare idealmente il ristabilimento della religione
cristiana in Sicilia per opera dei Normanni. Mariano Rossi incominciò nel 1802 e
non terminò tutto il lavoro, ma ancora oggi si possono ammirare gli
affreschi nel catino dell'abside, dove sono rappresentati Roberto
il Guiscardo e il conte Ruggero che restituiscono la chiesa al vescovo
Nicodemo e
nella volta del coro, dove è dipinta l'Assunzione di Maria Vergine.
A
destra del presbiterio si trova la cappella di Santa Rosalia,
patrona di Palermo, con le reliquie e l'urna d'argento, opera seicentesca di Matteo
Lo Castro, Francesco Ruvolo e Giancola Viviano, portata in
processione durante la festa patronale il 15 luglio. I due altorilievi di Valerio
Villareale, rappresentano: Santa Rosalia invoca Cristo per la
liberazione della peste e l'Ingresso delle gloriose reliquie di
Santa Rosalia a Palermo. Oltre al coro ligneo in stile
gotico-catalano del 1466 e ai resti marmorei della tribuna
gaginiana riadattati, di alto interesse artistico sono la statua marmorea
della Madonna con Bambino di Francesco Laurana,
eseguita insieme ad altri aiuti nel 1469, la pregiata acquasantiera
(posta al quarto pilastro) opera incerta di Domenico Gagini e la Madonna
della Scala, eseguita nel 1503 da Antonello Gagini e posta
sull'altare della sacrestia nuova.
Navata
destra o meridionale

Prima
campata: Prima
Cappella delle Tombe Reali.
Prima
dell'edificazione dell'attuale edificio, nel 1130 esisteva la
primitiva Cappella di Santa Maria Maddalena fatta edificare da Elvira
di Castiglia, prima moglie di Ruggero II di Sicilia, affinché
ospitasse le sue spoglie e quelle dei conti, duchi, principi, re e regine
normanni. Guglielmo I di Sicilia già sepolto nella chiesa ipogea
di Santa Maria delle Grazie della Cappella Palatina, la moglie Margherita
di Navarrae i figli Ruggero IV duca di Puglia, Roberto principe di Capua,
Enrico principe di Capua, lo stesso Guglielmo II di Sicilia, a lavori
conclusi, dalla nuova Cappella di Santa Maria Maddalena furono traslati o
sepolti nella coeva costruzione del Duomo di Monreale. Fino al 1781 le
sepolture erano collocate dinanzi alla Cappella del Santissimo
Sacramento,
poi divenuta Cappella
di Santa Rosalia. Le
date indicano l'anno della morte. La realizzazione dei sarcofagi è sempre
anteriore e dettata da disposizioni personali o per utilizzo di opere
altrimenti destinate o dal recupero di capolavori d'arte.
1197. Enrico
VI di Svevia. Il monumento funebre è costituito da sarcofago e baldacchino in porfido rosso
con sei colonne, uno dei manufatti concepiti per la Cattedrale del
Santissimo Salvatore di Cefalù da Ruggero II di Sicilia e
in seguito trasferiti a Palermo. Per i dissidi con Riccardo Cuor
di leone la sepoltura dell'Imperatore è ritardata per disposizione del
Pontefice e subordinata alla restituzione della dote di Giovanna
d'Inghilterra e alla corresponsione del compenso pattuito da Tancredi
di Sicilia.
1198. Costanza
d'Altavilla. A ridosso della parete esterna è collocato il monumento
funebre di Costanza d'Altavilla, il sarcofago in porfido rosso è
sovrastato da baldacchino in marmo bianco con sei colonne mosaicate.
1222. Costanza
d'Aragona. Sarcofago d'epoca romana riproducente una scena di caccia
incastonato in un vano della parete destra della controfacciata. Nell'ultima
ricognizione fra ori, gemme, perle, gioielli, anelli sono stati rinvenuti la
cuffia e il prezioso copricapo (camaleuco).

Seconda
campata: Seconda Cappella
delle Tombe Reali.
1154. Ruggero
II di Sicilia. Sarcofago in porfido rosso posto a ridosso della parete
esterna, sorretto da quattro telamoni e baldacchino mosaicato con
sei colonne. È uno dei due sarcofagi predisposti per la Cattedrale del
Santissimo Salvatore di Cefalù. I corpi di Ruggero III di
Sicilia nel 1193 e del padre Tancredi di Sicilia nel 1194,
entrambi deposti all'interno del sarcofago, per i ben noti dissidi col
futuro Imperatore Enrico VI di Svevia sono rimossi e occultati
altrove.
1250. Federico
II di Svevia. Sarcofago in porfido rosso sorretto da quattro leoni e
sormontato da baldacchino con sei colonne. Sugli spioventi del coperchio
sono scolpiti tre tondi in ambo i lati, quello centrale dello spiovente
destro raffigura Cristo Pantocratore, a sinistra la Vergine con il
Bambino. I tondi esterni raffigurano i simboli dei quattro Evangelisti.
Il monumento funebre custodisce anche i resti di Pietro II di Sicilia 1342 e
di una donna.
1338. Guglielmo
d'Aragona. La tomba del figlio di Federico III d'Aragona lo
raffigura in abiti domenicani tra stemmi della Corona d'Aragona.
Terza
campata: Cappella della
Madonna della Lettera. Culto derivato dalla tradizione messinese
tributato alla Madonna della Lettera. Costituisce pala d'altare il
dipinto Vergine
con il Bambino,
in stile bizantino, di Antonio Filocamo. Le tele alle pareti laterali
sono opera di Angelo del Vecchio e raffigurano san
Mamiliano, santa
Ninfa e
i santi Eustochio, Proculo e Golbudeo,
a destra il beato Giacomo
Cusmano.
Quarta
campata: Ingresso laterale lato sud
corrispondente al Portico Meridionale di Via Vittorio Emanuele.
Addossata al 4° pilastro è presente una monumentale acquasantiera in
stile rinascimentale di Domenico Gagini. Nella conchiglia due
bassorilievi illustrano La Benedizione del Fonte Battesimale e
il Battesimo di Gesù. Sul cupolino è raffigurato l'Angelo
dell'Annunciazione.
Quinta
campata: Cappella di
sant'Ignazio di Loyola. Costituisce pala d'altare il dipinto Apparizione
della Vergine ai Santi con sant'Ignazio di Loyola e san
Francesco Saverio, opera di Pietro Novelli del 1633 - 1634. Sulla
parete destra è collocata una tela d'ignoto raffigurante il Martirio
di sant'Oliva.
Sesta
campata: Cappella del beato
Pietro Geremia. Costituisce pala d'altare il dipinto raffigurante il Beato
Pietro Geremia di Antonio
Manno del 1785 intitolato Il beato Pietro Geremia
profetizza al Senato di Palermo la fine della carestia. Sulla parete
sinistra è collocata La Gloria di san Francesco e san Domenico, tela
dipinta da Fedele di san Biagio, a destra la tela raffigurante i Sette
Angeli, d'autore ignoto.
Settima
campata: Cappella delle
Sacre Reliquie. All'interno dell'ambiente sono collocate le Sacre
Reliquie, le urne di Santi e Sante palermitani: l'urna di Santa
Cristina prima santa protettrice di Palermo, la seicentesca urna di santa
Ninfa, la lastra tombale di san Cosma del XII secolo, l'urna di san
Mamiliano primo vescovo di Palermo. La sistemazione museografica della
cappella e il disegno della grande cancellata in ferro battuto si devono
all'architetto Francesco Paolo Palazzotto intorno al 1908.
Ottava
campata: Cappella di San
Francesco di Paola. Sull'altare del 1713 è collocata la
statua di San
Francesco di Paola fra
le raffigurazioni allegoriche della Penitenza a
destra, entrambi di Giovanni Battista Ragusa, a sinistra la figura
della Carità,
di Gioacchino Vitagliano.
Navata
sinistra o settentrionale
Prima
campata: Cappella del
Battistero. Nell'ambiente trova collocazione il fonte battesimale ottagonale
realizzato da Gaetano e Filippo Pennino nel 1801.
Fra due scenografiche rampe con balconate si erge il manufatto marmoreo,
allegoria del peccato originale con la rappresentazione
dell'albero di melo o della conoscenza, infestato dal serpente che
tenta e corrompe Adamo ed Eva raffigurati accovacciati
in basso, disperati e prostrati per la colpa. Su ogni lato della vasca sono
presenti bassorilievi riproducenti episodi biblici legati al sacramento del Battesimo.
Sulla parete di fondo il dipinto Battesimo di Gesù, opera di Giuseppe
Crestadoro.
Seconda
campata: Cappella di Santa
Maria degli Angeli. La cappella tributa il culto alla Vergine
nell'accezione di Santa Maria degli Angeli. Il manufatto ospita le
statue dell'Assunzione della Vergine e il Sepolcro di
Maria, provenienti dalla dismessa Tribuna del Gagini. L'altare è
completato dagli ornati di Giacomo e dalle formelle scolpite da Fazio e Vincenzo
Gagini sulla Passione di Gesù: La lavanda dei piedi,
L'Orazione di Gesù nell'Orto degli Ulivi, L'Ultima Cena, lo Spasimo provenienti
dalla dismessa Cappella del Crocifisso. Ricorrente il tema
della venerazione dei Sette Angeli. Già denominata Cappella
dell'Assunta o Cappella della Trapassione di Maria o Cappella
Afflitto, fondazione e patrocinio della famiglia Afflitto. L'altare
commissionato ad Antonello Gagini fu smantellato per far posto
alla Cappella di San Mamiliano nel 1663, il basamento
trasferito nella parete del braccio meridionale del transetto, gli ornati
furono dispersi.
Terza
campata: Cappella di
sant'Antonio di Padova. Costituisce pala d'altare il dipinto Sant'Antonio
di Padova e Sant'Atanasio Chiaramonte,
attribuito a Vito D'Anna del 1768. Sulla parete destra è
collocato il dipinto raffigurante San Benedetto, del pittore Mariano
Rossi, opera del 1786. Sepoltura del cardinale Pietro Geremia
Michelangelo Celesia.
Quarta
campata: Ingresso laterale lato
nord corrispondente a via Incoronazione. Il nome deriva dall'accesso
riservato ai sovrani per la presenza del passaggio coperto che lo collegava
al Palazzo dei Normanni. Addossata al 4° pilastro è presente una
monumentale acquasantiera a baldacchino in stile rinascimentale simile
a quella opposta di Domenico Gagini, opera nata dalla collaborazione di
Giuseppe Spatafora e Antonino Ferraro del 1553 con
buoni esiti di originalità stilistica. La conchiglia è ornata da due
rilievi con Mosé che fa sgorgare acqua dalla roccia e Gesù
che guarisce il paralitico. Sul cupolino è raffigurata la Vergine
Maria.
Prima
della realizzazione dell'odierno Cassaro e dell'attuale Palazzo
Arcivescovile, era la facciata col portale dei Gagini il prospetto
più importante della costruzione, infatti si affacciava sulla primitiva
direttrice che dai quartieri alti a ovest conduceva ai sobborghi della
marina a est. La strada parallela alla via dei Pellegrini collegava la Paleopolis alle
periferie accentrate intorno alla Cala.
Quinta
campata: Cappella di santa Cristina. Costituisce pala
d'altare il dipinto Glorificazione della Vergine, di Giuseppe
Velasco del 1633. Nell'area sono documentati dipinti di Antonello
da Palermo realizzati nel 1503. Sepoltura del cardinale Ferdinando
Maria Pignatelli e dall'arcivescovo Giovanni Battista Naselli dei
duchi di Gela.
Sesta
campata: Cappella dell'Immacolata Concezione. La nicchia
dell'altare ospita il simulacro argenteo dell'Immacolata
Concezione del
settecento. Ai lati due monumenti funerari di arcivescovi di Palermo.
Nell'anno 2013 è stata realizzata nella cappella la
"provvisoria" sepoltura delle spoglie del beato padre Pino
Puglisi, ucciso dalla Mafia nel 1993. Sepolture dei cardinali Pietro Gravina e Gaetano
Trigona e Parisi.
Settima
campata: Cappella di san Pietro e sant'Agata. L'altare in lapislazzuli impreziosito
da bassorilievi in legno dorato raffiguranti scene bibliche, è dominato da
pala d'altare San Pietro e sant'Agata, di Pietro Martorana del
XVIII secolo proveniente dall'antica Chiesa delle Stimmate. Ai
lati i due monumenti funerari di Raffaele Mormile e Francesco
Ferdinando Sanseverino.
Ottava
campata: Cappella della Madonna Libera Inferni. Sull'altare è
collocata la statua di Maria Vergine, di Francesco Laurana
del 1469 realizzata per il Real duomo di Santa Maria Assunta di
Monte San Giuliano l'odierna Erice. Il titolo Libera
Inferni è dato alla Madonna nel 1576 dal Pontefice
Gregorio XIII concedendo l'indulgenza per le anime del purgatorio. Le
due lesene marmoree ai lati dell'altare, provengono dall'antica tribuna di Antonello
Gagini. Opera eseguita da Baldassarre Pampillona su progetto di Paolo
Amato nel 1684.
Sepolcro
e busto marmoreo dell'arcivescovo Raffaele Mormile.
Sepolcro
e busto marmoreo dell'arcivescovo Domenico Pignatelli di Belmonte.
TRANSETTO
Absidiola
destra
- Absidiola
meridionale o destra o Cappella di Santa Rosalia.
La
cappella ubicata nel braccio meridionale del transetto si presenta
chiusa da una cancellata in ottone, dall'arcata superiore pendono sette
lampade votive in argento, quella centrale, donata dal re Vittorio
Amedeo di Savoia nel 1714.
Incastonata nell'arco d'ingresso della cappella, campeggia la
grande aquila imperiale dalle ali spiegate, simbolo della città di Palermo.
Ai lati, due bassorilievi del 1830 di Valerio
Villareale raffiguranti episodi della vita della Santuzzapalermitana:
a destra Santa Rosalia ferma il braccio all'angelo della morte,
a sinistra la Processione delle sacre spoglie, sono altresì
presenti alcune paraste provenienti dalla dismessa Tribuna di
Antonello Gagini. Sul drappeggio del catino absidale campeggia
l'immagine più diffusa di Santa Rosalia, dipinta da Giuseppe
Velasco. Sulla parte anteriore del basamento della mensa un paliotto argenteo
raffigura Rosalia con alcuni degli elementi iconografici a essa ascrivibili:
il teschio metafora allegorica dell'abbandono della vita terrena
per quella trascendente e contemplativa, il libro sacro simbolo
dell'esistenza condotta nella parola di Dio, le rose, che identificano
il rosario e la purezza, lo scettro nella mano sinistra rappresentante
la discendenza dagli imperatori normanni.
Dietro
l'altare d'argento sbalzato, protetta da un cancello di rame del 1655 avente
funzioni di sopraelevazione, è presente la preziosa e composita urna in
argento disegnata da Mariano Smiriglio, realizzata dagli argentieri Giuseppe
Oliveri, Francesco Rivelo, Giancola Viviano, Matteo Lo Castro con
la collaborazione di Michele Farruggia e Francesco Roccuzzo. L'imponente
realizzazione datata 1631 sostituisce l'arca similare realizzata in tempi
brevissimi in argenti et cristalli della Gloriosae
Sanctae Rosaliae, commissionata dal Senato di Palermo il 3 marzo 1625,
tramite Nicola Placito e Giacomo Agliata, adesso esposta
nella cripta delle reliquie. L'intera opera rappresenta uno dei capolavori
più preziosi dell'argenteria siciliana barocca. Il basamento è
costituito da aquile che si spalleggiano ad ali spiegate appollaiate su
cartigli e la conchiglia di San Giacomo, quattro putti alati sorreggono
l'urna e sostengono lo scudo appiedato recante il simbolo della rosa. Il
corpo dell'arca decorato con incisioni a basso e altorilievo con
scene di vita della Giovane Eremita su ognuno dei quattro lati, i cosiddetti
"teatrini": La Vocazione, L'eremo di Quisquina, La
vita Contemplativa, La Coronazione fatta da Gesù Cristo,
quattro cherubini assisi sui bordi di ognuno dei fianchi più lunghi, il
coperchio con sviluppo a forma di parallelepipedo con sei ovali in
bassorilievo riproducenti: L'eremo di Quisquina, L'eremo
di Monte Pellegrino, La Vocazione, La Vita
Contemplativa, La Recita del Rosario, Il Transito,
fra teste alate di cherubini poste sugli angoli, il tutto sormontato dalla
statua di Santa Rosalia in abiti da monaca basiliana, la corona di rose sul
capo, la croce patriarcale nella mano sinistra, nell'atto di sconfiggere
schiacciando con i piedi il drago, figura allegorica della peste e del male.
Il reliquiario custodisce il corpo della Santa, la sua prima biografia e un
manoscritto con la firma autografa del cardinale Giannettino Doria,
Arcivescovo di Palermo.
Dell'antica
Cappella di Santa Rosalia restano delle tracce d'intarsi marmorei e i
fastosi resoconti d'illustri viaggiatori che delle visite in Cattedrale e
nell'eremo di Monte Pellegrino hanno lasciato dettagliate descrizioni nei
diari dei loro Grand Tour: Johann Wolfgang von Goethe, Guy de
Maupassant, Alexis de Tocqueville, Jean Frédéric d'Ostervald, Patrick
Brydone per citare solo alcuni degli stranieri.
Parete
destra transetto
- Parete
del transetto destro: Cappella dedicata a Maria Santissima Assunta. Costituisce
pala d'altare il dipinto Madonna Assunta, di Giuseppe
Velasco del 1801, i bassorilievi alle pareti del 1535 raffigurano
le sante patrone palermitane, sull'altare la Dormizione di Maria,
raffigurata in mezzo agli Apostoli, manufatto facente parte della dismessa Tribuna
di Antonello Gagini.
Absidiola
sinistra - Absidiola
settentrionale o sinistra o Cappella del Santissimo Sacramento. L'abside
lato vangelo nel 1549 è documentata come Cimiterio
Arcivescovale, per contro l'abside lato epistola e lo spazio antistante,
ospitava le sepolture reali. Fazio Gagini è incaricato del
restauro e della racconciatura dei sarcofagi incastonati sulle pareti del catino.
Gran parte dei monumenti furono collocati in basso e ripristinati assieme a
tutto l'ambiente con carrate di marmi provenienti dalla dismessa chiesa
della Pinta, prima che i sarcofagi dei vescovi venissero confinati nella cripta
absidale.
Elegante
cappella con decorazioni in stucco dorate. Preziosissimo altare ciborio realizzato
su disegno di Cosimo Fanzago del 1653 su commissione Martino
de Leon. Mensa con pannelli, sopraelevazione riproducente un tempio con
pianta esagonale a tre elevazioni: colonnato, tamburo, cupola realizzati
interamente in lapislazzuli. Capitelli, modanature, cornici, inserti, fregi, nervature e
decorazioni superiori col colore in contrasto in oro zecchino. La mensa e il
ciborio preesistenti erano opera di Antonello Gagini.
Sulla
parte sinistra è realizzato l'imponente monumento funerario di Pietro
Gravina.
A
destra il mausoleo di Francesco Ferdinando Sanseverino realizzato
da Gaetano Pennino.
Davanti
alla Cappella la lampada d'argento donata dal re Carlo III di Borbone.
1672,
"Ciclo", decorazioni a fresco, opere documentate di Andrea
Carrera e distrutte nel restauro settecentesco.
Parete
sinistra transetto - Parete
transetto sinistro: Cappella del Santissimo Crocifisso. La
sopraelevazione dell'altare una croce in agata del '700 sostiene
un Crocifisso, scultura policroma di epoca medioevale in
legno di tiglio, la tradizione vuole sia stato plasmato da Nicodemo e San
Luca, condotto in Sicilia da Sant'Angelo Carmelitano nella chiesa
di San Niccolò alla Kalsa nel 1220, per essere donato a Francesco
Staufer de Antiochia e alla cattedrale nel 1311 da Manfredi
I Chiaramonte, conte di Modica. Alla base del Crocefisso le sculture
della Madonna Addolorata e della Maria Maddalena,
di Gaspare Serpotta, eseguite nel 1664. La statua di San
Giovanni Evangelista è
opera di Gaspare Guercio.
Sormonta
il tutto in alto nella lunetta uno stucco di Filippo Quattrocchi del
XVIII secolo riproducente Dio Padre tra gli Angeli. I
bassorilievi alle pareti sono di Fazio Gagini e Vincenzo
Gagini del 1557 - 1565 raffiguranti scene della Passione
di Gesù. Fra queste la scene dello Spasimo, ispirata al famoso
dipinto di Raffaello raffigurante lo Spasimo
di Sicilia,
un tempo custodito nella chiesa del monastero olivetano di Santa Maria
dello Spasimo (da cui il nome, temporaneamente conservato nell'abbazia
del monastero cistercense di Santo Spirito) e oggi al Museo del Prado di Madrid,
la Discesa dalla Croce, ispirata alla Deposizione,
di Vincenzo degli Azani, all'epoca in San Giacomo la Marina, altre
tratte dalla Piccola
Passione di Albrecht
Dürer. I sedici bassorilievi della Cappella erano parte integrante della
dismessa cappella gaginiana del Santissimo Crocifisso. Nella primitiva
modulazione l'apparato in stucco commissionato dall'arcivescovo Cesare
Marullo, fu eseguito da Antonino Ferraro da Giuliana. Dello stesso
autore, la decorazione della "soppressa" Cappella di San
Michele Arcangelo patrocinata dall'arcivescovo Diego Haëdo.
Altare
maggiore
- 1466, Madonna della Luce, manufatto musivo raffigurante la Presentazione
della Beata Vergine Maria al Tempio. Antonio
Mongitore nel 1719 documenta la primitiva immagine
dell'abside presente prima della costruzione della Tribuna di Antonello
Gagini. L'antico mosaico voluto da Niccolò Puxades fu
rimosso nel 1510 e assemblato nel pilastro destro della Cappella
di Nostra Signora Libera Inferni.
1509 - 1536 e
seguenti, Tribuna di Antonello
Gagini, elaborato manufatto marmoreo realizzato su commissione di Giovanni
Paternò del 1507.
Nel presbiterio il
prezioso coro ligneo in stile gotico - catalano risalente risalente
al 1466, ai lati le grandiose cantorie sovrastate dalle canne
d'organo. L'altare versum populum realizzato con un
monolite marmoreo di moderna e lineare concezione. L'altare maggiore è
costituito da colonne ioniche sormontate da capitelli
corinzi, chiude l'elevazione un ricco architrave sovrastato da
timpano triangolare. Al centro è collocato il Cristo risorto e
le guardie pretoriane a guardia del sepolcro di Antonello
Gagini, sulla mensa un Crocifisso intarsiato di madreperla.
Nella
calotta absidale è affrescata La consegna del Duomo al Vescovo
Nicodemo dopo la sconfitta dei Saraceni per mano normanna di Mariano
Rossi del 1803. Dello stesso autore l'Assunzione della Vergine
tra le Virtù cardinali realizzata nel 1802. Nelle nicchie
lungo le pareti del catino absidale sono collocate dieci delle dodici statue
raffiguranti gli Apostoli - sormontate dai rispettivi angeli portacorona - e
alla base, il teatrino corrispondente, sculture di Antonello
Gagini.
Di
pregevole fattura il trono del sovrano o "Baldacchino Reale"
recante decorazioni musive del XII secolo e l'iscrizione: "Prima
Sedes, Corona Regis et Regni Caput", in
prossimità il candelabro destinato al cero pasquale. Dirimpetto era
collocata la cattedra vescovile oggi rimossa e riassemblata come
altare nella cripta, recava l'iscrizione: "Trinacriae prima
Metropolis Sedes", opera di Fedele e Scipione da Carona con la
collaborazione dei fratelli Fazio e Giacomo Gagini, manufatto commissionato
dal cardinale Pietro Tagliavia d'Aragona.
Attuali
dislocazioni opere dismessa tribuna -
Le
attuali dislocazioni delle opere disassemblate della Tribuna di
Antonello Gagini all'interno della Cattedrale in seguito all'intervento
promosso da Ferdinando Fuga e pesantemente posto in opera dal
palermitano Giuseppe Venanzio Marvuglia sotto la direzione dei
lavori di Giovan Battista La Licata. Nei primi lustri del XIX
secolo è documentata la disposizione sulla coronatura esterna dei
merli.
L'attuale
collocazione dei manufatti è effettuata sui pilastri della navata centrale,
ai vertici del transetto, presso i pilastri della cupola, sui contrafforti e
nell'emiciclo dell'abside.
Le
sculture degli Evangelisti in seguito alla ristrutturazione della
Cattedrale di Palermo del 1780 sono poste alle pareti del portico
meridionale quale allegoria dei Vangeli come porta d'ingresso della chiesa.
Le
sculture dei Dottori della Chiesa, San
Girolamo e San
Gregorio Magno, Sant'Agostino e Sant'Ambrogio,
in seguito alla ristrutturazione della Cattedrale di Palermo del 1780,
sono poste alla base dei pilastri che reggono la cupola quale allegoria dei
pilastri su cui poggia la chiesa.
Organo
a canne - Sulle
cantorie neoclassiche ai lati dell'abside, si trova l'organo a
canne Tamburini, costruito nel 1951.
Lo
strumento è a trasmissione elettrica e ha consolle mobile
indipendente situata nel presbiterio nel pressi dell'antico
altare maggiore, avente quattro tastiere di 61 note ciascuna e pedaliera
concavo-radiale di 32 note.
Campane
- Le
campane medioevali sulle torri del complesso erano sei. Nel 1893 la ditta
Cavadini di Verona fornì un complesso di cinque bronzi in scala di Re3 con
il maggiore del peso di 12 q.li. Furono montati per essere suonati a
concerto secondo la tecnica delle Campane alla veronese. Nel 1942
vennero requisite e in seguito la ditta De Poli fornì l'attuale complesso a
otto elementi in Sib2 montato con il sistema ambrosiano
Campanili
- I quattro campanili angolari sorgono a imitazione dei minareti secondo i
canoni architettonici di stile islamico e accompagnano il primitivo torrione
campanario. In epoca altomedievale il campanile oltre alle funzioni
liturgiche svolge funzioni strategiche come torre d'avvistamento e via di
fuga. Infatti una rete di cunicoli sotterranei dalla la cripta e archiponti
aerei, dei quali oggi ammiriamo le riproduzioni delle stupende arcate
ogivali di via Bonello, collegano il corpo della cattedrale al palazzo
vescovile passando per il campanile, passaggi che consentono di riparare nel
vicino Palazzo dei Normanni.
1169 4
febbraio, Il terremoto di Sant'Agata arreca gravi danni al
monumento. L'evento sismico danneggia gravemente la sommità della torre
campanaria e la parte superiore della facciata devastandosi vicendevolmente.
1250,
Sono condotti i lavori per la realizzazione dei primi due ordini delle
quattro torri angolari, nel 1342 continuano i lavori per
l'ultimazione degli ultimi tre ordini.
1726,
Il «Terremoto di Terrasini» distrugge la parte superiore a forma
piramidale della torre campanaria posta innanzi al prospetto.
1728,
Rifacimento della parte terminale del campanile, definita dai detrattori
brutta e borrominiana. È ricostruita in stile arabo, ultimata nel 1805.
1823,
Il «Terremoto di Pollina» lesiona il campanile.
1826 - 1835,
Sul torrione è costruito un gruppo di campanili neogotici per opera di Emmanuele
Palazzotto.
1954,
Sulla cuspide più alta del complesso di guglie è collocata la statua della Madonna
della Conca d'oro opera di Nino Geraci.
Restauri
e ammodernamenti si sono avvicendati dal 1949 al 1960. Dal 1982 è
stato avviato un programma di restauri promosso dall'Assessorato dei Beni
Culturali e Ambientali.
Il
tesoro
- 1638,
Nel vano di accesso alla stanza del «Tesoro» è collocata la statua di Santa
Rosalia di Bartolomeo Travaglia.
Negli
ambienti della Sacrestia dei Canonici è esposto il "tesoro della
cattedrale": paramenti sacri dal XVI al XVIII secolo,
paliotti, calici, ostensori, la tiara d'oro cosiddetta di Costanza
d'Aragona (prelevata dal suo sepolcro), splendido esempio di
gioielleria medievale con smalti, ricami, gemme e perle. Il breviario
membranaceo del 1452 con lo stemma dell'Arcivescovo Simone da
Bologna, miniato dal pittore Guglielmo da Pesaro e da altri miniatori si
trova ora esposto al Museo Diocesano di Palermo, mentre rimangono in
sede il calice di tipologia madonita della seconda metà del XV
secolo; il reliquiario architettonico del XV secolo caratterizzato da guglie
e pinnacoli che rinviano allo stile gotico-catalano dell'epoca oppure il
calice seicentesco ornato da smalti policroni e gemme, opera dell'orafo
palermitano Don Camillo Barbavara. Sono stati pure posti all'interno della
Sagrestia dei Canonici quattro piedistalli lignei dei primi anni del XX
secolo, di stile neonormanno un tempo utilizzati per leggere i corali nel
presbiterio, e disegnati dall'architetto Francesco Paolo Palazzotto.
L'assetto museografico è stato curato dalla Soprintendenza ai BB.CC.AA. di
Palermo, mentre la selezione del materiale da esporre è stata curata da
Maria Concetta Di Natale.
La
meridiana - Sul
pavimento, con inizio presso la Cappella di San Francesco di Paola ha
inizio la meridiana realizzata nel 1801 dall'astronomo teatino Abate
Giuseppe Piazzi una delle otto esistenti in Sicilia. Una
lunga striscia in ottone incastonata nel marmo attraversa la navata centrale
affiancata da tarsie policrome raffiguranti i segni zodiacali. Una lapide
indica lo strumento e riproduce le unità di misura in vigore in
quell'epoca nel Regno di Sicilia e fino all'unità d'Italia: il palmo.
Fede e Scienza, Religione e Tecnologia camminano
da sempre assieme in Sicilia. Massimi cultori delle scienze
astronomiche quasi sempre appartenenti agli ordini religiosi, luoghi
deputati al culto raccolgono il frutto di meticolosi studi che pongono
l'isola in primo piano per la presenza e numero di meridiane a camera oscura
funzionanti in Italia.
L'elenco
dei siti ospitanti le installazioni: la Cattedrale di Maria Santissima
Annunziata di Acireale, la Scuola Tecnica Regia di Caltanisetta,
la Chiesa dei Santissimi Apostoli Pietro e Paolo di Castiglione di
Sicilia, il Duomo di Santa Maria Assunta di Castroreale, la Chiesa
di San Nicolò l'Arena di Catania, la Basilica Cattedrale
Protometropolitana della Santa Vergine Maria Assunta di Messina,
il Duomo di San Giorgio di Modica, la Cattedrale Metropolitana
della Santa Vergine Maria Assunta di Palermo.
La
cripta
- La cripta è coeva o di poco posteriore alla cattedrale
gualteriana, quando si riorganizzarono gli spazi racchiudendo in un'unica
area le torri NE e SE e le tre absidi della cattedrale normanna. È un
corpo esterno all'attuale edificio verosimilmente insistente sullo stesso
perimetro della costruzione bizantina, oggi vi si accede dal lato destro
della cattedrale, accanto alla Cappella
di Santa Rosalia,
attraverso la Sacrestia dei Canonici o Sacrestia Nuova. È
costituita da un vano rettangolare diviso in due navate separate da colonne
di riporto provenienti da edifici preesistenti e volte a crociera. Nel
lato orientale sono ricavate sette absidi che avevano annicchiate agli
angoli colonnine in granito, quella centrale è più profonda (sarcofago di Giovanni
Paternò), dirimpetto a essa è presente lo sviluppo circolare della
monumentale abside principale. Nel 1844 Valenti restaurò gli
ambienti rialzandone la pavimentazione e collocando altre sepolture
provenienti dall'antico cimitero dei vescovi.
Due
cunicoli collegavano la cripta con l'interno della chiesa o più
probabilmente con il vecchio arcivescovado e, tramite la «via Coperta»,
con il Palazzo Reale.
La
gran parte dei 23 sarcofagi presenti, sono sepolture paleocristiane,
ellenistiche, romane, bizantine rinvenuti durante le varie fasi di restauro,
gli altri sono stati realizzati in epoca medievale o rinascimentale:
Cosma vescovo
africano † 1160, altare in marmo parete sud con elementi della
cattedra vescovile disassemblata;
Ugone † 1161,
sarcofago romano con raffigurazione del Genio del fiume;
Nicodemo † 1073;
Gualtiero
Offamilio † 1190, sarcofago di marmo decorato con mosaico;
Tizio
Rogereschi (del Colle) † 1304;
Licio
del Colle † 1304;
Federico
Staufer de Antiochia † 1305, sarcofago medievale con figure di
Cristo benedicente e l'Annunciazione, coperchio del XVI secolo,
fratello degli arcivescovi Bartolomeo Staufer de Antiochia e Francesco
Staufer de Antiochia, conte di Capizzi, unico laico ospitato nella cripta
del Duomo, forse in quanto figlio di Corrado di Antiochia e nipote
di Federico d'Antiochia † 1256, conte di Albe, Celano e
Loreto, figlio naturale dell'imperatore Federico II di Svevia;
Bartolomeo
Staufer de Antiochia † 1311, sarcofago romano;
Francesco
Staufer de Antiochia † 1320;
Giovanni
Orsini † 1333, sarcofago romano;
Nicolò
de' Tudeschi (De Tudischis) † 1445;
Simone
Beccadelli di Bologna † 1465, sarcofago del XV secolo;
Paolo
Visconti † 1473, sarcofago romano;
Giovanni
Paternò † 1511, sarcofago romano con figure di soldati e geni
alati, il coperchio con la figura giacente del vescovo è di Antonello
Gagini. Il vescovo grande mecenate dell'illustre artista autore della grande
Tribuna, il quale lo omaggia scolpendone la commovente immagine dormiente.
Pietro
Tagliavia d'Aragona † 1558, sarcofago bizantino con le figure
degli apostoli, croci e il monogramma di Cristo;
Ottaviano
Preconio † 1568, sarcofago del XVI secolo;
Cesare
Marullo † 1588, sarcofago romano con scene di caccia;
Francisco
Orozco de Arce † 1561;
Diego
Haëdo † 1608, ex inquisitore di Sicilia;
Giannettino
Doria † 1642, sarcofago d'epoca romana;
Inoltre
è presente un magnifico sarcofago di fattura romana, raffigurante una
coppia, marito e moglie, evidentemente una famiglia di alto rango, con un
assembramento di muse e un monumentale sarcofago normanno in porfido rosso
anonimo con incise sul coperchio le raffigurazioni di due draghi.
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Agosto
2018
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