Piazza
del
Duomo
Vera
gemma
architettonica, la
piazza
Duomo di
Acireale,
oltre
a
costituire
il
cuore
pulsante
della
città,
rappresenta
oggi
il
culmine
di
una
storia
che
affonda
le
sue
origini
in
un
lontano
passato.
Pare
infatti
che
il
punto
dove
oggi
sorge
la
piazza
fosse
il
primissimo
luogo,
in
cui
gli
abitanti
di Aquilia Nuova posero
la
loro
residenza.
Nel
1596
fu
necessario
il
suo
l’ampliamento
che
comportò
lo
smantellamento
di
alcuni
edifici.
L’intervento,
chiesto
dagli
stessi
abitanti
del
tempo,
diventò
un’esigenza
quando
ogni
anno
dal
19
luglio
al
2
agosto
la
piazza
diventava Piazza
del
Mercato della
città in
cui
si
svolgeva la
Fiera
Franca
di
Santa
Venera.
Attorno
alla
piazza
vennero
costruite
diverse
botteghe
che
la
fecero
diventare
anche
un
polo
commerciale.
Si
rese
necessario
un
nuovo
allargamento
che
le
conferì
un
assetto
del
tutto
simile
a
quello
attuale.
A
delimitare
il
perimetro
della
piazza
sono
quattro
edifici
di
altissimo
pregio
artistico:
il Duomo,
la Basilica
dei
SS.
Pietro
e
Paolo,
il Palazzo
di
Città e
il palazzo Modò.
La Basilica
Cattedrale dedicata a
Maria
SS.
Annunziata risale
agli
inizi
del
XV
secolo
quando
venne
eretta”
un’umile
cappelluzza
con
tre
mura
e
aperta
d’innanzi”.
Ma
a
partire
dal
1598
gli
angusti
spazi
della
cappelluzza
incominciano
a
lasciare
posto
alla
splendida
Basilica
che
diventò
in
seguito.
Nel
1668
venne
realizzato
il
portale
in
marmo
bianco,
opera
di P.
Blandamonte,
scolpito
a
Messina,
giunto
via
mare
e
portato
fino
in
città
attraverso le
chiazzette,
antichi
sentieri
che
attraversando la
Timpa collegano
Santa
Maria
la
Scala
con
Acireale.
Il
portale,
unico
elemento
barocco
della
facciata,
rappresentante
l’Annunciazione con
accanto
le
statue di
Santa
Venera e Santa
Tecla,
contiene
anche
il
blasone
della
città
che
ricorda
il
titolo
di Acis
Urbs
Amplissima
Fida
Regibus,
concesso
nel
1642
da Filippo
IV alla
città.
L’attuale
prospetto
frontale
della
Cattedrale
è
in
.stile
neo-gotico
ed
è
opera
di S.
Ittar e G.
Basile che
nel
1890
aggiungono
alla
facciata
un’altra
torre
campanaria
cuspidata
del
tutto
simile
a
quella
esistente,
un
rosone
e
una
galleria
abbellita
da
archetti
e
colonnine.
Il
Duomo
di
Acireale
è
unito
da
un
cavalcavia
al Palazzo
Vescovile,
disegnato
dall’architetto C.
Cocuccio.
Tutto
il
complesso
insieme
ad
altri
edifici
ecclesiastici
con
le
loro
corti
interne
e
alla
Basilica
dei
SS.
Pietro
e
Paolo,
costituiscono
una
vera
e
propria
cittadella.
Tra
la
Cattedrale
e
il
Palazzo
di
Città
trova
posto la
Basilica
dei
SS.
Pietro
e
Paolo i
cui
lavori
di
costruzione
furono
ultimati
nel
1685.
La
violenza
del
terremoto
del
1693
provocò
gravi
danni
all’edificio
e
rese
necessari
imponenti
lavori
di
restauro.
L’attuale
facciata,
in
pietra
bianca
di
Siracusa,
è
opera
di P.
P.
Vasta che
abbellì
l’originale
prospetto
di
due
ordini
con
colonne
binate
o
singole
che
creano
l’illusione
di
tre
navate
e
di
un
esile
campanile
cuspidato.
Sul
lato
sud
della
piazza
sorge
il palazzo di Città detto
anche
Loggia
Giuratoria che
rappresenta
il
più
classico
esempio
di
barocco
etneo.
Disegnato
da C.
Larcidiacono e
iniziato
a
costruire
nel
1659,
l’edificio
fu
fortemente
danneggiato
dal
terremoto
del
1693.
Il
prospetto
del
palazzo
è
abbellito
da
eleganti
balconi
in
ferro
battuto
che
presentano
forma
curvoide
e
da
mascheroni
posti
sotto
le
sporgenze
delle
balconate
che
hanno
una
funzione
apotropaica
cioè
di
esorcizzare
il
male.
Nella
parte
inferiore
della
facciata
si
trova
una
balaustra
di
pietra
bianca
che
si
interrompe
per
lasciare
posto
al
portale
d’ingresso
su
cui
campeggia
lo
stemma
della
Diocesi.
Dal
1833 il
Gabinetto di
lettura, presente
al
primo
piano,
costituisce
“il
domicilio
solenne” dell’Accademia
dei
Dafnici e degli
Zelanti.
Ancora
oggi
la
Loggia
Giuratoria
è
sede
del
Comune
di
Acireale
ed
è
il
luogo
dove
si
svolgono
le
sedute
comunali.
Sul
versante
ovest
della
piazza,
seguendo
l’antico
percorso
di
regia
memoria,
sorge palazzo
Modò costruito
nel
1699
in
stile
tardo
barocco.
Il
palazzo
infatti
presenta
mascheroni
e
balconi
con
reggimensole
di
fattura
barocca.
Nei
primi
anni
del
‘900
l’edificio
venne
trasformato
nell’allora
famosissimo Teatro
Eldorado,
rimasto
in
attività
fino
al
dopoguerra.
La
nuova
pavimentazione
della
piazza
è
del
2009
ed
è
opera
degli
architetti P.
Portoghesi e V.
Messina e
dell’ingegnere A.
Scaccianoce i
quali
in
sintonia
con
lo
stile
barocco
della
città,
hanno
pensato
ad
una
pavimentazione
in
pietra
lavica
dell’Etna
e
pietra
bianca
di
Comiso.
Al
centro
della
pavimentazione,
che
ricorda
l’interno
di
una
cupola
vista
dal
basso,
trova
posto
la
riproduzione
del
nuovo
stemma
della
città,
opera
del
maestro
carrista L.
Parlato.
Cattedrale
di
Acireale
La
Cattedrale
è
dedicata
a
Maria
Santissima
Annunziata,
ma
è
comunemente
attribuita
al
culto
diSanta
Venera,
la
patrona
della
città
di
cui
conserva
le
reliquie.
Sarà
elevata
a
Cattedrale
nel1870.
Tutto
il
complesso
è
costituito
da
una
serie
di
aggiunte
Nel XV
secolo il
primo
edificio
era
costituito
da
una
sola
cappella
'a
tre
mura',
contigua
all'edificio
attuale
(lato
nord,
slargo
Giovanni
XXIII),
dove
si
venerava
un'immagine
dell'Annunziata.
Successivamente
grazie
a
cospicue
donazioni
dei
cittadini
ed
all'arrivo
delle
reliquie
di
Santa
Venera
fu
ampliata.
Così
è
a
partire
dal
1598
che
l'edificio
sacro
comincia
ad
assumere
un
aspetto
basilicale
grazie
ai
nuovi
lavori
per
la
realizzazione
delle
tre
absidi
e
del
transetto
sovrastato
da
una
cupola
ottagonale,
dove
l'uso
della
pietra
nera
dell'Etna
e
di
quella
bianca
di
Siracusa
lavorata
quasi
fosse
merletto,
mette
in
evidenza
la
perizia
tecnica
e
artistica
di
mastri
e
maestri.
Il
prospetto
venne
realizzato
a
partire
dal
XVII
secolo.
La
costruzione
del
Duomo
attuale,
prolungando
verso
est
l'asse
longitudinale
col
successivo
impianto
del
transetto
e
poi
del
profondo
presbiterio,
fu
deliberata
dal
municipio
l'8
ottobre 1597,
iniziando
l'anno
successivo.
In
uno
dei
quattro
grandi
pilastri
che
sostengono
la
cupola,
quello
di
nord-est,
entro
un
cartiglio
scolpito
nella
pietra
lavica
ad
altezza
d'uomo
è
segnata
la
data
"1600".
Tutto
il
complesso
ha
subito
dal 1598 continui
ampliamenti
e
modifiche,
fino
a
raggiungere
l'aspetto
attuale
con
le
ultime
modifiche
concluse
nel 1889.
Con
le
numerose
scosse
del terremoto
del
Val
di
Noto
del
1693 la
costruzione
subì
rilevanti
danni:
crollarono
le
volte
del
transetto,
l'intera
copertura
andò
compromessa,
incrinata
la
cupola,
lesionato
il
campanile.
Fu
elevata
a cattedrale nel 1872,
anno
in
cui
venne
formalizzata
l’istituzione
della diocesi
di
Acireale e
nell'agosto 1948 ottenne
da papa
Pio
XII la
dignità
di basilica
minore.

La
chiesa
è
a croce
latina,
a
tre navate e,
dopo
l'erezione
della
diocesi,
è
stata
congiunta
nel 1874-1878 da
un
cavalcavia
al
Palazzo
vescovile
a
nord,
progettato
dall'architetto
Carlo
Cocuccio,
operazione
urbanistica
singolare
che
unisce
due
proprietà
sostanzialmente
private
sovrastando
la
via
pubblica.
Il
complesso
di
cattedrale,
palazzo
vescovile,
edifici
ecclesiastici
su
via
Genuardi
e
loro
corti
interne
congiunte
alla
basilica
dei
santi
Pietro
e
Paolo
costituisce
una
vera
e
propria
cittadella.
Di
notevole
pregio,
su
via
Genuardi,
è
l'atrio
che
immette
nel
complesso.
Il
prospetto
venne
realizzato
a
partire
dal XVII
secolo.
Il
gruppo
scultorio
nel
nicchione
sopra
il
portale
marmoreo,
rappresentante
l'Annunciazione,
fu
realizzato
nella
bottega
messinese
di Placido
Blandamonte nel 1668 - 1672, portato
per
mare
fino
a Santa
Maria
La
Scala e
da
qui
trainato
ad
Aci
per
le
impervie
salite.
I
due
campanili
svettanti
ai
lati
della
facciata,
pur
identici,
non
sono
coevi.
Il
campanile
a
destra
del
prospetto,
che
richiama
stilemi
gotico-normanni,
di
cui
si
hanno
notizie
dal 1544,
ha
seguito
tutte
le
vicende
costruttive
della
chiesa
ed
ebbe
anche
funzione
di
torre
d'avvistamento.
Il
campanile
del
lato
nord,
a
sinistra,
il rosone,
la
loggia
a
colonnine
e
le
restanti
decorazioni
del
prospetto
sono
invece
in
stile neogotico,
realizzati
nel 1887-1889 su
progetto
di Sebastiano
Ittar (ma
non
è
da
escludere
il
contributo
dell'architetto
Paolo
Pantellaro)
con
modifiche
di Giovan
Battista
Filippo
Basile (padre
del
maestro
del
liberty
siciliano
Ernesto
Basile).
La
cupola,
iniziata
nel 1655,
fu
completata
solo
nel 1732,
su
progetto
dell'architetto Paolo
Amico.

L'interno
è
stato
modificato
nello
stile
predominante
nel XVIII
secolo,
anche
in
seguito
al terremoto
del
1693 e
a quello
del
1783.
In
un
ambiente
della controfacciata,
a
sinistra,
è
esposto
il fercolo che
accoglie
il
simulacro
di
Santa
Venera
nel
periodo
dei
festeggiamenti,
di
argento
cesellato,
perfezionato
a
partire
dal 1659.
Artefici
lo
scultore
Girolamo
Carnazza
insieme
all'orafo
Mario
D'Angelo
nel
1660.
L'opera
sarà
portata
a
termine
circa
un
secolo
dopo
da
un
altro
messinese,
Vito
Blandano.
La
volta
della
navata
centrale,
decorata
da Giuseppe
Sciuti nel 1907 con
l'aiuto
del
discepolo Primo
Panciroli è
scandita
dalle
scene
raffiguranti
l'Orchestra
degli
Angeli,
il Coro
delle
Vergini,
la Gloria
degli
Angeli
portanti
i
simboli
di
Santa
Venera,
l'Annunciazione,
la Fede,
l'Eterno
Padre
con
Profeti (di
tali
episodi
la Pinacoteca
Zelantea custodisce
i
disegni
preparatori).
Nella
navata
centrale,
a
destra,
è
posto
un
elegante
pulpito
ligneo
ottocentesco.
Navata
destra
-
Prima
arcata: Altare
di
Nostra
Signora
del
Rosario.
Vi
è
custodito
il
dipinto
raffigurante
la Vergine
del
Rosario
ritratta
con
esponenti
dell'Ordine
domenicano e francescano:
a
sinistra Santa
Caterina
da
Siena e San
Domenico
di
Guzmán,
a
destra San
Francesco
d'Assisi e Sant'Antonio
di
Padova,
e
ancora Sant'Agata,
opera
del
messinese Antonio
Catalano il
Vecchio.
Dono
documentati
come
corona
al
dipinto
i
15
medaglioni
raffiguranti
i misteri
del
rosario.
Sulla
parete
destra
è
addossato
un
monumento
funebre
Seconda
arcata: Altare
dell'Angelo
Custode.
Sull'altare
è
custodito
il
dipinto
raffigurante
l'Angelo
Custode del
1630,
opera
di Antonio e Giacinto
Platania.
Terza
arcata:
varco
laterale
destro.
Sulla
parasta
sinistra
è
collocato
un
monumento
funebre.
Quarta
arcata: Altare
della
Natività.
Sull'altare
è
custodito
il
dipinto
raffigurante
l'Adorazione
dei
Pastori,
opera
di Pietro
Paolo
Vasta.
Quinta
arcata: Altare
del
Battesimo.
Sull'altare
è
custodito
il
dipinto
raffigurante
il Battesimo
di
Gesù ritratto
con San
Giovanni
Battista, Santa
Venera e San
Nicola
di
Bari,
olio
su
tela,
opera
di Pietro
Paolo
Vasta.
Pulpito ligneo
addossato
al
pilastro.
Navata
sinistra
-
Prima
arcata: Altare
di
San
Tommaso
Apostolo.
Sopra
l'altare
è
custodito
il
dipinto
raffigurante
l'Incredulità
di
San
Tommaso
ritratto
con
Santa
Maria
Maddalena,
opera
di Giacinto
Platania.
Sulla
parete
sinistra
è
incastonato
un
monumento
funebre.
Seconda
arcata: Altare
di
Sant'Antonio
di
Padova.
Sopra
l'altare
è
custodito
il
dipinto
raffigurante
Sant'Antonio
di
Padova,
opera
di Giacinto
Platania.
Terza
arcata:
Varco
laterale
sinistro.
Sulla
parasta
sinistra
è
incastonato
un
monumento
funebre.
Quarta
arcata: Altare
di
Sant'Anna.
Sopra
l'altare
è
custodito
il
dipinto
raffigurante Maria
Bambina ritratta
con Sant'Anna e San
Gioacchino,
opera
di Pietro
Paolo
Vasta.
Quinta
arcata: Altare
dell'Immacolata
Concezione.
Sopra
l'altare
è
custodito
il
dipinto
raffigurante Maria
Immacolata,
opera
di Antonino
Bonaccorsi.
In
corrispondenza
del
pilastro
destro
è
collocato
un
busto.
Transetto
-
Braccio
destro:
nella
volta
la Gloria
di
santa
Venera,
affresco
di
Pietro
Paolo
Vasta.
Nella
parete
sud
del
transetto
si
apre
la Cappella
di
Santa
Venera:
nel
grandioso
ambiente
risalente
al
1658
decorato
con
ricche
cornici
e
modanature
dal
romano
Girolamo
Baragioli
(non
si
hanno
altre
notizie
al
riguardo)
intorno
al 1697,
si
conservano
l'urna
reliquiario
e
il
busto
della
Santa,
opera
dell'argentiere
messinese
Mario
D'Angelo
e
modellato
da
Antonino
Finocchiaro
(1651 1655).
Gli
affreschi
furono
eseguiti
nel
1712
da Antonio
Filocamo con
la
realizzazione
della Predicazione
di
Santa
Venera e
il Martirio
di
Santa
Venera. Le
statue
in
stucco
raffiguranti Santa
Tecla a
sinistra
e Santa
Rosalia a
destra,
furono
realizzate
da Giuseppe
D'Amico nel
1729.
La
fastosa
cornice
comprende
timpani,
mensole
aggettanti
e
vasi
acroteriali
sostenuti
da
colonne
tortili,
ovunque
è
trionfo
d'arabeschi,
festoni
e
ghirlande
di
fiori
e
frutta.
Sul cartiglio campeggia
l'iscrizione:
"VENERÆ
VENERANDÆ
PARASCEVI
-
CONCIVI
-
PRÆDICATIONE
AC
SANGUINE
HOSTIUM
-
FIDEI
VICTRICI
-
REGALIS
CIVITAS
AMPLISSIMA
D.D."
Braccio
sinistro:
Varco
per
la
sacrestia
con
affreschi
parietali
in
due
grandi
medaglioni
raffiguranti
l'Uccisione
di
Abele (Caino
e
Abele),
il Sacrificio
di
Isacco (Abramo
e
Isacco)
di Pietro
Paolo
Vasta. La
parete
accoglie
i
monumenti
funebri
di
alcuni
personaggi
legati
alla
storia
della
città,
i
vescovi Ottavio
Branciforte (vescovo
di
Catania rifugiatosi
in
Acireale,
morto
nel 1646)
e Salvatore
Russo (vescovo
di
Acireale,
morto
nel 1964).Nella
volta Glorificazione
dell'Agnello
Mistico,
nella
lunetta Nozze
di
Cana (1737),
entrambi
del
Vasta.
Permangono
nel
transetto
piccole
zone
con
pitture
slavate
di
Venerando
Costanzo
detto il
Varbazza.
Pennacchi
di
sostegno
della cupola:
i Quattro
Evangelisti ,
del
Vasta,
nel
periodo
compreso
tra
il
1736
e
il
1739.
Tamburo
della cupola:
di Francesco
Mancini
Ardizzone i
quattro
riquadri.
L'artista
affrescò
pure
i
primi
quattro
pennacchi,
a
destra
e
a
sinistra,
tra
gli
archivolti
della
navata
centrale; Francesco
Patanè è
autore
dei
sei
rimanenti.
Absidi
minori
-
Abside
destra: Cappella
del
Santissimo
Crocifisso.
L'ambiente
vantava
gli
affreschi
eseguiti
nel
1689
da Baldassare
Grasso,
pitture
e
struttura
commissionate
dalla Confraternita
degli
Agonizzanti rovinate
dal terremoto
del
1693. Nella
cassa
dell'altare
è
esposto
in
una
singolare
scheletofania
un
non
meglio
identificato
san
Clemente.
Abside
sinistra: Cappella
del
Santissimo
Sacramento con,
sull'altare,
il
bel sacro
cuore
di
Gesù di Giuseppe
Sciuti del
1902.
Altare
maggiore
-
Il presbiterio balaustrato è
rialzato
e
raccordato
al
pavimento
dell'aula
da
una
scalinata
di
sette
gradini.
Sul
lato
sinistro
si
staglia
la cattedra
vescovile.
Sull'altare
maggiore
in
marmo
rosso
di
Taormina,
è
collocata
la
tela
raffigurante
l'Annunciazione realizzata
dal
pittore
messinese
Antonio
Filocamo nel
1711.
Gli
affreschi
che
decorano
le
pareti
dell'abside
sono
opera
di
Paolo,
Gaetano
e Antonio
Filocamo.
I
quadroni
raccontano
episodi
della
vita
di
Maria,
da
sinistra:
il Riposo
durante
la
fuga
in
Egitto,
lo Sposalizio
della
Vergine,
la Presentazione
di
Gesù
al
tempio,
la Natività,
l'Adorazione
dei
Magi,
la Visita
di
Maria
a
Santa
Elisabetta,
la Presentazione
di
Maria
al
tempio e Gesù
tra
i
dottori
del
tempio.
Nel
catino
absidale
è
rappresentata
l'Assunzione
di
Maria
al
cielo,
nella
volta
l'Incoronazione
di
Maria
tra
Angeli
e
Santi.
Nel
primo
sono
riconoscibili
personaggi
dell'Antico
Testamento: Davide con
l'arpa, Mosè con
le tavole
della
Legge, Isaia con
la
fiamma,
Aronne
con
l'incensiere e Giosuè con
lo scudo ornato
da
un
sole.
Nel
secondo
gruppo
sono
presenti
le
sante
vergini
Tecla
e
Caterina
d'Alessandria e Santa
Venera, Sant'Agata, Santa
Lucia e Santa
Rosalia.
Nella
parete
sinistra
si
identificano San
Sebastiano e San
Giovanni
Battista,
a
destra
i
fondatori
dei
diversi
ordini
religiosi.
Fanno
da
cornice
schiere
di
angeli,
in
alto
la Santissima
Trinità.
Coro disposto
lungo
le
pareti
laterali
del
presbiterio,
organo.
La
meridiana
-
In
rilievo
nel
pavimento
del
transetto,
in
diagonale,
si
trova
una meridiana realizzata
da Christian
Heinrich
Friedrich
Peters (1843)
ed
ornata
con
i
simboli
dello
zodiaco
da Giovanni
Francesco
Boccaccini.
L'elenco
dei
siti
ospitanti
le
installazioni
di
meridiane:
la
cattedrale
di
Maria
Santissima
Annunziata
di Acireale,
la
Scuola
Tecnica
Regia
di Caltanissetta,
la
chiesa
dei
Santissimi
Apostoli
Pietro
e
Paolo
di Castiglione
di
Sicilia,
il duomo
di
Santa
Maria
Assunta
di
Castroreale,
la chiesa
di
San
Nicolò
l'Arena di Catania,
la basilica
cattedrale
protometropolitana
della
Santa
Vergine
Maria
Assunta
di Messina,
il duomo
di
San
Giorgio di Modica,
la cattedrale
metropolitana
della
Santa
Vergine
Maria
Assunta di Palermo.
Basilica
dei
Santi
Pietro
e
Paolo

La
fondazione
della
chiesa
dei
Santi
Pietro
e
Paolo
è
strettamente
legata
ad
una
antica
confraternita
che
per
praticare
il
culto
in
onore
dei
due
Principi
degli
Apostoli
si
riuniva
in
una
chiesetta
che
sorgeva
a
ridosso
dell’allora
chiesa
Madre
di
Acireale.
La
costruzione
della
chiesa,
che
si
presentava
in
maniera
piuttosto
modesta,
risale
al
XVI
secolo.
Nel
1602
i
rettori
della
confraternita
di
san
Pietro
decisero
di
cedere
la
chiesa
con
l’annesso
cimitero
ai
governatori
della
Matrice
che
necessitavano
di
ulteriore
spazio
per
l’ampliamento
della
loro
fabbrica.
Grazie
ai
proventi
ricavati
dalla
vendita,
nel
1608
ebbero
inizio
i
lavori
di
costruzione
del
nuovo
tempio
sacro
che
fu
eretto
a
pochissima
distanza
da
quello
precedente.
L’interno,
ad
una
sola
navata,
dotato
di
un’ampia
sagrestia
e
di
un
corpo
di
cappelle
laterali,
venne
arricchito
tra
il
1674
e
il
1679
dagli
affreschi
del
pittore
Giovanni
Fulco
con
scene
del
Martirio
dei
due
santi
Apostoli.
Sempre
in
questi
anni,
l’edificio
fu
dotato
di
un
sottotetto
di
legno
lavorato
e
da
stucchi
ed
intonaci
realizzati
secondo
lo
stile
architettonico
del
’600.
La
violenza
del
terremoto
del
1693
distrusse
la
cupola
e
provocò
gravi
danni
a
tutta
la
struttura.
A
partire
dal
1705
i
rettori
della
chiesa
si
adoperarono
per
reperire
il
denaro
necessario
per
la
costruzione
del
campanile
che
fu
realizzato
secondo
lo
stile
del
barocco
siciliano.
La
facciata
a
capanna,
appariva
però
alquanto
povera
rispetto
al
campanile
barocco,
per
questo
motivo,
i
governatori
della
chiesa
allora
incaricarono
Pietro
Paolo
Vasta
di
disegnare
il
nuovo
prospetto
i
cui
lavori
ebbero
inizio
nel
1740.
L’artista
acese
pensò
ad
una
facciata
che
si
sviluppava
su
due
ordini
architettonici,
dei
quali
il
primo
fu
completato
nel
1744.
Nel
1748,
dopo
una
pausa
durata
quattro
anni,
in
quanto
i
governatori
non
disponevano
del
denaro
per
l’acquisto
della
pietra
bianca
di
Siracusa,
ebbero
inizio
i
lavori
per
la
realizzazione
del
secondo
ordine
che
fu
portato
a
termine
nel
1751.
Nel
1765,
a
cinque
anni
dalla
morte
del
Vasta,
venne
realizzato
un
terzo
ordine
disegnato
da
Paolo
Guarrera.
A
partire
dal
1790
l’interno
della
chiesa
fu
sottoposto
a
una
profonda
trasformazione.
La
realizzazione
del
progetto
dell’architetto
Francesco
Di
Paola
Patanè
portò
alla
soppressione
del
tetto
ligneo
e
alla
costruzione
di
una
volta
in
muratura
sostenuta
da
colonne.
La
nuova
struttura,
ornata
da
stucchi
e
cornici
tipici
dello
stile
neoclassico,
resistette
alla
violenta
scossa
di
terremoto
del
1818.
Nel
1740,
come
si
legge
sull’architrave
del
portale
principale
della
basilica,
ebbero
inizio
i
lavori
di
costruzione
della
nuova
facciata
dell’edificio
sacro,
ma
già
a
partire
dal
1705,
i
rettori
della
chiesa
si
erano
adoperati
per
raccogliere
il
denaro
necessario
alla
costruzione
del
campanile.
Nel
1731
giunse
da
Catania,
per
visionare
i
conti,
il
vescovo
Pietro
Galletti
che
in
un
primo
momento
si
dichiarò
contrario
alle
spese
di
abbellimento
del
campanile.
Ma
dietro
la
pressione
dei
deputati
alla
fine
consentì
i
lavori
che
videro
subito
all’opera
l’intagliatore
mastro
Francesco
Flavetta
che
impugnò
lo
scalpello
per
realizzare
le
cornici
delle
finestre
e
gli
intagli
delle
guglie,
impiantate
dal
mastro
Vincenzo
D’Amico.
Il
campanile
venne
decorato
con
motivi
floreali
e
mascheroni
posti
alla
fine
di
ogni
ordine.
L’originario
prospetto
della
chiesa,
realizzato
a
tegolato
a
vista,
si
presentava
in
maniera
eccessivamente
povera
rispetto
alla
ricchezza
del
campanile
che
venne
realizzato
secondo
i
canoni
del
barocco
siciliano.
I
confrati
di
san
Pietro,
allora,
incaricarono
Pietro
Paolo
Vasta
di
disegnare
la
nuova
facciata
della
chiesa.
Dovendo
adattare
le
strutture
murarie
già
esistenti
quali
il
campanile
a
destra
e
il
complesso
di
cappelle
laterali
a
sinistra,
l’artista
acese
creò
l’illusione
di
una
chiesa
a
tre
navate.
Il
prospetto,
realizzato
in
pietra
bianca
di
Siracusa
si
compone
di
due
ordini
architettonici.
Il
primo
presenta
otto
colonne
in
stile
corinzio,
che
si
alternano
ai
tre
ingressi
e
a
due
nicchie.
Il
portale
principale
è
sormontato
da
un
timpano
spezzato
sorretto
da
due
colonne
di
minore
grandezza
sempre
in
stile
corinzio.
Al
centro
del
timpano
è
collocato
uno
scudo,
eseguito
nel
1744
da
Francesco
Flavetta,
con
i
simboli
iconografici
dei
titolari
dell’edificio:
la
spada
di
san
Paolo,
la
tiara
papale
con
le
chiavi
di
san
Pietro
e
le
palme
del
martirio.
Ai
lati
del
portale
trovano
posto
due
nicchie,
ornate
da
due
palme
intrecciate
con
una
corona.
I
lavori
di
intaglio
del
primo
ordine
furono
affidati
a
mastro
Flavetta,
mentre
la
messa
in
opera
fu
realizzata
dai
mastri
Amico
e
Patanè.
I
lavori,
che
proseguirono
senza
interruzioni,
furono
controllati
dallo
stesso
Vasta.
Quando
ormai
metà
della
facciata
antica
era
stata
coperta
dal
primo
ordine,
i
governatori
furono
costretti
a
sospendere
per
quattro
anni
il
proseguimento
dell’opera
in
quanto
non
disponevano
del
denaro
necessario
per
l’acquisto
della
pietra
bianca
e
per
il
sostenimento
delle
spese.
Il
secondo
ordine,
è
arricchito
da
sei
colonne
in
stile
composito
che
fanno
da
cornice
al
finestrone
centrale,
la
cui
vetrata
presenta
lo
stemma
basilicale.
Seguono
poi
due
targhe
circolari
e
le
statue
di
san
Pietro
a
sinistra
e
di
san
Paolo
a
destra.
Chiude
il
secondo
ordine
un
timpano
triangolare
di
chiara
matrice
classica.
Un
terzo
ordine
fu
aggiunto
nel
1765,
su
disegno
dell’architetto
Paolo
Guarrera.

Impianto
a
navata
unica
presenta
campate
laterali
scandite
da
colonne
ioniche
sormontate
da capitelli
corinzi.
Arco
trionfale
arricchito
da
stucchi,
arco
absidale
e
area
presbiterale
sovrastata
da
cupola.
L'interno
danneggiato
dal
terremoto
del
1693,
deve
l'aspetto
attuale
al
progetto
d'ispirazione
neoclassica
di
Francesco
di
Paola
Patanè.
Nel
1573
il
maestro
di
Modica,
Bernardino
de
Nigro,
alias lo
Greco,
realizzò
una
«icona
lignea
dipinta»,
opera
verosimilmente
perduta
durante
le
fasi
di
demolizione
e
ricostruzione
dell'edificio
agli
inizi
del
1600
per
consentire
l'ampliamento
della
vicina matrice. Il
pittore Giovanni
Fulco con
la
collaborazione
di Baldassarre
Grasso,
nel
periodo
a
cavallo
tra
il
1674
e
il
1679,
dipinse
un
ciclo
di
affreschi
nel coro del
presbiterio. Tali
pitture,
in
seguito
imbiancate,
hanno
rivisto
la
luce
nel
1922,
durante
alcuni
lavori
di
restauro, comprendono
scene
del Martirio
di
Pietro (Crocifissione a
testa
in
giù)
e Martirio
di
Paolo (Decollazione o Decapitazione),
vi
è
anche
qualche
altro
brano
di
episodio
riguardante
il Miracolo
di
San
Pietro
che
libera
alcuni
cristiani
dal
carcere.
Sempre
del
Grasso
sono
andati
perduti
gli
affreschi
eseguiti
nel
1689
a
causa
del terremoto
del
1693. Di
Giovanni
Lo
Coco
acitano
sono
stati
rinvenuti
nel
1910
alcuni
suoi
affreschi
che
erano
stati
imbiancati.
Parete
destra
-
Prima
campata. Cappella
di
Sant'Alfio.
Nell'edicola
è
custodito
il
dipinto
raffigurante Sant'Alfio,
San
Cirino,
San
Filadelfio,
opera
di Giacinto
Platania.
Seconda
campata. Cappella
di
Sant'Antonio
Abate.
Nell'edicola
è
custodito
il
dipinto
raffigurante Sant'Antonio
Abate ritratto
con
le
insegne
vescovili,
opera
di Giacinto
Platania.
Terza
campata.
Varco.
Passaggio
sormontato
da
dipinto
raffigurante San
Paolo.
Quarta
campata. Cappella
di
San
Carlo
Borromeo.
Nell'edicola
è
custodito
il
dipinto
raffigurante
la Beata
Vergine
Maria col
Bambino
ritratta
con Santa
Lucia, Santa
Rosalia, Santa
Barbara e San
Carlo
Borromeo,
opera
di Matteo
Ragonisi.
Quinta
campata. Cappella
di
Cristo
alla
Colonna.
Nella
nicchia
dell'elaborato
altare
barocco
arricchito
da
prezioso tabernacolo,
è
custodita
la
venerata
statua
raffigurante
il Cristo
alla
Colonna.
Ambiente
patrocinato
per
il
passato
dalla
Congregazione
del
Santissimo
Cristo
alla
Colonna.
Il
sodalizio
curava
lo
stazionamento
del
simulacro
sul
sagrato
o
lo
processionava
per
le
vie
della
città
in
occasione
di
gravi
calamità
naturali
(terremoti,
eruzioni),
ma
soprattutto
nei
periodi
di
grande
siccità,
che
costituivano
un
vero
flagello
per
l'economia
locale.
Parete
sinistra
-
Prima
campata. Cappella
dei
Santi
Simone
e
Giuda.
Nell'edicola
è
custodito
il
dipinto
raffigurante
la Vergine
Maria
con
Bambino ritratta
con Sant'Agata, Santa
Margherita
d'Antiochia, San
Simone e San
Giuda,
opera
di Alessandro
Vasta. San
Simone e San
Giuda primitivi
titolari
di
un
luogo
di
culto
preesistente
al
terremoto
del
1693.
Seconda
campata. Cappella
di
Sant'Andrea
Avellino.
Nell'edicola
è
custodito
il
dipinto
raffigurante Estasi
di
Sant'Andrea
Avellino
ritratto
mentre
celebra
messa
con
la Beata
Vergine
Maria col
Bambino
e San
Giovanni
Evangelista,
opera
di Pietro
Paolo
Vasta.
Terza
campata.
Varco.
Passaggio
alla Cappella
di
Gesù
e
Maria,
dipinto
raffigurante San
Pietro
Apostolo.
Quarta
campata. Cappella
del
Santissimo
Crocifisso.
Sulla
parete
è
custodito
il Crocifisso di
ignoto
autore.
Quinta
campata. Cappella
dell'Immacolata
Concezione.
Nella
nicchia
dell'elaborato
altare
barocco
è
custodita
la
statua
raffigurante
l'Immacolata
Concezione.
Altare
maggiore
-
Area
del presbiterio balaustrata
e
sopraelevata,
raccordata
al
pavimento
della
navata
per
mezzo
di
quattro
gradini.
Nelle
pareti
del coro area
presbiterio
sono
presenti
affreschi
secenteschi.
L'organo
sopra
l'altare
maggiore
è
opera
di
Giovanni
Patanè
Rocca
realizzato
nella
metà
dell'800.
Palazzo
Municipale

Il
Palazzo
municipale
o
Loggia
Giuratoria
venne
iniziato
nel 1659
e
ricostruito
dopo
il terremoto
del
1693 su
disegno
di Costantino
Larcidiacono tra
il 1783 e
il 1785;
danneggiato
dal
sisma
del 1818,
fu
restaurato
nel
1908.
Il
prospetto
principale,
su
piazza
del
Duomo,
è
in
stile
tardo
barocco.
Lungo
il
pianterreno
corre
una
lunga
balaustra
interrotta
soltanto
dal
portale
d’ingresso.
Al
primo
piano
i
balconi,
adornati
da
ringhiere
in
ferro
battuto,
sono
sorretti
da
bellissimi
mascheroni
barocchi:
li
sbalzò
in
pietra
di
Siracusa
–
che
giungeva
su
carri
trainati
da
buoi
dal
porticciolo
di
Santa
Maria
la
Scala
–
l’intagliatore
Diego
Flavetta
che
lavorò
per
alcuni
mesi
in
un
capanno
costruito
sulla
piazza.
Il
Museo
delle
uniformi,
ospitato
presso
la
sala
Costarelli,
è
una
mostra
permanente
di
uniformi
storiche
a
partire
dal XVIII
secolo.
Palazzo
Modò
L'edificio
è
famoso
soprattutto
per
essere
stato
sede
del
vecchio
teatro
Eldorado,
ma
purtroppo
della
struttura
di
origine
ora
rimane
davvero
poco:
solo
i
balconi,
dei
bassorilievi
raffiguranti
maschere
teatrali
ed
il
nome
del
teatro
"Eldorado".
Il
teatro
fu
attivo
solo
per
una
decina
di
anni:
dal
1909
fino
al
primo
dopoguerra.
Il
palazzo
è
in
stile
barocco,
stile
che
caratterizza
l'intera
Acireale.
Della
originaria
struttura
rimangono
due
balconi
con
reggimensole
baroccheggianti,
dei
"mascheroni"
ed
il
nome
del
teatro
Eldorado,
realizzato
al
suo
interno
nel 1909 ed
attivo
sino
al primo
dopoguerra.
Pag.
1
Pag.
3
|