- Filicudi
Filicudi,
di
forma
ovale,
situata
tra
Salina
e
Alicudi,
si
presenta
come
un
cono
vulcanico
ai
cui
piedi
si
allunga
una
fascia
di
terreno
pianeggiante,
chiamata
Piano
di
Porto.
Anch'essa
è
il
risultato
di
complesse
vicende
vulcaniche.
Aspramente
rocciosa,
l'isola
ha
pareti
ripidissime,
segnate
da
"terrazze
marine"
che
ne
indicano
il
sollevamento;
anticamente
era
chiamata
Phoenicussa
poiché
era
ricoperta
di
felci.
Verso
la
fine
dell'Ottocento
ci
vivevano
1500
persone,
e
i
fianchi
della
montagna
erano
sistematicamente
terrazzati
e
coltivati
a
ulivi,
vite
e
alberi
da
frutta,
segno
di
una
buona
vitalità
dell'economia
e
dell'agricoltura.
La
grande
ondata
migratoria
ha
portato
a
un
lungo
periodo
di
abbandono,
che
ha
permesso
all'isola
di
mantenere
quasi
inalterate
le
proprie
caratteristiche
ambientali.
Anticamente
l'isola
era
nota
come Phoinicussa,
che
in greco
antico indica
la palma
nana,
assai
diffusa
in
epoca
antica
ed
oggi
ancora
presente
sui
promontori
dell'isola.
Molto
interessanti
sono
le
rovine
del
villaggio neolitico sul
promontorio
di Capo
Graziano. Recentemente
sono
state
portate
alla
luce
altre
rovine
(sempre
nella
zona
di
Capo
Graziano)
che
hanno
preso
il
nome
di
Rovine
di
Filobraccio.
I
reperti
ritrovati
testimoniano
la
presenza
sull'isola,
durante
il Neolitico,
di
una
fiorente
industria
e
lavorazione
dell'ossidiana.
È
presente
sull'isola
una
sezione
del Museo
archeologico
eoliano,
con
reperti
provenienti
dagli
scavi
di Capo
Graziano e
da
altre
zone
delle isole
Eolie.
Nelle
acque
sono
stati
ritrovati
alcuni
relitti
di
navi:
-
Relitto
A.
Localizzato
nella
secca
di
Capo
Graziano
e
datato
alla
metà
del II
secolo
a.C.,
aveva
un
carico
costituito
da
anfore
vinarie,
insieme
a
vasellame
in
ceramica
a
vernice
nera.
Dalla
stessa
nave
provengono
tre
ceppi
d'àncora
in
piombo,
decorati
con
delfini
ed
astragali.
-
Relitto
C.
Localizzato
presso
la
secca
di
Capo
Graziano,
è
datato
all'età
augustea.
Il
carico
era
costituito
da
anfore.
-
Relitto
E.
Scoperto
nel 1968 presso
la
secca
di
Capo
Graziano,
apparteneva
ad
una
nave
di
commercio
armata
con
cannoni
veneziani
del
XVI
secolo.
-
Relitto
F.
Localizzato
presso
Capo
Graziano
e
datato
alla
prima
metà
del III
secolo
a.C.,
trasportava
un
carico
composto
da
anfore
greco-italiche
e
da
ceramica
a
vernice
nera
e
acroma.
La
zona
del
Porto,
è
il
centro
nevralgico,
dove
trovate
le
piccole
attività
commerciali
dell'isola.
Il
tratto
costiero
del
porto,
ospita
una
spiaggia
di
ciottoli
abbastanza
grande.
Qui
ha
sede
un
piccolo
museo,
che
conserva
a
piano
terra
gli
antichi
utensili
dei
contadini
e
al
primo
piano
ritrovamenti
archeologici
sottomarini.
La
parte
sud-occidentale
dell'isola
ospita
il
piccolo
borgo
di
"Pecorini",
con
il
porticciolo
dei
pescatori
dell'isola
e
una
piccola
spiaggia
di
ciottoli.
Una
tappa
da
non
perdere
a
Filicudi
è
scalare
il
promontorio
di Capo
Graziano,
a
circa
mezz’ora
di
cammino
dal
porto.
Situato
nella
parte
sud
dell’isola
di
Filicudi,
Capo
Graziano
è
uno
dei
luoghi
più
importanti
per
l’archeologia
eolica.
A
circa
100
metri
sul
livello
del
mare,
ospita
i
resti
del
cosiddetto
"Villaggio
di
Capo
Graziano",
una
trentina
di
capanne
a
forma
ovale.
Da
qui,
si
arriva
anche
alle
antiche
"Cave
di
Macine"
dove,
proprio
sulla
costa
dell'isola
bagnata
dal
mare,
si
scorgono
alcuni
resti
di
macine.

Per
gli
amanti
del trekking
un
itinerario
da
non
perdere
è
la
salita
a
Monte
Fossa
delle
Felci,
771
metri.
Partendo
dal
porto,
si
percorre
un
antica
mulattiera
che
conduce
al
borgo
di
Valdichiesa,
che prende
il
nome
dalla
chiesa
novecentesca
di
Santo
Stefano.
Proseguendo,
il
sentiero
conduce
ad
un
piazzale
in
prossimità
della
località Liscio,
da
dove
si
dirama
una
mulattiera
che
porta
alla
Fossa
delle
Felci,
qui vi
ritroverete
immersi
in
una
natura
tanto
rigogliosa
quanto
selvaggia,
composta
principalmente
da
corbezzoli,
eriche
e
giganteschi
alberi
di
castagno.
Sulla
vetta
sarà
possibile
ammirare
l’isola
di
Alicudi
e
l’imponente
scoglio,
"La
Canna",
che,
con
i
suoi
71
metri
di
altezza,
si
innalza
come
un
guardiano
del
mare.
Alle
spalle
di
Valdichiesa, si
trova
anche
contrada Serro,
dove
le
poche
case
presenti
formano
un
piccolo
ma
caratteristico
insediamento
agricolo.
Da
qui
si
prosegue
verso
il
villaggio
fantasma
di Zucco
Grande,
così
chiamato
perché
non
vi
risiede
più
alcuna
anima
da
più
di
100
anni. Da
Zucco
Grande,
un
piccolo
sentiero
porta
a
Vallone
Fontanella,
così
chiamato
per
la
presenza
di
una
piccola
sorgente
d’acqua
collocata
all’interno
di
una
grotta.
Per
gli
amanti
di diving,
a
largo
di
Capo
Graziano,
vi
è
un sito
archeologico
d’importanza
mondiale
per
le
numerose
imbarcazioni
di
epoca
antica
presenti
nei
fondali.
Oltre
ad
essere
sito
d’interesse
culturale,
è
anche
un
luogo
prediletto
per
gli
appassionati
della
natura,
poiché
presenta
un
habitat
ricco
e
rigoglioso
grazie
anche
alle
normative
che
vietano,
da
dieci
anni
a
questa
parte,
la
pesca
e
le
immersioni
se
non
accompagnati
dal
personale
autorizzato.
Da
non
perdere
una
visita
alla
"Grotta
del
Bue
Marino",
è
la
più
grande
insenatura
delle
Eolie. Alta
20
metri,
larga
30
e
profonda
20,
la
grotta
è
accessibile
con
piccole
imbarcazioni
e
a
nuoto.
In
fondo
alla
grotta
si
trova
una
piccola
spiaggetta
di
ciottoli.
- Salina

Salina,
la
seconda
isola
dell'arcipelago
per
estensione,
si
contraddistingue
per
la
propria
vallata
interna,
che
da
lontano
fa
apparire
i
due
rilievi
che
la
compongono
(i
Monti
Porri
e
Fossa
delle
Felci)
come
due
isole
distinte;
venne
perciò
chiamata
dai
greci
Didyme
("gemelli").
Dagli
scavi
sono
emersi
insediamenti
risalenti
all'età
del
bronzo e
un'alternanza
di
periodi
di
completo
abbandono
con
altri
di
forte
sviluppo.
Ritrovamenti
presso
Santa
Marina
mostrano un
notevole
insediamento attorno
al IV
secolo
a.C. Attorno
al VII
secolo d.C.
Salina
fu
una
delle
Eolie
più
popolate,
perché
i
vulcani
di
Lipari
erano
in
attività.
Le
invasioni
arabe
la
resero
deserta
finché,
attorno
al XVII
secolo,
tornò
a
popolarsi.
Salina
è
l'isola
più
fertile
delle
Eolie
e
ricca
d'acqua;
vi
si
coltivano
uve
pregiate
dalle
quali
si
ricava
la Malvasia
delle
Lipari,
un
vino
di
sapore
dolce,
e capperi che
sono
esportati
in
tutto
il
mondo.
L'Abate
Gerolamo
Maurando
giunse
nel
1544
nell'arcipelago
delle
Eolie
attestando
l'esistenza
di
un'attività
economica
molto
florida
che
probabilmente
era
già
iniziata
durante
il
Medioevo.
Tuttavia,
a
quel
tempo,
nonostante
la
presenza
di
vigneti
sull'isola
non
si
presume
la
presenza
di
comunità
organizzate:
la
continua
minaccia
dei
pirati
che
assediava
l'isola
sin
dall'epoca
bizantina,
aveva
spinto
i
liparesi
a
limitare
le
visite
unicamente
per
la
cura
dei
vigneti
e
dei
raccolti
durante
le
stagioni.
L'isola
si
ripopola
solo
alla
fine
del
1500,
grazie
alle
concessioni
enfiteutiche
del Vescovo
di
Lipari,
e
raggiunge
il
suo
apice
nella
metà
dell'Ottocento:
durante
300
anni
si
ritrovano
a
convivere
famiglie
provenienti
da
tutto
il
basso
Tirreno,
attratte
dal
lavoro
e
dall'illusione
della
piccola
proprietà.
La
conseguente
dipendenza
economica
dall'isola
maggiore
di
Lipari,
dovuta
alla
mancanza
di
tradizioni
comuni
nella
nuova
comunità,
ha
fine
solo
agli
inizi
del
XIX
secolo,
quando
un'improvvisa
domanda
di
Malvasia,
permette
agli
abitanti
di
Salina
di
affermarsi
finalmente
nei
mezzi
di
scambio:
per
10
lunghi
anni,
infatti,
i
commissari
per
gli
approvvigionamenti
dell'armata
britannica,
giunta
a
Messina
per
fronteggiare
la
possibile
avanzata
di Napoleone in
Sicilia,
richiedono
il
noto
'passito
eoliano'
sulle
tavole
dei
loro
ufficiali.
Una
domanda
così
duratura
innesca
un
processo
di
sviluppo
locale
tale
da
permettere
all'isola
di
affrancarsi
dall'economia
liparese
nonché
dal
suo
potere
amministrativo.
Sfortunatamente
però,
nella
primavera
del 1889,
la filossera invade
i
vigneti
dell'intera
Europa
e
pone
fine
alla
prosperità,
l'emigrazione
prende
piede
ed
in
quindici
anni
la
popolazione
di
Salina
si
dimezza.
È
l'isola
più
verde,
famosa
per
la
Riserva
Naturale
che
occupa
oltre
la
metà
del
territorio ed
è
raggiungibile
seguendo
suggestivi
itinerari
naturalistici
adatti
a
chi
voglia
godere
di
un
incantevole
panorama
su
tutte
le
vicine
Isole.
Il
più
alto
dei
due
monti
di
Salina,
il
Monte
Fossa
delle
Felci
962
mt,
ospita
nel
cono
un
bellissimo
bosco
di
Felci,
mentre
il
Monte
Porri
860
mt,
è
la
dimora
del
Falco
della
Regina.
La
durata
della
scalta
è
di
circa
2
h
a
piedi
e
la
via
più
consigliata
è
dal
Santuario
della
Madonna
del
Terzito
a
Valdichiesa.
Dal
2007
ed
ininterrottamente
da
sette
anni
a
Santa
Marina
Salina
sventolano
le 5
vele
della
Guida
Blu
di
Legambiente.
Curiosa
particolarità
è
quella
amministrativa:
l'isola
è
l'unica
nell'arcipelago
a
non
dipendere
da
Lipari,
sono
presenti
3
comuni
autonomi:
Malfa,
Leni
e
Santa
Marina.
Gli
approdi
sono
due,
Santa
Marina
che
è
anche
il
porto
turistico
dell'isola
e
il
porticciolo
di
Rinella.
L’intera
isola
è
collegata
da
comode
strade
rotabili,
che
si
attorcigliano
lungo
le
pendici
dei
monti,
attraversando
spettacolari
colate
laviche.
Il
miglior
modo
per
visitare
l’isola
è
sicuramente
quello
di
noleggiare
uno
scooter
o
un
automobile,
in
ogni
caso
nel
periodo
estivo
un
efficiente
servizio
di
autobus
si
protrae
fino
a
tarda
sera.
Appena
giunti
a Santa
Marina è
possibile
ammirare
la
meravigliosa
chiesa
settecentesca
con
i
suoi
caratteristici
campanili.
Qui
si
trova
il
più
grande
e
attrezzato
porto
turistico
delle
Isole
Eolie.
Da
non
perdere
la
viuzza
interna
al
paese,
ricca
di
negozietti
e
ristoranti
tipici
e
dove
è
possibile
visitare
il Museo
del
Vino.
In
località
Serro
dell’Acqua,
un
sentiero,
conduce
alle "Grotte
Saracene",
scavate
nel
tufo
e
nascoste
da
una
fitta
vegetazione,
utilizzate
come
rifugio
per
sfuggire
alle
atroci
barbarie
commesse
dai
saraceni
nel
650
d.C.
Da
non
perdere
il
"sito
archeologico
di
Portella"
un
villaggio
dell’età
del
Bronzo
Medio
(XV-XIII
sec.
a.C.)
di
eccezionale
bellezza
e
conservazione,
che
si
erge
su
una
ripida
cresta
vulcanica
percorribile
a
piedi
attraverso
una
lunga
scalinata
dalla
quale
ammirare
scorci
panoramici
sull’orizzonte.
Le
capanne
sono
a
pianta
ovale
o
circolare
di
circa
3-4
metri
di
diametro,
scavate
interamente
nella
roccia
vulcanica
(lapillo)
e
foderate
da
un
muro
a
secco
costruito
con
grandi
pietre
di
mare
e
pietre
vulcaniche.
Da
Santa
Marina,
dopo
circa
2
Km,
si
raggiunge
la
frazione
di Lingua,
con
il lago
di
acqua
salmastra dal
quale
in
tempi
passati
si
ricavava
il
sale
e
dal
quale
prende
il
nome
l'isola.
A
pochi
passi
dal
laghetto
troviamo
il Museo
Civico e
il Museo
Archeologico dell'Isola.
Malfa è
il
comune
centrale
dell’isola.
E'
anche
il
più
popolato
ed
è
qui
che
sorgono
i
più
grandi
hotel
dell'Isola.
Cuore
agricolo
dell’intero
arcipelago,
Malfa
è
adagiata
su
un
terrazzo
collinare
a
90
metri
sul
livello
del
mare.
Per
la
sua
esposizione
a
settentrione
è
il
luogo
più
fresco
e
verdeggiante
dell’isola.
Si
trova
in
posizione
centrale
strategica
per
raggiungere
gli
altri
punti
e
località
di
Salina.
Qui
è
stato
costituito
il Museo
dell'Emigrazione della
popolazione
Eoliana.
La
piazza
di
Malfa,
con
la
"rosa
dei
venti"
è
sovrastata
dalla
chiesetta
dell'Immacolata.
Pollara è
un
piccolo
paesino
che
erge
nella
fossa
vulcanica
di
mezzo
cratere.
Dell'altra
metà
è
possibile
ammirane
solo
un
piccolo
neck
che
affiora
dal
mare,
il
cosiddetto
"Faraglione".
Raggiungendo
Pollara
da
Malfa,
si
arriva
al
"Castello",
un
piccolo
forte
costruito
durante
la
prima
guerra
mondiale,
affacciandosi
dal
piccolo
spiazzale
di
fronte
al
castello
si
può
ammirare
la
parte
di
cono
vulcanico
all'interno
della
quale
sorge
il
piccolo
paesino
di
Pollara.
Consigliamo
sicuramente
una
visita
alle
"Balate",
si
tratta
di
una
roccia
vulcanica
raggiungibile
tramite
un
sentiero
di
scalini,
che
dista
circa
15
minuti
a
piedi
dal
centro
abitato
di
Pollara.
Qui
è
possibile
ammirare
dei
magazzini
scavati
nel
tufo
ed
è
possibile
tuffarsi
nelle
acque
cristalline
dell'isola;
proseguendo
è
possibile
ammirare
anche
il
"Perciato"
un
suggestivo
arco
di
roccia
vulcanica.
E'
anche
il
posto
migliore
dove
ammirare
il
tramonto,
si
dice
sia
tra
i
più
belli
al
mondo,
dove
il
sole
assume
il
colore
rosso
fuoco
e
tramonta
accanto
alle
isole
di
Filicudi
e
Alicudi.
Capo
Faro,
situata
tra
Malfa
e
Santa
Marina,
è
una
piccola
frazione
caratterizzata
da
un’alta
scogliera
a
strapiombo
sul
mare
e
sormontata
da
un
faro.
Qui
vi
troverete
immersi
nelle
coltivazioni
di
Malvasia.
Infine Leni,
a
circa
200
mt
di
altitudine,
anche
questa
immersa
nel
verde
dei
vigneti
di
Malvasia
di
cui
l'Isola
ne
è
ricca
soprattutto
nella
frazione
di
Valdichiesa,
che
si
trova
proprio
tra
le
due
selle
dell'Isola.
A Valdichiesa troviamo
anche
il
santuario
della Madonna
del
Terzito,
diventato
meta
di
pellegrinaggio
per
gli
isolani,
soprattutto
in
occasione
della
ricorrenza
del
23
luglio.
Il
nome
del
Santuario
è
dovuto
alla
“leggenda”,
che
racconta
che
in
questo
punto
la
Madonna
sia
apparsa
ben
tre
volte.
Da
qui
partono
anche
i
sentieri
del
trekking
per
arrivare
in
cima
al
Monte
Fossa.
Si
prosegue
verso
la
pittoresca
frazione
di Rinella,
piccolo
borgo
di
pescatori
dove
è
presente
l’unica
spiaggia
di
sabbia
nera
dell’isola,
è
sormontata
da
grotte
scavate
nella
roccia
che
servivano
da
ricovero
per
le
barche.
La
Malvasia
è
prodotta
con
l’uva
raccolta
nella
prima
quindicina
di
settembre
e
i
grappoli
sono
esposti
in
terrazze
in
modo
che
l’appassimento
attraverso
il
sole
aiuti
a
raggiungere
la
giusta
gradazione
zuccherina.
Salina
è
famosa
anche
per
un
altro
prodotto:
i
capperi
di
Salina,
presidio
Slow
Food.
Ad
accrescere
la
fama
di
Salina,
che
come
tutto
l'Arcipelago
nella
seconda
metà
del
Novecento
ha
visto
il
turismo
diventare
una
risorsa
economica
fondamentale,
ha
poi
contribuito
di
certo
l'ultima
opera
di
Massimo
Troisi,
Il
postino
(1994):
il
personaggio
da
lui
interpretato
abitava
in
prossimità
della
spiaggia
di
Pollara,
abbracciata
da
un
anfiteatro
naturale
formato
dalle
rocce
e
chiuso
a
nord
dal
Perciato,
un
promontorio
dove
sono
visibili
le
grotte
e
i
rifugi
scavati
nel
tufo
per
sfuggire
alle
invasioni
saracene,
da
cui
si
gode
di
un
magnifico
tramonto.

- Panarea
Panarea
fu
abitata
già
in
epoca preistorica come
testimonia
il villaggio dell'età
del
Bronzo (XIV
secolo
a.C.)
sul
promontorio
di
Capo
Milazzese,
a
sud-ovest
dell'isola
(da
cui
prende
il
nome
la Cultura
del
Milazzese).
La
particolare
posizione
del
pianoro,
proteso
verso
il
mare
e
protetto
da
alte
pareti
a
dirupo
sul
mare
-
dunque
facilmente
difendibile
-
ne
fece
un
luogo
ideale
per
l'insediamento:
nel
villaggio,
di
cui
sono
visibili
e
visitabili
i
resti
di
una
ventina
di
capanne,
sono
stati
ritrovati
materiali
d'origine micenea,
a
testimonianza
del
ruolo
svolto,
anche
in
antichità,
dall'arcipelago
eoliano,
al
centro
delle
principali
rotte
commerciali
del Mar
Mediterraneo.
Per
il
resto
Panarea
condivide
la
storia
delle
altre
isole
Eolie
ed
in
particolare
di
Lipari.
Abitate
fin
dal neolitico,
nel
periodo
fra
il VII e
il VI
secolo
a.C. le
isole
furono
preda
di
continue
scorrerie
etrusche
fino
a
quando
questi
ultimi
non
vennero
sostituiti
dalla
colonizzazione greca.
Nel 264
a.C. Lipari
è
alleata
di
Cartagine e
le
isole
devono
quindi
subire
i
continui
attacchi
della
flotta
romana.
Nel 252
a.C. Lipari
e
le
sue
isole
passeranno
sotto
il
dominio romano.
Ne
sono
prova
i
resti
di
una
villa
romana
sulla
difficilmente
accessibile
sommità
dell'isolotto
di
Basiluzzo,
proprietà
di
un
eccentrico
possidente
romano,
evidentemente
amante
dell'asprezza
e
bellezza
dei
panorami
panarellesi.
Con
la caduta
dell'Impero
romano
d'Occidente inizia
un
periodo
di
decadenza
che
aumenta
con
la
dominazione bizantina e
diviene
ancor
più
rapida
con
l'inizio
dell'occupazione
araba
(827/1061).
Con
l'avvento
dei Normanni e
la
nascita
del Regno
di
Sicilia ricominciò
lo
sviluppo
economico
e
demografico
delle
isole
(1340-1544 circa).
A
metà
del 1500 infatti
gli
arabi
ricominciarono
a
insidiare
le
isole
(ne
resta
traccia
nella toponomastica isolana
nella
baia
e
relativa
contrada
di
Drautto,
dal
nome
del
pirata Dragut.
Per
le
scorrerie
della
pirateria
arabo-turca
l'isola
rimase
pressoché
disabitata,
gli
abitanti
infatti
non
superavano
il
centinaio.
Verso
la
fine
del XVII
secolo i
contadini
di
Lipari
ripresero
a
coltivarla
(senza
portarvici
però
donne
e
bambini,
per
via
del
pericolo
delle
scorrerie
piratesche).
È
significativo
come
sopra
il
villaggio
preistorico
di
Cala
Junco
esista
il
"Castello
del
Salvamento"
(nella
toponomastica
eoliana
"castello"
sta
per
pinnacolo
roccioso
di
notevole
altezza),
usato
appunto
come
provvidenziale
rifugio
degli
abitanti
durante
queste
incursioni.
In
seguito,
con
il
miglioramento
della
situazione
politica
nelle
isole,
la
popolazione
di
Panarea
aumentò
sino
a
circa
1000
persone.
Ma
alla
fine
dell'Ottocento diminuì
nuovamente
per
via
dell'emigrazione,
verso Stati
Uniti, Sud
America e Australia.
Ai
giorni
nostri
la
popolazione
è
intorno
ai
200
abitanti
stabili
(in
inverno,
nei
mesi
estivi
con
i
turisti
può
facilmente
decuplicare).
Gli
isolani
vivono
ora
soprattutto
del
successo
turistico
dell'isola,
esploso
alla
fine
degli anni
settanta,
ma
iniziato
alla
fine
degli anni
cinquanta,
con
la
scoperta
di
queste
isole
da
parte
di
villeggianti
più
avventurosi,
alla
ricerca
di
un'oasi
di
vita
più
semplice
e
a
contatto
diretto
con
la
natura.

Panarea
è
la
più
piccola
isola
dell'arcipelago
e
forma,
con
numerosi
scogli
(Basiluzzo,
Spinazzola,
Lisca
Bianca,
Dattilo,
Bottaro,
Lisca
Nera,
i
Panarelli
e
le
Formiche),
un
piccolo
arcipelago
situato
su
un
unico
basamento
marino.
Anche
gli
scogli
hanno
una
loro
storia:
Lisca
Bianca
è
caratterizzata
da
una
grotta
dalla
quale
un
tempo
si
estraeva
l'allume,
mentre
Basluzzo
ha
forma
di
una
cupola
con
pareti
a
picco
sul
mare;
nell'Ottocento
fu
visitato
e
descritto
da
Alexandre
Dumas.
Panarea
è
formata
da
un
massiccio
vulcanico;
sulla
spiaggia
della
Calcara
sono
visibili
alcune
fumarole
segno
di
attività
vulcanica
secondaria,
che
arrivano
anche
a
100°C
di
temperatura.
Fu
abitata
sin
dal
Neolitico;
un
villaggio
preistorico
risalente
all'età
del
bronzo
è
stato
ritrovato
sul
promontorio
del
Milazzese.
Si
tratta
di
23
capanne,
risalenti
a
1400
anni
prima
di
Cristo,
tutte
ovali
(esclusa
una
di
forma
rettangolare)
e
collocate
sulla
sommità
del
promontorio
in
evidente
posizione
difensiva.
Proprio
presso
il
promontorio
di
Punta
Milazzese
sorge
il
luogo
forse
più
suggestivo
dell'isola:
Cala
Junco,
una
splendida
piscina
naturale
di
acqua
trasparente
dalle
inverosimili
striature
verdi,
turchesi
e
blu.
La
vegetazione
delle
isole
Eolie
è
tipicamente
mediterranea,
con
900
specie
registrate,
cinque
delle
quali
endemiche:
Bassia
saxicola,
Dianthus
rupicola,
Silene
hicesiae,
Cytiscus
aeolicus
e
Ophrys
lunata.
La
specie
più
celebre,
tuttavia,
è
senz'altro
il
cappero
(Capparis
spinosa),
i
cui
frutti
sono
un
ingrediente
fondamentale
della
cucina
locale.
La
fauna
comprende
40
specie
di
uccelli,
prevalentemente
migratori
che
si
fermano
sulle
isole
durante
le
loro
traversate.
Tra
i
mammiferi
vale
la
pena
di
ricordare
il
quercino
,
una
specie
endemica
di
coniglio
selvatico,
e
sette
specie
di
pipistrelli.
Sette
sono
anche
i
rettili,
tra
i
quali
la
lucertola
delle
Eolie
(Podarcis
raffonei),
che
vive
sull'isola
di
Vulcano.
Amate
da
scrittori
come
Alexandre
Dumas
padre
e
Curzio
Malaparte,
le
Eolie
cominciarono
a
diventare
una
meta
turistica
intorno
agli
anni
Cinquanta
del
Novecento,
quando
Roberto
Rossellini
vi
girò
Stromboli,
terra
di
Dio,
interpretato
da
Ingrid
Bergman.
Da
allora,
i
circa
10.000
abitanti
delle
isole
hanno
rivolto
al
turismo
quella
che
prima
era
un'economia
agricola
chiusa.
E
oggi
sono
ormai
200.000
i
visitatori
che,
ogni
anno,
trascorrono
le
vacanze
nelle
isole
dei
vulcani.
San
Pietro è
il
centro
dell'Isola,
in
cui
si
trova
il
molo
adibito
allo
sbarco
di
aliscafi.
Dall’area
portuale
si
snodano
tutte
le
stradine
che
conducono
ai
tre
centri
abitati
di
San
Pietro
a
est,
Drautto
a
sud-ovest
e
a
nord-est
Ditella.
Le
modeste
dimensioni
dell’isola
permettono
di
girarla
completamente
a
piedi
ma
ciò
non
toglie
la
possibilità
di
prendere
il
classico
e
pittoresco
taxi
eoliano,
un’ape
sapientemente
adibita
al
trasporto
di
persone
o
le
classiche
macchine
elettriche.
Famosa
è
la
sorgente
termale
adiacente
all’area
portuale che
si
manifesta
con
l’emanazione
dal
fondale
di
acqua
calda
a
50°C,
sfrutta
ta
a
scopo
terapeutico.
Percorrendo
la
stradina
che
conduce
verso
la
montagna
si
entra
nel
centro
abitato
del
paese.
L’abitato
si
sviluppa
lungo
un
dolce
pendio
sormontato
da
terrazzamenti
che
venivano
utilizzati
a
scopo
agrario.
Le
case
mantengono
un’architettura
dal
tipico
colore
bianco.
Percorrendo
la
strada
a
monte
si
incontra
la
chiesetta
di
San
Pietro.
Tra
le
vie
che
compongono
l’abitato
di
San
Pietro,
trova
spazio
il
piccolo
museo
di
Panarea,
sede
distaccata
del
museo
Barnabò
Brea
di
Lipari.
Al
museo
sono
esposti
rinvenimenti
che
raccontano
sia
la
storia
geologica
che
quella
umana
con
reperti
risalenti
al
Neolitico
e
alla
media
età
del
Bronzo,
quasi
tutti
rinvenuti
nel
villaggio
preistorico
di
Capo
Milazzaese.
Dalla
chiesa
di
San
Pietro,
percorrendo
la
strada
panoramica
in
direzione
sud,
si
giunge
a Drautto.
A
sud
della
zona
abitata,
dopo
aver
superato
un
promontorio
roccioso,
si
arriva
alla
frequentata Caletta
degli
Zimmari,
spiaggia
di
sabbia.
Continuando
nella
medesima
direzione
si
arriva
a Punta
Milazzese,
sede
di
un
villaggio
preistorico
dove
ancora
oggi
sono
ben
visibili
i
resti
delle
23
capanne
che
lo
componevano.
Da
qui
un
antico
sentiero
conduce
a Cala
Junco,
la
baia
che
lo
compone
è
a
forma
di
anfiteatro,
delimitata
ai
lati
da
stravaganti
formazioni
rocciose
che
creano
così
una
piscina
naturale.
Dall’abitato
di
San
Pietro,
girando
a
destra
in
direzione
nord,
arriviamo
a Ditella,
piccola
contrada
conosciuta
sopratutto
per
le
sorgenti
termali
e
per
le
innocue
fumarole
della Spiaggia
Calcara,
situata
in
una
conca,
probabilmente
resto
di
un
edificio
vulcanico
collassato
che
regala
un
paesaggio
scottante
perchè
dal
suolo
si
elevano
i
gas
delle
fumarole.
Basiluzzo è
situato
a
circa
2
miglia
a
nord-est
di
Panarea
e
si
estende
su
una
superficie
di
300
mq,
rappresentando
l’isolotto
disabitato
più
grande
delle
Isole
Eolie.

Pag.
3  |