Isole Eolie
(Lipari, Salina, Vulcano, Stromboli, Filicudi, Alicudi, Panarea)
(Messina)

 

Filicudi

Filicudi, di forma ovale, situata tra Salina e Alicudi, si presenta come un cono vulcanico ai cui piedi si allunga una fascia di terreno pianeggiante, chiamata Piano di Porto. Anch'essa è il risultato di complesse vicende vulcaniche. Aspramente rocciosa, l'isola ha pareti ripidissime, segnate da "terrazze marine" che ne indicano il sollevamento; anticamente era chiamata Phoenicussa poiché era ricoperta di felci. 

Verso la fine dell'Ottocento ci vivevano 1500 persone, e i fianchi della montagna erano sistematicamente terrazzati e coltivati a ulivi, vite e alberi da frutta, segno di una buona vitalità dell'economia e dell'agricoltura. La grande ondata migratoria ha portato a un lungo periodo di abbandono, che ha permesso all'isola di mantenere quasi inalterate le proprie caratteristiche ambientali. 

Anticamente l'isola era nota come Phoinicussa, che in greco antico indica la palma nana, assai diffusa in epoca antica ed oggi ancora presente sui promontori dell'isola.

Molto interessanti sono le rovine del villaggio neolitico sul promontorio di Capo Graziano. Recentemente sono state portate alla luce altre rovine (sempre nella zona di Capo Graziano) che hanno preso il nome di Rovine di Filobraccio. I reperti ritrovati testimoniano la presenza sull'isola, durante il Neolitico, di una fiorente industria e lavorazione dell'ossidiana.  

È presente sull'isola una sezione del Museo archeologico eoliano, con reperti provenienti dagli scavi di Capo Graziano e da altre zone delle isole Eolie.

Nelle acque sono stati ritrovati alcuni relitti di navi:

- Relitto A. Localizzato nella secca di Capo Graziano e datato alla metà del II secolo a.C., aveva un carico costituito da anfore vinarie, insieme a vasellame in ceramica a vernice nera. Dalla stessa nave provengono tre ceppi d'àncora in piombo, decorati con delfini ed astragali.

- Relitto C. Localizzato presso la secca di Capo Graziano, è datato all'età augustea. Il carico era costituito da anfore.

- Relitto E. Scoperto nel 1968 presso la secca di Capo Graziano, apparteneva ad una nave di commercio armata con cannoni veneziani del XVI secolo.

- Relitto F. Localizzato presso Capo Graziano e datato alla prima metà del III secolo a.C., trasportava un carico composto da anfore greco-italiche e da ceramica a vernice nera e acroma.

La zona del Porto, è il centro nevralgico, dove trovate le piccole attività commerciali dell'isola.

Il tratto costiero del porto, ospita una spiaggia di ciottoli abbastanza grande.

Qui ha sede un piccolo museo, che conserva a piano terra gli antichi utensili dei contadini e al primo piano ritrovamenti archeologici sottomarini.  

La parte sud-occidentale dell'isola ospita il piccolo borgo di "Pecorini", con il porticciolo dei pescatori dell'isola e una piccola spiaggia di ciottoli.  

Una tappa da non perdere a Filicudi è scalare il promontorio di Capo Graziano, a circa mezz’ora di cammino dal porto.

Situato nella parte sud dell’isola di Filicudi, Capo Graziano è uno dei luoghi più importanti per l’archeologia eolica.

A circa 100 metri sul livello del mare, ospita i resti del cosiddetto "Villaggio di Capo Graziano", una trentina di capanne a forma ovale.

Da qui, si arriva anche alle antiche "Cave di Macine" dove, proprio sulla costa dell'isola bagnata dal mare, si scorgono alcuni resti di macine.

Per gli amanti del trekking un itinerario da non perdere è la salita a Monte Fossa delle Felci, 771 metri.

Partendo dal porto, si percorre un antica mulattiera che conduce al borgo di  Valdichiesa, che prende il nome dalla chiesa novecentesca di Santo Stefano.

Proseguendo, il sentiero conduce ad un piazzale in prossimità della località Liscio, da dove si dirama una mulattiera che porta alla Fossa delle Felci, qui vi ritroverete immersi in una natura tanto rigogliosa quanto selvaggia, composta principalmente da corbezzoli, eriche e giganteschi alberi di castagno.

Sulla vetta sarà possibile ammirare l’isola di Alicudi e l’imponente scoglio, "La Canna", che, con i suoi 71 metri di altezza, si innalza come un guardiano del mare.  

Alle spalle di Valdichiesa, si trova anche contrada Serro, dove le poche case presenti formano un piccolo ma caratteristico insediamento agricolo.

Da qui si prosegue verso il villaggio fantasma di Zucco Grande, così chiamato perché non vi risiede più alcuna anima da più di 100 anni. Da Zucco Grande, un piccolo sentiero porta a Vallone Fontanella, così chiamato per la presenza di una piccola sorgente d’acqua collocata all’interno di una grotta.  

Per gli amanti di diving, a largo di Capo Graziano, vi è un sito archeologico d’importanza mondiale per le numerose imbarcazioni di epoca antica presenti nei fondali. Oltre ad essere sito d’interesse culturale, è anche un luogo prediletto per gli appassionati della natura, poiché presenta un habitat ricco e rigoglioso grazie anche alle normative che vietano, da dieci anni a questa parte, la pesca e le immersioni se non accompagnati dal personale autorizzato.  

Da non perdere una visita alla "Grotta del Bue Marino", è la più grande insenatura delle Eolie. Alta 20 metri, larga 30 e profonda 20, la grotta è accessibile con piccole imbarcazioni e a nuoto. In fondo alla grotta si trova una piccola spiaggetta di ciottoli.

Salina

Salina, la seconda isola dell'arcipelago per estensione, si contraddistingue per la propria vallata interna, che da lontano fa apparire i due rilievi che la compongono (i Monti Porri e Fossa delle Felci) come due isole distinte; venne perciò chiamata dai greci Didyme ("gemelli"). 

Dagli scavi sono emersi insediamenti risalenti all'età del bronzo e un'alternanza di periodi di completo abbandono con altri di forte sviluppo. Ritrovamenti presso Santa Marina mostrano un notevole insediamento attorno al IV secolo a.C. Attorno al VII secolo d.C. Salina fu una delle Eolie più popolate, perché i vulcani di Lipari erano in attività. Le invasioni arabe la resero deserta finché, attorno al XVII secolo, tornò a popolarsi.

Salina è l'isola più fertile delle Eolie e ricca d'acqua; vi si coltivano uve pregiate dalle quali si ricava la Malvasia delle Lipari, un vino di sapore dolce, e capperi che sono esportati in tutto il mondo.

L'Abate Gerolamo Maurando giunse nel 1544 nell'arcipelago delle Eolie attestando l'esistenza di un'attività economica molto florida che probabilmente era già iniziata durante il Medioevo.

Tuttavia, a quel tempo, nonostante la presenza di vigneti sull'isola non si presume la presenza di comunità organizzate: la continua minaccia dei pirati che assediava l'isola sin dall'epoca bizantina, aveva spinto i liparesi a limitare le visite unicamente per la cura dei vigneti e dei raccolti durante le stagioni.

L'isola si ripopola solo alla fine del 1500, grazie alle concessioni enfiteutiche del Vescovo di Lipari, e raggiunge il suo apice nella metà dell'Ottocento: durante 300 anni si ritrovano a convivere famiglie provenienti da tutto il basso Tirreno, attratte dal lavoro e dall'illusione della piccola proprietà.

La conseguente dipendenza economica dall'isola maggiore di Lipari, dovuta alla mancanza di tradizioni comuni nella nuova comunità, ha fine solo agli inizi del XIX secolo, quando un'improvvisa domanda di Malvasia, permette agli abitanti di Salina di affermarsi finalmente nei mezzi di scambio: per 10 lunghi anni, infatti, i commissari per gli approvvigionamenti dell'armata britannica, giunta a Messina per fronteggiare la possibile avanzata di Napoleone in Sicilia, richiedono il noto 'passito eoliano' sulle tavole dei loro ufficiali. Una domanda così duratura innesca un processo di sviluppo locale tale da permettere all'isola di affrancarsi dall'economia liparese nonché dal suo potere amministrativo.

Sfortunatamente però, nella primavera del 1889, la filossera invade i vigneti dell'intera Europa e pone fine alla prosperità, l'emigrazione prende piede ed in quindici anni la popolazione di Salina si dimezza.

È l'isola più verde, famosa per la Riserva Naturale che occupa oltre la metà del territorio ed è raggiungibile seguendo suggestivi itinerari naturalistici adatti a chi voglia godere di un incantevole panorama su tutte le vicine Isole.

Il più alto dei due monti di Salina, il Monte Fossa delle Felci 962 mt, ospita nel cono un bellissimo bosco di Felci, mentre il Monte Porri 860 mt, è la dimora del Falco della Regina. La durata della scalta è di circa 2 h a piedi e la via più consigliata è dal Santuario della Madonna del Terzito a Valdichiesa.

Dal 2007 ed ininterrottamente da sette anni a Santa Marina Salina sventolano le 5 vele della Guida Blu di Legambiente.

Curiosa particolarità è quella amministrativa: l'isola è l'unica nell'arcipelago a non dipendere da Lipari, sono presenti 3 comuni autonomi:

Malfa, Leni e Santa Marina. Gli approdi sono due, Santa Marina che è anche il porto turistico dell'isola e il porticciolo di Rinella.  

L’intera isola è collegata da comode strade rotabili, che si attorcigliano lungo le pendici dei monti, attraversando spettacolari colate laviche.

Il miglior modo per visitare l’isola è sicuramente quello di noleggiare uno scooter o un automobile, in ogni caso nel periodo estivo un efficiente servizio di autobus si protrae fino a tarda sera.  

Appena giunti a Santa Marina è possibile ammirare la meravigliosa chiesa settecentesca con i suoi caratteristici campanili. Qui si trova il più grande e attrezzato porto turistico delle Isole Eolie.

Da non perdere la viuzza interna al paese, ricca di negozietti e ristoranti tipici e dove è possibile visitare il Museo del Vino.

In località Serro dell’Acqua, un sentiero, conduce alle "Grotte Saracene", scavate nel tufo e nascoste da una fitta vegetazione, utilizzate come rifugio per sfuggire alle atroci barbarie commesse dai saraceni nel 650 d.C.

Da non perdere il "sito archeologico di Portella" un villaggio dell’età del Bronzo Medio (XV-XIII sec. a.C.) di eccezionale bellezza e conservazione, che si erge su una ripida cresta vulcanica percorribile a piedi attraverso una lunga scalinata dalla quale ammirare scorci panoramici sull’orizzonte.

Le capanne sono a pianta ovale o circolare di circa 3-4 metri di diametro, scavate interamente nella roccia vulcanica (lapillo) e foderate da un muro a secco costruito con grandi pietre di mare e pietre vulcaniche.

Da Santa Marina, dopo circa 2 Km, si raggiunge la frazione di Lingua, con il lago di acqua salmastra dal quale in tempi passati si ricavava il sale e dal quale prende il nome l'isola. A pochi passi dal laghetto troviamo il Museo Civico e il Museo Archeologico dell'Isola.  

Malfa è il comune centrale dell’isola. E' anche il più popolato ed è qui che sorgono i più grandi hotel dell'Isola.

Cuore agricolo dell’intero arcipelago, Malfa è adagiata su un terrazzo collinare a 90 metri sul livello del mare. Per la sua esposizione a settentrione è il luogo più fresco e verdeggiante dell’isola. Si trova in posizione centrale strategica per raggiungere gli altri punti e località di Salina. Qui è stato costituito il Museo dell'Emigrazione della popolazione Eoliana.

La piazza di Malfa, con la "rosa dei venti" è sovrastata dalla chiesetta dell'Immacolata.

Pollara è un piccolo paesino che erge nella fossa vulcanica di mezzo cratere. Dell'altra metà è possibile ammirane solo un piccolo neck che affiora dal mare, il cosiddetto "Faraglione".

Raggiungendo Pollara da Malfa, si arriva al "Castello", un piccolo forte costruito durante la prima guerra mondiale, affacciandosi dal piccolo spiazzale di fronte al castello si può ammirare la parte di cono vulcanico all'interno della quale sorge il piccolo paesino di Pollara.

Consigliamo sicuramente una visita alle "Balate", si tratta di una roccia vulcanica raggiungibile tramite un sentiero di scalini, che dista circa 15 minuti a piedi dal centro abitato di Pollara. Qui è possibile ammirare dei magazzini scavati nel tufo ed è possibile tuffarsi nelle acque cristalline dell'isola; proseguendo è possibile ammirare anche il "Perciato" un suggestivo arco di roccia vulcanica. 

E' anche il posto migliore dove ammirare il tramonto, si dice sia tra i più belli al mondo, dove il sole assume il colore rosso fuoco e tramonta accanto alle isole di Filicudi e Alicudi.

Capo Faro, situata tra Malfa e Santa Marina, è una piccola frazione caratterizzata da un’alta scogliera a strapiombo sul mare e sormontata da un faro. Qui vi troverete immersi nelle coltivazioni di Malvasia.  

Infine Leni, a circa 200 mt di altitudine, anche questa immersa nel verde dei vigneti di Malvasia di cui l'Isola ne è ricca soprattutto nella frazione di Valdichiesa, che si trova proprio tra le due selle dell'Isola.

A Valdichiesa troviamo anche il santuario della Madonna del Terzito, diventato meta di pellegrinaggio per gli isolani, soprattutto in occasione della ricorrenza del 23 luglio. Il nome del Santuario è dovuto alla “leggenda”, che racconta che in questo punto la Madonna sia apparsa ben tre volte.

Da qui partono anche i sentieri del trekking per arrivare in cima al Monte Fossa.

Si prosegue verso la pittoresca frazione di Rinella, piccolo borgo di pescatori dove è presente l’unica spiaggia di sabbia nera dell’isola, è sormontata da grotte scavate nella roccia che servivano da ricovero per le barche.

La Malvasia è prodotta con l’uva raccolta nella prima quindicina di settembre e i grappoli sono esposti in terrazze in modo che l’appassimento attraverso il sole aiuti a raggiungere la giusta gradazione zuccherina.

Salina è famosa anche per un altro prodotto: i capperi di Salina, presidio Slow Food.

Ad accrescere la fama di Salina, che come tutto l'Arcipelago nella seconda metà del Novecento ha visto il turismo diventare una risorsa economica fondamentale, ha poi contribuito di certo l'ultima opera di Massimo Troisi, Il postino (1994): il personaggio da lui interpretato abitava in prossimità della spiaggia di Pollara, abbracciata da un anfiteatro naturale formato dalle rocce e chiuso a nord dal Perciato, un promontorio dove sono visibili le grotte e i rifugi scavati nel tufo per sfuggire alle invasioni saracene, da cui si gode di un magnifico tramonto.

Panarea

Panarea fu abitata già in epoca preistorica come testimonia il villaggio dell'età del Bronzo (XIV secolo a.C.) sul promontorio di Capo Milazzese, a sud-ovest dell'isola (da cui prende il nome la Cultura del Milazzese). 

La particolare posizione del pianoro, proteso verso il mare e protetto da alte pareti a dirupo sul mare - dunque facilmente difendibile - ne fece un luogo ideale per l'insediamento: nel villaggio, di cui sono visibili e visitabili i resti di una ventina di capanne, sono stati ritrovati materiali d'origine micenea, a testimonianza del ruolo svolto, anche in antichità, dall'arcipelago eoliano, al centro delle principali rotte commerciali del Mar Mediterraneo. Per il resto Panarea condivide la storia delle altre isole Eolie ed in particolare di Lipari.

Abitate fin dal neolitico, nel periodo fra il VII e il VI secolo a.C. le isole furono preda di continue scorrerie etrusche fino a quando questi ultimi non vennero sostituiti dalla colonizzazione greca

Nel 264 a.C. Lipari è alleata di Cartagine e le isole devono quindi subire i continui attacchi della flotta romana. 

Nel 252 a.C. Lipari e le sue isole passeranno sotto il dominio romano. Ne sono prova i resti di una villa romana sulla difficilmente accessibile sommità dell'isolotto di Basiluzzo, proprietà di un eccentrico possidente romano, evidentemente amante dell'asprezza e bellezza dei panorami panarellesi.

Con la caduta dell'Impero romano d'Occidente inizia un periodo di decadenza che aumenta con la dominazione bizantina e diviene ancor più rapida con l'inizio dell'occupazione araba (827/1061). Con l'avvento dei Normanni e la nascita del Regno di Sicilia ricominciò lo sviluppo economico e demografico delle isole (1340-1544 circa). 

A metà del 1500 infatti gli arabi ricominciarono a insidiare le isole (ne resta traccia nella toponomastica isolana nella baia e relativa contrada di Drautto, dal nome del pirata Dragut. Per le scorrerie della pirateria arabo-turca l'isola rimase pressoché disabitata, gli abitanti infatti non superavano il centinaio. Verso la fine del XVII secolo i contadini di Lipari ripresero a coltivarla (senza portarvici però donne e bambini, per via del pericolo delle scorrerie piratesche).  

È significativo come sopra il villaggio preistorico di Cala Junco esista il "Castello del Salvamento" (nella toponomastica eoliana "castello" sta per pinnacolo roccioso di notevole altezza), usato appunto come provvidenziale rifugio degli abitanti durante queste incursioni. In seguito, con il miglioramento della situazione politica nelle isole, la popolazione di Panarea aumentò sino a circa 1000 persone. Ma alla fine dell'Ottocento diminuì nuovamente per via dell'emigrazione, verso Stati UnitiSud America e Australia.

Ai giorni nostri la popolazione è intorno ai 200 abitanti stabili (in inverno, nei mesi estivi con i turisti può facilmente decuplicare). Gli isolani vivono ora soprattutto del successo turistico dell'isola, esploso alla fine degli anni settanta, ma iniziato alla fine degli anni cinquanta, con la scoperta di queste isole da parte di villeggianti più avventurosi, alla ricerca di un'oasi di vita più semplice e a contatto diretto con la natura.

Panarea è la più piccola isola dell'arcipelago e forma, con numerosi scogli (Basiluzzo, Spinazzola, Lisca Bianca, Dattilo, Bottaro, Lisca Nera, i Panarelli e le Formiche), un piccolo arcipelago situato su un unico basamento marino. Anche gli scogli hanno una loro storia: Lisca Bianca è caratterizzata da una grotta dalla quale un tempo si estraeva l'allume, mentre Basluzzo ha forma di una cupola con pareti a picco sul mare; nell'Ottocento fu visitato e descritto da Alexandre Dumas. 

Panarea è formata da un massiccio vulcanico; sulla spiaggia della Calcara sono visibili alcune fumarole segno di attività vulcanica secondaria, che arrivano anche a 100°C di temperatura. Fu abitata sin dal Neolitico; un villaggio preistorico risalente all'età del bronzo è stato ritrovato sul promontorio del Milazzese. Si tratta di 23 capanne, risalenti a 1400 anni prima di Cristo, tutte ovali (esclusa una di forma rettangolare) e collocate sulla sommità del promontorio in evidente posizione difensiva. Proprio presso il promontorio di Punta Milazzese sorge il luogo forse più suggestivo dell'isola: Cala Junco, una splendida piscina naturale di acqua trasparente dalle inverosimili striature verdi, turchesi e blu.  

La vegetazione delle isole Eolie è tipicamente mediterranea, con 900 specie registrate, cinque delle quali endemiche: Bassia saxicola, Dianthus rupicola, Silene hicesiae, Cytiscus aeolicus e Ophrys lunata. La specie più celebre, tuttavia, è senz'altro il cappero (Capparis spinosa), i cui frutti sono un ingrediente fondamentale della cucina locale. La fauna comprende 40 specie di uccelli, prevalentemente migratori che si fermano sulle isole durante le loro traversate. Tra i mammiferi vale la pena di ricordare il quercino , una specie endemica di coniglio selvatico, e sette specie di pipistrelli. Sette sono anche i rettili, tra i quali la lucertola delle Eolie (Podarcis raffonei), che vive sull'isola di Vulcano. 

Amate da scrittori come Alexandre Dumas padre e Curzio Malaparte, le Eolie cominciarono a diventare una meta turistica intorno agli anni Cinquanta del Novecento, quando Roberto Rossellini vi girò Stromboli, terra di Dio, interpretato da Ingrid Bergman. Da allora, i circa 10.000 abitanti delle isole hanno rivolto al turismo quella che prima era un'economia agricola chiusa. E oggi sono ormai 200.000 i visitatori che, ogni anno, trascorrono le vacanze nelle isole dei vulcani.    

San Pietro è il centro dell'Isola, in cui si trova il molo adibito allo sbarco di aliscafi. Dall’area portuale si snodano tutte le stradine che conducono ai tre centri abitati di San Pietro a est, Drautto a sud-ovest e a nord-est Ditella. Le modeste dimensioni dell’isola permettono di girarla completamente a piedi ma ciò non toglie la possibilità di prendere il classico e pittoresco taxi eoliano, un’ape sapientemente adibita al trasporto di persone o le classiche macchine elettriche.

Famosa è la sorgente termale adiacente all’area portuale che si manifesta con l’emanazione dal fondale di acqua calda a 50°C, sfrutta

ta a scopo terapeutico. Percorrendo la stradina che conduce verso la montagna si entra nel centro abitato del paese. L’abitato si sviluppa lungo un dolce pendio sormontato da terrazzamenti che venivano utilizzati a scopo agrario.

Le case mantengono un’architettura dal tipico colore bianco.

Percorrendo la strada a monte si incontra la chiesetta di San Pietro.

Tra le vie che compongono l’abitato di San Pietro, trova spazio il piccolo museo di Panarea, sede distaccata del museo Barnabò Brea di Lipari. Al museo sono esposti rinvenimenti che raccontano sia la storia geologica che quella umana con reperti risalenti al Neolitico e alla media età del Bronzo, quasi tutti rinvenuti nel villaggio preistorico di Capo Milazzaese.  

Dalla chiesa di San Pietro, percorrendo la strada panoramica in direzione sud, si giunge a Drautto. A sud della zona abitata, dopo aver superato un promontorio roccioso, si arriva alla frequentata Caletta degli Zimmari, spiaggia di sabbia.

Continuando nella medesima direzione si arriva a Punta Milazzese, sede di un villaggio preistorico dove ancora oggi sono ben visibili i resti delle 23 capanne che lo componevano. Da qui un antico sentiero conduce a Cala Junco, la baia che lo compone è a forma di anfiteatro, delimitata ai lati da stravaganti formazioni rocciose che creano così una piscina naturale.  

Dall’abitato di San Pietro, girando a destra in direzione nord, arriviamo a Ditella, piccola contrada conosciuta sopratutto per le sorgenti termali e per le innocue fumarole della Spiaggia Calcara, situata in una conca, probabilmente resto di un edificio vulcanico collassato che regala un paesaggio scottante perchè dal suolo si elevano i gas delle fumarole.  

Basiluzzo è situato a circa 2 miglia a nord-est di Panarea e si estende su una superficie di 300 mq, rappresentando l’isolotto disabitato più grande delle Isole Eolie.

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