Calabria
La regione e le sue provincie

Video - Video 2 - Video 3 - Video 4 - Video 5


Lingue e dialetti

La popolazione calabrese presenta ancora oggi un'identità abbastanza variegata, per questo l'insieme dei dialetti parlati nella regione rispecchia tali caratteristiche. Come la maggior parte dei dialetti italiani, il calabrese meridionale come quello settentrionale non hanno alcuna ufficialità.

A causa delle molteplici radici storiche della regione, esistono zone della Calabria in cui si parlano ancora lingue e dialetti di diretta derivazione da altre lingue. Nel nord della regione si parla un dialetto derivante dalla lingua napoletana, mentre nel sud della regione si riscontrano numerose somiglianze del dialetto locale con la lingua siciliana, ma complessivamente il vernacolo parlato in tutta la regione è spesso identificato come "calabrese".

Le minoranze linguistiche riconosciute e tutelate dallo Stato italiano nella regione sono: il guardiolo, il dialetto greco-calabro e l'albanese. In alcune di queste aree, specialmente quella albanofona dove la lingua è ancora molto viva, le vie dei vari paesi hanno una diffusa toponomastica bilingue.

Il guardiolo è una varietà dell'occitano, parlato nell'isola linguistica di Guardia Piemontese.

La lingua greca di Calabria è parlata nel triangolo grecanico della città metropolitana di Reggio Calabria, nei comuni di Amandolea, Bova, Bova Marina, Condofuri, Roccaforte del Greco (Vunì), Roghudi, e in alcuni quartieri della città di Reggio Calabria come San Giorgio Extra.

La lingua albanese in Calabria è una varietà linguistica dell'albanese parlato nell'Albania meridionale. La comunità albanese è la minoranza più diffusa della regione (33 comuni linguisticamente attivi tra le province di Cosenza, Crotone e Catanzaro). Degna di nota la produzione letteraria moderna e contemporanea, nota e studiata nella stessa Albania e negli stati balcanici di lingua albanese.

Patrono

Paola fu patria di san Francesco, istitutore dell’Ordine dei Minimi. Patrono della Calabria, qui nato il 27 marzo 1416 . Intorno a questa grande figura mistica si sviluppa il destino stesso di questa località.

Il Santo viene spesso raffigurato con uno scudo gentilizio sopra il capo o il petto, sul quale si legge la scritta “ Charitas” , un emblema che si riferisce a una visione angelica avvenuta mentre egli si trovava assorto in preghiera. D’un tratto, racconta la cronaca del discepolo Giovanni da Milazzo, gli comparve davanti l’Arcangelo Michele, il quale brandiva uno scudo sul quale campeggiava uno stemma meravigliosamente colorato e circondato da raggi di luce, al centro del quale si leggeva appunto la parola “Charitas” scritta a luminose lettere d’oro. L’Angelo porse lo scudo a Francesco e gli raccomandò di farne lo stemma del proprio ordine. L’invocazione alla carità ricorse, da quel giorno, con molta frequenza sulle labbra del Santo, la cui festa si celebra qui il 2 aprile.  

Francesco nacque a Paola, in Calabria CiterioreRegno di Napoli (oggi in provincia di Cosenza), il 27 marzo 1416 da Giacomo Martolilla, e Vienna da Fuscaldo. La famiglia di Giacomo proveniva da Cosenza, e ancora prima originaria di Messina

Il nome venne dato al bambino in onore a san Francesco d'Assisi, per l'intercessione del quale i due coniugi chiesero la grazia di un figlio, pur trovandosi già in età avanzata. Alcuni anni dopo nacque una seconda figlia, Brigida. Da bambino, Francesco contrasse una forma grave d'infezione ad un occhio, tanto che i genitori si rivolsero nuovamente all'intercessione del santo d'Assisi. Fecero quindi voto che in caso di guarigione il piccolo avrebbe indossato per un anno intero l'abito dell'ordine francescano. La malattia si risolse senza quasi lasciare traccia.

Fin da piccolo, Francesco fu particolarmente attratto dalla pratica religiosa, denotando umiltà e docilità all'obbedienza. All'età di tredici anni narrò della visione di un frate francescano che gli ricordava il voto fatto dai genitori. Accolto nel convento francescano di San Marco Argentano, vi rimase per un anno, adempiendo alla promessa dei genitori. 

Il tempo trascorso nella comunità evidenziò le attitudini mistiche del giovane, compresi quei fenomeni soprannaturali che accompagneranno tutta la sua biografia, aumentandone la fama in vita e il culto dopo la morte. Durante quest'anno di dedizione al convento, il piccolo Francesco si adoperò nell'osservanza regolare e nello sbrigare le mansioni umili della casa, e praticava già molti digiuni e astinenze. Si racconta di come portasse i carboni ancora ardenti nelle mani per accendere il fuoco, senza nulla soffrire del dolore. Il giovane Francesco trovava meditazione in una grotta, ubicata nella tenuta del convento, in solitudine, nel quale ebbe la visione di San Francesco d'Assisi oggi luogo di pellegrinaggio e devozione in San Marco Argentano, sotto il nome di "La Benedetta". Concluso l'anno, i frati avrebbero voluto trattenerlo con loro, ma Francesco conservava il desiderio di conoscere anche altre modalità di vita consacrata prima di fare la sua scelta. Nel 1430 svolse, con la famiglia, un lungo pellegrinaggio che, avendo Assisi come meta principale, coinvolse alcuni dei principali centri della spiritualità cattolica italiana: LoretoRoma e Montecassino, toccando anche i romitori del Monte Luco.

Rientrato a Paola, iniziò un periodo di vita eremitica, utilizzando un luogo impervio compreso nelle proprietà della famiglia e suscitando lo stupore dei paolani. Nel 1435, altri si associarono a questa esperienza, riconoscendolo come guida spirituale. Con i suoi, costruì una cappella e tre dormitori, dando di fatto inizio all'esperienza, tuttora in corso, dell'Ordine dei Minimi. Alle prime adesioni, se ne aggiunsero molte altre, tanto che il 31 agosto 1452 il nuovo arcivescovo di Cosenzamonsignor Pirro Caracciolo, concesse l'"approvazione diocesana", atto che comportava la facoltà di istituire un oratorio, un monastero e una chiesa. E proprio l'edificazione del nuovo monastero fu l'occasione che i concittadini di Francesco utilizzarono per attestargli la loro profonda stima: persino i nobili paolani fecero da operai per affrettarne la costruzione. La fama di santità di Francesco si diffuse rapidamente, tanto che nel 1467 Papa Paolo II inviò a Paola un suo emissario per avere notizie sull'eremita calabrese. Rientrato a Roma, l'inviato pontificio, monsignor Baldassarre De Gutrossis, presentava un rapporto positivo sulla vita di preghiera e austerità che pervadeva il monastero. Talmente ne era rimasto colpito da aggregarsi anche lui alla comunità dei Minimi, prendendo il nome di Baldassarre da Spigno.

Il 4 luglio dello stesso anno, quattro cardinali firmarono la lettera che concedeva l'indulgenza a coloro che avrebbero contribuito alla costruzione della chiesa del monastero da Paola, nonché a coloro che l'avrebbero visitata. 

Nel 1470 ebbe inizio il procedimento giuridico-canonico per l'approvazione definitiva del nuovo ordine di eremiti. 

La "causa paolana" fu patrocinata da monsignor Baldassarre da Spigno. Il 17 maggio 1474Papa Sisto IV riconosceva ufficialmente il nuovo ordine con la denominazione: "Congregazione eremitica paolana di San Francesco d'Assisi". Il riconoscimento della regola di estrema austerità venne invece con Papa Alessandro VI, in concomitanza col mutamento del nome in quello, ancora attuale, di "Ordine dei Minimi". Con l'approvazione, gli eremitaggi, sul modello di quello di Paola, fiorirono in Calabria e SiciliaPaterno Calabro nel 1472Spezzano della Sila nel 1474, Corigliano Calabro nel 1476, e Milazzo nel 1480, furono gli apripista. Francesco, che nel frattempo aveva trovato stabile dimora a Paterno Calabro, divenne quindi un punto di riferimento essenziale per la gente e per i poveri della sua terra. A lui ci si rivolgeva per consigli di carattere spirituale ma anche per consigli più prettamente pratici.

Il Regno di Napoli era in quel periodo retto dagli aragonesi, anche se localmente il potere effettivo veniva retto dalle famiglie nobiliari secondo quello che era il sistema feudale. Naturalmente le condizioni di vita non erano facili per la maggioranza della popolazione, che occupava il livello sociale più basso. Francesco adempì anche in tale contesto storico la missione della diffusione della vita cristiana.

Fra i fenomeni soprannaturali attribuiti a Francesco vi è quello della guarigione di un ragazzo affetto da un'incurabile piaga a un braccio, sanata con delle banali erbe comuni; lo sgorgare miracoloso dell'acqua della "Cucchiarella", che Francesco fece scaturire colpendo con il bastone una roccia presso il convento da Paola e che ancora è meta di pellegrinaggi; le pietre del miracolo, che restarono in bilico mentre minacciavano di cadere sul convento ("Fermatevi, per carità"). 

Napoli davanti al Re che voleva tentarlo con un vassoio pieno di monete d'oro offerte per la costruzione di un convento, San Francesco rifiutò, prese una moneta, la spezzò e ne fece uscire sangue. Il sangue che usciva dalle monete era quello dei sudditi, del popolo che subiva i potenti. Di fronte ad una ingente offerta di denaro e ad una proposta di prosperità e di ricchezza definitive, chiunque sarebbe capace di lasciarsi sedurre; così non fu per il Santo Paolano. Egli era molto affezionato a un agnellino che aveva chiamato Martinello. Un giorno, gli operai, mentre lavoravano, ebbero fame e decisero di mangiare il povero agnellino. Dopo averlo cotto e consumato, gettarono le ossa e i resti nella fornace. San Francesco cominciò subito a cercarlo e chiese agli operai che lavoravano al convento da Paola se avessero visto il suo Martinello; essi negarono, ma quando cominciò a chiamarlo l'agnellino uscì dalle fiamme completamente sano e in vita. Appena l'agnellino uscì dalla fornace fu grande lo stupore e l'imbarazzo degli operai nei confronti di San Francesco.

Del 1º aprile 1464 è il miracolo fatto dal Santo a Galatro. In quell'anno di carestia Cola Banaro ed altri otto operai, tutti di Arena (Italia), si dirigevano verso la piana di Terranova per trovare lavoro. Attraversato il passo di Borrello e giunti in territorio di Galatro, essi s'imbatterono in San Francesco diretto in Sicilia. Questi chiese loro un po' di pane ma essi, già a loro volta affamati, risposero che non ne avevano neppure un pezzetto. Allora San Francesco disse: "Datemi le vostre bisacce, perché dentro c'è del pane". Cola diede le bisacce al Santo che le aprì e vi trovò pane bianchissimo, ancora caldo e fumante. Tutti mangiarono di quel pane, e quanto più ne mangiavano tanto più esso aumentava. Per tre giorni gli operai e San Francesco si alimentarono di quel pane. 

Esiste ancora oggi nella località del miracolo un casolare sulla cui parete esterna è affrescata un'immagine del Santo che risale al '600. Ma il "miracolo" più famoso è certamente quello noto come "l'attraversamento dello Stretto di Messina" sul suo mantello steso, dopo che il barcaiolo Pietro Coloso si era rifiutato di traghettare gratuitamente lui ed alcuni seguaci, che ha contribuito a determinarne la "nomina" a patrono della gente di mare d'Italia. Altro "carisma" attribuito al santo eremita fu la profezia, quando previde che la città di Otranto sarebbe caduta in mano ai turchi nel 1480 e riconquistata dal re di Napoli.  

La notizia delle sue doti di santità e taumaturgia raggiunse anche la Francia, tramite i mercanti napoletani, arrivando nel 1482 al re Luigi XI il quale, ammalatosi gravemente, lo mandò a chiamare chiedendogli di visitarlo. Francesco era molto restio all'idea di lasciare la sua gente bisognosa, tanto da indurre il sovrano francese a inviare un'ambasceria presso Papa Sisto IV affinché ordinasse a Francesco di recarsi presso di lui. Il Papa e il re di Napoli colsero l'occasione per rinsaldare i fragili rapporti con l'allora potentissima Francia, intravedendo, in prospettiva, la possibilità di raggiungere un accordo per abolire la Prammatica Sanzione di Bourges del 1438. Ci vollero alcuni mesi però per convincere Francesco, che aveva quasi 67 anni, a lasciare la sua terra per attraversare le Alpi, e ad abbandonare il suo stile di vita austero per passare a vivere in un palazzo reale. 

Il 2 febbraio 1483, partendo da Paterno Calabro, Francesco, insieme a Bernardino Otranto di CropalatiGiovanni Cadurio da Roccabernarda e Nicola d'Alessio suo nipote, lasciò la Calabria alla volta della Francia: risalendo per il Vallo di Diano si fermò prima a Polla, poi nell'abbazia di Santa Maria La Nova di Campagna e a Salerno. Passò per Napoli dove fu accolto da una grande folla acclamante e dallo stesso re Ferdinando I.

A Roma incontrò diverse volte Papa Sisto, che gli affidò diversi incarichi. S'imbarcò quindi a Civitavecchia per la Francia. Al suo arrivo presso la corte, nel Castello di Plessis-lez-Tours, Luigi XI gli s'inginocchiò. L'eremita non lo guarì dal male, ma la sua azione portò a un miglioramento dei rapporti tra la Francia e il Pontefice. Francesco visse in Francia ventiquattro anni e seppe farsi apprezzare dal popolo semplice come dai dotti della Sorbona. Molti religiosi francescani, benedettini ed eremiti, affascinati dal suo stile di vita, si aggregarono a lui anche in Francia, contribuendo all'universalizzazione del suo ordine. 

Questo comportò gradualmente il passaggio da un puro eremitismo a un vero e proprio cenobitismo, con la fondazione di un secondo ordine (per le suore) e un terzo (per i laici). Le rispettive regole furono approvate da Papa Giulio II il 28 luglio 1506. Il re Carlo VIII, successore di Luigi XI, stimò molto Francesco e contribuì alla fondazione di due monasteri dell'Ordine dei Minimi, uno a Plessis-lez-Tours e uno sul monte Pincio a Roma. Nel 1498, alla morte di Carlo VIII, ascese al trono Luigi XII che, benché Francesco chiedesse di tornare in Italia, non lo concesse. Il santo eremita aveva ormai 82 anni, e da 15 viveva in terra straniera: sarebbe rimasto lì per altri 9, fino alla morte.  

Dopo aver trascorso gli ultimi anni in serena solitudine, morì in Francia a Plessis-lez-Tours il 2 aprile 1507, un venerdì santo, a ben 91 anni, età più che ragguardevole per l'epoca.

Approssimandosi la sua fine, chiamò a sé i suoi confratelli sul letto di morte, esortandoli alla carità vicendevole e al mantenimento dell'austerità nella regola. 

Provvide alla nomina del vicario generale e infine, dopo avere ricevuto i sacramenti, si fece leggere la Passione secondo Giovanni.

Venne sepolto nella chiesa dei Minimi di Plessis-lez-Tours, oggi La Riche.

Fu canonizzato il 1º maggio 1519, a soli dodici anni dalla sua morte, durante il pontificato di Papa Leone X (al quale predisse l'elezione al soglio pontificio quando questi era ancora bambino), evento molto raro per i suoi tempi. 

Il 13 aprile 1562, degli ugonotti forzarono la sua tomba, trovarono il corpo incorrotto e vi diedero fuoco. A causa dell'incendio sono rimaste pochissime reliquie, conservate in massima parte nei conventi dei Minimi, fra cui Palermo, Milazzo e Paola. La sua festa si celebra il 2 aprile, giorno della sua nascita al Cielo. Tuttavia, non potendosi spesso celebrare come festa liturgica perché quasi sempre ricorre in Quaresima, la si festeggia ogni anno a Paola nell'anniversario della sua canonizzazione, il 1º maggio. La notizia, però, arrivò a Paola tre giorni dopo; per questo i festeggiamenti si tengono dall'1 al 4 maggio.

Urbano VIII il 23 marzo 1630 lo dichiara Patrono del Regno di Sicilia.

Clemente XII il 6 settembre 1738 conferma questo patronato, poi il 12 settembre lo nomina e il 18 marzo 1739 lo conferma quale Patrono principale del Regno di Napoli, e infine, il 15 luglio 1739, conferma questi patronati come privilegi perpetui.

Gregorio XVI il 10 maggio 1839, accogliendo la supplica di Padre Gaspare Montenero, Procuratore Generale dell’Ordine, considerato che spesso il 2 aprile ricade nell’àmbito della Settimana Santa, concede che la solennità di Francesco da Paola, con la recita dell’Ufficio, sia in perpetuo trasferita alla seconda domenica dopo Pasqua, conservando il Rito di prima classe con l’Ottava.

Pio XII il 27 marzo, col Breve "Quod Sanctorum Patronatus", lo proclama "Celeste Patrono dei Marittimi d'Italia". Nel Breve si dice che viene proclamato Confessore e speciale Patrono Celeste presso Dio delle associazioni proposte alla cura della gente di mare, delle società di navigazione e di tutti i marittimi della Nazione Italiana.

Giovanni XXIII il 22 giugno 1962 lo proclama “Celeste Patrono presso Dio della Calabria”.

1990 - L'UNICEF Lo proclama “Ambasciatore dei bambini e dei giovani di tutta la Calabria”.

Nelle raffigurazioni religiose san Francesco viene rappresentato:

- Vestito di un saio, con un bastone in mano e una barba bianca fluente.

- Mentre attraversa lo stretto di Messina sul suo mantello, che funge da scafo e da vela, sostenuta dal suo bastone, in compagnia di un fraticello.

- Vestito di un saio, mentre regge un teschio con una mano e un flagello con l'altra.

- Mentre levita sopra una folla di fedeli con accanto il motto CHARITAS.

Una lunga tradizione storiografica lo ritenne poeta, autore di un poemetto conservato oggi nella Bibliothèque nationale de France, ma uno studio filologico e linguistico ha potuto invalidare con certezza questa attribuzione (Distilo 1979).

È stato patrono del Regno delle Due Sicilie (oggi di Sicilia) ed è compatrono della città di Napoli. È inoltre il patrono principale della Calabria, dov'è venerato in innumerevoli santuari e chiese fra i quali, in particolare, quelli di PaolaCosenzaSan Fili, Castrovillari, Sant'Agata di EsaroPolistenaPaterno CalabroTropeaSpezzano della SilaPedaceTerranova da SibariCorigliano Calabro, Marina Grande di ScillaCatona di Reggio Calabria e Sambiase di Lamezia Terme (ove è custodita la reliquia del dito indice di san Francesco). Ad Oriolo (CS) è custodito l'alluce del Santo.

Attualmente, parte delle sue reliquie si trovano presso il santuario di San Francesco da Paola, meta di pellegrini, provenienti da tutto il mondo.

Inoltre, in Puglia nel comprensorio dei "Cinque Reali Siti" (provincia di Foggia) in tre comuni è praticato il culto di San Francesco. Infatti, a Stornarella e Carapelle è venerato come santo patrono, mentre a Orta Nova come santo protettore. È venerato come Santo Patrono anche a Savelletri in provincia di Brindisi, e in occasione della festa patronale che ricade nella seconda domenica di Agosto avviene la suggestiva processione in mare. A Milano sorge dal 1735 una chiesa in stile barocchetto lombardo che si trova in via Manzoni con un accesso dalla famosa via Monte Napoleone, 22. In Campania, a Sapri è venerato San Francesco per il quale tutti gli anni, la terza domenica di luglio si fa festa con una solennissima processione in mare; inoltre una statua bronzea del Santo è posta agli inizi del paese e rivolta verso il mare: a protezione di tutti i marittimi.  

Il 2 aprile 2007 ricorreva il quinto centenario della morte, ai festeggiamenti del quale il presidente della Giunta regionale della Calabria, Agazio Loiero, aveva ufficialmente invitato papa Benedetto XVI, il quale ha inviato a Paola un proprio rappresentante.

Il 7 febbraio 2008 la cittadinanza da Paola, insieme alle gioiellerie della Città, alla presenza del nuovo Correttore Provinciale dell'Ordine e del maestro orafo Gerardo Sacco, hanno fuso insieme l'oro usato raccolto in beneficenza per omaggiare il Patrono della Calabria, con la nuova "Chiave della città", in segno di riconoscenza nell'Anno del V Centenario. Per iniziativa di Alfredo AntoniozziDeputato Europeo di origine calabrese, si celebrò il quinto centenario anche a Bruxelles presso la sede del Parlamento Europeo con un convegno sulla vita del Santo e una mostra di quadri dei pittori più prestigiosi che lo hanno ritratto. Prima delle celebrazioni la delegazione dei Frati Minimi presenti, fu ricevuta dalla Regina del Belgio Paola, devota a San Francesco.

Inoltre il paese di Longobardi ha offerto la custodia per la chiave, come segno tangibile della vicinanza con Paola e con San Francesco. Il 2 aprile 2008 è stata sancita la chiusura ufficiale dei solenni festeggiamenti del Pio Transito del Santo, ed è stata offerta la Chiave con lo Scrigno, ed inoltre l'Amministrazione Comunale da Paola ha offerto il nuovo Bastone argenteo per il busto del Santo, sempre realizzato dal maestro Sacco.

Leggende e miti

La Calabria è una regione ricca di storie e leggende che si tramandano di generazione in generazione. Numerosi i luoghi misteriosi e suggestivi  che costellano il territorio.

Le bocche dell’inferno a Cessaniti - Nella periferia di Cessaniti esiste una zona conosciuta dalla gente del luogo come “vucchi du ‘mpernu”. 

In questo luogo misterioso ci sono buche molto profonde da cui escono forti correnti di aria. Secondo la leggenda il diavolo dimora lì sotto e le correnti sono il suo respiro; secondo un’altra leggenda ci vivono dei piccoli folletti vestiti di rosso, molto dispettosi. 

Una terza leggenda narra che in questo luogo si nasconde Lamia, un mostro donna che si nutre di sangue umano. Si narra che queste bocche un tempo ingurgitarono tutto il centro abitato.  

Gli elefanti di Pirro a Campana - Due grandi monumenti di pietra che richiamano le fattezze di due elefanti. Secondo la leggenda queste due sculture sono opera dei mahut indiani, arrivati insieme a Pirro nel 280 a.C. i quali hanno voluto creare una sorta di tempio dedicato ai pachidermi.

Secondo altre fonti i monoliti sono opera dell’erosione atmosferica e casualmente hanno assunto fattezze particolari.

Il tesoro di Alarico - Re Alarico I, dopo il sacco di Roma, scese nel sud Italia dove prese la malaria. Morì a Cosenza nel 410 d.C. dove, secondo usanza visigota, venne seppellito insieme all'immenso tesoro sottratto a Roma proprio nel letto del fiume Busento, che per l'occasione venne deviato dal suo corso tramite un grande lavoro di ingegneria idraulica utilizzando centinaia di schiavi che, dopo aver ricondotto il fiume nel suo letto naturale, vennero trucidati dallo stesso esercito di Alarico per preservare la segretezza del punto della sepoltura. 

La leggenda di Alarico e della sua sepoltura nel Busento ha ispirato la poesia di August Graf von Platen Das Grab im Busento (La tomba nel Busento) con una rappresentazione romantica della morte e della sepoltura di Alarico. La poesia è stata tradotta in italiano da Giosuè Carducci.

Cupi a notte canti suonano
da Cosenza su’l Busento,
cupo il fiume gli rimormora
dal suo gorgo sonnolento.
Su e giù pe ‘l fiume passano
e ripassano ombre lente:
Alarico i Goti piangono
il gran morto di lor gente.

L'oracolo di Capo Vaticano - A lungo considerato luogo inaccessibile e sacro, Capo Vaticano, con il suo promontorio magico, si affaccia sul mar Tirreno nella provincia calabrese di Vibo Valentia. La magia salta agli occhi già dal nome: Vaticano deriverebbe infatti dal latino Vaticinium, che significa oracolo, responso, a rievocare una leggenda che vuole la punta estrema del promontorio abitata dalla profetessa Manto.  A lei si sarebbero rivolti i naviganti prima di avventurarsi tra i vortici di Scilla e Cariddi e lo stesso Ulisse, scampato agli scogli del pericolo, avrebbe chiesto auspici a Manto circa la prosecuzione del suo viaggio. 

Ricorda le antiche origini di questo mito anche lo scoglio che sta davanti al capo e porta il nome di Mantineo, dal greco Manteuo, dò responsi. Sotto il promontorio si distendono spiagge di sabbia bianca e finissima, lambite da un’acqua cristallina. Tra le spiagge più suggestive Torre Ruffa, teatro di una triste e leggendaria vicenda. Rapita dai Saraceni, la bella e fedele vedova Donna Canfora si sarebbe gettata dalla loro nave al grido: “Le donne di questa terra preferiscono la morte al disonore!”. Proprio per onorarne il sacrificio il mare cangia colore ad ogni ora ad assumere tutte le sfumature dell’azzurro velo che ne cingeva il capo, mentre l’eco delle onde che s’infrangono contro la battigia altro non sarebbe che lo struggente lamento con cui Donna Canfora saluta ogni notte la sua amata terra.

Pagine piene d’amore furono invece dedicate a questa terra dal veneto Giuseppe Berto che scelse Capo Vaticano per dimora e definì questo tratto di litorale “Costabella”, contribuendo allo sviluppo turistico della zona. Un tempo arido e selvaggio, oggi il promontorio è un giardino incantevole, un affaccio naturale sul mare con una delle viste più sorprendenti sulle isole Eolie.Lo spirito di Papietro  ad Albidona

In un’antica masseria di Albidona si narra che sia presente lo spirito di Papietro. La masseria resta in piedi nonostante terremoti, frane e lo scorrere del tempo. La masseria era di proprietà di un uomo che la divise tra due generi, uno dei quali era in affari con il Diavolo. Quando i due uomini litigarono il maligno iniziò a perseguitare il rivale, provocando rumori molesti e facendo circolare animali di ogni genere.  

Pietra Kappa in Aspromonte - Una leggenda legata a Gesù ed agli apostoli aleggia in prossimità di un monolite  ai piedi dell’Aspromonte.

Si narra che Gesù camminava insieme ai suoi apostoli e ad un certo punto avvertirono un senso di fame. Gesù propose di fare una penitenza, invitando gli apostoli a prendere una pietra ed a portarla fin su in montagna. Tutti gli apostoli presero pietre abbastanza pesanti e si incamminarono verso la vetta. Solo Pietro prese un piccolo ciottolo e si avviò. 

Arrivati in cima le pietre si trasformarono in pane e mentre gli altri apostoli si ritrovarono con delle belle pagnotte, Pietro si dovette accontentare di un misero pezzo di pane, grande quanto il ciottolo che aveva trasportato. 

Per ricordare l’episodio Pietro chiese a Gesù di lasciare lì quella pietra e sfiorandola essa diventò gigante, al punto da ricoprire tutto il terreno circostante. Successivamente Pietro decide di imprigionare in quel masso  la guardia che schiaffeggiò Gesù al Sinedrio. La leggenda narra che la guardia sia stata condannata a schiaffeggiare le pareti della roccia e che chiunque passi da lì sente i suoi lamenti e le sue grida.  

La pietra del diavolo - Sul monte che sovrasta la cittadina di Palmi, un uomo dal volto nero, con un gran sacco sulle spalle, si presentò al Santo Elia, che se ne stava in solitaria meditazione. L’uomo, che era il diavolo, aprì il sacco e mostrò al Santo una grande quantità di monete.

Raccontò che aveva trovato l’ingente fortuna in un casolare abbandonato e pensava di poterla dividere col Santo, il quale, invece, prese le monete e cominciò a lanciarle lungo la china: mentre rotolavano si tramutavano in pietre nere, di quelle che ancora oggi si possono reperire sul monte.

Contrariato, il diavolo balzò in piedi, ma, all’improvviso, alle sue spalle si aprirono due grandi ali nere di pipistrello, con le quali egli si alzò in volo, planò sul mare e vi si tuffò sprofondando.

Le acque gorgogliarono e schiumarono, si innalzò una nuvolaglia e, quando questa si fu dileguata, ecco che sul mare si delineò un’isola a forma di cono, dalla cui sommità incavata uscivano lingue di fuoco e fumo: era lo Stromboli col demonio imprigionato che soffiava fiamme e tuoni.

Sul monte Sant’Elia si trova ancora un macigno con le impronte di unghie lasciate dal diavolo, prima di spiccare il volo per inabissarsi nel mare, mentre lo Stromboli, nei chiari tramonti, continua con fare sornione a fumare la sua antica pipa.
 
La Fata Morgana - Se in una calda giornata estiva, passeggiando sullo splendido lungomare reggino che D'Annunzio definì "il più bel chilometro d'Italia", vi capitasse di vedere paesi e palazzi della costa siciliana deformarsi e specchiarsi tra cielo e mare, vicini a tal punto da distinguerne gli abitanti, non dovete impressionarvi. Siete solo vittime di un incantesimo. E' la Fata Morgana, un fenomeno ottico simile a un miraggio che si può osservare dalla costa calabra quando aria e mare sono immobili. 

La leggenda racconta che anche Ruggero I d'Altavilla fu incantato dal sortilegio. Per indurlo a conquistare la Sicilia, con un colpo di bacchetta magica la Fata Morgana gliela fece apparire così vicina da poterla toccare con mano. Ma il re normanno, sdegnato, rifiutò di prendere l'isola con l'inganno. E così, senza l'aiuto della Fata, impiegò trent'anni per conquistarla.

Elegante Sibari - Fu la più splendida delle colonie greche, celebre per il lusso e la dissolutezza dei suoi abitanti, al punto che ancora oggi chi si abbandona a una vita di piaceri viene definito un "sibarita". Vestivano abiti di un'eleganza senza pari, tessevano l'oro, trascorrevano le notti in festini e dormivano su giacigli di petali di rose. Forse sono esagerazioni, ma è certo che questo popolo fosse così amante del bello e dell'armonia da aver bandito ogni forma di violenza. 

I sibariti e la loro leggendaria città furono cancellati dalla faccia della terra in un paio di mesi per mano dei crotoniati guidati da Milone, che per completare l'opera, su consiglio di Pitagora, arrivarono addirittura a deviare il corso del Crati. Di tanto splendore non restano che le storie fantastiche di uno stile di vita inarrivabile e, naturalmente, le rovine della città. Niente di spettacolare, in verità, visto che solo una piccola parte è stata riportata alla luce: resti di abitazioni in località Parco del Cavallo e di un santuario dedicato ad Athena nei pressi della stazione, dove sorge anche il Museo della Sibaritide.

Artigianato

L'arte della tessitura, in Calabria, è tra le più antiche e radicate nel territorio e, nonostante il notevole ridimensionamento economico e geografico del suo ambito, rimangono attivi alcuni centri d’eccellenza in cui si riproducono pregiati manufatti in seta, lana, cotone, lino, ginestra e canapa, secondo i più antichi dettami della tradizione. Diffusa ancora oggi su tutto il territorio regionale, con caratterizzazioni che variano da zona a zona, è forse la produzione artigianale che meglio di altre rappresenta le diverse "anime" culturali della regione. San Giovanni in Fiore e Longobucco, antiche cittadine silane, sono rinomate per i loro tappeti, coperte e arazzi artistici, realizzati con tecniche e attrezzature simili a quelli usati dai fabbricanti orientali. L'"ozaturu" è il copriletto tipico, variopinto, presente in tutti i corredi da sposa e derivante dalla tradizione dei telai diffusi in ogni casa del paese.

La provincia di Catanzaro vanta una grande tradizione nel campo della lavorazione di tessuti e ricami, soprattutto di seta. Recentemente, diversi giovani hanno dato nuova linfa a quest'attività, sviluppando progetti di economia sostenibile e solidale. Tiriolo e Badolato sono note soprattutto per la lavorazione del “vancale”, il tipico scialle calabrese, realizzato in lana o in seta, indossato anticamente sui costumi tradizionali dalla donne per ballare la tarantella, o come decoro ornamentale delle abitazioni. Tipica a Tiriolo è anche la lavorazione dei pizzi lavorati finemente al tombolo.

A Bisignano viene tramandata dal XVII secolo una tradizionale industria locale di produzioni di liuti, e nei centri di Seminara, Squillace e Gerace la tradizionale produzione di ceramiche artistiche risale al periodo della Magna Grecia.

A Crotone si conserva un’arte antica legata alla lavorazione dell’oro. Numerosi sono i maestri orafi, come Gerardo Sacco e Michele Affidato, che realizzano preziosi manufatti in oro e argento. Le origini dell'arte orafa crotonese sono anch'esse legate alla colonizzazione greca, che ha lasciato un’enorme eredità culturale. L’arte orafa artigiana è rimasta ancorata alle tradizioni come dimostra la tipica lavorazione della filigrana che, tutt'oggi, ricalca lo stile e le forme dei monili del passato, cari alle popolazioni che nei secoli popolarono l'area.

A Brognaturo le botteghe artigiane si distinguono per l'arte dell'intaglio del legno, finalizzata alla realizzazione di pregevoli pipe.

Stilo è conosciuta sul territorio per la presenza di diverse tipologie di artigiani, tra cui i tessitori, i ricamatori artistici e i lavoratori di metallo. Ancora oggi si lavorano al telaio tovaglie e "pezzare" che vengono acquistate nelle fiere estive dell'artigianato. I giacimenti minerari del luogo, invece, sono stati largamente sfruttati dai Borboni. Negli anni Trenta e Quaranta, nel periodo precedente la Seconda Guerra Mondiale, a Bivongi, un comune reggino, il rame veniva ancora estratto per uso bellico. Di questa attività rimangono notevoli testimonianze di cui si interessa l'Ecomuseo della Vallata dello Stilaro.

Feste e sagre

Festa delle ciliegie, Acri  - Venerdì 16 e sabato 17 giugno, un evento volto alla valorizzazione di uno dei frutti più buoni della stagione: la ciliegia. In piazza Sprovieri ad Acri si svolgerà la seconda edizione della festa della ciliegia, con diversi stand degustativi e con l’intrattenimento di buona musica popolare.

Festival della Musica, Fiumefreddo Bruzio - Il 21 giugno è alle porte ormai, il via all’estate 2017 lo darà la Festa della Musica Europea a Fiumefreddo Bruzio, con la direzione artistica di Pierluigi Virelli, organizzato dalla collaborazione tra la Cooperativa Borgo di Fiume, la proloco di Fiumefreddo e il comune.

Nel corso dell’evento verranno effettuati stage di strumenti musicali calabresi e rievocata la musica tradizionale calabrese; farà da contorno un buon cibo di strada accompagnato dalla buona birra artigianale De Alchemia proveniente dal Pollino e il mercatino delle Pulci.

Sagra du Pruppo, Joppolo - E' una delle sagre più caratteristiche della costa degli dei, dove si può assaporare il polpo alla Joppolese ammirando il tramonto sulle isole Eolie.

Peperoncino Festival, Diamante - Confermate le date di quest’anno dal 6 al 10 settembre, la cornice è la splendida cittadina di Diamante, che ha saputo negli anni trasformare questo evento, in uno splendido appuntamento di fama nazionale ed internazionale, che celebra la gastronomia e la cultura calabrese in salsa piccante. 

Cleto Festival, Cleto - L’associazione La Piazza, attraverso la musica, il teatro, la fotografia, la letteratura e le arti concettuali, è arrivata alla settima edizione del Cleto Festival, una manifestazione che non percepisce alcun tipo di finanziamento pubblico e che vive dell’aiuto dei sostenitori che credono nel progetto e che ogni anno seguono un tema, che fa da sfondo ai tre giorni di manifestazione. 

Sagra della Struncatura, Palmi - Piatto tipico della Piana di Gioia Tauro, è un tipo di pasta originariamente formata da residui di farina e crusca della molitura del grano, prima cibo dei poveri, viene condita con prodotti della tradizione contadina quali olio extravergine di oliva, aglio, peperoncino calabrese, alici, olive e mollica di pane tostata e pangrattato. In piazza Amendolea della piccola cittadina di Palmi avrete l’occasione di degustare la bontà di questo piatto della tradizione calabrese.

Sagra della ‘nduja, Spilinga - La sagra della nduja è una manifestazione di carattere gastronomico, folkloristico, culturale, diventata ormai un evento abituale del mese di agosto per tutta la gente di Spilinga e per i numerosi turisti che vengono a soggiornare nei dintorni di Tropea e Capo Vaticano. Questa manifestazione festeggia la nduja che è uno dei più famosi, se non il più famoso, tra i prodotti alimentari tipici calabresi. I vari stand presenti sul Corso Garibaldi, offrono pietanze preparate con la nduja: spaghetti, fagioli, nduja e cipolla, bruschette, polpette, verdure, panini e altre bontà preparate in casa.

Carnevale estivo a San Lucido - Una tradizione che da 23 anni ormai fa parte della cultura del Tirreno cosentino: il Carnevale Estivo di San Lucido è uno di quegli eventi di cui non si può più fare a meno. Il borgo si illumina grazie a carri allegorici, artisti di strada, ballerini brasiliani, gruppi mascherati ed una buona dose di allegria! San Lucido diventa come Rio De Janeiro per una notte, in occasione della Vulata, così denominato il 21 luglio dai sanlucidani.

Paleariza, paesi area grecanica reggina - Ogni anno il Festival Paleariza caratterizza l’estate grecanica e riempie di musica e cultura gli affascinanti centri storici e le bellissime piazze dei comuni di Bagaladi, Bova, Bova Marina, Cardeto, Condofuri, Melito Porto Salvo, Montebello Jonico, Palizzi, Roccaforte del Greco, Roghudi, San Lorenzo, Staiti.

In queste location echeggeranno i suoni della Calabria Greca che saranno proposti da noti gruppi del panorama nazionale e internazionale e da coinvolgenti artisti locali, che si alterneranno in un percorso musicale che partirà da Reggio Calabria nell’Arena della Stretto e si concluderà, come da tradizione, in uno dei Borghi più Belli d’Italia, Bova.

La Varia, Palmi - La Varia di Palmi “Patrimonio Intangibile dell’Umanità” festa popolare e cattolica in onore di Maria Santissima della Sacra Lettera, che si svolge ogni anno l’ultima domenica di agosto. La Varia è una grande macchina a spalla, sorretta da circa 200 Mbuttaturi (portatori), sulla quale trovano collocazione figuranti umani rappresentanti la Madonna, il Padreterno, gli apostoli e gli angeli.

Pag. 1

Fonte:
https://it.wikipedia.org