Menfi e la necropoli: zona delle piramidi da Giza a Dashur
Egitto

patrimonio dell'umanità dal 1979

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I tremila anni di storia dell'Egitto prima di Cristo sono scanditi dall'elenco delle trentuno dinastie che vi regnarono. La prima di esse, tra il 2920 e il 2770 a.C., creò l'impero egizio unificando i territori comprendenti il delta del Nilo, il Basso Egitto e il deserto fino all'attuale diga di Assuan, l'Alto Egitto. 

La fondazione di Menfi, la più antica capitale dello stato faraonico, è attribuita a Menes, figura mitica di sovrano, che gli stessi Egiziani ritenevano avesse, primo fra tutti, unificato il Paese in un unico regno. Mènes o Nàrmer, fece edificare una nuova capitale nelle vicinanze del delta del Nilo, nel punto dove i due regni confinavano: "la città di Mènes" Mennofrè, chiamata anche Hut-Ka-Pta "dimora del Ka di Pta", il santuario maggiore dedicato al dio della forza creatrice, il "plasmatore della terra", rappresentato come un artigiano dalla testa d'ariete intento a modellare l'uomo con il tornio da vasaio. Da quest'ultimo nome deriva la parola greca di Aigyptos, da cui il latino Aegyptus e quindi l'italiano Egitto.  

Nonostante in epoca successiva il ruolo di centro politico e amministrativo fosse stato assunto da altre città, la preminenza e l'autorità di Menfi si mantennero fino in tarda epoca. Il sovrano nubiano Pye 8750-712 a.C.), dopo avere risalito tutto il corso del Nilo a nord della quarta Cateratta, considerò conclusa la sua marcia di conquista soltanto quando varcò le soglie del tempio dedicato a Ptah, patrono di Menfi. Con questo suo atto, Pye riteneva di avere conquistato tutto l'Egitto: poco importava, al sovrano nubiano che a nord regnassero ancora i discendenti di Menes. A Menfi risiedeva la vera essenza dell'Egitto. 

Oggi, della passata gloria di Menfi resta ben poco. Tra i palmeti di Mit Rahina si intravede un esteso monticolo di detriti che ricopre le vestigia di immensi complessi templari, spesso assai difficilmente identificabili, dato che sono stati sottoposti a reiterato saccheggio nel corso dei secoli. Molte delle pietre con cui erano stati costruiti i santuari degli dèi si trovano oggi reimpiegate nelle mura degli edifici della Cairo islamica e mamelucca. 

Eppure Menfi doveva essere bellissima, se si vuole dare credito alle descrizioni che si leggono sui papiri ramessidi: "Non c'è nulla che possa essere paragonato a Menfi... I suoi granai sono ricolmi di grano e di orzo, i suoi laghi ricoperti di fiori e boccioli di loto...". 

A testimoniare la grandezza della Menfi faraonica sono soprattutto le sue necropoli distese su una striscia di deserto lunga più di quaranta chilometri, a occidente del Nilo, da Abu Roash fino a Dahshur. Furono i sovrani della II Dinastia a sfruttare per primi le sabbie del deserto a occidente di Saqqara come luogo di sepoltura regale. Delle loro tombe, recinti di ampie proporzioni con al centro una mastaba, restano soltanto scarse tracce. 

Prima di loro, la zona era già stata utilizzata come cimitero dai funzionari, vissuti durante la I Dinastia, dello stato faraonico in formazione, il cui apparato burocratico si era da poco stabilito a Menfi. Le loro tombe rivaleggiavano e superavano in estensione quelle dei sovrani presso cui prestavano servizio e che, all'epoca, si facevano ancora seppellire ad Abido in Alto Egitto, dalla cui regione aveva avuto origine la casa regnante.

A Saqqàra, la necropoli più vicina alla capitale e la più vasta di tutto il paese, sorge la prima grande piramide in pietra. Fu fatta costruire come sepolcro, per sé e per la propria famiglia, da Djòser (2630-2611 a.C), fondatore della III dinastia. L'intero complesso funerario fu concepito dall'architetto Imhotep e rappresenta qualcosa di estremamente rivoluzionario per l'epoca.

Fulcro di tutto è la cosiddetta "piramide a gradoni", intorno alla quale si sviluppa un complesso di edifici che hanno la funzione di fare da scenario ai festeggiamenti del Giubileo del sovrano. Elemento innovativo è rappresentato dal materiale da costruzione utilizzato: il complesso funerario di Djoser può infatti essere considerato il primo edificio di una certa importanza, completamente costruito in pietra.

L'abbandono di canna, legno e limo de Nilo è brusco e il linguaggio formale su cui sono impostate le strutture è sviluppato a partire proprio dagli edifici più antichi costruiti in questi materiali. Le architetture in pietra rivelano i modelli di riferimento a cui sono ispirate e così, per esempio, le colonne riproducono fasci di canna che non si distaccano completamente dalle pareti retrostanti mentre le sommità delle mura esterne ripropongono motivi decorativi ispirati alle cannicciate rivestite di fango. 

Il progetto iniziale fu modificato varie volte. La "piramide a gradoni" prende origine da una mastaba, simile a quella dei sovrani precedenti, che fu innalzata cinque volte, attraverso la sovrapposizione di altre cinque mastabe di dimensioni decrescenti, fino a raggiungere un'altezza di circa 58 metri. 

Approssimativamente al centro della costruzione, in un grande pozzo profondo ventotto metri e largo sette, era il sepolcro reale. Sullo zoccolo di una statua di Djòser e all'interno della cinta muraria della piramide, vicino al colonnato d'ingresso, è stato scolpito il nome dell'architetto Imhòtep, visir del re, capo dell'amministrazione statale, gran sacerdote e medico. Il suo nome, talmente famoso da essere divinizzato dai greci e assimilato a quello di Esculapio, era già noto attraverso le memorie di Manetone, storico egizio del III secolo a.C. 

Necropoli di Saqqara: 

1, mastaba di Kagemni; 2, mastaba di Mereruka; 3, piramide di Teti; 4, piramide di Userkaf; 5, complesso funerario di Djoser; 6, mastaba di Ptahhotep; 7, piramide di Unis; 8, complesso funerario di Sekhemekhet; 9, Serapeo.

Menfi: 

1, cinta del tempio di Ptah; 2, sala ipostila; 3, tempio di Ramses II; 4, colosso di Ramses II; 5, sfinge di alabastro.

Il percorso portava a una piazza chiamata "cortile del Giubileo", dove veniva rappresentata la cerimonia dell'incoronazione durante i riti giubilari - o festa di Sed - destinati a ritemprare i poteri del re. Un lato del cortile è occupato da un grande podio a gradini sul quale erano disposti i troni del faraone come re del Basso e dell'Alto Egitto. A est e a ovest del podio furono edificati dei santuari a pianta rettangolare con copertura piana o centinata, dalle facciate piane o mosse da sottili colonne rastremate, probabilmente contenenti le immagini degli dei che assistevano all'incoronazione del sovrano. 

Il complesso comprendeva altri edifici di culto come la "Casa del Nord" e la "Casa del Sud" imitanti i palazzi di Djòser come re del Nord e del Sud; sul lato ovest furono costruite camere sotterranee e sale al livello del suolo per contenere le innumerevoli offerte che giornalmente venivano donate ai defunti reali. Come se ciascun regno avesse dedicato una struttura funeraria al proprio sovrano, anche le tombe sono due: sul lato sud del complesso sorge una semplice costruzione a mastaba alla quale è associata una cappella decorata da un fregio di coronamento raffigurante dei cobra, simbolo del Basso Egitto. Nel serdab ("cella") era la statua di Djòser che, attraverso due fori praticati nella parete, poteva vedere la stella polare e le costellazioni, intramontabile meta del suo viaggio nell'aldilà. La statua è il primo esempio di scultura a misura reale a tutto tondo. Il sovrano, con le parti nude dipinte di rosso, è seduto sul trono in maniera da costituire un'unica solida base dalla quale sporgono il busto e le gambe.

Una tappa importante in questa evoluzione è segnata dal regno di Snèfru (2575-2551 a.C), nel corso del quale vengono edificate tre piramidi. La prima fu costruita a una notevole distanza a sud di Menfi, nella località di Meidum, le altre due (meglio note come "piramide a doppia pendenza" e "piramide rossa") a Dahshur. 

La "piramide rossa", dal colore rossiccio del calcare con cui è stata edificata, è apparentemente bassa e appiattita per il rapporto proporzionale fra l'ampia base di 213 metri e l'altezza di 99. Nonostante un'eccessiva pendenza, servì poi da prototipo per la grande piramide di Cheope, figlio e successore di Snèfru, a Giza. 

A sud della "piramide rossa", si erge la "piramide romboidale". Con la doppia pendenza delle quattro facce, sembra rappresentare una forma intermedia e quindi di passaggio dalla piramide a gradoni alla piramide a lati obliqui. Con Snèfru compaiono inoltre le costruzioni annesse, che saranno caratteristiche di tutti i complessi funerari di questo tipo.

L'ingresso della tomba si trovava sul lato nord, verso la stella polare; a est un tempio funerario era collegato per mezzo di una strada sopraelevata a un tempio della valle; a sud una piramide secondaria rappresentava il cenotafio del regno dell'Alto Egitto. Il tempio della valle meglio conservato della necropoli di Dashur è quello collegato alla piramide romboidale. La pianta è rettangolare con l'ingresso posto a sud.

Un corridoio divide due sale destinate a ospitare le offerte e conduce a un cortile scoperto, chiuso sul lato nord da una parete con un doppio colonnato di cinque pilastri a pianta quadrata. Di fronte si innalzano sei tabernacoli. La decorazione prevedeva figure di Snèfru sui pilastri del muro nord e personificazioni delle sue proprietà sotto forma di portatrici di vassoi votivi con pane e acqua lungo le pareti del corridoio.  

Con Cheope (2550-2528 a.C.), la necropoli reale si spostò a nord, a Giza e ad Abu Roash. 

Furono i sovrani della V Dinastia a scegliere nuovamente Saqqara come luogo di sepoltura. A loro si deve soprattutto la prosecuzione del processo di solarizzazione della religione egizia già manifestatosi a partire dal regno di Chefren. 

L'interesse di Userkaf (2465-2458 a.C.) e dei suoi successori era rivolto soprattutto alla costruzione di templi dedicati al sole, le cui rovine possono ancora oggi essere ammirate nel sito di Abu Ghorab, tra Giza e Saqqara. Il tornare a scegliere quest'ultimo sito come sede per le proprie dimore eterne, manifesta l'evidente desiderio di questi sovrani di distaccarsi dalla tradizione precedente. I resti della piramidi di Userkaf sorgono infatti a non molta distanza dal complesso funerario di Djoser e manifestano la volontà di ricollegarsi idealmente al celebre sovrano della III Dinastia. 

Con Userkaf la piramide raggiunge la sua forma definitiva. Dalla dispendiosa struttura completamente in calcare, si passa a una dove la camera funeraria in pietra è ricoperta da un cumulo, costituito prevalentemente da detriti, rivestito esternamente con lastre di calcare. L'aspetto monumentale della tomba regale è così assicurato con un minore dispendio di energie. I successori di Userkaf scelsero invece di farsi seppellire a nord di Saqqara, nella località di Abu Sir.

Unas, ultimo sovrano della V Dinastia, tornò a scegliere Saqqara come luogo di sepoltura. La sua piramide è ridotta a un monticolo di detriti, ma le pareti dei suoi appartamenti funerari recano iscritti, ed è la prima volta, i Testi delle Piramidi. Si tratta di una raccolta di testi che dovevano risultare utili al re defunto nel momento in cui avesse raggiunto l'Oltretomba. Gli argomenti trattati sono tra i più vari: dagli inni alle divinità, dagli scongiuri contro i serpenti, ai testi magici dal significato totalmente incomprensibile.

A Saqqara, oltre alle piramidi dei sovrani della VI Dinastia, sorgono anche le tombe dei funzionari che vissero a cavallo tra questa e la dinastia precedente. I loro ipogei si articolano in più ambienti come le case in cui abitavano da vivi. Le pareti sono decorate con rilievi dipinti che riproducono scene tratte dalla via di tutti i giorni. Opere di qualità artistica estremamente elevata consentono altresì la ricostruzione di un quadro assai preciso e fedele del quotidiano, con tutte le sue consuetudini, ma anche con tutti i suoi imprevisti. Mirabile, da questo punto di vista, è la tomba di Ty, mentre, anche se più ricche, risultano meno originali e meno vivide le scene che abbelliscono le pareti di quelle di Kagemni e Mereruka. 

La necropoli di Saqqara fu utilizzata con continuità anche nelle epoche in cui Menfi perdette la propria egemonia. Risalgono al Nuovo Regno molte tombe di funzionari legati a Tutankhamon e ad Akhenaton; tra queste, ha splendidi decori quella del generale Horemheb (1319-1307 a.C.), destinato, di lì a poco, ad assumere il potere regale e a divenire faraone. Nel corso del regno di Ramesse II (1290-1224 a.C.), a opera del principe Khaemuaset, fu invece compiuta la totale risistemazione della necropoli dei tori Apis, sita qualche chilometro a nord del complesso funerario di Djoser.

Il culto del toro era praticato a Menfi sin dalla remota antichità. Lo ritroviamo menzionato nel corredo di Hemaka, il funzionario che visse sotto il sovrano Den della I Dinastia. In quell'epoca il toro era una personificazione della forza generatrice della natura. Con il passare del tempo venne invece interpretato come la manifestazione terrena del dio protettore di Menfi, Ptah. 

Le caratteristiche salvifiche attribuite ad Apis determinarono la fortuna del suo culto e l'ampia diffusione che esso ebbe nell'Egitto di tarda epoca. Alla sua morte il toro riceveva gli stessi onori che erano attribuiti al sovrano. Veniva sottoposto al complesso cerimoniale della mummificazione e sepolto con un ricco corredo funerario in un sarcofago in pietra di notevoli dimensioni all'interno di profonde e lunghe gallerie.

In epoca greco-romana, il luogo era noto con il nome di "Serapeo" e ricorre in molti resoconti dei viaggiatori che in quei secoli si recarono in visita alla Valle del Nilo. Tra questi vi era Strabone. La sua descrizione influenzò a tal punto il francese Auguste Mariette (1821-1881) da spingerlo a intraprendere alcuni scavi con l'unico scopo di riportare alla luce l'entrata del Serapeo. Vi riuscì dopo notevoli sforzi nel 1851. Con questo avvenimento ebbe inizio anche l'esplorazione sistematica e scientifica della necropoli di Menfi, la più antica capitale dell'Egitto faraonico.

Si deve al figlio di Snèfru, Khufu, o Chèope (2551-2528 a.C.) e ai suoi successori Rakhaef, ovvero Chèfren (2520-2494 a.C.) e Menkaura, Micerino (2490-2472 a.C.) l'erezione delle grandi piramidi di Giza, oggi minacciate dall'espansione della periferia del Cairo. La piramide è il simbolo del sole, il grande dio Ra, il cui culto diviene preminente a partire dalla IV dinastia, quando i faraoni si presentano come suoi figli. 

I Testi delle piramidi, rinvenuti nelle camere funerarie delle tombe datate alla fine dell'Antico Regno, parlano della trasformazione del re defunto in Sole: il re Horus veniva pertanto associato a Ra, il cui culto principale era nella città che non casualmente i greci chiamarono Eliopoli, dove esisteva una raffigurazione dell'astro formato da una fenice posata su una base piramidale: il mitico uccello era simbolo, come il sole, della perenne rinascita e quindi dell'immortalità. La forma, con i quattro spigoli declinati dall'alto in basso e dal centro verso gli angoli è simile a quella dei raggi del sole: essi partono dall'uno, in cielo, si diramano verso il molteplice, in terra, e viceversa dalla molteplicità e caducità della terra ci riconducono verso l'unità divina, là dove tornerà il sovrano.  

"L'orizzonte di Chèope", così era chiamata la tomba del faraone, poiché in antico egizio non esisteva un geroglifico corrispondente del termine piramide, è la più antica e la più grande, con i suoi 146,59 metri d'altezza. Anche se oggi le superfici si presentano scabre e irregolari per l'asportazione del rivestimento esterno durante il Medioevo, essa vanta un'assoluta perfezione geometrica.

1: piramide di Cheope; 

2: piramide di Chefren;

3: piramide di Micerino; 

4: sfinge; 

5: tempio a valle di Chefren; 

6: via cerimoniale di Chefren; 

7: barca solare di Cheope; 

8: resti della via cerimoniale di Cheope.

L'ingresso si trova al centro del lato nord, appena sopra la base. All'interno l'angusto corridoio si divide in due parti: in basso giunge a una camera scavata nella roccia sotto il monumento, in alto porta a un piccolo vano denominato "Camera della Regina" e ancora a un corridoio inclinato, la "Grande Galleria" a sua volta collegata all'ampia "Camera del Re" nella quale era custodito il sarcofago reale. Più in alto, in corrispondenza della camera funeraria principale, sono state individuate sei cavità con la funzione di alleggerire l'enorme peso gravante su di essa. 

La costruzione della piramide di Cheope segnò lo spostamento della necropoli regale a nord di Menfi, sull'altopiano di Giza. Il monumento funerario del successore di Snefru fu incluso tra le sette meraviglie del mondo antico e, con i suoi quasi 147 metri di altezza, rappresenta certo uno dei monumenti più affascinanti di tutta la storia dell'umanità. 

A torto considerato come il massimo raggiungimento architettonico della cultura egizia, esso rappresenta soltanto un'altra fase nello sviluppo del monumento funerario regale egizio. I sovrani continuarono infatti a farsi seppellire in piramidi, riducendone dimensioni e adottando sistemi costruttivi meno dispendiosi, fino a oltre il Medio Regno. Eppure la Grande Piramide ha sempre saputo eccitare la fantasia degli uomini e su di essa è sorto ogni genere di leggenda, da quelle raccontate ingenuamente da Erodoto fino alle vere e proprie fandonie che, anche in tempi recenti, riescono a monopolizzare l'interesse dei media mondiali. Tutto perché, al di fuori della cultura che l'ha prodotta, l'enorme cumulo di pietre al cui interno si trovava celata la mummia del sovrano, perde ogni senso e porta a formulare tutta una serie di ipotesi, tutte prive di fondamento perché elaborate senza tenere conto della distanza temporale e spaziale che separa il nostro modo di pensare da quello degli egiziani di quasi cinque millenni fa. 

La piramide, come molti altri simboli della cultura egizia, si presta a molteplici letture. Essa si pone come un segno nel deserto, un indicatore di dove si trova il corpo del sovrano defunto. La sua perfezione geometrica, ordinata, fa da mirabile contrappunto al disordine rappresentato da tutto ciò che la circonda. Attraverso la piramide, anche dopo la morte, il sovrano continua a esercitare la sua funzione di difensore del cosmo (l'ordine) contro i tentativi di invasione del caso (il disordine). Questo dogma può servire da chiave interpretativa per fornire una prima spiegazione per comprendere perché la forma della piramide sia stata scelta per segnalare il luogo di sepoltura del sovrano. La piramide richiama però alla mente anche un rilievo montuoso: la prima collina di terra che si sarebbe elevata dalle acque primordiali e da cui avrebbe avuto origine tutto il processo della creazione.

Intorno a quella di Cheope fecero costruire la propria sepoltura anche i funzionari che avevano prestato servizio sotto di lui. In un'epoca in cui l'eternità era prerogativa esclusiva del sovrano, essergli vicino anche nell'Oltretomba era l'unico modo per assicurarsi una speranza di vita ulteriore. Accanto a sé Cheope volle anche la propria madre, quella Hetepheres, sposa di Snefru, che doveva essere stata sepolta in un primo momento tra le sabbie di Dahshur. La sua tomba è stata scoperta lungo il lato orientale della Grande Piramide e, sebbene il corpo della regina non vi sia stato ritrovato, è stato possibile recuperare parte del corredo che le apparteneva. Il mobilio è ricoperto di foglie d'oro e d'oro sono anche i vasi che le servivano per la toeletta, d'argento sono invece due braccialetti. Tutti questi oggetti, insieme al sarcofago di alabastro, si trovano oggi al museo Egizio del Cairo.

Lungo il lato sud della piramide di Cheope è stata invece rinvenuta un'imbarcazione in legno di cedro del Libano. Era stata smontata e deposta con cura in fondo a una fossa ricoperta con lastre di calcare. Mostra segni di usura e doveva giacere in prossimità della piramide per consentire eventuali spostamenti al sovrano post mortem. Restaurata e perfettamente ricostruita, si trova ora esposta in un museo appositamente costruito ai piedi della piramide, proprio sopra il pozzo dove era stata rinvenuta. Ricerche sul terreno hanno dimostrato l'esistenza di un'altra fossa, in cui si trovano i pezzi di una seconda imbarcazione, che però è stato deciso di non aprire.

La piramide di Chefren (2520-2494 a.C.) ha dimensioni minori rispetto a quella del padre Cheope ma, dato che si trova sopra una lieve altura, dà la sensazione di essere leggermente più alta. La sua sommità conserva ancora parte del rivestimento in calcare bianco che fu sistematicamente smantellato dalla sua base e dalle altre piramidi di Giza per costruire alcuni edifici del Cairo in epoca araba.

Il complesso funerario di Chefren si è conservato in migliori condizioni rispetto a quello di Cheope. Sul lato orientale della piramide sono ancora visibili le vestigia del tempio dove avevano luogo i riti per il sovrano defunto. Da questo, attraverso una rampa coperta in discesa, si raggiungeva il cosiddetto "tempio della valle", dove la salma del sovrano veniva sottoposta ai riti di mummificazone e purificazione. La sua struttura è costituita da blocchi di granito, del peso di numerose tonnellate, il cui colore rosso si contrappone in un felice contrasto cromatico con il bianco dei pavimenti di alabastro. 

Il vuoto degli ambienti è soverchiato dalla pesantezza di pareti, pilastri e architravi e restituisce bene l'impressione che promanano tutte le opere della IV Dinastia. All'interno del tempio in valle è stata inoltre ritrovata una bellissima statua in diorite di Chefren. Il sovrano è seduto su un trono e un falco, manifestazione del dio Horus, è posto dietro la sua nuca; le ali del rapace cingono la testa del re nell'abituale gesto di protezione e danno vita a un susseguirsi di giochi geometrici in ci si rileva il modo astratto di concepire l'arte in questo periodo della storia egizia. Accanto al tempio in valle si trova un monticolo di calcare, che era quanto restava di un altura sfruttata per cavarne pietra da costruzione per la piramide di Cheope.

L'informe ammasso di roccia fu lavorato e trasformato dalle maestranze di Chefren in un animale fantastico, con il corpo leonino e la testa umana, personificazione del potere del sovrano. In epoca posteriore la statua colossale fu divinizzata e identificata con il dio Ra-Harakhti, il sole del mattino.

Durante la XVIII Dinastia (1550-1295 a.C.) le fu dedicato un tempio e Thutmosi IV 81401-1391 a.C.), grazie a un sogno premonitore, si prese cura di liberarla dalla sabbia. I primi viaggiatori greci identificarono la mastodontica scultura con un essere tratto dal loro immaginario fantastico: la Sfinge. Le genti di fede musulmana la chiamarono invece Abu el-Hol, che significa "Padre della paura" e con tale pittoresca definizione è ancora oggi conosciuta. 

La piramide di Micerino, benché più piccola di quelle dei suoi immediati predecessori, aveva la base coperta in lastre di sienite, la particolare qualità di granito che ai estrae ad Assuan. La sommità aveva invece la copertura esterna in lastre di calcare. In epoca successiva, soprattutto ramesside, il granito fu riutilizzato come materiale per sculture. Il complesso funerario di Micerino era riccamente decorato con statue del sovrano, ritrovate numerose nel corso degli scavi.

Assai celebri sono le cosiddette "triadi di Micerino", dove il re è ritratto tra la dea Hathor e la personificazione di una regione egiziana. Capolavoro assoluto dell'arte di questo periodo è invece la scultura che ritrae Micerino e la moglie. Quest'ultima cinge la vita del regale sposo in un gesto di affetto coniugale, raro per le manifestazioni artistiche di quest'epoca.

Con la fine dell'Antico Regno e l'avvento di un periodo in cui l'Egitto si trovò diviso, Menfi perdette quel ruolo di primo piano che aveva mantenuto fin dai primi momenti della storia egizia. Da quel momento in poi, l'altopiano di Giza fu abbandonato quasi completamente come luogo di sepoltura. Si tornò a utilizzarlo con una certa continuità nel corso del I millennio. 

Più o meno nello stesso periodo la piramide di una sposa di Cheope fu identificata come il luogo di sepoltura di Iside e lungo il suo lato orientale fu eretto un tempio dedicato alla dea.