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Museo
della storia dei giochi olimpici antichi
Il
bellissimo edificio neoclassico, un vero gioiello architettonico, che domina su
una collinetta a Nord-Ovest del Santuario di Zeus, è il Vecchio Museo o
Syngreion, opera degli architetti tedeschi W. Dòrpfeld e F. Adler, che legarono
i loro nomi con i primi scavi sistematici ad Olimpia. La costruzione dell'edifìcio
iniziata grazie ad una donazione del benefattore nazionale Andreas Syngròs dopo
l'inizio degli scavi nell'Altis, fu completata nel 1888. È il più vecchio
Museo provinciale costruito in Grecia e nel bacino del Mediterraneo. Fino agli
anni 70 il Syngreion ospitava gli splendidi ritrovamenti del Santuario, anche se
l'edifìcio era stato danneggiato dal terremoto che aveva colpito la zona nel
1954. Dopo la fondazione del Nuovo Museo Archeologico il Vecchio Museo rimase
chiuso fino al suo restauro. Dal 2004 funziona come Museo della Storia dei
Giochi Olimpici Antichi.
Attraverso
i 463 reperti che datano dall'età preistorica al V
sec. d.C, provenienti sia dal Santuario di Zeus di Olimpia, sia da altri
Musei greci, viene presentata la brillante storia dei Giochi Olimpici,
l'istituzione più longeva dell'umanità. I
reperti esposti sono presentati secondo unità tematiche; si ha anche un
breve riferimento agli altri Giochi Panellenici.
Il
Museo è costituito da un vestibolo, da una grande sala centrale e da 10 sale più
piccole attorno ad essa. Le unità tematiche dell'esposizione sono: la
preistoria dell'esercizio fisico - l'origine dei Giochi ad Olimpia (sala l);
Zeus ed il suo culto - l'organizzazione dei Giochi (sala 2); la preparazione
degli atleti (sale 3,4); donne ed esercizio fisico (sala 5); programma dei
Giochi - gare (sala centrale 6); i vincitori dei Giochi (sala 7); premi - ex
voto (sala 8); gli spettatori dei Giochi - età ellenistica e romana (sala 9);
Giochi Pitici (sala 10); Giochi Nemei-lstmici e le Panatenee (sala 11).
Nel
vestibolo sono esposti 4 plastici, che mostrano lo sviluppo storico del
Santuario, e i busti dei due grandi studiosi di Olimpia, E. Curtius e W. Dòrpfeld.
La
storia dei Giochi
- I
Giochi Olimpici erano i più
importanti giochi panellenici nella Grecia antica. Pindaro li inneggia nella sua
prima Olimpica: «Come l'acqua è il più prezioso degli elementi, e come l'oro
spicca come il più prezioso tra tutti i beni, e come, infine, il sole splende
più di ogni altra stella, così anche Olimpia brilla oscurando ogni altro gioco».
Ad
Olimpia venivano celebrati giochi, probabilmente di carattere locale, già dal
periodo miceneo. Da Pausania apprendiamo che nel 776 a.C. i giochi vennero
riorganizzati da Ifito a seguito di un vaticinio e acquisirono carattere
panellenico. Ben presto si svilupparono nei più importanti giochi, esprimendo
gli ideali dell'atletismo e della civiltà greca. L'esercizio fisico, elemento
indispensabile nell'istruzione greca, e lo spirito agonistico dei Greci, che
dominano in ogni settore dell'attività umana, forgiano l'ideale olimpico, la
nobile emulazione, l'ideale del cittadino.
Per
interi secoli gli atleti provenienti dagli estremi confini del mondo greco si
riunivano ad Olimpia per gareggiare con le regole della nobile emulazione, della
competizione e non della concorrenza, e per onorare il sommo degli dèi, Zeus.
In età arcaica e classica i Giochi raggiungono l'apogeo della loro gloria; in
età ellenistica perdono il loro carattere puramente religioso e si trasformano
in manifestazioni atletiche professionistiche. Indicativo del cambiamento
dell'ideologia originale dell'istituzione sono le pene imposte per la prima
volta nel IV sec.
a.C. (338 a.C).
In
età romana inizia la decadenza dei Giochi, nonostante continuino per secoli con
una nuova forma; vengono aboliti nel 393 d.C. dall'imperatore di Bisanzio
Teodosio I: fino a
quell'anno erano state celebrate 293 Olimpiadi. La rinascita dell'istituzione si
ha dopo 15 secoli, grazie agli sforzi di Pierre de Coubertin e di altre
personalità, tra le quali si distinse come caloroso sostenitore Dimitrios
Vikelas; e la prima Olimpiade moderna venne realizzata ad Atene nel 1896.
Sala
1
A.
La preistoria dell'esercizio fisico.
Le prime forme di atletismo in Grecia risalgono agli inizi del secondo millennio
a.C, quando a Creta compaiono vari sport legati a riti religiosi. Il più amato
era il kybistema (capriola acrobatica), la lotta, il pugilato e le
taurokathapsies (giochi acrobatici coi tori).
I
Micenei ereditano queste gare dai
Minoici e ne introducono delle nuove, con la corsa dei carri e la corsa a piedi.
Sono i creatori dello spirito agonistico atletico e l'atletismo costituisce un
elemento basilare della società micenea. Istituiscono i giochi funebri in onore
di morti illustri, come Achille che aveva organizzato i giochi funebri per
Patroclo in onore dell'amico morto (Iliade, XXIII,
271-853). Le gare descritte da Omero nei giochi funebri per Patroclo
sono: la corsa dei carri, il pugilato, la lotta, la corsa a piedi, la lotta in
armi, il lancio del disco, il tiro con l'arco con bersaglio e il lancio del
giavellotto. Nell'Odissea sono riportate le gare organizzate dal re dei Feaci
Alcinoo con la partecipazione di atleti specialisti in onore di Ulisse, suo
ospite.
La
preistoria dei giochi viene presentata attraverso ritrovamenti della civiltà
minoica e micenea. A sinistra, nella vetrina a muro sono esposti eccezionali
esempi di glittica con le più antiche rappresentazioni di sport. Risaltano due
anelli-sigillo d'oro, dove si vede la straordinaria abilità dell'artista
miceneo: uno, proveniente da Anthia di Kalamata, reca nel castone una
rappresentazione di taurokathapsies; l'altro, proveniente dall'Acaia, due
corridori.
Tra
la ceramica micenea, risalta un grande cratere miceneo (da Vounteni dell'Acaia, XII
sec. a.C), dove la rappresentazione di una figura umana su un carro
rimanda a giochi in onore di qualche
defunto. Ad attività sportive rimandano anche il rhytón per libagioni a forma
di toro con l'acrobata proveniente da Creta (inizi del II millennio a.C.) ed
anche un modellino di carro dalla necropoli di Prosymna in Argolide (XIV-XIII
sec. a.C).
B.
L'origine dei giochi.
Secondo la tradizione, gli dèi per primi gareggiarono ad Olimpia. Zeus vinse
Crono nella lotta, Apollo vinse Ermes nella corsa a piedi e Ares nel pugilato;
diversi sono anche gli eroi riportati dalle fonti antiche come fondatori dei
Giochi.
Alla
tradizione micenea appartiene il mito di Pelope, che dopo la sua vittoria su
Enomao, organizzò corse dei carri, giochi funebri in onore del morto re di
Pisa, ma anche come cerimonie di ringraziamento agli dèi per la sua vittoria.
Secondo
altri miti, fondatore dei Giochi fu il semidio Eracle, che organizzò per primo
gare di corsa a piedi e dei carri. Fu lui a portare l'olivo selvatico dal paese
degli Iperborei, lo piantò nel Santuario e definì i confini dell'Altis.
Pausania
riporta come fondatore dei Giochi Eracle Ideo con i suoi quattro fratelli, i
Dattili o Cureti, arrivati a Olimpia da Creta. Questo Eracle per primo organizzò
gare di corsa a piedi per i suoi fratelli, stabilì la lunghezza dello Stadio e
incoronò il vincitore con olivo selvatico.
Tra
i nomi dei fondatori sono riportati Neleo, Pelia ed anche Piso, eroe eponimo
della Pisatide.
Strabone
ritiene che i Giochi fossero stati organizzati da Ossilo, re degli Eraclidi dopo
la loro discesa (XI sec.
a.C). Successivamente (776 a.C), furono riorganizzati da Ifìto, che contrasse
un patto con il re di Sparta Licurgo ed il re di Pisa Cleostene: la sacra
ekecheiria (tregua).
Le
fonti scritte riportano come anno di inizio dei Giochi il 776 a.C. Da allora
inizia il catalogo degli Olimpionici, completato molto tempo dopo. In realtà il
776 a.C. è l'anno della la Olimpiade riorganizzata.
A
questa unità appartengono reperti che sono in relazione con il loro mitico
fondatore, il semidio Eracle: vasi a figure nere (kkythoi, skyphoi, anfore, ed
altri) del V sec.
a.C. raffigurano le gesta dell'eroe; un piccolo frammento della parte superiore
del corpo di una statuina di Eracle (510-500 a.C.) proveniente dall'Acropoli; un
piede in bronzo di tripode, proveniente dall'Altis, dove è rappresentata una
delle più antiche scene mitologiche, quella della disputa tra Eracle ed Apollo
per il tripode delfico; un'hydria di bronzo con rappresentazione a rilievo di
Eracle e Nike sotto l'ansa; busto in marmo di una statua dell'eroe.
Sala
2
A.
Zeus e il suo culto.
Durante il periodo geometrico fu istituito il culto di Zeus ad Olimpia, come
rivelano i numerosissimi ex voto, soprattutto i lebeti tripodati e le statuine
di uomini e animali, qui esposti indicativamente. Le statuine fittili e bronzee
di piccoli cavalli, le statuine di aurighi e le ruote fittili di carri,
rimandano alle prime gare ippiche ed alle corse dei carri, che si svolgevano ad
Olimpia durante questo periodo.Tra i reperti esposti di questa unità risaltano
i piedi di bronzo fusi di tripodi, le anse di lebeti, i cavallini di bronzo, le
statuine bronzee di aurighi (VIII sec. a.C), i carri fittili con aurighi, la
statuina bronzea di Zeus, una kylix lacone su cui è raffigurato Zeus con Hera,
e una testa bronzea di Zeus, copia di un'opera esposta nel Museo Archeologico
Nazionale (vetrina a sinistra).
Sono
inoltre esposti piccole ruote di bronzo e cavallini, piccolissimi lebeti
tripodati provenienti da Olimpia e vasi geometrici con rappresentazioni di corsa
dei carri, come l'anfora attica (720-700 a.C) e la pyxis attica con cavallini
sul coperchio (750-735 a.C), provenienti dall'Agorà di Atene (vetrina destra).
B.
L'organizzazione dei Giochi.
I Pisati furono gli
organizzatori dei Giochi dal 668 fino al 572 a.C. Dal 570 a.C. in poi
l'organizzazione passò definitivamente nelle mani degli Elei, che avevano
occupato il regno di Pisa. I
Giochi Olimpici venivano celebrati ogni quattro anni, erano cioè
quinquennali. L'intervallo di tempo tra i Giochi era chiamato Olympiàs, un
termine che era usato per indicare anche gli stessi Giochi. Venivano celebrati
durante il primo plenilunio dopo il solstizio d'estate, nell'ottavo mese del
calendario eleo (oggi luglio-agosto). Fino al 684 a.C. (24a Olimpiade) le gare
erano sei ed i Giochi si svolgevano in un giorno. Quanto più aumentavano le
gare (in età classica avevano raggiunto il numero di 18), aumentavano anche i
giorni della loro durata, arrivando a cinque. Le Olimpiadi costituivano il
sistema cronologico di base dei Greci antichi.
Diritto
di partecipazione ai Giochi avevano tutti i cittadini greci liberi, che non
avevano commesso un omicidio e un sacrilegio. La partecipazione era vietata ai
barbari ed agli schiavi. I Romani
cercarono di dimostrare la loro origine greca per potervi partecipare. Le donne
potevano prendere parte alle gare ippiche solo come proprietarie dei cavalli e
dei carri.
Tutti
erano liberi di assistere ai Giochi, anche i barbari e gli schiavi, ad eccezione
delle donne sposate. La severissima disposizione che vietava alle donne di
assistere alle gare rimane misteriosa. Soltanto la sacerdotessa di Demetra
Chamyne era presente, seduta sull'altare della dea, che si trova sul terrapieno
settentrionale dello Stadio. Le donne che avessero violato il divieto, venivano
gettate dal monte Tipeo che si trova a Sud del Santuario.
Responsabili
dell'osservanza delle regole (chiamati themites Diòs, cioè incaricati da Zeus)
erano gli Ellanodici. Fino al 584 a.C. l'istituzione era ereditaria e a vita;
successivamente gli Ellanodici venivano eletti a sorte dai cittadini elei. La
loro elezione era valida per una Olimpiade e per dieci mesi risiedevano a Elis,
nell'Hellanodikaìon, dove venivano loro insegnate le regole dei Giochi. Erano
responsabili dell'organizzazione e dello svolgimento delle gare, nonché del
conferimento dei premi. Potevano imporre pene pecuniarie e corporali, o
eliminare gli atleti. Con le pene pecuniarie venivano fabbricate statue in
bronzo di Zeus, gli Zanes, che venivano erette davanti all'ingresso dello
Stadio. Il numero degli Ellanodici aumentò gradualmente. In origine erano due,
poi nove, successivamente dodici, otto e, dal 348 a.C. fino alla fine dei
Giochi, dieci. Durante i Giochi erano vestiti con un mantello rosso e stavano
seduti sull'Esedra che si trova nel lato meridionale dello Stadio.
L'annuncio
dei Giochi veniva fatto dagli spondophoroi (araldi), che
coronati con un ramo d'olivo portavano di città in città il messaggio della
tregua sacra. L'istituzione dell'ekecheiria fu sancita nel 776 a.C. da Ifito.
Nel corso dell'ekecheiria, che in origine durava un mese, poi tre, ma sono
riportati anche dieci mesi, veniva interrotta ogni ostilità, era vietato
l'ingresso nell'Elide a chiunque fosse armato, solo o in gruppo, ed era vietata
l'esecuzione di qualsiasi pena capitale. La violazione della tregua sacra
significava anche l'esclusione dai Giochi. Degno di nota è che nei 1169
anni di durata dei Giochi le violazioni dell'ekecheiria sono state pochissime e
insignificanti. È evidente che l'istituzione della tregua sacra, rispettata in
modo assoluto da tutti i Greci, costituisce il più longevo e il più valido
trattato di pace mai fatto dall'umanità.
I
Giochi erano ginnici e ippici. Le
gare ginniche si svolgevano nello Stadio e quelle ippiche nell'Ippodromo.
Le
fonti scritte e le numerosissime iscrizioni rinvenute nel Santuario di Olimpia,
alcune delle quali sono esposte in questa sala, ci danno numerose informazioni
sull'organizzazione dei Giochi.
Su
una tegola del tempio di Zeus fu incisa un'iscrizione (28-24 a.C.) in cui è
riportato il personale del Santuario durante le 189a Olimpiade; in una grande
iscrizione litica frammentaria sono trascritte regole dei Giochi (l-ll sec.
d.C). Su una base litica di statua un'iscrizione riporta che la statua era stata
dedicata da Theoxena per il figlio Alkia, che era spondophoros (parete destra).
Nella
vetrina a sinistra sono esposte iscrizioni bronzee provenienti dall'Altis, dove
sono riportati i nomi di Ellanodici, un catalogo di atleti e le regole dei
Giochi.

Sala
3
- La preparazione degli atleti.
Gli atleti scelti dalle città, che si erano preparati con le istruzioni del
paidotribes (l'allenatore specializzato) e del gymnastés (maestro di
ginnastica), un mese prima dei Giochi arrivavano a Elis, la città
organizzatrice, e si allenavano tutti insieme nei due Ginnasi e nella Palestra
della città. Lì gli Ellaiodici escludevano gli atleti che non erano ben
preparati, così che nello
Stadio di Olimpia gareggiasse il fiore della Grecia atletica. Probabilmente
si svolgevano anche delle gare preliminari. Ad Olimpia
l'allenamento veniva effettuato nel Ginnasio e nella Palestra.
Gli
aleiptes prima dell'allenamento ungevano il corpo degli atleti con olio per
ammorbidire i muscoli. Di seguito gettavano su di loro sabbia sottile per
evitare che scivolassero durante l'allenamento. Questa preparazione avveniva in
ambienti particolari della Palestra: l'helaiothesion e il konisterion. Dopo
l'allenamento gli atleti asportavano dal corpo l'olio, la polvere e il sudore
con gli strigili e successivamente, per la pulizia finale, usavano i bagni.
Gli
oggetti esposti nella terza sala riguardano la preparazione degli atleti. La
base di marmo, proveniente dalle pendici nord-occidentali dell'Acropoli, è
ornata con una rappresentazione a rilievo di atleti.
Sala
4
- L'unità della
preparazione degli atleti continua nella quarta sala. Sulla parete di destra
sono esposte stele funerarie con rappresentazioni a
rilievo di atleti: atleta con strigile (330-320 a.C); atleta con strigile e
aryballos (inizi del IV sec.
a.C); pedagogo-atleta (IV sec.
a.C).
Nella
vetrina a sinistra sono esposti vasi a figure rosse e a figure nere del VI-IV
sec. a.C, come i grandi crateri campaniformi, skyphoi, kylikes, ecc, che
raffigurano atleti e scene della loro preparazione nelle Palestre, ed anche i
minuscoli aryballoi (VII-VI sec. a.C).
Interessanti
sono gli strigili di bronzo provenienti dal Santuario di Olimpia, alcuni con
iscrizioni votive ed altri con decorazione incisa.
Sala
5 - Donne
ed esercizio fisico. Le donne non potevano prendere parte ai Giochi
Olimpici, se non come proprietarie di cavalli o di carri, nelle gare ippiche.
Questo era il caso di Cinisca, che vinse quale proprietaria di carri, come
riporta l'iscrizione incisa sulla base esposta (390-380 a.C, angolo sinistro
della sala).
È
risaputo quasi da tutti che l'unica donna ad aver violato il divieto sia stata
Callipatira, figlia del pugile rodio Diagora, la quale proveniva da una famiglia
di olimpionici: padre, fratello, figli e nipoti, tutti vincitori di Olimpiadi.
Quando il figlio minore, Pisirodo, partecipò ai Giochi, volle assistere alla
gara. Si travestì da allenatore ed entrò nello Stadio. Il figlio vinse e lei
dalla gioia si slanciò per abbracciarlo. Le cadde allora il chitone che
indossava e rivelò così di essere donna. I
giudici elei, però, non punirono la donna in quanto apparteneva ad una
famiglia di olimpionici ed aveva generato olimpionici. Fu, però, stabilito che
da allora nello Stadio entrassero nudi, così come gli atleti, anche gli
allenatori.
Nell'antichità
l'atletismo femminile conobbe un particolare sviluppo in Grecia. Ad Olimpia si
svolgevano le Heraia, gare di corsa a piedi in onore di Hera. Si ritiene che
questi giochi fossero stati istituiti da Ippodamia, che per prima corse insieme
ad altre 16 donne. Le vergini che partecipavano alle gare venivano divise a
seconda dell'età in tre categorie. Correvano i 5/6 dello Stadio (160 m)
indossando un corto chitone, con la spalla destra nuda ed i capelli sciolti. Il
premio era una corona d'olivo ed un pezzo della mucca che
veniva sacrificata ad Hera. Caratteristica è la statuina bronzea della
donna-corridore proveniente da Dodona (copia, metà del VI sec. a.C, vetrina
sinistra). Come riporta Pausania, le vincitrici dedicavano le loro «immagini»
nel tempio di Hera e le collocavano nelle basse cavità rettangolari, ancora
oggi visibili sulle colonne dello pteron.
Nella
sala risaltano due statue di donne elee, provenienti dall'Heraion (seconda metà
del I sec. d.C), una
piccola statua di Atenaide, figlia di Erode Attico (seconda metà del II sec.
d.C.) ed una serie di kkythoi con scene di corsa dei carri.
Sala
centrale 6
- Programma dei Giochi - gare.
Il programma dei Giochi non restò inalterato nel corso della storia
ultramillenaria dell'istituzione. In età classica era così strutturato:
due giorni prima dell'inizio dei Giochi, atleti, giudici e dignitari partivano
in processione da Elis ed arrivavano ad Olimpia percorrendo la Via Sacra.
La
mattina del primo giorno, gli atleti, i loro parenti e i giudici prestavano il
giuramento ufficiale davanti ala statua di Zeus Horkios nel Bouleuterion.
Avveniva quindi la registrazione degli atleti, la loro distribuzione nelle gare
ed il loro sorteggio a coppie o nell'ordine in cui avrebbero gareggiato. Vicino
all'entrata dello Stadio si svolgevano le gare dei trombettieri e degli araldi.
Nel pomeriggio venivano offerti sacrifici e pronunciati vaticini. Filosofi,
storici e poeti recitavano le loro opere alle persone radunate.
Nel
secondo giorno i Giochi iniziavano con la gara di corsa dello stadio per
ragazzi, a cui seguivano la lotta, il pugilato e il pancrazio per ragazzi.
Nel
terzo giorno si svolgevano le corse dei carri e le gare ippiche nell'Ippodromo.
Nel pomeriggio, nello Stadio, si svolgeva il pentatlo (salto, lancio del disco,
corsa, lancio del giavellotto, lotta). La sera sacrificavano un ariete nero in
onore di Pelope, fondatore della gara della corsa dei carri e seguivano
banchetti festivi.
Il
quarto giorno, che coincideva con il grande plenilunio d'estate, iniziava con
un'imponente processione. Ellanodici e Theories (le delegazioni ufficiali delle
città) partivano dal Ginnasio o dal Pritaneo ed arrivavano al grande altare di
Zeus, dove veniva offerto un sacrificio di 100 animali (ecatombe). Seguivano le
gare di corsa degli uomini, lotta, pugilato e pancrazio. Il giorno finiva con la
gara di corsa in armi.
II
quinto ed ultimo giorno dei Giochi era dedicato alla premiazione degli atleti. I
vincitori si recavano nel tempio di Zeus dove venivano incoronati con il
kotinos (corona di olivo selvatico) dal più anziano degli Ellanodici. Seguiva
un banchetto ufficiale nel Pritaneo e festeggiamenti che duravano fino a sera.
Le
gare olimpiche -
Nell'imponente sala centrale del Museo con il singolare soffitto di legno, nella
quale nel XIX secolo
furono inizialmente custodite le sculture frontonali del tempio di Zeus, oggi il
visitatore può ammirare reperti che rappresentano l'unità delle gare. Ogni
gara si sviluppa in un apposito spazio e la loro presentazione segue l'ordine
con cui si svolgevano. Al centro dei due lati brevi della sala dominano una
statua di marmo di Zeus, signore del Santuario, in onore del quale venivano
celebrati i giochi, e una di Apollo.
I
Giochi dei ragazzi
- Gli atleti, durante il loro soggiorno a Elis, venivano divisi in categorie
dagli Ellanodici. Quelli che avevano 14-18 anni appartenevano alla categoria dei
ragazzi. I giochi dei
ragazzi
furono introdotti nella 37a Olimpiade (632 a.C.), allorquando fu aggiunto anche
il terzo giorno ai giochi. Nella 38a Olimpiade (628 a.C.) si svolse per l'unica
volta il pentatlo dei ragazzi.
Tra
i reperti esposti di questa unità risaltano due statuine in bronzo di corridori
ed una di lanciatore del disco, che rappresenta l'atleta nel momento in cui è
teso all'indietro per lanciare il disco che teneva nella mano destra sollevata.
Su una kylix attica a figure rosse sono raffigurati due ragazzi in una gara di
pugilato, dove l'uno fa il gesto dell''«apagoreueirr», riconoscendo la sua
sconfitta.
Dall'Altis
provengono basi votive di ragazzi-vincitori, come le basi iscritte di Senocle e
di Gorgia (seconda metà del IV
sec. a.C), vincitori nella lotta dei ragazzi. La testa di bronzo di un
ragazzo data all'età tardoellenistica; accanto ad essa è collocata una copia
contemporanea. Tra esse la lamina di bronzo iscritta riporta un certo Filippo
vincitore nella lotta dei ragazzi (III sec. a.C).
Il
lato destro lungo della sala è occupato da sculture. Tra esse risaltano due
piccole statue che rappresentano la dea Tyche, un tronco in marmo di una statua
di ragazzo nudo, tronchi di statue di efebi, basi di ex voto a forma di
capitelli dorico e ionico e la base di un ex voto di Claudia per il figlio
olimpionico Pisano.
Le
gare ippiche - Nella
33a Olimpiade (648 a.C.) si svolgono per la prima volta gare ippiche con le
corse dei cavalli adulti, gara con fantino che faceva sei volte il giro
dell'Ippodromo. Nel 496 a.C. (71a Olimpiade), viene introdotta la kalpe (corsa
di giumente) e nel 256 a.C. (I3la Olimpiade) la corsa di puledri. Il fantino
cavalcava nudo, senza gualdrappa, sella e staffe. Sembra che la sella fosse
usata solo dai guerrieri.
Tra
i reperti esposti relativi alle gare ippiche degni di nota sono:
una
base iscritta, a forma di capitello dorico, di Carope, vincitore in gare ippiche
(I sec. a.C); un
cratere attico a figure nere con scene di corse di cavalli; vasi a figure nere
con scene di cavalieri (VI sec.a.C). Redini di bronzo, statuine bronzee e
fittili di cavalli e di cavalieri costituiscono caratteristici reperti che
rimandano a gare ippiche.
Le
corse dei carri -
Secondo la tradizione la prima gara di corsa dei carri avvenne tra Pelope ed
Enomao.
Le
corse dei carri e le gare ippiche erano le più sorprendenti e si svolgevano
nell'Ippodromo. Le gare di corsa dei carri ad Olimpia erano: la quadriga (carro
con 4 cavalli che compiva dodici giri nell'Ippodromo), introdotta nella 25a
Olimpiade (680 a.C), che si svolse fino al 241 d.C; l'apene (carro tirato da due
mule), introdotta
nella 70a Olimpiade (500 a.C.) ed abolita nel 444 a.C. (84a Olimpiade); la
synorìs (biga, carro tirato da due cavalli), introdotta nella 93a Olimpiade
(408 a.C); la gara della quadriga con puledri, introdotta nella 99a Olimpiade
(348 a.C), su 8 giri dell'Ippodromo; la gara della synorìs con puledri, su 3
giri dell'Ippodromo, introdotta nella 128a Olimpiade (268 a.C).
Vincitore
dei giochi era il proprietario dei cavalli, che veniva incoronato con il
kotinos, mentre per l'auriga il premio era una benda di lana che gli era legata
sulla testa dall'hippotrophos (l'allevatore del cavallo). Per questo motivo sono
riportati come vincitori nelle corse dei cavalli nomi di donne (Cinisca), di
ragazzi o anche di città. Aurighi rinomati erano Finti di Siracusa, Carroto
(auriga del re di Cirene, Arcesilao), Cromio (auriga di lerone di Siracusa), ed
altri.
I
ritrovamenti provenienti dal
Santuario di Olimpia, che costituivano ex voto a Zeus, rivelano la lunga
tradizione nel luogo delle corse dei carri. Sorprendente è la grande ruota di
ferro di un carro. Si vedono inoltre statuine bronzee di aurighi, una lamina di
bronzo
del VI sec. a.C. sulla quale si conserva una scena di corsa dei carri, vasi,
come un'anfora pseudo-panatenaica, kylikes, oinochoe, lekythoi (VI sec. a.C),
con rappresentazioni simili. Su un frammento di rilievo votivo in marmo con
rappresentazione di una quadriga si nota la resa naturalistica e piena di
dinamismo dei cavalli.
Il
pentatlo - Era
costituito da cinque gare: salto, corsa a piedi, lancio del giavellotto, lancio
del disco e lotta. Di queste gare, le prime tre erano ritenute leggere e le
ultime due pesanti. La tradizione riporta che Giasone per primo istituì il
pentatlo (unione di cinque gare) in onore dell'amico Peleo, che aveva vinto
nella lotta in giochi celebrati dagli Argonauti a Lemno, ma era arrivato secondo
in tutte le rimanenti gare. Il pentatlo fu introdotto nella 18a Olimpiade (708
a.C).
Il
salto, il lancio del giavellotto e il lancio del disco erano gare soltanto del
pentatlo, mentre la corsa a piedi e la lotta si svolgevano anche come gare
singole con un loro proprio premio. Il vincitore del pentatlo è ritenuto da
Aristotele come «il migliore dei Greci». Resta ignoto il modo della
designazione del vincitore del pentatlo.

Il
salto - Si svolgeva
nello Stadio nello skamma (una fossa rettangolare), lungo 50 piedi (16 m), pieno
di sabbia. In un lato c'era il batér (sorta di pedana) su cui poggiavano i
piedi gli atleti prima di saltare. Dopo il salto veniva collocato il semeion
(piccolo segno) e veniva misurata la prestazione con il kanon (un'asta di
legno). Per gli
atleti che superavano lo skamma fu coniata la frase "saltate al di sopra
delle fosse", ancora oggi usata in senso metaforico.
Durante
l'esecuzione del salto gli atleti, onde assicurarsi una migliore prestazione,
usavano gli halteres (manubri), pesi di pietra o di piombo. Gli halteres erano
di vari tipi e, a seconda della loro forma, si distinguono in ellissoidali, a
doppia punta rotonda e i bilanciati, soprattutto però in lunghi e sferici.
Quelli conservatisi pesano 1.610, 1.480 o 2.018 o anche 4.629 grammi. I
più pesanti erano ex voto. A seconda della loro costituzione fisica i
saltatori usavano gli halteres, senza però che il loro uso fosse obbligatorio.
Gli atleti se ne servivano anche per esercitare le braccia, le mani e le dita.
Il
salto era semplice, ma dal momento che sono riportate prestazioni di atleti fino
a 16,66 m, poteva essere doppio o anche triplo. Lo svolgimento dell'esercizio
avveniva con l'accompagnamento del flauto, giacché la musica aiutava il
saltatore ad acquistare ritmo nei suoi movimenti. Un saltatore leggendario fu
Faillo di Crotone, che ottenne una prestazione di 55 piedi (16,28 m); Chioni il
Lacedemone (664 a.C.) riuscì a saltare 52 piedi (16,66 m).
Sui
vasi qui esposti sono raffigurati saltatori durante l'esecuzione della gara.
Tra
gli halteres degno di nota è quello litico di Acmatide con l'iscrizione votiva
(fine del VI sec. a.C). L'unità è completata da una base iscritta di pietra
scura, che si riferisce alla vittoria di Pitocle, vincitore nel pentatlo.
Il
lancio del disco - In
Omero il disco era chiamato solos (un peso che, legato con una correggia, veniva
lanciato, come l'odierno martello). Ad Olimpia fu introdotto nel 632 a.C. come
gara del pentatlo. I dischi
in origine erano di pietra, successivamente di bronzo, di piombo o di ferro.
Quelli conservatisi hanno un diametro da 0,17
a 0,35 m ed un peso da 1.300 a 6.600 grammi. I
più grandi erano ex voto. Sui dischi, oltre ad iscrizioni, venivano
incise anche raffigurazione, di solito di atleti, o erano scritti odi e
trattati, come quello della tregua sacra.
La
tecnica della gara non differiva molto da quella odierna. Nel punto del lancio
del disco venivano collocati dei paletti o dei chiodi e successivamente la
lunghezza del lancio veniva misurata con un'asta o una corda. Gli atleti usavano
tutti lo stesso disco nelle gare. Pausania riporta che ad Olimpia nel Tesoro di
Sicione erano custoditi 3 dischi ufficiali per la gara del pentatlo.
Grandi
discoboli furono Faillo di Crotone (con una prestazione di 96 piedi, cioè 28,10
m) e Flegia di Pisa, che lanciava il disco nel punto più largo del letto
dell'Alfeo, da una riva all'altra.
I
dischi in bronzo qui esposti
provengono da Olimpia. Il grande disco in bronzo, con iscrizioni su entrarne le
facce, è un ex voto di Poplio Asclepiade, vincitore del pentatlo, che data al
241 d.C. Scene di lanciateri del disco si conservano anche su vasi.

Il
lancio del giavellotto
- La gara deriva dalla caccia e dalla guerra. Il lancio del giavellotto era di
due tipi: l'ekebolos akontismòs, lancio del giavellotto per la distanza, e lo
stochastikòs akontismòs, lancio su un bersaglio prestabilito. Ad Olimpia una
delle gare del pentatlo era l'ekebolos.
Il
giavellotto (apotomeus) era un'asta di legno lunga 1,50-2 m, appuntita ad una
estremità. Nello stochastikòs akontismòs era usato un giavellotto con punta
metallica. Nel centro di gravita del giavellotto, una correggia di cuoio,
l'ankyle, formava un "cappio", nel quale l'atleta passava l'indice e
il medio. La tecnica del lancio del giavellotto non differisce da quella
attuale.
Nell'unità
tematica del lancio del giavellotto sono esposte quattro punte bronzee di lance
di età arcaica, e una lekythos attica a figure rosse con raffigurazione di un
lanciatore del giavellotto mentre si allena (V
sec. a.C).
La
corsa - Era la più
antica e più importante gara dei Giochi Olimpici. Il vincitore dello stadion
dava il suo nome all'Olimpiade.
Ideatori
della gara sono ritenuti Eracle Ideo ed i Cureti, il famoso eroe Eracle, ecc.
Gli atleti correvano a piedi nudi e in origine indossavano un perizoma. Secondo
la tradizione, nella 15a Olimpiade (720 a.C.) Orsippo di Megara, mentre correva,
lasciò cadere il perizoma e continuò la corsa nudo. Orsippo vinse e da allora
fu stabilito che gli atleti gareggiassero nudi. Famosi corridori furono Leonida
di Rodi, che vinse in quattro Olimpiadi successive (154a-157a, 164-152 a.C),
Ermogene di Xanto, ed altri.
Nei
Giochi Olimpici c'erano i seguenti tipi di corsa:
Lo
stadion: corsa di velocità di uno stadio (600 piedi = 192,27
m), che corrisponde all'odierna corsa dei 200 m. Il vincitore era chiamato
stadionikes. Il primo vincitore dello stadion ad Olimpia fu l'eleo Corebo. Fino
alla 13a Olimpiade (728 a.C.) lo stadion era l'unica gara dei giochi.
Il
diaulos: corsa di velocità con doppio percorso dello stadio (1.200 piedi), che
corrisponde all'odierna corsa dei 400 m. Il diaulos fu introdotto nella 14a
Olimpiade (724 a.C).
Il
dolichos: corsa di resistenza da 7 a 24 stadi. Nella maggior parte dei casi la
distanza era fissata in 20 stadi, cioè 3.550-3.800 m. La gara fu introdotta
nella 15a Olimpiade (720 a.C.) ed il primo vincitore fu il lacone Acanto.

L'oplites:
gara di velocità da 2 a 4 stadi (di solito 2), nella quale l'atleta correva
indossando la sua armatura difensiva (elmo, schinieri, scudo). Fu introdotta nel
520 a.C. (65a Olimpiade). La corsa in armi in origine verosimilmente era un
gioco funebre in onore di un eroe morto.
L'ippios:
corsa di semiresistenza di 4 stadi, che non era una gara olimpica, ma era
compresa nei Giochi Istmici, Nemei e nelle Panatenee.
Nell'unità
della corsa sono esposti vasi a figure nere (lekythoi, crateri e anfore) del VI
sec. a.C. che raffigurano corridori. Altre opere che completano l'unità sono:
una statua di atleta proveniente dall'antica Messene (copia), un ritratto di
atleta da Corinto, parte di un'aphesis litica dello Stadio arcaico di Olimpia, e
due piedistalli, che costituivano posti d'onore: uno era del prosseno lacedemone
Gorgo e l'altro di Eufanio.
La
lotta - Quali ideatori
di questo sport sono ritenuti Ermes, Teseo nella sua lotta con Cercione, Eracle
quando vince i giganti Anteo, Acheloo,Tritone e vari mostri, come pure Palestra,
figlia di Ermes.
Nei
Giochi Olimpici la lotta fu introdotta nella 18a Olimpiade (708 a.C). Dal 632
a.C. (37a Olimpiade) iniziò anche la lotta per ragazzi.
C'erano
due tipi di lotta: la lotta in piedi e la lotta a terra. Nella prima era
sufficiente che il lottatore gettasse a terra l'avversario tre volte. Nella
seconda, dopo la caduta, la gara continuava fino a quando uno dei due avversari
era costretto a riconoscere la sua sconfitta facendo il gesto dell'
"apagoreueim". Le coppie degli avversari (da 5 a 8) venivano stabilite
con sorteggio.
Gli
atleti della lotta gareggiavano nudi, con il corpo cosparso di olio, in una
fossa. Varie raffigurazioni su vasi e statuine in bronzo di lottatori ci danno
particolari sullo svolgimento di questo sport. Famosi lottatori furono Milone di
Crotone che vinse 6 volte nei Giochi Olimpici, 7 nei Pitici, 9 nei Nemei e 10
negli Istmici; lo spartano Ippostene con 6 vittorie nei Giochi Olimpici, ed
altri atleti.
Su
una delle fasce decorative di un manico in bronzo di scudo (VI sec. a.C.) qui
esposto, c'è una rappresentazione di lottatori. È interessante anche il gruppo
in bronzo di lottatori, di età romana, proveniente dall'Egitto. Si conserva
anche la base con un solo piede
di una statua in bronzo del lottatore e pancraziaste Capro (fine de, III sec.
a.C). In questa unità è esposta anche la pietra di 143,5 chili che Bibone
sollevò con una mano, come informa, l'iscrizione scolpita su di essa.
Il
pugilato - Secondo la mitologia inventore del pugilato fu Apollo, ma sono
riportati anche Eracle,Teseo ed altri eroi. Protettore di questo sport,
comunque, è ritenuto Apollo.
La
gara fu introdotta nella 23a Olimpiade (688 a.C); quella per i ragazzi nella 41a
(616 a.C). Gli avversari lottavano fino a quando uno dei due cadeva privo di
sensi o riconosceva la sua sconfitta. Le coppie dei pugili venivano stabilite a
sorteggio.
Gli
atleti durante lo svolgimento della gara portavano sulle mani gli himantes, noti
già dall'età micenea. Omero riporta che erano strisce di sottile pelle di bue,
che i pugili avvolgevano sulle mani. Successivamente, sulla prima falange
aggiunsero strisce di pelle dura con della lana nella parte interna (sphairaì).
Dal IV sec. a.C. fìno
alla fine del II sec. d.C. i pugili invece di legare gli bimantes, portavano una
specie di guanto. In età romana prevalse il coestus, guantone da pugilato
rinforzato con ferro e piombo.
Tra
i più rinomati pugili dell'antichità era Diagora di Rodi, padre di
Callipatira, soprannominato «euthymaches», perché non si voltava
nell'affrontare gli avversari.
Nei
vasi qui esposti sono raffigurate scene di pugili. Caratteristica è la kylix
del pittore di Heidelberg proveniente dall'Antica Corinto (560 a.C.) e l'anfora
attica a figure nere proveniente da Tanagra (500 a.C). L'unità è completata da
manici di scudi con raffigurazioni di pugili, da basi iscritte di pugili
olimpionici, come quella di Eutimo di Locri (472 a.C.) e Cinisco (metà del V
sec. a.C), provenienti dall'Altis, e da una testa di statua di un atleta
proveniente da Rodi (inizi del III sec. a.C).
Il
pancrazio - Tra gli
sport più spettacolari dei giochi, il pancrazio è una combinazione di pugilato
e lotta. Secondo la tradizione, Teseo fu il primo ad abbinare il pugilato e la
lotta per uccidere il Minotauro. Ad Olimpia fu introdotto nella 33a Olimpiade
(648 a.C).
Il
pancrazio era distinto in ano o orthonstanden pankration (gli atleti
gareggiavano in piedi) e in kato pankration (gli avversari cadevano e
continuavano a terra). Nell'allenamento gli atleti si esercitavano di solito
nell'orthostonden; nei giochi gareggiavano nel kato pankration. I pancraziasti
dovevano abbinare contemporaneamente le qualità dei lottatori e dei pugili. Lo
sport aveva regole severe.
Rinomati
pancraziati furono Ligdami di Siracusa (primo olimpionco nel pancrazio nel 648
a.C), Sostrato di Sicione, Dorieo ed Eucle (rispettivamente figlio e nipote di
Diagora di Rodi), Pulidamante di Scotusa, ed altri atleti.
Delle
numerosissime statue di pancraziasti nell'Altis si sono conservate solo poche
basi. Abbiamo le basi delle statue del pancraziaste Callia (472 a.C.) e del
grande pancraziaste Pulidamante (2a metà del IV
sec. a.C), quest'ultima opera del famoso scultore di Sicione, Lisippo,
sulla quale sono rappresentate in rilievo alcune delle imprese del grande
atleta.
Da
Figalia proviene un kouros che rappresenta il pancraziaste Arrachione, che nel
momento in cui moriva fu proclamato vincitore poiché l'avversario aveva nel
frattempo riconosciuto la propria sconfitta.
Al
340 a.C. circa data la testa di vincitore, probabilmente nel pancrazio. La bocca
semiaperta, la testa girata ed anche gli occhi, posti profondamente nelle
orbite, sono chiare influenze delle scuole di Scopa e Lisippo.
I
Giochi si concludevano con la corsa
in armi. Pausania riporta che nel tempio di Zeus ad Olimpia erano custoditi
25 scudi di bronzo che venivano distribuiti ai corridori per l'esecuzione della
gara.
In
questa unità sono esposti schinieri, elmi e scudi di età arcaica. Tra gli
scudi notevole è quello votivo con la decorazione romboidale, proveniente
dall'Altis (VI sec. a.C); su un frammento di una lekythos a figure rosse si
conserva la figura di un atleta della corsa in armi. Nella sala è esposta anche
una base di statua a forma di astragalo, proveniente da Olimpia. La statua
rappresentava «Kairos», opera di Policleto il Vecchio (V
sec. a.C).
La
statua maschile nuda, che si conserva per metà e che rappresenta Ermes o un
uomo eroizzato, data all'età dei Giulio-Claudi.
Sala
7
- I
Vincitori dei Giochi. Il
premio dei Giochi, che erano «stephanites», era una corona fatta con un ramo
di olivo selvatico, il kotinos, un sommo onore che gli dèi donavano agli
uomini. Secondo la tradizione, il kotìnos, quale «atathlos» dei Giochi, fu
istituito da Ifito a seguito di un vaticinio dell'oracolo di Delfi. I
rami per le corone dei vincitori provenivano dalla «kallistephanos elaia»
che spuntava vicino all'angolo sud-orientale del tempio di Zeus. Un «pais
amphithalés»
(un ragazzo che aveva entrambi i genitori), con forbici d'oro tagliava i rami.
Le corone venivano quindi poste sulla tavola crisoelefantina di Colote, che
veniva trasportata nel tempio di Zeus. Da lì venivano prese dagli Ellanodici
per incoronare i vincitori, che arrivavano al tempio ornati con i simboli della
vittoria (una benda di lana color porpora legata sulla testa e nella mano un
ramo di palma), mentre gli spettatori li cospargevano di fiori e foglie.
Incalcolabile è l'importanza etica della vittoria ad Olimpia. L'olimpionico era
l'eletto degli dèi. La sua fama eterna era la ricompensa suprema. Queste
vittorie venivano inneggiate da grandi poeti: Simonide, Bacchilide e, il più
famoso di tutti, Pindaro.
Nell'unità
dedicata alla vittoria degli atleti sono esposti: un rilievo votivo in marmo
(410 a.C.) con rappresentazione della Vittoria che incorona un atleta; due
statue fittili della Vittoria, conservatesi frammentarie, provenienti
dall'Altis; parte di un pavimento musivo che raffigura la Vittoria che incorona
l'Agòn personificato (parte sinistra della sala).
Sorprendente
è la raffigurazione di una quadriga guidata dalla Vittoria su un cratere a
calice a figure rosse (370-360 a.C). Sono esposti anche diversi vasi con
raffigurazioni della Vittoria, una statuina fittile di atleta incoronato ed
anche un frammento bronzeo di rilievo con figura della Vittoria proveniente
dall'Altis. La tavola di Colote, di legno, oro e avorio, sulla quale venivano
poste le corone prima dell'incoronazione, era custodita nell'Heraion. La tavola
non si è conservata, ma oltre alla preziosa descrizione di Pausania, è
raffigurata sul verso di una moneta del 133 d.C. di Olimpia, il cui retto reca
una protome di Addano. In iscrizioni su lamine di bronzo sono riportati i nomi
di vincitori dei Giochi, come su un frammento di lamina proveniente dall'Altis,
dove è annotata la vittoria di Ergotele (vetrina a destra).
Al
centro della sala è esposto un modello di gesso in scala della Nike di Peonio,
realizzato nel 1919 dallo scultore Michalis Tobros in bronzo, su incarico di
Eleftherios Venizelos, per essere offerto al gran maresciallo francese
Louis-Francais d'Esperé.
Sala
8
- Premi ex voto. Gli onori di
cui godeva l'olimpionico, quando ritornava nella sua città, erano notevoli.
Veniva demolita parte delle mura per far passare il vincitore con la sua
quadriga, dal momento che una città che aveva dato i natali ad un olimpionico,
non aveva più bisogno di mura. Quindi il vincitore offriva un sacrificio al dio
protettore della città, al quale dedicava la sua corona; seguiva quindi un
solenne banchetto a cui partecipavano tutti i cittadini.
Altri
privilegi che acquisivano i vincitori erano l'alimentazione a vita a spese
pubbliche, l'esenzione dalle tasse, la loro partecipazione nella boulé; ad
Atene, Solone aveva istituito anche un premio in
denaro. A Sparta il vincitore acquisiva il diritto di combattere accanto al re.
Nelle manifestazioni pubbliche l'olimpionico aveva sempre un posto d'onore e il
suo nome veniva riportato su stele.
In
alcune città gli olimpionici venivano adorati dopo la morte come eroi
(eroizzazione). Gli onori più importanti, però, erano l'epinicio, l'inno che
veniva composto per esaltare la loro vittoria, ed il diritto di collocare la
loro statua nel sacro Altis. Pausania riporta la presenza di 230 statue nel
Santuario di Olimpia. Questi onori supremi assicuravano la gloria
dell'olimpionico e la sua immortalità nei secoli. Nel IV
sec. a.C. Ippia completò il catalogo degli olimpionici servendosi degli
archivi del Santuario. In seguito il catalogo fu completato da altri. Oggi
conosciamo i nomi di 922 vincitori dei Giochi Olimpici.
In
questa sala sono esposti piedi bronzei di tripodi, anse decorative di lebeti, di
età geometrica, una ricostruzione di un lebete di bronzo. Sul pavimento della
sala c'è una copia di un mosaico proveniente da Patrasso, dove sono raffigurate
gare atletiche, musicali, poetiche e drammatiche (fine del II-inizi del III sec.
d.C). Ritrovamenti degli scavi di Olimpia, provenienti da kotinoi votivi di
atleti sono le foglie, i rami e i frutti di oliva in bronzo, di varie
dimensioni, che dimostrano la somma importanza del kotinos, simbolo
indissolubilmente legato all'ideale olimpico, quale supremo premio dell'agone
degli atleti.
Sala
9
A.
Gli spettatori dei Giochi.
Dagli estremi confini del mondo greco antico arrivavano ad Olimpia migliaia di
pellegrini per assistere ai Giochi. Le città inviavano le loro delegazioni
ufficiali, le Theories, con a capo Varchitheoròs. Tutti alloggiavano in tende
disposte lungo i due fiumi, l'Alfeo e il Cladeo, o sotto gli alberi.
Illustri
retori (Gorgia, Lisia, Demostene, Isocrate), filosofi (Anassagora, Socrate,
Platone, Aristotele), storici (Erodoto), politici, scultori e bronzisti
(Policleto, Lisippo) ed altri si recavano ad Olimpia per seguire i Giochi, ma
anche per presentare le proprie opere. Talete di Mileto, uno dei 7 saggi
dell'antica Grecia, emanò l'ultimo respiro nello Stadio, mentre assisteva ai
Giochi. Temistocle fu acclamato quando entrò nello Stadio, dopo la vittoria dei
Greci sui Persiani a Salamina (480 a.C), dagli spettatori che cessarono di
applaudire gli atleti. Isocrate sviluppò ad Olimpia la sua «idea panellenica».
B.
Età ellenistica e romana.
Durante l'età ellenistica i Giochi acquistano un carattere maggiormente mondano
e fa la sua apparizione l'atletismo professionistico. In età romana inizia la
decadenza dei Giochi. Nel II sec. d.C, quando viene concesso il diritto della
cittadinanza romana a tutti gli abitanti dell'impero, i Giochi acquistano un
carattere ultranazionale, che si è conservato anche dopo la loro rinascita.
Sovrani e imperatori mirano alla vittoria olimpica, al fine di mettersi in
evidenza e di consolidare il loro prestigio; in ricordo della loro vittoria
coniano anche monete. Oltre a Filippo II di Macedonia, vengono incoronati
vincitori gli imperatori Tiberio nella gara con le quadrighe (4 a.C), Germanico
(17 d.C.) e Nerone nella 211a Olimpiade come vincitore in 6 gare, dopo aver
costretto i suoi avversari a ritirarsi. Nonostante i continui colpi ricevuti, i
Giochi si svolgono fino al 393 d.C, quando vengono aboliti da un editto di
Teodosio I. L'ultimo
olimpionico conosciuto è l'ateniese Zopyros (385 d.C).
In
questa sala sono esposti una testa di marmo di Alessandro, proveniente da
Alphiousa (zona di Olimpia); una statua dell'imperatore romano Claudio (41-54
d.C); una statua di un frequentatore di palestra di età romana, ritenuta da
molti una statua di Antinoo; un ritratto di Nerone.
In
una piccola vetrina sono esposte monete, tra le quali si notano uno statere
d'oro di Filippo II, re di Macedonia, e un tetradrammo d'argento di Siracusa.
Giochi
panellenici
- In zone in cui
durante il periodo miceneo si svolgevano giochi locali in onore di qualche eroe
morto, si svilupparono i grandi Santuari panellenici, dove venivano celebrati i
Giochi Panellenici in onore di una divinità. I
giochi funebri dell'età preistorica acquistano un carattere puramente
religioso e l'atletismo diventa una parte inscindibile dell'istruzione dei
Greci. Nei Santuari Panellenici (Olimpia, Delfi, Nemea, Istmia), già dalI'VIII
sec. a.C, personaggi storici riorganizzano i Giochi. L'unità
dei Greci come ethnos acquisisce un'enorme importanza nei Giochi Panellenici,
dove, uniti, acquistano una comune coscienza nazionale. Le due ultime sale del
Museo sono dedicate ai rimanenti Giochi Panellenici, con reperti provenienti da
vari musei greci.

Sala
10 - I
Giochi Pitici. A Delfi,
centro di culto di Apollo, venivano organizzati i Giochi Pitici. Secondo la
tradizione, il loro fondatore fu lo stesso Apollo, che istituì i giochi quando
uccise il terribile drago Pitone. I
più antichi Giochi Pitici venivano celebrati ogni otto anni ed erano
solo musicali. La prima riorganizzazione, dopo la prima guerra sacra nel 582
a.C, è attribuita al tiranno di Sicione, Clistene. Furono allora aggiunte gare
ginniche ed anche ippiche sul modello
dei Giochi Olimpici.
Dopo
la loro riorganizzazione, i Giochi Pitici divennero quinquennali, si svolgevano
cioè ogni quattro anni, nel mese di Bucazio (agosto - settembre).
Il premio era una corona di alloro, l'albero sacro di Apollo.
Con
l'annuncio dei Giochi Pitici iniziava anche la sacra Pythiàs, che durava un
anno. Durante questo periodo era vietato a tutti i Greci di catturare o di
derubare i theoroi o i fedeli.
I
giochi furono aboliti nel 393 d.C.
con l'editto di Teodosio il Grande.
I
reperti esposti nella sala dei
Giochi Pitici sono: un'olpe a figure nere con raffigurazione di Apollo (510-500
a.C), proveniente da Camiro (Rodi); una statuina di kouros proveniente da Delfi
(530-520 a.C); l'orlo iscritto di un lebete di bronzo, che costituiva un premio
di giochi e che fu offerto nel Santuario delfico (530-520 a.C); due basi litiche
iscritte di statue.
Sala
11
A.
I
Giochi Istmici.
Nel Santuario di Poseidone all'Istmo venivano celebrati ogni due anni, alla fine
di aprile, i terzi per importanza Giochi Panellenici in onore di Poseidone: i
Giochi Istmici. La riorganizzazione di questi giochi sul modello di quelli
Olimpici avvenne nel 582 a.C. Oltre alle gare ginniche ed ippiche, si svolgevano
anche la «amilla neon», vale a dire una specie di canottaggio, gare musicali
ed anche concorsi di pittura. Il premio per i vincitori era una corona di pino
e, successivamente, di sedano. I
giochi venivano organizzati dai Corinzi fino al I
sec. a.C. Dopo la distruzione di Corinto ad opera dei Romani nel 146 a.C,
il Santuario di Poseidone venne abbandonato ed i giochi furono trasferiti a
Sicione.
Dal
Santuario di Poseidone ad Istmia provengono uno strigile di ferro del IV
sec. a.C, un haltér (manubrio) di pietra e uno di piombo (età
ellenistica e VI sec. a.C. rispettivamente) e una copia di una statuina di
bronzo di Poseidone proveniente da Pella, di età ellenistica (parte sinistra
della sala).
B.
I Giochi
Nemei. Nel Santuario di
Zeus a Nemea, in onore del dio si svolgevano i Giochi Nemei. La tradizione
riporta come fondatore dei giochi Eracle, che dopo la sua prima impresa a Nemea,
organizzò giochi. Secondo però le fonti scritte, i Giochi Nemei furono
istituiti nel 573 a.C. in onore di Zeus.
I
giochi si svolgevano ogni due anni e
fino alla fine del V sec. a.C. venivano celebrati a Nemea. Dopo la distruzione
del tempio di
Zeus, però, si svolsero ad Argo, fino al 330 a.C. Dal 145 a.C. il romano
Mummio riportò i giochi a Nemea. Le gare erano: lo stadion (corsa breve), il
dolichos (corsa lunga), il diaulos (corsa doppia), la lotta, il pancrazio, il
pentatlo, la corsa in armi, gara ippica e corsa dei carri. In età ellenistica
furono aggiunti anche concorsi musicali. Il premio era una corona di sedano
selvatico.
A
Nemea è stato scoperto uno degli Stadi antichi meglio conservati, del IV
sec. a.C, con uno dei lati brevi curvo (sphendone); si conserva anche il
sistema dell'aphesis (linea di partenza).
Tra
i reperti esposti di questa unità risalta il rilievo con gesta di Eracle: il
leone di Nemea, l'Idra di Lerna e Cerbero, del II sec. d.C, proveniente
dall'antico demo di Acarne in Attica (parte destra della sala).
C.
Le Panatenee. Oltre ai
grandi Giochi Panellenici, in diverse città erano stati istituiti giochi locali
nell'ambito di manifestazioni religiose. Nei giochi locali il premio era un
oggetto di valore, come corone d'oro, tripodi di bronzo o anche prodotti
naturali locali (ad es. olio), come pure compensi in natura.
I
più importanti giochi locali erano
le Panatenee ad Atene, distinte in Piccole e Grandi, che venivano celebrate in
onore di Athena. Le gare erano le note gare olimpiche, ma anche altre, come la
lampadedromia (corsa con le fiaccole), il canottaggio e concorsi musicali.
Nell'unità del Museo per le Panatenee domina la figura della dea
Athena, sia come promachos (combattente) su un rilievo proveniente
dall'Acropoli (500 a.C), sia seduta su in frammento di rilievo con decreto,
proveniente sempre dall'Acropoli (fine del V-inizi del IV
sec. a.C), come pure su imponenti anfore panatenee, premi dei vincitori
nelle Panatenee. Rappresentativamente nella sala sono esposte tre anfore
panatenee (provengono da Eretria, Olynthos e Rheneia). Ad Atene venivano
celebrati anche giochi in onore di Dioniso, le Oscoforie, le Tesee in onore di
Teseo e le Eraclee in onore di Eracle. In età ellenistica in molte città
greche furono organizzati giochi locali sul modello di quelli Olimpici.

Agosto
2013
Fonti:
Olimpia
e, il sito archeologico e i musei - Olympia Vikatou
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