Sito archeologico di Epidauro
Grecia
  

PATRIMONIO DELL'UMANITÀ DAL 1988

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Fondato nel 1905-1909 da P. Kavvadias, l'archeologo che scopri il Santuario, custodisce i rinvenimenti più importanti: le sculture trasferite nel Museo Archeologico Nazionale di Atene sono state sostituite da calchi. Un interesse particolare presentano i restauri parziali dei più importanti edifici del santuario.

Nel cortile è stato collocato il busto di Kavvadias. Sul muro esterno, a sinistra dell'entrata, è esposta una delle colonne ioniche dei propilei e a destra una corinzia della Tholos. Dalla Tholos provengono anche i frammenti della sima in marmo con teste leonine per gocciolatoi, fissati al muro sopra l'ingresso.

VESTIBOLO - Qui sono esposte le iscrizioni su grandi superfici di pietra. Le più numerose sono scritte nell'idioma locale, appartenente al dialetto dorico, con caratteristica prevalente la lettera alfa (A) al posto della età (H) del dialetto attico.

Al centro della sala (a sinistra e a destra) sono esposte due grandi stele con iscrizioni che riportano le spese per la costruzione degli edifici. L'iscrizione a destra riguarda la Tholos, quella a sinistra il tempio di Asclepio; la scrittura è fitta e su ogni faccia è riportato con ogni particolare quanto denaro ha ricevuto ogni costruttore e fornitore, per il lavoro e per i materiali. I conti seguono un ordine cronologico, gli anni sono segnalati dai nomi dei sacerdoti del Santuario e spesso si fa riferimento anche al mese. La redazione delle iscrizioni procedeva assieme ai lavori. Le somme sono segnate con un sistema particolare, cioè con le iniziali di alcuni numeri fondamentali, ad esempio la lettera X significa 1.000 (dal greco hilla); la lettera E=100, dal greco ekatòn; e così via. Per le piccole somme, per dracme, oboli ecc. sono impiegate linee verticali, orizzontali e punti. Queste iscrizioni sono i rendiconti ufficiali della città di Epidauro: è sorprendente con quanta attenzione e meticolosità venissero eseguiti i lavori.

Sul muro orientale del vestibolo, cioè sul muro dell'ingresso stesso, sono esposte le iscrizioni delle guarigioni, che costituiscono le migliori informazioni sui miracoli di Asclepio. Le prime iscrizioni nel lato destro della porta, sono le più antiche (seconda metà del IV secolo a.C.). Costituiscono forse la registrazione ufficiale delle guarigioni e furono verosimilmente redatte dagli stessi sacerdoti in occasione della costruzione dell'Abaton a ricordo delle antiche glorie del Santuario. Vi sono descritti circa 70 miracoli di Asclepio. Nel lato sinistro della porta sono esposte iscrizioni dedicate dagli stessi pazienti con descrizioni della guarigione. Una di queste, del III secolo a.C., è scritta in versi da un certo Ermodico di Lampsaco, paralitico; un'altra di epoca romana (II secolo a.C), è dedicata al dio da Giulio Apella dalla Caria. Verso l'angolo sud-orientale del vestibolo (a sinistra dell'entrata), a destra della finestra, è esposta l'iscrizione più importante: è l'inno ad Apollo e ad Asclepio, opera del poeta Isillo di Epidauro. Quest'opera letteraria, scritta nel 280 a.C., offre importanti informazioni sul culto e sulla storia del santuario.

Ai due lati della porta verso la sala successiva sono esposte altre iscrizioni. A sinistra, un'iscrizione con la Legge Sacra riguardante il sacrificio che il paziente doveva offrire ad Apollo e ad Asclepio, scritta intorno al 400 a.C. in dialetto locale; a destra, c'è l'elenco dei tearodokoi, dei delegati del santuario inviati nelle varie città per la raccolta di fondi destinati alle costruzioni. Questo elenco era un documento ufficiale e veniva redatto dal 365 al 311 a.C. Sul muro sopra la porta sono collocati su mensole frammenti di sime fittili e marmoree. Nella piccola vetrina a sinistra, insieme ad altri oggetti di piccole dimensioni, sono esposti strumenti medici.

SALA I - A sinistra dell'entrata, in alto, è esposta la testa di un uomo anziano, un ritratto di filosofo, di età ellenistica (III secolo. a.C.), forse dello stoico Crisippo. Allo stesso periodo risalgono anche la testa a destra della porta e altre due sul muro sinistro (meridionale). Sul muro destro, sopra le iscrizioni, è presentata una serie di statue, tra cui risalta una acefala di fanciulla, datata agli anni 450-425 a.C. Le due sculture che seguono, raffiguranti Asclepio, sono di età romana e imitano opere più antiche. Le due statue, prima della seconda finestra della sala, sono considerate opere abbastanza buone di età ellenistica. La scultura oltre la finestra è un calco in gesso di una statua di Asclepio e la successiva è quella di una Ninfa. Segue una ricostruzione parziale del muro dei propilei: si può vedere come era la trabeazione con i gocciolatoi e la sima in un edificio in stile ionico. Dopo la terza finestra è esposto ancora un calco di una statua di Asclepio giovane. Alla fine del muro un'altra ricostruzione del colonnato interno dei propilei, in stile corinzio, con il fregio decorato da bellissimi rilievi di bucrani e rosette.  

Nel lato opposto, lungo tutto il bordo, è esposto ancora un restauro dei propilei: si tratta di un angolo della facciata, dove però le colonne ioniche sono accorciate nel senso dell'altezza. Dopo la finestra, sul muro, in basso è esposto un singolare reperto con triglifi e metope che, a giudicare da alcuni dettagli, non proviene da un edificio ma da un monumento particolare, forse dal coronamento di un altare. Le metope recano rilievi di età classica: su quella destra, la meglio conservata, Atena porge l'elmo a un guerriero, si ipotizza Asclepio. Forse i rilievi delle metope fanno riferimento a qualche successo bellico degli abitanti di Epidauro attribuito all'aiuto di Asclepio. I bellissimi frammenti in rilievo che raffigurano un cavaliere, esposti su una lastra di gesso, a sinistra del precedente, appartenevano forse allo stesso monumento di età classica. Un calco vicino alla seconda finestra raffigura "Afrodite in armi".

Tra la seconda e la terza finestra, sopra le grandi iscrizioni e su tutta l'altezza del muro, sono state collocate su tre file delle piccole statue, in prevalenza calchi degli originali esposti nel Museo Archeologico Nazionale di Atene. A partire da destra, dalla fila superiore, risaltano Asclepio con Epione o con Igea, di età romana; Afrodite, di arte relativamente buona; quindi, si presume, Artemide; seguono due opere del IV secolo a.C.; le parti inferiori da statuine del dio Asclepio di età romana; frammenti di una scultura di Afrodite al bagno di età romana, ed altre.  

MURO DESTRO - La sala presenta all'inizio il restauro parziale delle fronti laterali del tempio di Asclepio: si possono cosi vedere da vicino dettagli dello stile dorico in una meravigliosa lavorazione. Dopo la finestra è esposta la parte superiore di una colonna dorica del tempio. Segue un restauro parziale del lato nord-orientale del tempio dorico di Artemide con triglifi, metope e la sima. Sorprendente è il rilievo della sima con gocciolatoi a testa di cane e di cinghiale alle estremità e non leonine come negli altri edifici del Santuario.

MURO SINISTRO - Prima di procedere verso il fondo è consigliabile tornare all'inizio della sala per osservare sul muro di sinistra i rilievi e le sculture a tuttotondo che decoravano i templi di Apollo e di Artemide. Sebbene si tratti di calchi (gli originali si trovano nelle collezioni del Museo Archeologico Nazionale di Atene), la loro bellezza è palese. Su mensole sono state collocate le sculture dei frontoni del tempio di Asclepio: statue a figura interna di arte eccezionale. Il frammento più bello dell'Amazzonomachia è un'Amazzone a cavallo che si avventa per colpire il nemico.  

Nella sua corsa impetuosa, accentuata dal meraviglioso movimento del cavallo, il vento fa aderire il chitone al corpo e rende palese tutta la maestria dell'artista nel modellato del corpo femminile e nel ricco drappeggio ondulato del chitone. Un altro bel frammento è quello del guerriero caduto.

Più in alto sono collocati gli acroteri provenienti dal frontone occidentale del Tempio. Statue di marmo a figura intera poggiavano sui tre angoli dei frontoni e sembrano letteralmente figure che volano nel cielo. Al vertice poggiava o meglio volava la statua della Nike (Vittoria); il suo chitone incurvato dal vento con pieghe abbondanti, lascia trasparire le rotondità del corpo; nella mano destra teneva, secondo gli esperti, una pernice, simbolo di guarigione. Agli angoli dei frontoni volavano le Aure (brezze) a cavallo, con i corpi armoniosi e i chitoni drappeggiati.  

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Sul muro, tra la seconda e la terza finestra, sono esposti i calchi di due rilievi di Asclepio seduto in trono, copiano forse la statua crisoele­fantina del tempio. Sono considerate buone opere, del 400 a.C. circa. Più a destra in alto, su mensole, sono esposti gli acroteri del tempio di Artemide: tre graziose figure femminili in marmo pentelico, dai movimenti vivaci, che raffigurano ugualmente Vittorie, ma senza ali.

Lo spazio rimanente della sala è occupato dal restauro parziale della Tholos. Poiché l'altezza della sala è inferiore a quella della Tholos, il monumento è stato ridimensionato, ma ciò non impedisce di ammirare la ricchezza con cui erano decorati gli elementi architettonici, testimonianza incontestabile dei principi estetici del IV secolo a.C. A sinistra è stato restaurato il colonnato esterno, il peristilio. Sulla colonna dorica poggia l'architrave con i triglifi e le metope. Su ogni metopa compare una grande rosetta in rilievo. La trabeazione è coronata dalla sima con teste leonine in rilievo, antemi e antefisse. Dietro la colonna si vede il muro della cella circolare. Il soffitto del peristilio non si trova nel posto dovuto ma una parte di esso è stata collocata sul muro di fronte, a destra della sala: da ammirare i bellissimi fiori in rilievo nei cassettoni quadrati. Accanto al muro figurano gli stipiti in marmo, con una ricca lavorazione in rilievo, della porta d'ingresso alla cella della Tholos.

Dietro la trabeazione dorica e il muro si trova il restauro del colonnato interno della Tholos con i capitelli corinzi e il soffitto; qui i fiori dei cassettoni sono diversi da quelli esterni, hanno pienezza e una snellezza naturale.

Segue un esempio del pavimento interno, con le lastre bianche e nere a forma di losanghe. Sulle mensole del muro sono collocati i motivi decorativi in marmo, provenienti da un grande acanto che ornava forse la sommità del tetto conico della Tholos. Il capitello corinzio a sinistra era stato interrato già nell'antichità. Gli studiosi ritengono che si tratti del modello eseguito dello stesso Policleto per gli artigiani della Tholos e poi interrato come ex voto al dio. Il fondo della sala è tutto occupato dal restauro del colonnato esterno della Tholos: si tratta di una parte dell'architrave dorico coi trifigli e le losanghe sulle metope. La sima reca rilievi di ottima lavorazione con motivi vegetali, teste leonine e antefisse.

Agosto 2013

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