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Fondato
nel 1905-1909 da P. Kavvadias,
l'archeologo che scopri il
Santuario, custodisce i
rinvenimenti più importanti: le
sculture trasferite nel Museo
Archeologico Nazionale di Atene
sono state sostituite da calchi.
Un interesse particolare
presentano i restauri parziali
dei più importanti edifici del
santuario.
Nel
cortile è stato collocato il
busto di Kavvadias. Sul muro
esterno, a sinistra
dell'entrata, è esposta una
delle colonne ioniche dei
propilei e a destra una corinzia
della Tholos. Dalla Tholos
provengono anche i frammenti
della sima in marmo con teste
leonine per gocciolatoi, fissati
al muro sopra l'ingresso.
VESTIBOLO
- Qui
sono esposte le iscrizioni su
grandi superfici di pietra. Le
più numerose sono scritte
nell'idioma locale, appartenente
al dialetto dorico, con
caratteristica prevalente la
lettera alfa (A) al posto
della età (H) del
dialetto attico.
Al
centro della sala (a sinistra e
a destra) sono esposte due
grandi stele con iscrizioni che
riportano le spese per la
costruzione degli edifici.
L'iscrizione a destra riguarda
la Tholos, quella a sinistra il
tempio di Asclepio; la scrittura
è fitta e su ogni faccia è
riportato con ogni particolare
quanto denaro ha ricevuto ogni
costruttore e fornitore, per il
lavoro e per i materiali. I
conti seguono un ordine
cronologico, gli anni sono
segnalati dai nomi dei sacerdoti
del Santuario e spesso si fa
riferimento anche al mese. La
redazione delle iscrizioni
procedeva assieme ai lavori. Le
somme sono segnate con un
sistema particolare, cioè con
le iniziali di alcuni numeri
fondamentali, ad esempio la
lettera X significa 1.000 (dal
greco hilla); la lettera
E=100, dal greco ekatòn;
e così via. Per le piccole
somme, per dracme, oboli ecc.
sono impiegate linee verticali,
orizzontali e punti. Queste
iscrizioni sono i rendiconti
ufficiali della città di
Epidauro: è sorprendente con
quanta attenzione e meticolosità
venissero eseguiti i lavori.
Sul
muro orientale del vestibolo,
cioè sul muro dell'ingresso
stesso, sono esposte le
iscrizioni delle guarigioni, che
costituiscono le migliori
informazioni sui miracoli di
Asclepio. Le prime iscrizioni
nel lato destro della porta,
sono le più antiche (seconda
metà del IV secolo a.C.).
Costituiscono forse la
registrazione ufficiale delle
guarigioni e furono
verosimilmente redatte dagli
stessi sacerdoti in occasione
della costruzione dell'Abaton a
ricordo delle antiche glorie del
Santuario. Vi sono descritti
circa 70 miracoli di Asclepio.
Nel lato sinistro della porta
sono esposte iscrizioni dedicate
dagli stessi pazienti con
descrizioni della guarigione.
Una di queste,
del III secolo a.C., è scritta
in versi da un certo Ermodico di
Lampsaco, paralitico; un'altra
di epoca romana (II secolo a.C),
è dedicata al dio da Giulio
Apella dalla Caria. Verso
l'angolo sud-orientale del
vestibolo (a sinistra
dell'entrata), a destra della
finestra, è esposta
l'iscrizione più importante: è
l'inno ad Apollo e ad Asclepio,
opera del poeta Isillo di
Epidauro. Quest'opera
letteraria, scritta nel 280
a.C., offre importanti
informazioni sul culto e sulla
storia del santuario.
Ai
due lati della porta verso la
sala successiva sono esposte
altre iscrizioni. A sinistra,
un'iscrizione con la Legge Sacra
riguardante il sacrificio che il
paziente doveva offrire ad
Apollo e ad Asclepio, scritta
intorno al 400 a.C. in dialetto
locale; a destra, c'è l'elenco
dei tearodokoi, dei
delegati del santuario inviati
nelle varie città per la
raccolta di fondi destinati alle
costruzioni. Questo elenco era
un documento ufficiale e veniva
redatto dal 365 al 311 a.C. Sul
muro sopra la porta sono
collocati su mensole frammenti
di sime fittili e marmoree.
Nella piccola vetrina a
sinistra, insieme ad altri
oggetti di piccole dimensioni,
sono esposti strumenti medici.
SALA
I - A
sinistra dell'entrata, in alto,
è esposta la testa di un uomo
anziano, un ritratto di
filosofo, di età ellenistica
(III secolo. a.C.), forse dello
stoico Crisippo. Allo stesso
periodo risalgono anche la testa
a destra della porta e altre due
sul muro sinistro (meridionale).
Sul muro destro, sopra le
iscrizioni, è presentata una
serie di statue, tra cui risalta
una acefala di fanciulla, datata
agli anni 450-425 a.C. Le due
sculture che seguono,
raffiguranti Asclepio, sono di
età romana e imitano opere più
antiche. Le due statue, prima
della seconda finestra della
sala, sono considerate opere
abbastanza buone di età
ellenistica. La scultura oltre
la finestra è un calco in gesso
di una statua di Asclepio e la
successiva è quella di una
Ninfa. Segue una ricostruzione
parziale del muro dei propilei:
si può vedere come era la
trabeazione con i gocciolatoi e
la sima in un edificio in stile
ionico. Dopo la terza finestra
è esposto ancora un calco di
una statua di Asclepio giovane.
Alla fine del muro un'altra
ricostruzione del colonnato
interno dei propilei, in stile
corinzio, con il fregio decorato
da bellissimi rilievi di bucrani
e rosette.
Nel
lato opposto, lungo tutto il
bordo, è esposto ancora un
restauro dei propilei: si tratta
di un angolo della facciata,
dove però le colonne ioniche
sono accorciate nel senso
dell'altezza. Dopo la finestra,
sul muro, in basso è esposto un
singolare reperto con triglifi e
metope che, a giudicare da
alcuni dettagli, non proviene da
un edificio ma da un monumento
particolare, forse dal
coronamento di un altare. Le
metope recano rilievi di età
classica: su quella destra, la
meglio conservata, Atena porge
l'elmo a un guerriero, si
ipotizza Asclepio. Forse i
rilievi delle metope fanno
riferimento a qualche successo
bellico degli abitanti di
Epidauro attribuito all'aiuto di
Asclepio. I bellissimi frammenti
in rilievo che raffigurano un
cavaliere, esposti su una lastra
di gesso, a sinistra del
precedente, appartenevano forse
allo stesso monumento di età
classica. Un calco vicino alla
seconda finestra raffigura
"Afrodite in armi".
Tra
la seconda e la terza finestra,
sopra le grandi iscrizioni e su
tutta l'altezza del muro, sono
state collocate su tre file
delle piccole statue, in
prevalenza calchi degli
originali esposti nel Museo
Archeologico Nazionale di Atene.
A partire da destra, dalla fila
superiore, risaltano Asclepio
con Epione o con Igea, di età
romana; Afrodite, di arte
relativamente buona; quindi, si
presume, Artemide; seguono due
opere del IV secolo a.C.; le
parti inferiori da statuine del
dio Asclepio di età romana;
frammenti di una scultura di
Afrodite al bagno di età
romana, ed altre.

MURO
DESTRO - La
sala presenta all'inizio il
restauro parziale delle fronti
laterali del tempio di Asclepio:
si possono cosi vedere da vicino
dettagli dello stile dorico in
una meravigliosa lavorazione.
Dopo la finestra è esposta la
parte superiore di una colonna
dorica del tempio. Segue un
restauro parziale del lato
nord-orientale del tempio dorico
di Artemide con triglifi, metope
e la sima. Sorprendente è il
rilievo della sima con
gocciolatoi a testa di cane e di
cinghiale alle estremità e non
leonine come negli altri edifici
del Santuario.
MURO
SINISTRO -
Prima di procedere verso il
fondo è consigliabile tornare
all'inizio della sala per
osservare sul muro di sinistra i
rilievi e le sculture a
tuttotondo che decoravano i
templi di Apollo e di Artemide.
Sebbene si tratti di calchi (gli
originali si trovano nelle
collezioni del Museo
Archeologico Nazionale di
Atene), la loro bellezza è
palese. Su mensole sono state
collocate le sculture dei
frontoni del tempio di Asclepio:
statue a figura interna di arte
eccezionale. Il frammento più
bello dell'Amazzonomachia è
un'Amazzone
a cavallo che si avventa
per colpire il nemico.
Nella
sua corsa impetuosa, accentuata
dal meraviglioso movimento del
cavallo, il vento fa aderire il
chitone al corpo e rende palese
tutta la maestria dell'artista
nel modellato del corpo
femminile e nel ricco drappeggio
ondulato del chitone. Un altro
bel frammento è quello del
guerriero caduto.
Più
in alto sono collocati gli
acroteri provenienti dal
frontone occidentale del Tempio.
Statue di marmo a figura intera
poggiavano sui tre angoli dei
frontoni e sembrano
letteralmente figure che volano
nel cielo. Al vertice poggiava o
meglio volava la statua della
Nike (Vittoria); il suo chitone
incurvato dal vento con pieghe
abbondanti, lascia trasparire le
rotondità del corpo; nella mano
destra teneva, secondo gli
esperti, una pernice, simbolo di
guarigione. Agli angoli dei
frontoni volavano le Aure
(brezze) a cavallo, con i corpi
armoniosi e i chitoni
drappeggiati.

Sul
muro, tra la seconda e la terza
finestra, sono esposti i calchi
di due rilievi di Asclepio
seduto in trono, copiano forse
la statua crisoelefantina del
tempio. Sono considerate buone
opere, del 400 a.C. circa. Più
a destra in alto, su mensole,
sono esposti gli acroteri del
tempio di Artemide: tre graziose
figure femminili in marmo
pentelico, dai movimenti vivaci,
che raffigurano ugualmente
Vittorie, ma senza ali.
Lo
spazio rimanente della sala è
occupato dal restauro parziale
della Tholos. Poiché l'altezza
della sala è inferiore a quella
della Tholos, il monumento è
stato ridimensionato, ma ciò
non impedisce di ammirare la
ricchezza con cui erano decorati
gli elementi architettonici,
testimonianza incontestabile dei
principi estetici del IV secolo
a.C. A sinistra è stato
restaurato il colonnato esterno,
il peristilio. Sulla colonna
dorica poggia l'architrave con i
triglifi e le metope. Su ogni
metopa compare una grande
rosetta in rilievo. La
trabeazione è coronata dalla
sima con teste leonine in
rilievo, antemi e antefisse.
Dietro la colonna si vede il
muro della cella circolare. Il
soffitto del peristilio non si
trova nel posto dovuto ma una
parte di esso è stata collocata
sul muro di fronte, a destra
della sala:
da ammirare i bellissimi
fiori in rilievo nei cassettoni
quadrati. Accanto al muro
figurano gli stipiti in marmo,
con una ricca lavorazione in
rilievo, della porta d'ingresso
alla cella della Tholos.
Dietro
la trabeazione dorica e il muro
si trova il restauro del
colonnato interno della Tholos
con i capitelli corinzi e il
soffitto; qui i fiori dei
cassettoni sono diversi da
quelli esterni, hanno pienezza e
una snellezza naturale.
Segue
un esempio del pavimento
interno, con le lastre bianche e
nere a forma di losanghe. Sulle
mensole del muro sono collocati
i motivi decorativi in marmo,
provenienti da un grande acanto
che ornava forse la sommità del
tetto conico della Tholos. Il
capitello corinzio a sinistra
era stato interrato già
nell'antichità. Gli studiosi
ritengono che si tratti del
modello eseguito dello stesso
Policleto per gli artigiani
della Tholos e poi interrato
come ex voto al dio. Il fondo
della sala è tutto occupato dal
restauro del colonnato esterno
della Tholos: si tratta di una
parte dell'architrave dorico coi
trifigli e le losanghe sulle
metope. La sima reca rilievi di
ottima lavorazione con motivi
vegetali, teste leonine e
antefisse.

Agosto
2013
Pag.
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